Un quadro Biologico sulla “epidemia” di influenza stagionale, chiamata COVID 19
Introduzione
Questo report, steso a cavallo di aprile e maggio 2020, ha molteplici propositi e livelli di lettura.
In primis ha lo scopo di delineare un razionale dei processi fisiopatologici possibilmente occorrenti nel corso di un insieme, pur ampio e altamente differenziato, di “traiettorie cliniche”, adunabili sotto il nome “sindrome Covid-19”. Non si vuole affatto fornire un “manuale di consultazione” per specialisti, seppure alcuni aspetti saranno discussi ad un livello abbastanza approfondito. Quanto piuttosto si desidera stendere sul “tavolo di lavoro”, in modo condivisibile e possibilmente oggettivo, i rapporti causali tra vari fattori che hanno concorso nella contingenza sanitaria di cui in oggetto.
In secundis, poste queste premesse fisiopatologiche su cui la scienza medica e biologica potrebbe (dovrebbe) tutta concordare, si procede ad una riflessione sui possibili motivi che potrebbero sottendere al così variabile excursus clinico (dalla pauci-sintomaticità, alla morte) che si riscontra nei casi di Covid-19 (o che a tale etichetta clinica sono ricondotti). Per far ciò, lo si vedrà, è necessario includere una visione del soggetto/paziente in cui la biochimica e la fisiologia siano in rapporto dialettico con la vita, intesa come esperienza e relazione (anche semantica) con l’ambiente. Entro questa prospettiva “allargata” potranno confluire e riconoscersi i cardini di vari approcci in medicina integrata (PNEI, medicina di segnale, medicina tradizionale cinese, omeopatia, bioenergetica, teorie “mente-corpo”, così come osteopatia, naturopatia, ayurveda e altre), nonché potranno vedersi soppesate varie tecniche terapeutiche (dall’ortomolecolare, all’ossigeno-ozono terapia, plasma iperimmune, farmacologia, vaccinazione).
Tutto ciò è volto ad unire in un a voce comune una visione che offra scenari diversi da quanto sta venendo univocamente narrato dal mainstream mediatico (italiano e mondiale), nonché portare testimonianza della validità, cogenza e vantaggi di soluzioni altre rispetto a quanto in Italia è stato fatto, sia in termini sanitari che sociopolitici.
È tempo che ci si prenda cura di un “bene”, la Vita nel suo multiforme dispiegarsi di esperienza, contatto, relazione, scambio, fisicità e libertà, immensamente superiore alla “sicurezza” (condizione pericolosamente liminare al “controllo totale”).
In ultimo, è bene precisare che molto, troppo, nelle settimane trascorse la maggior parte dell’attenzione è stata rivolta alle statistiche. Vi sono ancora moltitudini di persone che “per capire” mostrano una sete avida e cieca di dati, dati, dati… e ancora dati. Questo è comprensibile, specialmente in caso si voglia valutare le scelte prese a livello governativo o sanitario o anche impugnare una posizione di dissenso fornendo “prove oggettive” dell’accaduto. Tuttavia, va ricordato molto bene che, per quanto siano importanti e utilissimi per valutare l’andamento macroscopico di un fenomeno collettivo, essi sono “solo” numeri e spesso ci rendono ciechi in merito a tre aspetti cruciali (ad essi di premessa): le cause dei fenomeni che in essi si registrano, la bontà e cogenza dei criteri con cui sono stati costruiti tali dati, e…non dicono nulla delle innumeri e irripetibili storie di vita (e cliniche) proprie di ciascun singolo ed unico soggetto, le cui vicende sono ridotte a etichette quali: PCR-positivo, paucisintomatico, infetto, immune, contagioso, grave, stazionario, morto, guarito, ecc.
Per chi fosse interessato ad estensive analisi di dati, forniremo comunque nel corso del documento alcuni preziosi riferimenti a studi fatti da accademici che hanno una ben maturata competenza in merito.
La riduzione dei fatti a dati produce un isterilimento della narrazione dei primi che può rivelarsi fatale in frangenti decisionali, fatale riguardo a come il bene più grande di cui sopra possa essere più o meno calpestato. Va inoltre ammesso apertamente che la riduzione del reale a narrazione numerica, è uno dei problemi più profondi dei metodi delle scienze dure quando applicate al regno del vivente, specialmente in discipline quali biologia e medicina. È tempo che queste aree del sapere, così come altre quali la psicologia e la sociologia (per fare solo due esempi), cessino il loro triste scimmiottare scientistico, vittima della credenza che “senza numeri non c’è alcuna scienza”. La dinamica vivente è un irriducibile olos relazionale ed in divenire: se ne si nega tale natura, forzandola a tutti i costi in una griglia di misurazione quantitativa, si perdono dei pezzi importanti per avere risposte chiare sulle cause che l’hanno diretta verso la salute o verso la patologia.
Organizzazione del lavoro. Questo scritto si suddivide nelle seguenti sessioni:
La prima riguarda un’analisi dei passaggi fisiopatologici al momento stimabili a valle dell’ingresso del Sars-Cov-2, nonché delle condizioni istochimiche che potrebbero discriminare l’evoluzione del quadro clinico in una o altra direzione;
Nella seconda sessione si presentano le terapie proposte e/o attuate e si faranno considerazioni qualitative, inoltre si considerano le condizioni al contorno di “terreno biologico”, ambientali, di stile di vita. Non saranno qui trattati contenuti riguardanti le origini del Sars-Cov-2.
Infine, nella terza sessione, si conduce una riflessione critica di ampio respiro su aspetti di condotta sanitaria, soluzioni adottabili, nonché ponendo domande / appelli volti a promuovere una sensibilità collettiva capace di prendere una posizione (sia scientifica che politica) realmente producente per il futuro dell’umanità.
Un quadro bio-logico sull’epidemia Covid-19
a cura di
Paolo Renati
Indice
0. Introduzione ……………………………………………………………………………………………………………………………….. 1
1. Analisi fisiopatologica di Covid-19 ……………………………………………………………………………………………. 2
1.1 Il Sistema Renina-Angiotensia-Aldosterone (RAS)………………………………………………………………………. 3
1.2 Commento sul ruolo di terapie ACE inibitorie ……………………………………………………………………………. 4
1.3 Aspetti recettoriali ed isto-citologici …………………………………………………………………………………………. 5
1.4 Risposta immunitaria, cascata infiammatoria ed effetti sull’emostasi ……………………………………………. 6
1.5 Stadiazione temporale della sindrome Covid-19 …………………………………………………………………………. 8
1.6 Virus e vescicole extracellulari ………………………………………………………………………………………………… 9
2. Aspetti terapeutici e di prevenzione ………………………………………………………………………………………….. 11
2.1 Terapie in atto e in studio ………………………………………………………………………………………………………. 11
2.1.1 Clorochine …………………………………………………………………………………………………………………….. 12
2.1.2 Terapie non-farmacologiche ……………………………………………………………………………………………. 13
2.2 Vaccinazioni ………………………………………………………………………………………………………………………… 13
2.3 Prevenzione, DPI, sanificazione e social management pandemico ………………………………………………. 16
3. Considerazioni generali sulle condotte sanitarie e governative …………………………………………………… 17
3.1 Una medicina centrata sulla persona ………………………………………………………………………………………. 17
3.2 Inquinamento elettromagnetico ………………………………………………………………………………………………. 19
3.3 Battage mediatico e clima sociale: effetti sulla fisiologia …………………………………………………………… 20
3.4 Un appello all’umano, alla vita ………………………………………………………………………………………………. 23
0. Introduzione
Questo report, steso a cavallo di aprile e maggio 2020, ha molteplici propositi e livelli di lettura.
In primis ha lo scopo di delineare un razionale dei processi fisiopatologici possibilmente occorrenti nel corso di un insieme, pur ampio e altamente differenziato, di “traiettorie cliniche”, adunabili sotto il nome “sindrome Covid-19”. Non si vuole affatto fornire un “manuale di consultazione” per specialisti, seppure alcuni aspetti saranno discussi ad un livello abbastanza approfondito. Quanto piuttosto si desidera stendere sul “tavolo di lavoro”, in modo condivisibile e possibilmente oggettivo, i rapporti causali tra vari fattori che hanno concorso nella contingenza sanitaria di cui in oggetto.
In secundis, poste queste premesse fisiopatologiche su cui la scienza medica e biologica potrebbe (dovrebbe) tutta concordare, si procede ad una riflessione sui possibili motivi che potrebbero sottendere al così variabile excursus clinico (dalla pauci-sintomaticità, alla morte) che si riscontra nei casi di Covid-19 (o che a tale etichetta clinica sono ricondotti). Per far ciò, lo si vedrà, è necessario includere una visione del soggetto/paziente in cui la biochimica e la fisiologia siano in rapporto dialettico con la vita, intesa come esperienza e relazione (anche semantica) con l’ambiente. Entro questa prospettiva “allargata” potranno confluire e riconoscersi i cardini di vari approcci in medicina integrata (PNEI, medicina di segnale, medicina tradizionale cinese, omeopatia, bioenergetica, teorie “mente-corpo”, così come osteopatia, naturopatia, ayurveda e altre), nonché potranno vedersi soppesate varie tecniche terapeutiche (dall’ortomolecolare, all’ossigeno-ozono terapia, plasma iperimmune, farmacologia, vaccinazione).
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Tutto ciò è volto ad unire in un a voce comune una visione che offra scenari diversi da quanto sta venendo univocamente narrato dal mainstream mediatico (italiano e mondiale), nonché portare testimonianza della validità, cogenza e vantaggi di soluzioni altre rispetto a quanto in Italia è stato fatto, sia in termini sanitari che sociopolitici.
È tempo che ci si prenda cura di un “bene”, la Vita nel suo multiforme dispiegarsi di esperienza, contatto, relazione, scambio, fisicità e libertà, immensamente superiore alla “sicurezza” (condizione pericolosamente liminare al “controllo totale”).
In ultimo, è bene precisare che molto, troppo, nelle settimane trascorse la maggior parte dell’attenzione è stata rivolta alle statistiche. Vi sono ancora moltitudini di persone che “per capire” mostrano una sete avida e cieca di dati, dati, dati… e ancora dati. Questo è comprensibile, specialmente in caso si voglia valutare le scelte prese a livello governativo o sanitario o anche impugnare una posizione di dissenso fornendo “prove oggettive” dell’accaduto. Tuttavia, va ricordato molto bene che, per quanto siano importanti e utilissimi per valutare l’andamento macroscopico di un fenomeno collettivo, essi sono “solo” numeri e spesso ci rendono ciechi in merito a tre aspetti cruciali (ad essi di premessa): le cause dei fenomeni che in essi si registrano, la bontà e cogenza dei criteri con cui sono stati costruiti tali dati, e…non dicono nulla delle innumeri e irripetibili storie di vita (e cliniche) proprie di ciascun singolo ed unico soggetto, le cui vicende sono ridotte a etichette quali: PCR-positivo, paucisintomatico, infetto, immune, contagioso, grave, stazionario, morto, guarito, ecc.
Per chi fosse interessato ad estensive analisi di dati, forniremo comunque nel corso del documento alcuni preziosi riferimenti a studi fatti da accademici che hanno una ben maturata competenza in merito.
La riduzione dei fatti a dati produce un isterilimento della narrazione dei primi che può rivelarsi fatale in frangenti decisionali, fatale riguardo a come il bene più grande di cui sopra possa essere più o meno calpestato. Va inoltre ammesso apertamente che la riduzione del reale a narrazione numerica, è uno dei problemi più profondi dei metodi delle scienze dure quando applicate al regno del vivente, specialmente in discipline quali biologia e medicina. È tempo che queste aree del sapere, così come altre quali la psicologia e la sociologia (per fare solo due esempi), cessino il loro triste scimmiottare scientistico, vittima della credenza che “senza numeri non c’è alcuna scienza”. La dinamica vivente è un irriducibile olos relazionale ed in divenire: se ne si nega tale natura, forzandola a tutti i costi in una griglia di misurazione quantitativa, si perdono dei pezzi importanti per avere risposte chiare sulle cause che l’hanno diretta verso la salute o verso la patologia.
Organizzazione del lavoro. Questo scritto si suddivide nelle seguenti sessioni:
– la prima riguarda un’analisi dei passaggi fisiopatologici al momento stimabili a valle dell’ingresso del Sars-Cov-2, nonché delle condizioni istochimiche che potrebbero discriminare l’evoluzione del quadro clinico in una o altra direzione;
– nella seconda sessione si presentano le terapie proposte e/o attuate e si faranno considerazioni qualitative, inoltre si considerano le condizioni al contorno di “terreno biologico”, ambientali, di stile di vita. Non saranno qui trattati contenuti riguardanti le origini del Sars-Cov-2.
– Infine, nella terza sessione, si conduce una riflessione critica di ampio respiro su aspetti di condotta sanitaria, soluzioni adottabili, nonché ponendo domande / appelli volti a promuovere una sensibilità collettiva capace di prendere una posizione (sia scientifica che politica) realmente producente per il futuro dell’umanità.
1. Analisi fisiopatologica di Covid-19
Sin dalle prime radiografie e CT effettuate su pazienti ricoverati positivi a RT-PCR per Sars-Cov-2 e con sintomi tipici del quadro Covid19 (che spazia da disturbi intestinali, febbre, tosse secca, stanchezza e raffreddore, fino a infiammazione delle vie bronchiali, asma, polmonite e/o sindrome respiratoria acuta), osservando la tipicità dei reperti diagnostici (mostranti una condizione compatibile con la diagnosi di polmonite interstiziale, “a vetro smerigliato”, coinvolgente, non gli alveoli, ma il connettivo inter-alveolare), si è creduto che la criticità fosse dovuta ad un problema direttamente respiratorio, ossia dovuto ad una impossibilità funzionale del connettivo dei polmoni (irrigidito, non espandibile, infiammato) e/o dell’infiammazione acuta dei bronchi e bronchioli.
Tuttavia, analizzando le statistiche sui rapporti deceduti/ricoverati e ricoverati/positivi, fornite dall’IIS di sanità e incrociandole con i dati biochimici sul meccanismo di legame tra il virus in oggetto e le cellule, lo scenario cambia radicalmente.
Come altri coronavirus umani anche il Sars-Cov-2 è un virus a RNA a singolo filamento, di polarità positiva, con un genoma di 27-31 kb, il più grande per un virus a RNA. Il virus penetra nella cellula interessata (si veda di seguito) tramite l’aggancio della sua proteina S (spike-protein), presente sulla superficie esterna del capside, ai recettori ACE2, Angiotensin-Converting Enzyme 2 (un’aminopeptidasi di membrana dal ruolo chiave in sistemi cardiovascolare ed immunitario). Una volta entrato (incluso dalla cellula ospite), l’RNA genomico a polarità positiva viene inizialmente tradotto per produrre la polimerasi virale necessaria per la formazione dell’RNA a polarità negativa, utilizzato a sua volta come stampo per ogni singolo mRNA monocistronico. Le singole proteine virali e l’RNA genomico vengono successivamente assemblati nell’apparato del Golgi, quindi, le particelle vengono trasportate alla superficie della cellula e rilasciate nell’ambiente extracellulare, così come nel flusso ematico.
Ma cosa succede esattamente e qual è il quadro complessivo entro cui si svolgono i processi biochimici (che, ricordiamolo, della fisiologia essi sono “il come” nel micro e non “il perché” nel macro)?
1.1 Il Sistema Renina-Angiotensia-Aldosterone (RAS)
Nonostante questo processo fisiologico di mantenimento omeostatico non costituisca il punto nodale della sindrome Covid-19 nelle sue espressioni più gravi, è utile dapprima spendere due parole sui meccanismi di attivazione del sistema RAS (renina-angiotensiana-aldosterone) poiché direttamente coinvolto nella fisiologia speciale circolatoria in distretti in cui sono presenti anche i recettori ACE2 (ubiquitari sulle membrane di cellule endoteliali di capillari arteriosi in polmoni, reni, intestino, nonché sui pneumociti di tipo 2, sulla superficie sensoria-gustativa della lingua e in zone della cavità rinofaringea).
Il sistema RAS si attiva a scopo omeostatico in conseguenza di varie cause, ma in particolare: ipovolemia, intensa ipotensione e, diremmo ben, per attivazioni del sistema ortosimpatico a causa di stimoli stressogeni (attivazione di “conflitti biologici”, diremmo noi). L’attivazione del sistema RAS può avvenire sia per segnali barocettivi (dal lato vascolare) trasdotti dalle cellule di Polkiessen quando rilevano abbassamenti della pressione ematica; sia per segnali chemocettivi (dal lato tubulo-renale) trasdotti dalle cellule della macula densa quando rilevano abbassamento della concentrazione di sodio nel perfuso glomerulare. Più in dettaglio, l’attivazione del sistema RAS a seguito di un “ordine” partito dalle cellule della macula densa è spesso dovuto comunque a ipotensione ematica o ipovolemia (e non ad un reale crollo della concentrazione di sodio): questo è vero, ed è utile così, perché la concentrazione di sodio che resta all’interno del perfuso glomerulare è minore se il flusso ematico nelle arteriole afferenti – per ipovolemia o ipotensione sistemica – è calato; ciò accade per il fatto che il sodio fa in tempo ad esser riassorbito dal flusso ematico stesso prima di essere rilevato dalle cellule della macula densa.
Una volta i rilevamenti (barocettivi dal lato vascolare o chemocettivi dal lato tubulare) mostrino parametri “fuori norma”, i recettori β1 adrenergici presenti sulle pareti juxtaglomerulari (e non solo) stimolano la conversione della prorenina (già presente nel circolo ematico) in renina. Al pari, un’attivazione dell’ortosimpatico (per un conflitto biologico attivo ad es. da stress o per calo della pressione cardiaca rilevata dai barocettori del seno carotideo) implica stimolazione dell’area rostrale1 (vasocostrittiva) del centro vasomotore del midollo allungato (o mielencefalo del tronco celebrale) che attiva anch’esso i recettori β1 con conseguente rilascio di renina.
Il rilascio di renina, quando questa incontra l’angiotensinogeno (da sintesi epatica) produce angiotensina I che, dall’enzima ACE (angiotensine-converting enzyme, una carbossipeptidasi) viene convertita in angiotensina II i cui effetti (dovuti al suo incontrarsi ed attivare i recettori AT1 e anche inibendo le bradichinine) sono:
– Vasocostrizione (specialmente nel microcircolo)
– Ipertensione
– Stimolazione di adrenalina da parte della midollare del surrene
– Stimolazione di noadrenalina da parte delle terminazioni simpatiche
– Stimolazione dei centri della sete
– Stimolazione della neuroipofisi (porzione posteriore) a produrre ADH da cui deriva un aumento della funzione dei tubuli collettori renali implicante mantenimento di sodio e acqua entro il circolo ematico: trattenimento di liquidi extracellulari ed aumento della volemia (condizioni, queste, ipertensive).
Una volta attivati questi stati fisiologici, se essi risultano sufficienti a compensare gli stimoli che ne hanno dettato l’attivazione, il sistema RAS viene spento per feedback negativo, poiché le cellule del Polkiessen (dal
1 L’area caudale, invece, ha un ruolo vasodilatatore, espletato dall’attivazione dei recettori α2 (gli stessi agonizzati dalla molecola farmacologica clonidina, usata come antiipertensivo).
lato vascolare) e/o le cellule della macula densa (dal lato tubulo-renale) rilevano un’idoneità dei parametri barometrici (le prime) o chemometrici (le seconde).
Quando non può spegnersi il sistema RAS…? In primis, sensatamente, se l’ortosimpatico è ancora attivato dalla situazione stressogena (conflitto biologico attivo) che ne giustifichi il permanere attivo. In secundis, se ci sono difficoltà a smaltire quei mediatori chimici che consentono l’attivazione di quella fisiologia (vasocostrittiva ed ipertensiva e di ritenzione idrosalina), cioè: se le angiotensine I e II non possono essere catabolizzate.
E qui c’è un primo punto significativo: è proprio il recettore ACE2, l’enzima deputato a convertire l’angiotensina I in angiotensina 1-9 (inattiva) e l’angiotensina II in angiotensina 1-7 (vasodilatatore), quello che può spegnere il sistema RAS, almeno a valle. Inoltre, con la sparizione dell’angiotensina II dal circolo ematico, anche la bradichinina (vasodilatatore e promovitore della permeabilità vascolare) cessa di essere inibita.
1.2 Commento sul ruolo di terapie ACE inibitorie
Chiaro è che, se i recettori ACE2 sono in gran parte saturati dai Sars-Cov-2 (e/o down-regolati o scarsi, per l’età avanzata del soggetto), ci si ritrova nella condizione di non poter spegnere facilmente il sistema RAS per permanenza nel flusso ematico dell’angiotensina II, con progressiva vasocostrizione, compromissione del microcircolo. Per comprendere come si possa giungere fino alla gravità di un quadro clinico quale quello di una tromboembolia polmonare distrettuale nel microcircolo polmonare, ed eventuale successiva coagulazione intravascolare disseminata (CID), bisogna fare qualche considerazione in più. Ci arriviamo di seguito.
Prima vale la pena fare due considerazioni (ancora di carattere meramente descrittivo e non eziologico):
1- La quantità di ACE2 decresce con l’avanzare dell’età ed è mediamente (a pari età) superiore nelle femmine rispetto ai maschi. Senza voler trascurare che la maggior parte dei ricoverati, e positivi al Sars-Cov-2, erano soggetti con 2, 3 o 4 “patologie” preesistenti2, va notato che la maggioranza dei decessi riguarda maschi di età media di 78 anni. Inoltre, tra le “patologie” pregresse nei deceduti positivi al Sars-Cov-2, la più frequente è l’ipertensione3;
2- Nel report4 dell’ISS del 7 maggio 2020 Il 24% dei deceduti e positivi al Sars-Cov-2 era sotto terapia anti-ipertensiva con ACE-inibitori (NON ACE2!!), il 17% sotto terapia anti ipertensiva con sartani (che bloccano solo il recettore AT1 a cui si lega l’angiotensina II per espletare la sua azione vasocostrittiva ed ipertensiva). La riflessione qui vuole mettere il focus su come sia comprensibile la perplessità riguardo all’opportunità o meno di sospendere la terapia ACE-inibitoria nei ricoverati ipertesi in terapia intensiva (con difficoltà gravi respiratorie) e positivi al Sars-Cov-2. Infatti, se da un lato gli ACE-inibitori aiutano a inibire il sistema RAS ed up-regolano gli ACE2 (catabolizzanti eventuali angiotensine I e II in circolo), riducendo così la vasocostrizione nel microcircolo, dall’altro potrebbero – proprio per la stimolazione degli ACE2 – fornire più porte di accesso al Sars-Cov-2, con aumento dei possibili processi infiammatori ad esso possibilmente associati e che descriveremo di seguito. Tuttavia sospendere gli ACE-inibitori in un paziente iperteso ed in difficoltà respiratorie, potrebbe essere controproducente in quanto l’azione intensa del RAS su vasocostrizione e micro-trombosi (ed eventuale embolia) non verrebbe calmierata ed in più, se il Sars-Cov-2 è comunque ormai già presente e replicantesi nell’organismo, anche gli ACE2 (l’ultima difesa dall’ipertensione e vasocostrizione rimasta) potrebbero essere saturati e inattivati facendo trovare il paziente senza più alcuno strumento per limitare (se possibile) la trombosi e l’embolia nel microcircolo polmonare. Si è pertanto al momento concluso che è meglio non sospendere le terapie ACE-inibitorie, né (a maggior ragione) quelle sartaniche (che bloccano solo l’AT1) nei pazienti ipertesi.
C’è probabilmente da concordare con questa scelta terapeutica soprattutto ora che si sta comprendendo che il problema non è direttamente respiratorio, ma micro-circolatorio. Già dopo le prime 3-4 settimane (da metà
2 Si vedano i numeri e si faccia una riflessione sul l’effettiva pertinenza o meno della definizione di “decessi per Covid-19” alla pagina dell’epicentro ISS: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_7_maggio.pdf .
3 Questa maggioranza è certamente anche attribuibile al fatto che l’ipertensione è una delle problematiche più diffuse tale per cui è molto probabile riscontrarla in un dato campione di popolazione (come quello dei decessi Sars-Cov-2 positivi); tuttavia, tale dato può anche plausibilmente essere riferito ad una iper-espressione del sistema RAS, condizione che aggrava la perfusione ematica nel microcircolo polmonare e che potrebbe essere aggravata dal sequestro (occupazione) dei recettori ACE2 (angiotensina II demolenti) da parte del coronavirus in oggetto
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_7_maggio.pdf
in febbraio), intubare i pazienti si è rivelata una pratica non molto efficace (perché se è il microcircolo a non funzionare lo scambio di ossigeno non può avvenire nemmeno con l’aiuto del respiratore), se non addirittura dannosa (per rischio di arresto cardio circolatorio per stimolazione vagale, per traumi meccanici, polmoniti lesioni tracheali, possibili emorragie), tenendo conto che estubare i pazienti è molto più critico e difficile che intubarli, specialmente tanto più il periodo di intubazione è lungo. Nella sessione successiva, comunque, si faranno alcuni commenti riguardo alle terapie.
1.3 Aspetti recettoriali ed isto-citologici
Riprendendo l’analisi fisiopatologica, dato che gli pneumociti-2, così come le cellule degli endoteli arteriosi e del cuore, dispongono di recettori ACE2, allora essi possono essere cellule con cui il Sars-Cov-2 (così come altri coronavirus) può interagire, può ad esempio entrare e replicarsi (tuttavia senza implicare la distruzione delle cellule). Eppure si sta vedendo che questo Sars-Cov-2 ha spike proteins che sono affini ad altri tipi di enzimi e recettori, tra cui anche l’enzima Tmprss2 (serin-proteasi transmembrana 2, praticamente ubiqua sulle membrane cellulari umane, e che funge da primer attivatore della proteina spike prima dell’incontro con la porta d’accesso ACE25), l’acido sialico terminante le catene dei gangliosidi (glicolipidi presenti sulla superficie della membrana cellulare di vari cito-tipi), cosa che spiega un ulteriore meccanismo tramite cui le clorochine sono molto efficaci come terapia6 (lo riprendiamo nella sessione successiva), ed il CD1477 (cluster di differenziazione-147 o induttore della metalloproteinasi di matrice extracellulare, o BSG) presente anch’esso sulle cellule endoteliali, epiteliali sui linfociti e sugli eritrociti (cosa che spiega gli effetti simil-malarici del Sar-Cov-2), a cui può legarsi ed alterare un tipo di emoglobina e potrebbe essere questo un ulteriore fattore contribuente alla grave ipossiemia e un’insufficienza multiorgano a causa di una diminuzione della capacità di carico dell’emoglobina.
È stato per questo proposto da alcuni clinici che l’infiltrato visibile in radiografia potrebbe essere causato dallo stress ossidativo dell’accumulo del gruppo eme virus-estratto (da cui si libera ione ferrico, a cui consegue una produzione di radicale superossido, altamente reattivo) negli alveoli che causa una polmonite chimica, non direttamente virale.
Maggiore è la concentrazione di emoglobina e più agganci porfirinici ci sarebbero, ecco:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7102627/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7128678/pdf/main.pdf + https://www.cusabio.com/c-20985.html + https://en.wikipedia.org/wiki/Basigin#Role_in_SARS-CoV-2_infection_(COVID-19)
(forse) perché i sintomi sono più frequentemente gravi negli uomini e crescono più velocemente con la glicazione dell’emoglobina, motivo per cui nei diabetici e nei pazienti anziani i danni sono ancor più ingenti. I problemi sono minori nei bambini, in quanto hanno più alta concentrazione di emoglobina di tipo F e A2 (vanno dalla A alla H), in cui ci sono meno catene di β-globina a cui legarsi per il Sars-Cov-2 (così come quella glicata, HbA1c). In tal modo l’interazione del virus con il gruppo eme induce una condizione simile all’altitudine, o all’avvelenamento da monossido di carbonio. L’ossigeno iperbarico ECMO (ossigenazione extracorporea tramite membrana) possono aiutare temporaneamente. Ma molto più efficace, sia preventiva circa gli aggravi da CID per i pazienti non ancora intubati, sia utile per quelli già intubati, è la grande auto-emo infusione di O2/O3. Ne parleremo nella prossima sessione.
Gli pneumociti di tipo 2 possiedono recettori ACE2, così come le cellule dell’endotelio delle arteriole8 (e del cuore), e costituiscono il 50% numerico delle cellule di cui sono costituiti gli alveoli polmonari e, essendo più piccoli degli pneumociti di tipo 1, essi occupano il 5% della superficie interna alveolare) delle cellule. Gli pneumociti di tipo 2 sono quindi struttura essenziale dell’alveolo, anche perché secernono i prezioso surfattante polmonare (un fluido tensioattivo lipoproteico9 la cui componente principale è la dipalmitoilfosfatidilcolina, DPPC) che abbassa la tensione superficiale (da circa 70 mN/m fino a 25 mN/m o addirittura a zero in apex espiratorio) dell’interfaccia acquosa degli alveoli con l’aria inalata, efficientizzando così non solo lo scambio dei gas col circolo ematico, ma evitando il collasso degli alveoli su se stessi in fase di espirazione (dato che il raggio, r, di una bolla quale è l’alveolo tenderebbe a zero, cioè al collasso, se la pressione esterna, P, aumenta e la tensione superficiale, T, non è nulla: r=2T/P) e permettendo di re-iniziare l’inspirazione senza l’inerzia meccanica di una “spugna” collassata da ri-espandere (straordinario!).
1.4 Risposta immunitaria, cascata infiammatoria ed effetti sull’emostasi
Le cellule che posseggono recettori ACE2 (come pneumociti-2 e endoteli di vasi e della cavità cardiaca) hanno una porta di ingresso per il virus e sono in grado di includere il virus al loro interno e di farlo replicare. Una volta incamerato il virus (sconosciuto, anomalo) tali cellule esprimono sulla superficie antigeni non-self che vengono rilevati tramite l’aggancio (dei linfociti CD8) e poi dalle cellule del sistema immunitario (macrofagi, linfociti T, cellule natural killer) che riconoscono quindi le cellule infettate come “non più parte del self” dell’organismo, e si avvia la produzione degli anticorpi (immunoglobuline prodotte in fieri dai linfociti B, prima IgM e solo poi IgG) e della cascata citochinica, che si conclude con la demolizione cellulare. Questo è accompagnato da un importante processo infiammatorio che è volto a fare pulizia delle cellule presentanti gli antigeni (mentre le particelle virali, in quanto troppo piccole forse non sono direttamente intercettabili e arrestabili dai macrofagi). Entrando più in dettaglio: quando una cellula dell’epitelio polmonare (pneumociti-II) o endoteliale (delle pareti interne dei vasi, e del microcircolo polmonare stesso) incorpora in essa la particella virale, esprime degli antigeni non-self sula superficie che, tramite il complesso di istocompatibilità di tipo I, sono immediatamente riconoscibili dai linfociti T CD8, mentre la presentazione di tale antigene ai linfociti T CD4, ai linfociti B e ad altre cellule dell’immunitario avviene grazie all’ MHC-II. In tale modo i macrofagi possono fagocitare le cellule infette (o i batteri, se si trattasse di una infezione batterica, ad esempio, legandosi ai componenti lipo-polisaccaridi sulla superficie batterica) e in tale processo vengono anche liberate varie molecole di segnale (citochine e altre glicoproteine) pro-infiammatorie e promuoventi la coagulazione, come: TNF, IL-1, IL-12, IL-18 e la più polivalente IL-6. Anche gli interferoni (INF) prendono parte importante nella cascata biochimica associata alla risposta infiammatoria, L’INFγ è secreto dai linfociti T e dai natural killer sotto stimolazione delle IL-12 e IL-18. Gli INFα e β sono specialmente coinvolti quando si tratta di infezioni virali: vengono secreti dalle cellule quando in esse vengono accumulate quantità anormali di RNA (a doppio filamento, dsRNA) come a seguito dell’incameramento di particelle virali. Tale concentrazione anomala di acidi ribonucleici attiva i che codificano per gli interferoni e tali citochine
8 Il fatto che tali recettori ACE2 sono presenti particolarmente sugli endoteli del microcircolo, tipico di organi come reni e intestino, spiega perché tra i sintomi da Covid19 rientrino diarrea e disfunzioni renali. La loro presenza su lingua e cavità rinofaringea può spiegare invece perché molti Sars-Cov-2 positivi mostrino anosmia e/o disgeusia temporanee.
9 È un fluido di importanza cruciale anche sull’immunità innata, in quanto ricco (5%) di proteine SP-A e SP-D che sono in grado di legarsi agli zuccheri di membrana dei batteri e (quando non servono più in processi di fisiologia speciale) disgregarli per opsonizzazione, processo tipicamente promosso dal sistema di complemento (immunitario). In medicina si dice che la degradazione o inattivazione del surfattante può contribuire a una maggiore suscettibilità alle infezioni e alla infiammazione polmonare.
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vengono rilasciate nell’ambiente extracellulare andando ad allertare le altre cellule. Queste incrementano la produzione di proteina chinasi R (PKR) la quale, fosforilando la eIF2 (eukariotic Induction Factor 2), inficia la possibilità di iniziare la traduzione, cioè la produzione di proteine codificate dall’mRNA. In tal modo non può essere replicato alcun RNA (né cellulare, né virale). Questo implica la morte successiva delle cellule infettate, ma arresta anche la moltiplicazione dei virioni. Purtroppo, il Sars-Cov-2 (virus a singolo filamento di RNA, ssRNA) pare bloccare la secrezione di interferone e quindi questo secondo meccanismo di protezione10.
Un aspetto interessante, emerso da alcuni studi è il ruolo dell’acido sialico nell’interazione tra cellule ospite e Sars-Cov-2, come accennato più sopra, nonché nella regolazione delle piastrine in presenza di risposta infiammatoria a infezione11. Durante sepsi da Streptococchi e altre infezioni, la risposta infiammatoria implica spesso la formazione di coaguli e trombi. In tali processi emostatici, specie se sono implicate lesioni tissutali con rottura degli endoteli e contatto del sangue con la matrice extracellulare, sono coinvolte (soprattutto per via emostatica intrinseca) i vari fattori di coagulazione. Uno dei principali iniziatori del processo di coagulazione è il fattore di von Willebrand (vWF), che è una glicoproteina da circa 250 kDa circolante sottoforma di multimeri di varia dimensione. Esso ha un’azione trombogenica poiché consente l’adesione piastrinica (tramite la loro glicoproteina Ib, GpIb) alla zona lesionata, in cui la matrice extracellulare (le fibre collagene) è esposta. Le piastrine, in seguito a stimolazione da ADP, assumono una forma appiattita per implementare la funzione otturante del “tappo”.
A seguito di questi eventi trombotici, spesso si verifica carenza di piastrine in circolo (trombocitopenia), si pensava che ciò fosse dovuto al fatto che esse fossero state per la maggior parte reclutate nella formazione dei trombi e che quindi il sangue ne risultasse impoverito. In realtà, questa carenza piastrinica è un meccanismo secondario indotto dallo stato di infezione e da un ruolo significativo da parte degli epatociti. Tale effetto, che ora descriviamo, può essere un evento utile e da promuovere in un caso in cui la condizione critica del quadro clinico sia causata da una coagulazione intravascolare disseminata (CID). Ci spieghiamo meglio: in presenza di infezione, ad esempio, batterica (nello studio citato si tratta di sepsi da Streptococchi pneumonie su modello murino), la neuroaminidasi batterica desializza (rimuove l’acido sialico) dai terminali glicolipidici sulla membrana piastrinica. Sugli epatociti (a seconda delle condizioni del soggetto, su cui sarebbe opportuno riflettere) sono più o meno esprimibili i recettori di Ashwell-Morell, i quali hanno come ligandi principali le glicoproteine desializzate. Questo fatto rende tali recettori capaci di fare due cose importanti: modulare la concentrazione ematica del vWF (e quindi in parte anche l’ingenza della coagulazione) e intercettare, catturare e fagocitare le piastrine desializzate a seguito di eventi infiammatori conseguenti ad infezioni. Questo ultimo passaggio è cruciale: nel caso gli epatociti abbiano una pronunciata espressione recettoriale di Ashwell, ci sono più argini (grazie a indotta trombocitopenia) per contenere (non far proseguire eccessivamente) una “coagulazione selvaggia” innescata da una tempesta citochinica intensa a seguito dell’infezione (anche virale e non solo batterica, viene scritto negli studi citati in nota 12). In secondo luogo, nel secondo lavoro, viene fatto comprendere come certi farmaci antivirali (come il Tamiflu®) limitano la desializzazione delle piastrine. Questo aspetto è positivo solo se la trombocitopenia è un problema, ma al contrario si fa controproducente se il vero problema è la coagulazione (come nel caso della fase avanzata di Sars-Cov-2). Quindi bisognerebbe in questo frangente (Covid-19) prestare attenzione alla somministrazione di antivirali (che di solito lavorano su fattori di trascrizione o compromettendo gli agganci recettoriali) e valutare se essi sono desializzanti o meno.
Le clorochine, invece, com’è stato suggerito da uno studio di simulazione sterica12, oltre ad essere utili per l’inibizione di certe interleuchine (mitigando la risposta infiammatoria), oltre che a legarsi alle catene β dell’emoglobina al posto del virione (impedendo la compromissione del trasporto di ossigeno), si legano bene alle terminazioni di acido sialico. Questo ovviamente è utile sotto due aspetti: i) inibire l’aggancio delle spike proteins del Sars-Cov-2 ai terminali dei gangliosidi di membrana (aggancio prodromico all’inserimento della spike in ACE2 e conseguente ingresso); ii) favorire possibilmente anche la desializzazione delle piastrine (fatto che le rende fagocitabili dagli epatociti, grazie ai recettori di Ashwell-Morell13 (se ben espressi), così da arginare la prosecuzione della CID!).
https://www.foxnews.com/science/after-recovering-from-covid-19-are-you-immune + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2853759/pdf/nihms183221.pdf + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5426054/pdf/13045_2017_Article_476.pdf + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7128678/pdf/main.pdf + https://www.nature.com/articles/nm.3770
In conseguenza di questi eventi biochimici è facile comprendere perché vi sia un’efficienza respiratoria fortemente compromessa: pneumociti-2 necrotizzati, infiammazione, attivazione dei fibroblasti, fibrosi polmonare, vasocostrizione del microcircolo, coagulazione, distruzione di parte del gruppo eme per il trasporto di ossigeno.
Un processo sul connettivo polmonare (l’interstizio) potrebbe essere quindi sia compresente per prossimità agli eventi infiammatori interessanti le cellule endoteliali dei micro-vasi (si veda figura precedente), sia ad una conseguente attivazione conflittuale (rispondente al sentito biologico “non sono capace di respirare, non riesco a prendere l’aria, pur essendoci”), senza contare che i protocolli di ventilazione per ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto) prevedenti l’intubazione non sono “gratis” per l’apparato respiratorio, e possono conseguire lesioni polmonari indotta dalla ventilazione forzata e dall’aumentata pressione parziale dell’ossigeno stesso (complicando la situazione).
L’infezione virale interessa vari distretti, tra i vari possibili sintomi l’insufficienza cardiaca dipende da: un coinvolgimento diretto del virus in ambiente intracellulare da parte dei miocardiociti (anch’essi esprimenti recettori ACE2), dalla trombosi e conseguenza delle necrosi delle cellule endoteliali vasali, “l’affaticamento cardiaco” (senza attacco diretto delle cellule cardiache) può avvenire solo a causa della fibrosi polmonare che determina un post-carico del ventricolo destro che non riesce più a spingere il sangue nei polmoni per aumentata resistenza polmonare.
1.5 Stadiazione temporale della sindrome Covid-19
Lungo l’evoluzione a stadi di gravità della sindrome Covid-19 può essere quindi riconosciuta una stadiazione in cui due macro fasi si susseguono cronologicamente: la prima di infezione virale (minormente sintomatica, paucisintomatica o addirittura asintomatica), la seconda che vede la risposta immunitaria dell’ospite in cui oltre ad essere prodotti anticorpi (processo che in moli può essere condotto ancora asintomaticamente o paucisintomaticamente), può accompagnarsi ad una pesante manifestazione infiammatoria che abbiamo discusso. Ciò è stato ben mostrato con lo schema di seguito riportato14.
A questo punto, prima di passare alle considerazioni di ordine terapeutico e clinico, ha senso fare qualche considerazione, pur speculativa, sulla natura ed il ruolo dei virus, per nulla chiaro in biologia e medicina, ancora oggi, checché se ne dica e a prescindere dall’esistenza della disciplina virologica.
Intanto va detto i virus sono ubiqui ed in continua relazione con i macro-organismi, pertanto non patogeni nella stragrande maggioranza dei casi, ed i microorganismi: in un millilitro di acqua di mare ce ne sono 107 (dieci milioni) e performano reazioni di dissoluzione e trasformazione batterica in materiale organico per un rate di 1024/sec e sono presenti in circa 15220 sotto tipi, tra cui anche vari coronavirus [Suttle, 1998]15. Inoltre, Tratta dal paper: https://www.jhltonline.org/ article/S1053-2498(20)31473-X/pdf + https://academic.oup.com/bioscience/article/49/10/781/222807 .
l’8% del nostro DNA è virale e, oltre a molta altra parte di quello non codificante, è proprio quello che abbiamo in comune con molte altre specie viventi (per non parlare dell’ancor più vasto genoma proprio del microbiota umano). Va rammentato poi che non esiste ad oggi un modello verificato per sostenere come un virus possa “infettare” le cellule (nonostante i diffusissimi render, animazioni e “disegnini” che ritraggono il virus arrivare sulla cellula, come fosse un essere vivente, entrare e iniettarle il proprio materiale genetico, tale per cui questa poi – disintegrandosi o meno – libererà “nuovi assassini”).
Diventa infatti difficile giustificare come si possa passare da questo tipo di azione infettiva, pensata come “standard”, alla condizione di compresenza innocua di questi componenti biologici, come invece si manifesta nella maggior parte dei casi. Cosa deciderebbe quando un virus si fa infettivo? è solo quando il sistema immunitario presenta una falla? E perché, seppur molte cellule presentino gli stessi tipi di recettore, il virus “colpirebbe” solo certi tessuti, in certi distretti (magari anche più difficilmente raggiungibili)? Pensando al Sars-Cov-2, ad esempio: perché taluni soggetti presentano solo ageusia o anosmia (in cui le cellule colpite partecipano alle funzioni sensorie del gusto e dell’olfatto) e non infiammazioni gravi alle vie aeree profonde, come altri? Perché agli endoteli solo del polmone o dell’intestino e non a quelli del cervello (visto che, tra l’altro la basigina – o CD147 – essendo, ad esempio un target del virus, è particolarmente espresso sulla barriera ematoencefalica16)?
1.6 Virus e vescicole extracellulari
Sotto un profilo microbiologico, i virus sono la base per la vita: senza i virus non ci sarebbe stata alcuna evoluzione delle specie e degli ecosistemi intendibili, grazie ai virus, come reti multi-connesse di esseri viventi in cui vige la condivisione di un comune alfabeto genetico (a 4 + 1 basi azotate), nonché una comune sintassi proteica accoppiata da questa trasmissione orizzontale di tratti di genoma.
Se si considera poi che nel corpo umano muoiono circa 300 milioni di cellule al giorno che, prontamente, vengono sostituite con la formazione di nuove. Questo processo ricostruttivo interessa tutti i tessuti, di tutti i foglietti (tranne che i neuroni) e coinvolge la produzione ed inclusione dei noti esosomi o vescicole extracellulari. Leonid Margolis, un virologo del National Institute of Child Health and Human Development, è uno degli scienziati a sostenere di recente che virus e vescicole extracellulari potrebbero esistere lungo un continuum di particelle rilasciate dalle cellule con caratteristiche virali e/o cellulari senza una precisa linea di demarcazione17: «esistono differenze fondamentali tra virus e vescicole: i virus possono replicarsi e le vescicole no. Ma ci sono molte varianti nel mezzo. Dove iniziano i virus e dove iniziano le vescicole extracellulari?». Tra questi due estremi vi sono sacche rivestite di lipidi piene di una varietà di materiale genetico e proteine – alcune provenienti da ospiti, altre da virus – che le cellule possono utilizzare per inviarsi messaggi.
Ma non solo: i virus più che “replicarsi”, “vengono replicati” dall’organismo ospite e solo in determinate condizioni. Quindi non si tratterebbe nemmeno di una vera differenza di abilità (o di essere viventi o meno), ma più semplicemente di una differenza in merito alla abnorme quantità di emissione di virus rispetto agli esosomi, alla possibile morte della cellula a valle della replicazione e rilascio dei virioni e, soprattutto, in merito al fatto che, nel caso dei virus, le cellule che li includono al loro interno esprimerebbero antigeni riconosciuti come “non-self” dal sistema immunitario, con le conseguenze che abbiamo discusso più sopra18.
Se le cellule abbiano iniziato a utilizzare prima le vescicole per la comunicazione e i virus le abbiano poi copiate, o se le cellule abbiano rubato l’idea ai virus, o – come più sensato – entrambe abbiano evoluto insieme tale strategia, è attualmente impossibile da determinare: ad ogni modo è sicuro che l’invio di informazioni nelle vescicole extracellulari deve essere apparso per la prima volta miliardi di anni fa perché anche i batteri lo fanno. Può essere che i virus dirottino i percorsi cellulari utilizzati per creare vescicole extracellulari per la
https://www.cusabio.com/c-20985.html + https://www.quantamagazine.org/cells-talk-in-a-language-that-looks-like-viruses-20180502/
Inoltre, nella prospettiva offerta dalle 5 leggi biologiche, secondo la quarta legge pertinente all’ontogenesi dei microbi, i virus dovrebbero essere dei ricostruttori, dei mediatori del processo di riparazione, in PCL, in particolare dei tessuti ectodermici, ma non solo (visto che ci sono virus noti essere in cellule endodermiche, come HPV, HCV, citomegalovirus), loro produzione – o che le cellule hanno anche assunto alcuni componenti virali da utilizzare nelle loro vescicole.
Chiaro è che non è corretto, a rigore, dire che un virus a “infetta” la cellula, come fosse una scelta, in quanto esso non è un vivente,
bensì un frammento di materiale organico (lipo-proteico). È che, quando vi è compatibilità recettoriale con le spike del virus (o, detto sotto un profilo elettromagnetico cellula e virus entrano in risonanza) la cellula ed il virione si uniscono. In qualche modo si dovrebbe dire che è l’organismo, che in date condizioni, contempla e comporta l’inclusione dei virioni entro precisi cito-tipi.
In particolare, i pacchetti nucleici che vengono consegnati dai virus, non solo potrebbero avere una funzione plastica e informativa, ma anche energetica. È già stato dimostrato [Popp e Li, 1988,1997]19 che piccoli pacchetti di acidi nucleici possono fungere da device biofotonici (e questo è confermato dalla presenza dei sanals nel Primo Vascular System20, che sostanzialmente è un sistema a fibre ottiche ubiquitario e ancestrale, coincidente coi meridiani della MTC): strutture macromolecolari (tipicamente nucleiche o proteiche) in grado di immagazzinare energia libera su eccitazioni metastabili (multipletti) che, quando rilassate, ne implicano l’emissione sotto forma di biofotoni che hanno un ruolo sia dinamico (cioè permettono di svolgere lavoro in processi elettrochimici e altri [Bischof, 2006]21), sia “istruente” (la non banale struttura tridimensionale del potenziale vettore potrebbe aver un ruolo morfogenetico significativo nella topologia istologica [MW Ho, 1997, 2008]22). I ritrovamenti sui sanals nel recentemente riscoperto Primo Vascular System di Bonghan Kim, corrispondente, nei suoi dotti maestri alla rete dei meridiani nota in medicina: https://link.springer.com/article/10.1007/BF01953305 + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11705731 + https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S200529011830075X + https://www.semanticscholar.org/paper/Communication-and-the-Emergence-of-Collective-in-A-Bischof-Giudice/948ede45124776d7af62e725c4097aba0c288f71 + https://www.researchgate.net/publication/51300223_Towards_a_Theory_of_the_Organism + https://www.worldscientific.com/worldscibooks/10.1142/6928, tradizionale cinese da 5000 anni, andrebbero connessi agli studi di Reich23 sui bioni, di Béchamp24 sui microzimi, di Enderlein25 sui protiti, di Naessens26 sui somatìdi: è possibile che stessero tutti parlando di un qualcosa a fondamento di tutta la vita sulla biosfera che ha a che fare con ciò che chiamiamo “virus” (e/o plasmidi) e di cui sappiamo ancora pochissimo.
Tutto questo per dire che va ancora ben capito quali ruoli i virus (e l’organismo) ricoprano e come e perché, in che condizioni, accadano i processi dicibili “di patologia”.
Ma cosa accade con un virus che contiene una “istruzione” all’organismo sconosciuta (radicalmente nuova)? Accade che, così come quando si cambia bruscamente ambiente (con annesso nuovo microbioma), si hanno attivazioni biologiche (esempio: la dissenteria tipica nelle prime settimane di soggiorno in paesi esotici). Nella sessione successiva questo argomento sarà ripreso in merito anche alle terapie vaccinali e saranno proposti due possibili motivi per cui il Sars-Cov-2 possa essere così “nuovo” (e quindi così “irritante”).
2. Aspetti terapeutici e di prevenzione
A valle di tutte le più o meno dettagliate analisi fisiopatologiche e proteomiche, resta comunque l’interrogativo su cosa determini l’evolversi della seconda stadiazione della Covid19 verso un quadro paucisintomatico (o addirittura subclinico) o verso una sindrome respiratoria acuta. Una buona parte dei casi di pazienti Sars-Cov-2 rt-PCR positivi27 non incorre in catastrofiche successive complicazioni e riesce a proseguire la propria produzione di anticorpi senza la associata polmonite interstiziale o la drammatica CID. Vanno quindi debitamente cercate delle risposte in merito a questo punto cruciale e non bisogna limitarsi, pur comprensibilmente allarmati e sopraffatti, a gestire l’emergenza e i casi gravi. Ciò toglie obiettività nel ritratto globale della contingenza sanitaria e impedisce di lavorare a monte, precocemente, quella fase in cui tutto è molto più gestibile e sicuro.
Come riflessione ancora speculativa, sarebbe certamente interessante l’ipotesi di valutare nei pazienti positivi al tampone, magari paucisintomatici, il grado di espressione dei recettori di Ashwell-Morell sugli epatociti e sulle cellule della cistifellea28 (in minor quantità), così da poter avere costruire dapprima una curva di correlazione tra la loro espressione e la probabilità di sviluppare CID. Se si verificasse una simile correlazione, si aprirebbe la strada per operare in senso preventivo nell’implementazione di tale espressione recettoriale.
2.1 Terapie in atto e in studio
Tra le strade terapeutiche proposte in letteratura e/o in sperimentazione e/o attualmente adottate per la Covid-19 vi sono:
– TMPRSS2-inibitori29
– Anticorpi anti-CD14730
– Eparine31 a basso peso molecolare + Clorochine + azitromicina32
https://wilhelmreichtrust.org/bion_experiments.pdf + https://juniperpublishers.com/jojnhc/pdf/JOJNHC.MS.ID.555658.pdf + https://go.gale.com/ps/anonymous?id=GALE%7CA100767864&sid=googleScholar&v=2.1&it=r&linkaccess=abs&issn=15254283&p=AONE&sw=w + https://books.google.it/books?id=S_P_H7RGAdsC&pg=PA233&lpg=PA233&dq=Naessens+somatides&source=bl&ots=Rlj6ROyutz&sig=ACfU3U0Adky8AI0ZR3TkY6U2rJT2Wg2N-A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjekI2hp9npAhXfSxUIHQF3COEQ6AEwFHoECAkQAQ#v=onepage&q=Naessens%20somatides&f=false
Circa l’85% circa dei casi (positivi al tampone) in Italia sopravvive: https://www.worldometers.info/coronavirus/country/italy/ .
+ https://www.proteinatlas.org/ENSG00000141505-ASGR1/tissue
+ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7102627/
+ https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.03.14.988345v1.full.pdf
Le eparine a basso peso molecolare aiutano non solo in quanto fluidificanti, ma anche perché modificano il dominio di legame delle spikes del virus, riducendone l’aggancio ai recettori ACE2: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.02.29.971093v1.full.pdf
+ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7128678/pdf/main.pdf + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32205204
– Ossigeno/ozono auto-emo-infusione33
– Plasma iperimmune da convalescenti post Covid-1934
– Anticorpi monoclonali35 (prodotti in laboratorio), per ora solo fatti test in vitro
– Pool di INFβ-1b e antivirali (lopinavir+ritonavir+ribavirina)36
– Colchicina37
– Tocilizumab38
– Altri antivirali per uso compassionevole: Solnatide, Remdesivir, Canakinumab, Ruxolitinib39
– Cannabinoidi rivelatisi modulatori omeostatici dei geni codificanti per i recettori ACE240
– Iniezioni endovenose di alte dosi di vitamina C41 o assunzione per via orale di vitamina D42
2.1.1 Clorochine
La terapia con le clorochine è l’unica che possa avere limitazioni di somministrabilità (per incompatibilità con certi farmaci già utilizzati dal paziente o debite cautele nel somministrarla certe categorie di pazienti, tipo le donne in gravidanza o i bambini) e che possa dare degli effetti collaterali43. Ma quelli importanti si verificano solo per dosaggi alti protratti nel corso di anni (e in una minoranza di casi, visto che essa è un principio attivo utilizzato proficuamente per il trattamento a vita di patologie auto immuni, come artrite reumatoide e lupus eritematoso).
Seppur il lavoro44 già citato del virologo Didier Raoult, su un gruppo di soli 28 pazienti, sia stato criticato45 (non sostanzialmente, ma per criteri di sicurezza e selezione dei pazienti da trattare con terapia clorochinica rispetto al controllo), al curatore del presente report (P.R.) è stato comunicato telefonicamente da un caro amico senegalese, sito in Dakar durante pandemia Covid-19, che al tempo della prima metà di aprile 2020, il dottor Raoult, con l’idrossiclorochina, ha trattato qualcosa come circa 1700 casi in Dakar, di cui un solo morto e nessun ricovero in terapia intensiva con ventilazione. Nonostante sia stato pubblicato uno studio che disconfermerebbe l’efficacia dell’idrossiclorochina o che evidenzi in alcuni pazienti addirittura peggioramenti associati a tale terapia46, gli studi che confermano la sua efficacia nonché gli esiti della prassi medica adottata in molti ospedali italiani (Sacco-Milano, Sant’Orsola-Bologna, San Gerardo-Monza e altri) provano che abbiamo uno strumento terapeutico efficace nella fase precoce (anche asintomatica) della malattia, così come ci sono evidenze47 dell’abbreviazione della durata della sindrome respiratoria acuta, arginando la risposta infiammatoria e l’infezione virale. Certo, gli studi vanno proseguiti per comprendere meglio quale sia la strategia migliore (proseguire o sospendere le clorochine) per quei pazienti già in terapia intensiva ed in condizioni gravi48.
In sostanza, con metodiche rivolte al microcircolo e/o alla dinamica recettoriale (probabilmente, se necessari, preferendo antivirali che non limitino la desializzazione piastrinica49), si possono gestire i pazienti
http://backoffice.ossigenoozono.it/Multimedia/Content/Oxygen-ozone_immunoceutical_therapy_in_COVID-19_outbreak_facts_and_figures.pdf + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7198427/pdf/main.pdf + https://scienze.fanpage.it/scienziati-italiani-scoprono-17-anticorpi-monoclonali-che-uccidono-il-coronavirus-in-provetta/ + https://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(20)31042-4.pdf + https://www.aifa.gov.it/web/guest/-/covid-19-aifa-autorizza-sperimentazione-clinica-con-colchicina + https://www.aifa.gov.it/-/covid-19-aifa-autorizza-nuovo-studio-clinico-con-tocilizumab + https://www.aifa.gov.it/programmi-di-uso-compassionevole-covid-19 + https://www.preprints.org/manuscript/202004.0315/v1 + https://www.physiciansweekly.com/high-dose-iv-vitamin-c-on-ards-by-covid-19-a-possible-low-cost-ally-with-a-wide-margin-of-safety/ + https://journal.chestnet.org/article/S0012-3692(16)62564-3/fulltext + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7172861/ + https://www.preprints.org/manuscript/202003.0235/v1 + https://www.researchsquare.com/article/rs-21211/v1 + https://www.researchsquare.com/article/rs-21211/v1
+ https://it.wikipedia.org/wiki/Idrossiclorochina#Effetti_collaterali + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7102549/ + https://www.isac.world/news-and-publications/official-isac-statement + https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.04.16.20065920v2
In aggiunta ai precedentemente citati:
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.22.20040758v3, + https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S2213-2600%2820%2930172-7
Ecco che, in presenza di problemi da tromboembolia e/o CID come nella versione grave della Covid-19, sarebbe quindi il caso di andare coi piedi di piombo, nel prescrivere antivirali come l’oseltamivir, che invece limita la desializzazione piastrinica (rendendo le piastrine non più fagocitabili dagli epatociti), lo si veda qui: https://www.univadis.it/viewarticle/un-trattamento-dell-influenza-potrebbe-potenzialmente-contenere-un-trattamento-per-la-trombocitopenia-isolata-prolungata-326568
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5426054/pdf/13045_2017_Article_476.pdf
Per il Remdesivir, quindi bisogna porsi la stessa cautela. Tale problema non si pone con le clorochine. anche a domicilio e stoppare la sindrome prima della fase infiammatoria importante (come è stato fatto a Bologna che hanno prescritto “idrossiclorochina a pioggia” già ai paucisintomatici positivi50, o a Catania51). La gestione dei pazienti a domicilio, mantenendo la medicina di territorio con i punti di riferimento nei medici di base, con la terapia eparinica e clorochinica (evitando la terapia intensiva), sarebbe stata una forma di gestione dell’epidemia molto più proficua e meno impattante, pur immaginando di dover prescrivere la suddetta terapia (eparine, idrossiclorochina, azitromicina) alla quasi totalità della popolazione che, infettandosi anche reciprocamente in ambienti domiciliari e/o lavorativi avrebbe accelerato il decorso del virus, sviluppando anticorpi e divenendo immuni (senza bloccare un paese intero e senza ospedalizzare così tante persone, ma – al più – solo una minoranza).
2.1.2 Terapie non-farmacologiche
Le terapie con ozono, vitamine ad alti dosaggi, non danno alcun effetto collaterale e non hanno limitazioni di somministrabilità. Il peggio che possa succedere è che non abbiano efficacia. Le terapie con vitamine ad alti dosaggi si dimostrano ottime come strumenti di prevenzione: «appropriate clinical studies and reports demonstrate that a timely administration of high dose IV Vit-C improves the outcome of Covid19 infection»52; «vitamin D reduces risk of RTIs [respiratory tract infections, n.d.a.] through three mechanisms: maintaining tight junctions, killing enveloped viruses through induction of cathelicidin and defensins, and reducing production of proinflammatory cytokines by the innate immune system, thereby reducing the risk of a cytokine storm leading to pneumonia»53. Andrebbero subito disposte strutture e stesi protocolli per la loro somministrazione su larga scala, proprio per preparare la popolazione non ancora infettata ad un contatto col Sars-Cov-2 il più possibile “indolore”. Ma ad ogni modo, anche si avessero insorgenze di sintomi tipici da Covid-19 (non ci stanchiamo di ripeterlo!), già da marzo gli strumenti per curare efficacemente nella fase domiciliabile ci sono!
L’ozono terapia ha dato prova di essere efficace anche in condizioni di stato infiammatorio e trombotico avanzato54. La grande auto-emo-infusione di ossigeno/ozono (con un rapporto O2/O3 50/50, per una concentrazione ematica effettiva di O3 intorno a 40 μg/ml, ma sono state usate anche concentrazioni inferiori) riduce le necrosi degli pneumociti e dell’endotelio vascolare, modula la risposta immunitaria (con contenimento della “tempesta citochinica” che concorre alla coagulazione intravasale disseminata, DIC), sequestra radicali liberi (specialmente l’OH˙ dovuti alla liberazione di ferro prodotto dalla parziale rottura del gruppo eme), promuove la degradazione dei coaguli e produce ossido nitrico (NO) un potente vasodilatatore che rivitalizza ingentemente tutto il microcircolo, aiutando a ripristinare gli scambi gassosi e risollevando, quindi, la saturazione. L’ozono inoltre è i più efficace agente disinfettante e decontaminante attualmente disponibile (torneremo nella prossima sessione su questo).
2.2 Vaccinazioni
Riguardo alla vaccinazione bisogna spendere qualche parola in più. In primis c’è da chiedersi per quale motivo si dovrebbe fare un vaccino per un limitato spettro di virioni di oggi per essere protetti da altri (probabilmente già diversi) domani. Il campionario di virus attenuati inseribili in un vaccino non è rappresentativo di un’ampia gamma di possibili varianti di coronavirus che si stanno gemmando man mano che vengono replicati dagli organismi ospiti, a partire dal ceppo iniziale55. Lasciando entrare la popolazione in contatto con il virus e con i propri simili – una volta che e visto che sono stati acquisiti gli strumenti clinici per gestire la stragrande maggioranza dei casi in modo sicuro e semplice – permetterebbe al sistema immunitario di apprendere naturalmente, gradualmente e multiforme-mente le varianti che offre l’ambiente.
+ https://catania.meridionews.it/articolo/86513/il-farmaco-contro-la-malaria-per-curare-il-coronavirus-linfettivologo-cacopardo-i-primi-risultati-sono-buoni/
+ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7172861/
+ https://www.preprints.org/manuscript/202003.0235/v1 + http://backoffice.ossigenoozono.it/Multimedia/Content/Oxygen-ozone_immunoceutical_therapy_in_COVID-19_outbreak_facts_and_figures.pdf + http://www.farodiroma.it/nei-casi-di-covid-19-lossigeno-ozono-e-altamente-efficace-ce-un-miglioramento-in-tutti-i-pazienti-trattati/
+ https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.04.09.034942v1
Ciò eviterebbe inoltre il rischio (nei vaccinati) di una risposta immunitaria iper-espressa (come sembra essere successo a chi ha fatto vaccinazioni influenzali o anti meningococcidi che hanno prodotto co-morbilità al 35% con il Sars-Cov-256) con tutti i problemi sul microcircolo che ne conseguono per la tempesta citochinica e le varie tromboembolie o coagulazioni intravasali. È proprio la risposta infiammatoria e immunitaria che porta alla possibile letalità della Covid-19, non il virus di per sé (che in moltissimi soggetti è stato già catalogato dal sistema immunitario in maniera totalmente subclinica). L’immunologia parla chiaro: la specificità degli anticorpi è un processo in fieri e la vastità del corredo anticorpale è proprio frutto della relazione con la micro flora-fauna e campionario virale ambientali, e va di pari passo con l’ampiezza e la varianza di tali interazioni a cui l’organismo è soggetto57.
Bisogna sempre contestualizzare le prassi umane rispetto a cosa è fisiologico (o “bio-logico”) e cosa non lo è e vedere se, quindi, un’azione compiuta sul sistema vivente (pur con intento terapeutico) è realmente necessaria (se non pure dannosa), o se è la “pezza” con cui si rattoppa un inconveniente procurato in vero da un nostro comportamento (evitabile), che non permette al corpo di interfacciarsi coi propri mezzi e tempi all’ambiente.
Potrà far sorridere, ma si pensi, ad esempio, al buon Marco Polo: partì insieme ai fratelli, Niccolò e Matteo, nel 1271, all’età di 17 anni. Tornò a Venezia 24 anni dopo. Percorse tutta la via della seta all’andata e tornò lungo la fascia tropicale (passando per il sud della Cina, Malesia, Taiwan, Indonesia, India e Golfo Persico) si veda il percorso in rosso nella figura sotto.
Non ebbe bisogno di alcuna vaccinazione (anche avendola). Perché? Perché si spostò di ambiente in ambiente gradualmente, con velocità “a misura d’uomo” (a piedi, via nave, a dorso di cammello o cavallo…e fece molti soggiorni nei luoghi visitati). Ben diverso è prendere un aereo e atterrare a 20000 km di distanza dal proprio ecosistema, appena 11 ore dopo. Ma nessuno ci riflette. E poi si crede che senza la solita profilassi vaccinale saremmo nei guai. Questo è senz’altro vero. Perché adottiamo queste modalità di spostarci, totalmente incuranti delle scale e delle cinetiche biologiche. In tal caso, ben vengano i vaccini per aiutarci e permetterci questo “lusso”. Ma non si deve generalizzare58 e soprattutto va compreso che sarebbe bene fare il più possibile a meno di queste contromisure (non biologiche).
L’imposizione di vaccinazioni per la Covid-19 è un atto che non ha nulla di giustificato scientificamente (specialmente se il tempo di sperimentazione è di una decina di mesi!) poiché, se le terapie per gestire la pandemia a domicilio ci sono (e ci sono!), è molto più producente sviluppare gli anticorpi naturalmente, minimizzando i rischi di comorbilità per altri virioni simili ma diversi. Per questo rischio associato al vaccino, tale imposizione sarebbe pure un atto contro la deontologia medica: primum non nocere! Infatti, l’antibody dependent enhancement (ADE) è una delle possibili ragioni alla base delle disomogeneità della distribuzione
Come nelle province di Bergamo e Brescia (IT) e di altri capoluoghi del nord Italia https://www.affaritaliani.it/cronache/coronavirus-numeri-inattendibili-si-e-vi-dimostriamo-perche-665108.html?refresh_ce + https://www.disabledveterans.org/2020/03/11/flu-vaccine-increases-coronavirus-risk/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31607599 + https://it.wikipedia.org/wiki/Anticorpo#Funzioni_e_correlazioni_strutturali + https://salvatoreraino.com/vaccini-si-grazie-intelligenza/
+ https://magazine.5lb.eu/2015/07/vaccini-tossici-obbligatori-immunita-polemica-5120.html
geografica dei casi più gravi e dei decessi59. Se poi si vuole fare appello al decantato obbiettivo dell’“immunità di gregge”, va ricordato che tale condizione non ha alcuna significanza bioloigca se non quella data dalla condivisione di uno scambio dinamico e continuo dei microbionti e delle particelle virali all’interno di un ecosistema e tra individui di ina (o più) specie. In questo modo si ottengono molti più vantaggi in “un colpo solo”: i) le replicazioni all’interno degli organismi possono produrre mutazioni e varianti geniche dei virioni con conseguente attenuazione della virulenza (ossia della sua “irritabilità” e facoltà uccidere le specie cellulari in cui si replica e/o di attivare violente risposte immunitarie a loro volta possibilmente citotossiche) a cui si associa un più ampio campionario di anticorpi sviluppati; ii) l’evitamento di ADE dovute a brusche introduzioni di antigeni (limitatamente rappresentativi) nei confronti di altri ceppi (naturali o selvaggi); iii) essenza di possibili effetti collaterali associati alla somministrazione60.
Inoltre, c’è da fare un breve commento sull’efficacia delle vaccinazioni per virus stagionali (come le antiinfluenzali o questo vaccino anti Sars-Cov-2 in preparazione). Il principio di adattamento dell’organismo attraverso “il simile”, principio alla base della vaccinazione ma anche dell’omeopatia e del mitridatismo, non è in discussione: si sta invece discutendo sull’efficacia di prodotti industriali, alla pari di qualsiasi altro farmaco. all’inizio del 2018 l’organizzazione di ricerca Cochrane, dopo 20 anni di revisioni sistematiche, ha ritenuto di dover “stabilizzare” gli studi sui vaccini antiinfluenzali, dato che le conoscenze sul funzionamento degli stessi sono costantemente lacunose61. Stabilizzare una revisione significa che le conclusioni intorno ad una prestazione clinica si ritengono pressoché definitive, perché appare improbabile che studi futuri siano in grado di cambiare il giudizio sul trattamento studiato a meno che non si verifichino queste tre condizioni:
i) che vengano eseguiti degli studi randomizzati rilevanti, che nel panorama farmaceutico ora sembrano improbabili;
ii) che siano introdotte nuove tecnologie vaccinali (come quelle specifiche per gli “steli”, il “frammento cristallizzabile. Fc, degli antigeni);
iii) che sia sviluppato un nuovo paradigma eziologico (lo si vedrà di seguito), infatti, scrivono gli stessi ricercatori che: «serve lo sviluppo di un nuovo paradigma delle cause dell’influenza e dei sintomi parainfluenzali»62.
Attualmente sono necessari enormi macchinari per produrre ogni anno nuovi vaccini, affrontando i cambiamenti degli antigeni virali e la scarsa persistenza della risposta anticorpale negli individui. Tuttavia, i programmi di selezione e produzione di vaccini sono basati su ipotesi eziologiche che non spiegano, né possono fare previsioni, come è mostrato nelle citate revisioni. Complessivamente, il più grande insieme di dati finora accumulato proviene da studi condotti nella popolazione meno propensa a beneficiare dei vaccini, ma con maggiori probabilità di produrre immunità: gli adulti sani. Negli studi sugli adulti sani, un’elevata risposta sierologica è accompagnata da un effetto clinico molto piccolo (71 adulti sani devono essere vaccinati per evitare che uno di loro soffra di influenza). Questo debole risultato non può essere spiegato semplicemente dalla mancata corrispondenza tra antigeni vaccinali e virus selvaggi (naturali). Figuriamoci con virus che è possibile che di naturale abbiano ben poco, come nel caso siano chimere modificate in laboratorio a partire da ceppi virali naturali63.
In sintesi, l’effetto del farmaco che si osserva in laboratorio (la capacità del vaccino di innescare una risposta anticorpale sierologica) non corrisponde all’abbattimento dei sintomi che ci si aspetterebbe di vedere nella realtà. Per di più, l’ipotesi di fondo che la vaccinazione antiinfluenzale non aumenti il rischio di sintomi non-influenzali è contraddetta dai dati sperimentali. Cioè: chi si vaccina si può ammalare comunque, ma siccome si dà per scontato che il vaccino elimini un certo virus, allora ai sintomi del tratto respiratorio vengono dati altri nomi che non sono più “influenza”. Il paradigma di fondo non quadra.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7102551/pdf/main.pdf
Tra l’altro, tra gli effetti collaterali dichiarati per alcuni vaccini, vi sono proprio trombocitopenie e disturbi della coagulazione https://www.nexusedizioni.it/it/CT/riflessioni-sul-virus-sars-cov-2-e-la-corsa-al-vaccino-6015.
Si leggano inoltre le preziose riflessioni dell’immunologo dott. Salvatore Rainò: https://salvatoreraino.com/il-senso-dellinfezione/ si ascolti anche quest’intervista: https://www.youtube.com/watch?v=3ML4yWC-j2Y, il titolo del cui video (parecchio sconcertante) trova spiegazioni più ponderate alla pagina: https://salvatoreraino.com/cinevirmatica-come-ti-risolvo-i-dubbi-sul-coronaviruss/.
+ https://community.cochrane.org/news/why-have-three-long-running-cochrane-reviews-influenza-vaccines-been-stabilised
Ibidem.
Si veda a mente aperta, senza prendere per oro colato, ma con spirito critico, per conoscenza, questo documentario:
L’incertezza sulla eziologia dell’influenza, la sua ‘natura aleatoria’ e la debole correlazione tra immunità (di laboratorio) e protezione (reale), indica altri possibili e concomitanti fattori causali nella genesi dell’influenza. In altre parole, la positività al virus potrebbe essere solo uno dei fattori che fanno manifestare l’influenza. Se poi si considerano gli aumenti dei fattori di rischio per comorbilità nell’esasperare le risposte immunitarie (e infiammatorie) ad altri ceppi virali (come il Sars-Cov-2), il buon senso sconsiglierebbe di caldeggiare vaccinazioni obbligatorie sia per l’influenza che per la Covid-19!
2.3 Prevenzione, DPI, sanificazione e social management pandemico
Infine, includiamo nell’ambito delle riflessioni sui mezzi per contrastare la pandemia, ovviamente, anche le misure preventive riguardanti il “distanziamento sociale”, le modalità di comportamento in caso di tosse e starnuti ed i dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, guanti e disinfettanti per mani e superfici.
I decreti-legge (o le ordinanze regionali o comunali) che obbligano l’utilizzo di mascherine in esercizi commerciali, mezzi pubblici, super mercati, uffici e, in generale, in ogni luogo chiuso o ovunque il distanziamento sociale (di almeno 1 metro) non sia possibile, sono tutt’altro che inopinabili. Spieghiamo il perché andando per punti:
1. la dimensione dei virioni (circa 100 nm) implica che il Sars-Cov-2 non sia affatto arrestabile dai filtri o dai tessuti delle mascherine (poiché aventi trame con spaziature di ordini di grandezza maggiore della dimensione dei virioni, micrometri, pena l’impossibilità di far passare aria);
2. si dice in letteratura64 che l’importante è fermare le droplets di muco e saliva (tramite mascherina) emesse da naso e bocca, possibilmente inalabili da chi ci è vicino;
3. tuttavia, i flussi d’aria in inspirazione ed espirazione sono necessariamente ed inevitabilmente scambiati dalle irriducibili aperture che rimangono tra mascherina e viso: con essi una inevitabile frazione di droplets esce (o entra) comunque.
Queste prime affermazioni, oggettive (la prima e la terza) o condivise (la seconda) da chi ritiene il contagio un fattore determinante sulla gravità della pandemia, contemplano l’infezione possibile per via prossimale, tramite contatto e/o passaggio di droplets infette.
Non si comprende, quindi, con quali ragioni in Italia sia stato imposto un lockdown totale per ben otto settimane quando, allora, indossando mascherine e/o mantenendo le distanze prescritte, sarebbe stato possibile continuare la vita, le attività produttive e sociali come sempre (sia pur evitando assembramenti) e senza mettere in ginocchio la popolazione.
Alle suddette premesse, comunque, per giustificare la pertinenza del lockdown, vengono addotte altre ragioni riguardanti la contaminazione delle superfici e dell’aria65, seppur il contagio dall’aria (che avverrebbe entro tempi dell’ordine dell’ora) è un fattore controverso poiché il virus da solo, o legato a nanopraticelle, resterebbe sospeso per qualche ora, mentre, se contenuto nelle droplets, precipiterebbe a terra molto più rapidamente (entro pochi minuti)66.
I dubbi riguardano il fatto che il lockdown viene inteso come essenziale nella prassi preventiva, quando però si sostiene che siano le droplets ad essere significative per il contagio (da cui l’obbligo delle mascherine). E questo è condivisibile in base a principi appurati di fisica e chimica, dato che in aria i virioni verrebbero degradati rapidamente o sarebbero inattivati da radiazione UV (se all’esterno) e/o da altre interazioni litiche al contatto con particelle e superfici. Altrettanto sconcertante è che, sebbene la campagna di allarme sulle contaminazioni delle superfici prosegua indefessa, pochi considerano che uno studio tedesco67 ha dimostrato che il materiale virale (rilevabile come positività al tampone PCR) è sì presente sulle superfici per un certo tempo (da poche ore per il rame a 3 giorni per plastica e acciaio), ma che da tale materiale (posto in coltura) non è possibile ricreare alcun virus. Ossia, si tratta di materiale inattivo. Un po’ come dire che se spargiamo la prova della non chiarezza di questo aspetto mentre altre fonti danno altre tempistiche. che la terra di semi di zucca fatti a pezzetti, le analisi chimiche confermeranno la presenza della stessa materia di cui sono fatti i semi di zucca. Peccato che non potrà nascere alcuna piantina da tale “semina”, poiché i semi (così come i virus) possono “funzionare” solo se integri.
https://www.nature.com/articles/s41562-020-0887-9.pdf
+ https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.09.20033217v2.full.pdf , https://www.webmd.com/lung/how-long-covid-19-lives-on-surfaces
https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/03/17/coronavirus-quanto-resta-sulle-superfici_0d92bab6-e520-4dc6-97b1-34f9c5d51583.html + https://www.huffingtonpost.it/entry/il-covid-19-non-si-prende-al-supermercato-ne-per-contatto-con-gli-oggetti_it_5e9d7d66c5b63c5b5871a969 + https://www.theguardian.com/world/2020/mar/31/virologists-to-turn-germany-worst-hit-district-into-coronavirus-laboratory
A questo punto, allora, l’incongruenza, logicamente, si palesa da sé:
– se servono le mascherine e/o il distanziamento minimo e i disinfettanti, perché bloccare in casa una nazione intera? Si poteva proseguire la vita di sempre adottando i DPI ed il distanziamento e l’evitamento di assembramenti in luoghi chiusi.
– Se, invece, è vero che i virioni sono infettanti anche sulle superfici e nell’aria, diventano inutili sia il lockdown sia le mascherine, poiché tanto non sarebbe possibile sfuggirgli. Restano, al massimo, plausibili i disinfettanti ed il distanziamento.
Delle due, l’una. In entrambe i casi il lockdown totale risulta qualcosa di inutile, visti tra l’altro i prezzi che esso comporta: ha creato danni non giustificabili a fronte di una “impossibilità di fare altro” solo fittizia. Specialmente perché le terapie per gestire la patologia in maniera sicura e semplice c’erano, almeno dopo le prime 2 o 3 settimane di comprensibile spaesamento. E quelli sono danni inquantificabili, ben oltre l’economia e la violazione della libertà in nome di una “sicurezza” che, se tolta, non implicherebbe la catastrofe che viene narrata e che le realtà ospedaliere dei reparti di terapia intensiva NON rappresentano in senso generale. Analizzeremo questi punti nella sessione successiva.
Ad ogni modo va ricordato quanto scritto al punto 3, più sopra, riguardo al fatto che le mascherine non possono fermare totalmente il passaggio di particelle virali e che, aggiungiamo, non permettono una normale respirazione (dando spesso disturbi da ipercapnia). Inoltre, non si comprende come, finché esse sono indossate come DPI, sarebbero qualcosa che ci protegge dalle infezioni, mentre, una volta tolte, diventano rifiuti “speciali” (tanto da esser dichiarate pericolose, oltre a non essere nemmeno riciclabili, imponendo così a province e regioni più carenti un’unica soluzione: «quella di far viaggiare i rifiuti da incenerire in altri territori, in Italia o all’estero. Con tutti i costi e i rischi che ne conseguono»).
Resta pertanto sensata la posizione espressa prima: vista la disponibilità di terapie e/o prevenzioni efficaci, che non richiedono l’ospedalizzazione (o la abbreviano di molto e dispensano dall’uso di respiratori), è molto più proficuo lasciare circolare il virus, ed insieme le persone, trattarlo coi metodi descritti sopra ai primi sintomi e permettere una veloce e capillare immunizzazione (dinamica e specifica!) della popolazione.
Va infine ricordato che, per quanto riguarda la sanificazione e decontaminazione ambientale, piuttosto che inondare gli scarichi e i tombini (e quindi le falde o le fosse biologiche in cui la moria dei batteri comporta la cessazione della digestione dei liquami), si dovrebbe usare (ancora una volta!) l’ozono. Esistono macchinari appositi che, posti negli ambienti chiusi emettono ozono e lo ri-degradano (tramite UV), lasciando gli ambienti totalmente sterili, sicuri per la respirazione e senza immettere alcun gas reattivo in atmosfera68. Inoltre, va ricordato che la sterilizzazione ad ozono è un procedimento standard già da quasi un secolo per la potabilizzazione delle acque69 (emblematici i casi della Francia, in cui è una procedura standard in tutto il territorio nazionale, e di città come Amsterdam, Torino, Firenze, Ferrara, o Bologna la cui fonte di acqua è ormai da decenni il fiume Reno la cui acqua viene ozonizzata nella filiera dell’acquedotto70).
3. Considerazioni generali sulle condotte sanitarie e governative
3.1 Una medicina centrata sulla persona
Se ora si prende in considerazione il nodo della questione – e cioè perché molti casi sono asintomatici o paucisintomatici, mentre una forte minoranza incorre in un iter clinico molto grave e spesso letale – si deve cominciare a considerare che la visione offerta dalla descrizione molecolare e fisiopatologica, la quale fornisce senz’altro illuminanti acquisizioni per comprendere i meccanismi del “durante malattia”, non riesca poi forse a dirci molto sui “perché” e sulle premesse allo svolgersi di quegli eventi descrivibili a livello biochimico e citologico. Quei recettori a cui il virus possa agganciarsi, quei meccanismi immunologici con cui si possa attuare una risposta infiammatoria, li abbiamo tutti.
https://www.youtube.com/watch?v=huSHlR6lkpw + http://www.othree-international.com/uploads/5/5/4/4/5544325/depliant_trattamento__acqua_potabile_ozono_24-02-13.pdf + https://www.sepra.it/it/generalita-ozono.html
Cos’è che modula e regola sistemicamente tali percorsi? I fattori sono senz’altro molteplici, ma tra i più salienti sarebbe ingenuo non includere:
i) le condizioni in cui già versava un organismo prima del contatto col virus (così come accade ogni giorno e non solo all’annunciato comparire di un nuovo coronavirus);
ii) ed il contesto ambientale (in senso lato) in cui esso è immerso.
È condiviso da sempre più medici e scienziati che una prospettiva più allargata sul vivente si fa tanto necessaria, quanto urgente. Non è di certo questa la sede per illustrare le già maturate ed abbondanti evidenze delle relazioni tra espressioni fisiologiche, immunologiche, endocrine e persino epigenetiche ed i livelli neurobiologici, psichici, emozionali, del vivente71.
Una branca importante della medicina come la PNEI ha già potuto evidenziare, ed in buona parte motivare, quanto incidente sia, ad esempio, il ruolo dello stress sullo stato di salute nonché sulle modalità di risposta all’ambiente72. Lo stress può essere di svariati tipi: chimico, fisico, emotivo (semantico). È chiaro che entro il generico termine “stress” (nella sua accezione emotiva) vadano inclusi aspetti e connotazioni ben più precise, poiché nel modello che vede il generico stress come stimolo di malattia, o “alterazione” dell’omeostasi, non si comprende perché a qualcuno che sia “stressato” possa insorgere una dermatite, ad un altro la polmonite e ad un altro ancora il diabete.
Nella direzione di affinamento di queste relazioni eziologiche, lo studio delle teorie mente-corpo, può fornire degli spunti molto significativi. Tali relazioni, sia ben chiaro, non riguardano alcun protocollo terapeutico, bensì una comprensione diagnostica di cosa sia l’evento “patologico” entro una visione che veda il senso biologico con cui tale espressione di fisiologia (speciale) sia una risposta al come l’ambiente è stato decodificato dal vivente (proprio anche per il significato che una data configurazione ambientale ha per la sopravvivenza del soggetto). Questi aspetti pertengono ad una tipicità sempre soggettiva che chiamano una medicina della persona, singola ed irripetibile, in luogo di protocolli standardizzati, seppur a livello terapeutico ogni professionista ed approccio si debba senz’altro basare su criteri scientifici e verificabili.
D’altra parte, è bene noto il concetto di compliance terapeutica che si riferisce proprio all’individualità della risposta in relazione a fattori costituzionali e/o legati a specifiche condizioni contingenti e che auspica, quindi, un approccio alla cura personalizzata. In questo senso, è riduttivo considerare la malattia a prescindere dallo specifico paziente. La storia personale, le risorse biologiche, le modalità di processare gli eventi, il tono affettivo e le attivazioni emozionali, sono tutti elementi che, all’interno di un paradigma che considera mente e corpo intrinsecamente connessi, danno precise indicazioni nella personalizzazione dell’approccio alla salute e alla malattia.
La relazione (anche semantica) soggetto-ambiente si articola su un livello “viscerale”, quello neurovegetativo della percezione, sottostante a quello psicologico; un livello in comune con il regno animale (non solo coi mammiferi, ma anche con regni filogeneticamente più antichi) come ben viene testimoniato dalle evidenze raccolte, e correlate con una coerenza neurobiologica, dalla branca di studio pertinente alla Teoria Polivagale73 fondata da S. Porges).
Tenendo conto di una visione del vivente in cui più livelli interagiscono sistemicamente, si possono delineare delle linee guida per una gestione sanitaria, un approccio terapeutico, nonché per una condotta sociopolitica realmente atti a gestire in modo più saggio, e a monte, eventuali altre situazioni di questo tipo, come la “pandemia Covid-19”, maturando una presa di coscienza di ogni persona, nonché dei medici e degli operatori della salute ed aiutando le persone ad essere utenti attivi in medicina (e non solo “pazienti”) e non ponendole in una situazione “perfetta per soccombere” dovuta a molteplici livelli di diseducazione (da quella alimentare e motoria, a quella civica, medica e biologica).
Da queste premesse si potrebbe proporre che la discriminante decisiva per il decorso della risposta al Sars-Cov-2, può essere riferita al concetto di resilienza biologica del soggetto, cioè alla propria capacità allostatica, (alla capacità di coping biologico e psichico) che dipende (anche variando nel tempo) da molti aspetti della vita, riassumibili principalmente in:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4021821/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3341916/ + https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1781308/.+ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5990612/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3108032/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1801075/ + https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/ – articles/PMC1868418 .
– Età biologica e condizioni metaboliche di nutrienti, stress ossidativo, substrati, (stile dell’alimentazione), “biochemical portrait” del sistema nervoso autonomo (esprimente le condizioni basali dell’ortosimpatico, del tono vagale ventrale e del vagale dorsale, rapporti tra inibitori ed eccitatori, ecc.);
– Stile di vita: motorio, di relazione con l’ambiente naturale, appagamento o meno di bisogni di contatto, relazione, intimità, sicurezza, attaccamento.
– Condizioni di tossicità ambientale: inquinamento chimico (fumo, particolati atmosferici, qualità dell’acqua bevuta, sostanze accumulate con certi cibi come metalli pesanti, metanolo, glutammati, ecc.), inquinamento fisico (radiazioni alte e basse frequenze, esposizione acustica, geopatie, campi statici) e inquinamento farmacologico (medicinali in genere, immunosoppressori, chemioterapici, interferoni, ipocolesterolemici, vaccini);
– Condizioni di “malattia” (o attivazioni biologiche) già in corso da tempo
– Stati fisiopatologici conseguenti a forti stress emotivi e neurobiologici prodotti sia dalle condizioni al contorno sociali (in cui c’entrano anche il clima mediatico e le configurazioni normative associate alla narrazione di una minaccia terribile in arrivo) così come dalle condizioni di diagnosi, trattamenti clinici ed isolamento eventualmente implicati in corso di terapia per Covid19;
Questi sono aspetti che pertengono alla gestione della vita (da parte del soggetto e del sistema sociale e politico in cui esso è inserito) e della prassi terapeutica (riguardo al sistema sanitario ed alle scelte di coloro che lo coordinano, e che in esso espletino la loro professione). Il primo e il terzo punto rendono conto dell’età media dei decessi da e con Covid-19: molto alta, circa 78 anni. Mentre tutti i punti tengono conto di fattori che, se non sono “patogeni” di per sé, determinano fortemente le possibilità di resilienza del soggetto a fronte della conoscenza di un nuovo virus, sconosciuto all’organismo.
3.2 Inquinamento elettromagnetico
Un aspetto su cui può valere la pena soffermarsi riguarda l’esposizione a radiazioni elettromagnetiche di svariate frequenze, che possono concorrere al mantenimento di uno stato “irritato” dell’organismo, condizione che non aiuta in concomitanza di una risposta immunitaria possibilmente già importante come quella al Sars-Cov-2. Seppur la profondità di penetrazione scenda al salire della frequenza (fintanto che si resta al di sotto i soft X-rays / hard-UV, altrimenti si ha drastica penetrazione), più le frequenze sono alte e più risultano aggressive (assorbite e riflesse) per i tessuti biologici. Questo è il caso della futura rete 5G (non quella attuale che è ancora proptotipale e lavora a bande vicine all’attuale wi-fi), della esistente rete 4G (800 e 2600 MHz) e dalle reti wi-fi (2.4 e 5 GHz), che saturano sempre di più gli ambienti interurbani (sia interni che all’aperto). L’ampiezza di segnale per la rete 5G sembra che debba alzarsi da una soglia massima attuale per la componente elettrica del campo di 6 V/m ad una di 61 V/m (!), motivo per cui la Svizzera ha (saggiamente) deciso di non procedere alle installazioni di tali antenne74. L’ampiezza dell’onda non è il termine più importante, o per lo meno non l’unico, da considerare. Alte frequenze nel range delle microonde spinte come quelle del 5G prossimo a venire (26 GHz !) costituiscono un bombardamento di treni d’onda che viene pesantemente assorbito dal materiale biologico (a base d’acqua). La non trasparenza dei sistemi viventi a questo tipo di segnale è testimoniata dal dilagante abbattimento di alberi che in varie città d’Italia ed Europa sta avvenendo in quelle zone “smart-5G” poiché gli alberi ostacolano la trasmissione di tali segnali75. Non essere trasparente, significa, per un mezzo attraversato da un’onda, che questa viene dal primo assorbita (ed eventualmente riflessa e/o diffratta). E non si può trattare l’interazione campo-materia biologica solo in termini termici.
Entro i tessuti ci sono migliaia di sistemi molecolari che hanno svariati salti energetici tra gli stati fisici occupabili che possono andare da pochi Hertz, come le frequenze di iono-risonanza ciclotronica di vari ioni nel mezzo acquoso interfacciale, fino all’ultravioletto duro, intorno ai 13 eV (circa 1016 Hertz), per le ionizzazioni di una molecola d’acqua. Le frequenze di ciclotrone di alcune specie ioniche intorno a catene molecolari rivestite di acqua coerente, ad esempio, sono dell’ordine dei 1-200 GHz ed avere segnali che da essi sono assorbibili, significa scalzarli dalle loro sedi al di fuori della intelligente e delicata orchestrazione fisiologica.
https://www.ft.com/content/848c5b44-4d7a-11ea-95a0-43d18ec715f5
+https://www.nogeoingegneria.com/campo-elettromagnetico/e-tutto-vero-gli-alberi-ostacolano-il-5g/
Ma la varietà di componenti molecolari che potrebbero accoppiarsi a questi segnali è inquantificabile e può andare dalle frequenze di pulsazione sterica di certe proteine, fino alle frequenze di oscillazione delle acquaporine di membrana, ecc. In summa, questo background di rumore elettromagnetico sta diventando sempre più pervasivo e l’esito di ciò può essere un’alterazione dei processi di regolazione fisiologica implicante attivazioni infiammatorie, up o down regolazione di certi recettori, mutamento della forma media di date proteine, e chissà cos’altro ancora. Inoltre, i segnali delle antenne 5G sembra procurino grossi problemi di orientamento alle specie avicole e di insetti (in special modo impollinatori)76. Fortunatamente alcune istituzioni nel mondo stanno dimostrando una buona sensibilità su questo problema77. Il punto è che gli enti governativi dovrebbero optare per far viaggiare i segnali via cavi ethernet o fibre ottiche e creare, anziché plotoni di antenne disseminati per le città, postazioni capillari pubbliche a cui ci si possa avvicinare e sfruttare porte ottiche con cui connettersi a reti capaci di sopportare alti bit-rate di trasmissione. Non ha senso pretendere una connettività wireless ovunque quando questo implica solo il degrado dell’ecosistema ed un costo allostatico per l’organismo.
Oltretutto, se all’intensa presenza di onde elettromagnetiche si somma l’inclusione nei tessuti di nanoparticelle metalliche dai particolati inquinanti, il risultato è una concentrazione ed amplificazione locale dei segnali elettromagnetici con conversione di una frazione dell’energia radiante in energia termica con conseguente produzione di calore nell’intorno delle particelle metalliche ed il risultato è la possibile denaturazione di certe proteine ed enzimi e, di nuovo, una possibile risposta “infiammatoria” o ipofunzionalità delle specie molecolari alterate.
Si potrebbe considerare che nelle zone del bergamasco, cremonese, varesotto, lodigiano e bresciano (così come a Wuhan) in cui i decessi associati a Covid-19 sono stati più numerosi, sono state anche zone in cui si sono sovrapposti tre importanti fattori “inquinanti” quali: i) inquinamento atmosferico per attività industriali, traffico di mezzi ed emissioni urbane; ii) densa copertura di segnali elettromagnetici; iii) vaccinazioni di massa prima di gennaio 2020 (185 mila dosi di antiinfluenzale acquistate dal Dip. Igiene e Prevenz. Ats di Bergamo nel 2019, e 34000 vaccinati per il meningococco C tra il 24 dicembre 2019 e gennaio 2020)78.
Non si vuol sostenere certamente che la Covid-19 sia causata dall’inquinamento elettromagnetico, dai vaccini o dai nanoparticolati. Ma allo stesso modo non è possibile pensare che essa sia causata dal solo Sars-Cov-2. Ecco che c’è da contemplare una convergenza di fattori che pertengono a quella molteplicità di livelli che abbiamo discusso.
3.3 Battage mediatico e clima sociale: effetti sulla fisiologia
Su questo frangente è interessante notare un alto aspetto. Da test sierologici di uno studio partito in febbraio e mostranti un congruo campione di soggetti con IgG già sviluppate79, se è vero che il Sars-Cov-2 è in circolazione sul territorio italiano da ottobre80, c’è davvero da chiedersi se sia solo un caso che gli ospedali siano andati al collasso proprio quando è stata dichiarata la “situazione d’emergenza” e la campagna mediatica ha iniziato il suo incessante, compatto, martellante, vizioso ed ipnotico battage. Una campagna mediatica così montante e priva di contraddittori ha sparso il panico di una minaccia terribile che si stava propagando nel mondo, e senz’altro ha contribuito a gettare le basi affinché tale minaccia si avverasse sempre più concretamente, nonostante il virus da solo81 non possa realisticamente essere imputato della letalità che si può registrare dal pur enorme eccesso di decessi in certe regioni o province (+548% Bergamo, + 463% Varese, +364% Cremona, +335% Lodi, per dire i più alti82).
Alcune delle ragioni di una tale disomogeneità delle manifestazioni epidemiologiche sono ragionevolmente rintracciabili nell’attivazione di stati fisiologici consoni alla percezione di un pericolo….
https://www.youtube.com/watch?v=jOGGUM1M508
+ https://ehtrust.org/5g-and-its-small-cell-towers-threaten-public-health-harvard-phd-scientist/ + https://www.cellphonetaskforce.org/governments-and-organizations-that-ban-or-warn-against-wireless-technology/
+ https://www.affaritaliani.it/cronache/coronavirus-numeri-inattendibili-si-e-vi-dimostriamo-perche-665108.html?refresh_ce
http://www.altamedica.it/ricerca-anticorpi-igg-igm-anti-covid-19-coronavirus-2/
+ http://donatorih24.it/2020/05/08/coronavirus-studio-bacco-dati-importanti/ + https://www.youtube.com/watch?v=c8czMPZdAU8 (video Censurato da Youtube) +
https://www.radioradio.it/2020/05/vaccino-e-inutile-sars-cov-2-un-virus-banale-che-da-solo-non-uccide-nessuno/?cn-reloaded=1 + https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_7_maggio.pdf
L’infodemia da COVID-19, analisi dei dati pandemici, regionali, italiani e internazionali, aggiornata al 13 maggio, del Prof. Saverio Giulini, Dip. di Matematica e Informatica, Università di Genova https://2019.aulaweb.unige.it/enrol/index.php?id=3822#section-39 la casistica è varia, ma per citarne alcuni: panico della morte, minaccia nel territorio, paura frontale, pericolo dietro l’angolo, lo schifo dell’altro che mi può contagiare, non avere nessuna via di scampo, ecc.). Dalle relazioni proposte dalle 5 leggi biologiche, tessuti coinvolti associati a percepiti biologici di questo tipo, senza qui entrare nei dettagli, sono proprio quelli delle vie respiratorie. I governi si sono mossi in modo perfettamente consono ad una cultura che, cedendo al panico da “pestilenza dilagante”, al primo problema cercherebbe dei responsabili su cui rifarsi: hanno agito delle disposizioni draconiane (in nessuno stato come in Italia e Spagna) per limitare “i contagi” ed evitare il collasso degli ospedali. In vero, questa doppia configurazione tra messaggi mediatici e provvedimenti governativi non ha fatto altro che far sentire le persone in forte pericolo. Tanto che in molti, che avrebbero potuto avere un gestibile (e forse tipico) decorso di sintomi influenzali, una volta avvertitili (sotto idea che il virus terribile “ci infetta” e “rischiamo la vita”), si sono precipitati negli ospedali molto più del necessario. Una volta lì, la svolta clinica data dalla positività al tampone è stata spesso fatale, decisiva per aprire la strada ad altre “attivazioni biologiche” dovute allo stato di quarantena, di isolamento (quando non di intubazione!). Sembra che il contagio, oltre che del virus, sia stato proprio di panico.
Questo excursus nefasto può essere evitato adottando sia una prevenzione soggettiva dello stato fisiologico dell’organismo con una vita sana (su tutti i fronti che abbiamo affrontato poco sopra), sia nella capacità di dissociarsi da una narrazione collettiva e mediatica ipnotica e deliberatamente falsata da una prospettiva deformante, sia agendo con le terapie efficaci e per tempo (eparine, idrossiclorochina, emo-infusioni di ozono, plasma iperimmune), sia proteggendo i soggetti a rischio, non redimibili dalla loro condizione già compromessa (come anziani, ricoverati, malati cronici). Ma proteggerli davvero significa in primis non creare del terrore e promuovere a monte una società in cui lo stile di vita, l’alimentazione e la conseguente anzianità siano bio-logici.
Quindi va inderogabilmente voluta e creata una configurazione sociale rispetto alle prassi tecnologica, economica e di organizzazione del lavoro in cui gli “stressor” chimici, elettromagnetici, farmacologici, alimentari e neurobiologici siano ridotti al minimo possibile: ridurre i particolati inquinanti, le forme di trasporto su asfalto e gli spostamenti forzati di mandrie di impiegati ai loro uffici quando si potrebbe benissimo permettere loro di lavorare da ovunque in remoto, e al contempo promuovere le comunicazioni della rete internet via cavo ethernet e non disperse nell’ambiente (come i “meravigliosi” wi-fi, o 5G, ecc.), non appesantendo ulteriormente il già sovraffollato sciame di segnali elettromagnetici che ci tempestano (dai cellulari ai GPS, dalle antenne radio, alla tv satellitare); non metter le mani sui sistemi immunitari delle persone (specie dei bambini), se non per esigenze di spostamenti di grande portata e rapidi o presidi particolari, con obblighi vaccinali a tappeto (specialmente rispetto a “oggetti biologici” che cambiano in continuazione, come i virus, e che sono simili tra loro) promuovendo reazioni immunitarie abnormi quando si venga in contatto con una particella virale leggermente diversa da quella per cui si è stati vaccinati; infine promuovere una organizzazione e distribuzione demografica che permetta il maggior contatto possibile col naturale, con l’ambiente selvaggio, ampliare gli spazi verdi, promuovere agricoltura locale a forme famigliari o comunitarie, limitando trasporti inutili, preservare acqua pulita e strutturare ogni nucleo abitativo come sotto-sistema organico parte di un sistema più grande in cui la sostenibilità, la decrescita, la minimizzazione degli imballaggi e dei prodotti usa-e-getta, il riutilizzo e la riparazione sono i cardini portanti. Per far ciò l’integrazione delle strutture antropiche entro un grembo naturale è il requisito fondamentale83.
Proteggere i soggetti a rischio non significa incarcerare a domicilio un’intera popolazione: perché, per evitare che la gente in panico si accalchi negli ospedali, portandoli al collasso, si deve fare esattamente il contrario. Contenere al minimo la percezione di pericolo, utilizzare i presidi terapeutici giusti (non appena li si individui, comunicando tra medici il più possibile) e anche somministrando in maniera preventiva, in vista dell’epidemia, quei rimedi a base naturale (come le vitamine ad alti dosaggi così come cannabinoidi o cannabinomimetici). Le catastrofi si evitano con azioni preparate e producenti. Non in ritardo e alimentando il dramma che, per chi ha gli occhi per vedere, è uno dei cardini per le attivazioni fisiologiche necessarie e non sufficienti per produrre quadri clinici disastrosi.
Quindi, un’ipotesi di piano d’azione plausibile è che, una volta ci si fosse accorti che questo Sars-Cov-2 non fa parte del “default biologico” conosciuto, si sarebbero potute proteggere le persone a rischio (come gli anziani ospedalizzati), e non necessariamente con un isolamento (per le ragioni discusse sin qui), quanto piuttosto con una terapia sul microcircolo come definita sopra magari anche prescrivibile in anticipo ad una fascia di popolazione a scopo preventivo.
https://www.i-sis.org.uk/DreamFarm2.php
E tutto ciò senza allarmi globali da panico delirante, che non hanno fatto altro che abbassare la resilienza biologica di molti soggetti.
In questo senso, lo ribadiamo, sarebbe determinante tener conto delle attivazioni conflittuali nella persona a seguito di determinate condizioni, come l’isolamento, l’intubazione paralizzante, il senso di pericolo di una diagnosi di “positività” al virus e molto altro. Tenendo conto di questi aspetti neurobiologici e neurocettivi del soggetto a cui si associano aggravamenti di sintomi spesso letali, molti pazienti in più sarebbero stati portati fuori pericolo e più rapidamente (e qualcuno in più dei deceduti, forse sarebbe ancora vivo).
Bisogna infine evitare che la pur dovuta celebrazione dell’innegabile eroismo e sacrificio di medici e operatori sanitari, in primis per rispetto al loro lavoro e a ciò che hanno dovuto attraversare in termini di sfida professionale ed umana, emotiva, non offuschi le ragioni che hanno condotto ad una simile condizione “da trincea”. Cosa c’è dietro a quel dolore, a quelle sofferenze, a quelle morti, a quel cardiopalma da urgenza per tentare disperatamente di salvare vite…?
Qui, una risposta che indichi il solo virus come unico responsabile sarebbe irrecuperabilmente errata e mistificante. C’è molto di più e il virus è solo un iniziatore, che ha un ruolo attivo solo nella prima fase, la meno grave. Dopo, lo si sa bene dalla stadiazione della sindrome, arriva la risposta dell’organismo (soggetto-dipendente secondo vari criteri, alcuni ancora ignoti, che abbiamo tentato di porre in rassegna più sopra). In conclusione, le condizioni al contorno che hanno giocato un fattore chiave negli aggravamenti di casi clinici con i conseguenti molti decessi (e che ha posto gli stessi professionisti in una condizione al limite dell’umano) possono essere così sintetizzate:
– un sabotaggio economico di lungo corso del sistema sanitario, lasciato “in braghe di tela”;
– l’immensa complicazione logistica implicata dal dover gestire entro spazi comuni e pubblici (come in un ospedale) l’isolamento di “pazienti infetti” da dover essere tenuti separati da altri in attesa di accertamenti clinici, indirizzamenti al ricovero, quarantene domiciliari, ecc.
– una non solerte e decisa azione da parte di: ospedali stessi, comitati etici, organi di amministrazione e governi, a sdoganare cure che hanno dimostrato di funzionare benissimo (anche in paesi esteri) subito, appena note e disponibili, e prescindendo dalla loro passibilità di essere supportive o meno di ricavi economici;
– una campagna mediatica che ha prodotto la percezione di un pericolo in molte persone cha anche avrebbero avuto decorsi simil-influenzali, ma che in presenza di una tale narrazione hanno accalcato gli ospedali in letterale panico con conseguenti attivazioni biologiche;
– Negli effetti profondamente iatrogeni di vari step sanitari associati all’ospedalizzazione e/o alla quarantena: dalla diagnosi di positività (malattia) al tampone, all’isolamento in ospedale dai propri cari con perdita di contatto umano (anche visivo con gli operatori accudenti, causa mascherine e DPI vari), per non parlare dell’intubazione in terapia intensiva
Va sottolineato che, una volta “saltati” i passi terapeutici giusti nella fase iniziale, l’excursus che porta al precipitare del quadro clinico è solo l’effetto di tali condizioni al contorno e NON un ineluttabile destino, come spesso si è portati a credere, specialmente se si lavora in ospedale e non si considerano queste premesse. E questo viene ribadito nella piena empatia per i medici e gli infermieri che hanno combattuto per settimane in condizioni disumane, per rendere rispetto e riconoscimento ai loro sforzi e per evitare che mai più si ripetano scenari del genere; tanto per i professionisti della sanità, tanto per i pazienti e tanto per le loro famiglie, molte delle quali non hanno nemmeno più rivisto i loro cari a valle di una diagnosi di “positivo” alla PCR.
Infine, seguono alcune ultime considerazioni sui diritti-doveri di governo e cittadini, sulle scale di valori opportune da adottare e un appello.
Per le ragioni che sono state ben descritte all’inizio di questa sessione, un governo che faccia gli interessi dei cittadini che rappresenta, si documenta su una pluralità di fonti, valuta la coerenza delle informazioni e sceglie il male minore. Il lockdown, è stato spiegato, è un’opzione senza vantaggio alcuno e provoca solo una serie di conseguenze nefaste ancora indefinibili, ma che si prospettano essere ben peggiori dei danni da epidemia del virus. Tenendo conto proprio delle relazioni tra percezione semantica dell’ambiente e attivazioni sulla fisiologia, ci si interroghi profondamente su cosa possa implicare per migliaia e migliaia di imprenditori o professionisti aver perduto il lavoro, nicchie di mercato, o l’impossibilità di pagare i propri dipendenti, di non indebitarsi. Ci si chieda per molti bambini e ragazzi cosa possa aver significato una reclusione di otto settimane. Per non parlare di un’infinità di situazioni particolari ed inconoscibili dall’esterno per cui equilibri delicatissimi sono stati drammaticamente distrutti (sia in senso economico, che emotivo, relazionale, ecc.). Perché, infine, dare alla fondazione Bill & Melinda Gates 140 milioni di euro per mettere a punto un vaccino inutile o dannoso per i motivi sopra dettagliati, e non versare invece quei soldi direttamente nei conti dei professionisti ed imprenditori che sono rimasti senza risorse?
Inoltre, indicativo e preoccupante è già che in Italia, rispetto all’anno scorso, la mortalità per infarto nel periodo febbraio-maggio è triplicata. E questo potrà accadere per altre patologie e non fermarsi a breve. E, ancora, la cosa più assurda e perversa che potrà accadere (e accadrà se la comunità di medici non apre gli occhi), sarà sostenere l’idea che quelle vittime in più (magari perché positive ad un tampone) saranno ancora vittime del “Sars-Cov-2”, o peggio che una pandemia (magari con una variante nuova) starà ricominciando, confinando di nuovo (se non nuovamente agli arresti domiciliari) un “popolo bue” ed una sanità sorda alla vera scienza, dentro una nuova bolla di panico e di impoverimento sociale.
Il fatto ineludibile è che, per un’umanità libera e consapevole, la sicurezza non deve mai essere posta davanti alla libertà e alla conoscenza. Tuttavia, un popolo che sia degno e capace di tale scala di valori, deve già essere evoluto tanto da aver abbandonato la pretesa del “dare la colpa”: se chi governa, infatti, vive la pressione di offrire la migliore sicurezza possibile perché “se dopo succede qualcosa di brutto allora è colpevole”, non potrà che essere indotto all’utilizzo di misure draconiane per mettere al sicuro non solo i cittadini, ma anche il proprio operato e la propria posizione giuridica.
L’umanità, per inserirsi intelligentemente e mantenersi in un ecosistema quale la biosfera terrestre, deve prima prendere coscienza di cosa conti salvaguardare della propria esistenza, del sacro grembo naturale in cui alloggia e di quali sono i modi per adempiere una reale prosperità che poco ha a che fare con l’attuale globalizzato tecno-capitalismo scientista.
3.4 Un appello all’umano, alla vita
Per concludere, poniamo molta attenzione a non perderci la Vita e non solo delle vite. Da una simile esperienza dobbiamo riflettere in modo critico sulle premesse sistemiche di una prassi antropologica sconsiderata, di un rapporto dell’umano con la natura, suo innegabile grembo, tutto improntato ad un’autoreferenzialità sfruttante e sorda (anche ai nostri stessi bisogni). Va compreso profondamente che se oggi ci si trova di fronte ad una simile emergenza, è perché essa non è altro che il risultato di ciò che abbiamo seminato in quasi due secoli in cui abbiamo lasciato che i soggetti della storia non fossero la vita e la cura, ma il capitale e la tecnica.
Dopo un racconto distorcente, in quanto focalizzato solo sull’evento finale, che la maggior parte del mondo s’è fatta della Covid19, viene dato sempre più per scontato che cose così terribili accadano di per sé “in natura”. Questo è falso perché qui di naturale c’è stato ben poco, sia riguardo alle premesse appena accennate, sia alla molto probabile genesi artificiale (pur accidentale) del virus.
Il rischio più grande, allora, è il verificarsi di un’ulteriore rimozione del “biologico” e del “naturale” nelle nostre vite. Stanno disponendo presidi e regole che impediscono alle persone il contatto, il toccarsi, lo stare insieme nel respiro e nella magia analogica dei corpi. E questi presidi potrebbero durare molto più tempo di quanto non immaginiamo (dalle teche di plastica per quando si siede ad un tavolo al ristorante, ai separé per le sdraio al mare, fino a guanti e mascherine – usa e getta – nei supermercati, negli uffici, nelle scuole, per non considerare i fiumi di disinfettanti che verranno riversati negli scarichi a seguito dei lavaggi di ambienti e dispositivi di protezione). Ma stiamo veramente permettendo di avvilirci ad una simile abiezione…? Ammettendo e concedendo con gran generosità che questo virus – da solo, in una piccola percentuale di casi – sia in grado di uccidere, ci sentiamo di dichiarare che sarebbe ben più appagante, salutare e onorante vivere come sempre (o meglio, adoperandoci per un’umanità risvegliata ed un mondo pieno di bellezza e sintonia con la vita e la natura). La Covid-19, già da fine marzo, sarebbe stata curabilissima, senza dover far finire in terapia intensiva migliaia di persone, con i rimedi detti più sopra (bastava deciderlo ed attuarlo).
Siamo sicuri che le rimozioni del godimento della vita, della libertà, del contatto e dell’esprimersi del corpo non creino molta più malattia che non un virus che grossomodo all’80% non dà sintomi e che al 20% li dà (anche gravi, ma solo se non trattati correttamente)?
https://www.repubblica.it/salute/2020/05/11/news/triplicati_gli_infarti_da_inizio_epidemia_si_rischiano_piu_morti_che_per_il_covid_-256287920/
Molto meglio “correre il rischio” in pochi, che non sacrificare e annientare la vita di tutti, dato che ci sono tanto i modi per avere una risposta paucisintomatica o asintomatica al virus (facendo “prevenzione” sullo stile di vita, sul terreno biologico, sulle attivazioni conflittuali), quanto le cure da adottare nelle prime fasi, gestibilissime anche a domicilio (terapia ortomolecolare endovenosa, auto-emo-infusione di ossigeno-ozono, eparine a basso peso molecolare con idrossiclorochina e, se del caso, il plasma iperimmune). Ma dove crediamo di essere vissuti prima delle annunciate epidemie di questo ultimo ventennio…? In un mondo sterile?!
I virus non sono viventi, non hanno voleri, bisogni o intenzioni. Ricordiamocelo bene, altro che “ci pugnala alle spalle appena voltati”! La biologia, nonostante esista la virologia, non ha affatto chiaro il cosa essi siano sotto un profilo funzionale, né di che ruolo essi abbiano nella fisiologia speciale della malattia, vi sono vari studiosi che li ritengono normalmente un prodotto dell’organismo e che più è condiviso su altri componenti e più arricchisce il bagaglio anticorpale, immunologico, evolutivo. Una cosa certa è che i virus sono frammenti non-viventi di materiale organico che fanno da base per la condivisione (su via genetica) di una sintassi comune a tutto il regno vivente. La conditio sine qua non sarebbe possibile intrattenere delle relazioni funzionali tra i vari organismi, né sarebbe possibile parlare di evoluzione delle specie, di ecosistemi e biosfera.
I bambini e i ragazzi che oggi vivono, e si ritrovano a credere in questo distanziamento e repulsione dei corpi, si porteranno negli adulti che saranno domani una profonda paura e schifo dell’altro, una non fiducia nella natura: la quale ci ha dato un efficiente “equipaggiamento biologico” per stare al mondo, ed un ambiente in cui inserirci, a dir poco straordinari …e persino perfetti se rispettati nei loro criteri di relazione (che certo non seguono quanto dettato dal capitale, dalla produzione, dalla moneta, da una cultura medico-sanitaria che non ha ancora considerato la percezione come fattore eziologico di malattia… e chissà quanto ancora vorrà aspettare per farlo sul serio?). I bimbi e ragazzi di oggi, se non saranno aiutati da tutti noi adulti a risvegliarsi da questo dettato ipnotico, che ha assunto proporzioni globali tacciando qualunque contraddittorio onesto, vivranno privandosi di una libera esperienza dell’intimità, dell’altro, della terra, della pelle, del fiato, dell’umor vitae. Questa è la vera tragedia a cui si deve rimediare. L’unica azione è provare a destrutturare i postulati di una scienza medica e biologica troppo basata sulle statistiche e totalmente inconscia del ruolo dell’esperienza semantica del vivente.
Le basi per una drammatica singolarità tecnologica85 in cui le macchine dell’intelligenza artificiale dovrebbero innervare le più intime connessioni del vivente, fino alla condivisione su una rete globale – cablata e/o via etere – dei cervelli umani (come auspicano molte grandi corporation da Google Inc. a IBM, HP, Calico, Google X, coinvolte in progetti a dir poco orwelliani, investendo miliardi di dollari ed euro), sono proprio gettate su una delusione e distacco dei corpi, come invitano le narrazioni artefatte di eventi come questa pseudo-pandemia (peraltro causata da condizioni non naturali e/o non bio-logiche). Aggiornarci ad uno stato di coscienza profondo, non più assuefatto ad una addiction da sicurezza e salute profilattica, ma votato ad una sensibilità indigena, rispettosa della natura e della vita tutta e su scala planetaria, sarà l’unico modo per emanciparsi da un sistema tecno-capitalista assoluto che (per intento e/o per sbadataggine, poco importa) ci condurrebbe in vero solo alla negazione della vita. Tra gli approcci che includono lo stress, nei suoi “colori” coinvolti nella percezione biologica, come fattore eziologico di cui necessariamente tenere conto, lo studio delle attivazioni biologiche, se studiate con profondità e cura, può essere uno strumento potente per compiere questo risveglio e cambio di prospettiva radicale, intimo, riscattante come nessuna protesi, terapia, tecnologia, mai è stata e mai sarà.
All’insegna di un paradigma della complessità, questo documento è stato scritto come fosse il battito d’ali di una farfalla da cui possa accrescersi e dispiegarsi un ciclone, un uragano di coscienza e amore per la verità e per la Vita.
Si crei il vuoto-silenzio in cui la fratellanza tra gli esseri umani, ed il rispetto profondo per la Natura in cui abitano, facciano da guida di qualunque gestualità. Che la bruttura di qualunque dominio sia trasformata da sentimenti puliti, che aprano la Via alla condivisione di saperi e risorse. Non può esserci più posto se non per la cura profonda, la sensibilità, il senso della grazia e della bellezza. Che l’equilibrio nella, e della, Vitaci insegni che nessun “virus” è mai stato il vero problema, quanto piuttosto lo è invece il nostro sguardo sul mondo e su noi stessi.
Ci si augura di cuore che questo scritto sia firmato, ed i suoi contenuti condivisi, da ogni medico, terapeuta, cittadino, essere umano che voglia farsi promotore di un’esistenza all’insegna di questi valori.
Originale è in questo PDF: Un quadro Bio-Logico sull’Epidemia Covid19
By Paolo Renati – CV_Paolo_Renati-English_September 2019
vedi anche: Comitato Scientifico
Vedi questo video di dr. Paolo Renati