Definizione della parola Medico
Il medico è il professionista che si dovrebbe occupare della salute umana, prevenendo, diagnosticando e curando le malattie.
vedi: Semeiotica biofisica + Conflitti di interesse fra medici e Big Pharma + NON VEDO, NON SENTO, NON DENUNCIO +Riforma Sanitaria secondo la MedNat + Contenuto dei vaccini + Metalli tossici e nanoparticelle nei vaccini
Tutte le fasi dell’attività medica devono essere sottoposte al consenso informato da parte del paziente, salvo quando questi, per la sua situazione, corra immediato pericolo di vita e non sia in grado di esprimerlo.
In Italia, il Medico è il laureato in Medicina e Chirurgia che abbia inoltre conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione da parte del proprio ordine professionale, attraverso il superamento di un apposito esame di Stato.
In altre nazioni europee non costituisce un titolo ma la semplice descrizione di un mestiere allo stesso modo dei termini, naturopata, operatore sanitario, heilpratiker, insegnante, docente, ecc.
In Italia poi, a differenza di altri paesi…chissa’ perche’ ?…., compie un reato chi si definisce medico senza il possesso dei requisiti richiesti in ordine alla laurea e all’abilitazione…..la Casta dei medici italiana, evidentemente vuole avere l’imprimatur e l’assoluta esclusiva in materia di salute e malattia……
In Svizzera, ad esempio, ci si può autodefinire “Medico naturista NVS” senza aver mai frequentato l’università.
Affinché l’attività del medico possa dirsi legittima, egli deve ottemperare al dovere del consenso informato. Questo è un diritto imprescindibile affinché il paziente possa liberamente autodeterminarsi.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione è tanto più importante, quando l’intervento non è finalizzato alla cura di una patologia, ma attiene ad attività estetiche. In questo caso, il medico deve indicare non solo il prodotto da somministrate, ma anche elencarne tutti i possibili effetti perché si tratta “di trattamenti non necessari se non superflui”.
Solo in questo modo il paziente potrà valutare la necessità dell’assunzione e le sue conseguenze. Cassazione Penale, Sezione IV, Sentenza 8 maggio 2008, n. 32423.” Il consenso informato non può esaurirsi nella comunicazione del nome del prodotto che verrà somministrato o di generiche informazioni ma deve investire,soprattutto nel caso di trattamenti diretti a finalità estetiche,gli eventuali effetti negativi della somministrazione in modo che sia consentito al paziente di valutare congruamente il rapporto costi-benefici del trattamento e di mettere comunque in conto l’esistenza e la gravità delle conseguenze negative ipotizzabili.
By KAREEM PIASER PAOLO – 25/05/17
Giusta riflessione di un padre sui obbligo della vaccinazione:
“Non ci entro nemmeno nella questione se 12 vaccini siano pochi, tanti, siano indispensabili o superflui, assolutamente sicuri o inaccettabilmente rischiosi – mi basta e avanza un aspetto che viene prima:
Lo Stato mi dice che sono io responsabile per la salute di mio figlio. Però mi dice che sono obbligato a fargli fare 12 vaccini.
Per farglieli, essendo io responsabile della sua salute, mi viene chiesto di firmare le autorizzazioni.
Nessuno però firma per me assicurazioni che non ci siano conseguenze negative per la salute di mio figlio. Ricapitolando, sarei “obbligato a dare il permesso”.
Come dire: nessuno tranne te può decidere che questo avvenga, ma ti obblighiamo a decidere come vogliamo noi. In pratica, lo Stato obbliga “me” ad assumere la responsabilità per una decisione che mi impone ? No, no, proprio non ci siamo.
Puoi minacciarmi, puoi colpirmi, puoi mettermi in galera ma non puoi farmi assumere responsabilità per le *tue* decisioni – men che meno sulla pelle di mio figlio.
Caro Stato : messe così le cose, anche avessi la certezza matematica che quei vaccini siano indispensabili, puoi infilarteli dove sappiamo tutti, bene arrotolati nel foglio di autorizzazione”.
Stefano Re invia questo messaggio:
[23/5, 11:49] KAREEM PIASER PAOLO
VACCINI. L’ALLARME ERA NOTO AL GOVERNO USA DA ANNI – DATI UFFICIALI TERRIFICANTI !
Nel Giornalismo, per smentire, fare a pezzi il Promotore di una pratica che si ritiene pericolosa, socialmente nociva, l’unica cosa da fare è scavare nella pancia di quel Promotore e scovare le prove che lui stesso sapeva alla perfezione che ciò che oggi promuove (o impone) è pericoloso e socialmente nocivo. Se ci riesci, il Promotore è finito.
Oggi il maggior Promotore delle vaccinazioni al mondo sono gli Stati Uniti d’America, che impongono ai propri bambini 26 dosi-vaccini. Attenti: dose può significare un’iniezione con dentro tre vaccini, quindi immaginate.
Ed io sono andato nella sua pancia, al top, come sempre si deve fare: The National Institutes of Health, del governo USA, e specificamente il National Center for Biotechnology Information. E ho trovato la prova che il Grande Promotore delle vaccinazioni sapeva da anni a livelli di altissima ricerca governativa che esistono pericoli MORTALI, e ignorati, sui vaccini, con prove terrificanti.
Questo è un articolo, non un Medical Paper, per cui devo molto riassumere.
Nel settembre 2011, The National Institutes of Healths, National Center for Biotechnology Information – la pancia del Promotore mondiale dei vaccini – pubblicava uno studio dal titolo “Infant mortality rates regressed against number of vaccine doses routinely given: Is there a biochemical or synergistic toxicity?”, dei ricercatori Neil Z Miller e Gary S Goldman.
Lo studio prende in considerazione la INFANT MORTALITY RATE (IMR = tasso mortalità infantile) e anche il fenomeno della SUDDEN INFANT DEATH SYNDROME (SIDS = sindrome del decesso improvviso infantile), in particolare in 34 nazioni ricche, ma anche nel Terzo Mondo.
(Avviso: DURANTE LA LETTURA RICORDATE IL SIGNIFICATO DELLE SIGLE IMR = tasso mortalità infantile – SIDS = sindrome del decesso improvviso infantile – morte nella culla).
Già le prime parole dello studio fanno sorgere dubbi: “Il programma USA di immunizzazione infantile specifica 26 dosi-vaccini per gli infanti di età inferiore a 1 anno – il maggior numero al mondo – eppure 33 nazioni ricche hanno un tasso di IMR inferiore”. Poi la cosa si fa seria.
Ecco un altro passaggio:
“L’analisi della regressione lineare della IMR media, ha mostrato un’alta correlazione statistica significativa fra l’aumento del numero delle dosi-vaccini e l’aumento dei tassi di mortalità infantile”.
E gli autori già all’inizio raccomandano che “E’ essenziale che si faccia uno scrutinio urgente della correlazione fra le dosi-vaccini, la loro tossicità biochimica o sinergistica, e il Tasso di Mortalità Infantile, IMR”.
Prima di continuare, lo studio fa a pezzi Bill Gates, infatti ci dice chiaro che se pensiamo ai bambini del Terzo Mondo, di gran lunga la maggior causa di IMR non ha nulla a che vedere con le classiche malattie dell’infanzia, ma con la malnutrizione.
Li ammazza la fame.
E qui viene una clamorosa smentita al Teorema Bill Gates che proclama le vaccinazioni di massa nei Paesi Poveri come via di salvezza dei bimbi.
Leggete:
“E’ istruttivo notare che le vaccinazioni sono diffusissime nei Paesi Poveri, con tassi di vaccinazioni di oltre il 90% dei bambini presenti… eppure hanno lo stesso una IMR tragica.
Per dare un termine di paragone, la IMR degli USA è 6,2 morti su 1000 parti; il Gambia obbliga i bambini a 22 dosi di vaccini, ma la IMR è di 68,8. La Mongolia somministra lo stesso numero di dosi vaccini, con IMR di 39,9. Questo prova che la IMR in molto del Terzo Mondo ha assai più a che fare con la malnutrizione, acqua infetta, e sistemi sanitari carenti. Non l’assenza di vaccini”.
Ma peggio:
“Abbiamo scoperto che anche nei Paesi in via di Sviluppo esiste una relazione contro-senso fra il numero dei vaccini somministrati e la IMR: le nazioni con la peggiore IMR sono quelle che somministrano ai bambini il maggior numero di vaccini”.
Lo studio torna all’Occidente ricco:
“Gli USA hanno visto pochissimi progressi nella IMR dall’anno 2000, e le tradizionali cause di IMR (da parto ecc.) non spiegano questo fenomeno… Si noti che nel 2009, cinque delle 34 nazioni con il miglior tasso di IMR richiedevano solo 12 dosi-vaccini, il numero minore, mentre gli Stati Uniti ne richiedeva 26, il maggior numero al mondo”.
Ora attenti a questa frase, di nuovo (ignorate la parte tecnica in inglese, metto la conclusione in italiano grassetto):
“A scatter plot of each of the 30 nation’s IMR versus vaccine doses yielded a linear relationship with a correlation coefficient of 0.70 (95% CI, 0.46–0.85) and p < 0.0001, fornendoci la prova di una correlazione positiva: IMR e dosi-vaccini tendono a crescere assieme”. Bimbi morti e vaccini vanno di pari passo. Mica nulla.
E un passaggio lapidario:
“Fra le 34 nazioni ricche analizzate, quelle che richiedono il più alto numero di vaccini, tendono ad avere la peggior IMR”.
Ricordo ai lettori che si parla di bimbi vaccinati che crepano, IMR significa MORTE del FIGLIO, peggio che l’autismo, molto peggio.
Gli studiosi del The National Institutes of Healths, National Center for Biotechnology ora rivolgono la loro attenzione alla SUDDEN INFANT DEATH SYNDROME (SIDS = sindrome del decesso improvviso infantile).
E anche qui l’incipit è tragico: “Prima dei programmi di vaccinazione, la SIDS era così rara che neppure veniva citata nelle statistiche della IMR”. La tempistica è altrettanto allarmante: “Negli USA le campagne di immunizzazione nazionali iniziarono nel 1960, e per la prima volta nella Storia i nostri bambini furono inoculati contro difterite pertosse tetano, polio, morbillo, orecchioni e rosolia. Improvvisamente nel 1967 la clinica medica coniò una nuova forma di mortalità infantile, la SIDS.
E dal 1980, la SIDS è divenuta la maggior causa di mortalità post neonatale in America ”.
Continuano:
“Uno studio di Torch scoprì che 2/3 degli infanti morti di SIDS erano stati vaccinati contro la difteria pertosse tetano appena prima di morire”. Altri ricercatori citati, Fine & Chen, dissero: “I bambini muoiono di SIDS a un tasso quasi 8 volte superiore alla norma entro 3 giorni dall’inoculazione contro difterite pertosse tetano, ”. E ancora, con un finale essenziale: “Uno studio di Ottaviani et al. ha documentato il caso di un infante di 3 mesi morto di SIDS dopo una inoculazione di 6 vaccini contemporaneamente… Ottaviani et al scrissero: ‘Questo caso ci offre un allarme unico nel capire il possibile ruolo di queste vaccinazioni nel causare morti improvvise in bambini vulnerabili… Senza studi anatomopatologici su larga scala di questi decessi infantili, alcuni casi chiaramente correlati alle vaccinazioni verranno ignorati’ ”.
Ok, torno a voi lettori e lettrici.
Ciò che avete letto è documentazione scientifica ufficiale al più alto livello sanitario tecnologico del mondo, gli USA, e soprattutto è stata partorita all’INTERNO del GOVERNO degli STATI UNITI a’AMERICA, ol PROMOTORE MONDIALE dei VACCINI.
LORO SAPEVANO CHE I VACCINI POSSONO UCCIDERE.
Credo che quanto sopra dovrebbe oggi diventare uno degli articoli più letti d’Italia da sempre, e non perché lo firma Barnard, ma perché proprio provenendo dalle viscere del Grande Promotore, delle sue multinazionali e della Ministra Beatrice Lorenzin, questo studio li fa letteralmente a pezzi.
Datevi da fare.
Lo studio “Infant mortality rates regressed against number of vaccine doses routinely given: Is there a biochemical or synergistic toxicity?”, dei ricercatori Neil Z Miller e Gary S Goldman, già nel 2011 si concludeva così:
“Nations that require more vaccine doses tend to have higher infant mortality rates.”
Cadaveri di bambini, mica nulla. E allora sulla base di quanto sopra, un genitore italiano oggi può pretendere la libertà terapeutica per i suoi bimbi.
IL DIBATTITO SUI VACCINI VA RI-A-PER-TO.
I vaccini possono ammazzare, lo dice il Grande Promotore. Cara Ministra B. Lorenzin, siete all’angolo. (By Paolo Barnard)
… in questo caso mi sembra che non faccia una piega l’informazione pubblicata da Paolo Barnard.
Tutto chiaro e alla luce del sole https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3170075/
Estratto
Il tasso di mortalità infantile (IMR) è uno dei più importanti indicatori di benessere e di salute pubblica condizioni socio-economiche di un paese. Il programma di immunizzazione infantile US specifica 26 dosi di vaccino per i bambini di età inferiore ad 1 anno, la maggior parte nel mondo, eppure 33 nazioni hanno IMRs inferiori.
Utilizzando la regressione lineare, il programma di vaccinazione di queste 34 nazioni sono stati esaminati e un coefficiente di correlazione r = 0,70 ( p stato trovato <0.0001) tra IMRs e il numero di dosi di vaccino di routine data ai bambini.
le Nazioni sono state raggruppate in cinque diversi intervalli di dose di vaccino: 12-14, 15-17, 18-20, 21-23, e 24-26.
I IMRs medi di tutte le nazioni all’interno di ogni gruppo sono stati quindi calcolati.
L’analisi di regressione lineare di IMRs medi ponderati ha mostrato un’alta correlazione statisticamente significativa tra crescente numero di dosi di vaccino e l’aumento dei tassi di mortalità infantile, con r = 0,992 ( p = 0,0009).
Utilizzando il test di Tukey-Kramer, differenze statisticamente significative nel IMRs medi sono stati trovati tra le nazioni che danno 12-14 dosi di vaccino e quelli che danno 21-23, e 24-26 dosi. Un esame più attento delle correlazioni tra le dosi di vaccino, tossicità biochimica o sinergica e IMRs è essenziale.
By Fiore Flex Fiorano
Malattie e MORTE da farmaci e VACCINI (4° causa di morte negli USA)
vedi: i GRAVI DANNI dei VACCINI + Padroni della sanita’ e del Mondo
http://www.fda.gov/Drugs/DevelopmentApprovalProcess/DevelopmentResources/DrugInteractionsLabeling/ucm110632.htm
http://jama.ama-assn.org/content/279/15/1200.full.pdf
http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJM199102073240605
Costituzione Italiana: Art. 28
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Commento NdR: questo articolo come altri della Costituzione Italiana sono da sempre trasgrediti e disattesi proprio da coloro che lo rappresentano, specie nella Sanita’, Finanza, tutela, commercio, agricoltura, ecc.
Per cui invitiamo i cittadini di questi stati trasgressori, compresi i loro rappresentanti e dirigenti, a DENUNCIARE all’autorita’ giudiziaria tutti questi farabutti che trasgrediscono la Costituzione; verra’ il momento, il tempo comunque nel quale il Popolo Sovrano, si sollevera’ ed arrestera’ tutti questi “soggetti” che compiono questi misfatti, sulla pelle del Popolo reso suddito… !
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“Spiacenti … abbiamo sbagliato, NON era cancro dopo tutto”, questo e’ cio’ che ammette il National Cancer Institute
– vedi JAMA – 18 aprile 2016
Dopo decenni di diagnosi di cancro illeciti e trattamenti con milioni di danneggiati, il National Cancer Institute ha cosi’ affermato, cio’ e’ di alta gravita’, ….riviste come JAMA finalmente ammettono che si sbagliavano tutti insieme.
Già nel 2012, il National Cancer Institute (NSC) aveva convocato un gruppo di esperti per valutare il problema degli di errori di classificazione e la successiva sovradiagnosi e trattamento come cancro, determinando che, milioni potrebbero essere stati erroneamente diagnosticati, ad esempio, con “cancro” della mammella, della prostata, della tiroide e del polmone, quando in realtà, nelle loro condizioni erano probabilmente innocui, e avrebbero dovuto essere definiti c ome “escrescenze benigne indolenti o di origine epiteliale”.
Non ci sono scuse, è stato ammesso ufficialmente. Nessuna informazione da parte dei principali media si è verificato su questo fatto.
E ancora più importante, nessun cambiamento radicale avvenuto nella pratica convenzionale di diagnosi di cancro nella prevenzione od il trattamento, che e’ rimasto tale e quale.
In sostanza, in un gioco di prestigio semantico, intere aree del Stati Uniti e la popolazione globale, che pensavano di avere “il cancro letale”, e sono stati successivamente trattati per esso, spesso con procedure violente e trattamenti invasivi, e’ stato detto loro che “oops … .noi abbiamo sbagliato. Non hai mai avuto il cancro, dopo tutto”.
Se si guarda al problema attraverso la sovradiagnosi di cancro al seno e ipertrattamento “sanitario”, negli Stati Uniti nel corso degli ultimi 30 anni, è stato stimato che circa 1,3 milioni di donne sono state trattate in modo sbagliato.
La maggior parte di queste donne hanno ancora idea che essi sono state vittime, e molti hanno identificato i loro “aggressori” nella sindrome Stolkholm come una moda, perché pensano che le loro “vite sono state salvate” dagli inutili trattamenti anche invasivi, quando in realtà gli effetti collaterali, sia psicologici e fisici, hanno quasi certamente ridotto sia la qualità che la durata della loro vita dai trattamenti farmacologici e radiologici, che hanno ricevuto.
Quando il rapporto del NSC è stato rilasciato, vi è stata una sorta di rivincita per coloro che erano stati sostenitori della posizione che una forma, comunemente diagnosticata del cosiddetto “cancro al seno in fase iniziale”, noto come il “carcinoma duttale in situ” (tumore non invasivo), è stato infatti, non intrinsecamente maligno e non deve essere trattato con i trattamenti convenzionali di mastectomia parziale, mastectomia, radioterapia e chemioterapia.
A quel tempo ho basato tutto questo, sulla ricerca disponibile nella storia naturale del “carcinoma duttale in situ”, ed il tasso di sopravvivenza e’ estremamente elevato con il carcinoma duttale in situ, così come il fatto che la mortalità correlata cancro al seno, non era sceso al passo con l’espansione della cosiddetta “zero “o” “tumori fase iniziale rilevati attraverso proiezioni mammografia”, come ci si dovuto aspettare se queste diagnosi in realtà rappresentavano entità cliniche nocive.
Da allora, ho visto da vicino il problema della sovradiagnosi e trattamento eccessivo ed invasivo.
Ottengo aggiornamenti quotidiani dal pubmed.gov sul tema, e sempre più ad alto impatto, e Gravitas, con riviste che stanno segnalando questo fenomeno altamente preoccupante.
Particolarmente rilevante è una recensione pubblicata alla fine dello scorso anno 2015, che ho riportato nel mio articolo intitolato:
“Un gran numero di procedure mediche non hanno alcun beneficio, e possono anche danneggiare” – By JAMA studio.
Lo studio ha trovato che JAMA illustra una vasta gamma di procedure mediche standard, e gli interventi che milioni di soggetti sono sottoposti ogni anno, non sono basate sull’evidenza, come comunemente assunto e dichiarato, ed hanno poco o nessun beneficio, e possono anche causare danni significativi.
Di conseguenza, ora credo che la medicina spesso comporta il: non fare, il più nulla sia possibile.
Penso anche che le persone devono essere consapevoli che qualsiasi diagnosi di cancro convenzionale ha la capacità di esercitare un danno letale tramite l’effetto nocebo, a prescindere dalla sua accuratezza (vale a dire, anche una diagnosi errata può avere conseguenze letali, perché il potere della mente sul corpo e’ molto forte, (NdR: e la diagnosi di cancro influisce sullo stato della malattia aggravandola).
Il cancro della tiroide un’epidemia causata dalla disinformazione, non dal cancro in se’.
Un altro argomento che ho cercato di diffondere, è la consapevolezza circa la sovradiagnosi di cancro alla tiroide e trattamento eccessivo e successivo. Quando ho riferito su questo due anni fa, nel mio articolo, “Cancro alla tiroide un’epidemia causata dalla disinformazione, non il cancro”, una serie di studi interessanti da tutto il mondo hanno rivelato che il rapido aumento delle diagnosi di cancro alla tiroide rifletteva i loro errori di classificazione e diagnosi errata.
Come è avvenuto con lo screening rilevato per la mammella e quello della prostata come “tumori”, e anche molti “tumori” ovarici, lo standard di cura spesso richiesto, la rimozione dell’organo, così come irradiazione e chemioterapia – due noti cancri, per promuovere interventi.
Come è tipico, di una ricerca che mina lo standard convenzionale di cura, c’è stato poco segnalazione sul tema, sia alla stampa che ai medici. Cio’, fino ad ora.
Il 14 aprile 2016, in un articolo intitolato “Il suo NON e’ un Cancro: i Medici riclassificano un tumore della tiroide”, (Its Not Cancer: Doctors Reclassify a Thyroid Tumor), il New York Times ha riportato un nuovo studio pubblicato su JAMA oncologia, (a new study published in JAMA Oncology), dovrebbe cambiare per sempre il nostro modo di classificare, la diagnosi e il trattamento di una forma comune di “cancro della tiroide “.
Un gruppo internazionale di medici ha deciso che un tipo di tumore che è stato classificato come un cancro, non è affatto un cancro .
Come risultato, hanno ufficialmente declassato la condizione ed a migliaia di pazienti sarà risparmiato la rimozione della loro tiroide, il trattamento con iodio radioattivo e controlli regolari per il resto della loro vita, tutto per proteggere contro un tumore, che non è mai stato una minaccia.
La loro conclusione, e il dato che ha portato ad esso, è stato segnalato Giovedi sulla rivista JAMA Oncology.
La modifica dovrebbe influenzare circa 10.000 dei circa 65.000 pazienti affetti da cancro alla tiroide di un anno, negli Stati Uniti. Si può anche offrire tale ricerca anche a coloro che hanno sostenuto per la riclassificazione di alcune altre forme di cancro, tra cui alcune lesioni della mammella e della prostata.
Il tumore riclassificato, è un piccolo nodulo nella tiroide che è completamente circondata da una capsula di tessuto fibroso. Il suo nucleo appare come un cancro, ma le cellule non hanno rotto dal loro capsule, e la chirurgia per rimuovere tutta la tiroide seguita da trattamento con iodio radioattivo è inutile e dannoso, il e’ stato detto nella ricerca.
Ora hanno ribattezzato il tumore. Invece di chiamarlo ” carcinoma incapsulato, variante follicolare del papillare della tiroide”, ora lo chiamano ” neoplasia non invasiva follicolare della tiroide con le caratteristiche nucleari papillari-like”, o NIFTP. La parola “carcinoma” è stata tolta. (been calls to downgrade)
Molti esperti di cancro hanno detto che la riclassificazione era attesa da tempo.
Per anni ci sono state richieste di declassare le piccole lesioni della mammella, del polmone e della prostata, tra gli altri e per eliminare il termine “cancro” dal loro nome.
Ma a parte la ridenominazione di un tumore delle vie urinarie nella fase iniziale, nel 1998, ed alle ovaie nella fase iniziale e le lesioni cervicali più di due decenni fa, nessun gruppo diverso da quelli degli specialisti della tiroide ha ancora avuto il grande passo di ridefinire la dizione-diagnosi.
In realtà, ha detto il dottor Otis Brawley, direttore medico presso l’American Cancer Society, il nome cambia perche’ si sono verificati le prove scientifiche contrarie ed è quindi andato nella direzione opposta.
Piccoli noduli precancerosi al seno, divenuti noti come “cancro”, pur essendo in fase zero.
Lesioni piccole e in fase iniziale della prostata, sono stati chiamati tumori cancerosi.
Nel frattempo, l’imaging con ultrasuoni, M.R.I. di e C.T. scansioni, trovano sempre più di questi piccoli “tumori”, noduli tiroidei in particolare.
“Se non è un cancro, cerchiamo di non chiamarlo un cancro”, ha detto il Dr. John C. Morris, presidente eletto della American Thyroid Association e professore di medicina presso la Mayo Clinic. Dr. Morris non era un membro del gruppo di ridenominazione delle diagnosi.
Il dr. Barnett S. Kramer, direttore della divisione di prevenzione del cancro, presso il National Cancer Institute, ha detto, “C’è una crescente preoccupazione che molti dei termini che usiamo non corrispondono alla nostra comprensione della biologia del cancro. Chiamarle “lesioni di cancro” quando non lo sono, porta ad un trattamento inutile e dannoso”, ha detto.
L’articolo continua a discutere del fatto che, mentre alcuni dei principali centri medici stanno iniziando a trattare i tumori della tiroide incapsulati in modo meno aggressivo, questa non è ancora la norma nel resto del paese. Si tratta di un modello coerente che dimostra che c’è un lungo ritardo oltre un decennio, tra le variazioni con le prove di pratica clinica della medicina, che è quindi molto meno “evidence-based” (basato sulla evidenza) come comunemente richiesto e/o presunto.
Chiaramente, la verità sulla vera natura del cancro, e travisamenti del settore cancro, sta cominciando a venire alla luce, attraverso le stesse istituzioni come JAMA e sui principali media che sono stati responsabili storicamente, della e per la divulgazione di tante idee sbagliate comunemente tenuti sul tema.
Tratto dall’articolo originale:
http://www.greenmedinfo.com/blog/oops-it-wasnt-cancer-after-all-admits-national-cancer-insitutejama
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MEDICINA ASSASSINA. UNO STUDIO CHE VI SEPPELLIRÀ – 17/10/2014
“Medicina assassina” è un saggio, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori che, mostrando prove evidenti, dimostrano come il sistema sanitario faccia più male che bene poiché sono circa 2,2 milioni le persone che ogni anno manifestano reazioni avverse ai vari farmaci prescritti. Tra i vari dati si trovano i circa 20 milioni di antibiotici prescritti non necessari, 7,5 milioni di procedure mediche e chirurgiche non necessarie ogni anno, 8,9 milioni di pazienti sottoposti a ricovero ospedaliero non necessario, e circa 800.000 decessi provocati dalla medicina tradizionale solo negli Stati Uniti.
Naturalmente dietro a questi numeri vi sono una serie di concause che vanno dai lobbisti delle case farmaceutiche o anche la F.D.A. (Food and Drug Administration) che continuamente si oppone all’uso di prodotti naturali e quindi, in questo contesto, si va ad inserire il lavoro del Nutrition Institute of America. In una ricerca indipendente sostiene che, la medicina convenzionale è la principale causa di morte. Questo istituto indipendente, nei dati che sottopone al pubblico ha tenuto a precisare, a più riprese, che gli unici dati che hanno tenuto in considerazione sono quelli pubblicati su riviste mediche e di vari studi scientifici, quindi, inattacabili.
Il dottor Lucian Leapefu il ricercatore che aprì il vaso di Pandora e nel suo lavoro del 1994, “Error in Medicine” stimò 180.000 decessi ogni anno in tutti gli Stati Uniti, tenendo presente la scarsità di materiale sugli errori medici presente in letteratura.
Leape si rese conto che questi numeri rappresentavano solo la punta dell’iceberg anche se, molti sostennero che la percentuale di fallimento della medicina ufficiale si poteva aggirare all’1%, e a questa affermazione il dottore rispose che questo tasso di fallimento significa, due atterraggi di aerei falliti ogni giorno presso l’aeroporto della sua città, 160.000 lettere perse ogni giorno da parte del sistema postale nazionale, o anche il trasferimento sbagliato di 32.000 assegni bancari ogni giorno in un altro conto corrente. A rincarare la dose ci ha pensato anche il Journal of American Medical Association sostenendo che:
“Più di un milione di pazienti subiscono lesioni negli ospedali Usa ogni anno, e circa 280.000 persone muoiono ogni anno in conseguenza dei danni riportati. Inoltre, la percentuale di morti iatrogene fa apparire ridicolo il tasso di mortalità annuale per incidenti automobilistici (45.000 vittime) e risulta responsabile di più decessi di tutti gli altri incidenti messi insieme”.
Altro problema da tenere in considerazione sono gli errori medici che non venivano denunciati, questo per proteggere il personale o per evitare procedimenti legali come affermò il dottor Leape.
Uno studio del 2002 mostra che il 20% delle medicine somministrate in ospedale erano errori di dosaggio e di questi il 40% era potenzialmente dannoso per il paziente e si calcola che ogni anno a subirne i danni sono circa 417.908 pazienti, mentre per il New England Journal of Medicine un paziente su quattro subiva effetti collaterali derivanti da più di 3,34 miliardi di farmaci prescritti solo nel 2002. In questo contesto va anche ricordato l’immenso mercato che ha generato i vari “modificatori dell’umore” come il Prozac, Ritalin o lo Zoloft.
Arrivati a questo punto possiamo iniziare a porci la prima domanda, i medici di base hanno un secondo lavoro come rappresentanti di compagnie farmaceutiche? Nei primi anni ’90 il dottor Leape scrisse che il 30% degli interventi chirurgici non erano necessari e si va dal taglio cesareo, alla tonsillectomia, l’appendicectomia, l’isterectomia, gastroectomia e protesi al seno. Di questi, il 17,6% degli interventi consigliati non veniva confermato da un secondo parere e su base nazionale gli interventi non necessari erano calcolati in 2,4 milioni con 11.900 decessi per una spesa complessiva di 3,9 miliardi di dollari.
Altro punto interessante è quello relativo ai raggi x. Uno studio condotto su 700,000 bambini in 37 ospedali conclude che nei bambini nati da madri sottoposte a radiografie pelviche durante la gravidanza, la mortalità tumorale era del 40% più alta dei figli di donne non esposte a radiazioni.
Il dottor John Gofman scrisse ben cinque libri scientificamente documentati fornendo prove esaurienti sul fatto che le attrezzature tecnologiche mediche, come raggi x e TAC, contribuiscano all’insorgere del 75% dei tumori, naturalmente il dottore precisa a più riprese che a provocare il danno siano una serie di combinazioni, comprese, quindi, il fumo, l’aborto e l’uso di contraccettivi orali. Naturalmente non bisogna cadere nella tentazione di affermare che questi sono studi che riguardano solamente il sistema medico americano perché, come osservò il Journal of Healt Affairs, studi alla mano, le vittime di errori sono del 18% in Gran Bretagna, del 23% in Australia e in Nuova Zelanda, del 25% in Canada e quindi, del 28% negli Stati Uniti.
E ancora, a tutto questo, va sommato, come sostiene il dottor Robert Epstein della Medco Healt Solutions Inc., il consumo di farmaci tra i 6,3 milioni di anziani che hanno ricevuto circa 160 milioni di prescrizioni con una media di circa 25 all’anno per ogni singolo paziente. Come se non bastasse tutti questi studi non tengono conto dei decessi causati dalla Chemioterapia contro il cancro, poiché numerosi sono gli ostacoli da scavalcare perché non solo ci si trova davanti ad un muro di gomma alzato dai vari lobbisti, ma anche, e forse ancor più grave, ad ostacolare questa ricerca ci si è messo anche lo Stato, che ancora oggi nutre un certo “astio” verso tutte quelle terapie alternative che non producono un profitto per loro e per le case farmaceutiche, come ad esempio può essere il metodo Di Bella.
(“Medicina Assassina” è uno studio condotto e pubblicato da Gary Nul, Carolyn Dean, Martin Feldman, Debora Rasio, Dorothy Smith) – Fonte: Enea Rotella
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Eccessi medici, Bmj: bisogna correre ai ripari Troppa medicina – Feb. 2013
A dieci anni dall’editoriale in cui chiedeva – provocatoriamente, all’epoca, e con il punto interrogativo – se non ci fosse un eccesso di medicalizzazione della vita quotidiana, il Bmj torna sull’argomento con una campagna in cui ogni dubbio è oramai scomparso, giacché gli eccessi, inutili e spesso perfino dannosi, sono sempre più numerosi.
«Ci sono un sacco di motivi per celebrare nella medicina e nella sanità, ma è anche vero che il troppo stroppia» commenta in un editoriale la editor in chief del settimanale britannico Fiona Godlee.
Dal 2002, quando il Bmj pubblicò un numero affidato al guest editor Ray Moyni Han, un giornalista investigativo australiano autore di numerose inchieste, «le prove degli eccessi medici nei paesi ricchi hanno continuato ad accumularsi, con un incremento della documentazione inequivocabile sui danni e sui costi degli interventi inutili».
Dopo quella prima presa di posizione, anche al di là dell’Atlantico si sono mossi in molti, e in tempi recenti sono state avviate due iniziative che stanno cominciando a lasciare il segno: «Colpiti dalle due iniziative “Less is more” (meno è più) della rivista Jama Internal Medicine, diretta da Rita Redberg, e dalla iniziativa “Choosing Wisely” (scegliere con saggezza) messa in piedi dall’American Board of internal medicine foundation, vogliamo esplorare le cause e i potenziali rimedi dell’eccesso di esami, di diagnosi e di terapie» spiega la Godlee.
Alcuni esempi sono citati in un altro editoriale firmato insieme a Ray Moynihan e altri esperti: «Nell’ ottobre dello scorso anno, per esempio, un’importante investigazione ha scoperto che una donna su cinque che riceve diagnosi di cancro della mammella non avrebbero avuto alcun danno da quel tumore.
In dicembre, il presidente della task-force del Dsm-IV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) ha messo in guardia contro il rischio di “massiccia sovra diagnosi e dannosi eccessi terapeutici” conseguenti alla continua espansione delle definizioni di disturbo mentale – per esempio trasformando i sintomi fisici del cancro o delle malattie cardiache in un disturbo psichiatrico chiamato “somatic symptom disorder” – nella quinta edizione del manuale, in uscita a breve.
I dati suggeriscono» si legge ancora nell’editoriale del Bmj «”he esiste un problema più o meno marcato di sovra diagnosi in un’ampia gamma di condizioni diffuse, tra cui il cancro della prostata e della tiroide, l’asma, nefropatia cronica, e attention deficit hyperactivity disorder”;. Addirittura, secondo questi esperti la sovra diagnosi sembra oggi diventata la norma, e non più l’eccezione: «Questo è rilevante perché una volta che le persone vengono etichettate con una diagnosi segue una cascata di conseguenze mediche, sociali ed economiche, alcune delle quali permanenti. L’etichetta medica e la conseguente terapia comportano un pedaggio emotivo e finanziario per l’individuo, con anche costi per il sistema sanitario».
BMJ. 2013 Feb 26;346:f1271
Troppa medicina – 23 Ott. 2013 – dossier tratto dal mensile Terra Nuova Ottobre 2013
Test inutili, eccesso di diagnosi, trattamenti non necessari e spesso dannosi: ci vendono malattie per farci sognare la salute. Ecco quando dire basta. Il testo integrale del dossier “Troppa medicina” pubblicato sul mensile Terra Nuova Ottobre 2013.
Troppa medicina fa male:
quello che dieci anni fa era un sospetto oggi è una certezza. Siamo di fronte a un eccesso di diagnosi che porta a trattamenti inutili e spesso dannosi; accade cioè che, inseguendo la salute, paradossalmente si rendono malate le persone. Le evidenze sono ormai tali da indurre una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, il British Medical Journal (BMJ), a impegnarsi in una vera e propria «chiamata alle armi», una campagna1 lanciata ufficialmente in settembre allo scopo di sensibilizzare e informare utenti e operatori sanitari sulla medicalizzazione ormai esasperata di pressoché tutti gli aspetti e le fasi della vita umana.
«La situazione è realmente allarmante perché l’eccesso di diagnosi potrebbe diventare la norma» si leggeva sul BMJ nell’editoriale dello scorso febbraio. Basti pensare, tanto per fare qualche esempio, che a una donna su cinque viene diagnosticato, con gli attuali screening, un cancro al seno che non le avrebbe mai procurato alcun problema nel corso della vita2.
E ancora: il DSM-V, la quinta edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders pubblicata a maggio, rischia di portare a sistematici eccessi di diagnosi con un utilizzo abnorme e pericoloso di farmaci a causa del moltiplicarsi delle definizioni di disturbi mentali3.
Si esagera pericolosamente anche con il cancro alla prostata e alla tiroide4, con l’asma, le malattie renali croniche e il disordine da iperattività e deficit dell’attenzione5, solo per citarne alcuni. Se si darà un taglio ai test e trattamenti non necessari e alle diagnosi inutili, allora si potrà evitare di fare danni e garantire un futuro di salute più sostenibile per tutti, hanno spiegato lo stesso direttore del BMJ, Fiona Godlee, e il professor Ray Moynihan dell’australiana Bond University.
Costi e benefici
Siamo ormai letteralmente bombardati da slogan che snocciolano statistiche superlative e che ci lasciano intuire che più screening ed esami si fanno, più vite si salvano. Ma purtroppo si scopre che non sempre ci sono i vantaggi sperati. Ecco dove questo risulta più evidente.
Screening per il cancro al seno.
La domanda che si sono posti i ricercatori dell’Indipendent Uk panel on breast cancer screening2 è: quanto sono ampi i benefici degli screening in termini di riduzione della mortalità per cancro al seno e quanto pesa il danno in termini di eccesso di diagnosi, che si ha quando a una donna viene diagnosticato un tumore che nella sua vita non avrebbe dato segni clinici ?
Ebbene, se si facesse oggi una stima, su 10 mila donne britanniche di 50 anni chiamate per i controlli nei prossimi 20 anni, si potrebbero prevenire 43 morti per cancro al seno a fronte però di 129 casi di eccesso di diagnosi, ossia una morte prevenuta per ogni tre casi diagnosticati e trattati impropriamente.
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
La quinta edizione del DSM, pubblicata a maggio, è stata duramente criticata e una delle voci più autorevoli che ne hanno sottolineato la pericolosità è stata quella di Allen J. Frances, psichiatra americano che già aveva fatto parte della commissione che si era occupata della quarta edizione del manuale.
«Avremo un’enormità di diagnosi sbagliate» ha detto «e le nuove diagnosi psichiatriche sono più pericolose dei nuovi farmaci perché da esse dipende la decisione di somministrare, o meno, quei farmaci a milioni di persone»3.
Frances elenca poi alcune modifiche introdotte nella nuova edizione che ritiene particolarmente pericolose:
a) Il temperamento stizzoso viene trasformato in disturbo da disregolazione distruttiva dell’umore, con il rischio di esacerbare l’uso già inappropriato ed eccessivo di psicofarmaci sui giovanissimi;
b) il normale dolore da lutto diventa disturbo depressivo maggiore;
c) la caratteristica degli anziani di dimenticarsi di piccole cose nel quotidiano prende il nome di disturbo neurocognitivo minore,
creando così moltissimi falsi positivi che non sono a rischio di demenza;
d) si amplia a dismisura la fascia del disordine da deficit dell’attenzione nell’adulto, così da incentivare ulteriormente un già florido mercato di psicofarmaci;
e) mangiare troppo per 12 volte in 3 mesi vi trasformerà da golosi in malati di disturbo da fame compulsiva;
f) chi assume droghe per la prima volta finirà nella medesima categoria dei tossicodipendenti incalliti;
g) viene introdotto il concetto di dipendenza comportamentale, un enorme buco nero dove finiranno tutti coloro cui piace particolarmente fare qualcosa;
h) si rende ancora più nebbioso il concetto di disturbo d’ansia generalizzato, con il rischio di creare milioni di nuovi malati;
i) viene ampliato oltremodo il già esistente disturbo post-traumatico da stress utilizzabile dagli esperti forensi.
Check up e raggi X.
Nove organizzazioni americane di medici hanno individuato cinque test o procedure di cui si abusa6. Ecco quali sono:
a) i pazienti colpiti da sincope probabilmente non necessitano di tomografia computerizzata o risonanza magnetica, giacché l’attesa
di miglioramento è scarsa;
b) gli adulti sani senza sintomi cardiaci non necessitano di test da sforzo durante i check up;
c) non sono necessari tomografia o antibiotici per la sinusite acuta, poiché la maggior parte dei casi si risolve senza trattamenti in due settimane e può essere diagnosticata clinicamente;
d) i pazienti in dialisi con aspettativa di vita limitata e senza segni o sintomi del cancro non dovrebbero essere sottoposti agli screening antitumorali di routine, poiché non servono a migliorare la sopravvivenza e possono dare falsi risultati positivi;
e) le donne sotto i 65 anni e gli uomini sotto i 70 non dovrebbero essere sottoposti a Dexa (assorbimetria dei raggi X a doppia energia) per l’osteoporosi.
Emboli polmonari.
Uno studio pubblicato nel luglio scorso7 mostra come l’avvento e la diffusione dell’angiografia polmonare ad alta risoluzione abbiano portato a identificare, in un numero molto maggiore di casi, piccoli emboli polmonari isolati che non avrebbero mai causato problemi al paziente e non sarebbero mai stati rilevati in altro modo. Di conseguenza, dopo l’introduzione di questo esame, l’incidenza di embolia polmonare è aumentata in maniera significativa, eppure la mortalità ha subìto solo lievissime variazioni malgrado le campagne che raccomandano la tromboprofilassi. Gli autori dello studio affermano che i rischi dell’eccesso di diagnosi
includono danni prodotti dal test stesso, legati all’esposizione non necessaria a sostanze di contrasto nefrotossiche e radiazioni cancerogene, e rischi di emorragia dovuti alla somministrazione di Warfarin; questi rischi sono molto maggiori rispetto ai rischi di tromboembolia ricorrente in pazienti con piccoli emboli polmonari isolati.
Osteoporosi. L’osteoporosi è una condizione assai controversa. Come ben spiegato da un team di ricercatori spagnoli, canadesi e australiani8, esiste una sorta di «cartello» globale costituito da aziende farmaceutiche, medici e gruppi di pressione che promuove l’osteoporosi come un’epidemia silente ma mortale che minaccia decine di milioni di donne in menopausa.
Per molti altri, meno legati all’industria del farmaco, tale visione rappresenta il classico caso di disease mongering; ossia le campagne di marketing delle case farmaceutiche e delle lobby introducono nuovi quadri clinici a scopi commerciali. Si è persino cominciato a trattare la pre-osteoporosi, una condizione in cui le donne sono «a rischio di essere a rischio».
Malattie renali croniche.
La definizione è stata talmente ampliata da farci rientrare anche chi non è realmente malato9. Applicandola, si ha che più di 1 adulto su 8 (circa il 14%) negli Stati Uniti presenta malattia renale cronica; prima che venisse formulata la nuova definizione, la percentuale di malati era pari all’1,7%. Un consorzio sanitario della California del Sud, il Kaiser Permanente, ha modificato i criteri adattandoli all’età e ha visto scendere la percentuale dei malati al 3%. Insomma, anche in questo caso i pazienti possono essere etichettati con diagnosi sbagliate e ricevere trattamenti non necessari.
Sopravvivenza a 5 anni nel cancro.
In questo caso non si è di fronte a un diretto utilizzo improprio di test, quanto a una strategia di marketing ben riuscita. Avrete sentito innumerevoli volte ripetere che l’aumento della sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di cancro significa che si stanno facendo progressi nello sconfiggere la malattia. Eppure la mortalità per cancro negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è rimasta pressoché la stessa.
Perché ? Per due motivi, come spiegano Gerd Gigerenzer e Odette Wegwarth del Max Planck Institute10.
Primo, l’individuazione precoce implica che il momento della diagnosi sia precoce; già di per sé questo fa aumentare la sopravvivenza a 5 anni anche quando il paziente non vive, complessivamente, più a lungo.
Secondo, lo screening consente di individuare anche anomalie che rispondono alla definizione patologica di cancro, ma che non sarebbero mai progredite causando sintomi o morte. Maggiori sono gli eccessi di diagnosi, più alta è la percentuale di sopravvivenza a 5 anni.
Poi ci sono l’ipertensione, il diabete, il colesterolo alto, l’obesità, il deficit cognitivo: tutti casi in cui è stata cambiata la definizione della malattia, generando un aumento esponenziale di malati11.
Attualmente, come ha sottolineato ancora Fiona Godlee, non esistono standard condivisi per la costituzione dei panel che revisionano o alterano le definizioni delle malattie, né criteri per determinare chi debbano rappresentare gli esperti o quali siano i metodi per gestire i conflitti di interesse.
Chi ci «guadagna»?
Inutile dire che il massiccio ricorso ai test e l’aumento del consumo di farmaci crea un giro d’affari di tutto rispetto per le aziende; colossi farmaceutici e del biomedicale fanno i conti su fatturati miliardari e naturalmente hanno tutto l’interesse a far sì che il business non si riduca. «I risultati delle ricerche mediche vengono spesso distorti o nascosti per scopi commerciali e il sistema che controlla la condotta dei medici attraverso le erogazioni di denaro sfocia proprio in eccesso di diagnosi e di trattamenti» si legge sul BMJ in un editoriale dal titolo «Un appello per sfidare i venditori di malattie».
Ma c’è dell’altro, come spiegano Leonard Leibovici e Michel Lièvre12, il primo docente di medicina all’israeliano Rabin Medical Center, il secondo professore all’Unità di clinica farmacologica dell’università di Lione.
«La medicalizzazione di tutti gli ambiti della vita umana dà all’establishment medico potere e controllo» sostengono. «Si appropriano della gravidanza e della nascita, così come della morte».
Dando a un individuo l’etichetta di «personalità di tipo A, la medicina ridefinisce il comportamento maschile», o incarcerando gli altri per pazzia, li controlla e si impone su di loro. Oppure ancora, accade che i medici agiscano sulla base di condizionamenti esterni, divenendo meri esecutori di forzature che non fanno il bene del paziente. I due docenti forniscono esempi chiarificatori.
Per una donna di 92 anni ricoverata in ospedale perché rifiutava di bere e di mangiare e si nascondeva sotto le coperte, il figlio parlava di depressione o tumore al cervello, il medico semplicemente di vecchiaia. Ma poiché il figlio insisteva, il medico ha prescritto una serie di test.
Un anziano ha tentato il suicidio assumendo un farmaco; lo psichiatra non ha trovato nulla che non andava nella sua psiche, ma i familiari e il loro legale sono stati concordi nel richiedere che venisse legato al letto e il medico ha messo l’ordine per iscritto.
Quando l’uomo si è ripreso è stato staccato dalle macchine e ha spiegato le ragioni del suo gesto: era solo, malato e triste.
La moglie era morta e non andava d’accordo con la figlia: voleva morire. Allora il medico, per evitare dissidi con i parenti, ha rinnovato la restrizione.
La famiglia di un sessantenne con cancro metastatico terminale rifiutava di riprendersi a casa il malato, perché, dicevano i parenti, «non riusciamo a concepire l’idea che muoia a casa». Così, l’incombenza di confortare e gestire questa persona è rimasta ai medici, che lo conoscevano da meno di una settimana.
È complicato; e se siamo arrivati fin qui è probabilmente perché non esiste un solo colpevole e perché ci sono più corresponsabilità e connivenze, seppure di grado diverso.
Che la rivoluzione cominci
«Lasciamo che la rivoluzione dei pazienti abbia inizio» si legge in un editoriale del BMJ13 dello scorso maggio che prova a indicare la strada per uscire da questo empasse. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti la mobilitazione è cominciata; anche in Italia sarebbe utile aprire un ampio dibattito. «Clinici e pazienti devono lavorare insieme collaborando se vogliamo migliorare la sanità e sfidare
pratiche e comportamenti radicati» dice la Godlee. «Alcuni pazienti potranno continuare a preferire che sia il loro medico ad avere il ruolo di leader nelle decisioni, ma i buoni esempi indicheranno la strada».
E uno dei buoni esempi è senza dubbio l’alleanza Choosing Wisely14, che negli Stati Uniti permette a pazienti e medici di lavorare insieme per individuare e ridurre l’utilizzo di interventi non necessari e inefficaci.
Sempre in Usa è attivo anche il Patient centered outcomes research institute15 e in Gran Bretagna la James Lind Alliance16, che stanno facendo luce sullo sfasamento tra le domande per le quali pazienti e medici cercano risposte e le questioni sulle quali invece si soffermano a lavorare i ricercatori. Il confronto ha permesso di costituire un database di tutti i trattamenti sui quali ci sono incertezze17. Ma come dice la Godlee «è anche necessario un cambiamento profondo delle strutture di potere del sistema sanitario e una revisione della missione e degli obiettivi del sistema stesso».
È realistico pensare alla salute come alla definizione, assoluta e statica, che ne dà l’Oms ?
L’Oms afferma che la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in assenza di malattia».
L’essere umano non è perfetto e nel corso della sua vita cambia, invecchia, deve trovare la capacità di adattarsi alle sfide fisiche, emotive, sociali cui la vita lo espone di continuo. Ed è questo «che ci spinge a funzionare al meglio e con un senso di benessere anche in presenza di malattie croniche o disabilità».
Allora, forse, inseguire un ideale perfetto e assoluto di salute non potrebbe esporci (o condannarci) a una vita intera di non-salute ?
Note
1. www.bmj.com/too-much-medicine
2. www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(12)61611-0/abstract
3. www.psychologytoday.com/blog/dsm5-in-distress/201212/dsm-5-is-guide-not-bibleignore-its-ten-worst-changes
4. Gilbert Welch, Lisa Schwartz, Steve Woloshin, Over-diagnosed: making people sick in pursuit of health, Beacon Press (2011).
5. Shannon Brownlee, Overtreated: why too much medicine is making us sicker and poorer, Bloomsbury (2007).
6. choosingwisely.org/wp-content/uploads/2012/03/033012_Choosing-Wisely-National-Press-Rls-FINAL.pdf
7. www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23820021
8. www.bmj.com/content/336/7636/126
9. www.bmj.com/content/347/bmj.f4298
10. www.bmj.com/content/346/bmj.f548
11. www.bmj.com/content/347/bmj.f4247
12. www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1122819
13. www.bmj.com/content/346/bmj.f2614
14. www.choosingwisely.org
15. www.pcori.org
16. www.lindalliance.org
17. www.library.nhs.uk/duets
Possibili false diagnosi: i segnali d’allarme – L’incidenza della malattia aumenta, ma la mortalità resta la stessa. I fattori di rischio o i biomarcatori appaiono molto simili alla malattia.
Vengono introdotte modifiche nelle definizioni diagnostiche o nei valori limite che definiscono la normalità, senza che vi sia chiara evidenza che i benefici siano maggiori dei danni. Si pensi, per esempio, ai continui ritocchi alle soglie che definiscono patologicamente elevato il colesterolo.
Domande da fare al proprio medico:
– Questo nuovo test individua più casi di «malattia» e più precocemente ? Si conosce il corso naturale della malattia in tali casi ulteriori ?
– Si tratta di un fattore di rischio o di una condizione sintomatica ? Le definizioni riflettono questa distinzione ?
– Chi ha stabilito i valori di riferimento ? Sulla base di quali evidenze di benefici e di rischio ?
Cosa significa disease mongering ?
Disease mongering: letteralmente «mercificazione della malattia»:
Trasformare le persone in malati o far credere che siano malate o che saranno malate o potrebbero diventarlo, nella mente e nel corpo, per vendere prodotti ed espandere i mercati.
Ampliare i limiti diagnostici per avere più diagnosi di malattia, sempre per far crescere il mercato.
Dipingere problemi lievi come malattie gravi e incoraggiare accertamenti sempre più costosi ed estesi anziché ricorrere alla valutazione clinica e al buon senso.
Corrompere la ricerca medica e influenzare le pubblicazioni allo scopo di aumentare le vendite dei farmaci o il numero degli accertamenti.
Medicalizzare la normale vita delle persone in modo che la gente non si senta mai bene ma sempre a rischio.
(Cosa significa disease mongering è tratto da: Selling Sickness 2013)
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Le case farmaceutiche ingannano i medici e questi danneggiano i malati – L’inchiesta di un medico britannico.
Quando prescrivono un farmaco, spesso i medici non sanno esattamente che effetto avrà sui pazienti. Perché la legge consente alle case farmaceutiche di pubblicare solo i risultati positivi dei test condotti sui medicinali.
La reboxetina è un farmaco che ho prescritto anch’io. Con uno dei miei pazienti le altre medicine non avevano funzionato, perciò volevamo provare qualcosa di nuovo. Prima di scrivere la ricetta avevo letto i dati dei test clinici, e avevo visto che erano ben strutturati e che i risultati erano in prevalenza positivi. La reboxetina funzionava meglio di un placebo ed era alla pari con gli altri antidepressivi con i quali era stata messa a confronto. L’Mhra, l’agenzia che regolamenta la diffusione dei farmaci e dei prodotti sanitari del Regno Unito, l’ha approvata. In tutto il mondo, se ne prescrivono milioni di dosi ogni anno. Doveva essere un farmaco efficace e sicuro. Ne ho parlato brevemente con il paziente e abbiamo concordato che era la cura giusta da provare, quindi ho firmato la ricetta.
Ma ci eravamo sbagliati. Nell’ottobre del 2010 un’équipe di ricercatori è riuscita finalmente a mettere insieme tutti i dati disponibili sulla reboxetina, presi sia dai test clinici pubblicati sia da quelli mai apparsi sulle riviste specializzate. E il quadro che ne è uscito è stato terrificante. Erano stati condotti sette test in cui il farmaco veniva confrontato con un placebo. Solo uno, effettuato su 2S4 pazienti, aveva dato risultati nettamente positivi, ed era stato pubblicato su una rivista scientifica. Ma gli altri sei test, condotti su un numero di pazienti dieci volte superiore, avevano dimostrato che la reboxetina non era più efficace di una qualsiasi pillola di zucchero. Nessuno di quei test era stato pubblicato e non avevo idea che esistessero.
Ma c’è di peggio. Dai test che confrontavano la reboxetina con altri farmaci è emerso esattamente lo stesso quadro: tre piccoli studi, su un totale di 507 pazienti, dimostravano che i farmaci davano tutti gli stessi risultati, ed erano stati tutti pubblicati.
Ma i dati su uno studio con 1.6S7 partecipanti erano stati ignorati: dimostravano che i pazienti che prendevano la reboxetina stavano peggio di quelli che usavano altre medicine. Come se non bastasse, c’erano anche gli effetti collaterali. Dagli studi apparsi sulle riviste specializzate sembrava che il farmaco funzionasse, ma quando abbiamo visto quelli non pubblicati abbiamo scoperto che c’erano più probabilità che i pazienti ai quali era somministrata la reboxetina avessero effetti collaterali, smettessero di prenderla e abbandonassero la sperimentazione proprio a causa di quegli effetti.
Avevo fatto tutto quello che un medico deve fare. Avevo letto gli articoli, li avevo valutati criticamente, ne avevo discusso con il paziente e avevamo deciso insieme sulla base delle prove a nostra disposizione.
Secondo il materiale pubblicato, la reboxetina era un farmaco efficace e sicuro. In realtà, non era meglio di un placebo e faceva più male che bene. In pratica, avevo danneggiato il mio paziente, semplicemente perché i dati negativi sul farmaco non erano mai stati pubblicati.
In quel caso, nessuno aveva infranto la legge. La reboxetina è ancora sul mercato e il sistema che ha permesso che questo accadesse è rimasto immutato, per tutti i farmaci, in tutti i paesi del mondo. I dati negativi spariscono in tutti i settori della medicina.
Le istituzioni e le associazioni professionali che dovrebbero censurare certi comportamenti non lo fanno.
Questi problemi sono sempre stati tenuti nascosti al pubblico perché “sono troppo complessi da capire”.
Per lo stesso motivo non sono mai stati del tutto risolti dai politici, e quindi richiedono una spiegazione più dettagliata. Le persone e gli enti, di cui pensavamo di poterci fidare ci hanno tradito, e dato che per risolvere un problema bisogna capirlo bene, c’è una serie di cose che tutti dobbiamo sapere.
L’efficacia dei farmaci viene verificata da quelli che li fabbricano, con test clinici mal progettati e condotti su un piccolo numero di pazienti poco rappresentativi, e analizzati con tecniche truccate che enfatizzano solo i benefici.
Ovviamente, questi test tendono a creare risultati favorevoli al produttore. Quando emergono dati non graditi, alle aziende è riconosciuto il diritto di tenerli nascosti a medici e pazienti, quindi a noi arriva un quadro falsato dei veri effetti di qualsiasi medicina. Le agenzie di regolamentazione leggono la maggior parte dei risultati dei test clinici, ma solo quelli condotti nelle prime fasi di sperimentazione sul farmaco, e comunque non li danno ai medici e ai pazienti e non li rendono noti neanche alle altre istituzioni governative.
Queste prove falsate vengono poi rese pubbliche e applicate in modo distorto.
Nei loro quarant’anni di pratica, dalla laurea alla pensione, i medici raccolgono informazioni dai rappresentanti delle case farmaceutiche, dai colleghi e dalle riviste specializzate. Ma i loro colleghi possono considerazione i risultati di 192 test, che mettevano a confronto una statina con un’altra o con un trattamento diverso. I ricercatori hanno scoperto che era venti volte più probabile che gli studi finanziati dall’industria dessero risultati positivi.
Questa è già una notizia preoccupante, ma riguarda i singoli studi.
Proviamo a considerare indagini più sistematiche. Nel 2003 ne sono uscite due. Entrambe avevano preso in esame tutti gli studi resi noti fino ad allora sull’associazione tra finanziamenti dell’industria e risultati positivi, e avevano scoperto che era quattro volte più probabile che i test finanziati dalle case farmaceutiche dessero
risultati positivi.
Un’indagine del 2007 ha analizzato gli studi compiuti nei quattro anni successivi e ne Un’indagine del 2007 ha analizzato gli studi compiuti nei quattro anni successivi e ne ha scoperti altri venti. Tutti, tranne due, dimostravano che i test sponsorizzati dall’industria davano risultati positivi.
Sembra che succeda la stessa cosa con i risultati presentati durante i convegni accademici.
Nei fatti, l’efficacia dei farmaci viene verificata da quelli che li fabbricano, con test clinici condotti su un piccolo numero di pazienti essere pagati dalle case farmaceutiche, spesso in segreto, e così anche le riviste. A volte perfino i gruppi di pazienti sono pagati. E infine gli articoli accademici, che tutti considerano obiettivi, spesso sono scritti da persone che lavorano per l’industria del farmaco. A volte intere riviste scientifiche sono di proprietà di un’azienda farmaceutica.
A peggiorare la situazione c’è il fatto che per quanto riguarda alcune delle questioni più importanti della medicina non abbiamo idea di quale sia la cura migliore, perché nessuno ha interesse a condurre i test clinici.
La cura migliore
Nel 2010 un gruppo di ricercatori di Harvard e dell’università di Toronto ha preso tutti i test clinici effettuati sulle cinque categorie di medicinali più importanti- antidepressivi, farmaci per l’ulcera e così via -e ha considerato due elementi chiave: se i risultati erano positivi e se gli studi erano finanziati dall’industria farmaceutica.
Nel complesso ne hanno esaminati 500, e hanno scoperto che 1’85 per cento degli studi finanziati dall’industria dava risultati positivi. Nel caso di quelli finanziati con fondi pubblici la percentuale era del 50 per cento.
Tre anni prima un altro gruppo di ricercatori aveva esaminato tutti i test pubblicati sui benefici di una statina.
Le statine sono farmaci che abbassano il colesterolo riducendo il rischio di un infarto e sono prescritti in grandi quantità. Lo studio ha preso in ha scoperti altri venti. Tutti, tranne due, dimostravano che i test sponsorizzati
dall’industria davano risultati positivi. Sembra che succeda la stessa cosa con i risultati presentati durante i convegni accademici.
Nel 2004 James Fries ed Eswar Krishnan della facoltà di medicina dell’Università californiana di Stanford hanno analizzato tutti gli estratti delle relazioni presentate al convegno dell’American college of rheumatology del 2001, in cui erano stati riportati i risultati di test sponsorizzati dall’industria farmaceutica, per cercare quanti di quei risultati fossero stati favorevoli al farmaco dello sponsor.
Questa è stata la loro conclusione: “I risultati di tutti gli studi controllati randomizzati (45 su 45) erano a favore del farmaco dello sponsor“.
Come fanno i test clinici sponsorizzati dall’industria a dare quasi sempre risultati positivi ?
A volte sono volutamente falsati. Si può scegliere di confrontare il nuovo farmaco con qualcosa che si sa essere inefficace (per esempio un medicinale già esistente in una dose inadeguata o un placebo). Si possono scegliere attentamente i pazienti che reagiranno meglio alla cura. Si può interrompere il test in anticipo quando i risultati sono buoni. A volte, le aziende conducono molti test, e semplicemente non pubblicano i risultati quando vedono che non sono quelli che vorrebbero.
Dato che i ricercatori sono liberi di nascondere i risultati che vogliono, i pazienti corrono grossi rischi. Spesso i medici non hanno idea dei veri effetti delle cure che prescrivono.
Questo farmaco funziona veramente bene o mi è stata tenuta nascosta la metà dei dati?
Nessuno può saperlo. Potrebbe uccidere il paziente ? Non si sa. È una situazione molto strana per la medicina, un campo in cui tutto dovrebbe basarsi su prove documentate. Questi dati vengono tenuti nascosti a tutti quelli che lavorano nel settore, nessuno escluso.
Il National Institute for health and clinical excellence (Nice), per esempio, è stato creato dal governo britannico per condurre un’analisi attenta e imparziale di tutte le prove raccolte sui nuovi trattamenti. Eppure non è in grado di accedere ai dati sull’efficacia di un farmaco che i ricercatori o le aziende non vogliono rivelare. Anche se deve prendere delle decisioni che riguardano milioni di persone, legalmente il Nice ha lo stesso diritto di vedere quei dati di un singolo cittadino.
Quando un’équipe di ricerca conduce un test su un nuovo farmaco per un’azienda farmaceutica, ci aspetteremmo che firmi un contratto che prevede l’obbligo di pubblicare i risultati e che impedisce all’azienda di censurarne una parte. Ma, anche se è risaputo che le ricerche finanziate dall’industria sono falsate, questo non succede.
Al contrario, è assolutamente normale che i ricercatori e gli accademici responsabili di uno studio firmino un contratto con clausole che gli impediscono di pubblicare, discutere e analizzare i dati ottenuti senza il permesso del finanziatore.
È una situazione così vergognosa che può essere pericoloso perfino parlarne.
Nel 2006, sul Journal of the American medical association (Jama), una delle riviste specializzate più importanti del mondo, è uscito un articolo in cui si descrivevano i vincoli imposti ai ricercatori nella pubblicazione dei risultati di test farmaceutici finanziati dalla casa produttrice. Lo studio era stato condotto dal Nordic Cochrane centre, un istituto con sede in Danimarca, prendendo *** in esame i test effettuati a Copenaghen e Frederiksberg. I test erano quasi tutti sponsorizzati dall’industria farmaceutica (98 per cento) e le norme che regolavano la gestione dei dati erano come al solito tra l’inquietante e l’assurdo.
In 16 casi su 44, l’azienda aveva il diritto di vedere i dati man mano che emergevano, e in altri i6 poteva decidere di interrompere lo studio in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo. Questo significa che una casa farmaceutica può verificare se i risultati vanno contro i suoi interessi e intervenire in corso d’opera, distorcendoli. E anche se autorizza a portare a termine lo studio, può sempre decidere di non rendere noti i risultati: c’erano vincoli sulla pubblicazione in 40 dei 44 test, e in metà dei casi il contratto specificava che l’azienda era proprietaria assoluta dei dati, doveva approvarne la pubblicazione finale, o entrambe le cose. Nessuno di questi vincoli era menzionato negli articoli pubblicati.
Quando è apparso l’articolo sul Jama, la Lif, l’associazione delle case farmaceutiche danesi, ha risposto sulla rivista dell’associazione medica danese dicendo di essere “sorpresa e furiosa per queste critiche e di considerarle assolutamente infondate”. Ha reclamato un’inchiesta, senza però dire condotta da chi e su che cosa. Poi ha scritto alla commissione danese che si occupa degli illeciti in campo scientifico, accusando i ricercatori del Cochrane di scorrettezza. Non mi è stato possibile vedere la lettera, ma secondo i ricercatori le affermazioni che conteneva erano molto gravi – erano stati accusati di aver deliberatamente distorto i dati – anche se vaghe e non documentate.
Eppure l’inchiesta è andata avanti per un anno. Peter Getzsche, che dirige il Cochrane centre, ha dichiarato al British Medical Journalche solo la terza lettera della Lif, inviata dieci mesi dopo la sua prima replica, conteneva accuse specifiche sulle quali la commissione poteva indagare. Due mesi dopo, l’istanza è stata archiviata.
I ricercatori del Cochrane non avevano fatto niente di scorretto. Ma prima che fossero definitivamente prosciolti, la Lif ha mandato una copia delle lettere che li accusavano di disonestà scientifica all’ospedale dove lavoravano quattro di loro e all’azienda che lo amministrava, e ha inviato lettere simili all’associazione medica danese, al ministero della salute e al ministero della ricerca scientifica. Gatzsche e i suoi colleghi si sono sentiti “aggrediti e minacciati” dal comportamento della Lif, che ha continuato ad accusarli di scorrettezza anche dopo la chiusura dell’inchiesta.
Un caso da manuale
La paroxetina è un antidepressivo piuttosto comune che appartiene a una classe di farmaci noti come inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, o Ssri. E fornisce un buon esempio di come le aziende abbiano approfittato della poca attenzione dedicata dalla comunità scientifica ai risultati dei test cinici, trovando scappatoie legali.
Per capire come sia possibile, dobbiamo prima di tutto accennare a un’anomalia del processo di approvazione dei medicinali.
Quando un farmaco viene commercializzato non può essere destinato a qualsiasi uso: è necessaria un’autorizzazione specifica per ogni tipo di impiego. Quindi, per esempio, un medicinale può essere autorizzato
per il trattamento del cancro alle ovaie ma non di quello al seno.
Questo non significa che nel secondo caso non funzioni. Può anche essere di efficacia dimostrata, ma la casa produttrice non si è presa la briga di richiedere un’autorizzazione formale per quell’uso o non ha voluto affrontare la spesa che questo comporterebbe. I medici possono decidere di prescriverlo comunque per il cancro al seno,
perché probabilmente funziona ed è sicuramente disponibile nelle farmacie. Possono farlo legalmente, ma in questo caso si tratta di una prescrizione off label, cioè per una patologia diversa da quella indicata nel foglio illustrativo.
Per poter somministrare un farmaco ai bambini è necessaria un’autorizzazione separata da quella che serve per gli adulti. In tanti casi questo è comprensibile, perché i bambini possono reagire a una sostanza in modo molto diverso e quindi è necessario condurre una ricerca separata. Ma ottenere una licenza per un uso specifico è difficile, richiede un’ampia documentazione e una serie di studi appositi. Spesso il percorso è così costoso che le aziende non si prendono la briga di richiedere l’autorizzazione a usare un farmaco per i bambini, perché si tratta di un mercato di solito più ridotto.
Quindi succede che una medicina autorizzata solo per gli adulti sia prescritta anche ai bambini. Le agenzie governative addette ai controlli si sono rese conto del problema e di recente hanno cominciato a offrire incentivi alle aziende perché conducano più studi e chiedano formalmente le licenze.
Quando la GlaxoSmithKline (Gsk) chiese l’autorizzazione per commercializzare la paroxetina per i bambini, emerse una situazione che scatenò la più lunga inchiesta della storia nella regolamentazione dei farmaci nel Regno Unito.
Tra il 1994 e il 2002, la Gsk aveva compiuto nove test clinici sull’uso della paroxetina per curare i bambini. Si sospettava da tempo che la paroxetina potesse aumentare il rischio di suicidio, anche se questo effetto collaterale è difficile da verificare. Nel febbraio del 2003 la Gsk aveva mandato spontaneamente all’Mhra una relazione informativa sul rischio di suicidio provocato dalla paroxetina. Il rapporto era basato sui risultati di alcune analisi effettuate nel 2002 sui dati negativi emersi da test che l’azienda aveva condotto dieci anni prima. Secondo la relazione non c’era nessun aumento del rischio di suicidio. Ma era falsata. All’epoca non si sapeva che in realtà i dati relativi ai bambini erano stati mescolati con quelli di un gran numero di adulti.
Nel 2003 la Gsk partecipò a una riunione con l’Mhra per discutere un’altra questione riguardante la paroxetina. Alla fine dell’incontro, i suoi rappresentanti presentarono un documento in cui si diceva che l’azienda aveva intenzione di chiedere un’autorizzazione specifica per l’uso della paroxetina nei bambini e accennava anche al fatto che l’Mhra avrebbe potuto tener conto della possibilità di un maggior rischio di suicidio tra i bambini depressi che assumevano il farmaco.
Si trattava di un effetto collaterale di vitale importanza, comunicato informalmente e con enorme ritardo attraverso un canale inappropriato. Anche se i dati erano stati consegnati alle persone sbagliate, il personale dell’Mhra presente all’incontro ebbe il buon senso di capire che si trattava di un’informazione importante.
Si misero subito all’opera, ordinarono delle analisi e nel giro di un mese mandarono una lettera a tutti i medici consigliando di non prescrivere la paroxetina a pazienti al di sotto dei 18 anni.
Oltre a prendere una medicina di cui la casa produttrice conosceva l’inefficacia, i bambini erano anche esposti ai suoi effetti collaterali ai bambini affetti da depressione. I primi due avevano dimostrato che non comportava alcun beneficio, ma l’azienda non fece nessun tentativo di informare i medici e i pazienti cambiando il foglio illustrativo. Anzi, alla fine dei test, in un documento interno si leggeva: “Sarebbe commercialmente inaccettabile inserire nel foglio l’affermazione che la sua efficacia non è stata dimostrata, perché danneggerebbe l’immagine della paroxetina”.
Nell’anno successivo a questo memorandum interno, solo nel Regno Unito furono firmate 32mila ricette in cui fu prescritta la paroxetina ai bambini. Negli anni seguenti furono effettuati altri studi, nove in tutto, e nessuno dimostrò che il farmaco fosse efficace per curare la depressione nei bambini.
Ma c’è di peggio. Non solo i bambini prendevano una medicina di cui la casa produttrice conosceva l’inefficacia; erano anche esposti ai suoi effetti collaterali. Purtroppo nessuno sapeva quanto fossero gravi gli
effetti collaterali, perché l’azienda non l’aveva rivelato, neanche alle agenzie di controllo.
Questo è stato possibile perché secondo la regolamentazione è obbligatorio informare le agenzie di controllo solo degli effetti collaterali emersi dagli studi sull’uso specifico per il quale si è chiesta la licenza. E dato che per i bambini la paroxetina era usata offlabel, la Gsk non era obbligata a comunicare a nessuno le sue scoperte. Si sospettava da tempo che la paroxetina potesse aumentare il rischio di suicidio, anche se questo effetto collaterale è difficile da verificare.
Nel febbraio del 2003 la Gsk aveva mandato spontaneamente all’Mhra una relazione informativa sul rischio di
suicidio provocato dalla paroxetina. Il rapporto era basato sui risultati di alcune analisi effettuate nel 2002 sui dati negativi emersi da test che l’azienda aveva condotto 10 anni prima. Secondo la relazione non c’era nessun aumento del rischio di suicidio.
Ma era falsata. All’epoca non si sapeva che in realtà i dati relativi ai bambini erano stati mescolati con quelli di un gran numero di adulti.
Com’è possibile che il sistema per ottenere i dati dalle aziende sia così inefficiente da permettergli di tenere nascoste informazioni così importanti su un farmaco?
È possibile perché la normativa contiene scappatoie assurde ed è preoccupante vedere come la Gsk abbia saputo sfruttarle.
La conclusione dell’inchiesta, pubblicata nel 2008, era che la Gsk aveva agito in modo immorale e pericoloso per i bambini di tutto il mondo, ma le leggi britanniche erano così lacunose che l’azienda non poteva essere accusata di nulla.
Dopo questo episodio, l’Mhra e l’Unione europea hanno cambiato alcune regole, che però sono ancora inadeguate. Hanno imposto alle aziende di rivelare i dati sulla sicurezza di un farmaco indipendentemente dalla richiesta di commercializzazione, ma gli studi condotti fuori dell’Ue restano esclusi da quest’obbligo. Alcuni dei test compiuti dalla Gsk sono stati in parte pubblicati, ma questo ovviamente non è sufficiente, perché sappiamo già che sono falsati. E abbiamo bisogno di tutte le informazioni anche per un motivo più semplice: i segnali di pericolosità sono spesso deboli e difficili da individuare. Nel caso della paroxetina la verità è emersa solo quando i dati negativi di
utti i test sono stati analizzati insieme.
Sistema lacunoso
Questo ci porta a parlare del secondo difetto evidente del sistema attuale: i risultati dei test vengono consegnati in segreto alle agenzie di controllo, che devono prendere una decisione. Ma la scienza non dovrebbe funzionare così: le sue scoperte sono affidabili solo quando tutti rendono pubbliche le loro ricerche, spiegano come fanno a
sapere che qualcosa è efficace e sicuro, condividono metodi e risultati e consentono agli altri di decidere se sono d’accordo sul modo in cui quei dati sono stati elaborati e analizzati. Invece nell’ambito della sicurezza dei farmaci tutto avviene a porte chiuse, perché così hanno deciso le aziende farmaceutiche. Perciò il compito più importante della medicina viene svolto in segreto. E neanche le agenzie di controllo sono infallibili, come ora vedremo.
Il rosiglitazone fu messo in commercio nel 1999. Dopo circa un anno che era sul mercato, il dottor John Buse dell’università del North Carolina parlò in due convegni accademici del rischio che il farmaco facesse aumentare i problemi cardiaci.
La Gsk, produttrice del medicinale, contattò direttamente Buse nel tentativo di metterlo a tacere, poi si rivolse al suo capo dipartimento. Nel 2007 una relazione della commissione finanze del senato statunitense parlava di “intimidazione” nel caso di Buse.
Ma quello che preoccupa di più sono i dati sull’efficacia e sulla sicurezza.
Nel 2003 l’ufficio di Uppsala dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che si occupa del monitoraggio dei farmaci, contattò la Gsk a proposito di un numero insolitamente alto di rapporti che associavano il rosigli-tazone ai problemi cardiaci.
La Gsk condusse due meta-analisi interne dei suoi dati nel loos e nel 2006, che dimostrarono la fondatezza del rischio. Ma anche se l’azienda e la Food and drugs administration statunitense conoscevano i risultati, nessuna delle due fece una dichiarazione ufficiale, e non furono pubblicati fino al 2008.
Durante quel periodo, molti pazienti hanno continuato ad assumere la sostanza, ma né loro né i medici hanno saputo niente di questo problema fino al 2007, quando il cardiologo Steve Nissen e i suoi colleghi hanno pubblicato la loro analisi, dimostrando che per i pazienti trattati con il rosiglitazone il rischio di malattie cardiache aumentava del 43 per cento. Dato che le persone affette da diabete rischiano già di avere complicazioni cardiache, e il motivo principale per cui si cura il diabete è proprio quello di ridurre questo rischio, la scoperta ha fatto scalpore. I risultati di Nissen sono stati confermati da studi successivi e nel toro il farmaco è
stato ritirato dal commercio o comunque il suo uso è stato limitato in tutto il mondo.
Ora, il punto non è che il medicinale avrebbe dovuto essere ritirato prima. Per quanto perverso possa sembrare, infatti, i medici a volte ricorrono a farmaci di qualità inferiore come ultima risorsa.
Per esempio, un paziente può reagire male a un farmaco particolarmente efficace e deve smettere di assumerlo. Quando si verificano questi casi, a volte vale la pena provare un medicinale meno efficace, che è sempre meglio di niente. Il problema è che tutte queste discussioni avvenivano mentre i dati erano tenuti sotto chiave e potevano essere visti solo dalle agenzie di controllo.
Anzi, Nissen aveva potuto fare la sua analisi solo grazie all’insolita sentenza di un tribunale. Nel 2004, quando si era saputo che la Gsk aveva tenuto segreti i dati sui gravi effetti collaterali della paroxetina nei bambini, il suo comportamento scorretto aveva dato origine a una causa civile per frode, alla fine della quale l’azienda, oltre a pagare i danni, aveva dovuto impegnarsi a pubblicare i risultati dei suoi test clinici su un sito web accessibile al pubblico.
Nissen aveva analizzato i dati sul rosi-glitazone e aveva fatto una scoperta allarmante di cui aveva informato i medici, cosa che l’agenzia di controllo non aveva mai fatto pur essendo in possesso dei dati da anni. Se queste informazioni fossero state accessibili fin dall’inizio, l’agenzia forse sarebbe stata più cauta nella decisione da prendere, ma in questo modo medici e pazienti avrebbero potuto non essere d’accordo con lei e fare una scelta informata.
È per questo che tutti i risultati dei test clinici dovrebbero essere accessibili. I dati mancanti danneggiano tutti. Se non si effettuano test seri, se i risultati negativi vengono tenuti nascosti, non possiamo sapere quali sono i veri effetti dei farmaci che usiamo. In medicina la necessità delle prove non è una questione accademica astratta. Quando ci forniscono dati falsati, possiamo prendere decisioni sbagliate e infliggere sofferenze inutili, se non addirittura la morte, a persone come noi.
L’autore:
Il dott. Ben Goldacre è un medico britannico. Questo articolo è un estratto, adattato, del suo ultimo libro, Bad Pharma, che sarà pubblicato in Italia da Mondadori nella primavera del 2013.
Commento NdR: e’ un’ulteriore PROVA di cio’ che da anni affermiamo: Big Pharma controlla e guida TUTTA la sanita’ nel mondo intero !
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CONFLITTI D’INTERESSI nella RICERCA BIOMEDICA e nella PRATICA CLINICA
Approvato nella Seduta Plenaria dell’8 Giugno 2006 – Italy
Presidenza del Consiglio dei Ministri COMITATO NAZIONALE per la BIOETICA:
vedi PDF tratto da: http://www.governo.it/bioetica/testi/Conflitti_interessi.pdf
vedi: Ricerca nelle mani di Big Pharma + Riviste scientifico-mediche pilotate da Big Pharma + Comparaggio farmaceutico
Commento NdR:
Oggi sono ben noti i misfatti dell’industria farmaceutica, e sono solo la punta dell’iceberg, ma nell’articolo non vengono tenuti in nessuna considerazione i GRAVISSIMI MISFATTI degli enti governativi Italiani ed esteri, a “Tutela della Salute”; dove sono stati, e dove sono ancora oggi questi enti che dovrebbero controllare con i loro laboratori, i farmaci ed anche i vaccini…..forse al bar a prendersi un caffe’….? ..e chiudendo tutti i due occhi su queste azioni Criminali, cio’ significa che sono collusi con i produttori di farmaci e vaccini, ma significa anche che le case farmaceutiche hanno corrotto e/o immesso nei posti di potere di questi enti, i “loro” uomini affinche’ nascondessero e chiudessero i due occhi su questi CRIMINI contro l’Umanita’ …altro che HITLER….quello ERA un BRAVO RAGAZZO in CONFRONTO a QUESTI CRIMINALI di OGGI !
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Errori in ospedale: dannosi in Uti, quasi sempre sottaciuti – Feb. 2013
Raramente, in ospedale, ai pazienti e ai loro familiari vengono riferiti errori commessi nella somministrazione di farmaci. È vero che nella maggior parte dei casi non si hanno conseguenze (98% dei casi), ma se lo sbaglio avviene su un soggetto ricoverato in Terapia intensiva (Uti) si ha infatti la massima probabilità di causare un danno, così come i parenti hanno la minori chances di essere avvisati. Sono dati contenuti in una ricerca pubblicata su Critical Care Medicine da Assad Latif, della Johns Hopkins University School of Medicine (Baltimora), che si è basato s u un archivio elettronico di circa 840 mila errori terapeutici segnalati volontariamente da 537 ospedali statunitensi tra il 1999 e il 2005. In tale periodo si sono verificati in Uti 56mila errori (6,65% del totale); di cui circa il 4% ha causato una lesione al paziente. «Si tratta di un dato non sorprendente» secondo Latif «considerate le fragili condizioni di base del soggetto». Dalle statistiche si evince come gli errori che hanno portato a morte il paziente sono avvenuti 18 volte in e 92 in altre aree ospedaliere. In entrambi i casi, i problemi più frequenti sono stati errori (nel tipo di farmaco o nel dosaggio) od omissioni (intese come mancate somministrazioni di farmaco).
Gli sbagli più nocivi hanno riguardato l’utilizzo di linee intravenose ed errori nel calcolo delle dosi. In più della metà dei casi, dopo un errore, non sono stati presi provvedimenti. Ma soprattutto «il paziente e/o i suoi f amiliari sono stati immediatamente informati dello sbaglio al massimo nel 2% dei casi, nonostante il loro desiderio di essere informati».
Non è il caso però che i parenti o i ricoverati debbano preoccuparsi per i risultati di questa ricerca, secondo Latif. «Lo scopo di questo studio è soprattutto quello di aiutarci a capire come agiamo rispetto a come pensiamo di agire, e a stabilire correlazioni tra gli esiti che vogliamo ottenere e le loro potenziali cause e conseguenze».
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PERICOLI dai MEDICI
La persona che ha maggiori probabilità statistiche di uccidervi non è un ladro, un rapinatore o uno squilibrato ubriaco alla guida della sua auto.
Questa persona è semplicemente il vostro medico (della medicina ufficiale). Il tutto scientificamente provato:
– «Soltanto il 15 per cento dei trattamenti medici è supportato da solide prove scientifiche».
– «Quattro pazienti su dieci tra quelli che assumono farmaci soffrono di disturbi fastidiosi o molto gravi e perfino mortali che insorgono a causa dei farmaci e un paziente su sei tra quelli ricoverati in ospedale si trova lì perché un medico lo ha fatto ammalare».
– «Diversi esperti indipendenti che hanno studiato l’uso degli antibiotici dichiarano che tra il 50 e il 90 per cento delle prescrizioni fatte non sono necessarie».
– «Molte più persone vengono uccise dai farmaci prescritti che dalle droghe illegali come l’eroina o la cocaina».
– «Tanti farmaci sono stati ritirati o sono soggetti a restrizioni perché considerati troppo pericolosi. Alcuni sono stati ritirati dal mercato dopo qualche mese, mentre molti altri dopo diversi anni. Potete immaginare le proteste se succedesse la stessa cosa per i metodi usati per testare le automobili o i prodotti alimentari, e tanti tipi di auto o di alimenti dovessero essere ritirati dal mercato?».
– «Un gruppo di ricercatori ha esaminato le cartelle cliniche di 100 pazienti che, come rilevato poi dall’autopsia, erano deceduti in seguito a infarto. Lo studio ha rivelato che solo il 53 per cento di quegli infarti era stato diagnosticato. Ma quello che rende questa notizia ancora più allarmante è che la metà dei pazienti in questione era seguita da specialisti in cardiologia».
– «Uno studio condotto su 131 pazienti psichiatrici scelti a caso ha dimostrato che per circa tre quarti (cioè per il 75 per cento) dei pazienti la diagnosi probabilmente era sbagliata».
E poi gli errori Iatrogeni (I) su: Cancro, AIDS, antibiotici, interventi chirurgici, ospedali, esami diagnostici, farmaci, infezioni, tranquillanti, Ritalin, ecc.
Tratto dal libro: “Come impedire al vostro medico di Nuocervi”
(I): Iatrogenesi (dal greco iatròs, medico e gennan, generare; ciò che è causato dal medico o dalla medicina) è un termine dal significato neutrale ma che è comunemente usato per indicare patologie, effetti collaterali o complicanze dovute a trattamenti medici.
Da un punto di vista sociologico esistono tre forme di iatrogenesi: clinica, sociale e culturale.
La iatrogenesi si riferisce il più delle volte alle conseguenze negative delle azioni dei medici, ma può essere riferita anche ad errori attribuibili agli psicologi, terapeuti, farmacisti, infermieri, dentisti e così via.
Commento NdR: facciamo un ragionamento logico, se un ingegnere che costruisce de ponti, nella sue applicazioni pratiche, costruisse un ponte con una teoria errata, ad esempio nella formulazione della preparazione del cemento e/o nel posizionamento deiplinti e piloni di base del ponte stesso, al primo terremoto esso cadrebbe a terra con tutti i danni conseguenti.
Ora il medico della medicina ufficiale in genere si basa su teorie errate od incomplete imparate all’universita’ che e’ in mano a Big Pharma…, ecco perche’ non riesce a sanare i vari e molteplici sintomi, che egli chiama impropriamente “malattie” dei suoi pazienti, TUTTA la terapeutica della medicina ufficiale e’ basata come teorie su idee errate o d imperfette….e quindi i malati fuggono dalla terapeutica di questa medicina (12.000.000 di italiani ricorrono ogni anno alla medicina alternativa) che se non avesse la chirurgia, d’urgenza e non, e la traumatologia sarebbe gia’ fallita anche in Europa….ma per ora e’ solo….alla canna del gas…
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Medicina ufficiale pericolosa:
Eccesso diagnostico: anche i sani si ammalano
L’eccesso diagnostico rischia di far ammalare anche le persone sane. A lanciare l’allarme è Ray Moynihan della Bond University in Australia sul “British Medical Journal“.
La medicina “moderna” farebbe dunque ammalare pure i sani a causa di un vero e proprio eccesso diagnostico, di una “over-diagnosi” per di piu’ inutili.
Oggi troppe persone vengono curate con farmaci o operate anche in assenza di bisogno, minacciandone, di fatto, la salute, come spiega l’esperto che il prossimo anno terrà un convegno in Usa dal titolo “Preventing Overdiagnosis”.
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MEDICI PERICOLOSI – By D. Icke
I medici negli Stati Uniti sono statisticamente più pericolosi delle armi. Ogni anno circa 120.000 morti sono causate da errori da parte dei medici, una media di 0,171 a medico. E 1.500 decessi sono causati da colpi di arma da fuoco, una media di 0,000181 per ogni detentore di armi.
Molte persone reclamano a gran voce la necessità di bandire le armi, fomentate dalla propaganda degli Illuminati, eppure, stando a queste cifre, è 9.000 volte più probabile che sia un medico ad uccidervi.
Centinaia di migliaia di persone si trovano in questo momento negli ospedali a causa degli effetti provocati da medicinali che avrebbero dovuto farli sentire meglio.
L’Ufficio nazionale di controllo del Regno Unito ha inoltre messo in luce gli incredibili pericoli presenti nella “moderna” medicina.
Essi mostrano come ogni anno circa 100.000 pazienti contraggano negli ospedali britannici infezioni che per 5.000 di loro si rivelano mortali e che costituiscono una altro “contributo sostanziale” ad altri 15.000 casi mortali.
Queste cifre confermano anche un rapporto pubblicato nel giornale londinese Daily Express che rivelava una massiccia campagna di copertura da parte degli ospedali circa i pericoli che i pazienti corrono una volta ricoverati e l’alto tasso di mortalità annuale.
Il fatto che la causa della morte sia un’infezione contratta in ospedale viene nascosto alle famiglie dei degenti e non viene menzionato nel certificato di morte.
Uno degli altri problemi messi in luce è quello dei cosiddetti “super-microbi” che hanno sviluppato l’immunità a molti antibiotici poiché i medici li hanno prescritti come confetti per molto tempo – un altro piano degli Illuminati per distruggere l’efficacia del sistema immunitario umano. Di conseguenza questi antibiotici non uccidono più i microbi.
Questo risultato era stato previsto molto tempo fa da medici “alternativi” e da chiunque sia in grado di rendersi conto di ciò che è ovvio. È incredibile pensare agli attacchi che i medici professionisti sferrano ai metodi di cura “alternativi”, quando le cifre dimostrano che i pericoli insiti nei sistemi di cura adottati dall’establishment medico controllato dagli Illuminati sono infinitamente più grandi.
Queste alternative al cartello farmaceutico e all’establishment medico devono combattere costantemente contro leggi promulgate per sopprimerle.
Persino il nostro diritto ad assumere integratori alimentari e alternative naturali ai farmaci viene messo in discussione dalla Commissione Codex Alimentarius, una branca della Organizzazione mondiale della sanità.
Vengono già combattute campagne pubbliche per proteggere il diritto fondamentale dell’uomo a decidere cosa ingerire.
Se non possiamo esercitare il controllo sul nostro corpo, quali altre libertà ci restano ?
Ma è proprio in quella direzione che stiamo andando. Nel Regno Unito paghiamo parecchi miliardi di tasse per finanziare il sistema sanitario nazionale o unità di smaltimento rifiuti umani, come la chiamo io. Ma anche se essa è finanziata con denaro pubblico, la popolazione non può operare una scelta tra i metodi di cura a disposizione. I metodi alternativi vengono soppressi in favore del bisturi e dei farmaci.
Gli integratori alimentari vengono assunti per colmare la carenza di sostanze nutritive un tempo assunte dal cibo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale cominciò lo sviluppo dei prodotti chimici ad uso agricolo, che stanno distruggendo il suolo e aggiungono veleni letali ai cibi; anche questa fu un’altra operazione gestita dagli Illuminati.
Questo cambiamento nei metodi di produzione alimentare fu introdotto nel Regno Unito da Lord Victor Rothschild, amico e “consigliere” (dittatore) del camaleontico Ted Heath, in qualità di capo dell’unità di polizia di Heath, l’ufficio del riesame della polizia centrale. Victor Rothschild fu uno dei grandi manipolatori Illuminati del XX secolo (vedi …E la Verità vi Renderà Liberi).
Gli Illuminati possiedono le multinazionali che fanno spruzzare i veleni sui nostri cibi – e sulla maggior parte della terra coltivata.
Ora stanno distruggendo le varietà naturali e stanno brevettando i loro sostituti. Questi ultimi possono essere prodotti solo se i coltivatori usano i loro “fertilizzanti” e i veleni da loro prodotti. I poveri coltivatori commettono un reato se non acquistano i semi brevettati dalle multinazionali (Illuminati) ai prezzi da loro imposti.
Le varietà naturali vengono distrutte per far sì che questi coltivatori non abbiano alcuna alternativa. Tutte queste manipolazioni rientrano in un’unica manipolazione, l’ordine del giorno degli Illuminati.
Tratto dal saggio “Figli di Matrix”, di David Icke – pubblicato in Italia da Macro Edizioni.
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Questo articolo del Journal of the American Medical Association fa luce sul fallimento del Sistema Sanitario Americano nel fornire una cura medica decente agli Americani. – (anno 2000)
Sommario di Kah Ying Choo
Nonostante i costi crescenti della sanità che forniscono l’illusione che la sanità migliori, il popolo americano non gode di buona salute, rispetto alle altre nazioni industrializzate.
Fra tredici paesi compreso il Giappone, la Svezia, la Francia ed il Canada, gli Stati Uniti sono al dodicesimo posto, basandoci sul conteggio di 16 indicatori di salute quali le aspettative della vita, la media del basso peso dei neonati e la mortalità infantile. In un altro confronto segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha usato una serie differente di indicatori di salute, di nuovo gli Stati Uniti sono andati male collocandosi quindicesimi fra 25 nazioni industrializzate.
Anche se molta gente attribuisce la scarsa salute alle cattive abitudini degli Americani, Starfield (2000) precisa che gli Americani non conducono uno stile di vita tanto malsano in confronto ad altre nazioni. Per esempio, soltanto il 28 per cento della popolazione maschile degli Stati Uniti fuma, affermandosi quindi al terzo posto fra le 13 nazioni industrializzate nella categoria con meno fumatori. Gli Stati Uniti inoltre hanno realizzato un alto punteggio (quinto posto) per il minor consumo dell’alcool.
Nella categoria maschile fra i 50 – 70-enni, gli Stati Uniti sono al terzo posto per quanto riguarda la concentrazione media più bassa di colesterolo fra 13 nazioni industrializzate.
Di conseguenza, la percezione che la salute malferma degli americani sia un risultato delle loro cattive abitudini sanitarie è falsa.
– 12.000 morti all’anno dovute a operazioni chirurgiche inutili
– 7000 morti all’anno dovute ad errori nelle prescrizioni di farmaci in ospedale
– 20.000 morti all’anno dovute ad errori di vario genere in ospedale
– 80.000 morti all’anno dovute a infezioni contratte in ospedale
– 106.000 morti all’anno dovute gli effetti negativi di farmaci
Più significativamente, il sistema medico ha svolto un grande ruolo nell’insidiare la salute degli Americani. Secondo vari studi di ricerca negli ultimi dieci anni, un totale di 225.000 Americani all’anno sono morti come conseguenza dei trattamenti medici ricevuti:
Quindi, le morti indotte dal Sistema Sanitario Americano sono la 3 causa principale di morte negli Stati Uniti, dopo le malattie di cuore ed il cancro.
Uno dei problemi chiave del sistema sanitario degli Stati Uniti consiste nel fatto che 40 milioni di persone non hanno diritto all’assistenza sanitaria. Le differenze sociali ed economiche, che sono una parte integrante della società americana, sono replicate nella ineguaglianza del diritto di accedere al sistema di assistenza sanitaria. Essenzialmente, le famiglie di condizione socio-economica bassa sono tagliate fuori dalle possibilità di poter ricevere un’assistenza sanitaria decente.
Citando queste statistiche, Starfield (2000) evidenzia la necessità di esaminare il tipo di assistenza sanitaria fornito alla popolazione degli Stati Uniti. Il paradigma della medicina tradizionale che enfatizza l’uso delle prescrizioni dei farmaci ed il trattamento medico non solo non è riuscito a migliorare la salute degli Americani, ma ha anche condotto verso il declino il benessere generale degli Americani. (2000)
Il confronto fatto da Starfield dei sistemi medici del Giappone e degli Stati Uniti evidenzia le differenze fondamentali nei diversi metodi di approccio al trattamento. Diversamente dagli Stati Uniti, il Giappone ha la popolazione più sana fra le nazioni industrializzate. Invece di contare su sofisticata tecnologia e personale specializzato per il trattamento medico come negli Stati Uniti, il Giappone usa solamente la relativa tecnologia per gli scopi diagnostici. Per di più, in Giappone, i membri della famiglia, piuttosto che il personale dell’ospedale, sono coinvolti nella cura dei pazienti.
Il successo del sistema sanitario giapponese testimonia la necessità urgente per gli Americani di cambiare il loro approccio filosofico alla salute e alle cure mediche.
Ricorrendo ciecamente ai farmaci, (NdR: ed ai vaccini), alla chirurgia, alla tecnologia ed all’establishment medico, il sistema sanitario americano ha fatto più danni che bene alla popolazione degli Stati Uniti.
L’articolo di Starfield (2000) è di inestimabile valore per la rivelazione degli effetti catastrofici dei trattamenti medici forniti al popolo americano. Per migliorare il sistema sanitario, i legislatori americani e le istituzioni sanitarie devono adottare un approccio completo ed esauriente ed esaminare criticamente il fallimento del paese più ricco nel mondo di fornire un’assistenza sanitaria decente per la sua gente.
Riferimenti:
– Starfield, B. (26 Luglio 2000). La salute degli Stati Uniti è realmente la migliore del mondo ?
– Journal of the American Medical Association, 284(4), 483-485.
– World Health Education Initiative
Tratto da medicinenon.it
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Il medico è presunto responsabile dei danni se la cartella clinica è lacunosa – 27-04-2010
SENTENZA: Cassazione civile, Sez. III, 27 aprile 2010, n. 10060
MASSIMA
In tema di responsabilità professionale del medico, la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa del sanitario e il danno, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocare il danno stesso. Anzi, la sussistenza del nesso eziologico tra la patologia accertata dal medico, verosimilmente idonea a cagionare un pregiudizio al paziente, e il pregiudizio stesso, si deve presumere allorché sia impossibile accertare e valutare altri ipotetici fattori causali proprio in conseguenza della lacunosa compilazione della cartella clinica.
(Cassazione civile, Sez. III, 27 aprile 2010, n. 10060)
COMMENTO
Con questa decisione la Suprema Corte conferma il proprio costante orientamento secondo cui la lacunosa compilazione della cartella clinica, costituendo condotta contraria alla legge, non può consentire al medico di impedire al paziente la prova dei fatti. Anzi, la responsabilità si presume in presenza di una mera idoneità della condotta colposa del medico a causare l’evento.
L’orientamento della sentenza prescinde ormai dalla valutazione ex art. 2236 cc. e si incentra sull’accertamento degli elementi tipici della colpa penale ex artt. 42, 43 cp.
Concordemente si ritiene che l’attività medica sia inquadrabile nell’ambito delle attività rischiose ma giuridicamente autorizzate perché socialmente utili. Normalmente si parla di “colpa professionale medica”, riconducibile nell’ampio genus della colpa.
Pertanto sarà configurabile un’imputazione per colpa solo se non si sono osservate le regole cautelari di condotta, cioè le cd legesartis. Deve, in sostanza, esserci inosservanza del dovere di diligenza.
Nell’ambito delle attività rischiose ma giuridicamente autorizzate le leges artis stabiliscono quale sia il cd “rischio consentito”. Soltanto se l’agente supera il “rischio consentito”, violando il dovere di diligenza, non osservando le regole cautelari di condotta, si avrà colpa speciale, professionale.
Avremo invece colpa generica del professionista tutte le volte in cui questi non rispetti i generali canoni comportamentali relativi alla prudenza, alla perizia, alla negligenza.
L’obbligo di informare il paziente
La terza sezione civile della Corte di Cassazione ha pronunciato una interessante sentenza (n. 2354 del 02/02/2010) in merito all’importanza delle informazioni da rendere al paziente per consentirgli di esprimere un consenso valido e informato alla terapia proposta. In particolare, afferma la Cassazione, l’obbligo di informare pienamente il paziente, prescritto dal codice di deontologia medica, pur con le dovute cautele, non è soggetto a nessuna valutazione discrezionale e perciò comprende tutti gli aspetti diagnostici e prognostici dello stato di salute del paziente e quindi anche i rischi meno probabili (purché non del tutto anomali) in modo da consentire al cittadino di capire non solo il suo attuale stato, ma anche le eventuali malattie che possono svilupparsi, le percentuali di esito fausto ed infausto delle stesse, nonché il programma diagnostico per seguire l’evoluzione delle sue condizioni di salute. L’obbligo ha rilevanza giuridica perché integra il contenuto del contratto e qualifica la diligenza del professionista nell’esecuzione della prestazione. La violazione di esso può determinare la violazione di diritti fondamentali ed inviolabili della persona, quali la libertà personale.
Tratto da: Toscana Medica News Anno X – n. 8 – 04/03/2010
Sei dei valori che comunemente si applicano per l’etica medica discussioni sono:
Autonomia – il paziente ha il diritto di rifiutare o di scegliere il loro trattamento. (Voluntas aegroti suprema lex).
Beneficenza – un medico dovrebbe agire nel miglior interesse del paziente. (Salus aegroti suprema lex).
Non malvagità – “primo, non nuocere» (primum non nocere).
Giustizia – riguarda la distribuzione delle risorse sanitarie scarse, e la decisione di chi riceve cosa trattamento (equità e uguaglianza).
Dignità – il paziente (e della persona in cura il paziente) hanno il diritto alla dignità.
La sincerità e onestà – il concetto di consenso informato è aumentato in importanza dopo gli eventi storici del ‘Processo Medici del processo di Norimberga e di studio Tuskegee sifilide .
Valori come questi non danno risposte su come gestire una situazione particolare, ma fornire un quadro utile per comprendere i conflitti.
I medici devono assicurare che tutti i comportamenti nella pratica della loro professione è irreprensibile. Lo sfruttamento di ogni paziente, sia esso fisico, sessuale, emotivo, o finanziario, è inaccettabile e la fiducia incorporata nel rapporto medico-paziente.
http://www.instablog.org/ultime/2264.html – Quanti saranno i casi di malasanità non denunciati ?
vedi: Errori dei Medici + Credibilita’ della medicina ufficiale
I numeri dell’Ania, l’associazione delle assicurazioni Risarcito un malato su tre – Dal ’96 in Italia le denunce dei cittadini sono aumentate del 66%: http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/cronaca/errori-medici/errori-medici/errori-medici.html
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“Per i loro imbrogli sono pieni di crudeltà e peggio di tutti gli altri; ingannando non solo con le truffe economiche ma anche con l’irreparabile frode della morte” – By Sir Thomas Browne, 1646, in “Saltimbanchi, truffatori e ciarlatani”
Commento NdR:….Questa sembra proprio la descrizione di molti degli attuali medici ufficiali allopati, incapaci a risanare i malati…, per cui essi sono venditori di fumo, se non addirittura pericolosi per la salute dei malati…. (specie quando propongono i vaccini), in quanto non sono stati volutamente – BIG PHARMA controlla le Universita‘, perche’ le sponsorizza con denaro od altro…- istruiti a dovere impedendo loro di conoscere le vere cause delle malattie e d anche tutte le naturali e semplici tecniche sanitarie possibili, che potrebbero risolvere i problemi di salute di TUTTI i malati !
Se la medicina ufficiale non avesse la chirurgia d’urgenza, la traumatologia e la rianimazione…..che la “salva dal disastro”, sarebbe alla canna del gas…. in quanto la “terapeutica” fa acqua da tutte le parti, perche’ i malati non guariscono mai, ma divengono, quando non muoiono, malati cronici e quindi sfruttabili per tutto il resto della loro esistenza come malati….con il grande piacere ed interesse di Big Pharma…
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ERRORI MEDICI = UNA STRAGE ANNUA
E’ stato presentato al CNR di Roma il volume curato dalla Fondazione Smith Kline “La dimensione cognitiva dell’errore in medicina” realizzato nel contesto di un più ampio progetto che la Fondazione Smith Kline dedica al tema delle decisioni in medicina e sanità e che comprenderà altre iniziative editoriali e programmi formativi universitari e di educazione.
Trentaduemila casi ogni anno: sono questi i numeri indicativi, messi in evidenza, delle morti in ospedale causate da errori medici: il 2,5% circa del totale dei decessi in Italia, secondo i dati Istat. Più dei morti per incidenti stradali.
Si tratta di una stima rozza, certo, ma comunque rivelatrice di una situazione cui è necessario far fronte. Soprattutto se si considera che a questa cifra vanno aggiunti 300mila casi di danni alla salute, più o meno gravi (circa il 4% del totale dei ricoveri); che il danno economico provocato dagli errori si aggira intorno ai 260 milioni di euro all’anno solo per il prolungamento dei tempi di degenza e che molti errori, non avendo conseguenze manifeste e riconoscibili, non vengono individuati.
Ma c’è di più: 1 su 6 di questi errori, circa 5.000, non è dovuto a negligenza, a incompetenza o a mancanza di conoscenze tecniche, bensì alla fallibilità del ragionamento umano: si chiamano errori cognitivi e le possibili soluzioni sono : formazione, lavoro in team e simulazione delle emergenze, come in aeronautica. “Gli errori cognitivi – ha spiegato il dr. Vincenzo Crupi, ricercatore al Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione dell’Università di Trento e al Laboratoire de Psychologie Cognitive dell’Università di Marsiglia – si verificano nel selezionare e nell’elaborare le informazioni rilevanti per prendere decisioni.
Non si tratta insomma di errori dovuti, per esempio, all’impiego inappropriato di uno strumento oppure a un disguido organizzativo. Per questo anche gli specialisti più competenti possono commetterli”. “Nonostante conoscano il calcolo della probabilità e la statistica – ha aggiunto il prof. Gian Franco Gensini, presidente della Fondazione Smith Kline e preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze – i medici, nell’affrontare problemi decisionali complessi con limitate disponibilità di tempo, si affidano a scorciatoie mentali che producono errori sistematici e prevedibili, con conseguenze rilevanti sulla pratica clinica”.
Decidere, infatti, non sempre è facile, soprattutto in condizioni di rischio e di incertezza. “I medici, come gli analisti finanziari – ha spiegato il prof. Matteo Motterlini, docente di Teoria delle decisioni all’Università San Raffaele di Milano nella prefazione del volume – hanno bisogno di raccogliere informazioni per ridurre l’incertezza, valutare ipotesi e considerare l’utilità degli interventi che ne conseguono.
Essi devono capire, insomma, quale importanza dare ai diversi possibili scenari e agli esiti della propria azione. Ma nell’integrare tutti gli elementi in vista di una decisione – ha proseguito Motterlini – non siamo ‘calcolatori’ rapidi ed efficienti. Per questo è importante imparare a riconoscere le condizioni in cui siamo più esposti al rischio di sbagliare. Gli errori cognitivi hanno quindi cause specifiche e possono essere prevenuti o corretti”. “Dal punto di vista della formazione, invece – ha concluso il dr. Crupi – è opportuno introdurre gli operatori, fin dagli studi universitari, agli aspetti cognitivi della decisione e dell’errore in ambito medico, come già accade negli Stati Uniti.
Inoltre è possibile mettere a punto procedure standardizzate che non risentano delle trappole cognitive e si rivelino efficienti se affiancate alle competenze degli esperti in specifici contesti applicativi. Vi sono ricerche che mostrano, per esempio, come procedure di questo tipo per la diagnosi di infarto cardiaco migliorino la qualità delle decisioni basate sul solo giudizio clinico individuale”.
“Non a caso – ha continuato il prof. Lorenzo Corbetta, Unità Funzionale di Medicina Respiratoria dell’Ospedale Careggi, Università di Firenze – il libro, che raccoglie alcuni dei più significativi contributi in questo settore di ricerca fortemente interdisciplinare, si inserisce in un contesto più ampio che la Fondazione Smith Kline dedica al tema delle decisioni in medicina e sanità. Un progetto che comprenderà altre iniziative editoriali e programmi formativi universitari e di educazione continua. Il primo tra questi sarà proprio un corso il cui obiettivo principale sarà introdurre i fondamenti della teoria normativa della decisione e gli esiti della ricerca cognitiva sulla decisione medica attraverso la lettura e la discussione di studi sperimentali e sul campo.
Il corso darà spazio a esempi ed esercitazioni che suggeriscono come gli errori cognitivi possano essere riconosciuti ed evitati nei diversi compiti clinici in cui essi si presentano”. Il volume, disponibile nelle principali librerie, si rivolge innanzitutto ai medici, a qualunque livello della loro formazione, e a tutti coloro che a vario titolo – psicologi, economisti, studiosi di informatica medica – sono interessati a una più profonda comprensione della natura e dei limiti del ragionamento clinico, nella convinzione che imparare a riconoscere gli errori e le loro cause sia il primo passo per commetterne meno.
Fonte originale: Salute Europa
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Crisi della medicina forense ? – Medicina legale compresa – sono in crisi, perché si basano convenzionalmente su tecniche sulle quali le evidenze scientifiche **sono carenti e che spesso conducono a conclusioni errate in giudizio**.
Lo sostiene un rapporto appena pubblicato della US National Academy of Sciences.
La National Academy of Sciences (NAS) chiama all’azione gli addetti ai lavori, i ricercatori e le istituzioni sanitarie e politiche nazionali e internazionali affinché si elevino gli standard delle scienze forensi applicate e si organizzino nuovi studi e revisioni sistematiche per confermare ed eventualmente quantificare l’efficacia delle metodologie utilizzate attualmente.
A causare questa levata di scudi una serie impressionante di errori giudiziari causati dalla scarsa affidabilità di molti strumenti d’indagine forense. Dito puntato soprattutto sull’analisi delle impronte digitali e sul confronto dei reperti biologici (ad esempio capelli o peli) rinvenuti sul luogo del delitto.
Con l’eccezione dell’analisi del DNA nucleare, infatti, nessun metodo forense è stato dimostrato rigoroso e sicuro abbastanza – si legge nel Rapporto NAS – nello stabilire una connessione con elevato grado di certezza tra le prove e un determinato individuo. “Era ora che qualcuno lo dicesse”, commenta Michael Baden, patologo di fama che lavora per la New York State Police.
“Il Rapporto accoglie finalmente le critiche sul fatto che tantissime persone innocenti sono state condannate basandosi su una “scienza-spazzatura”.
Bruce Goldberger, tossicologo forense all’University of Florida ed ex presidente dell’American Academy of Forensic Sciences, commenta: “La base della scienza forense è la validazione. Molte delle tecniche utilizzate oggi sono valide nell’ambito di determinati caveat, ma dobbiamo tornare alle basi e gettare le fondamenta della nostra disciplina”.
Fonte: Badly Fragmented’ Forensic Science System Needs Overhaul. The National Academies news release 18/02/2009.
Tratto da. pensieroscientifico.itda:
Commento NdR: cioe’ significa che fino ad ora, nella medicina ufficiale “si basano convenzionalmente su tecniche sulle quali le evidenze scientifiche sono carenti e che spesso conducono a conclusioni errate in giudizio” – ….Bei “fatti” nella medicina ufficiale……
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In aumento le denunce contro i medici per responsabilità professionali
Fioccano ormai le cause agli ospedali per la poca qualità offerta dalle strutture sanitarie sia pubbliche che private e per le terapie sbagliate. Non a caso queste situazioni, in particolar modo a livello delle strutture pubbliche ospedaliere e degli Ambulatorie delle ASL, vanno continuamente registrate in quanto ciò è il frutto di una cattiva gestione manageriale, tutta protesa alla salvaguardia del nepotismo e clientelismo politico e non alla salvaguardia della qualità dei medici, della loro preparazione e della loro attività fornita ai cittadini. Queste sono le conseguenze delle disposizioni di chi amministra la Sanità in Italia e nelle Regioni, che hanno consentito di mettere non il manager esperto al posto giusto ed il medico meritevole al posto giusto. Purtroppo chi ne paga le cosiddette spese è il cittadino inerme di fronte alle avversità degli eventi di malattie ed a quelle della cattiva assistenza sanitaria.
Tratto da: www.soserrorimedici.com
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Costituzione Articolo 32
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Mai articolo Costituzionale fu tanto trasgredito dallo Stato stesso….!
Sarebbe meglio per essere coerenti, cancellarlo dalla Costituzione visto i fatti quotidiani che avvengono sulla pelle dei sudditi….
Ci sarebbe anche il giuramento di Ippocrate che tutti i medici fanno e che essi tutti tradiscono nel corso della loro professione:
“ Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
a.. di esercitare la medicina “in libertà” e “indipendenza di giudizio” e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
b.. di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
c.. di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
d.. di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
e.. di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
f.. di promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l’arte medica;
g.. di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
h.. di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
i.. di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
j.. di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
k.. di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
l.. di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
m.. di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente;
n.. di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
o.. di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.
Mai giuramento fu tanto disatteso !
L’Albo dell’Ordine dei Medici, tutela gli iscritti ed i potenti, se esiste la liberta di cura, perche non esiste la libertà di curare ed essere curato ?
Chi preferisce strade alternative non trova nessun medico che può farlo senza rischiare di essere radiato dall’albo e di dover cambiare mestiere !
E l’albo edell’Ordine dei giornalisti ?, quelli scomodi vengono radiati, giusto ?
In genere chi usa il termine “Radiato dall’albo” è uno che appartiene al sistema corrotto della medicina e teme di perdere il suo stipendio, i benefits , le gite in barca magari con “donne”, i seminari all’estero e gadget vari.
http://roma.repubblica.it/dettaglio/la-mega-truffa-delle-false-ricette-prostitute-a-medici-e-farmacisti/1555550
La medicina ufficiale è l’attività più corrotta e più dannosa al mondo.
La MEDICINA Allopatica è la PRIMA CAUSA di MORTE in USA: http://www.aerrepici.org/deathbymedicine.htm
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COMUNICATO STAMPA del 3 gennaio 2009
ASSOCITTADINI: imputazione coatta di falsità per la cartella clinica del ricovero con asportazione di organi sani.
ROMA – Associttadini Associazione degli utenti e dei consumatori rende noti aggiornamenti sulla vicenda della Paziente sottoposta ad intervento chirurgico, in assenza di patologia con indicazione ad operare – a parere dei Consulenti Tecnici d’Ufficio – e mutilata di organi quali la cistifellea e la milza che erano sani.
Tutto ciò ha causato alla Paziente l’indebolimento permanente dell’apparato digestivo.
La Paziente aveva sporto querela ipotizzando il reato di falsità del pubblico ufficiale in atto pubblico poichè al ritiro della cartella clinica relativa al suo ricovero aveva scoperto che il Medico di Pronto Soccorso gli aveva diagnosticato, con una visita di appena 12 minuti, un carcinoma del cardias giustificando in tal modo il ricovero d’urgenza presso il Dipartimento Pietro Valdoni – Divisione Patologia Chirurgica 9 — del Policlinico Umberto I.
Il PM Attilio Pisani aveva però chiesto l’archiviazione e da tanto scaturiva l’atto di opposizione della Parte Offesa corroborata da nuovi elementi di prova.
Il GIP Adele Rando non ha accolto la richiesta del PM “..al contrario profilandosi elementi documentali..meritevoli del necessario approfondimento..” ed ha disposto che il PM “..proceda alla formulazione della relativa imputazione..”.
Il PM pertanto ha formulato l’imputazione nei confronti del Medico di Pronto Soccorso.
La vicenda è peraltro suscettibile di ulteriori sviluppi poiché nella cartella clinica ci sono varie anomalie quali, ad esempio, quella di una sorta di fotomontaggio – privo di timbro e firma del Dirigente – praticato nella cartella per indicare l’asportazione della milza quando invece questa nelle parti della cartella denominate Modello RAD Richiesta Accettazione Dimissioni – che viene mandato alla Regione Lazio per il rimborso delle prestazioni – e DIAGNOSI DI DISMISSIONE non è proprio indicata.
La falsità del pubblico ufficiale in atto pubblico è reato perseguibile d’ufficio e l’azione penale è obbligatoria.
Tratto da: http://www.associttadini.org/policlinico/coatta.html
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“La casta bianca”, (edito da Mondadori, dal 14 ottobre in libreria)
L’autore di “Camici e pigiami” pubblica un nuovo libro in cui denuncia, ancora una volta, il malcostume medico Ricoveri, affari e farmaci i segreti della “casta bianca”
By Maria Novella De Luca
UN SISTEMA malato, che peggiora di anno in anno.
Corrotto in ogni piega, inquinato in ogni angolo. Assediato da truffe, ruberie, scandali e malversazioni. Dove ogni azione, dalla prescrizione di un farmaco alla richiesta di un ricovero, dalla scelta di un’analisi clinica all’assegnazione di un posto all’ospedale, risponde alla pura e semplice logica del business, piuttosto che alla cura e alla tutela del paziente.
Viaggio tra i dissesti del Sistema sanitario nazionale, un bene prezioso, un tempo tra i migliori d’Europa, oggi ammalato di una “lottizzazione politica che ha le caratteristiche di un cancro”, che si diffonde e avanza con la complicità di una “casta bianca”, fatta di medici, amministratori, case farmaceutiche, partiti e Regioni.
Dieci anni dopo “Camici e pigiami”, Paolo Cornaglia Ferraris, pediatra genovese che con quel libro-scandalo mise a nudo il “sistema” che stava corrompendo (con la complicità dei medici) la sanità italiana, torna a denunciare quanto accade tra le corsie degli ospedali e negli ambulatori delle Asl, ma anche nelle segreterie dei partiti e nelle anticamere dei ministeri.
Qui regna appunto “La casta bianca”, (edito da Mondadori, dal 14 ottobre in libreria), e l’inchiesta parte dalle truffe sui ricoveri (la cui durata non sarebbe decisa in base alle esigenze del malato, ma sulla base dei rimborsi delle Regioni), svela i meccanismi di corruzione dell’industria del farmaco, per arrivare all’inestricabile parentopoli che governa le facoltà di Medicina e i Policlinici universitari.
Un vero attacco a quel sistema Sistema Sanitario Nazionale che sarebbe ancora “una grande risorsa per l’Italia – dice Cornaglia Ferraris – con 13mila ricoveri in ospedale ogni anno, oltre 79 milioni di giornate di degenza, 4 milioni e 700mila interventi chirurgici, 1337 strutture ospedaliere pubbliche e private”. “Ma questa straordinaria rete, che dal dopoguerra ad oggi ha portato la salute a milioni di persone, ha ridotto ai minimi storici la mortalità infantile, ha conquistato impensabili vittorie contro il cancro, è ormai divorata da un gruppo di potere – aggiunge Cornaglia Ferraris, oggi medico dei bimbi figli degli immigrati clandestini – che in nome di due “principi”, denaro e carriera, sta sfasciando tutto”.
Ed è al sofisticato meccanismo del fare denaro rubando soldi pubblici che Cornaglia Ferraris dedica uno dei capitoli più interessanti di questo viaggio (allucinante) nei mali della Sanità italiana.
Tutto ruota attorno ai rimborsi dei ricoveri e delle prestazioni che gli ospedali o le strutture convenzionate ottengono dalle Asl. Basta falsificarne il numero o moltiplicarne la quantità, al di là delle reali esigenze del paziente, per ottenere flussi di denaro a volte incredibili, come nel recente scandalo della clinica “Villa Pini” di Chieti. Le truffe sono note, eppure reiterate. Spiega Cornaglia Ferraris: “Le tariffe sono diverse a seconda del tipo di ricovero. Quelli con dimissione in giornata o con una sola notte valgono poco. Quelli con due o più notti valgono di più. Dopo un certo numero di giorni, che si chiama valore soglia, scatta un aumento giornaliero che non conviene quasi mai. Ecco svelate le ragioni per cui spesso, dopo dieci giorni, vi buttano fuori, oppure vi dimettono, e vi ricoverano il giorno dopo, un’altra volta”.
Il tutto navigando in quella zona grigia di leggi e norme dove l’abuso può essere mascherato da prestazione regolare.
Cornaglia passa poi ad analizzare un altro grande “malaffare” consumato sulla pelle dei pazienti: le prescrizioni (drogate) di farmaci, che il medico somministra seguendo proprie logiche di mercato (regali, premi, tangenti) piuttosto che il reale bisogno dei malati.
“Il 60% degli antibiotici viene assunto senza che ce ne sia reale bisogno”. Sistema diffuso e corrotto, di cui Big Pharma (il cartello delle multinazionali della farmaceutica) è l’esempio eclatante.
“L’investimento maggiore di Big Pharma – scrive Cornaglia – non va in ricerca e sviluppo, bensì in marketing e amministrazione”.
E citando uno studio americano che mette in luce i rapporti con l’industria aggiunge: “L’83% dei medici riceve pasti gratuiti, il 78% campioni di farmaci, il 35% riceve rimborsi per le spese di partecipazioni a convegni, il 28% percepisce onorari per conferenze o per l’arruolamento dei pazienti nei trial”, ossia nei gruppi di sperimentazione dei farmaci.
La situazione italiana sarebbe di poco dissimile, e Cornaglia cita una seconda ricerca (made in Italy) in cui “sono state valutate le prescrizioni di alcuni farmaci prima e dopo che un certo numero di medici era stato invitato a convegni in lussuosi alberghi”. Senza parlare della pubblicità che porta all’assunzione di farmaci inutili, la ricerca sponsorizzata, e il lucrosissimo mercato dei brevetti.
Un business enorme, una piaga che si allarga. Perché a tutto questo, presente anche in altri paesi, in Italia si aggiunge la lottizzazione dei partiti, della Chiesa e, addirittura, della Massoneria. I soldi della Sanità vogliono dire infatti appalti, posti di lavoro, carriere nelle aziende ospedaliere, cattedre all’università. E dall’analisi dei “poteri in campo”, agli alberi genealogici delle famiglie che di padre in figlio, di parente in parente si tramandano i posti nei policlinici e nelle facoltà di Medicina, attraverso concorsi truccati e dottorati ad personam, ci si sente alla fine di questo viaggio intrappolati in una ragnatela in cui il paziente conta poco o niente.
“Questo non vuol dire che in Italia non ci siano aree sane, professionisti eccellenti – conclude Cornaglia Ferraris, che dopo l’uscita del libro ‘Camici e pigiami’ venne licenziato dall’ospedale Gaslini di Genova – eppure noi oggi rischiamo di perdere un sistema sanitario pubblico buono come quello che ci siamo conquistati negli ultimi 40 anni. L’allarme è forte, bisogna che la gente se ne renda conto. Per questo ho creduto fosse giusto raccontare la parte malata del sistema e non quella sana”.
Tratto da: laRepubblica, 13 ottobre 2008
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Morire di una malattia curabile: Accade, purtroppo non raramente, di morire per un errore medico (secondo le statistiche il 5%) la chiamano morte iatrogena. Ogni mese vi sono morti di questo genere, ma le si “archiviano” subito…
E’ di questi giorni Giu. 2008 – http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19630
La malattia è denaro. Lo scrive il giudice di Milano. «La sofferenza cagionata da inutili se non dannosi interventi chirurgici – sottolinea il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – diventa il mezzo per procurarsi i guadagni». Quanto, con quali mezzi e con che indifferenza alle vicende umane, lo raccontano le intercettazioni telefoniche.
Se penso che c’è gente con la laurea che spesso demonizza i metodi alternativi quando invece il marciume è sotto i loro occhiovvero dove dovrebbe regnare la legalità, regnare=imperare.
Detto questo non è strano demonizzare un metodo alternativo ma demonizzarlo solo perché il paziente in seguito muore anche se lo ha sperimentato di sua spontanea volontà è evidente che i pregiudizi regnano sovrani.
E’ evidente che la volontà del paziente non conta, conta solo la volontà del medico.
Ma perché mai un paziente deve seguire sempre e comunque il medico visti gli attuali e presenti gravi limiti, delle cure ufficiali ?
Se un paziente muore perché ha sperimentato un metodo alternativo (di sua spontanea volonta’) il paziente e quel metodo vengono demonizzati, mentre se il paziente muore dopo che ha seguito il consiglio del medico di stato, la colpa non è né del medico né del metodo e neppure dello stato……..ma sicuramente la colpa sarà della malattia e della sfortuna.
Questi fatti, se saranno confermati, dimostrano quanto la nostra società sia piena di farabutti ed ipocriti ma soprattutto di lupi da una parte e di pecore dall’altra indipendentemente dal fatto che si tratti si persone appartenenti a settori ufficiali o alternativi.
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Nella pratica clinica una grande quantità di indagini, ricoveri e interventi sono inutili, dispendiosi o dannosi. Ciò si deve a scelte degli operatori sanitari: ogni anno migliaia di bambini sono sottoposti ad un gran numero di test consolidati dalla routine,scientificamente infondati ma largamente praticati. Alla base del fenomeno il consumismo sanitario, un senso di onnipotenza della medicina, la paura e l’insicurezza degli “utenti”, la moltiplicazione dell’offerta sanitaria, la carenza di Health Literacy.
Morire di una malattia curabile: Accade, purtroppo non raramente, di morire per un errore medico (secondo le statistiche il 5%) la chiamano morte iatrogena. Ogni mese vi sono morti di questo genere, ma le si “archiviano” subito…
A Firenze, per esempio, è morta da poco una bambina di 11 anni per appendicite non diagnosticata. La notizia ha meritato solo un piccolo spazio nella cronica locale.
In questo caso, come negli altri casi di lutto per errore del medico che non si macchia della “colpa” di essere esperto in medicine complementari, la colpa non è della medicina o della chirurgia, è del medico. Ma quando capita di morire per colpa di un medicoomeopata o che consiglia le medicine naturali e/o di guaritore, di un ciarlatano, ecco che le vitamine, ed i rimedi naturali divengono i colpevoli ed il colpevole accusato di “abusivismo dell’arte della medicina” e tutto viene anche facilmente legato sui mass media all’ “omeopatia”……Mag. 2008
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Gli errori in medicina causano più vittime degli incidenti stradali, dell’infarto e di molti tumori.
Degli 8 milioni d’italiani che ogni anno vengono ricoverati in ospedale, il 4% (320.000) invece di venire curato subisce danni più o meno permanenti alla salute (Metro, 12 giugno 2002).
Si stima che almeno 90-100 persone ogni giorno (tra 14 mila e 50 mila all’anno) muoiono in Italia per gli errori dei medici: scambi di farmaci, dosaggi errati, sviste in sala operatoria (Il Corriere della Sera, 17 settembre 2004).
Gli errori in corsia uccidono piu’ degli incidenti stradali, del cancro al seno e dell’Aids. Almeno negli Stati Uniti, dove “nel 2005 le persone morte per errore medico sono state 90mila, contro le 43mila vittime dell’asfalto, le 42mila del tumore alla mammella e le 16mila dell’Aids”. E “non c’e’ ragione di pensare che la situazione non sia la stessa anche in Italia”. Lo ha affermato Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri di Bergamo, intervenuto oggi a Milano al convegno (2008) ‘Il contenzioso medico-paziente, un crescente problema culturale, etico ed economico”.
Italy – Il 6% dei pazienti muore per errore medico
Il dato, impressionante, emerge da un simposio internazionale di sanità in corso vicino a Varese (Gen. 2008).
Presenti anche magistrati
In Italia ogni anno muore in media oltre il 6% dei ricoverati in ospedale per errori medici. Una cifra impressionante, ma che non stupisce, per la quantità di casi di malasanità di cui si viene conoscenza. Il dato è stato diffuso in apertura del Sesto simposio internazionale di salute pubblica, in corso a Villa Porro Pirelli di Induno Olona (Varese). Organizzato dall’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Varese in collaborazione con altri Ordini dell’insubria è una riflessione sul tema:
«La medicina centrata sulla sicurezza del paziente» e vede la partecipazione non solo di medici, ma anche di magistrati.
RILEVAZIONE
Il rischio di errore medico rappresenta oggi un «buco nero» dei sistemi sanitari, pur avanzati.
Il simposio vuole lanciare proposte affinché il medico che sbaglia non si nasconda ma evidenzi lo sbaglio per poterlo studiare. In Italia, come nella maggior parte dei paesi europei, non esiste una rilevazione a livello nazionale sugli errori medici
700.000 infezioni negli ospedali
Questi errori costano alla comunità ben 10 miliardi di euro all’anno. Si calcola che circa 700.000 infezioni vengono contratte ogni anno negli ospedali, una percentuale che corrisponde quasi al 15% dei ricoverati.
Il maggior numero di errori si commette in sala operatoria, nei reparti di degenza, nel dipartimento di urgenza e in ambulatorio.
Le 4 specializzazione incriminate risultano essere: ortopedia e traumatologia, oncologia, ostetricia e ginecologia, chirurgia generale. A conseguenza dei danni procurati circa 50.000 denunce sono state depositate presso il Tribunale dei Diritti dell’Ammalato. Quello che sorprende è la ripetitività degli stessi errori negli stessi posti.
Ospedali pericolosi quanto le strade
Dal Corriere della Sera del primo febbraio 2004 leggiamo che in Italia l’80% dei dottori, nell’arco di 20 anni di attività, è indagato almeno una volta. Mentre su Leggo del 25 maggio 2005 troviamo: “La guerra contro l’Iraq? Una passeggiata” in confronto ai danni causati dall’apparato medico-ospedaliero. Gli ospedali sono pericolosi almeno quanto le strade, e costano alla comunità più o meno quanto una mini legge finanziaria. Recentemente il 26 gennaio 2005 Metro così titolava la prima pagina: “Uno su tre intossicato da farmaci usati male”.
Quando i medici scioperano i morti diminuiscono
Da notare che i dati sopra si riferiscono solo alle degenze ospedaliere. Mancano dati volti ad appurare gli effetti dei farmaci su scala sociale, visto che la morte è solo la punta dell’iceberg dello stato terminale di una patologia.
Tra le mie carte ho sempre tenuto da parte un articolo ritagliato da un giornale di qualche anno fa, dal titolo “Quando i medici scioperano i morti diminuiscono”. L’articolo, a firma di Robert Mendelson dice: “Quando i dottori scioperano, in tutto il mondo, si ottiene lo stesso risultato: diminuisce il tasso di mortalità”.
Tra i vari scioperi che elenca l’articolista è interessante quello avvenuto in Israele, in cui negli 85 giorni di durata il tasso di mortalità si è abbassato del 50%. Ciò ha provocato una grave preoccupazione tra gli impresari di pompe funebri che hanno intrapreso uno studio di propria iniziativa ed hanno scoperto che il periodo precedente in cui il tasso di mortalità si era ridotto a tal punto era stato vent’anni prima, durante l’ultimo sciopero dei medici.
L’articolista termina con la domanda (che condivido e auspico): Non sarebbe una buona ragione istituire uno sciopero permanente dei medici ?
By Franco Libero Manco
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IMPREPARAZIONE dei Medici in genere ma e sopra tutto dei medici vaccinatori
Ci dispiace vedere i “medici”, fare certe affermazioni contro le Medicine Naturali, cio’ non ci meraviglia molto, visto il livello medio di preparazione degli attuali medici del sistema sanitario …
Vi segnaliamo, come esempio, un medico che al contrario e’ ben preparato, (medico in pensione che non ha paura di dire la Verita’ sulla preparazione dei suoi “colleghi” e sullo stato di ignoranza della sanita’ mondiale….)
vedi: ../curriculum_stagnaro.htm
Riflessioni sui Danni dei Vaccini:
1 – Forse questi medici vaccinatori non sanno, che iniettando una soluzione tossica come i vaccini.
vedi ../vaccini/contenuto_vaccini.htm – direttamente nel sangue, su SALTANO TUTTE le difese immunitarie che la Natura ha inventato da milioni di anni, per preservare e mantenere SANA la specie umana.
2 – I Vaccini saltano TUTTE le normali difese immunitarie, intossicando, generando infiammazioni, Malfunzioni e Mutazioni genetiche occulte, in ogni soggetto vaccinato, le reazioni infiammatorie anomale (piu’ o meno gravi) create, e quindi anche reazioni anomale del Sistema Immunitario, questo perche’ il S.I. viene anomalmente stimolato, es.: e’ come inserire un virus in un sistema informatico – software di un PC – il software va in confusione e non funziona mai PIU’ bene per tutta la vita del PC…(il sistema immunitario si comporta proprio con un software in un PC) facendo pero’ felici le case farmaceutiche, le strutture ed i medici che vedranno in continuazione il malato….per l’aumento del mercato dei malati per la quantita’ e la qualita’ delle malattie)
vedi: ..g/vaccini/immunodepressione_vaccino.htm
../business_farm.htm
3 – Evidentemente questi medici non conoscono, purtroppo anche questo: la differenza fra una soluzione fisiologica ed il minestrone (vaccino) che essi propongono e che sicuramente contenente “proteine tossiche“… provenienti per esempio, per il vaccino per la Poliomielite, dai rene delle scimmie verdi africane portatrici sane del virus dell’Aids….
4 – Quindi non si puo’ sapere cosa puo’ succedere al soggetto “iniettato” da quelle porcherie vaccinali…senza contare i contaminanti, per esempio contaminazione da SV40 = altissima probabilita’ di contrarre il tumore della pleura…
vedi ../vaccini/SV40_neivaccini.htm
5 – Questi virus o batteri nocivi dei vaccini, anche se attenuati in formaldeide (prodotto Canceroso), che generano SEMPREMalfunzioni, possono rimanere “latenti” per tutta la vita per poi ri-esplodere con tutta la loro virulenza, in uno stato febbrile…. e cio’ avviene anche per le mutate condizioni del Terreno–Matrice fisiologico del vaccinato:
6 – Oppure generare Mutazioni Genetiche occulte – vedi portatori sani – mutazioni anche trasmissibili alla prole. Le mutazioni avvengono in genere negli alleli siti nei mitocondri…. ecc.ecc.
vedi DANNI dei VACCINI:
vedi: ../vaccini/immunogenetica.htm
../vaccini/mutazioni_genetiche.htm
7 – Se questi medici si informassero, solo un poco e meglio, cosa che per ora NON hanno ancora fatto, ma hanno stupidamente “creduto per fede” ai “religiosi” che li hanno indottrinata (i loro professori all’Universita’) sulle statistiche VERE, (in Italia quelle ISTAT) che pero’ sono state cancellate dai files del sito dell’ISTAT (chissa perche’ ?…), statistiche che avevamo personalmente (negli anni 80-90) copiato dall’Annuario Statistiche Italiane, edito dall’ISTAT stesso, dati che abbiamo pubblicato nel ns Portale da anni, nella pagina: ../vaccini/Istatvaccino.htm – vedrebbero cosa e’ veramente successo nella popolazione, con i vaccini….
Dovrebbero anche leggersi l’elenco degli oltre 1.000 STUDI scientifici dimostrativi dei VERI danni dei Vaccini ! vedi:../vaccini/1000_studi.htm ….e potremmo continuare a trovare Loro carenze di formazione….
../vaccini/vaccini_base.htm
../vaccini/vaccini_base2.htm
../vaccini/vaccini_base3.htm
../vaccini/uranio_passaniti.htm
../uccisi_daifarmaci.htm
Cari medici vaccinatori, Vi invitiamo a RIFLETTERE ed a STUDIARE su questo grave ed importante tema:
Danni dei VACCINI.
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Continuano purtroppo in Italia gli attacchi mediatici vergognosi ai Medici che non seguono in Scienza e Coscienza (e per il Bene delle persone sofferenti) i dogmi della medicina ufficiale.
Dogmi imposti dall’establishment corporativo delle multinazionali del farmaco che controllano le istituzioni e le baronie universitarie.
Oggi per Decreto legislativo un medico non può “curare”, pena sanzioni, il cancro con metodi diversi da quelli ufficiali: chemioterapia, radioterapia e chirurgia !
E questo nonostante i dati epidemiologici delle cure ufficiali dicano che a 5 anni dal trattamento la sopravvivenza è del 2,3% – 2,5%:
Vedere us: PubliMed – By Morgan, “A Clinical Oncology” – studio su 225.000 persone seguite per 14 anni e nei 22 casi di tumore piu’ frequenti.
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SANITA’ – Ministro TURCO: REMUNERARE MEDICI in BASE a QUALITA’ CLINICA
AGI – Cernobbio (Como), 10 Nov. 2007
Legare la remunerazione dei medici alla valutazione della loro qualita’ clinica: lo ha proposto il ministro della Salute, Livia Turco, nel corso del suo intervento al secondo Forum ‘Meridiano sanita’ sulla medicina primaria in svolgimento a Cernobbio. Mi sembra – ha detto il ministro – di particolare interesse la sperimentazione di forme di ancoraggio della remunerazione degli operatori sanitari, primi tra tutti i medici di famiglia, alla qualita’ clinica; penso che sarebbe interessante mettere in cantiere anche nel nostro Paese qualcosa di analogo. E penso – ha aggiunto – che quel sistema di valutazione, per quanto riguarda la medicina generale e, piu’ in generale, la medicina del territorio, potrebbe essere basato sulla capacita’ di valutare la efficacia della resa in carico delle cronicita’, per esempio attraverso l’attenzione alla capacita’ di prevenire, per quanto possibile, le complicanze”. ma non solo: “accanto a questi elementi, strettamente collegati alle cronicita’, se ne potrebbero collocare altri, a sostegno di un rinnovata attenzione in favore della prevenzione, tanto per quanto riguarda gli screening che per quanto attiene alla informazione sugli stili di vita”.
Per il ministro “se, come professionista, sono valutato per la mia capacita’ di raggiungere prioritariamente una serie di obiettivi, cio’ significa che quelli stessi obiettivi e le politiche che ad essi sottendono sono stati concordati con i diversi livelli di governo e rappresentano le priorita’ vere del sistema. E’ evidente – ha proseguito il ministro della Salute – che decisioni di questo genere devono essere accompagnate dalla capacita’ del sistema di mettere la medicina generale, e il sistema delle cure primarie nel suo complesso, nelle migliori condizioni per raggiungere quegli stessi risultati; ma sono convinta che sia giunto il momento per mettersi su questa strada e spero, a questo scopo, in una disponibilita’ diffusa”.
Infine, un accenno anche per quanto riguarda la riforma del Piano sanitario: “Se avremo l’opportunita’ di farlo, innoveremo il modo di fare il Piano nazionale puntando sui determinanti della salute, sulla intersettorialita’ e sull’integrazione professionale”.
(AGI)- Dan/Aug – Tratto da: http://www.stato-oggi.it/archives/00072937.html
Commento NdR: Molto meglio sarebbe obbligare i medici alla Certificazione di Qualita’ per ogni loro intervento, cosi’ se risultano incapaci a sanare i loro pazienti, li si obblighi a cambiare mestiere…ne va della saluti di tutti noi…e della salute finanziaria delle casse dello stato…..
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Le nozioni appesantiscono il pensiero…
[da: Satanarium, Baden-Baden, 1918, ora Ed. Il Saggiatore]
Preferisco diventare spaccapietre o girare il mondo da vagabondo piuttosto che diventare funzionario statale. E ora addirittura funzionario medico.
17 aprile…
Le nozioni appesantiscono il pensiero. Si passa davanti a un albero da frutto, si vede del vischio tra le fronde e subito si sentenzia che la forza dell’albero è stata succhiata dai parassiti. Solo più tardi viene in mente che l’albero è coperto di una fioritura bianca dall’alto in basso: prova inequivocabile che il nostro giudizio era errato. L’evidente malattia dell’albero non ne ha danneggiato la vitalità; questo lo vediamo e per quanto normalmente si consigli di eliminare il vischio, non mi risolverei a farlo. Questo non migliorerà in un futuro prossimo la resistenza dell’albero, al massimo si potrebbe sperare di mantenerne più a lungo la fertilità attraverso l’eliminazione dei parassiti. Il mio pensiero mi porta però a supporre che questo albero abbia bisogno dei parassiti per sopportare la vita; che attraverso le operazioni che dovrebbero guarirlo si ammali veramente.
Cose analoghe penso riguardo agli uomini. Non è bene estirpare radicalmente e subito ogni sintomo, ogni nuova formazione, ogni gonfiore, anche se passa per pericoloso. “Fretta con indugio” è una frase che non si dovrebbe dimenticare e il troppo-tardi, di cui i medici parlano così tanto, in verità non si verifica quasi mai. “Troppo tardi” è l’espressione di cui si servono la paura dell’impotenza e il delirio di onnipotenza. In altri uomini è perdonabile, nei medici solo comprensibile; in questo modo essi si tutelano nei confronti di ritorsioni per eventuali fallimenti, e credono di accrescere la propria reputazione con un fortuito caso di guarigione.
La malattia contiene in sé il tentativo dell’organismo di guarire; in un certo senso si può dire che talvolta la malattia è salute. Le vie della natura divina sono misteriose, indomabili e imperscrutabili. Più invecchio, più evito l’intervento rapido e maggiormente divento diffidente nei confronti di tutto ciò che ho imparato, e ciò che ritengo vero, proprio perché lo ritengo tale, lo considero un dubbioso problema.
Mi è stato detto che l’edera, quando si avvinghia serratamente all’albero da ogni parte, lo uccide a poco a poco, e lo stesso si dice della vite canadese. Ma ogni volta che cammino per strada imparo una cosa nuova, e vedo veramente di quando in quando alberi coperti di viticci e intristiti, ma ne vedo altrettanti, e forse più, che esulano da questo caso. Soprattutto, però, vedo come diventa bello l’albero quando è avvolto nel rosso ardore del pampino avvizzito, o quando i grappoli blu dei glicini pendono dai rami, quando rose bianche si innalzano, arrampicandosi, sulla sua chioma, o quando, d’inverno, il verde dei rami di vischio si staglia dalle sagome sfrondate. Per queste bellezze si sacrifica un po’ di legname da costruzione.
Pericoloso per gli alberi è propriamente solo l’uomo. Fa male, adesso, andare per boschi; gli uomini hanno ucciso talmente tanti alberi, e passa molto tempo prima che un albero ricresca. Molto più di quanto occorra agli uomini.
1 maggio…
A Berlino, nel 1895, su un milione di persone, 595 sono morte di difterite, nel 1905 solo 154.
Nel 1895 è stata introdotta la sieroterapia (NdR: Somministrazione ad un individuo affetto da una certa malattia, di siero (simile ai vaccini) di un altro individuo, o di un animale, contenente elementi contro l’agente che ha causato la malattia); dunque la diminuzione è da attribuire alla sieroterapia. Invece no.
Perché dal 1885 al 1895 lo stesso numero è diminuito da 1514 a 595, senza sieroterapia.
E a darne prova è il fatto che il numero dei casi di difterite si è ridotto da 4100 a 1157 nel 1895-1905 (calcolato su un milione di persone). Conseguentemente, la percentuale dei decessi, rispetto a quelle delle malattie, si è ridotta della metà.
Nel 1905, però, era quasi come nel 1895. In altre parole, la statistica ha dimostrato a coloro che credono nell’efficacia del siero che questo non serve a niente. Questa impressione viene rafforzata dal fatto che in Inghilterra, dopo l’introduzione del siero, la percentuale dei decessi è aumentata. I contagi, a seconda del loro pericolo, si muovono seguendo delle curve. In Germania l’introduzione del siero ha seguito il ramo discendente della curva di pericolosità della difterite, in Inghilterra quello ascendente.
Tratto da: http://www.traccefresche.info/monografie/nasamecu.html
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“Nemesi medica” il libro di Ivan Illich e’ un vero e proprio incitamento a ribellarsi contro la dittatura della medicina allopatica – Il Diritto al Benessere !
Ivan Illich fu un critico acuto e radicale delle istituzioni moderne.
Anticipò i no global e scrisse vari libri nei quali attaccò molti presupposti, dati allora per scontati, nel campo della medicina, dell’istruzione e della religione.
Nel 1976 scrisse “Nemesi medica”, in cui contestava la medicina ufficiale e l’estensione del suo potere sulla società. Il saggio si apre con un’affermazione forte e provocatoria: “La corporazione medica è diventata una grande minaccia per la salute”.
Per Illich la medicina provoca non solo essa stessa la malattia (iatrogenesi) ma diventa una macchina per creare consumatori incapaci di avere consapevolezza e saper autogestire la propria salute.
Essa infatti produce di continuo nuovi bisogni terapeutici e, via via che l’offerta di sanità aumenta, si generano nuovi problemi e malattie.
Illich si batté contro il sistema ospedaliero e l’ossessione della salute perfetta.
Famosa la statistica con cui mostrò che, in seguito a uno sciopero ospedaliero in Francia, senza medici c’era stata una sensibile diminuzione di decessi.
Per Illich ci sono tre tipi di iatrogenesi: quella clinica, quella sociale e quella culturale.
Nella prima egli sottolinea come le presenti cure mediche, lungi dal guarire l’individuo dalla malattia, funzionano a loro volta da agenti patogeni. Spesso, infatti, sono i farmaci (ed i vaccini), i medici e gli ospedali a causare malattie di vario tipo, ancora più di batteri, virus o altre cause note.
La seconda si manifesta attraverso i sintomi di supermedicalizzazione sociale, quando la cura della salute si tramuta in un prodotto industriale, stabilendo inoltre che cosa è “deviante” rispetto al concetto di salute.
A questo proposito Illich afferma che le cure mediche essenziali possono essere prestate anche da persone non specializzate, sono facili da apprendere e costano poco, mentre l’iperspecializzazione ha un costo altissimo e, inizialmente destinata a pochi, si pretende che venga estesa a sempre più gente, senza che ve ne sia reale necessità provocando, appunto, una progressiva medicalizzazione dei bilanci statali.
La iatrogenesi culturale infine “distrugge nella gente la volontà di soffrire la propria condizione reale”. La civiltà medica ha ridotto il dolore a problema tecnico e lo ha privato del significato personale, trattandolo allo stesso modo per tutti.
Invece il dolore è il sintomo di un confronto con la realtà e non può essere “oggettivamente misurabile”. L’uomo occidentale, secondo Illich, ha perso anche il diritto di presiedere all’atto di morire e viene espropriato della libertà di scelta su di sé e sulla propria salute.
Illich auspica invece che “nessuna assistenza dovrà essere imposta a un individuo contro la sua volontà. Nessuna persona, senza il suo consenso, potrà essere presa, rinchiusa, ricoverata, curata o comunque molestata in nome della salute”.
I problemi e i limiti della medicina occidentale che egli aveva individuato si esplicano oggi nella grande manipolazione operata dalle multinazionali farmaceutiche, che crea non solo nuovi ammalati ma, con la complicità del potere politico, mira ad escludere del tutto la possibilità di una reale prevenzione e la libertà di scelta terapeutica.
Senza una presa di coscienza profonda e un rifiuto che parta da noi stessi, l’oggetto di questa manipolazione, la realtà oggi rischia di essere ancora peggiore di quanto Illich avesse potuto prevedere.
By Luigi Gallo
Sito italiano che parla di Ivan Illich: altraofficina.it
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Il Medico e’ ritenuto colpevole se nello svolgimento della professione medica,
ma anche nelle altre attività professionali, si comporta con imperizia, imprudenza o negligenza. In tal caso se causa ai pazienti lesioni o la morte, è responsabile sia in sede civile, quindi ne consegue un risarcimento economico, sia in sede penale con eventuale condanna per aver commesso un reato.
Si parla di imperizia quando la condotta del medico o specialista è incompatibile con il livello minimo di cognizione tecnica , di preparazione, di cultura, di esperienza e di capacità professionale, presupposti necessari per l’esercizio della professione medica. La mancanza di questi requisiti porta inevitabilmente a una forma di responsabilità e quindi alla colpa medica.
Si parla di Imprudenza quando il medico agisce con avventatezza, con ingiustificata fretta, senza adottare le cautele indicate dalla comune esperienza o da precise regole dettate dalla scienza medica.
Negligenza è quella condizione che si ravvisa nel medico che, per trascuratezza, per svogliatezza , per leggerezza o superficialità, non rispetti quelle norme comuni di diligenza che normalmente nella maggioranza dei medici sono presenti.
Si tratterebbe di una condotta omissiva, nel senso che non viene fatto ciò che la scienza medica consiglia di fare.
Tratto da: www.soserrorimedici.com
Commento NdR: in tutti i casi i medici allopati che NON conoscono tutte le tecniche sanitarie possibili, quindi anche quelle della Medicina Naturale, sono da considerarsi impreparati e di conseguenza incapaci a sanare e quindi questi medici agiscono, in campo sanitario, con evidente imperizia…. eppure sono istruiti da Big Pharma….
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Le RESPONSABILITA’ del MEDICO
Si sente parlare spesso di responsabilità del medico anche se sarebbe più corretto discutere di responsabilità medica o sanitaria poiché oggi i casi di c.d. malasanità sono certamente più complessi ed investono sempre più spesso la struttura sanitaria nella quale operano i singoli medici e paiono connotati anche da difetti d’organizzazione significativi.
Sempre più spesso l’imprudenza è alla base della responsabilità e la colpa medica, terminato il percorso che ha condotto alla contrattualizzazione del settore, è connotata da profili più lineari e il percorso verso la sua affermazione, anche sotto il profilo risarcitorio, risulta oggi meno complesso per il malato che ritenga di aver subito un danno.
Basti riflettere sull’onere della prova che, nella responsabilità contrattuale, insiste di fatto sul medico e/o sulla struttura, poiché al malato è sufficiente allegare la responsabilità e dimostrare il danno per far ricadere sul medico l’onere di dimostrare di aver ben adempiuto al contratto di cura; se tale prova contraria non è raggiunta, la domanda del paziente viene accolta.
Anche l’interpretazione dell’art. 2236 cod. civ., un tempo baluardo della difesa dei medici, oggi svuota di significato la c.d. limitazione di responsabilità ivi prevista poiché è ormai pacifico che la norma non sia altro che una specificazione del concetto di diligenza speciale, stabilito dall’art. 1176 cod. civ., laddove il criterio di responsabilità, come è noto, impone che il giudizio sia condotto tenendo conto della natura del caso: va da sé quindi che, qualora il caso sia di particolare difficoltà, perché per esempio non studiato a sufficienza, anche la pretesa di perizia, e quindi di capacità tecnica, sia commisurata alla difficoltà della prestazione; nulla di più, a ben vedere, di quanto previsto già dall’art. 1176, II comma, cod. civ, italiano.
Più semplicemente: lo spauracchio, per il paziente, di una limitazione secca di responsabilità solo per colpa grave o dolo del medico è stato pressoché demolito dalla Corte di Cassazione.
Altra frontiera della responsabilità consiste nella valorizzazione del dovere d’informare il paziente così da consentirgli di autodeterminarsi alla cura liberamente. Il consenso informato, troppo spesso burocratizzato e svuotato d’ogni effetto, diventa invece protagonista del contratto di cura e la violazione del dovere d’informare può far fallire il rapporto.
E’ fondamentale, nel percorso di accertamento della responsabilità, la consulenza medico legale che dovrà chiarire al malato gli estremi dell’eventuale errore, il nesso di causa con il danno lamentato e la consistenza di quest’ultimo, consentendo al giurista esperto di responsabilità medica di valorizzare la colpa ed il danno anche in conformità alla miglior giurisprudenza sul danno non patrimoniale – esistenziale.
Per quanto sia preferibile agire entro cinque anni dal fatto, per potersi avvalere anche del titolo di responsabilità extracontrattuale, il limite entro il quale l’azione contrattuale si prescrive è di dieci anni; sotto il profilo penale, ove esistano i presupposti per richiedere l’intervento della Procura della Repubblica, è necessario agire entro tre mesi dalla conoscenza del fatto di reato, previa consulenza che chiarisca se tale iniziativa sia proficua poiché non è certo indispensabile per conseguire il risarcimento del danno e la colpa medica, in sede penale, è dominata da regole di minor vantaggio per il malato.
Anche la tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato sta vivendo una fase che pare preludere al suo definitivo superamento: il criterio di responsabilità rimane comunque, per tutte le obbligazioni, quello dell’art. 1176 cod. civ., e quindi quello della diligenza speciale sotto la cui lente dovranno quindi essere lette le condotte professionali.
Piuttosto, la crescente attenzione per la centralità del dovere d’informare sposta l’attenzione sul patto, consentendo di valutare anche le promesse che sono state rivolte al paziente per fare emergere eventuali negligenze nella stessa informazione meritevoli d’essere stigmatizzate.
In particolare ciò accade per la chirurgia estetica e per gli interventi odontoiatrici spesso ricollegati più ad esigenze estetiche/edonistiche che di salute; in tali casi suggeriamo ai pazienti di pattuire per iscritto la consistenza dell’intervento ed il risultato promesso, così da poter verificare ex post se le promesse siano risultate vane.
Le CONSULENZE dell’UNIONE – In considerazione delle specificità che normalmente caratterizzano le singole situazioni e la necessità di sottoporre a verifica ciascuna di esse, al fine di poter correttamente indirizzare e consigliare i propri associati, l’Unione Nazionale Consumatori mette a disposizione un indirizzo di posta elettronica dedicato – colpamedica@consumatori.it – per coloro che necessitassero di assistenza personalizzata.
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Dottore, si trovi un’avvocato !
Gli errori fanno decine di migliaia di vittime. E nei tribunali italiani sono in corso 12 mila cause intentate da pazienti. La colpa ? Più che dei singoli, è della cattiva organizzazione e del ritardo nelle strutture (*)
Garze dimenticate nella pancia dei pazienti. Amputazione di un arto al posto di un altro. Somministrazione di farmaci errati, perché il medico ha scritto la ricetta con grafia incomprensibile. Diagnosi sbagliate.
La nuda realtà dei fatti tratteggia una realtà che spaventerebbe anche gli animi più fiduciosi.
Secondo il Cineas (Consorzio universitario per l’ingegneria nelle assicurazioni, sorto all’interno del Politecnico di Milano) in Italia si verificano ogni anno tra i 14 mila e i 50 mila decessi attribuibili a errori medici: considerando una media di 35 mila morti, la cifra è uguale alle vittime di infarto. Adolfo Bertani, che del Cineas è il presidente, commenta: “Se la percentuale di rischio, in aeronautica, fosse analoga a quella degli ospedali, nessuno salirebbe più su un aereo”.
Intanto, però, i cittadini si ribellano: nei tribunali italiani sono in corso 12 mila cause di richiesta di risarcimento danni, per un importo di oltre 2,5 miliardi di euro; una situazione ancora distante da quella che si è venuta a creare negli Stati Uniti (vedi box), ma comunque indicativa di una tendenza.
“Sono già apparse pubblicità di studi legali che invitano potenziali clienti con slogan del tipo: “Se il medico sbaglia, ci pensa l’avvocato XY””, dice Maurizio Maggiorotti, presidente dell’Amami, l’Associazione per i medici accusati di malpractice ingiustamente. “E pure su Internet, cominciano ad apparire pagine dello stesso tenore”.
Anche se in Italia, per esempio, è ancora marginale la figura dell’avvocato che batte gli ambulatori dei Pronto Soccorso, per convincere le vere o presunte vittime della malpractice a intentare cause miliardarie contro i medici negligenti. “Credo che la sua esistenza appartenga più alle leggende metropolitane che alla realtà”, osserva Stefano Inglese, segretario nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanza attiva.
Ma, a volte, le leggende la dicono lunga. Disposti a trattare. A certe condizioni.
La realtà, in effetti, è in rapida evoluzione. “Il contenzioso tra medici e pazienti è in aumento”, spiega l’avvocato milanese Luigi Mariani, che da una quindicina d’anni si occupa di questi problemi. “Per due motivi: anzitutto, il medico non è più considerato un guru intoccabile ed è cresciuta la consapevolezza dei diritti.
Un tempo il dottore poteva fare ciò che voleva, pur di salvarti, anche contro la tua volontà. Oggi questo è inaccettabile. In passato, inoltre, poteva essere processato solo per colpa grave; ora, anche per motivi legati a negligenza e imprudenza.
Ciò detto, da noi non si è ancora formata una categoria di avvocati specializzati in questa materia, e io stesso ho cominciato un po’ per caso. Ma prima o poi dovrà accadere: questo tipo di contenzioso richiede, da parte dei legali, una preparazione specifica”.
Nel frattempo, c’è molta confusione. È impossibile, per esempio, sapere quanta parte del contenzioso medici-pazienti si risolve con cause penali e quanta con cause civili. “Quando un dottore sbaglia non viola alcun articolo specifico di legge, e il suo errore viene equiparato a quello di un automobilista che investe un pedone: tutto va a finire in un’unica scatola, che impedisce statistiche precise. Però sappiamo con certezza che, su 15 mila cause, solo 5 mila si concludono, ogni anno, con la condanna del medico”.
Il Tribunale per i diritti del malato diventa così, per forza di cose, un buon punto di osservazione, visto che la sua sede nazionale raccoglie circa 15 mila segnalazioni di errori medici e le sedi periferiche altre 50 mila ogni anno. “Neppure noi, però, possediamo statistiche precise”, spiega ancora Stefano Inglese. “Posso dire, tuttavia, che suggeriamo alla persona danneggiata di imboccare la strada della causa penale solo quando siamo di fronte a un atteggiamento di totale chiusura da parte dei medici e delle istituzioni sanitarie.
Questo iter favorisce solo gli avvocati, e intrappola il paziente in un iter legale lungo, costoso e dall’esito spesso incerto”. “C’è un solo modo per giungere a una soluzione”, interviene ancora il presidente dell’Amami: “Fare come a Trento: qui è sorta una camera arbitrale di conciliazione, dove il paziente può esporre il proprio caso di fronte ai rappresentanti dell’Ordine dei Medici e delle associazioni che difendono i cittadini.
Se l’accordo raggiunto non lo soddisfa, può rivolgersi al tribunale.
A Trento il contenzioso si è ridotto in modo drastico, e l’esperienza è diventata il modello per un progetto di legge che sta per entrare in discussione, e che è stato presentato dal senatore Antonio Tomassini di Forza Italia”.
Un problema sta a monte di tutto: i medici, prima di intervenire, sono tenuti a informare i pazienti di ciò che intendono fare e di quali possono essere i rischi e le conseguenze del loro operato.
Ma questo non sempre accade nel modo giusto. “Il consenso informato non è una formalità, che può essere risolta facendo firmare alla persona un documento incomprensibile”, sostiene l’avvocato Luigi Mariani.
“Eppure i dottori sono ancora refrattari a considerare che il paziente, se lo desidera, può perfino rinunciare alle cure. Non lo dico per pedanteria ma perché, di fatto, molte cause nascono dall’arroganza e dalla mancanza di comunicazione”. “Già: molti medici si chiudono in difesa, negano ogni responsabilità e cercano di impedire ai cittadini l’accesso alla documentazione necessaria”, interviene Stefano Inglese.
“È un atteggiamento che complica le cose, perché i cittadini si sentono derisi, e decidono di ricorrere in tribunale anche per problemi che potrebbero essere agevolmente risolti in altro modo. Per questo la nostra associazione offre gratuitamente la perizia medico legale, il primo passo per capire se vi è stato un errore e come conviene procedere.
È un lavoro di filtro molto importante: a volte lo sbaglio può esserci davvero, ma è difficile da dimostrare, e in questi casi è inutile ricorrere ai giudici. Ma quando l’errore c’è, e il medico lo riconosce, i cittadini si dimostrano disponibili a trattare e a chiedere risarcimenti meno onerosi”.
Molti, naturalmente, si chiedono quale sia la radice del male. Pochi dubbi: la disorganizzazione. (*)
Al Cineas sostengono che il 30 per cento delle risorse destinate alle strutture ospedaliere finisce in sprechi. Così, secondo un’indagine svolta da Makno per Cineas, tra il personale medico e paramedico, metà degli errori non è attribuibile all’imperizia dei singoli, ma al malfunzionamento del sistema.
“Per fortuna le cose iniziano a cambiare, altrimenti gli ospedali sarebbero inassicurabili”, racconta Enrico Bertagna, rappresentante generale per l’Italia dei Lloyd’s di Londra. “Troviamo realtà incredibili.
Per esempio, archivi cartacei che non comunicano con quelli informatizzati. Spesso è difficile perfino rintracciare la cartella clinica di un paziente. Non è raro che la direzione non sappia neppure quanti errori legati a malpractice si sono verificati, o da quante persone è stata chiamata in causa”.
Il rimedio, secondo molti, consiste nel diffondere la figura del risk manager, un professionista in grado di scoprire le aree a maggiore rischio (oggi le ricerche indicano nei pronto soccorso e nelle sale operatorie i luoghi più pericolosi) e di indicare le soluzioni tecniche e organizzative.
Una figura già all’opera in 23 strutture ospedaliere italiane. “È un facilitatore di innovazione, ma molti medici lo vedono con fastidio, come un controllore”, sostiene Adolfo Bertani.
Certe volte basterebbe un computer e poi, occorre informatizzare. “È un passo importante.
Il cattivo uso dei farmaci, per esempio, inizia quando entrano in magazzino”, sostiene Stefano Inglese. “L’anno scorso sono morti due pazienti per uno scambio di fiale che non avevano neppure uno straccio di codice a barre.
Carrelli informatizzati (sono già in uso in alcuni Paesi) permetterebbero di eliminare gli errori più grossolani.
Ma insisto nel dire che è sbagliato criminalizzare i medici. Bisogna, se mai, analizzare con precisione lo stato delle cose.
Quando conosci gli errori, con quale frequenza si sono verificati e in quali reparti, già hai individuato i settori in cui è urgente intervenire. Lo stesso vale per gli “eventi sentinella”, cioè quelli che potevano essere errori e che, per fortuna, non lo sono diventati.
Se il personale medico e paramedico discutesse regolarmente, serenamente e a porte chiuse, come si fa in molte aziende, gli errori emergerebbero più facilmente, e più facilmente verrebbero corretti”. “In effetti dobbiamo stare attenti a non diffondere l’idea che saranno le assicurazioni a salvarci”, osserva Giuseppe Rocca, vicedirettore scientifico del Policlinico di Milano. “Finiremmo con il ripercorrere l’esperienza degli Stati Uniti, che si è rivelata fallimentare.
Le assicurazioni vanno bene per gestire la routine, ma tutto salta di fronte a una Sars, o alle incessanti innovazioni tecniche, che fanno aumentare sempre di più il rischio. È come se i clinici stessero sparendo, e i medici si stessero trasformando in tecnici che usano le macchine. Oggi chi visita più il malato ?
Viene sballottato da un macchinario a un altro. Esce un nuovo strumento e lo si vuole usare sempre, a tutti i costi. Siamo vittime della fiducia nella tecnologia: quando il paziente subisce un danno o muore, non si capisce come mai.
La malpractice è tale solo nel 20 per cento dei casi. Il resto è disinganno di fronte alla magia delle macchine, e arroganza dei medici che nasconde la loro ansia”.
Mitologie americane Gli Stati Uniti sono considerati il Paese in cui chi è vittima di errori medici riesce a ottenere risarcimenti plurimiliardari dalle assicurazioni, grazie a sentenze esemplari. Si tratta di un mito: la realtà è diversa. Secondo quanto sostiene il giornale Business Insurance, solo il 2 per cento degli americani vittima di malpractice denuncia il medico, e i risarcimenti pari a un milione di dollari riguardano solo il 4 per cento delle sentenze emesse.
Anche in questo caso, comunque, vengono riportati, in appello, a circa 235 mila dollari, tanto che in alcuni Stati, come il New Jersey, si sta pensando di fissare un tetto di 300 mila dollari.
Il sistema che regola le assicurazioni in campo medico è oggetto di polemiche incandescenti.
Le cause di malpractice si stanno moltiplicando, i dottori e le strutture ospedaliere sono costretti a pagare premi assicurativi sempre più onerosi.
Il risultato è una vera e propria rivolta. I medici del New Jersey, del Connecticut e di altri Stati hanno organizzato nel marzo scorso una manifestazione a Washington: le assicurazioni avevano imposto ai neurologi, per esempio, aumenti pari al 340 per cento nell’arco di cinque anni. In Pennsylvania, lo sciopero è stato solo minacciato.
A Las Vegas si sono licenziati 150 medici, costringendo il Trauma Center a chiudere per 10 giorni, mentre l’unico Trauma Center del Nevada ha dovuto chiudere perché se ne sono andati 56 ortopedici su 58: chiedevano una legge sulla responsabilità civile che limitasse i guadagni degli avvocati a un massimo di 250 dollari per processo.
Adesso la parcella ammonta al 30 per cento dei risarcimenti ottenuti. Nel New Mexico, 239 ospizi sono a rischio chiusura.
Nel West Virginia, ben trenta medici si sono licenziati dagli ospedali e la crisi si sta diffondendo nel Kentucky e nel Mississippi. Sulle assicurazioni gravano accuse infamanti: costringerebbero i medici a sborsare premi sempre più alti per compensare i mancati guadagni causati dall’aver investito in modo sbagliato i soldi dei premi giacenti. Resta il fatto, comunque, che alcune compagnie sono fallite o in via di bancarotta.
Intanto, l’American Medical Association ha segnalato che molti medici si stanno ritirando dalla professione proprio perché non sanno come risolvere il problema. Oppure, come in Nevada, emigrano in massa in California, dove i premi assicurativi sono più accettabili. In Australia le cose non vanno meglio: il 60 per cento dei medici sta pensando di mettersi in prepensionamento.
Tratto da: http://www.dweb.repubblica.it/dweb/2003/11/08/attualita/attualita/059dot37559.html
(*) Commento NdR: la frase “è (colpa) della cattiva organizzazione e del ritardo nelle strutture”, ma questa e’ solo una parte del vero problema, la maggior parte di esso e’ l’imperizia dei medici, i quali, istruiti da protocolli ed insegnamenti universitari gestiti dalle multinazionali dei farmaci e vaccini, per impedire loro di imparare TUTTE le tecniche sanitarie possibili, NON riescono a sanare il malato, non per mala fede, salvo alcuni, ma per ignoranza sulle varie e possibili tecniche da utilizzare, della medicina naturale.
E quindi si sentono frustrati ed incapaci a sanare.
(P.S. la categoria degli psichiatri e dei medici e’ una di quelle a piu’ alto numero di suicidi…)
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Sono 90 al giorno i morti per malasanità in Italia
Indagini di anestesisti e giornali specializzati: il 50% dei decessi si poteva evitare.
Si punta ad un Osservatorio rischi
ROMA – Un dato e un convegno che fanno già discutere. Gli errori in medicina causano più vittime degli incidenti stradali, dell’infarto e di molti tumori. Si stima che siano 90 i morti al giorno in Italia per sbagli commessi dai medici, scambi di farmaci, dosaggi errati, sviste in sala operatoria.
I dati sono piuttosto vari, oscillano fra i 14 mila (secondo l’Associazione degli anestesisti) e i 50 mila decessi (secondo Assinform, editore di riviste specializzate nel settore del rischio nel campo della sanità) ogni anno solo nel nostro Paese: il 50% si sarebbe potuto evitare. E 320 mila persone subiscono un danno, con un costo pari all’1% del Pil, ben dieci miliardi di euro l’anno.
Su questo bollettino pesante si confronteranno esperti, medici, rappresentanti di istituzioni e pazienti durante la prima Consensus Conference sul Risk Management in sanitá, il 23 settembre nella sede della Guardia di Finanza di Ostia a Roma. Obiettivo, costituire l’Osservatorio sui rischi sanitari e il database nazionale degli errori medici, ancora assenti in Italia.
L’INDAGINE – «Gli interventi di contenimento del rischi in sanitá – afferma Cesare Cursi, sottosegretario alla Salute, durante la presentazione dell’iniziativa – devono interessare tutte le aree in cui l’errore si può manifestare durante il percorso clinico di diagnosi, cura e assistenza al paziente».
Un primo rapporto sugli sbagli in ospedale è stato realizzato dalla Commissione tecnica sul rischio clinico, istituita dal ministero della Salute. Il maggior numero di errori si commette in sala operatoria (32%), nei reparti di degenza (28%), nel dipartimento d’ urgenza (22%) e in ambulatorio (18%). Le quattro specializzazioni più a rischio sono ortopedia e traumatologia (16,5%), oncologia (13%), ostetricia e ginecologia (10,8%) e chirurgia generale (10,6%).
Inoltre le cause pendenti nei confronti dei medici per presunti errori sono fra le 15 mila e le 12 mila l’anno, anche se si stima che i 2/3 dei sanitari vengano alla fine assolti. La richiesta di risarcimento danni (secondo i dati Ania, l’associazione che rappresenta le imprese assicuratrici) ammonta a 2,4 miliardi di euro l’anno.
Secondo le ultime informazioni “pare” che debbano rifare i calcoli…..e che i morti siano un po’ meno; certo che abbiamo dei “veri esperti” nei posti di comando….
In aumento le denunce contro i medici per responsabilità professionali.
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La corporazione medica è diventata una grave minaccia per la salute.
L’effetto inabilitante prodotto dalla gestione professionale della medicina ha raggiunto le proporzioni di una epidemia.
La sofferenza, le disfunzioni, l’invalidità e l’angoscia conseguenti all’intervento della tecnica medica, fanno della medicina una delle epidemie più dilaganti del nostro tempo.
La mia tesi è che il profano e non il medico ha potere effettivo per arrestare l’epidemia da medicinali e cure mediche.
Solo un programma politico diretto a limitare la gestione professionale della sanità, può permettere alla gente di recuperare la propria capacità di salvaguardarsi la salute, e che tale programma è parte integrante di una critica e limitazione sociale del modo di produzione industriale.
(By Ivan Illich – “Nemesi Medica” – Re/Macro edizioni, Como)
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Rischio clinico e terapie farmacologiche.
Secondo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica, al primo posto tra le cause d’errore negli ospedali, principalmente in oncologia, si colloca con un preoccupante 40%, la somministrazione di farmaci sbagliati.
Un problema, quello del rischio farmacologico, ripetutamente segnalato e monitorato da SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie, che lo scorso anno a Catania ha dibattuto a lungo sul tema, nel corso del XXVI Congresso Nazionale, incentrato sul tema “Il rischio clinico: problemi, strumenti e priorità per la sicurezza dei pazienti”.
Catania è stata solo una tappa nel percorso di informazione e di proposte che SIFO ha intrapreso già dal 2004, con pubblicazioni e giornate di studio che hanno visto – e vedono – i farmacisti ospedalieri impegnati a produrre interventi per individuare la genesi degli errori e le azioni correttive da implementare.
Lo scorso settembre, in un incontro svoltosi a Firenze, SIFO ha messo in luce la dimensione del problema: i più importanti studi internazionali hanno valutato l’incidenza degli errori di terapia farmacologica nell’ordine del 5/15% su tutte le somministrazioni e del 15/20% di tutti gli errori sanitari.
Il problema è rilevante, sia in termini di salute che in termini economici.
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VACCINI e MORTE !!
In molti paesi del terzo monto il 10% dei bambini vaccinati per la rosolia, muore per effetto del vaccino !
(By Milton Silverman, Philip Lee e Mia Lydecker, in “Prescriptions for death. The drugging of the third world” – tratto da L’Europeo n. 48 del 25/11/1988)
TRAPIANTI
I TRAPIANTI sono il dichiarato FALLIMENTO della medicina ufficiale, impotente di fronte alle malattie, essendo incapace a sanare, essa porta lentamente ma inesorabilmente il malato verso il trapianto o la morte prematura.
ERRORI in MEDICINA = malattie e morte Iatrogena (da parte degli errori dei medici)
Gli errori in medicina causano più vittime degli incidenti stradali, dell’infarto e di molti tumori. Dagli 8 milioni d’italiani che ogni anno vengono ricoverati in ospedale, il 4% (320.000) invece di venire curati subisce danni più o meno permanenti alla salute (Metro, 12 giugno 2002).
Si stima che almeno 90-100 persone ogni giorno (tra 14 mila e 50 mila all’anno) muoiono in Italia per gli errori dei medici: scambi di farmaci, dosaggi errati, sviste in sala operatoria (Il Corriere della Sera, 17 settembre 2004).
700.000 infezioni all’anno, negli ospedali
Questi errori costano alla comunità ben 10 miliardi di euro all’anno. Si calcola che circa 700.000 infezioni vengono contratte ogni anno negli ospedali, una percentuale che corrisponde quasi al 15% dei ricoverati.
Il maggior numero di errori si commette in sala operatoria, nei reparti di degenza, nel dipartimento di urgenza e in ambulatorio. Le 4 specializzazione incriminate risultano essere: ortopedia e traumatologia, oncologia, ostetricia e ginecologia, chirurgia generale.
A conseguenza dei danni procurati circa 50.000 denunce sono state depositate presso il Tribunale dei Diritti dell’Ammalato. Quello che sorprende è la ripetitività degli stessi errori negli stessi posti.
TRIBUNALE DIRITTI dell’AMMALATO – Via Anfiteatro, 14 – 20121 MILANO
Ospedali pericolosi quanto le strade
Dal Corriere della Sera del primo febbraio 2004 leggiamo che in Italia l’80% dei dottori, nell’arco di 20 anni di attività, è indagato almeno una volta.
Mentre su Leggo del 25 maggio 2005 troviamo: “La guerra contro l’Iraq ? Una passeggiata” in confronto ai danni causati dall’apparato medico-ospedaliero. Gli ospedali sono pericolosi almeno quanto le strade, e costano alla comunità più o meno quanto una mini legge finanziaria. Recentemente il 26 gennaio 2005 Metro così titolava la prima pagina: “Uno su tre intossicato da farmaci usati male”.
Quando i medici scioperano i morti diminuiscono
Mancano dati volti ad appurare gli effetti dei farmaci su scala sociale, visto che la morte è solo la punta dell’iceberg dello stato terminale di una patologia. Tra le mie carte ho sempre tenuto da parte un articolo ritagliato da un giornale di qualche anno fa, dal titolo “Quando i medici scioperano i morti diminuiscono”.
L’articolo, a firma di Robert Mendelson dice: “Quando i dottori scioperano, in tutto il mondo, si ottiene lo stesso risultato: diminuisce il tasso di mortalità”.
Tra i vari scioperi che elenca l’articolista è interessante quello avvenuto in Israele, in cui negli 85 giorni di durata il tasso di mortalità si è abbassato del 50%.
Ciò ha provocato una grave preoccupazione tra gli impresari di pompe funebri che hanno intrapreso uno studio di propria iniziativa ed hanno scoperto che il periodo precedente in cui il tasso di mortalità si era ridotto a tal punto era stato vent’anni prima, durante l’ultimo sciopero dei medici.
L’articolista termina con la domanda (che condivido e auspico): Non sarebbe una buona ragione istituire uno sciopero permanente dei medici ?
By Franco Libero Manco
Commento NdR: pur condividendo il contenuto, ritengo che si debba comunque distinguere fra Traumatologia, Chirurgia d’urgenza, Rianimazione e terapie con farmaci di sintesi !
MORTE DA MEDICINA
La medicina ufficiale, terza causa di morte.
Integratori alimentari 0,0001%
Punture d’ape 0,0008%
Punture d’insetti (altri) 0,0020%
Infortuni sportivi 0,0020%
Fulmini 0,0041%
Morsi d’animali 0,0048%
Corse a cavallo 0,0052%
Allergia da penicillina 0,010%
Scivoloni/cadute 0,019%
Incidenti elettrici 0,038%
Assideramenti 0,048%
Armi da fuoco (incidenti) 0,079%
Avvelenamento 0,17%
Asma 0,19%
Incendi casalinghi 0,19%
Annegamento 0,21%
Alimentazione 0,24%
Gas radon 0,62%
Assassini 0,94%
Suicidi 1,41%
Incidenti stradali 2,57%
Alcolismo 4,49%
Fumo 7,19%
Pratiche mediche 7,58% (uso corretto di medicinali autorizzati 5,18% + errori medici 2,40%)
Cancro 22,11%
Problemi cardiovascolari 47,00%
I dati della tabella 1 sono tratti da uno studio di Ron Law1 basato su statistiche ufficiali degli USA. Con minime differenze numeriche da paese a paese, essi rispecchiano la stessa situazione per tutte le nazioni “occidentali”.
Nella tabella vengono utilizzati i valori minimi del range (non vogliamo essere accusati di esagerare).
Le medicine testate, autorizzate, prescritte e normalmente usate, incidono per il 5,18% delle cause di morte; cosa che non viene mai pubblicizzata. (Fonte: Journal of the American Medical Association, dalle 90.000 alle 160.000 morti annue). Ogni anno in USA muoiono migliaia di persone a causa degli effetti della semplice aspirina.
Le disgrazie mediche evitabili (errori) incidono per il 2,40% (Fonte CDC – Center for Disease Control, dalle 40.000 alle 90.000 persone)In Australia muoiono 9.000 persone all’anno a causa di errori medici evitabili. (Fonte, Australian Medical Journal). Sempre in Australia ogni anno 50.000 persone riportano danni permanenti (menomazioni, mutilazioni) sempre per lo stesso motivo.
Per contro, quando i medici scioperano il numero delle morti diminuisce nettamente !
Qualche esempio.
Durante lo sciopero dei medici in California nel 1976, il tasso di mortalità declinò sensibilmente. A Los Angeles ad esempio, il tasso di mortalità settimanale declinò da 19.8 a 16,2 morti per 100.000 durante lo sciopero e risalì a 20,4 dopo la sua conclusione. La riduzione del tasso di mortalità durante lo sciopero fu del 18%. In Israele nel 1973, i medici ridussero i loro contatti giornalieri con i pazienti da 65.000 a 7.000 in uno sciopero che durò un mese. Secondo la Società Onoranze Funebri di Gerusalemme, il tasso di mortalità degli israeliani cadde in quel mese del 50%. Non c’era stata una così profonda decrescita in mortalità dopo l’ultimo sciopero dei dottori 20 anni prima! Nel 1976, a Bogotà in Colombia, 1 Ron Law è direttore dell’Associazione Nazionale della Nuova Zelanda per gli integratori alimentari e membro di un gruppo di lavoro del governo neozelandese incaricato a suggerire nuove strategie per la riduzione degli errori medici. Uno sciopero dei medici continuò per 52 giorni e il tasso di mortalità cadde del 35%.
Per quanto riguarda l’Italia, questo è un dato ufficiale che alcuni anni fa il Ministero della Sanità ha più volte reso pubblico per bocca dello stesso Ministro alla Sanità, Altissimo.
La medicina è la prima causa di morte in USA. (Ma anche negli altri paesi occidentali la situazione non è molto diversa)
In verità la situazione è anche peggiore di quanto appare dalla precedente sezione.
Una ricerca statistica, più vasta e completa di quella di Ron Law, è stata pubblicata recentemente. I seguenti medici e ricercatori, Gary Null PhD, Carolyn Dean MD ND, Martin Feldman MD, Debora Rasio MD, Dorothy Smith PhD, basandosi sui dati statistici pubblicati in molte decine di lavori scientifici, hanno analizzato i risultati del sistema sanitario degli USA degli ultimi dieci anni.
Nel dicembre 2003 il lavoro è stato pubblicato in 46 pagine scioccanti: “Death by Medicine” (Morte da Medicina).
www.garynull.com/documents/iatrogenic/deathbymedicine/DeathByMedicine.pdf
Cause Morti
Reazioni da farmaci in ospedale 106.000
Reazioni da farmaci non in ospedale 199.000
Errori medici 98.000
Piaghe da decubito 115.000
Infezioni ospedaliere 88.000
Malnutrizione 108.800
Procedure mediche non necessarie 37.136
Conseguenze da interventi chirurgici 32.000
Totale morti per medicina 783.936
Risulta che ogni anno in USA avvengono in media i seguenti decessi per le seguenti cause (tab. 2) I dati sono riferiti ampiamente per difetto.
Facciamo un confronto con altri due dati.
Morti per malattie cardiocircolatorie 699.697
Morti per cancro 553.251
Il sistema sanitario risulta dunque essere la prima causa di morte, perfino davanti alle malattie cardiocircolatorie.
Alcune osservazioni su questi dati.
1) I farmaci usati in medicina devono essere testati “scientificamente” (!) e legalmente autorizzati. Attualmente la legalizzazione di un farmaco costa almeno € 5.000.000 in test su animali, esseri umani, ecc… e dura una decina d’anni. Le morti da reazioni da farmaci qui citate sono da ascriversi ad un uso “corretto” (non ad errori medici) di farmaci “correttamente” prodotti e venduti.
2) Le piaghe da decubito si formano in pazienti che non riescono a muoversi (qualsiasi ne sia la ragione) e sono facilmente evitabili:
basta girare il paziente nel letto ogni tre ore. Se si formano queste piaghe è solamente a causa della criminale pigrizia del personale infermieristico, del criminale menefreghismo dei medici che accettano come normale questa situazione; oppure è dovuto ad una criminale carenza di personale assolutamente indispensabile.
Si tende a far credere a pazienti e ai loro famigliari che queste lesioni siano inevitabili; in verità sono dei reati di lesioni gravi volontarie e spesso omicidi che restano sempre impuniti.
Colgo qui l’occasione per invitare le vittime di queste lesioni o i loro famigliari a fare denuncia penale contro i malfattori responsabili.
3) Qui la voce “malnutrizione” riguarda soprattutto gli istituti di cura per anziani e malati cronici.
4) Queste morti hanno un costo. Per ammazzare un paziente c’è “bisogno” di medicamenti, strumenti, stipendi, ecc…
Per ammazzare 783.936 persone all’anno, medici, infermieri, multinazionali farmaceutiche, ospedali, ecc… si fanno pagare (considerando solo ed esclusivamente le azioni che causano queste morti) 282 miliardi di dollari (siamo nell’ordine dei 600 trilioni di lire) ogni anno.
5) Questi dati sono, come risulta da ben precise ricerche che trovate nell’opuscolo citato, ampiamente sottostimati; probabilmente non sono che la “punta dell’iceberg”. L’ambiente medico ha un clima omertoso degno di una cosca mafiosa.
Ogni medico è consapevole che questi dati potrebbero scuotere la fiducia della gente nella medicina e che, se si sapessero ampiamente “in giro”, i suoi guadagni sarebbero a rischio.
6) Viste le statistiche di morte per cancro e malattie cardiache, risulta chiaro che la medicina, oltre ad essere causa di vere e proprie stragi per conto suo, è anche totalmente inefficace sulle maggiori cause di morte da malattia. Ma allora la medicina a cosa e a chi serve ?
Vediamo ora gli atti medici non necessari.
– Ricoveri ospedalieri non necessari ogni anno 8.900.000
– Terapie non necessarie ogni anno 7.500.000
– Totale 16.400.000
Questi interventi medici portano ogni anno danni alla salute più o meno gravi (morte compresa) a 3.080.000 pazienti o meglio a persone che, prima del trattamento, erano sane!
Le truffe alle compagnie di assicurazione sono innumerevoli.
Stime ufficiali per il 1998 le fanno ammontare a 12.000 milioni di dollari.
È impressionante anche osservare quanto aumenta di anno in anno il numero di queste pratiche assassine.
– 1974: 2.400.000 interventi chirurgici non necessari conseguiti poi in 11.900 morti ad un costo (ovviamente si fanno pagare!) di 3.900 milioni di dollari.
– 2001: 7.500.000 interventi chirurgici non necessari conseguiti poi in 37.136 morti al costo di 122.000 milioni di dollari (rapportati al valore del dollaro del 1974, in modo da poter fare un raffronto reale).
Brevemente osserviamo anche che il costo medio del singolo intervento chirurgico inutile è enormemente aumentato: di 10 volte.
Da 1.625 a 16.267 dollari (aumento reale, ottenuto scorporando l’aumento dovuto all’inflazione). Nello stesso tempo anche la percentuale di morte per intervento è aumentata, seppur di poco, nonostante tutti i progressi tecnici.
Costi sanitari complessivi.
La spesa sanitaria in USA copre il 14% del prodotto nazionale lordo, che nel 2003 si è tradotta in 1.600 miliardi di dollari (circa 3.000.000 miliardi di lire).
Infine cito ancora un solo dato contenuto in “Death by Medicine”, o meglio la conferma di un dato che è sicuramente valido anche per l’Italia, come citato prima: quando i medici scioperano le statistiche di morte diminuiscono SEMPRE
Tutti questi dati impressionanti, che riguardano gli USA, potrebbero essere tranquillamente moltiplicati per 10, o anche di più, per avere i dati complessivi di tutto il pianeta, considerando che la stessa situazione è più o meno uguale in paesi di simile livello tecnologico ed economico. In Italia, ad esempio, muore per un errore medico mediamente più del 6% dei ricoverati in ospedale !
È un dato emerso in apertura del “Sesto simposio internazionale di salute pubblica” tenuto a Villa Porro Pirelli di Induno Olona, organizzato dall’Ordine dei Medici della provincia di Varese nel settembre del 2005.
Per quanto riguarda i farmaci, e intendiamo i farmaci regolarmente sperimentati e autorizzati, è ormai quasi di routine che, dopo un uso di 10 o 20 anni o più, si scopra che sono gravemente nocivi. Vengono ritirati dal commercio per essere sostituiti da altri, i quali alcuni anni dopo seguiranno lo stesso destino.
Due esempi.
I farmaci di sostituzione ormonale per ritardare la menopausa e sconfiggere l’osteoporosi. Ora si è scoperto che due di questi medicinali, il Premarin e il Prempro, provocano cancro, embolia polmonare, infarto e demenza. In USA, dato che sono commercializzati da 40 anni, sono circa cento milioni le donne che lo hanno usato e che ora sono in pericolo.
Sull’autorevole rivista British Medical Journal è stata recentemente pubblicata una ricerca dell’Università di Nottingham sui rischi legati agli antidolorifici a cura di Julia Hippisley-Cox e Carol Coupland. Hanno tenuto sotto osservazione 9.218 pazienti che avevano già sofferto di un primo infarto. È risultato che l’assunzione di antidolorifici aumenta il rischio di infarto dal 21 al 55%, a seconda del principio attivo contenuto nel farmaco usato. In particolare ha destato preoccupazione il fatto che l’ibuprofen, contenuto in molti farmaci e considerato estremamente sicuro, tanto da sostituire il pericoloso rofecoxib (principio attivo del Vioxx, recentemente ritirato dal commercio), aumenta il rischio di infarto del 24%.
Ma i medici che considerazione hanno di ciò che stanno facendo? Bé, qui gettano la maschera! Nessun psichiatra si è mai sottoposto ad elettroshock; la percentuale di medici che si fanno operare è vicina allo 0%; il 70% degli oncologi dichiara che mai si farebbe sottoporre a chemioterapia.
Non possiamo non considerare le cifre e i dati qui elencati nell’ordine di grandezza di un vero e proprio GENOCIDIO contro l’intera umanità. Non crediate comunque che tutte queste morti da medicina siano dovute semplicemente a casi fortuiti, o ad una serie di abbagli scientifici, o incompetenze, o abusi personali, o altre cause del genere. Dietro a tutto ciò ci sono delle ben precise volontà criminali, gestite in primis da Big Pharma….
By A. Marco
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Prescrizioni poco leggibili, flaconi simili per sostanze diverse, ricoveri non necessari, esami o operazioni chirurgiche costate la vita a troppe persone. A questi si aggiungono gli sprechi di miliardi di euro che, mandando in rosso i conti, finiscono per privare di servizi essenziali, come reparti o macchinari diagnostici moderni, gli stessi cittadini. La cattiva gestione in ospedale tende inevitabilmente a sposarsi con la malasanità.
Tratto da: http://www.saluteeuropa.it/news/2006/05/0511008.htm
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ADHD: OTTIMO AFFARE, PESSIMA MEDICINA
L’allarme lanciato da molte associazioni ed enti a livello nazionale e internazionale, scaturisce unicamente dalla constatazione dei seguenti fatti:
– quasi 8 milioni di bambini etichettati e drogati nei soli USA.
– quasi 200 morti correlate al trattamento.
– un giro di affari enorme che sostiene questo mercato.
– 17 milioni di bambini, nel mondo, sotto trattamento psichiatrico.
In Italia, secondo alcuni illustri psichiatri, promotori dell’ADHD (Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività), tale “disturbo” è una patologia neuropsichiatria ad esordio in età evolutiva, la cui prevalenza sarebbe stimata tra il 3-5% della popolazione in età scolare; mentre nelle forme particolarmente gravi la stima è dell’1%. Secondo questi esperti italiani il “disturbo” può presentarsi con differenti manifestazioni cliniche e può compromettere numerose tappe dello sviluppo e dell’integrazione sociale del bambino, predisponendolo ad una patologia psichiatria o ad una condizione di disagio sociale.
David Kaiser, medico e psichiatra in una intervista sul ‘Psychiatric Times’ del dicembre 1996 aveva dichiarato che: “La moderna psichiatria deve ancora dimostrare, in modo convincente, la causa genetico/biologica di una sola malattia mentale…. Pazienti vengono dichiarati affetti da “squilibrio biochimico” nonostante non vi siano prove a sostegno di tale affermazione e….che nessuno sappia veramente come dovrebbe manifestarsi un corretto equilibrio biochimico.”
Quali sono le prove oggettive e scientifiche per arrivare a diagnosticare un bambino come “iperattivo” o, nel caso più grave “ipercinetico”?
Alcuni dei punti sono:
1. Interviste diagnostiche: Queste interviste verranno fatte ai genitori attraverso domande che incoraggiano i genitori a descrivere i bambini con un dettaglio sufficiente a stabilire se uno specifico sintomo (comportamento), è clinicamente significativo, anche considerando fattori che possano modificare la percezione da parte del genitore, quali ambiente sociale, livello culturale, pregiudizi, ecc.
2. Questionario per i genitori e gli insegnanti: In questa fase verranno usati i test su modello americano. Questi test permettono di rilevare importanti informazioni sul comportamento sociale, accademico ed emotivo dei bambini di età compresa tra i 3 e i 17 anni.http://www.adhdtesting.org/testing.htm
3. Valutazione delle abilità di lettura e calcolo: Uno dei frequenti motivi d’invio dei bambini con ADHD alle strutture sanitarie è costituito dalle difficoltà scolastiche. E’ necessario eseguire sui bambini in età scolare una rapida prova di screening delle abilità di lettura e comprensione del testo ed alcune semplici prove di calcolo aritmetico. Vengono fatti questi test tramite le Prove MT o tramite la Batteria per la valutazione della dislessia.
Prove MT:
http://handitecno.indire.it/modules.phpop=modload&name=books&file=index&req=view_subcat&sid=18&min=10&orderby=dateA&show=5
Batteria per la valutazione: http://www.neuropsy.it/test/dislessia/01.html
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L’ultimo dato da tenere in considerazione è anche il fatturato della Novartis
http://www.novartis.it/media/comunicati/index.jsp?menu=1&id_obj=366 – che nel 2006 solo negli USA è aumentato del 15%, fino a raggiungere i 2,1 miliardi di dollari, ed è stato trainato da alcuni farmaci generici ma, la crescita è stata sostenuta anche dai farmaci Focalin/Ritalin.
Ogni genitore il cui figlio sia stato sottoposto a test psichiatrici o diagnosi, all’interno della scuola, senza il suo permesso o che ha subito danni in seguito a false etichette psichiatriche, può mettersi in contatto con il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani.
Nel suo sito italiano, www.ccdu.org, è possibile vedere un video shock: riguardo gli effetti collaterali di alcuni psicofarmaci somministrati ai bambini ed adolescenti.
Per info: linea.stampa@ccdu.org
Commento NdR:
Tutto cio’ avviene non perche’ i medici siano in malafede (salvo pochi individui) ma per il fatto che le Universita’ che li istruiscono sono al servizio delle multinazionali dei vaccini e dei farmaci e quindi il protocollo delle materie di studio e le procedure insegnate ai futuri medici seguono solo le direttive delle imprese farmaceutiche e quindi NON insegnano ai medici tutte le tecniche terapeutiche possibili per il risanamento dei malati, questo avviene in ogni parte del mondo ed e’ un programma gestito dall’OMS, lunga mano di Big Farma; l’OMS emana le norme e le indicazioni politiche da attuare, ai vari ordini dei medici e quindi questi obbligano di conseguenza i medici a seguire solo i protocolli emanati dalle …….multinazionali di farmaci e vaccini !
Tutto cio’ non deve essere inteso a totale disprezzo di tutta la medicina ufficiale, in quanto cio’ che riguarda le tecniche mediche ufficiali della chirurgia d’urgenza, la traumatologia e la rianimazione, hanno fatto progressi da gigante salvando molte vite, ma e’ nella terapeutica applicata ai pazienti, che vi e’ il fallimento della medicina ufficiale, la quale dovrebbe rivisitarsi sulle errate ideologie sulle quali si basa l’eziopatogenesi delle malattie e quindi sulle terapie attualmente applicate.
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Le diagnosi di tumori sono rare in Medicina Generale, ed il ruolo dei medici di base in questo campo è una sfida tuttora aperta.
Esistono sintomi particolarmente rivelatori da non trascurare ? Sì, ma vengono trascurati troppo spesso, rivela uno studio pubblicato sul British Medical Journal.
Lo studio. Gli errori diagnostici – occorre dirlo – rappresentano la principale causa di procedimenti giudiziari contro medici di base e possono compromettere irreparabilmente la fiducia dei pazienti nel loro medico di famiglia. Ma è innegabile che i medici di base abbiano un ruolo fondamentale nel gestire l’ingresso dei pazienti nel mondo dell’assistenza sanitaria, e che abbiano il dovere di svolgerlo. Inoltre l’eccesso nella pratica di dirottare i pazienti agli specialisti per diagnosi impegnative rappresenta una voce di spesa enorme e aumenta i tempi di diagnosi e l’ansia dei cittadini.
I ricercatori del Department of General Practice and Primary Care della Division of Health and Social Care Research della King’s College London School of Medicine hanno provato che l’insorgenza di un determinato set di sintomi è associata ad un’elevata probabilità di diagnosi di tumore, specialmente nei pazienti over 65, e questi dati supportano l’ipotesi che una valutazione puntuale dei sintomi da parte dei medici di base sia fondamentale nel diagnosticare i tumori a stadi iniziali e quindi più aggredibili.
Sono stati presi in esame 762.325 pazienti dai 15 anni in su, visitati in 128 ambulatori di Medicina Generale tra il 1994 e il 2000. Sono stati registrati i casi di ematuria, emoptisi, disfagia, sanguinamento rettale in pazienti nei quali non c’era mai stata una diagnosi di tumore antecedente al manifestarsi di questi sintomi. Su 11.108 casi di ematuria, si sono avute nel corso dei successivi 3 anni 472 nuove diagnosi di tumori del tratto urinario negli uomini e 162 nelle donne; su 4812 casi di emoptisi 220 diagnosi di tumori dell’apparato respiratorio negli uomini e 81 nelle donne; su 5999 casi di disfagia, 150 diagnosi di tumore esofageo negli uomini e 81 nelle donne; su 15.289 casi di sanguinamento rettale, 184 diagnosi di tumori colonrettali negli uomini e 154 nelle donne.
Tratto da: Il Pensiero Scientifico Editore – Ven 18 Mag 2007
Bibliografia.
Jones R, Latinovic R, Charlton J, Gulliford MC. Alarm symptoms in early diagnosis of cancer in primary care: cohort study using General Practice Research Database. BMJ 2007; 334:1040. doi:10.1136/bmj.39171.637106.AE
Fox R, Fletcher J. Alarm symptoms in primary care. BMJ 2007; 334:1013-4.
doi: 10.1136/bmj.39212.467037BE.
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Sempre più sicure le sale operatorie degli ospedali italiani
“Negli ultimi anni gli incidenti dovuti a problemi tecnici, che erano la maggioranza, sono stati praticamente azzerati. Oggi quelli che si verificano ancora sono da addebitare, nell’80% dei casi, all’errore umano. In particolare, alla mancanza di controlli di vario genere, dalle garze ai gas anestetici, alla sterilità, ai farmaci”.
Lo spiega Antonio Mussa, direttore del Dipartimento di oncologia dell’azienda ospedaliera Le Molinette di Torino, presentando oggi a Roma i temi che saranno al centro dell’VIII Convegno di primavera della Società italiana di chirurgia (Sic), al via venerdì nel capoluogo piemontese. Ritmi di lavoro frenetici, complessità degli interventi e soprattutto mancanza di protocolli adeguati per il monitoraggio della sicurezza in sala operatoria sono ‘alleati’ degli errori in sala operatoria. “Che ancora oggi non sono censiti nel nostro Paese”, prosegue Mussa. “Per ridurre il pericolo di sbagli riconducibili all’uomo – interviene Roberto Tersigni, presidente della Sic – è stato redatto un apposito protocollo con suggerimenti ‘ad hoc’, come segnare in corsia il lato da operare. Protocolli simili sono già attivi in molte sale operatorie, anche se non in tutte”.
Ma dal momento che mancano i dati, “proprio per capire quanti e quali errori umani potrebbero essere prevenibili, a breve alle Molinette inizierà la sperimentazione, finanziata dal Miur, di un protocollo di sicurezza. Battezzato Idea (Identificazione degli eventi avversi), lo studio monitorerà ogni fase, dalla preparazione del farmaco nella farmacia interna all’ospedale, al trattamento del paziente, per poi arrivare alla sala operatoria. Un gruppo di lavoro – dice l’esperto – si occuperà del monitoraggio per fotografare la situazione”.
Ogni anno in Italia si eseguono tre milioni di interventi chirurgici, in mille strutture sanitarie pubbliche e private. Secondo i dati del Tribunale per i diritti del malato, citati oggi a Roma, “la malpractice si verifica principalmente durante gli interventi chirurgici. Infatti il 66% delle segnalazioni riguarda un’operazione, mentre gli errori di diagnosi sono meno frequenti – dice il chirurgo oncologo – e corrispondono al 28% delle segnalazioni”.
Ma quali sono gli sbagli più diffusi in chirurgia ?
Sembra che le preoccupazioni dei pazienti, che talvolta segnano con il pennarello l’arto da operare temendo il pericolo di uno scambio, non siano proprio campate in aria.
Utilizzando il report della Joint Commission Accreditation Health Care Organization sugli eventi avversi negli Stati Uniti, dal 1995 al gennaio 2002, per l’Italia “si stima – dice Mussa – che le complicazioni operatorie o post-operatorie e gli interventi chirurgici sulla parte sbagliata rappresentino il 23,1% di tutti gli incidenti, provocano nell’84% dei casi la morte del paziente e nel 16% gravi lesioni.
“Nel 76% dei casi si tratta, invece, parti del paziente o organi del corpo sbagliati – dice Mussa – nel 13% dei casi di operazioni eseguite su pazienti sbagliati e nell’11% dei casi di procedure chirurgiche errate o non rispettate”.
Adnkronos Salute – Mag. 2008
Commento NdR: Ricordiamo anche gli interventi inutili e/o dannosi effettuati malgrado essi NON siano necessari !
Cio’ avviene in quanto le strutture ospedaliere private e non (in Italia), ricevono dei contributi in denaro per OGNI intervento chirurgico effettuato, quindi piu’ interventi…piu’ denaro che entra nelle casse della clinica o dell’ospedale…!
Della pelle dei malati, interessa fino ad un certo punto…..vedi le recenti denuncie alla magistratura di dirigenti e chirurghi per questi gravissimi fatti ormai documentati !
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Malpractice, un’epidemia dalle gravi conseguenze – 29 settembre 2008
Il medico non è più libero nelle scelte diagnostiche e terapeutiche ma è sempre più condizionato dalla necessità di evitare comportamenti che possano metterlo a rischio di denunce giudiziarie. Aldo Piperno, professore di Scienze dell’organizzazione all’università (sociologia dei fenomeni economici e del lavoro) ed, attualmente, direttore del “Corso di Management dei servizi sanitari” dell’università di Napoli, Federico II ha condotto una ricerca sulla “malpractice”, ovvero sul fenomeno della cosiddetta “Medicina difensiva” che è sempre più frequente, con implicazioni potenzialmente gravi per il costo, l’accessibilità e la qualità tecnica ed interpersonale dell’assistenza sanitaria. Si sta manifestando, grazie ad un aumento del contenzioso giudiziario contro i medici, la necessità di approfondire la tematica della cosiddetta Medicina Difensiva.
Il medico non è più libero nelle scelte diagnostiche e terapeutiche ma è sempre più condizionato dalla necessità di evitare comportamenti che possano metterlo a rischio di denunce giudiziarie.
Neonata in Europa, ha la sua genesi (come del resto sovente in ambito di tematiche legali) negli Stati Uniti. La Medicina Difensiva si verifica quando i medici prescrivono tests, trattamenti o visite, od evitano pazienti o trattamenti ad alto rischio allo scopo di ridurre la propria esposizione al rischio di accuse di non aver bene operato e quindi di azioni legali.
Lo affermano numerosi studi, tra i quali una ricerca pubblicata dal Journal of the American Medical Association, che ha dimostrato che una maggioranza schiacciante degli specialisti di determinate aree terapeutiche adotta questa strategia professionale. Quanto spesso i medici modificano il loro comportamento professionale a causa del timore di procedimenti giudiziari per malpractice? Questo comportamento, definito “Medicina difensiva”, e le sue conseguenze, sono temi centrali sui quali gli operatori sanitari devono interrogarsi.
Un gruppo di ricercatori del Department of Health Policy and Management della Harvard Medical School ha analizzato un gruppo di specialisti di aree terapeutiche con maggiore incidenza di cause giudiziarie (medicina d’emergenza, chirurgia generale, chirurgia ortopedica, neurochirurgia, ostetricia e ginecologia, radiologia) operanti in Pennsylvania.
Un totale di 824 medici operanti in 6 strutture sanitarie distinte è stato preso in esame. Il 93 per cento ha dichiarato di praticare Medicina difensiva. Un comportamento ‘sicuro’ consistente nel prescrivere con facilità test e procedure diagnostiche e chiedere consulti viene adottato dal 92 per cento dei medici interpellati. Il 43 per cento riferisce di prescrivere procedure diagnostiche clinicamente non necessarie. Evitare procedure e pazienti che vengono percepiti come ‘pericolosi’ dal punto di vista giudiziario è un altro comportamento assai diffuso: il 42 per cento degli interpellati ammette candidamente di aver volutamente ristretto il suo campo d’azione professionale negli ultimi 3 anni per evitare complicazioni.
La tecnologia ricopre un ruolo decisivo nella pratica della Medicina difensiva: gli specialisti ammettono di utilizzarla per tranquillizzare i pazienti e se stessi. Ma l’uso difensivo della tecnologia ha un effetto-valanga: più gli specialisti prescrivono procedure diagnostiche inutili o trattamenti aggressivi per condizioni a basso rischio, più questo tipo di approccio tende a diventare lo standard legale per la pratica clinica. Tutto questo ha un impatto devastante sui costi sanitari a carico dei sistemi sanitari nazionali e della collettività, e nei sistemi sanitari nei quali i costi sono principalmente a carico del paziente riduce di fatto la possibilità di accesso ai servizi.
La Medicina difensiva può contribuire ad una riduzione della qualità dell’assistenza sanitaria.
Procedure diagnostiche invasive (ad esempio biopsie) non necessarie possono rappresentare inutili rischi per i pazienti, e risultati ambigui o falso-positivi possono produrre stress emotivi e la necessità di ulteriori accertamenti diagnostici, innescando una escalation scarsamente controllabile.
Anche il rapporto paziente-medico viene sostanzialmente alterato in caso di Medicina difensiva: alcuni specialisti possono passare maggior tempo con i pazienti e tendere a fornire informazioni più dettagliate sulle patologie riscontrate, ma altri tendono a chiudersi, reagire con sospetto, ad abbandonare il paziente al proprio destino.
“Livelli più elevati di Medicina difensiva sono parte dei costi sociali dell’instabilità nella gestione della malpractice”, conclude David M. Studdert, leader del team di ricercatori della Harvard Medical School. “Gli sforzi per ridurre la pratica della Medicina difensiva devono andare nella direzione di educare i pazienti e i medici ad affidarsi alle procedure appropriate alle diverse situazioni cliniche. Ciò può avvenire grazie ad una diffusione capillare delle linee-guida riferite alle patologie più diffuse o alle aree terapeutiche più ‘a rischio’ di cause giudiziarie”.
La ricerca ‘Medici in difesa, prima ricerca del fenomeno in Italia: numeri e conseguenze’, commissionata dall’Ordine dei medici della Provincia di Roma e condotta su 800 camici bianchi attraverso questionari ha dato i seguenti risultati . Il 60% dei medici, in una o più occasioni, ha prescritto farmaci in un’ottica di medicina difensiva.
Solo il 39,3% dei medici intervistati, infatti, dichiara di non essere mai stato spinto a compilare ricette dalla paura di incorrere in guai giudiziari. Il 41,3%, invece – rivela lo studio firmato da dichiara di non averlo fatto quasi mai (uno o due casi su 10), il 13,6% talvolta (3-4 casi su 10) e il 5,8% spesso, cioè oltre 4 volte su 10. In cima alla lista delle categorie di farmaci più prescritti in questi casi, quelli per gli apparati cardio-circolatorio (33,8%), digerente (28,3%) e respiratorio (27,9%).
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Malasanità – Medici asportarono organi sani, al via processo – Sotto accusa due sanitari del Policlinico Umberto I – Roma Ott. 2008 (Apcom). La denuncia
Entra nel vivo il processo a carico di due medici del Policlinico Umberto I, che devono rispondere di lesioni gravissime, per aver proceduto all’asportazione di organi sani da una paziente che era ricoverata nel reparto di chirurgia toracica.
Della vicenda riferisce Associttadini, da sempre in prima linea nella battaglia contro la cosiddetta malasanità.
I due sanitari del dipartimento “Pietro Valdoni” IX reparto, secondo la pubblica accusa – si spiega in una nota – “eseguirono un intervento senza che vi fosse patologia con indicazione ad operare ed asportarono alla paziente, una donna di 44 anni, organi che erano sani, la colecisti e la milza.
Il giudice monocratico Egidi della IX sezione, nel corso dell’udienza ha ascoltato i consulenti del pubblico ministero, quelli degli imputati e della parte civile ed ha, quindi, rinviato il processo al 21 gennaio prossimo, per ascoltare gli imputati. “La vicenda ha ancora numerosi punti oscuri – spiega Associttadini – tra l’altro dovrà essere spiegato perché nella cartella clinica, sia nella diagnosi di dismissione sia nel modello Rad (Richiesta accettazione dimissioni, con il quale la struttura sanitaria chiede il rimborso delle prestazioni alla Regione Lazio), la splenectomia ovvero l’asportazione della milza praticata alla Paziente non è citata”. http://notizie.alice.it/notizie/cronaca/2008/10_ottobre/08/malasanita_medici_asportarono_organi_sani_al_via_processo,16365553.html
Commento NdR: …ma cio’ avviene anche in quasi tutti gli ospedali italiani: operazioni inutili e non indispensabili, errori dei medici, ecc.
Quando si inizia a studiare seriamente in cosa consista la “medicina ufficiale allopatica“, ci si rende facilmente conto che è una delle più grandi truffe di tutto il 20° secolo su: cancro e chemioterapia, AIDS, vaccinazioni, amalgami dentali, emergenze virali, farmaci di sintesi, industria ottica,alimentazione ecc.. N
on c’è pressoché nulla della medicina occidentale che non nasconda inconfessabili interessi economici, oltre che una sconcertante assenza di basi scientifiche documentali sui risultati di guarigione con le varie terapie utilizzate da detta medicina.
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Importante: ….pur segnalando in questo Portale Guida alla Salute Naturale le gravi anomalie (anche criminali) della Sanita’ Mondiale gestita dalle Lobbies farmaceutiche e dei loro “agenti-rappresentanti” inseriti a tutti i livelli, Politici e Sanitari nel Mondo intero, vogliamo anche ricordare e spendere per Giustizia delle parole per gratificare e ringraziare quei centinaia di migliaia di medici (quelli in buona fede) che, malgrado le interferenze degli interessi di quelle Lobbies, incessantemente si prodigano ogni giorno aiutare i malati che a loro si rivolgono e che con i progressi delle apparecchiature tecnologiche per la diagnostica e delle tecniche interventive, stanno facendo notevoli progressi e raggiungono per essi risultati ed effetti benefici, che fino a qualche anno fa erano impensabili.
Vediamo ogni giorno progressi in tal senso, ma la terapeutica indicata dalla direzione della Sanita’ ufficiale Mondiale = OMS (che e’ legata alle linee guida di dette Lobbies), non segue, salvo rari casi, quella curva progressiva di benessere per i malati.
Se questi bravi medici che operano giornalmente sul campo, conoscessero anche la Medicina Naturale, potrebbero migliorare e di molto le loro tecniche terapeutiche, con grande beneficio per tutti i malati.
Auspichiamo che questi nuovi “medici“, quelli veri, imparino a “curare” e non a ritenersi dispensatori di vita o di morte…che imparino UMILMENTE tutte le tecniche sanitarie possibili….per accompagnare il malato sulla via della guarigione e/o delle morte se e’ divenuto impossibile curarlo, dopo aver provato QUALSIASI metodo di “cura”, anche quelli non insegnati dalle “Universita” !
Questo e’ il vero medico che auspichiamo divenga al piu’ presto l’operatore sanitario che tutti i pazienti vorrebbero e nel quale porre la propria fiducia….. !
Anche se la tecnologia medica (apparecchiature e chirurgia) fanno passi da giganti, rimane pur sempre la terapeutica come fase di completamento per la guarigione, fase che sta ormai dimostrando sempre piu’ i suoi gravi limiti, per l’impreparazione e la mancanza di informazioni atte alla cura che hanno gli attuali medici … sfornati cosi impreparati dalle Universita’ ….al soldo-ideologie delle case farmaceutiche….