Medicina Antica o Tradizionale – vedi: Medicina Alternativa + Big Pharma
La medicina “antica”, lo definisce la parola stessa, e’ antica di milioni di anni ed e’ stata inventata dall’ “uomo naturale – homo naturalis”, che viveva in simbiosi con madre Natura, uomo che ha preceduto il cosiddetto “homo sapiens” il distruttore della natura.
La Medicina Tradizionale e’ la SOLA medicina che proviene dalle tradizioni (leggasi sapienza) dei vari popoli della Terra.
Quando la medicina allopatica si permette di qualificarsi come “medicina tradizionale” essa spaccia per “verita’ ” una grave FALSITA’perche l’Unica medicina che proviene dalle antiche tradizioni umane e’ quella detta Medicina Naturale !
La Vera Medicina e’ SOLO quella che fa guarire il malato, e lo rieduca a non ammalarsi.
Ci sono tracce di trapanazione in crani preistorici circa 100.000 anni fa; i primi documenti scritti di quelle pratiche e di quell’esperienza risalgono alle culture Babilonese ed Egizia, tra il III e II millennio prima dell’era volgare.
L’attivita’ medica appare, in queste culture, come una funzione sacerdotale minore in via di specializzazione progressiva, intrecciata con credenze religiose e pratiche magiche ed in rapporto con la convinzione che la maggior parte delle malattie abbia origine divina e decorso imprevedibile.
Da un lato c’e’ la medicina dei Santuari, dove i sacerdoti preparano i pazienti, con riti e alimenti opportuni, a ricevere nel sonno l’apparizione benefica del Dio che li libera dal male.
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I PRIMI RIMEDI – FARMACI ERANO ALGHE
E’ stata scoperta la piu’ antica farmacia del Sud America: risale a circa 14.000 anni fa ed era basata su composti di alghe.
I frammenti di alghe, datati fra 14.220 e 13.980 anni fa, sono stati trovati in un sito archeologico del Cile chiamato Monte Verde gia’ noto per essere il piu’ antico villaggio delle Americhe, mille anni piu’ vecchio di tutti gli altri scoperti nel nuovo continente.
La scoperta e’ di un gruppo di ricerca cileno-americano guidato dall’antropologo Dillehay.
Come ha scritto e ci ricorda il filosofo Umberto Galimberti, prima di Ippocrate chi erano i medici se non i sacerdoti ?
Ma se e’ vero che la scienza poi si e’ distaccata dalla religione, non e’ detto che questo avvenga nella mente dei pazienti.
Il malato investe il terapeuta ed il medico di una dimensione sacrale. Quando e’ sul letto soffrente o morente gli chiede ancora di salvarlo. Eppure e’ indispensabile un cambiamento nella cultura dei medici e della sanita’ mondiale, per recuperare paradossalmente, il suo spirito originario. Duemila anni fa il medico si occupava dell´insieme della persona. Oggi, e negli anni a venire, non potra’ che ritornare ad essere così.
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La medicina Tradizionale (quella che proviene dalla tradizione): un complesso di saperi e competenze
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (1976), la medicina tradizionale in Africa e’ “l’insieme di tutte le conoscenze, l’utilizzo di sostanze, di misure e di pratiche spiegabili e non, basate sulle fondamenta socio-culturali e religiose di una specifica comunita’, che si appoggiano esclusivamente sulle esperienze vissute e le osservazioni trasmesse di generazione in generazione, oralmente e per scritto, ed utilizzate per diagnosticare, prevenire o eliminare un disequilibrio del benessere fisico, mentale e sociale”.
La definizione ufficiale mette in risalto alcune caratteristiche delle medicine tradizionali, complessivamente riscontrabili anche in altri popoli originari el continente americano ed asiatico: imprescindibilita’ tra la dimensione tecnica e culturale della terapia, centralita’ della dimensione spirituale, importanza dell’esperienza e dell’osservazione, trasmissione familiare del sapere, visione olistica della salute.
La medicina tradizionale e’ un complesso di saperi e competenze, che abbraccia sia la dimensione concettuale che quella pragmatica, dimensioni che si sostengono e si giustificano reciprocamente. I trattamenti tradizionali si basano sull’utilizzo di piante naturali, che e’ accompagnato quasi sempre dall’esecuzione di rituali e di formule verbali che concorrono a conferire al rimedio il suo potere terapeutico.
La medicina tradizionale e’ quindi un insieme di tecniche farmacologiche, religiose, rituali, magiche, che acquisiscono senso proprio dalla loro interazione e si radica nei dispositivi culturali di una comunita’ specifica che a tale risorsa fa riferimento per curarsi.
Le conoscenze e competenze della pratica terapeutica tradizionale possono non essere immediatamente riconducibili ad una logica empirico-scientifica che ne verifica la validita’ e la veridicita’ attraverso la sperimentazione ed il metodo razionale.
Infatti, sebbene la medicina tradizionale ricorra ad un sistema di causalita’ razionale per identificare l’origine e la ragione dell’evento patologico, l’interpretazione che viene data della malattia fa riferimento spesso alla dimensione spirituale. Oltre alla diversita’ dei meccanismi eziologici, la medicina tradizionale si contraddistingue dalla biomedicina anche per cio’ che riguarda l’efficacia terapeutica, che nel caso di trattamenti tradizionali si svincola dall’ideologia dell’oggettivita’ e si dispone su un piano che potrebbe essere definito della a-razionalita’, perché non regolato cartesianamente dall’imperativo della spiegazione fondata sulla ragione, ma contaminato fortemente dalla sfera del magico e del simbolico.
Le conoscenze della medicina tradizionale in Africa vengono apprese quasi sempre all’interno della famiglia, attraverso un apprendistato prolungato nel tempo, che si sostanzia principalmente con le esperienze e con le osservazioni personali o trasmesse dagli anziani. Non ci sono istituzioni dedite all’insegnamento della pratica terapeutica tradizionale, ma sono le singole unita’ familiari a preparare i “prescelti” delle nuove generazioni alla cura delle malattie secondo le proprie specifiche competenze, secondo un percorso di vera e propria iniziazione.
Nelle culture indigene amazzoniche, procedendo anche qui con una certa generalizzazione, a fianco di una sfera “domestica” di cura dei malesseri piu’ diffusi attraverso erbe (conoscenze patrimonio delle donne e trasmesse da madre a figlia), vi e’ la sfera medico-rituale. In questo caso, gli “apprendisti” vengono adottati da un “maestro” anche esterno ai nessi familiari. Il percorso da apprendista a maestro dura moltissimi anni, con lunghi ritiri nel bosco, periodi prolungati di digiuno ed altre prove.
La medicina tradizionale e’ preposta concettualmente ed operativamente alla prevenzione e cura delle malattie e viene utilizzata nei processi di costruzione della salute, con lo scopo di diagnosticare e eliminare ogni disequilibrio psico-fisico e sociale dell’individuo. La malattia viene infatti concepita come il risultato della rottura di uno stato di equilibrio interno all’individuo o tra esso e l’ambiente in cui vive, visibile ed invisibile, e conseguentemente il trattamento tradizionale affronta l’evento patologico in modo complesso ed articolato, considerando la dinamica di interazione tra le diverse parti della persona e con il contesto che la circonda.
L’approccio olistico della medicina tradizionale contrasta con quello biomedico, secondo il quale vengono trattati separatamente i singoli organi come se fossero i soli responsabili del malessere dell’individuo, e pone invece al centro dell’intervento la condizione complessiva del malato e la sua totale situazione esistenziale ed ambientale.
In America Latina, laddove persistono radici indigene profonde, alla patologia come rottura dell’equilibrio individuo/consteso, si somma spesso una dimensione comunita’/contesto, richiedendo pratiche collettive che ricompongano un “ordine-del-mondo” e una coerenza culturale messa in discussione dall’infrazione di alcune regole.
Le prerogative messe in evidenza non vogliono pero’ determinare una rappresentazione irreale ed omologante delle singole pratiche terapeutiche tradizionali: non si puo’ infatti parlare di un’unica medicina tradizionale in Africa o in America, dove ne esistono manifestazioni diverse secondo i contesti in cui si originano, né si puo’ pensarle staticamente, come se fossero sistemi di cura immobili ed isolati, non soggetti al cambiamento.
Elemento comunque comune tra le diverse medicine tradizionali e’ la condivisione del modo di percepire e raffigurarsi il mondo tra il terapeuta ed il malato: e’ tale rapporto di interrelazione coerente e d’intesa tra i due soggetti, facenti riferimento allo stesso immaginario e ad una visione socio-culturale compartecipata della malattia e dell’ambiente, ad assumere una rilevanza fondamentale nel trattamento e nell’efficacia della cura tradizionale.
Al carattere integrale della medicina tradizionale, che assume e tratta l’individuo nella globalita’ dei fattori che lo possono riguardare, quella di tipo occidentale oppone un carattere settoriale e specialistico, vantando una ipertecnologizzazione, che pero’ la rende disinteressata alla dimensione socio-culturale del soggetto malato ed incapace di coglierlo in relazione all’ambiente esterno, dal momento che essa interpreta sempre la malattia come la conseguenza di cause disfunzionali naturali di tipo biologico-chimico.
I sistemi terapeutici tradizionali andini ed amazzonici, per esempio, sono di fatto ampiamente “contaminati” da elementi, riferimenti simbolici, oggetti re-interpretati, provenienti dalla cultura occidentale o meticcia. Va quindi colta la natura dinamica di questi sistemi di conoscenze, che per questo possono essere definiti “sistemi aperti” ed ancora “vivi”, capaci di assumere, decodificare e ricostruire percorsi e simboli all’interno del loro orizzonte culturale.
A partire dagli anni ’70, la politica sanitaria internazionale ha cominciato ad interessarsi alla medicina tradizionale, riconoscendone progressivamente l’importanza come risorsa terapeutica ed accettando il ruolo rilevante dei terapeuti tradizionali per il soddisfacimento dei bisogni di salute. In Africa, in accordo con i principi dell’assistenza sanitaria di base, i guaritori sono stati coinvolti in programmi di sviluppo comunitario, soprattutto in materia di nutrizione, salute materno-infantile, programmi di vaccinazione, lotta contro le malattie dette impropriamente “trasmissibili” e trattamento delle affezioni croniche, riciclandoli per renderli in grado di somministrare delle cure primarie, anche utilizzando i rimedi tradizionali giudicati validi.
L’idea alla base di simili interventi e’ stata quella di integrare la medicina tradizionale all’interno del sistema sanitario nazionale, non senza ambiguita’ pero’ sul ruolo da attribuirle. La logica dell’integrazione, infatti, presuppone la fusione dei due sistemi di cura, a vantaggio di quello convenzionale che e’ in grado di esercitare una pressione maggiore nel loro rapporto di forza, con conseguente assimilazione o fagogitamento delle risorse terapeutiche tradizionali.
Terra Nuova, che da tempo si occupa di medicine tradizionali all’interno del Programma Bandiagara in Mali, promuove l’articolazione tra medicina tradizionale e quella convenzionale, contro ogni dinamica riduzionista di annullamento delle differenze. Articolare le due medicine, infatti, significa favorire il consolidamento di un loro rapporto negoziale e paritario e costruire un sistema di collaborazione tra gli operatori dei due sistemi di cura all’insegna del rispetto sincero e del mutuo riferimento dei malati. Una simile formulazione progettuale e’ stata possibile anche grazie al processo di riflessione e confronto riguardante i temi delle medicine tradizionali a cui TN, insieme ad altre ONG italiane e straniere, ha partecipato negli ultimi anni.
Un percorso simile in quanto ad approccio strategico ed operativo, e’ quello realizzato nel Progetto interculturale e produttivo Yayusa, che si svolge con una popolazione indigena dell’amazzonia peruviana.
Tratto da: http://www.terranuova.info
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Pochi sanno che il primo uomo, storicamente documentato, ad usare erbe e funghi medicinali e probabilmente anche l’agopuntura, fu anche un europeo: Otzi, l’uomo di Similaun, ritrovato nel 1991 mummificato in Alto Adige (Italy), e risalente al 3.300 a.C. Sulla sua pelle sono stati identificati numerosi tatuaggi, eseguiti a scopo curativo.
Gia’ nella Grecia e Roma antica i medici praticavano incisioni e posizionavano scaglie di metallo nelle orecchie dei pazienti a fini terapeutici, un trattamento continuato nel Medioevo e nel Rinascimento. Ma ancora oggi, nelle campagne italiane, si esegue la cauterizzazione del padiglione auricolare per il trattamento del mal di schiena.
Il programma del congresso prevede anche una sessione libera (5 ottobre) interamente dedicata ai pazienti e a quanti intendono presentare le proprie esperienze di medicina tradizionale e popolare.
Medicina Tibetana – Origini della Medicina (Brama) – Il BUDDA della Medicina
– vedi: Medicina Ayurvedica + Medicina naturale tradizionale indiana (Ayurveda)
Medicina tibetana – Le piante
La “scienza della guarigione” Tibetana, insegna che le malattie possono essere curate modificando il comportamento e la dieta del paziente, somministrando sostanze medicinali e trattamenti quali la moxa e il salasso, e con rituali religiosi. L’obiettivo è quello di contrastare le malattie ricorrendo a terapie aventi proprietà ad esse opposte: una malattia calda potrà essere trattata con una medicina con proprietà fredda.
La teoria elementare della materia (giunta dall’India) gioca un ruolo essenziale nella farmacologia tibetana: le proprietà terapeutiche delle sostanze sono determinate dalla proporzione in cui sono presenti i 5 elementi fondamentali che le compongono: terra, acqua, fuoco, vento, e spazio.
Ma per quanto riguarda le piante i criteri impiegati dai medici tibetani sono vari e molteplici, sovente di natura empirica: ambiente di crescita, altitudine, esposizione, piante vicine, possono influire sulle proprietà curative. Alcune piante, come Nardostachys grandiflora (usato come febbrifugo e per i gonfiori), senza il loro odore specifico non possono essere impiegate.
Altre, come Dracocephalum tanguticum (principalmente usato per incrementare il calore digestivo), variano le proprietà terapeutiche secondo la fase vegetativa. In alcuni rari casi è la cosiddetta “teoria delle firme” che entra in gioco: il simile cura il simile.
Così Arnebia euchroma, la cui radice produce un lattice rosso, è impiegata per curare le malattie del sangue. La somministrazione di farmaci ha sempre avuto un ruolo cruciale nella medicina tibetana.
Tuttavia le sostanze medicinali non sono impiegate singolarmente bensì combinate in preparazioni complesse, i cui ingredienti vengono scelti secondo proprietà terapeutiche individuali e capacità di eseguire azioni coordinate e sinergiche.
By Alessandro Boesi – Tibetologo, Milano
Secondo i Tibetani tutta la conoscenza medica ha un’origine sacra ed e’ attribuita alla saggezza dei Buddha.
Il Buddha che insegno’ la medicina a Brahama fu il Buddha Kashyapa, il terzo nella linea dei Buddha del nostro universo.
Secondo la mitologia buddista, nella prima parte del ciclo temporale del ns. universo, gli esseri umani vivevano assorbiti in stati di profonda meditazione, avevano poteri miracolosi, emettevano luce dal corpo e non avevano mai bisogno di mangiare.
Ma un giorno un po’ di bitume cadde sulla terra ed un uomo lo raccolse e lo mangio’…e si ammalo’.
Così l’indigestione fu il primo male ed annuncio’ la fine dell’eta’ dell’oro. Il dio Brahama apprendendo della malattia dell’uomo, provo’ compassione e volle subito curarlo. Istantaneamente Brahama ricordo’ un insegnamento medici di Kashyapa Buddha: l’acqua bollente cura le indisposizioni digestive. La prescrisse, l’uomo fu guarito e così ebbe inizio la medicina tibetana.
L’acqua bollita e’ ancora un rimedio fondamentale della medicina tibetana per ogni tipo di disturbo digestivo: deve essere bollita per almeno 20 minuti, per poter portare l’acqua ad un essenza liquida purificata, poi si beve.
Medicina Ebraica antica
E’ una medicina chiaramente di tipo religioso, Dio e’ l’unica fonte di malattia e di risanamento, per cui solo il sacerdote, l’uomo scelto da D’io, e’ considerato strumento di guarigione; il medico viene tenuto in grande considerazione, ma e’ la divinita’ ad aver creato le piante e tutti i medicamenti: alimentazione, prevenzione ed igiene sono marginali rispetto al precetto religioso.
Medicina Assiro Babilonese
E’ una medicina religiosa e magica: l’ira di una divinita’ verso una persona permette ai demoni maligni di aggredirla causando in tal modo la malattia; il concetto magico ha invece risalto nella parte terapeutica, nell’attuazione cioe’ degli esorcismi.
Nella fase diagnostica le due concezioni vanno di pari passo e un ruolo preponderante e’ giocato dall’ispezione del fegato, ritenuto l’organo piu’ importante in quanto fonte di sangue.
Bisogna poi ricordare la parte dedicata alla chirurgia compresa nel Codice di Hammurabi: vi e’ una vera e propria serie di norme deontologiche in cui sono riportati compensi e pene per chi esercita questa attivita’.
Medicina Egizia
E’ una medicina basata su un empirismo illuminato: ritroviamo una concezione biologica, la conoscenza dei vari quadri sintomatologici e la farmacologia. Gli Egizi avevano compreso che l’alcool scioglieva gli alcaloidi vegetali contenuti nelle piante, molto meglio dell’acqua e quindi utilizzavano il vino per formulare veri e propri rimedi sciropposi.
Gli elementi che costituiscono la sapienza medico empirica vengono trattati solo in libri sacri accessibili unicamente agli iniziati.
Risultano molto precise le indicazioni relative alla terapia (nel papiro di Ebers sono menzionati 500 diversi medicamenti) ed alle sue varie forme di confezionamento e di somministrazione: polveri, tisane, decotti, macerazioni, pastiglie erano perfettamente conosciuti. Assai progredita era inoltre la chirurgia e la sutura delle ferite. Esistevano medici specialisti nelle malattie urinarie, nelle patologie delle orecchie, degli occhi e della pelle.
ved Papiro di Ebers1 – PDF + Papiro di Ebers2 – PDF
Druidi e medicina celtica
Diancecht e’ il primo Druido, di ascendenze divine, da cui proviene tradizionalmente la conoscenza dei segreti curativi della natura.
Le antiche popolazioni celtiche vivevano in un’Europa coperta da boschi e foreste, completamente immerse nella natura e con il mondo vegetale. In questi boschi si aggiravano i druidi alla ricerca di piante officinali e di erbe con proprieta’ magiche e fitoterapeutiche.
Nel mondo celtico, in cui e’ inconcepibile una separazione netta tra realta’ sensibile e realta’ sovrannaturale, la funzione dei guaritori druidi e’ collegata alle energie misteriose della vita; la loro medicina si inscrive in un contesto in cui il sacrificio offerto alla generosita’ della Terra, il rispetto di precisi rituali simili allo sciamanesimo, sono importanti quanto le proprieta’ chimiche della pianta: e’ anzi grazie a queste operazioni che essa puo’ con efficacia svolgere la propria funzione curativa.
Nell’antichità il sacerdote svolgeva anche le funzioni del medico, l’esempio più chiaro è quello dei druidi:
http://it.wikipedia.org/wiki/Druido + http://www.immaginario.net/celti/druidi.htm
Medicina Andina
Da centinaia di anni nell’arco andino si pratica una medicina ancora sconosciuta ai più; questa medicina, come nel caso di quella cinese, tende a curare le radici profonde di qualunque “enfermedad” (malattia). Già anticamente erano riconosciute le origini psico-somatiche di molte malattie e per risolverle si doveva arrivare alla “guarigione dell’anima” della persona. La sfera medica e quella spirituale si ritrovano così in stretto contatto, e si compenetrano.
La figura che pratica questa medicina, viene chiamata in Perù e in molti altri paesi del Sud America “curandero”.
L’antica medicina peruviana considerava l’uomo in senso olistico, da punto di vita fisico, istintuale, emozionale, mentale e spirituale. Essa studiava il rapporto tra l’uomo e la Natura Esterna, Hanan, come il sole, la luna, l’energia cosmica e l’energia tellurica, e tra l’uomo e la sua Natura Interna, Hurin.
L’Hurin e’ la natura interna ed e’ costituita da tre livelli: il mondo istintivo, il mondo affettivo e il mondo del pensiero.
Tra i tre livelli esisteva un’interrelazione armonica. Quando questa relazione veniva alterata si rompeva l’equilibrio tra la natura esterna e quella interna L’armonia tra la natura esterna e quella interna si traduceva in salute, mentre la disarmonia era segno di malattia.
Conoscevano l’energia chiamata Kallpa che permea ogni essere umano e tutta la natura. Per questo utilizzavano molti simboli per descrivere l’energia: fulmine per l’energia elettromagnetica e arcobaleno per le diverse vibrazioni di quella energia. I guaritori, usavano l’osservazione del malato, la premonizione, la chiaroveggenza, la telepatia e l’intuizione, per fare diagnosi.
Si servivano di conoscenze di erboristeria, mineralogia, zoologia e biofisica per preparare rimedi medicinali e utilizzavano conoscenze di psicoterapia, cromoterapia, aromaterapia, percezione sovrasensoriale, fisioterapia, ipnosi, massaggi, viaggi nel tempo e nello spazio e l’arteterapia (canto, danza e musica) per risolvere i problemi fisici, mentali e spirituali e aiutare il paziente a ristabilire l’equilibrio tra natura esterna e natura interna. – vedi: Tecniche di medicina naturale + Tecniche di medicina spirituale
Anche nella medicina andina l’essere umano ha due corpi: uno fisico e uno energetico. Un corpo fisico, visibile, palpabile, percettibile. Un corpo energetico non fisico, né palpabile, che non si può vedere.
Essi consideravano (NdR: saggiamente) che l’origine di ogni malattia fosse un disturbo spirituale, poi mentale e solo alla fine fisico. “Quando l’allievo e’ pronto il maestro appare, sotto forma di fulmine, tromba d’aria o malattia”.
L’apprendistato durava molti anni, gli studenti imparavano da grandi maestri che trasmettevano le loro conoscenze una alla volta: l’allievo cominciava ad imparare le guarigioni piu’ semplici e via via arrivava ad imparare i poteri extrasensoriali, i meccanismi della vita e della morte, il percorso dell’energia e l’arte di riportare l’equilibrio in una persona.
Lo scopo degli uomini di medicina era aiutare a vivere bene e in armonia e, quando il ciclo della vita era concluso, aiutare a viaggiare verso un’altra dimensione, la morte, in pace e senza sofferenze.
Medicina Greca
Nella Grecia Antica la medicina entro’ a far parte del grande movimento filosofico ed assunse maggiori caratteristiche scientifiche. e’ testimoniata fin dai tempi di Omero la presenza di medici laici, attivi presso i palazzi dei signori, nelle Citta’ e nelle loro campagne.
La medicina dei tempi omerici ha gia’ i caratteri di una professione, ben ordinata su basi sicure.
Esiste una nomenclatura delle varie parti del corpo, identica a quella che riscontriamo piu’ avanti negli scritti di Ippocrate.
Le descrizioni delle cure, specialmente delle ferite, dimostrano una sicura esperienza e pare che l’opera del medico e del chirurgo siano gia’ nettamente distinte. Nell’intera antichita’ greca, la guarigione fu considerata essenzialmente un fenomeno spirituale e fu associata a molte divinita’.
Presso i Greci Esculapio, figlio di Apollo, divenne nella mitologia il dio della medicina e gli vennero dedicati templi che erano veri luoghi di cura dove accorrevano malati e pellegrini.
Lo stesso Pitagora si occupo’ di fisiologia ed epidemie, Lisippo affermo’ che nulla avviene senza una causa, Epicarpo sostenne che solo la natura puo’ intendersi di cio’ che e’ salutare.
I medici Greci formarono corporazioni mediche, che promossero una forma di medicina fondata su conoscenze empiriche.
La medicina, dunque, e’ un’arte a sé esercitata da uomini esperti, che ad essa si dedicano e per tale opera sono remunerati.
Le guarigioni ottenute vengono iscritte dai pazienti grati sulle tavolette, molte delle quali sono state ritrovate.
Democede di Crotone – Tra medicina religiosa e medicina laica – 18/12/2015 – By Giuseppe Squillace
La figura di Democede di Crotone, medico vissuto tra le seconda metà del VI secolo a.C. e la prima metà del V, rappresenta il connubio perfetto tra medicina religiosa praticata nei santuari di Asclepio e medicina laica praticata da medici itineranti, che dall’osservazione del malato traevano diagnosi e terapie.
Nel lessico bizantino della Suda (X secolo d.C.) si legge infatti che il padre di Democede, un certo Callifonte, prima di trasferirsi a Crotone, era stato sacerdote di Asclepio a Cnido.
Conosceva dunque l’arte della medicina che, come era consuetudine nel mondo antico almeno fino a Ippocrate (V-IV secolo a.C.), era tramandata da padre in figlio.
Le informazioni più dettagliate su Democede provengono dallo storico Erodoto di Alicarnasso (V secolo a.C.) che, in un lungo passaggio delle sue Storie (libro III, capitoli 129-134), racconta che Democede, entrato in dissidio col padre, decise di trasferirsi in Grecia. Pur essendo privo degli attrezzi di mestiere, Democede riuscì a sbaragliare gli altri concorrenti nella pratica della medicina e a diventare medico pubblico degli abitanti di Egina. Questi gli corrisposero come stipendio la cifra piuttosto elevata di 1 talento (circa 26 kg. di argento puro).
Dopo 1 anno Democede passò al servizio degli Ateniesi, che gli offrirono uno stipendio di 100 mine (circa un talento e mezzo), per poi, divenuto evidentemente celebre oltre confine, diventare medico personale del potentissimo tiranno Policrate di Samo che gli offrì lo stipendio di 2 talenti.
Nel 522 a.C. Policrate venne ucciso dal satrapo persiano Orete, che si impossessò di tutti i beni del tiranno di Samo. Tra essi rientrava anche Democede, che venne condotto in prigione.
Poco tempo dopo Orete cadde in disgrazia presso il re persiano Dario che, mandato a morte il suo satrapo, ne fece condurre a Susa tutte le ricchezze compresi gli schiavi.
La fortuna incontrò Democede proprio nella città persiana. Durante una battuta di caccia, infatti, Dario cadde da cavallo e si procurò una microfrattura all’altezza del tallone. Nonostante potesse contare su uno staff di medici egiziani, i più validi a quel tempo, tuttavia per sette notti e sette giorni non riuscì a prendere sonno straziato da dolori lancinanti. Venne a sapere allora che tra gli schiavi di Orete si trovava Democede un valente medico greco. Fattolo portare davanti a sé, gli chiese se avesse competenze in medicina. Democede dapprima negò temendo di restare per sempre in Persia nel caso in cui avesse guarito il sovrano, poi confessò temendo la tortura.
Usando medicamenti blandi (forse cataplasmi) insieme a interventi più robusti (manipolazioni), Democede fece ritrovare a Dario sonno e salute. Il re lo ricompensò dandogli non solo ricchezza, ma elevandolo al ruolo di medico di corte al posto di quei medici egiziani che si erano mostrati piuttosto incompetenti.
Qualche tempo dopo – continua Erodoto – anche la regina Atossa, moglie di Dario, patì un problema di salute. Le nacque infatti un rigonfiamento sul seno – una mastite con tutta probabilità piuttosto che un carcinoma – che, gonfiandosi suppurò e si aprì dando luogo a una piaga. Fino a quando il male fu piccolo, la regina, per pudore, lo tenne nascosto.
Quando invece si allargò fu costretta a chiamare Democede che, non richiedendole in cambio nulla di sconveniente ma soltanto l’aiuto a fare ritorno a Crotone, la guarì. Proprio con l’aiuto della regina Democede poté fare rientro in patria dove sposò la figlia del noto atleta Milone ed entrò a far parte dei circoli pitagorici.
La storia di Democede, narrata in forma romanzesca da Erodoto, attesta come medicina religiosa e medicina laica fossero complementari e rappresentassero due facce della stesso settore.
La vicenda aiuta meglio a definire le caratteristiche del medico che, già nel VI secolo a.C., acquisiva le proprie competenze dal padre, che a sua volta le aveva apprese dal proprio padre secondo una trasmissione in linea familiare; era medico itinerante spostandosi laddove c’era bisogno delle sue prestazioni; poteva lavorare come medico pubblico al servizio di comunità, o come medico privato al servizio di ricche famiglie, tiranni e re; riceveva uno stipendio adeguato al ruolo che ricopriva e a chi ne chiedeva e otteneva i suoi servigi; arrivava a ricoprire tale ruolo dopo apposito “concorso pubblico”, nel quale, servendosi anche di attrezzi di mestiere, era chiamato a mostrare le proprie competenze.
Una professione, quella di medico, che con Democede trova la prima chiara attestazione, per poi affermarsi pienamente un secolo dopo con Ippocrate di Cos e la sua scuola.
Per maggiori informazioni sul tema trattato con fonti e bibliografia relativa:
G. Squillace, I mali di Dario e Atossa, Modalità di intervento, tecniche terapeutiche, modelli di riferimento di Democede di Crotone (nota ad Hdt. III 129-134,1)
G. De Sensi Sestito (a cura di), L’arte di Asclepio. Medici e malattie in età antica, Atti della giornata di studio, Unical 26 Ottobre 2005, Soveria Mannelli, Rubbettino 2008, pp. 29-62
G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015
L’autore, Giuseppe Squillace è Professore Associato di Storia Antica presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria. I suoi principali interessi di ricerca sono i seguenti:
La Macedonia antica con particolare riferimento a Filippo II e Alessandro Magno; la medicina in Magna Grecia tra VI e IV secolo a.C.; l’arte della profumeria nel mondo antico con particolare attenzione a Teofrasto e al suo scritto *De odoribus*.
Tratto da: http://wsimag.com/it/benessere/18724-democede-di-crotone
Medicina Romana
“La medicina romana si connette alla medicina di altri popoli latini e alla medicina magica etrusca: si narra che i figli della MagaCirce, esperta in farmaci, divennero Principi etruschi, si trovano cenni in scritti di Eschilo e Teofrasto, mentre Esiodo parla della grande rinomanza dei medici etruschi (per esempio, le opere di canalizzazione provano la conoscenza dell’importanza che davano alle acque putride). La medicina romana e’ inizialmente solo sacerdotale, non c’era l’esercizio della professione medica, ma ogni pater familias conservava gli antichi costumi popolari. Con l’arrivo a Roma dei medici greci, (ostacolati per esempio da Catonecustode proprio delle tradizioni romane) la medicina romana prende nuovi impulsi, nascono le prime scuole e gli esponenti piu’ famosi sono Dioscuride (le sue opere con le prime nozioni di farmacologia) e Galeno da Pergamo nel II secolo, che possiamo considerare il fondatore della medicina sistemica: infatti se Ippocrate esprime nella medicina la sua concezione biologica-cosmica,
Galeno gli contrappone la sua concezione morfologica-analitica. Galeno afferma la dottrina della patologia locale per cui ogni malattia di ogni organo costituisce un fattore a sé stante. Roma diviene comunque maestra di igiene sociale nel mondo: gli acquedotti, le terme, l’ordinamento dei parchi, la sorveglianza igienica sugli alimenti, le cloache e le leggi sanitarie a difesa della salute pubblica sono, attraverso le scuole, conosciute e rinomate in tutto l’impero; nel III secolo tutto l’insegnamento e’ riordinato, la medicina greca e’ applicata, codificata perfettamente, con evoluzione nelle regole igieniche; esistono ospedali anche militari, la classe medica ha una posizione importante nella societa’ e nello stato, la medicina legale e’ importantissima nel complesso delle leggi e lo stato affida al medico la cura e la responsabilita’ della salute del cittadino. Anche il personale non-medico e’ formato e valorizzato (esistono i frictores e gli unguentari che applicano unguenti e fanno massaggi negli ospedali).
Con la caduta dell’impero romano decade anche la medicina romana, il Medioevo si delinea con le sue grandi epidemie e pestilenze e centinaia di migliaia di vittime. Con il sorgere del Cristianesimo, il culto di Esculapio-salvatore, e’ sostituito dal Cristo, medico dell’anima e del corpo: il Vangelo si rivolge agli ammalati e si parla di guarigione come di divino intervento.
La medicina religioso-cristiana combatte le formule magiche e promuove le preghiere, l’imposizione delle mani e le unzioni con olio santo e studi e ricerche scientifiche vengono considerati inutili. L’influsso delle correnti mistiche orientali incontra questa medicina religiosa e si fonde in una medicina popolare che ricorre al culto di santi guaritori (antico e non dimenticato concetto), con il tempo e con l’influsso bizantino si trasformera’ in medicina conventuale”.
Tratto da: it.wikipedia.org
Ritrovate ed analizzate pillole medicinali Romane, ritrovate nei fondali marini – 30/09/2010
Dai fondali del mare al laboratorio. Le analisi del Dna su queste medicine millenarie hanno riscontrato la presenza di diversi tipi di piante, dalla cipolla selvatica al cavolo, dalla quercia al girasole. Robert Fleischer, direttore dello Smithsonia Conservation Biology Institute presso il National Zoological Park di Washington, ha confrontato alcuni frammenti con le sequenze del database dei geni gestito dai National Institutes of Health. “In ogni pastiglia abbiamo trovato almeno dieci piante”, ha spiegato Fleischer a Repubblica. it. “Alcuni estratti sembrano essere più comuni di altri, come l’alfa alfa, la carota, la cipolla e la noce.
Altri corrispondono a biancospino, Achillea millefolium, Canavalia ensiformis e ibisco, probabilmente importato dall’est dell’Asia o dalle odierne India ed Etiopia. “In molti casi – ha aggiunto il ricercatore – si tratta di sostanze le cui proprietà benefiche sono elencate nei libri chiave della medicina antica”.
Tratto da: repubblica.it
Medicina Araba
La cultura araba dispone di una medicina completa e sofisticata, con metodi diagnostici e terapeutici altamente sviluppati ed una ricca farmacologia. Nel medioevo la medicina europea era molto influenzata dalla medicina araba (Avicenna), tramite la Spagna moresca ed intermediari ebrei (Averroe’).
Per chissa’ quali motivi, oggi e’ quasi sconosciuta in Europa e non dispone di adepti europei come e’ il caso per le medicine orientali. Solo in communita’ di immigrati musulmani si trovano ancora tracce (maggiormente religiose). Vista la diffusione islamica in Africa, la medicina araba si e’ mescolata con tradizioni locali sciamaniche ed animistiche; in Oriente, con medicine di tradizione buddista e induista.
Le Erbe Medicinali
Un’antica leggenda narra che Esculapio, dio della medicina, avesse imparato l’arte del curare dopo aver visto una pecora, ormai in fin di vita, sforzarsi di mangiare un’erba selvatica e dopo recuperare forza e vigore.
L’uomo ha iniziato a curare i propri malanni servendosi delle erbe spontanee osservando gli animali che lo facevano istintivamente; l’uso dei rimedi naturali vegetali e’ poi proseguito per millenni fino a trasformarsi in scienza delle erbe medicinali o fitoterapia.
Le erbe medicinali coltivate nel Medioevo, come salvia, rosmarino, cicoria e malva sono utilizzate ancora oggi.
Ogni territorio detiene uno specifico patrimonio di conoscenze relativo alle piante reperibili nella propria zona, sul loro impiego e sulle modalita’ di raccolta e le erbe sono state utilizzate nelle medicine di ogni cultura del mondo.
Nella medicina popolare la componente magica operava l’allontanamento delle forze maligne, considerate come le cause della malattie, mentre alle proprieta’ delle piante era affidato il compito di curare i sintomi.
Guaritori Popolari ed Antica Saggezza
Nel corso dei secoli, presso i popoli dell’area mediterranea ed europea, la guarigione e’ stata praticata da guaritori popolari, guidati dalla sapienza tradizionale, che vede nella malattia un disturbo dell’intera persona, che coinvolge non solo il corpo del paziente, ma anche la mente, l’immagine che ha di sé, la dipendenza dall’ambiente fisico, sociale e di credenze.
I guaritori popolari usavano una grande varieta’ di tecniche terapeutiche: talvolta con approcci magici, talvolta empirici, talvolta olistici. In comune, essi avevano la considerazione totale dell’essere umano.
Con rituali e cerimonie, tentavano di influire sulla mente del malato, allentando l’ansia che e’ la componente piu’ devastante della malattia e aiutando il paziente a stimolare quelle facolta’ di reazione alla malattia che ogni organismo naturalmente possiede.
Queste cerimonie di guarigione implicano un intenso rapporto tra guaritore e paziente e sono spesso interpretate in funzione di forze soprannaturali, convogliate nel malato attraverso il guaritore.
Scientificamente, si puo’ dire che il processo di guarigione rappresenta la risposta dell’organismo integrato a influenze ambientali.
Questa concezione di guarigione implica una varieta’ di concetti, che trascendono la divisione cartesiana e che faticano ad essere compresi all’interno della scienza medica corrente.
La medicina occidentale si avvalse di numerose nozioni e tecniche, accumulate da guaritori popolari e, successivamente, arricchita da studi, esperimenti e ricerche si trasformo’ in vera scienza, che abbraccia le piu’ svariate discipline.
Il sistema medico occidentale e’ pero’ solo uno tra molti altri; la maggior parte delle societa’ presentano un pluralismo di sistemi e di credenze mediche senza una linea netta tra un sistema e l’altro.
Oltre alla medicina occidentale e alla medicina dei guaritori popolari, molte culture hanno sviluppato una loro medicina tradizionale colta.
Come la medicina occidentale, questi sistemi, indiano, cinese, tibetano, persiano ed altri, si fondano su di una tradizione scritta, usano una conoscenza empirica ed il loro approccio e’ olistico.
Oltre a questi sistemi, tutte le societa’ hanno sviluppato un sistema di medicina popolare: credenze e pratiche usate all’interno di una famiglia, o di una comunita’, che venivano trasmesse oralmente.
La pratica della medicina popolare e’ stata tradizionalmente una prerogativa femminile, dal momento che l’arte della guarigione nella famiglia e’ associata di solito ai compiti e allo spirito della maternita’.
I guaritori popolari praticano la loro attivita’ all’interno di una professione organizzata, ma derivano la loro autorita’ dall’efficacia terapeutica dei loro poteri, spesso interpretati come appartenenti ad un mondo trascendente.
La medicina Maschile
Con l’emergere di una medicina organizzata, tradizionale, si affermano modelli patriarcali e la medicina viene a essere dominata dai maschi. Cio’ vale tanto per la medicina classica, cinese o greca quanto per la medicina dell’Europa medioevale, o per la medicina moderna.
Nella storia della medicina occidentale, la conquista da parte di un élite professionale di sesso maschile implico’ una lunga lotta, che si accompagno’ con l’emergere dell’approccio razionale scientifico alla salute e alla guarigione.
Guaritori, Maghi, Stregoni e Sciamani – Daime (bevanda degli Sciamani)
La medicina, nei tempi antichi, era praticata da sciamani e maghi, uomini dotati di poteri divinatori che conoscevano i segreti ancestrali della natura e i sieri medicamentosi per scacciare gli spiriti che causavano le febbri.
In posizione intermedia, tra i Santuari e la medicina profana, vi sono i numerosi guaritori stregoni, maghi, operatori d’incantesimi attivi nelle campagne e nelle piazze cittadine.
Essi proseguono la tradizione orientale e anche nordica della magia e dello sciamaniesimo che offre numerose somiglianze con le moderne psicoterapie.
La tradizione dello sciamanesimo e’ esistita sin dall’origine della storia e continua a essere una forza vitale in molte culture di tutto il mondo.
Lo sciamano e’ una persona in grado di entrare volontariamente in uno stato di coscienza non ordinario per prendere contatto col mondo degli spiriti.
Il ruolo dello sciamano e’ di presiedere ai rituali religiosi e di comunicare con gli spiriti per la divinazione, per la diagnosi delle malattie e per la guarigione.
Il carattere piu’ eminente della concezione sciamanica della malattia e’ la convinzione che gli esseri umani siano parte integrante di un sistema ordinato e che ogni malattia sia conseguenza di una disarmonia con l’ordine cosmico.
Le terapie sciamaniche insistono, di conseguenza, sul ripristino dell’armonia all’interno della natura, nei rapporti umani e nei rapporti col mondo degli spiriti.
La medicina dei popoli primitivi viventi oggi e’ essenzialmente demonistica, supportata dalle azioni medicamentose di vegetali e minerali.
Essa non e’ viva solo presso i cosiddetti villaggi, ma si diffonde anche nei nostri popoli, con pratiche, alle volte, meramente superstiziose.
La medicina dei primitivi considera essenzialmente due parti nella difesa contro il male: quelle che noi chiamiamo eziologia e terapia, compendiando in esse diagnosi e prognosi.
Tratto da: http://www.salutenatura.com
vedi per altre info: http://it.wikipedia.org/wiki/Medicina_popolare
La
Scuola Medica Salernitana (dal 1000 c.a. al 1811) insegnava le Medicine Naturali ed anche la diagnostica per mezzo anche dell’iridologia.
Il “Regimen Sanitatis”, che nel corso dei secoli ha avuto titoli diversi (“Medicina Salernitana”, “De conservanda bona valetudine”, “Flos medicinae Scholae Salerni”) è il documento letterario fondamentale della Scuola Medica Salernitana: al nucleo originario, poco più di trecento versi raccolti e commentati nel XIII sec. da Arnoldo di Villanova, furono aggiunti via via numerosi altri aforismi attribuiti, a torto o a ragione, alla Scuola Medica Salernitana.
Uno dei momenti decisivi nel progresso della scienza medica va certamente attribuito alla scuola medica salernitana, definita la madre di tutte le università.
Le prime notizie certe su di essa risalgono al principio dell’anno 1000, anche se il massimo splendore si ebbe nel corso del XII e XIII secolo. Questa scuola si basava non solo sull’insegnamento del greco Ippocrate, ma anche sull’esperienza e gli insegnamenti dellamedicina araba ad opera di Costantino l’Africano che ebbe il merito d’introdurre testi arabi nella Scuola di Salerno..
Se per mancanza di adeguata documentazione, è difficile accertare l’epoca di fondazione della Scuola o delle scuole, non si può dubitare che nei secoli X-XI i medici di Salerno godessero di grande fama anche fuori dall’Italia.
La leggenda attribuisce la fondazione della Scuola a quattro maestri: l’ebreo Helinus, il greco Pontus, l’arabo Adela ed il latino Salernus. L’ars medica salernitana nasce infatti dal confluire di queste quattro culture che a Salerno, nel cuore del Mediterraneo, trovarono il loro punto nodale.
Le prime testimonianze storiche dell’attività della scuola risalgono al X secolo. Alfano I’arcivescovo di Salerno dal 1058 al 1085, medico insigne, oltre che poeta e filosofo, scrisse della sua città: Tum medicinali tantum florebat in arte, posset ut hic nullus languor hobere locum: “Allora Salerno era così fiorente nell’arte medica che nessuna malattia poteva in essa trovar posto”.
Nella cultura medica salernitana, insolitamente per il panorama culturale del tempo, ebbero un posto di rilievo anche le donne.
Il personaggio più famoso, e a tratti anche leggendario, è Trotula, ostetrica e levatrice, alla quale si attribuisce un trattato di ginecologia e ostetricia.
Una delle novità più importanti di questa scuola sta nel non accettare passivamente la malattia, nel pensare che oltre ad avere cura dell’anima, occorra prendersi cura del corpo. “E’ bene guidare i sani”, affermava Ippocrate, e la Scuola Salernitana fa proprio questo motto: non si arrende di fronte alla malattia, la combatte, la cura, ma soprattutto cerca di prevenirla con strumenti medici precisi e organizzati.
Il primo documento in cui la Scuola è citata come organizzazione istituzionalizzata è contenuto nelle costituzioni di Federico II, pubblicate a Melfi nel 1231, in cui si dichiarava: … in futuro nessuno osi assumere il titolo di medico ed esercitare la professione medica se non supera l’esame della scuola pubblica di medicina dei maestri di Salerno e dispone di attestati scritti di fiducia e di perizia rilasciati da detti maestri… Questo perché i maestri di Salerno venivano da sapienze lontane, erano depositari di tradizioni antiche, avevano collegato la loro arte agli esemplari metodi dell’antico.
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E’ bene non sottovalutare le tecniche chirurgiche dell’antichita’ classica, sicuramente superiori di gran lunga a quelle medievali: il principale ostacolo era la mancanza di una valida anestesia, ma benché i nostri principi di antisepsi e asepsi basati sulla nostra conoscenza dei microrganismi non fossero noti, l’uso della purificazione al fuoco degli strumenti, la ricerca di igiene sempre scrupolosamente prescritta ecc. rendevano le complicazioni settiche un evento che aveva discrete probabilita’ di non verificarsi.
Laddove l’anestesia non era fondamentale, sono attestate infatti operazioni di un certo livello, come quelle intracraniche.
E nemmeno sarebbe opportuno sopravvalutare l’influsso di Ippocrate e della filosofia greca: molta dell’arte medica romana per esempio deriva dalla necessita’ di disporre di un efficiente corpo di sanita’ militare, che sicuramente, grazie alla robustamente pragmatica mentalita’ romana, si basava assai piu’ sulla vastissima esperienza empirica dei medici militari stessi che non sulla filosofia greca.
Si ritiene che nel trattamento di ferite e fratture, con la capacita’ chirurgica (nei limiti di cui sopra) che esso comporta, come pure nella cura e prevenzione di malattie contagiose (avete presente i problemi sanitari di un accampamento di decine di migliaia di soldati ? fognature igiene e via dicendo ? e in generale su tutti i problemi sanitari di una vita militare spesso condotta in ambienti ostili e sconosciuti (congelamenti, colpi di calore, allergie, avvelenamenti, infezioni sconosciute ecc), i medici militari romani avessero raggiunto un alto (per i tempi) grado di efficienza.
seguito su: Fisica dell’Intenzione, un nuovo modo di fare Medicina
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