Mercanti di im-mortalità
Un gruppo di ricercatori del Salk Institute di La Jolla, California, ha annunciato di aver scoperto il “gene della longevità” all’interno di vermi nematodi (lo studio è stato pubblicato su Nature, Telegraph e Independent). La scoperta, ritengono gli scienziati, potrebbe fornire indicazioni decisive sul modo in cui lo stimolo persistente alla fame possa favorire una vita più lunga.
Il team ha dimostrato che uno dei geni, il pha-4, sarebbe in grado di regolarizzare il consumo alimentare, e che, aumentando il numero di questi geni all’interno dei vermi, si riesca ad aumentarne anche la longevità. Gli uomini possiedono tre geni molto simili al pha-4 e il prossimo passo della ricerca consisterà proprio nello studio di questi geni e delle loro reazioni alla mancanza di cibo.
In precedenza, era stata annunciata la scoperta della “molecola della longevità”, l’ossido di azoto (siglato NO), una molecola gassosa già conosciuta per le sue proprietà vasodilatatrici (è uno dei componenti del viagra, ndr), che potrebbe procedere negli anni al riparo dalle malattie tipiche della terza età. Secondo Enzo Nisoli, professore Associato di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano, NON sarebbe un mediatore chimico dei noti effetti “allunga-vita” della cosiddetta restrizione calorica, cioè il mantenimento dell’organismo con una dieta a basso contenuto di calorie. Inoltre, pare che l’ossido di azoto accenda il gene che produce una sostanza chiamata sirtuina 1, un’altra proteina allunga-vita.
Poi era venuta fuori la “proteina dell’invecchiamento”, la p16INK4, già nota per il suo ruolo anti-cancro, che causerebbe quel processo di senescenza cellulare che rende le staminali incapaci di proliferare e produrre nuove cellule.
L’invecchiamento, dunque, sarebbe provocato da una molecola che, con gli anni, impedirebbe via via alle cellule progenitrici dei vari tessuti – le staminali adulte – di compiere quel ricambio cellulare necessario alla loro manutenzione.
Senza queste “cure”, hanno spiegato i tre gruppi di ricerca – rispettivamente l’Harvard Stem Cell Institute di Boston, la University of North Carolina (UNC) presso Chapel Hill e la University of Michigan presso Ann Arbor – noi invecchiamo. Ma se un giorno si riuscisse a modificare la quantità di p16INK4a, in modo che tale intervento non ci metta a rischio di cancro, la “molecola della vecchiaia” potrebbe divenire un bersaglio di nuove terapie per rallentare i segni del tempo.
La scienza improntata all’estensione radicale della vita umana (medicina rigenerativa, nutrigenomica, ingegneria genetica, bionica, bionanotecnologia, ecc.) sta alimentando una vera e propria industria, destinata ad un mercato enorme di miliardi di dollari. In “Merchants of Immortality”, Stephen S. Hall, storico della scienza, indaga questa affascinante e al tempo stesso inquietante ricerca, in particolare clonazione e cellule staminali, al centro del dibattito bio-etico, facendo luce su come la legislazione abbia creato un business retto sostanzialmente da privati.
Guardando all’intersezione tra l’antica paura della morte e la scienza neo-faustiana contemporanea, che si dichiara in grado di sconfiggerla. «Criminali e malati di mente devono essere umanamente ed economicamente eliminati in piccoli istituti per l’eutanasia, forniti di gas adatti. L’eugenetica è indispensabile per perpetuare la forza. Una grande razza deve propagare i suoi migliori elementi. L’eugenetica può esercitare una grande influenza sul destino delle razze civilizzate; l’espandersi di pazzi e deboli di mente deve essere prevenuta perché è peggiore di qualsiasi fattore criminale. L’eugenetica chiede il sacrificio di molti singoli esseri umani».
Nel 1930, Alexis Carrel, francese, premio Nobel nel 1912 e direttore della Divisione di Chirurgia sperimentale del Rockfeller Institute for Medical Research di New York, scrisse un libro dal titolo “L’Uomo questo Sconosciuto”, che ebbe molta fortuna in tutto il mondo.
In quest’opera, Carrel auspicava la nascita di una scienza basata su una visione mistico-religiosa della forza vitale, sostenendo che la vita biologica è potenzialmente immortale e che la scienza di allora nulla stava facendo per prolungarla.
Egli affermava di aver già delle prove sperimentali sulla veridicità della propria teoria. Lavorando su culture di cellule embrionali di cuore di pollo, aveva scoperto che queste si riproducevano incessantemente senza mostrare segni di decadimento e ciò confermava la sua ipotesi che “l’invecchiamento e la morte sono solo fenomeni contingenti e non necessari”.
Gli altri scienziati però non riuscirono ad ottenere i suoi stessi risultati, e il suo lavoro fu criticato e abiurato.
La leggenda di Carrel nasce dal fatto che le sue cellule di embrione sopravvissero per ben 34 anni filati, fino al 1946, cioè due anni dopo la sua morte (1944), e questo solo perché qualcuno interruppe la coltura. Nel 1961 si dimostrò che il tipo di cellule utilizzate sono in grado di sopravvivere al massimo trenta settimane, poiché anch’esse sono soggette a invecchiamento.
Ma allora come fecero a sopravvivere per ben 34 anni ? Si suppone che Carrel sia stato vittima inconsapevole di una truffa da parte di un tecnico del suo laboratorio che odiava lo scienziato per le sue simpatie fasciste: le cellule venivano periodicamente sostituite, all’insaputa dello stesso Carrel, con altre contenute in un estratto embrionale di pollo dello stesso tipo.
È con Leonard Hayflick e la sua linea di cellule umane chiamata WI-38 – ottenuta da Hayflick e dal suo collega Moorehead al Wistar Institute di Philadelphia da feti abortiti – usata per sviluppare un vaccino contro la polio (oggi largamente usata in versioni modificate anche per la produzione dei vaccini contro rubella, rosolia, varicella, parotite, rabbia, adenovirus e epatite A), che si è aperta ufficialmente la corsa della ricerca biomedica verso l’immortalità. Hayflick è noto anche per aver scoperto, nel 1965, il cosiddetto “Hayflick limit”, cioè il numero massimo di volte che le cellule si dividono – circa 50 volte – prima di morire: più si avvicinano a questo limite e più noi invecchiamo.
Un limite che è stato osservato in tutti i tipi di cellule umane pienamente differenziatesi, così come anche in altri organismi, e che è stato ricondotto all’accorciamento dei telomeri, quella una regione terminale del cromosoma composta di DNA altamente ripetuto che non codifica alcuna proteina, ma che ha un ruolo determinante nell’evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi. Si ritiene che se si riuscisse a rallentare o prevenire l’accorciamento dei telomeri, l’aspettativa di vita potrebbe estendersi. L’unico modo finora sperimentato di eludere l’Hayflick limit, si è ottenuto con l’enzima telomerasi, che rigenera i telomeri durante la replicazione del DNA.
Una eccezione al limite di Hayflick è costituita dalle cellule staminali, ancora non completamente differenziate, che producono telomerasi, e dunque teoricamente sono in grado di rigenerarsi per l’intero periodo di vita dell’organismo. Un’altra eccezione è costituita dalle cellule cancerogene: nell’uomo, ad esempio, numerosi tumori sono in grado di aumentare l’attività della telomerasi, ottenendo una capacità di replicazione pressoché infinita.
Altri tipi di carcinoma, invece, sono in grado di avviare modi alternativi di allungamento dei telomeri (noti come Alternative Lengthening of Telomeres), anche se il loro meccanismo di attivazione non è ancora chiaro.
Alcuni ritengono che certi tipi di cancro derivino da cellule staminali geneticamente danneggiatesi durante la loro lunga vita.
Le cellule che non incorrono nel limite di Hayflick sono chiamate “immortali”: possono anche morire, ma il gruppo di cellule prodotte dalla loro divisione può replicarsi senza alcun limite. Questo tipo di cellule può anche essere prodotto artificialmente in laboratorio (il processo si chiama “immortalizzazione”).
Ad esempio, nel 1951 è stata coltivata HeLa (il nome si riferisce alle sillabe iniziali del nome e del cognome della donna da cui fu asportato un tumore, Henrietta Lacks ), una linea cellulare “immortalizzata” ottenuta da cellule di un carcinoma della cervice uterina.
Data la sua capacità di replicarsi indefinitamente al di fuori dell’organismo e in terreni di coltura molto poveri, HeLa è stata addirittura considerata una nuova specie di organismo unicellulare, denominato “Helacyton gartleri”. Michael West, definito da Hall un idiosincratico “decadente creazionista, rinato Darwinista”, capace di unire la fede spirituale allo spirito scientifico-capitalistico, ha fondato una delle più grandi compagnie biotech, la Geron, proprio con l’intento di studiare e mettere in commercio qualsiasi scoperta che potesse ritardare l’invecchiamento. Alla fine degli anni ’90, ha lasciato la Geron per diventare direttore esecutivo della Advanced Cell Technology (ACT), la compagnia che da tempo si cimenta nella clonazione di cellule staminali embrionali. West si è anche distinto per il suo impegno politico a favore della ricerca sulle staminali.
Nel 1998, la Geron Corporation mise a punto tecniche in grado di estendere i telomeri, in modo da rallentare notevolmente la senescenza delle cellule. Ciò sarebbe in linea di principio possibile attraverso l’induzione delle telomerasi, temporaneamente (per via farmacologica) o permanentemente (attraverso la terapia genica). Tali approcci, in ogni caso, non sono stati confermati da studi indipendenti sull’uomo, sebbene, nel 2006, la Geron corporation abbia annunciato lo sviluppo di due possibili farmaci in grado di attivare la telomerasi.
Nel 2003, i ricercatori hanno individuato per la prima volta un organismo i cui telomeri si estendono in maniera via via maggiore con l’invecchiamento dell’organismo. Tale organismo è l’uccello delle tempeste coda forcuta (“Oceanodroma leucorhoa”), che in effetti può vivere molto a lungo. Anche uno studio condotto sul verme nematode “Caenorhabditis elegans”, ha indicato che l’estensione dei telomeri può allungare la vita. Sono infatti stati realizzati due gruppi di vermi, aventi come unica differenza la lunghezza dei telomeri.
Il verme con i telomeri più lunghi ha mostrato, in media, una aspettativa di vita superiore del 20% a quello con telomeri non modificati.
Le principali perplessità della comunità scientifica riguardo a questo tipo di approccio, riguardano l’eventuale rischio cancerogeno che tali farmaci potrebbero comportare: l’allungamento della vita di ogni cellula, infatti, è intrinsecamente correlato ad un aumento della vulnerabilità al cancro. Tecniche sicure di estensione dei telomeri, in ogni caso, potranno essere utili soprattutto nel campo dell’ingegneria tissutale, dal momento che permetterebbero di produrre grandi quantità di cellule sane e non cancerogene da utilizzare per sostituzioni di tessuti danneggiati (ad esempio tessuto cutaneo in seguito ad ustioni).
L’industria antinvecchiamento già fattura ogni anno 56 miliardi di dollari. Molti studiosi dichiarano che alla fine di questo secolo, grazie al miglioramento del tenore di vita e alle scoperte scientifiche, le persone potranno vivere tranquillamente oltre i cent’anni.
Al California Healthspan Institute, clinica specializzata nel curare l’invecchiamento con cure non riconosciute dalla medicina ufficiale, guidata da Ron Rothenberg, un dottore di sessant’anni in perfetta forma fisica, si propongono «cure su misura a base di pillole dietetiche e di ormoni che faranno sentire immediatamente più giovani e garantiranno una vita più lunga». In pratica, oltre a un numero incredibile di vitamine e di pozioni dietetiche, la clinica prescrive l’assunzione di testoterone gelatinato e iniezioni di ormoni.
«Invecchiamo perchè i nostri ormoni diminuiscono, ma non è vero che i nostri ormoni declinano perchè noi diventiamo vecchi», assicura il dottor Rothenberg. «Possiamo far tornare il valore degli ormoni al livello giovanile sostituendoli con pratiche mediche e ciò ci manterrà giovani, in salute, forti e pieni di vigore». Alcune persone che si sono sottoposte alle cure della clinica antinvecchiamento si dichiarano entusiasti delle medicine del dottor Rothenberg: Howard Benedict, un pensionato sessantenne, afferma che, dopo una cura a base di ormoni e vitamine, che gli è costata circa 10.000 dollari l’anno, la sua vita è completamente cambiata e i suoi dolori dovuti all’artrite sono scomparsi «Mi sento come se avessi 20 anni e mi diverto molto».
Il dottor Rothenberg, che ha anche pubblicato il libro «Per Sempre Eterni», fa parte dell’organizzazione American Academy of Anti-Aging Medicine (A4M), che rilascia un certificato di specializzazione a quei medici che vogliono dedicare la loro attività professionale unicamente alle cure sperimentali antinvecchiamento.
L’organizzazione vende libri e dvd che parlano della lotta contro la vecchiaia e informa i pazienti di tutte le cliniche che curano questi problemi. Molto spesso però, queste cure non sono accettate dalla medicina ufficiale e non sono sottoposte al controllo della Food & Drug Admistration, l’agenzia ufficiale americana che supervisiona gli alimenti e le medicine.
Alcuni esperti hanno accusato l’industria antinvecchiamento di mettere a rischio la salute dei pazienti: i rischi maggiori sono malattie cardiache e il cancro.
Ma, come ha affermato l’autorevole rivista The Scientist, che ha pubblicato un servizio sulla clinica californiana, quando si tratta la questione della vecchiaia, «i consumatori se ne infischiano della scienza. Migliaia di persone muoiono dalla voglia di prendere medicine che assicurano il rallentamento della vecchiaia. I cittadini spendono milioni di dollari per prodotti che non esistono o che non sono riconosciuti dalla scienza. Spesso – conclude la rivista – essi non sanno nemmeno quello che prendono».
A settembre del 2004, il biogerontologo Aubray de Grey, dell’Università di Cambridge, intervenuto a Londra alla Conferenza Internazionale contro l’Invecchiamento, ha dichiarato che i grandi passi avanti della scienza potrebbero allungare la vita da un minimo di 130 anni a un massimo di cinque millenni. Ha dato manforte a de Grey, Robert Goldman, presidente dell’A4M: “In futuro – ha dichiarato l’esperto – l’ingegneria genetica, la clonazione e la miniaturizzazione dei farmaci, la pelle sintetica, i muscoli artificiali e perfino l’intelligenza artificiale faranno parte degli strumenti per combattere gli effetti dell’età ed ampliare la durata e la qualità della vita ben oltre i limiti attuali.
La medicina anti-invecchiamento non è una pillola magica, una pozione o un rimedio di breve termine, ma rappresenta un’evoluzione altamente tecnologica che già adesso aiuta a migliorare la qualità della vita”.
Keith Grimaldi, della società di ricerche mediche inglese Sciona, ha parlato di un nuovo tipo di dieta, la “nutrigenomica”, basata sullo studio del DNA dell’individuo per stabilire quali sono gli alimenti più adatti al suo organismo, che potrebbe aiutare milioni di persone a vivere più a lungo. Grimaldi ha detto di averla sperimentata su se stesso:
“I risultati del test del mio DNA hanno indicato che ho ereditato un alto rischio di infarto, ictus e trombosi venosa profonda – ha commentato al tabloid britannico Daily Express – Io ho un cognome italiano e il 50% degli italiani, come circa il 5-10% dei britannici, ha un gene che li rende ad alto rischio. Per ridurlo, devo mangiare alimenti ad alto contenuto di acido folico e vitamine B6 e B12, come spinaci, fegato e cereali”.
Il pioniere della medicina americana, Michael DeBakey, una volta disse: “Ho visto un Eden dove l’uomo, immortale e sempre giovane, volava sulle ali degli angeli. Ho trovato la chiave di quel giardino, l’ingegneria genetica”.
John Harris – uno degli scienziati britannici che hanno decifrato il 97% del codice genetico umano – ha annunciato al mondo che l’uomo è sul cammino dell’immortalità. Ha spiegato che un giorno, forse non troppo lontano, un umano potrà sperare di vedere l’alba del suo milleduecentesimo anno di vita.
Il fondatore del movimento transumanista, Nick Bostrum, un famoso ricercatore dell’Università di Yale, ha profetizzato l’avvento di una “generazione di centocinquantenni”.
Gregory Stock, autore del fortunato “Redesigning Humans”, è un decano della facoltà di medicina della Ucla. Quest’ultimo vorrebbe fare agli uomini quello che il suo predecessore, Roy Walford, negli anni Settanta fece con il topo: allungargli la vita da 40 a 56 settimane.
Il transumanista Max More, fondatore dell’Extropy Institute, alla Cnn ha spiegato i vantaggi dell’ingegneria genetica e ha detto che “la morte è un’imposizione sulla razza non più tollerabile”.
Nel 2002, a Newport Beach, in California, organizzata dalla Alcor, società impegnata nello sviluppo di tecnologie crioniche, si è svolta la “Extreme Life Extension Conference”. Uno sparuto gruppetto di convinti immortalisti e transumanisti, scienziati, filosofi, letterati, ecc., si è ritrovato a discutere di come nanotecnologie, clonazione, intelligenza artificiale consentiranno in un prossimo futuro l’ “estrema estensione della vita”.
Michael West, direttore esecutivo della Advanced Cell Technology, la maggiore celebrità, ha ribadito le strabilianti possibilità offerte dalle tecnologie di clonazione. Per evitare il processo di naturale rigetto da parte del sistema immunitario, che impedisce al momento l’impianto di cellule staminali nell’organismo dei “pazienti”, si sta cercando il modo di creare embrioni clonati, per produrre le staminali da cellule del corpo dello stesso paziente. Nessuno sa ancora se questo servirà ad eliminare il problema, soprattutto sul medio e lungo termine.
Le cellule staminali sono oggi il simbolo dell’Ultimo Prometeo. Secondo William Haseltine, che dirige la Human Genome Sciences, a Rockville, nel Maryland, saranno le protagoniste assolute della nuova medicina, perché prolungheranno e rigenereranno i corpi delle persone con cellule più giovani. Ronald McKay, dei National Institutes of Health, a Bethesda, è ignaro di come si possa costruire un cuore, ma è fermamente certo che disponendo di cellule staminali che si trasformano in muscolo cardiaco, sarà alla fine semplice costruirlo.
Man mano che si scopriranno cose più raffinate sui segnali biochimici delle cellule e sui loro recettori, diventerà routine ricostruire organi come fegato e pancreas, rigenerare muscoli cardiaci, restituire neuroni al cervello, e via dicendo.
Questo tipo di ricerche promettono, quantomeno in termini economici, un vero e proprio Eldorado della nano-biotecnologia.
La Geron, che ha come sussidiaria la scozzese Roslin Bio-med, famosa sponsor della povera Dolly, è stata la prima ad avventurarsi nel mondo delle cellule staminali embrionali. Altre aziende biotech hanno fatto grossi investimenti soprattutto nelle staminali adulte, con l’idea di creare linee cellulari di ricambio per ogni tipo d’intervento. D’altronde, la nuova longevità è un dato indiscutibile.
Oggi, un anziano su quattro ha più di 80 anni. Carlo Vergani, direttore della cattedra di gerontologia all’università di Milano, dice che “nei paesi industrializzati la vita media, dal 1950 a oggi, si è allungata grazie al miglioramento di alimentazione, igiene, vaccini, prevenzione delle malattie cardiovascolari e del cancro, controllo delle infezioni, e via dicendo. Il sogno di superare i 100 anni con un corpo continuamente rinnovato sembra a portata di cellule”.
Il futurista Ray Kurzweil ha coniato il concetto di “actuarial escape velocity”, sostenendo che lo sviluppo delle tecnologie di estensione della vita raggiungeranno il punto in cui supereranno il tasso con cui gli uomini invecchiano. Spalancando un cancello verso l’immortalità.
By Alessio Mannucci
Tratto da: ecplanet.com