Il BUSINESS dei “SANI”
Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di sovrappopolamento della terra, di controllo demografico sulle nascite e di una necessaria riduzione e sterilizzazione della popolazione; probabilmente per incentivare il business sulle tecniche di fecondazione assistita e quello clandestino degli uteri in affitto per la manipolazione genetica corroborata dal fenomeno Gender.
Guai a speculare contro ideologie istituzionalizzate e se possibile appoggiare l’onda di disgusto della nuove teorie sociali.
Un derivato terziario di queste pratiche medico-barbariche molto richiesto e ben ripagato sono i feti ottenuti da aborti programmati con la fecondazione in vitro per il mercato sperimentale della clonazione e per il traffico di sangue molto ricco di cellule staminali multipotenti da trasfondere ad una nicchia di nevrotici squilibrati che ambiscono all’immortalità. Vi ricordate le tonnellate di articoli scientifici riguardo le cellule staminali e il metodo stamina ?
Un metodo talmente rivoluzionario che avrebbe dovuto estinguere le più temute malattie del secolo. Ma del pesce non si butta via nulla neanche la testa e così qualche gola profonda spifferava che dal feto disidratato del suo prezioso sangue si potevano ottenere cellule modificate con preparazione di antigeni per “l’immunoprofilassi” di intere popolazioni in perfetta salute preoccupandosi di finanziare tutte le leve dei mezzi di comunicazione di massa per convincerle a delegare la propria salute al progresso scientifico.
Nel frattanto una delle invenzioni più redditizie per la scienza e più deleterie per l’uomo fu quella di prendersi “cura” del colesterolo, una sostanza fondamentale per la vita, suddividendo lo psicodramma in colesterolo buono e cattivo proprio come le maestre a scuola; “i buoni da una parte e i cattivi dall’altra”.
La novità che per convenzione nessuno ha voluto o potuto rivelare è che l’ipercolesterolemia necessita dell’intervento di un medico per essere scoperta ossia non da ne sintomi ne collaterali di genere, anzi, il colesterolo prodotto dal fegato è una componente del sangue molto importante che serve come elemento costitutivo della membrana delle cellule e il rivestimento di mielina dei nervi. Gli organi più ricchi in colesterolo sono il cervello le ghiandole surrenali, la pelle, la milza, le ovaie i globuli rossi ecc, il trasporto del sangue stesso avviene mediante lipoproteine del colesterolo.
La falsa dichiarazione della medicina ufficiale combinata con la campagna “colesterolo e salute” si infiltró in punta di piedi nell’industria alimentare e nelle scienze della nutrizione, eliminando i grassi a tavola con grande profusione di nuove professioni sul fronte dell’educazione alimentare dai risultati poco esaltanti.
Così i direttori delle pharma-house passarono al monitoraggio dei livelli di normalità del sangue trovando la manopola perfetta per switchare con farmaci inibitori il soggetto “sano” in modalità “malato” verso le seguenti patologie; “ipo e ipertiroidismo, ipertensione arteriosa, glicemia alta e diabete, insufficienza renale, insufficienza epatica e cardiaca, artrite reumatoide, e tutte le forme di arteriosclerosi incluso il parckinson, l’alzheimer e tutte le altre rarità note e meno note.
Non nomino tutte le altre disfunzioni più gravi conseguite dall’infiammazione cronica delle precedenti.
Faccio un pratico esempio di effetto domino anteponendo un disturbo tiroideo preesistente ignorato dai protocolli di prevenzione.
Il diabete è una disturbo metabolico scaturito da un’eccessiva concentrazione di zuccheri nel sangue (iperglicemia) la quale è stata creata da un’altro disturbo metabolico, il deficit di insulina prodotto dal pancreas dovuta ad alterazioni del metabolismo lipidico (carenza di colesterolo) causata a monte dallo squilibrio dell’ormone ipotalamico e tiroideo che a lungo termine recano danni e distacco della retina oculare ma andiamo avanti.
A cosa serve il pancreas ?
Alla secrezione di enzimi digestivi (lipasi, amilasi ecc..) per il funzionamento del sistema digerente quindi fegato, milza, bile, stomaco e intestino che lavorano in tandem con il pancreas e per il funzionamento del sistema endocrino. In questo intermezzo si colloca la lunga filiera delle intolleranze alimentari di cui la celiachia è la più grave. Le reazioni chimiche metaboliche tra questo gruppo coeso di ghiandole endocrine coinvolgono le ghiandole surrenali per il mantenimento dell’equilibrio acido-base degli elettroliti nel sangue, il pH che regola praticamente tutto: testosterone e progesterone, cortisolo, respirazione, circolazione, digestione, escrezione, difese immunitarie, produzione ormonale e facoltà cognitive cerebrali.
Tutto questo è creato a monte dallo scompenso dell’asse ipotalamo–ipofisi–tiroideo, senza abbondante colesterolo il nostro corpo morirebbe poiché il sistema endocrino non può secernere gli ormoni necessari alla sopravvivenza.
Chi padroneggia un sistema intelligente in grado di autogenerarsi e autoripararsi lo fa per gonfiare gli interessi dell’industria farmaceutica dove la sofferenza del malato rende allo Stato un giro d’affari di miliardi di euro.
Gli investimenti e le donazioni per la ricerca non sono utilizzati per debellare le malattie esistenti ma per crearne di nuove, non hanno nemmeno bisogno di donazioni, ci sono miliardi di euro versati all’IMPS non assegnati e il business sulle polizze sanitarie.
Ogni sorta di truffa semantica non è importante per vendere medicine ai soliti malati il cui stato di salute è ormai sottomesso, ma sensibilizzare la gente al consumo di farmaci in nome di un presunto allarmismo sulla salute rendendoli docili e malleabili ai governi delle nazioni….perché il colesterolo è il carrier che trasporta lo Spirito.
By Gabry Gavin su Fb
Gli uffici marketing e relazioni pubbliche delle principali multinazionali farmaceutiche usano costituire e/o finanziare gruppi di pressione denominati “Front group” al fine di stimolare la medicalizzazione del disagio tra la popolazione e aumentare così il proprio giro d’affari.
La maggior parte di questi gruppi a sede negli Stati Uniti, ma la loro influenza si estende a livello internazionale.
L’industria farmaceutica ammette che investire in “gruppi di pressione” è uno strumento efficace per il supporto a lungo termine della vendita di psicofarmaci: forse anche più efficace delle azioni dirette di marketing sul consumatore.
La tecnica utilizzata è quella di veicolare il proprio messaggio commerciale attraverso associazioni di pazienti o di medici apparentemente indipendenti, ma in realtà strettamente legati agli interessi della multinazionale.
A volte un gruppo è espressione di una singola azienda farmaceutica, altre volte più aziende farmaceutiche si coalizzano per sostenere uno specifico gruppo.
La sensibilizzazione della cittadinanza su specifiche patologie o sui vari paradigmi di cura è sicuramente cosa lecita: meno opportuno e non dichiarare i significativi conflitti d’interesse di associazioni che dialogano con pazienti e specialisti per scopi apparentemente non a scopo di lucro, e che in realtà sono etero-dirette da chi ha un preciso interesse finanziario non solo a “fare informazione o prevenzione” bensì ad affermare od espandere una patologia. Da curare – ovviamente – con gli psicofarmaci prodotti dall’azienda finanziatrice …
Potete leggere l’elenco di queste Associazioni all’indirizzo: Giulemanidaibambini
da cui è tratta questa nota.
Speriamo di leggere presto anche l’elenco dei Gruppi di facciata che operano in Italia. Non sono difficili da riconoscere: basta vedere con quanta ostinazione propagandano le vaccinazioni che non hanno utilità ed efficacia dimostrate scientificamente.
Ogni allusione ai vaccini per l’ influenza, per il cosiddetto tumore all’utero, papillomavirus, e ai vari anti meningite non è casuale.
L’industria della malattia – video – vedi anche: Corruzione x i vaccini
CONFLITTI D’INTERESSI nella RICERCA BIOMEDICA e nella PRATICA CLINICA
Approvato nella Seduta Plenaria dell’8 Giugno 2006 – Italy
Presidenza del Consiglio dei Ministri COMITATO NAZIONALE per la BIOETICA:
vedi PDF tratto da: http://www.governo.it/bioetica/testi/Conflitti_interessi.pdf
vedi: Ricerca nelle mani di Big Pharma + Riviste scientifico-mediche pilotate da Big Pharma
Costituzione Italiana: Art. 28
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Commento NdR: questo articolo come altri della Costituzione Italiana sono da sempre trasgrediti e disattesi proprio da coloro che lo rappresentano, specie nella Sanita’, Finanza, tutela, commercio, agricoltura, ecc.
Per cui invitiamo i cittadini di questi stati trasgressori, compresi i loro rappresentanti e dirigenti, a DENUNCIARE all’autorita’ giudiziaria tutti questi farabutti che trasgrediscono la Costituzione; verra’ il momento, il tempo comunque nel quale il Popolo Sovrano, si sollevera’ ed arrestera’ tutti questi “soggetti” che compiono questi misfatti, sulla pelle del Popolo reso suddito… !
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Dal 21 al 23 novembre 2008 scorso si è svolto a Verona l’ottavo Congresso nazionale di medicina omeopatica, organizzato dalla Scuola di Medicina Omeopatica di Verona – www.omeopatia.org.
Numerosi sono stati gli ospiti invitati a relazionare, ma il mio interesse era rivolto principalmente ai primi due interventi di sabato mattina: dr. Roberto Gava e prof. Gianfranco Domenighetti.
Roberto Gava è medico chirurgo omeopata con specializzazione in farmacologia e tossicologia: una autorità nazionale in ambito vaccinale e autore di decine di pubblicazioni scientifiche .
Il titolo della sua relazione era “Le vaccinazioni pediatriche: etica e potere delle vaccinazioni“.
Quasi impossibile è riassumere una conferenza di circa 1 ora, con decine di grafici e centinaia di dati ufficiali, ma quello che merita una sottolineatura è il concetto stesso di vaccinazione.
“Potremo accettare – ha detto Gava – le vaccinazioni eseguite in un certo contesto, cioè secondo le acquisizioni medico-scientifiche più recenti (concetto di scienza), nel rispetto della salute presente e futura dell’individuo (concetto di etica), adattate nel loro tipo, numero, età di inizio, modalità di somministrazione (personalizzazione), nel rispetto di bisogni, disponibilità, volontà e libertà di scelta del soggetto (libertà), dopo aver tenuto un vero consenso informato (informazione)
“Mentre dovremo essere contrari alle vaccinazioni se vengono eseguite come imposizione coercitiva (obbligo), secondo acquisizioni mediche obsolete non più accettabili (preconcetti: ‘le vaccinazioni fanno solo bene e non si discute’), in modo lesivo per la salute psicofisica presente e futura della persona (c’è un danno in bambini sani), non adattate nel loro numero, tipo, età di inizio e modalità di somministrazione (massificazione), senza rispetto di bisogni, disponibilità, volontà e libertà di scelta del soggetto e senza aver ottenuto un vero consenso informato.”
Dopo questa analisi, vediamo qual è la situazione vaccinale in Italia:
– Sono “quasi obbligatorie” per legge, ad eccezione di qualche regione tra cui il Veneto;
– Sono massificate e non personalizzabili in base all’età e allo stato di salute del bambino;
– Non viene fornita ai genitori alcuna informazione utile sul rapporto rischi-benefici;
– I vaccini sono un costo enorme per il Sistema Sanitario Nazionale, quantificabile in circa 1 miliardo di euro;
– I bambini sono sempre più cagionevoli di salute (intolleranze, allergie, ecc.)
– L’autismo nei bambini è in costante aumento (nel 2010 1 su 60 nuovi nati, media negli USA).
Apro una parentesi per l’autismo perché questa problematica sta diventando una vera e propria piaga sociale: 1 bambino su 160 nel mondo ne risulta affetto !
Secondo il prestigioso “Lancet“, il rischio di nascere oggi con queste problematiche è molto più alto rispetto il passato.
Nell’ultimo decennio nella sola California si è riscontrato un aumento del 276% di nuovi casi.
“Gli stessi FDA e i CDC statunitensi hanno finanziato ben tre studi sull’autismo: i dati hanno dimostrato la correlazione tra mercurio e autismo, tra vaccini e autismo, ma nessuno ha raccolto questo messaggio”.
Perché ?
Il numero di studenti autistici presenti nelle scuole americane (età 6-21 anni), dall’anno scolastico 1991-92 al 2001-2, ha evidenziato un aumento del 700 % !!!
Qual è la causa di un tale aumento ? Il mercurio ?
Il livello del mercurio considerato limite massimo accettabile (oltre il quale si parla di tossicità per la salute umana) è di 0,1 microgrammo/chilo/die e quindi per neonati di 3 mesi di vita (circa 5 kg di peso corporeo) è di 0,5 microgrammi/die.
Secondo i dati americani, negli anni ’50-’70 la dose totale di mercurio che veniva inoculata per ciclo vaccinale era di 25-50 microgrammi.
Negli anni ’80, la stessa dose per ciclo vaccinale era invece di 75 microgrammi.
Nel 1999, negli USA, sono arrivati a somministrare anche a 275 microgrammi di mercurio per ciclo vaccinale !
L’aumento dell’autismo e questo crescente aumento del mercurio vaccinale (dovuto ad un sempre crescente aumento del numero dei vaccini pediatrici) sono una semplice coincidenza o sono fortemente e direttamente correlati indicando che il mercurio contenuto nei vaccini è espressione di un chiaro danno vaccinale ?
E in Italia, come siamo messi ?
“A Taranto, negli ultimi 10 anni, l’aumento di bimbi autistici è di circa il 50% rispetto agli anni precedenti, mentre negli ultimi 20 anni tale aumento è stato del 100%”.
“Studi americani – continua l’estero dell’Asl – dicono che la diossina può essere responsabile di irrequietezza, disturbi di apprendimento, disturbi dello spettro autistico e quindi della relazione”.
Oltre alla cancerogena diossina esistono serie correlazioni tra metalli pesanti velenosi come mercurio e alluminio contenuti nei vaccini pediatrici (anche in quello antinfluenzale) e patologie gravi come l’autismo.
Per le altre malattie infettive pediatriche (morbillo, vaiolo, tubercolosi, polio, ecc), il dr. Gava, con dati ufficiali alla mano, ha dimostrato la fallace spiegazione pseudo-scientifica che vorrebbe farci credere che il miglioramento della salute si è ottenuto solo grazie ai vaccini, dimenticandoci di dirci che le campagne vaccinali sono iniziate quando le norme igienico-sanitarie erano profondamente migliorate.
I grafici dell’andamento epidemiologico lo dimostrano in maniera inequivocabile.
Tanto per ricordare, in molti Paesi del Terzo Mondo (Africa in particolare) la poliomielite è iniziata dopo la vaccinazione di massa, mentre prima c’erano solo casi sporadici.
Lo stesso è accaduto in Albania: dopo le vaccinazioni di massa nel 1996 ci sono stati 76 casi di polio tutti causati dal vaccinoorale Sabin !
“Non ha più senso – continua Gava – la vaccinazione per la polio in Europa, anche perché dal 2002 l’OMS ha certificato il nostro Continente come ‘Polio Free’, cioè senza più virus selvaggio della poliomielite”.
Eppure, nonostante il vaccino orale contro la polio in America ed Europa sia stato tolto, si continua a vaccinare in Africa, Asia e India con quel tipo di vaccino, e non a caso la polio avanza !
Si pensi anche alla situazione indiana: i casi di paralisi flaccida acuta da polio sono in continuo aumento, perché l’incidenza della malattia è aumentata dai 3.047 casi del 1997, quando è stato iniziato il PEI (Polio Eradication Initiative, cioè la campagna di vaccinazione di massa), ai 27.000 casi del 2005 e per di più la malattia ha colpito bambini vaccinati.
Cosa possiamo fare noi genitori per diventare veramente responsabili delle nostre scelte e/o decisioni ?
Il buon senso porta a concludere che:
1) Quando portiamo a vaccinare i nostri piccoli (3 e 6 mesi) ci faranno firmare il consenso informato, cioè saremo noi genitori a prenderci tutte le responsabilità di eventuali effetti e/o reazioni avverse (sclerosi multipla, diabete mellito insulino-dipendente,autismo, ritardo mentale, ecc.) e non il medico che esegue l’iniezione o la Asl che la impone secondo legge.
Perché non chiedere al medico di firmare anch’egli una dichiarazione in cui garantisce che a nostro figlio non accadrà nulla di male, così come sostengono i fogli informativi sui vaccini distribuiti dalle Asl ?
Forse e dico forse, assisteremo ad un totale e assoluto diniego, perché probabilmente non esiste un solo medico che potrà firmare quella carta, anche se i vaccini vengono reclamizzati come “sicuri” e “utili”.
2) E’ utile sapere che la legge italiana impone come obbligatori 4 vaccini, mentre le Asl hanno a disposizione l’esavalente, cioè il vaccino contenente ben 6 diversi vaccini (costa molto di più, per la gioia di Big Pharma e della nostra Farmindustria ed è assai più pericoloso per la salute del neonato perché le dosi sono maggiori).
Se vogliamo rispettare la legge e vaccinare nostro figlio, abbiamo almeno il diritto di chiedere che gli siano inoculati solo i 4 vaccini obbligatori e in dosi separate (cioè 4 inoculazioni a distanza).
Se questi vaccini non sono disponili, come spesso accade, le Asl dovranno ordinarli facendo guadagnare un po’ di tempo ai nostri bambini. Questo permetterà loro di crescere, riducendo gli eventuali problemi legati ad un sistema immunitario ancora in formazione.
Ricordiamo che a 3 e 6 mesi il sistema immunitario è immaturo, mentre è diverso il discorso ad 1,5 – 2 anni di età.
Bibliografia
1. Pontecorvo M.. La storia delle vaccinazioni. Dalle origini ai giorni nostri, Ciba-Geigy Ed., Milano, 1991
2. L’Annuario dei Farmaci. Farmacologia Clinica e Terapia, Casiglia E., Gava R., Piccin Editore, Padova, 1991
3. Pontecorvo M., Piazza M.. Vaccini e Immunoglobuline, Edizioni Minerva Medica, III ed.Torino 2005
4. CDC. Recommended Childhood and Adolescent Immunization Schedule – United States, July – December 2004, Morb Mortal Wkly Rep. 53(16): Q1-4; 2004
5. Vierucci, Azzari, Novembre, Resti, Rossi. Le vaccinazioni in pediatria. 3° edizione (ed. fuori commercio)
6. Reese R.E., Douglas R.G.. Manuale pratico di Malattie Infettive, Arti Grafiche Editoriali, Roma, III ed. 1998
7. Albano A., Selvaggio L.. Manuale di Igiene. Piccin Editore Padova, II ed.1987
8. Dukes M.N.G., Aronson J.K., Side effects of Drugs. 14th Edition. Elsevier Science B.V., Amsterdam, 2000
9. Ler, Feaver, Miller, Hedberg, Ehreshann. An elementary school outbreak of varicella attributed to vaccine failure: policy implications. Divisione Prevenzione e Controllo del Dipartimento Salute del Minnesota, pubblicato su Journal of Infectious Diseases, 1.8.2004
10. Goldman G.S. Universal Varicella Vaccination: Efficacy Trends and Effect on Herpes Zoster. The International Journal of Toxicology. 2005, 24(4): 205-213
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12. Chickenpox outbreack investigate at Gale-Ettrick-Trempealeau. Associated Press, 20 gennaio 2006
13. Koutsky L.A. Epidemiology of genital human papillomavirus infection. Am J Med. 1997; 102(5A):3-8
14. Ho G.Y., Bierman R., Beardsley L. et al. Natural history of cervicovaginal papillomavirus infection as measured by repeated DNA testing in adolescent and young women. N Engl J Med 1998; 338(7): 423-428
15. Sawaya GF, Smith-McCune K, N Engl J Med 2007; 356: 1991-1993
By Dott. Roberto Gava (medico)
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Medicalizzazione della vita
La seconda relazione dal titolo “Medicalizzazione della vita e comunicazione sanitaria” è stata tenuta dal prof. Domenighetti, docente in due università svizzere (Losanna e Lugano) e responsabile per oltre tre decadi della Sanità del Ticino.
Il professore ha dichiarato che oggigiorno assistiamo ad una dinamica che mira a trasformare i sani in ammalati.
Questo processo, significativamente fondato sulla comunicazione, sul marketing e sui conflitti di interesse, è promosso e sostenuto, direttamente o indirettamente, dai produttori di tecnologia medico-sanitaria, cioè dalle lobbies del farmaco.
La “costruzione sociale” delle malattie, secondo Domenighetti, sta per essere sostituita da quella “industriale”.
Ciò si concretizza tramite un’espansione su tre livelli del dominio della Medicina:
– Piano quantitativo à ridefinizione e abbassamento dei limiti soglia che definiscono e differenziano il “patologico” dal “sano”. Per esempio, sono stati ridotti i valori massimi considerati accettabili di colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa, ecc. Fino a giugno 2003 il valore oltre il quale si considerava patologica la trigliceridemia era fissato a 2.3 e da luglio è sceso a 1.7! Nello stesso arco di tempo, il valore oltre il quale si considerava patologica la colesterolemia LDL è passato da 3 mmol a 2.6 mmol. Con queste nuove direttive, milioni di persone sane sono diventate immediatamente malate, e quindi potenziali clienti delle aziende farmaceutiche.
– Piano temporale à promozione della diagnosi precoce: screening.
– Piano qualitativo à definizione di “nuove” malattie, osteoporosi, sindrome premestruale, ecc.
Per far comprendere il quadro generale degli screening, Domenighetti ha riportato uno degli esempi più interessanti e illuminanti: quello delle autopsie eseguite in Svizzera.
Esami autoptici eseguiti su migliaia di persone sane morte non per malattia (per es. incidenti stradali) hanno rivelato:
– Il 38% delle donne (tra i 40 e 50 anni) era portatrice di tumori al seno (carcinoma in situ, cioè uno stadio che probabilmente non sarebbe mai evoluto in cancro conclamato).
– Il 48% degli uomini (sopra i 50 anni) era portatrice di tumori alla prostata.
– Il 100% di uomini e donne (sopra i 50 anni) presentava un tumore alla tiroide.
Pochi conosceranno simili dati, ma basta parlare con un qualsiasi patologo intellettualmente onesto per comprendere come questo sia la “normalità”: moltissime persone sane hanno tumori, ma non sanno di averli e quindi vivono normalmente.
Il nostro corpo, infatti, produce ogni giorno migliaia di cellule tumorali. Ogni santo giorno per tutti i giorni della nostra vita.
Queste cellule, se il sistema immunitario è forte e sano (grazie ad un buon lavoro della nostra Vis Medicratix Naturae, la forza di risanamento e autoguarigione), verranno fagocitate e distrutte.
Ma se il nostro sistema difensivo non funziona correttamente (per un qualsiasi motivo: emozionale, psicologico, carenziale, tossicologico, ecc.) queste cellule avranno la possibilità di organizzarsi, crescendo e formando masse tumorali. Anche in questo caso, però, è possibilissimo che tali masse tumorali possano restare localizzate (tumore in situ) anche per decenni o per tutta la vita senza recare alcun fastidio o danno.
A questo punto immaginate qualcuno – dice Domenighetti – che “inventa una macchinetta che ve la passa davanti alla tiroide e che poi vi dice: ‘. Ah tu hai un carcinoma in situ alla tiroide’ .
Non si morirà di tumore perché questo è in situ, ma pensate al trauma psico-emozionale che vivrà quella persona che si sente fare quella diagnosi.
Qui entrano in gioco gli esami diagnostici preventivi (che di prevenzione non hanno nulla, perché al massimo possono essere definite diagnosi precoci): i cosiddetti screening di massa, con i quali si invitano persone oggettivamente sane a cercare qualche piccola anomalia (chi non le ha ?) che magari non ha alcun significato patologico (ma che viene ugualmente tolta chirurgicamente con conseguente stress, spese, medicalizzazioni e continui futuri esami laboratoristici) o che si trova in stadio latente e che potrebbe restare tale per anni.
Cioè, stanno cercando il malato nel sano e tale “ricerca” è sempre più anticipata nel tempo.
Sfatiamo subito uno dei miti sullo screening: non riduce assolutamente la mortalità per tumore, ma aumenta le diagnosi, cioè aumenta il numero dei tumori scoperti, anche quelli tranquilli e non pericolosi
(in situ), senza modificare la curva della mortalità (non è stata evidenziata alcuna differenza tra quelli che si sottopongono a screening e quelli che li evitano).
Però, una volta diagnosticato un tumore, le persone sono psicologicamente e/o emozionalmente in grado di superare tale “nefasta” diagnosi ? Vivranno come prima, oppure la loro vita cambierà drasticamente ?
Oggi il numero dei tumori diagnosticati è in perenne crescita (in Italia, i nuovi casi di tumore sono stati 250.000 nel 2002 e 270.000 nel 2005; fonte Istat) e certamente una delle cause sono proprio la massificazione degli screening.
Ed ecco la Legge aurea di Big Pharma:
– più esami diagnostici à più tumori tra la popolazione
– più tumori à più soldi alle lobbies
Più questi esami diventeranno precisi e più tumori scopriranno per il motivo detto sopra: produciamo ogni giorno migliaia di cellule tumorali e di queste, la quasi totalità viene distrutta subito ma qualcuna può sfuggire e dare origine a qualche piccolo agglomerato cellulare che viene identificato come un nodulino tumorale.
Si pensi solo alla frontiera degli esami attraverso il DNA: con un semplice prelievo del sangue si è in grado di diagnosticare ad un bambino appena nato, o addirittura ad un feto in grembo, la predisposizione al cancro o ad altre patologie.
“Predisposizione”, che possiamo dire assurda e ridicola visto che il dogma fondamentale del determinismo genetico è crollato definitivamente con lo studio del Genoma umano (vedi articolo).
L’epigenetica (“oltre/sopra la genetica”) afferma da decenni che “non siamo schiavi dei nostri geni”, perché “i geni dipendono dall’ambiente” (interno ed esterno). I geni possono modificarsi in base al nostro modo di pensare e alimentarci, allo stress ambientale o all’ambiente familiare, al credo religioso, allo stato sociale, ecc.
Ecco la medicalizzazione della vita: ancora prima di nascere siamo malati e destinati a manifestare quella malattia!
D’altronde, una persona sana viene considerata una persona malata che non sa di esserlo e le lobbies del farmaco si premurano di ricordarcelo in ogni momento.
Questa strategia ha lo scopo di spegnere le speranze e le prospettive di una vita migliore; significa creare le condizioni mentali ed emozionali affinché proprio quella patologia si sviluppi.
Pensare continuamente al cancro solo perché qualcuno ci ha detto che siamo “predisposti” geneticamente, significa vivere costantemente nella paura della malattia e della morte.
Come sarà la nostra esistenza?
La campagna di disinformazione e medicalizzazione di massa è così ben avanzata che oggi l’80% delle donne italiane (e moltissimi medici) pensano che gli screening mammografici “riducano il rischio” di ammalarsi. Sono dati ufficiali, purtroppo.
“Ridurre il rischio di ammalarsi” significa che più mammografie (o esami del PSA per la prostata) facciamo e più “evitiamo il rischio” che ci venga un tumore! Totale ignoranza, cioè non conoscenza specifica della materia, perché lo screening NON riduce assolutamente il rischio di ammalarsi, ma scopre prima nel tempo un tumore. Tutto qua.
Evitare di ammalarsi, cioè la vera prevenzione, è tutta un’altra cosa.
Questa disinformazione è pura propaganda ufficiale veicolata dalle potentissime e sconosciute agenzie di Pubbliche Relazioni (agenzie di PR) che pagano miliardi a testimonial famosi (noti oncologi, personalità dello spettacolo, giornalisti, ecc.) e inviano centinaia di articoli, redazionali a tutte le testate giornaliste del mondo.
Domenighetti definisce la diagnosi precoce “una gabbia logica”, e ne spiega il motivo.
Se ho fatto l’esame ed è positivo, ho fatto bene a farlo perché ho trovato un qualcosa che posso curare prima.
Se l’esame è negativo, comunque ho fatto bene a farlo perché so di non avere il cancro.
Se non faccio l’esame e insorge la malattia, ho fatto male a non farlo prima.
In ogni caso la cosa giusta è sempre quella di sottoporsi allo screening.
E infatti, se chiediamo al medico un consiglio, ovviamente dirà di fare gli screening perché minimizza il rischio di aver dato un consiglio sbagliato. Nel dubbio, il medico dice quello che dicono tutti, così non avrà problemi legali e non rischierà nulla.
Quelli che rischiano semmai siamo sempre e solo noi.
Concludo con un titolo emblematico pubblicato dal New York Times nel 2007:
“Quello che ci fa ammalare è un’epidemia di diagnosi”
(New York Times, 2007)
“Epidemia di diagnosi”, per la quale però, non esiste alcun vaccino ……
Se non quello della presa di coscienza, chiamata piena consapevolezza.
Ringrazio la Scuola di Medicina Omeopatica di Verona – www.omeopatia.org – per avermi invitato al Congresso, dandomi da una parte l’opportunità di ascoltare due grandi personaggi e dall’altra di condividere con tutti i lettori le informazioni ascoltate.
By Marcello Pamio
Tratto da: disinformazione.it
vedi anche: http://www.facebook.com/photo.php?v=2289248150939&set=o.183224535100534&type=2&permPage=1
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Il marketing delle malattie: come creare malattie e malati
By Antonella Randazzo – 24/09/2008
Negli ultimi anni sono proliferati gli operatori del marketing che utilizzano la sensibilizzazione ai problemi sanitari come uno strumento potente per vendere farmaci. Sono aumentate a dismisura anche le pubblicità dei farmaci. Ad ogni ora del giorno vengono trasmessi spot per incrementare le vendite di prodotti farmaceutici contro il mal di testa, mal di schiena, mal di gola, raffreddore, ecc. Per rendere più accattivante il messaggio pubblicitario, le aziende farmaceutiche talvolta utilizzano i camici bianchi o, nelle campagne promozionali, anche personaggi noti, che diventano testimoni del “vissuto di malattia”. Ciò tende a suscitare fiducia, che poi viene ad essere fiducia nel farmaco. Talvolta vengono organizzate vere e proprie campagne di promozione di alcuni farmaci.
Il fenomeno è stato definito “commercio di malattie” – Disease Mongering -, e consiste nella diffusione di informazioni riguardo a malattie o a presunte malattie, con lo scopo di vendere farmaci. Si tratta di promozione commerciale camuffata da campagna d’informazione sanitaria. Sempre più spesso queste campagne sono organizzate e finanziate direttamente dalle industrie chimico-farmaceutiche.
La portata del fenomeno è assai più ampia di quanto si possa credere. Si tratta di diffondere ansia e timori rispetto alla salute, e poi di proporre l’acquisto del farmaco come un risolutore del problema.
Alcune delle “malattie” propagandate sono la depressione, l’Adhd, il mal di testa e i disturbi dell’alimentazione. Le campagne del “commercio delle malattie” non mirano a far comprendere davvero le radici del problema, ma a vendere farmaci.
Oggi il settore farmaceutico rappresenta uno dei settori di maggiore profitto per le industrie, e proprio grazie alla pubblicità e ad altre iniziative di marketing, il mercato si sta espandendo notevolmente. Si tratta di un mercato che vuole continuare ad estendersi e ad imporsi, anche a discapito della salute umana.
Spiega Roberto Satolli, presidente di Zadig (agenzia di giornalismo scientifico):
“Tutti gli attori in gioco hanno interessi solidali: gli specialisti, che possono aumentare i pazienti e di conseguenza il reddito… gli amministratori dei centri di diagnosi o di cura, che reclutano un maggior numero di assistiti e fatturano un maggior volume di prestazioni; i produttori di apparecchiature diagnostiche… non ultime le case farmaceutiche, che… agiscono come il vero motore di tutta la catena… in realtà a ben scavare, nascosto dietro il paravento di una società di pubbliche relazioni, si trova spesso il finanziamento di una o più aziende, soprattutto farmaceutiche. E lo scopo è quasi sempre lo stesso: amplificare l’importanza (per la gravità, diffusione, implicazioni economiche e sociali eccetera) di questa o quella malattia per assoldare pazienti, moltiplicare le prestazioni, potenziare le strutture, sviluppare l’attività… vale la pena di sezionare e smontare il meccanismo, per analizzarlo in tutti i suoi dettagli, al fine di difendersi meglio dalle pericolose distorsioni che può produrre sulla vita e sulla salute delle persone e della popolazione”.(1)
Addirittura, data la mole degli affari e il livello ormai altissimo di mistificazione, c’è chi si chiede se venga prima prodotto il farmaco e poi inventata e “divulgata” la malattia. Il “lavoro” dovrà consistere nel rendere patologico ogni sintomo o piccolo problema, per convincere ad usare tutta una serie di farmaci. In altre parole, si tratta del “disease mongering”, ovvero delle tecniche per accrescere il numero delle persone che si sentono malate, al fine di vendere più farmaci.
Spiega la rivista “PLoS Medicine”:
“Sotto l’etichetta di disease mongering vengono raggruppate tutte quelle strategie che puntano ad aumentare il numero di malati e di malattie con il solo scopo di allargare il mercato della salute. Anche se di questa pratica scorretta sono accusate principalmente le multinazionali del farmaco, tecniche analoghe possono essere messe in atto, per esempio, dagli specialisti, quando rivolgono improvvisamente la loro attenzione a particolari patologie, fino a quel momento “sottovalutate”.
Sono tante le tecniche a disposizione di un aspirante disease mongering per creare più pazienti:
trasformare uno stato da fisiologico a patologico (come nel caso della menopausa); inventare di sana pianta una sindrome, definendola in maniera ambigua (disfunzione sessuale femminile); cambiare la definizione di una patologia, esagerandone l’incidenza e sfumando volutamente la differenza tra casi gravi – da trattare con farmaci – e quelli più lievi che non necessitano di cure (Adhd); abbassare le soglie di riferimento sopra le quali sono consigliate terapie farmacologiche (livelli di colesterolo, pressione arteriosa); sponsorizzare un’associazione di pazienti per lanciare una campagna di sensibilizzazione su una malattia etichettata come “trascurata”.(2)
Ovviamente, ai gruppi farmaceutici non interessa la salute delle persone, anzi, più malati ci sono e più guadagnano, dunque interessa molto di più che le persone si sentano malate e, soprattutto, che credano di risolvere i propri problemi attraverso i farmaci.
Le società farmaceutiche sono ormai diventate esperte nell’organizzare campagne “pro-malattia”, in cui assoldano “esperti” o persone che si presumono guarite dalle loro medicine. Per promuovere la malattia usano diversi mezzi: le riviste scientifiche e non, le associazioni, i medici, gli sponsor di vario tipo, ecc. Lo scopo è quello di convincere che è opportuno utilizzare i farmaci per ogni minimo disturbo.
La rivista “Pharmaceutical Marketing” ha spiegato in una “guida pratica all’educazione medica” come si debba creare il bisogno di cura prima di produrre il farmaco.
A tale scopo occorre attivare scienziati di spicco, che durante i congressi parlino della “malattia”, della diagnosi e della cura.
Altre tecniche sono state spiegate da Philippe Pignarre, che per molti anni ha lavorato nell’industria farmaceutica. Egli sostiene che il settore farmaceutico è il “gioiello della corona del capitalismo” e che per mantenere alti i profitti si è disposti a tutto.
Pignarre spiega alcune strategie impiegate di sovente: “si pubblica uno stesso articolo, sotto firme diverse, per aumentare la notorietà di una nuova molecola e suggerire ai medici che i suoi vantaggi sono stati davvero confermati; poi la si può addirittura commercializzare sotto due nomi diversi per imporla più rapidamente (strategia detta di co-marketing); infine si fa pressione per farla prescrivere in prima battuta, ecc. …
C’è anche la ‘strategia di nicchia’: i laboratori propongono il loro medicinale nel sottodominio limitato di una patologia e in seguito ‘lavorano per allargare questa nicchia, preparando i medici al depistaggio e sensibilizzando sia la stampa che il grande pubblico. Si sono così visti nascere alcune ‘nuove’ turbe psichiatriche’, come certe forme di depressione breve o di schizofrenia precoce… Davanti alla difficoltà di trovare nuovi medicinali, i laboratori si accingono dunque a inventare nuovi pazienti per vendere i loro vecchi prodotti. A questo fine, essi ricorrono a tutti gli stratagemmi del sistema pubblicitario, utilizzando le tattiche di comunicazione che si indirizzano direttamente alle masse per il tramite dei media”.(3)
In una società in cui si semina paura, insicurezza e complessi estetici non è difficilissimo convincere qualcuno che c’è qualcosa che non va nel proprio organismo, e che dunque c’è bisogno di assumere farmaci.
Lo scrittore Ray Moynihan e il ricercatore Alan Cassels hanno scritto un libro dal titolo “Farmaci che ammalano e case farmaceutiche che ci trasformano in pazienti” (Ed. Nuovi Mondi Media, 2005), in cui raccontano dell’intento delle società farmaceutiche, espresso dal direttore generale della Merck, Henry Gadsen, di “creare farmaci per le persone sane, così da poter vendere proprio a tutti”.
Altri studiosi, come H. Gilbert Welch, autore del libro “Should I Be Tested for Cancer? Maybe Not and Here’s Why” (“Devo fare un controllo per sapere se ho un cancro ? Forse no, ed ecco perché”), parlano di “epidemia di diagnosi”, ovvero la smania di fare analisi e di capire se abbiamo qualche malattia. Si tratta di un’epidemia che coinvolgerebbe anche persone perfettamente sane o con disturbi che non richiederebbero alcuna cura farmacologica.
Il marketing delle malattie punta a renderci tutti malati, e a farci ritenere che la scienza possa risolvere anche gli scompensi psicologici che lo stesso ambiente mediatico ci spinge ad avere. Tale mercato tende ad ingigantire i problemi e a dare stime molto alte della loro diffusione (le cifre crescono di anno in anno), per far credere che facilmente si possa essere colpiti.
La fonte da cui proviene l’informazione viene spacciata sempre per autorevole e “scientifica”, per rendere l’informazione più persuasiva. Tuttavia, spesso i dati forniti e altri messaggi promozionali sulla malattia sono incontrollabili, perché non viene indicata precisamente la fonte.
Il più delle volte si tratta di cifre approssimative o addirittura inventate. Gli sponsor delle campagne di marketing delle malattie tendono a nascondersi, per far apparire che l’informazione possa essere obiettiva in quanto non motivata da interessi economici. In molte campagne promozionali dei farmaci, gli sponsor (le case farmaceutiche) raggiungono i loro obiettivi grazie a programmi televisivi in cui l’informazione appare come dovuta a motivi di tutela sanitaria. Vengono utilizzati professionisti di marketing di alto livello, per rendere le campagne promozionali efficaci, e camuffare un’iniziativa di natura commerciale in uno spazio dedicato al bene comune.
Nel 2002, il British Medical Journal, a proposito del “commercio di malattie”, scriveva che “si possono fare molti soldi dicendo ai sani che sono malati”.(4)
Come osserva Satolli, l’apparato del marketing delle malattie è pronto a fornirci le sue soluzioni: “La conclusione è in genere semplice, anzi semplicistica. Dopo aver ingigandito i rischi… si lancia in conclusione un messaggio rassicurante: niente paura, c’è qualcosa (un farmaco, un intervento, una cura) che risolve tutto senza difficoltà. A questo punto la comunicazione assume quasi invariabilmente una struttura retorica che si richiama alla funzione teatrale del “deus ex machina”, cioè dell’intervento finale risolutore in chiave quasi miracolistica. Anzi si può dire che sia questa la struttura argomentativa tipica dei messaggi promozionali, nei quali l’informazione più importante (cioè quella che sta più a cuore a chi parla) anziché essere anticipata all’inizio, come nell’esposizione giornalistica, arriva spesso solo alla fine di un percorso che svolge la funzione di preparare all’apoteosi.
Questo aspetto è talmente tipico, che può essere “patognomonico”: quando si ha il dubbio che un messaggio abbia finalità promozionali, si può saltare in fondo: se nelle ultime righe è citato un farmaco risolutivo, probabilmente il sospetto è fondato”.(5)
Nel settore della produzione dei farmaci, soltanto sei corporation (Bayer, Glaxo, Pfizer, Aventis, Novartis e Roche) controllano il 70% dell’intero mercato mondiale, controllando anche la ricerca scientifica.
I cartelli farmaceutici hanno oggi un notevole potere di creare farmaci e di metterli in commercio senza accertarne i rischi per la salute di chi li assumerà.
Gli effetti collaterali sono spesso talmente pesanti da generare vere e proprie patologie o da compromettere gravemente la salute del paziente.
L’industria del farmaco deve di tanto in tanto lanciare nuovi farmaci o sostituire quelli che sono stati identificati come gravemente nocivi. Per vendere i nuovi farmaci, deve suscitare nuovamente fiducia, e ha bisogno di sollevare un notevole battage mediatico. Un mezzo efficace è quello di utilizzare le riviste più autorevoli del settore scientifico.
I lettori di queste riviste credono che gli articoli siano “obiettivi” e invece sempre più spesso sono sponsorizzati dalle case farmaceutiche allo scopo di sostenere un nuovo prodotto che metteranno presto in commercio.
Il Direttore Generale di United Health Europe, Richard Smith, in un discorso fatto presso la Medical Society di Londra nell’ottobre del 2004, spiegò il meccanismo di propaganda delle industrie farmaceutiche attraverso le riviste scientifiche:
“Le pubblicità possono essere spesso ingannevoli e i profitti nell’ordine dei milioni, ma le pubblicità stanno lì in bella vista, sotto gli occhi della critica… Il vero problema, ben più importante, ha a che fare con gli studi originali, in particolare i test clinici, pubblicati dalle riviste. Ben lungi dal far loro la tara, i lettori considerano i test controllati a distribuzione casuale come una delle più alte forme di evidenza. Un test su vasta scala pubblicato su una delle maggiori riviste possiede il marchio d’approvazione della rivista (a differenza della pubblicità), sarà distribuito in tutto il mondo e può ben ricevere una copertura globale dai media, specialmente se promosso allo stesso tempo dai lanci di stampa sia della rivista sia della costosa società di pubbliche relazioni, assoldata dalla compagnia farmaceutica che ha sponsorizzato lo studio.
Per un’industria farmaceutica, un test dall’esito favorevole vale quanto migliaia di pagine di pubblicità, ragion per cui una compagnia arriva a spendere talvolta oltre un milione di dollari in ristampe dello studio da distribuire in tutto il mondo. I medici che ricevono le ristampe possono non leggerle, ma rimarranno impressionati dal nome della rivista sulla quale compaiono.
La qualità della rivista consacrerà la qualità del farmaco… C’è una forte evidenza che le compagnie stiano ottenendo i risultati che vogliono, e ciò è tanto più preoccupante perché dai due terzi ai tre quarti degli studi pubblicati sulle maggiori riviste – Annals of Internal Medicine, JAMA, Lancet e New England Journal of Medicine – sono finanziati dall’industria … sono disponibili varie strategie di pubblicazione per assicurare la massima esposizione di risultati positivi.
Alcune compagnie sono ricorse al tentativo di sopprimere gli studi negativi, ma si tratta di una strategia rozza, che tra l’altro dovrebbe essere ben raramente necessaria se la compagnia sta ponendo le “giuste” domande. Una strategia di gran lunga migliore consiste nel pubblicare i risultati positivi più di una volta, spesso in supplementi alle riviste, che sono altamente vantaggiosi per gli editori e si sono mostrati di dubbia qualità… E’ inoltre possibile combinare i risultati provenienti da differenti centri in molteplici combinazioni. Queste strategie sono state smascherate nei casi del Risperidone e dell’Odansetron, ma è un lavoro immenso cercare di scoprire quanti test sono davvero indipendenti e quanti, invece, sono semplicemente lo stesso risultato che viene pubblicato più e più volte.”(6)
La fiducia acritica nella scienza e nella farmacologia è dovuta soprattutto alla propaganda mediatica che ogni persona subisce, e al prestigio di cui sono ammantati gli ambienti della scienza ufficiale. Eppure i fatti concreti rivelano che sia la farmacologia che la medicina ufficiale possono provocare malattie e morte. Oggi sarebbero circa 90 i morti al giorno in Italia per errori medici, per effetti collaterali dei farmaci o per malattie prese negli ospedali.
Soltanto nel nostro paese dunque morirebbero almeno 30.000 persone all’anno a causa della medicina e di altri fattori correlati.
Peraltro, i cartelli farmaceutici sono oggi strettamente collegati alle maggiori aziende alimentari, come la Kellogg e la Nestlé. Tali società portano avanti ricerche sugli additivi alimentari, sui conservanti, sui coloranti o sugli “aromi”.
Negli ultimi decenni è aumentato considerevolmente sia l’uso di psicofarmaci, sia il fenomeno della sofisticazione alimentare, senza che le autorità abbiano mai sollevato il problema, nonostante le conseguenze drammatiche.
Nessun cittadino viene mai avvertito dalle autorità circa i rischi che può correre assumendo un determinato vaccino e/o farmaco o consumando alimenti adulterati. Dunque, le nostre autorità rivelano anche in questo modo di essere sottomesse al potere del gruppo che controlla l’industria alimentare e farmaceutica, e di non avere alcun riguardo per la salute delle persone.
Lo scrittore Ray Moynihan e il ricercatore Alan Cassels hanno scritto un libro dal titolo “Farmaci che ammalano e case farmaceutiche che ci trasformano in pazienti” (Ed. Nuovi Mondi Media, 2005), in cui raccontano dell’intento delle società farmaceutiche, espresso dal direttore generale della Merck, Henry Gadsen, di “creare farmaci per le persone sane, così da poter vendere proprio a tutti”.
Altri studiosi, come H.Gilbert Welch, autore del libro “Should I Be Tested for Cancer? Maybe Not and Here’s Why” (“Devo fare un controllo per sapere se ho un cancro ? Forse no, ed ecco perché”), parlano di “epidemia di diagnosi”, ovvero la smania di fare analisi e di capire se abbiamo qualche malattia. Si tratta di un’epidemia che coinvolgerebbe anche persone perfettamente sane o con disturbi che non richiederebbero alcuna cura farmacologica.
Per fare in modo che ogni disturbo abbia la corrispettiva cura, si fa in modo da etichettare come malattie anche piccoli disturbi, sintomi passeggeri o comportamenti. Tutto questo viene reso realistico attraverso statistiche e ricerche false o fittizie. In tal modo nascono cure farmaceutiche per la “timidezza”, le gambe stanche, la “fobia sociale” o la distrazione.
Anche la tristezza temporanea, magari per un lutto o un divorzio, può diventare una malattia curabile con psicofarmaci. Entrare in uno studio medico significa quasi sempre ricevere cure farmacologiche, anche quando varrebbe la pena chiedersi se il disturbo dipenda da insane abitudini alimentari o da altre cause non patologiche e facilmente evitabili.
Tutti sanno che i farmaci possono creare effetti collaterali, e dunque sarebbe meglio non assumerne se non c’è un’effettiva necessità. Assumerli quando si è sani, soltanto perché attraverso tecniche mediatiche ci hanno convinto che non lo si è risulta un paradosso che mostra tristemente il livello di potere che l’attuale sistema ha raggiunto sulle singole persone. E’ come se l’attuale gruppo al potere provasse piacere nell’avere la possibilità di constatare quanto gli individui siano diventati condizionabili. Come scrisse Ivan Illich, “la civiltà industriale crea nuove malattie e il sistema medico stesso è ben lungi dall’essere sano:
Una struttura sociale e politica distruttiva trova il suo alibi nel potere di appagare le proprie vittime con terapie che esse hanno imparato a desiderare. Il consumatore di cure diviene impotente a guarirsi o a guarire chi gli sta vicino”.
By Antonella Randazzo
Fonte: antonellarandazzo.blogspot.com
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/09/il-marketing-delle-malattie-come-creare.html
24.09.08
NOTE BIBLIOGRAFICHE
1) Latronico Nicola, Rasulo Frank, Candiani Andrea, “Brain. Brescia Anesthesia Intensive Care Neuroscience”, Madeia, Napoli 2006, p. 155.
2) “PLoS Medicine”, volume 3, numero 4, aprile 2006.
3) Gruppo Marcuse, “Miseria umana della pubblicità: il nostro stile di vita sta uccidendo il mondo”, Eleuthera, Milano 2006.
4) Latronico Nicola, Rasulo Frank, Candiani Andrea, op. cit., p. 157.
5) Latronico Nicola, Rasulo Frank, Candiani Andrea, op. cit., p. 158.
6) Brani tratti dal discorso che Richard Smith pronunciò presso la Medical Society di Londra nell’ottobre 2004. Il discorso fu riportato nel gennaio 2005 dal bollettino di HealthWatch.
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FARMACI e PROTOCOLLI per Bambini (da Panorama di Apr. 2008)
SOLO il 2 % degli studi clinici per testare i farmaci a scopo pediatrico, si basa su Comitati di Controllo Indipendenti (non legati adindustrie farmaceutiche), per valutare l’eventuale presenza di reazioni avverse.
Questo e’ quanto emerge da un’analisi, effettuata dall’Universita’ di Nottingham (UK) ed apparsa sulla rivista Acta Pediatrica di 739 trial internazionali effettuati fra il 1996 ed il 2002, ed alcuni test comprendevano anche adulti assieme ai bambini…
Mentre il 74 % degli studi pubblicati descriveva il modo in cui era stato condotto il monitoraggio sulla sicurezza, solo 13 su 739 avevano comitati composti da membri NON arruolati dalle aziende farmaceutiche !
Reazioni avverse ai medicinali (fra cui l’ipertensione, emorragie, insufficienza renale, psicosi, ecc.) sono state segnalate in circa 37 % dei trial; nell’11 % le reazioni erano da moderate a serie, e 6 studi clinici sono stati interrotti precocemente a causa della grave tossicita’ del farmaco; non a caso erano anche quelli con comitati di controllo indipendenti !
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L’F.D.A. (USA) ha TENUTO NASCOSTE le PROVE della PERICOLOSITÀ dei CIBI TRANSGENICI….e di molti Farmaci e Vaccini (vedi la trasmissione Report -Rai3 del 20704/08)
La più importante agenzia statale americana per il controllo sui cibi e sui farmaci, la Food And Drug Administration, ha approvato i cibi modificati geneticamente malgrado le morti che avevano causato e gli avvertimenti dei suoi stessi scienziati sui gravi rischi che essi comportano.
Nel maggio 1998 l’Alliance for Bio-Integrity con una coalizione di scienziati, leaders religiosi e consumatori, ha fatto causa alla Food and Drug Administration per ottenere test obbligatori di sicurezza e l’etichettatura dei cibi geneticamente modificati. Nove scienziati che ricoprono importanti funzioni nelle Università e nei centri di ricerca, si sono uniti alla coalizione perché ritengono che la politica dell’FDA è scientificamente scorretta e moralmente irresponsabile.
La Corte Federale ha obbligato l’FDA a consegnare all’avvocato dei querelanti le 44.000 pagine del suo archivio interno.
Questi documenti, oltre a contraddire l’affermazione dell’FDA che la sua politica ha fondamenti scientifici, dimostrano che l’agenzia ha violato la Legge americana su cibo, medicine e cosmetici permettendo che i cibi geneticamente modificati fossero introdotti sul mercato senza essere sottoposti a sperimentazioni, sulla base del presupposto che sono generalmente riconosciuti sicuri da esperti qualificati.
Perché è avvenuto tutto questo ?
Durante l’amministrazione Reagan, quando l’economia degli Stati Uniti aveva seri problemi e c’era un grosso squilibrio negli scambi commerciali, molti esperti erano alla ricerca di aree attraverso il cui sviluppo si poteva lanciare di nuovo l’economia degli USA e, in particolare, l’esportazione.
Quella che all’epoca era la giovane tecnologia della bioingegneria era uno dei settori più promettenti. È stata quindi emessa una direttiva per tutte le Agenzie federali, come l’FDA, l´Agenzia per la Protezione dell’ambiente ed il Dipartimento di Agricoltura di promuovere al massimo l´industria biotecnologica e di facilitare l’introduzione di questi prodotti sia negli USA che nei paesi esteri. Questo tipo di politica fu spinta moltissimo anche sotto la presidenza di Bush e poi di Clinton.
L’FDA ha ammesso di aver operato sotto una direttiva “per favorire” l’industria biotech americana sulla base del presupposto che i cibi bioingegnerizzati sono essenzialmente uguali agli altri. Ma la linea politica dell’FDA ha incontrato una forte resistenza da parte dei suoi stessi scienziati, che negli anni `90-´92 hanno portato avanti quella che si può definire la più accurata analisi fino ad ora attuata sui cibi OGM.
Sulla base dei risultati di questa analisi essi hanno ripetutamente segnalato che la bioingegneria, alterando l’attività cellulare, può condurre alla produzione di tossine inaspettate, allergeni e sostanze cancerogene. La Dott.ssa Linda Kahl, funzionario dell’FDA, incaricata di sintetizzare tutte le affermazioni degli scienziati dell’agenzia, ha affermato che l’agenzia stava “cercando di far entrare un piolo quadrato in un buco rotondo… cercando di forzare la conclusione finale che non c’è nessuna differenza tra cibi modificati con l´ ingegneria genetica e cibi modificati con pratiche di riproduzione tradizionali”.
Inoltre il Dott. Jim Maryanski, Coordinatore della Biotecnologia dell’FDA, ha riconosciuto che, nella comunità scientifica in generale, non c’è alcun consenso sulla sicurezza dei cibi modificati geneticamente e che gli scienziati dell’FDA hanno consigliato che essi dovrebbero essere sottoposti
a speciali test, inclusi i test tossicologici. Nondimeno, la motivazione dell’FDA per promuovere l’industria biotech era così forte che essa, non solo ha ignorato gli avvertimenti dei suoi stessi scienziati sui rischi specifici dei cibi manipolati geneticamente, ma ha nascosto le prove della pericolosità dei cibi transgenici e ha preso una posizione pubblica che sostiene l’opposto. L´FDA ha mentito consapevolmente affermando in una dichiarazione ufficiale: “L’agenzia non è a conoscenza di alcuna informazione che dimostra che i cibi derivanti da questi metodi nuovi differiscono dagli altri cibi in alcun modo significativo o uniforme…”.
Così, benché esperti dell’agenzia abbiano consigliato che i cibi geneticamente ingegnerizzati dovevano essere sottoposti a test speciali, i burocrati responsabili della politica hanno proclamato che questi cibi non richiedono alcun test.
L’avvocato Druker ha affermato che, se fosse stata detta la verità, cioè ciò che è emerso dalle analisi degli scienziati, nessun cibo manipolato geneticamente sarebbe potuto entrare negli anni ’92/’95 nel mercato americano che poi li ha esportati in Europa e in tutto il mondo e la popolazione mondiale non sarebbe stata esposta a questo grave rischio. Si può quindi parlare di genocidio legalizzato.
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FDA collusa con case farmaceutiche – Il profitto al costo della salute
Ma la frase dà anche il titolo (l’aggiunta finché morte non ci separi è nostra) al documentario “We’ll take care of you” realizzato da Lattanzio Firmian e Alberto Baudo e premiato allo Swansea International Film Festival che si svolge nel Regno Unito per la categoria “Best Documentary”.
Un filmato terribilmente inquietante per il suo essere estremamente veritiero, attraverso il quale Firmian, un neurologo che lavora in un importante ospedale newyorkese e Baudo, giornalista e produttore televisivo, hanno messo a nudo l’industria farmaceutica, l’FDA(Food and drug administration) ed il sistema sanitario statunitense.
L’indagine prende spunto dallo scandalo Vioxx, il farmaco contro i dolori reumatici che prima di essere ritirato dal mercato, tra il 1999 ed il 2004 ha ucciso 60mila persone per infarto. Come dice nel documentario David Graham, lo scienziato a capo della sperimentazione di nuovi farmaci per la FDA: “Una cifra paragonabile al numero dei morti causati dalla guerra in Viet Nam, ma nessuno protesta nelle piazze, oppure come se ogni settimana cadesse un Boeing per quattro anni e nessuno dice niente”.
“Solo la punta di un iceberg” – ci spiega Baudo mentre ci racconta com’è nato “We’ll take care of you”. “Firmian – continua il giornalista – il mio socio nonché medico, un giorno mi ha raccontato di essere stato molto turbato dalla vicenda Vioxx e mi ha spiegato come il sistema sanitario americano presti il fianco ad operazioni corsare delle case farmaceutiche e di come l’FDA che dovrebbe controllare la bontà di un farmaco in realtà non assolve il suo compito proprio a causa di questo intreccio perverso con l’industria farmaceutica”.
Il documentario inizia con una scena da far west, dove ci sono “Il buono, il brutto e il cattivo”, ed i buoni non sono sicuramente identificabili con le case farmaceutiche e l’FDA, al contrario sono un pugno di coraggiosi, i cosiddetti whistleblowers, le talpe, le gole profonde che si sono ribellate al sistema.
“I nostri whistleblowers sono David Graham e Peter Rost, vice-presidente del settore Marketing della Pfizer, la più grande casa farmaceutica al mondo. Sono loro che ci hanno raccontato i retroscena che ci sono dietro la sperimentazione di un farmaco e la sua messa in commercio”.
Come avete fatto a dimostrare la veridicità di quelle informazioni ?
“Siamo andati alla ricerca delle vittime di questo sistema, ma le storie non bastavano a dimostrare certi fatti e visto che non potevamo certo bussare alla porta della Merck (produttrice del Vioxx, ndr) o della Pfizer e dirgli che i loro informatori scientifici vanno dai medici e offrono loro dei premi, siamo riusciti ad infiltrarci in alcuni congressi medici ed abbiamo rubato le immagini che testimoniano l’avvicinamento dei medici da parte di questi informatori scientifici. Non abbiamo reso noto i nomi, così come non abbiamo pubblicato tutte le immagini acquisite perché il nostro obiettivo non è quello di colpire i singoli piuttosto esporre il sistema corrotto. Qui ci troviamo di fronte a reati di corruzione e concussione”.
Qual è il giro di affari che ruota intorno all’industria farmaceutica ?
“L’industria farmaceutica è la seconda al mondo dopo quella delle armi, si parla di miliardi di dollari”.
Il titolo che avete scelto, dopo aver guardato il documentario, più che essere rassicurante “We’ll take care of you”, lascia letteralmente di ghiaccio…
“Sì, e pensiamo alla promozione televisiva con la quale l’industria farmaceutica bombarda gli utenti, è una cosa che non esiste perché i consumatori non sono medici e non possono decidere da soli che tipo di farmaco prendere e d’altro canto gli stessi medici sono “corrotti” e prescrivono un determinato medicinale incondizionatamente. C’è, inoltre, la questione dei trials, che fanno direttamente le case farmaceutiche visti gli altri costi che comportano e hanno il diritto di rendere noti quelli che vogliono loro. Ad esempio, se su mille pazienti tre hanno avuto un attacco cardiaco, le aziende farmaceutiche non lo dicono, pubblicano, quindi, solo dati parziali”.
Veniamo alle responsabilità politiche in questo gioco delle parti.
“Per ogni congressman ci sono due lobbyist farmaceutici che hanno il compito di convincerli a fare leggi a loro favore. Sono lì a tempo pieno a Washington e visto che i politici hanno bisogno di soldi per sostenere le loro campagne, sono finanziati anche dalle aziende produttrici di farmaci, è come dire che la democrazia americana è “for sale””.
Nel documentario si parla di altri due farmaci “Premarin” per il trattamento della menopausa e “Zolofot”, un antidepressivo usato per i bambini e che ha avuto conseguenze purtroppo tragiche.
“Per raccogliere le nostre storie abbiamo viaggiato l’America in lungo e in largo ed abbiamo raccolto la testimonianza di due genitori che hanno perso una figlia adolescente. Questa ragazza non ha dato problemi fino a 16 anni, poi è andata “in crisi”, o meglio stava attraversando quel periodo caratteristico dell’adolescenza. La famiglia si è rivolta al medico della scuola che ha prescritto alla ragazza questo antidepressivo pesantissimo.
Dopo tre giorni la giovane ha cominciato a dare segni di squilibrio e alla fine i genitori l’hanno trovata impiccata nel garage di casa. Dalla nostra indagine è venuto fuori un dato inquietante, ossia gran parte degli studenti americani viene messa sotto qualche tipo di farmaco psicotropico, i più diffusi sono quelli per curare l’ADHD e la depressione adolescenziale. E riguardo alla famiglia della ragazza suicida, solo dopo un anno di battaglie sono riusciti a far sì che la casa farmaceutica inserisse nel prodotto una “black-box” dove si diceva che tra gli effetti indesiderati poteva causare il suicidio”.
Qual è l’intreccio dietro FDA e case farmaceutiche ?
“È sufficiente dire che la maggior parte dei salari degli impiegati della FDA vengono pagati dall’industria farmaceutica. Si potrebbe tranquillamente chiedere ad un dipendente FDA “Ma tu per chi lavori?”. Ancora più perversa è quella che si potrebbe definire politica della “revolving door”, ossia si entra in FDA, quindi con un stipendio modesto, e si finisce a lavorare per le case farmaceutiche con stipendi profumati. È come un’equazione matematica: gli scienziati della FDA che devono mettere il timbro per autorizzare la messa in commercio del farmaco, e se si comportano bene finiscono la loro carriera altrove e con salari altissimi. Aggiungo che l’FDA quando deve decidere se un farmaco può rimanere in commercio o meno, si appoggia ad un comitato di medici esperti, purtroppo si è scoperto che il 75% di questi medici ha intrecci con le case farmaceutiche”.
Tra qualche giorno uscirà nelle sale il film di Micheal Moore “Sicko”, ci sono delle analogie con i contenuti del vostro documentario ?
“Non direi perché Moore non ha detto una parola sulle case farmaceutiche. Lui se l’è presa con il sistema delle assicurazioni ma non si è voluto esporre oltre, non è andato contro l’industria dei farmaci”.
“We’ll Take Care of You” è stato selezionato e premiato anche da altri festival, Flint, Long Island International Film Expo, Diy Los Angeles, Everglades, Sud Africa, Declaration of Independence, GB, DeReel, Australia ed è stato interamente autoprodotto da Baudo e Firmian.
“È stato un servizio che abbiamo voluto fare per la società” – ha commentato Baudo, purtroppo aggiungiamo noi, nonostante le denunce “nessuno andrà in prigione” come si dice nel documentario e le case farmaceutiche continueranno a “prendersi cura di noi” alla loro maniera.
Tratto da. : http://www.oggi7.info/2007/08/31/147-il-profitto-costo-della-salute
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La salute è un affare, un mercato con cifre colossali. Questo è il primo problema.
Un malato, o un supposto malato è una fonte di reddito quasi inesauribile.
Più una/o di noi è malata/o e più procura guadagni.
Il sistema economico in cui operiamo ha come riferimento il PIL, il prodotto interno lordo, la somma di tutte le entrate di tutte le attività economiche.
Quando avviene un incidente il PIL aumenta. Quando avviene un disastro il PIL aumenta molto.
In particolare un malato fa quasi sicuramente aumentare il PIL, una persona sana può far diminuire il PIL.
Un esame (la cosiddetta medicina preventiva) fa aumentare il PIL, un abbonamento in palestra fa aumentare il PIL, una passeggiata in un bosco vicino a casa non fa aumentare il PIL, coltivarsi l’insalata nell’orto vicino a casa senza concimi chimici fa diminuire il PIL.
Ciò che fa aumentare le ricchezze delle aziende fa aumentare il PIL, ciò che fa migliorare la salute e il benessere delle persone spesso fa diminuire il PIL.
Meno PIL, meno tasse, meno tasse meno soldi in mano allo Stato, meno soldi in mano allo Stato, meno soldi in mano a chi amministra i soldi dello Stato.
Le medicine non convenzionali hanno un grandissimo difetto: spesso funzionano, ma soprattutto quasi sempre non fanno gravi danni.
In USA (ma vale per il resto del mondo, occidentale e non solo) hanno stabilito che gli interventi sanitari (farmaci, operazioni chirurgiche, ecc.) sono la principale causa di morte. Più del cancro.
Se sono la principale causa di morte, c’è da aspettarsi che siano anche la principale causa di malattia. E la principale causa di guadagni per il sistema industriale sanitario.
Per chi guadagna sulla malattia, le pratiche che aiutano le persone a rimanere sane o a guarire sono la peggior concorrenza che si possa immaginare.
L’industria della malattia, come ogni industria, ha bisogno di sempre più clienti che spendano sempre di più. E quindi deve convincerci che siamo malati, senza possibilità di guarigione e che abbiamo continuamente bisogno di interventi sanitari per star meglio.
L’industria della malattia combatte con tutti i mezzi, leciti e illeciti, come ogni attività economica, chi tenta di guarire e chi propone stili di vita che aiutano a vivere in salute.
Il cancro è la più grande fonte di guadagno. E allora chi suggerisce la possibilità di curarlo viene perseguitato con grande energia.
I bambini sono naturalmente sani e pieni di energia. E allora bombardiamoli di onde di vario tipo (ecografie) nella gravidanza. Facciamoli nascere in ambienti rumorosi e con luci accecanti per attaccare fin dal primo momento il loro sistema nervoso. Introduciamo nel loro organismo ancora in crescita e così delicato ogni sorta di veleno chimico tramite vaccini, antibiotici e altri farmaci chimici.
Se qualcuna/o ottiene dei risultati nella cura di qualche malattia “Incurabile” va subito accusato di essere un impostore, che vende illusioni ai malati “incurabili”. E come potrebbe essere diverso ?
Il malato è una gallina dalle uova d’oro e chi pretende di guarirlo deve essere eliminato in gran fretta.
Per questo le medicine non convenzionali devono prima di tutto essere inglobate e snaturate, ossia devono diventare costose e inefficaci: solo quando avranno perso la capacità di prevenire e guarire le malattie potranno essere accettate all’interno di questo sistema sanitario.
Ovviamente esistono le eccezioni, come può avvenire che ci siano persone oneste che lavorano in banca o in politica o nei grandi giornali o nelle principali reti TV, ma prima o dopo verranno eliminate o se ne andranno di loro iniziativa.
Prodi o Berlusconi non fa differenza: i partiti politici hanno caratteristiche affini alle organizzazioni a delinquere: nascono e si sviluppano per far ottenere vantaggi a chi li finanzia, assicurando privilegi e immunità a chi ne fa parte.
Quando qualche politico viene accusato infatti, la discussione non viene indirizzata a denunciarne le malefatte, ma piuttosto si discute di come impedire che possa succedere un’altra volta che le malefatte siano scoperte.
Chi denuncia i crimini diventa l’accusato, il vero colpevole. E i mezzi utilizzati per scoprire il crimine sono messi sotto accusa.
Come ci si può quindi aspettare che chi ci governa, essendo corrotto per definizione, operi a favore della salute dei cittadini?
Ci si può aspettare che un mafioso si comporti in maniera onesta e altruista ?
Nel campo della salute la lobby dei medici e dell’industria sanitaria detiene tutti i posti di potere e orienta tutte le scelte economiche e culturali verso un sistema che sostanzialmente favorisce lo sviluppo di ogni tipo di patologia ai danni della salute, per i motivi che ho indicato fin dall’inizio.
Le cure utilizzate prevalentemente sono cure chimiche capaci di far ammalare chi è sano. Gli ospedali sono luoghi dove chi è sano si ammalerebbe facilmente. E così via.
In Italia si calcola che oltre 10 milioni di persone utilizzano abitualmente medicine non convenzionali: sono come le coppie di fatto. Lo Stato ci sopporta malvolentieri, e agisce metodicamente per renderci la vita difficile e impedirci di agire liberamente. Governo dopo Governo le leggi rendono illegale usare erbe, integratori alimentari, e ogni terapia “dolce” e non invasiva.
Mentre chi quotidianamente avvelena i pazienti, ne amplia le sofferenze e ne accelera la morte viene ossequiato e premiato per i suoi nefasti risultati.
La decisione di utilizzare una terapia non convenzionale per il momento è solo una decisione personale.
Le assicurazioni difficilmente rimborsano i farmaci e le terapie non convenzionali.
Negli ospedali è molto raro potervi accedere.
La libertà di concorrenza in questo campo, come in tanti altri, non funziona.
Ogni giorno muoiono milioni di persone di cancro curato con la chemioterapia. Nessuno si sogna di denunciare i medici che usano la chemioterapia per “curare” chi ha il cancro.
Ma se un medico usa qualche altro metodo viene denunciato, imprigionato, cancellato dall’Ordine dei Medici, perseguitato in tutte le maniere possibili.
By Giorgio Gustavo Rosso tratto da una risposta ad una giornalista di Repubblica Salute
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Le Cure naturali che il business sanitario ti nasconde
I medicinali e la maggior parte di quello che mangiamo ogni giorno ci stanno lentamente avvelenando, mentre i medici e l’industria farmaceutica hanno tutto l’interesse a mantenerci malati e a non farci guarire.
E’ questa la tesi, sconvolgente quanto documentatissima, di Kevin Trudeau, uno dei più noti difensori dei diritti del consumatore e del cittadino americano. In questo saggio, che negli Stati Uniti ha scalato le classifiche di vendita provocando molto clamore, l’autore solleva finalmente il coperchio dal vaso di Pandora degli inganni del business farmaceutico e alimentare. Ma soprattutto, dopo aver spiegato i meccanismi del circolo vizioso che le lobby hanno generato, offre una speranza indicando i grandi risultati ottenuti da diverse cure naturali e pratiche mediche alternative che, senza farmaci e senza chirurgia, permettono di combattere le malattie e i disturbi cronici più frequenti (dall’herpes al mal di testa, dal diabete alle vene varicose, dalla depressione ai tumori, dai problemi cardiaci alle allergie) o di dimagrire (e mantenersi magri per sempre) senza sforzo. Il tutto aiutando il corpo a recuperare il suo stato di salute originario.
Kevin Trudeau è uno dei più famosi rappresentanti dei consumatori americani, molto attivo soprattutto sul fronte delle medicine alternative e della corruzione e conflitti di interessi tra governo e corporation. Si dedica alla formazione di diverse fondazioni e ha devoluto buona parte del suo patrimonio alla tutela dei consumatori.
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Il business alla base della ricerca scientifica e dell’eccessivo consumo di farmaci
Un articolo di Steve Connor pubblicato sull’inglese The Indipendent1 è subito circolato tra gli addetti ai lavori e gli interessati (vedi il testo integrale a pag. 8), ci ha informato di qualcosa che chi si occupa di medicina naturale, o anche più semplicemente chi è un po’ più attento alla propria salute, sapeva già da tempo e cioè che quasi tutti i farmaci sono inefficaci in più della metà dei pazienti. Quando addirittura non sono nocivi.
L’affermazione non è dell’uomo della strada di turno intervistato all’uopo, ma è di un amministratore capo della più grande compagnia farmaceutica inglese (e’ una tra le più grandi del mondo), la GlaxoSmithKline.
I dati forniti in questo articolo sono veramente disarmanti, tanto più se consideriamo le autorevoli e interessate fonti di provenienza per cui qualche maligno potrebbe pure supporre che se le cifre rese pubbliche sono queste, quelle reali potrebbero essere anche peggio. Ma partiamo dal presupposto che abbia trionfato la buona fede e la trasparenza e vediamo questi dati.
La frequenza di risposta, ossia la percentuale di efficacia di alcune categorie di farmaci per le principali patologie attuali è quella che segue:
TABELLA DELLA FREQUENZA DI RISPOSTA DEI FARMACI, secondo le statistiche ufficiali e non secondo la realta’ dei fatti !
Settore Terapeutico | % di efficacia del farmaco |
Alzheimer | 30 |
Analgesici (Cox-2) | 80 |
Asma | 60 |
Aritmie cardiache | 60 |
Depressione (SS RI) | 62 |
Diabete | 57 |
Epatite C (HCV) | 47 |
Incontinenza | 40 |
Emicrania (acuta) | 52 |
Emicrania (profilassi) | 50 |
Oncologia | 25 |
Artrite reumatoide | 50 |
Schizofrenia | 60 |
Ma l’affermazione più drammatica e riassuntiva la fa Allen Roses, vicepresidente della linea genetica della Glaxo, quando afferma che “la stragrande maggioranza dei farmaci — più del 90% — funziona solo nel 30-50% degli individui”. Consiglierei di rileggere con molta lentezza l’affermazione qui esposta e di fare una pausa riflessiva. Credo che per qualsiasi umano di senno sia una pausa veramente devastante…
Le domande che ci si accavallano in testa sono tante. L’indignazione sale ?
Vaghi desideri del tipo “Rambo 2, la vendetta” si affacciano alla mente ? Sicuri ? O forse siamo talmente abituati all’umiliazione quotidiana delle nostre coscienze e dei nostri intelletti da digerire ormai qualsiasi cosa ?
Il presente articolo avrebbe la presunzione di scuotere l’animo (sempre ammesso che mi sia permesso e che sia rimasto qualcosa da scrollare, visto che ormai, si può dire, ci hanno shakerato tutti i visceri, niente escluso) e illuminare la mente sui meccanismi reconditi di Big Pharma, il cartello farmaceutico internazionale così come viene chiamato nei paesi anglosassoni, mostro a più teste da cui tutti dipendiamo e in cui tutti riponiamo speranze e illusioni, specialmente nei momenti peggiori della nostra esistenza e di quella dei nostri cari.
Direi che la base di partenza per le nostre riflessioni sia analizzare come questi farmaci vengono ideati e prodotti per poi dare risultati così scadenti.
La Filiera Del Farmaco
Più che dare qualche altra cifra o nome di farmaco inquisito o additato per la sua nocività o inefficacia (Lipobay, Bactrim, AZT, Tamoxifene, ecc.) mi preme qui andare alla radice del problema, ossia analizzare il processo di come si arriva alla produzione e commercializzazione di un farmaco.
Lì c’è tutto. Capito il funzionamento, capito tutto.
Per adesso e per sempre (se non cambia qualcosa). Va rimossa cioè, la diffusa convinzione di fondo secondo cui le case farmaceutiche con l’aiuto delle ricerche di scienziati di provato ingegno e bontà d’animo lavorano per il benessere dell’umanità alla ricerca di farmaci che ne allevino la sofferenza. Questo poteva essere vero sino agli anni Cinquanta o forse Sessanta del secolo scorso.
Su meccanismi e le finalità odierne delle fabbriche di medicinali sarei più dubbioso.
Certo non si può generalizzare ma vediamo come generalmente si articola il processo di fabbricazione d un principio attivo curativo. Allora, forse non tutti sanno che ogni farmaco deve superare varie fasi di studio e di sperimentazione per poter poi entrare nel mercato ed essere venduto e somministrato ai malati.
Una molecola munita di un’attività terapeutica degna d’attenzione, in media riesce a diventare farmaco in un tempo medio di 15 anni.
Negli ultimi anni, però, le multinazionali del farmaco riescono ad aggirare il problema di fasi di studio e controllo troppo rigide ricorrendo al reclutamento convulso di cavie umane volontarie (pagate) in paesi del Terzo Mondo, al fine di sperimentare farmaci i cui test non sono ancora stati approvati negli USA.
E dico USA perché Stati Uniti e Gran Bretagna sono i paesi in cui si concentrano i due terzi dei profitti farmaceutici mondiali 2.
Test Sperimentali
Le cavie a buon mercato per i laboratori europei (svizzeri, tedeschi ecc.) sono reclutate invece nei paesi periferici dell’Est europeo, paesi dove, al pari di altre zone economicamente depresse del pianeta, il rimborso ottenuto per farsi martirizzare è molto agognato.
Negli Stati Uniti una prova clinica su un paziente costa una media di 10.000 dollari, in Russia 3.000 e nelle regioni più povere del mondo ancora meno. Ma i test di sperimentazione su cavie umane nei paesi poveri consentono, oltre che un risparmio economico, anche di risparmiare sui tempi, perché le case farmaceutiche sottostanno in questo caso alle legislazioni locali solitamente meno restrittive. Ciò permette di arrivare prima sui mercati e cioè di brevettare prima.
Per capire l’importanza della velocità nel processo di realizzazione di un medicinale, si deve ricordare che un giorno di ritardo nel lancio di un farmaco costa in media a un’azienda farmaceutica 2 miliardi e 600 milioni delle vecchie lire3.
Il valore vero della sperimentazione quindi non è nel conseguire il miglior prezzo a cui poi vendere un prodotto o la sua migliore efficacia (come poteva essere decenni fa, in cui forse il business aveva ancora un’anima umanistica), ma è l’arrivare primi per brevettare prima4.
Seguire un protocollo di approvazione di un farmaco costa più o meno 300 milioni delle vecchie lire.
Ma sono 1 .000 i miliardi delle stesse che si possono ottenere sfruttando in esclusiva il farmaco arrivando per primi ai brevetti.
Sì, avete letto bene: plurale.
Per ogni farmaco si possono infatti fare più brevetti per prolungare l’agonia di speculazione: un brevetto sul processo di fabbricazione, uno sul metodo di somministrazione (compressa, siero, fiala ecc.), uno sulla posologia, uno sul principio attivo ecc. ecc.
Per dirla con le parole di uno scienziato “pentito” : “I test clinici sono oggi figli di una sola necessità: la ricerca di margini sempre maggiori di profitto. Non crederete mica che le società fanno esperimenti per pura ricerca scientifica”; così Benno Leutold, medico, scienziato e ricercatore per Roche, ha lavorato pure ad Harvard e poi nei laboratori americani dei National Health Institute5.
E sempre Leutold che ci informa inoltre che “Nessun test è in grado di stabilire con esattezza gli effetti collaterali e quelli clinici di un medicinale nell’arco dei 5-6 anni della sua sperimentazione. Un tempo ragionevole sono 30 anni. Solo allora si comprende l’intero spettro di azione di un farmaco”6.
Anche su questo ci sarebbe da meditare parecchio. Qui sta la radice del problema. E ovvio cioè che la qualità di un medicinale rimane un punto interrogativo a lungo, checché ne dicano mass-media e riviste scientifiche di turno.
E dopo vent’anni di vita il brevetto svanisce e il farmaco viene spinto fuori dal mercato per il prezzo troppo basso7.
Si ha interesse quindi a cicli continui di nuovi prodotti.
A questo punto mi sembra importante rilevare che a capo dei dipartimenti delle case farmaceutiche non ci sono più medici o scienziati, come nei decenni addietro, ma economisti esperti.
Sono loro che decidono quali farmaci devono restare sul mercato e quali devono essere ritirati. Non vengono prese queste decisioni sulla base dell’efficacia di un medicinale o di una moralità legata allo stato terribile della sofferenza umana.
Si decide sulla base del migliore investimento e resa economica. Si investe in quel farmaco che prospetta il maggior guadagno e si progetta un piano di lancio mass-mediatico ad hoc.
Quando infatti un farmaco ha superato il test di fase 1, e si inizia a fare sperimentazione sui malati, si lascia trapelare la notizia ai giornali di un nuovo “miracoloso” prodotto in arrivo e le azioni in borsa della multinazionale che lo produce cominciano a lievitare.
Spero di essere stato chiaro.
E la scusa che i prezzi dei medicinali sono alti perchè le industrie farmaceutiche devono ricavare grandi profitti da un farmaco per poter finanziare la ricerca e lo sviluppo di altre medicine ancora, è ormai palesemente scoperta: le case farmaceutiche investono nella commercializzazione dei loro farmaci il doppio di quanto investono in ricerca e sviluppo8.
La commercializzazione
E la commercializzazione è, parimenti alla sperimentazione, veramente senza scrupoli.
Le case farmaceutiche possono, ad esempio, arrivare ad ampliare deliberatamente le indicazioni di un medicinale semplicemente per allargare il mercato dello stesso quando questo abbia qualche problema di smaltimento o abbia riscontrato scarso successo. Un farmaco autorizzato per la lotta al cancro in Europa può allora tranquillamente diventare un medicinale contro l’emicrania in Africa e magari a un prezzo decisamente superiore che non nel Vecchio continente, e venduto pure senza alcuna controindicazione allegata9.
Questo strapotere delle case farmaceutiche sta incontrando qualche resistenza in alcuni paesi del Terzo Mondo.
Ma l’attuale presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha sostenuto di voler difendere a ogni costo il copyright dei farmaci dellemultinazionali contro le decisioni “arbitrarie” di alcuni paesi appunto come la Thailandia e il Brasile che hanno iniziato a prodursi farmaci salvavita a prezzi abbordabili aggirando “illegalmente” i diritti dei brevetti delle case farmaceutiche occidentali.
Ma questo è un percorso scontato per il presidente USA, dato che fra i primi finanziatori della sua scorsa campagna elettorale figurano proprio le maggiori aziende farmaceutiche americane (e non solo): Bristol-Myers, Squibb, Pfizer, GlaxoSmithKline, Schering Plough, che in quell’occasione gli donarono quasi 40 miliardi di vecchie lire.
Per concludere, vorrei dire che tutto il processo rigidamente vincolato dagli interessi economici sin qui descritto sta degenerando intenzionalmente in una corruzione estesa a tutto l’ambiente medico e scientifico, per cui non si può più a mio parere fare molto affidamento sulle affermazioni di un foglietto illustrativo di un farmaco.
Tre anni fa si parlava già in Gran Bretagna di una cifra ufficiale compresa tra l’1 e il 5% di ricerche scientifiche contenenti dati erisultati falsificati, investigazioni autorizzate alla mano10.
Per gli Stati Uniti la stessa fonte riportava addirittura una cifra compresa tra il 24 e il 35% tra violazioni dei protocolli e falsificazione dei dati11. Ora la situazione è certamente peggiorata, nel senso che c’è più coscienza anche nell’ambiente medico che il fenomeno è generalizzato e che gli articoli e gli studi che vengono pubblicati sulle riviste, che stabiliscono lo status di un farmaco o di una ricerca, sono quasi sempre il risultato di un finanziamento o di un interesse diretto delle case farmaceutiche stesse.
Ad esempio, recentemente il New England Journal of Medicine, la rivista medico-scientifica più autorevole degli USA, ha dovuto pubblicamente ammettere che alcuni dei suoi articolisti più eminenti avevano interessi economici diretti, seppur sino ad alloraoccultati, in alcune case farmaceutiche che producevano farmaci della cui ricerca si erano occupati.
La corruzione ha poi anche altri aspetti.
In Portogallo un funzionario della Bayer ha soffiato ai giornali i nomi di 2.500 medici che risultavano sul libro paga della multinazionale affinché prescrivessero determinati farmaci.
Il signor Pequito, il nome di questo impiegato, nonostante la protezione della polizia, è già stato pugnalato due volte ed ha rischiato la vita.
Si capisce che a questi livelli la qualità e l’efficacia di un farmaco sono molto al di sotto come importanza dell’ufficio marketing dell’azienda che lo produce.
Ma il fenomeno non è solo americano o portoghese. Io credo sia piuttosto generalizzato.
In Gran Bretagna ad esempio “Un terzo del comitato britannico per la sicurezza dei medicinali ha dichiarato di aver dei vincoli economici con società farmaceutiche sui cui prodotti sono chiamati a emettere un’opinione”12. Meditiamo ancora con una bella pausa su quello che ciò significa.
Quindi, per finire, se ad esempio negli Stati Uniti la seconda (anno 2006) causa di morte dopo malattie cardiache e cancro è… l’uso di farmaci e altre cause iatrogene (infezioni ospedaliere, interventi chirurgici, errori di medicazione ecc.) direi che possiamo permetterci di non stupirci13. Questo non ci esime però dall’opporci.
Note
1) Connor, Steve, “Glaxo chief: Our drugs do not work on most patients”, in The Independent, 8 dicembre 2003.
2) DaI sito www.comedonchisciotte.net che ne ha curato la traduzione.
3) Correggia, Marinella, “Big Pharma va alla sbarra all’Aja”, in Il Manifesto, 11 gennaio 2004.
4) Ginori, Anais, “L’Apartheid delle medicine”, in La Repubblica, 5 marzo 2001, pp. 16-17.
5) “Adesso la regola è diventata una sola, faster”, così Lembit Rago, direttore del Dipartimento farmaci dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Vedi il reportage pubblicato su La Repubblica del 6 maggio 2001, pp. 14-15.
6) Intervista a Benno Leutold comparsa su La Repubblica del 6 maggio 2001, p. 15.
7) Intervista a Senno Leutold, cit.
8) Al termine del brevetto i prezzi dei farmaci crollano del 70%.
9) Le Carré, John, “La mia guerra all’industria del farmaco”, in La Repubblica, 21 febbraio 2001, pp. 38-39.
10) Le Carré, John, “La mia guerra all’industria del farmaco”, cit.
11) Un agenzia Reuters da Londra deI 15 gennaio 2001, ripresa e commentata dal dott. John Mercola nel suo visitatissimo sito www.mercola.com
lbid.
12) Le Carré, John, “La mia guerra all’industria del farmaco”, cit.
13) In particolare negli USA le medicine sono la terza (anno 2000 – nel 2006 ormai e’ divenuta la seconda…) causa di morte comune. Che non è poco.
Cfr. Journal of the American Medical Association, voI. 284, 26 luglio 2000.
By Valerio Pignatta
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Il tradimento della medicina in nome del profitto economico
Col passare degli anni l’industria dei farmaci ha totalmente perso la sua vocazione. E’ diventata una macchina per soldi; vende farmaci, talvolta neanche tanto efficaci, ed esercita il suo potere piegando ai propri interessi tutti quelli che incontra sulla sua strada.
Oggi le strategie di marketing delle maggiori case farmaceutiche prendono massicciamente di mira le persone in perfetta salute; i fattori di rischio ed i parametri per valutare ogni singola patologia vengono, pertanto, consapevolmente modificati al fine di far rientrare sempre più individui tra i “malati” bisognosi di farmaci.
Attraverso campagne promozionali che sfruttano le nostre più ataviche paure della morte, l’industria farmaceutica sta letteralmente cambiando il modo di intendere la condizione umana. Problemi lievi vengono dipinti come patologie gravi, per cui la semplice timidezza diventa sintomo di Fobia Sociale e gli impiegati distratti sono addirittura affetti da Disturbo da Deficit di Attenzione !
Da una recente ricerca condotta da Alan Cassels e Ray Moynihan, due famosi giornalisti scientifici americani, si evince che soprattutto negli Stati Uniti, patria delle maggiori società farmaceutiche mondiali, la vendita di medicinali per il cuore e di antidepressivi è aumentata in maniera esorbitante, compiendo dal 1990 al 2000 un balzo del 300%.
Non sembra difficile credere a questi dati; basta guardarsi intorno per rendersi conto del fatto che sta cambiando notevolmente il modo in cui la gente si avvicina ai propri mali consueti, trasformando “processi naturali” in patologie mediche.
Le più comuni difficoltà sessuali vengono, perciò, viste come disfunzioni da curare, il naturale cambiamento dell’organismo diventa una malattia da deficienza ormonale chiamata “menopausa”, qualunque tipo di instabilità emotiva va curata con gli psicofarmaci ed alla maggior parte degli uomini di mezza età in perfetta forma vengono diagnosticati disturbi cronici del colesterolo.
Fino agli anni ottanta il colesterolo nel sangue veniva considerato patologico soltanto se superiore ad un valore di 260mg/100ml.
Oggi la soglia è stata ridotta a soli 200mg/100ml….
Com’è potuto accadere questo, vi chiederete ?
Pochi anni fa, in America, è stata riunita una commissione di nove esperti che dopo diverse “ricerche” ha stabilito i nuovi standard. Otto, tra i nove esperti della commissione, hanno preso soldi da diverse case farmaceutiche che producono farmaci anti-colesterolo –www.nhlbi.nih.gov .
Così è capitato anche per il valore della pressione arteriosa e della glicemia. Risulta evidente quindi come le aziende produttrici di farmaci abbiano assunto il totale controllo del mercato, promuovendo non solo le loro pillole campioni di incassi come il Prozac ed il Viagra ma, soprattutto, i disturbi per massimizzare le vendite di tali pillole.
Inutile dire che i modi alternativi di intendere o di curare le malattie ed abbassare le stime dei numeri di persone ritenute “malate” vengono sempre più spesso spazzati via da ondate di campagne pubblicitarie delle case farmaceutiche, aiutate da mass media affamati di titoli dal sapore tragico ed allarmante.
Posto che l’obiettivo primario sia quello di migliorare la salute delle persone, non è lecito chiedersi come mai almeno una parte dei miliardi investiti per l’acquisto di costosi farmaci non venga piuttosto spesa in campagne contro il fumo o eventi che esortino a fare più movimento e a migliorare la propria dieta ?
L’industria farmaceutica intanto si difende, definendo le proprie campagne promozionali come un prezioso mezzo per fare chiarezza su malattie fraintese e fornire informazioni qualificate sui nuovi medicinali.
Ma queste campagne sono tutt’ altro che istruttive, al contrario, non fanno che offrire una visione distorta delle cause di ogni singola affezione esaltando i “benefici” dei farmaci e ridimensionandone i rischi.
Dove finiscono dunque la responsabilità nei confronti della comunità ed il dovere di contribuire positivamente alla salute di ogni individuo ?
Prendiamo come esempio il caso del Thimerosal, composto che viene utilizzato come conservante nella preparazione dei vaccini e delle soluzioni disinfettanti.
Alla fine degli anni ’90,sulla base di diversi esperimenti effettuati, si è ipotizzato che ci fosse una forte connessione tra il Thimeriosal e l’insorgenza di disturbi autistici nei bambini eppure, nonostante l’avvertimento di diversi ricercatori e professionisti, l’OMS(l’Organizzazione Mondiale della Sanità) non ne sconsiglia l’uso ed in Italia è ancora presente in numerosi vaccini.
Purtroppo sono numerosi i farmaci che, come il thimerosal, nonostante gli evidenti danni che possono causare, continuano rimanere sul mercato !
Cosa si può fare, dunque ? Bisognerebbe innanzitutto cambiare le regole.
Le industrie intenzionate a immettere un nuovo farmaco sul mercato dovrebbero poter, innanzitutto, dimostrare che tale farmaco sia meglio di quelli già esistenti e non che si tratta dell’ennesima pillola di placebo.
Ma per le riforme, si sa, ci vuole tempo e intanto i medici continuano a prescrivere farmaci anche per disturbi lievi. Allora sono i pazienti a doversi informare, chiedere chiarimenti ai propri medici, domandare se sia proprio necessaria l’assunzione di un medicinale.
Certe volte è sufficiente cambiare un po’ lo stile di vita. Senza contare che la maggior parte dei disturbi, come sono venuti, tante volte vanno via da soli.
By Ada Insigne – 16/09/2006 – Tratto da: http://satirarte.splinder.com