Continua in: Ricerca nelle mani – 2 + False ricerche
La maggior parte delle case farmaceutiche è stata fondata a meta-fine ottocento o primi del novecento. Inizialmente le nazioni trainanti in questo settore furono Svizzera, Germania ed Italia.
Nel novecento il concetto di scoperta scientifica si è fuso con quello di bene di consumo di massa, per cui la aziende farmaceutiche hanno imposto un nuovo modo di fare medicina pratica.
Ricerche truccate su pressioni degli Sponsor …..
Da: Corriere della Sera: pag. I, II Messaggero: pag. 14 – 14 giugno 2005
Nei laboratori USA il 15% dei ricercatori ha ammesso di aver modificalo i risultati dei propri lavori, di non aver rispettato le regole etiche negli studi clinici, di aver coperto colleghi che utilizzavano dati falsi o proposto interpretazioni non corrette dei dati stessi.
L’indagine e’ stata svolta negli Stati Uniti da Health Partners Research Foundation di Minneapolis.
I ricercatori intervistati, il cui lavoro era finanziato dai National Institutes of Health, dichiarano che c’e’ tanta competizione e le pressioni commerciali sono sempre piu’ forti.
http://www.aboutpharma.it/notizia.asp?id=8643
Da recenti ricerche e piu’ accurate risulta che sono false o sponsorizzate da Big Pharma, lo 85% degli studi pubblicati !
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4204808/
Case farmaceutiche e Corruzione: lo scandalo planetario della Glaxo Smith Kline – 26/04/2014
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/26/case-farmaceutiche-e-corruzione-lo-scandalo-planetario-della-glaxo-smith-kline/964564/
https://www.lettera43.it/it/articoli/scienza-e-tech/2018/11/03/cochrane-peter-gotzsche-ricerca-vaccini/224990/
Lo scienziato scopre che le cellule che “ingeriscono” l’alluminio dei Vaccini, sono le stesse cellule trovate nei cervelli autistici – poi lo scienziato viene bloccato nelle ricerche sospendendogli i finanziamenti…..Big Pharma esulta…
– 20/08/2019 – By Arjun WaliaCE Staff Writer
I fatti:
Il dottor Christopher Exley, professore di chimica bioinorganica alla Keele University spiega cosa succede all’alluminioquando viene iniettato tramite un VACCINO.
Riflettere su:
I medici stanno imparando e sono aggiornati con le ultime pubblicazioni sui vaccini ?
Perché non ci sono stati studi di sicurezza per dimostrare che è sicuro iniettare alluminio, per non parlare dei molti altri ingredienti presenti nei vaccini ?
Quello che sta accadendo nel nostro mondo per quanto riguarda la censura dell’informazione è incredibile. E’ veramente orwelliano, dato che ora abbiamo diversi “ministeri della verità” che stanno determinando cosa è reale e cosa è falso, cosa è lecito e cosa non lo è. Si potrebbe pensare che gli esseri umani sono in grado di determinare da soli ciò che viene considerato una notizia “falsa”, non dovremmo forse permettere a noi e alla gente di decidere?
La verità è che questa censura dell’informazione sta avvenendo su tutti i fronti, e non si tratta di integrità dei media, ma soprattutto di mettere a tacere e censurare informazioni che non rientrano nel quadro accettato di certe agende politiche ed elitarie.
L’estensione del browser NewsGuard, ad esempio, promette di aiutare i lettori a scegliere le notizie false. Tuttavia, NewsGuard è finanziato e gestito da persone legate al CFR, all’Atlantic Council e ad altre figure di spicco dell’elite.
Questo è anche il motivo per cui Julian Assange di Wikileaks è stato messo a tacere, perché la verità spesso minaccia varie agende aziendali e politiche, che sono estremamente immorali e immorali.
Molti argomenti sono stati censurati ed etichettati come “notizie false”. Questo include la presentazione di informazioni che vengono pubblicate da autorevoli accademici in riviste scientifiche peer-reviewed. Qualsiasi tipo di informazione che vada contro l’establishment/industria medica viene censurata. Molti articoli sono stati ritirati per proteggere l’industria e i profitti aziendali.
“La professione medica viene acquistata dall’industria farmaceutica, non solo in termini di pratica medica, ma anche in termini di insegnamento e ricerca. Le istituzioni accademiche di questo paese si stanno permettendo di essere gli agenti retribuiti dell’industria farmaceutica. Penso che sia vergognoso”.
By – Arnold Seymour Relman (1923-2014), professore di medicina ad Harvard ed ex redattore capo del New England Medical Journal (Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1126053/#ref15 )
I vaccini sono un argomento importante e i media mainstream bombardano costantemente qualsiasi documento, pubblicazione o informazione che metta in discussione la sicurezza dei vaccini. I giganti dei social media stanno censurando articoli – non importa quanto siano ben reperiti, presentati e credibili – che dipingono i vaccini sotto una luce dannosa. Le tattiche attualmente usate dal mainstream stanno semplicemente ridicolizzando chiunque metta in discussione la sicurezza dei vaccini e l’etichettatura delle informazioni che li dipinge sotto una luce dannosa come “propaganda anti-vaccino”.
Non c’è mai menzione delle reali preoccupazioni che vengono sollevate riguardo alla sicurezza dei vaccini, c’è solo il ridicolo e l’assassinio di coloro che stanno creando consapevolezza.
C’è un motivo per cui il National Childhood Vaccine Injury Act ha pagato quasi 4 miliardi di dollari alle famiglie di bambini feriti con il vaccino, e questo perché non sono completamente sicuri per tutti, questo non è un accordo ‘one size fits all’.
Inoltre, gli ingredienti del vaccino non sono mai stati testati per la sicurezza. Si potrebbe pensare che l’iniezione di un neonato comporterebbe in primo luogo gli studi di sicurezza appropriati per vedere dove questi ingredienti stanno andando nel corpo, e che cosa stanno facendo alla nostra biologia.
Perché ci è stato impedito anche solo di mettere in discussione la sicurezza dei vaccini ?
Com’è scientifico cio’ ?
Un certo numero di scienziati hanno iniziato a riconoscerlo e fortunatamente stanno prendendo in mano la situazione. Uno dei migliori esempi è il dottor Christopher Exley, professore di chimica bioinorganica all’Università di Keele, considerato da molti il principale esperto mondiale di tossicologia dell’alluminio.
Un ingrediente che non è stato sottoposto ad adeguati test di sicurezza è l’adiuvante in alluminio utilizzato nei vaccini.
Uno studio pubblicato nel 2011 rende la questione abbastanza chiara:
“L’alluminio è una neurotossina sperimentalmente dimostrata e il coadiuvante vaccinale più comunemente usato. Nonostante quasi 90 anni di uso diffuso dei coadiuvanti in alluminio, la comprensione della scienza medica sui loro meccanismi d’azione è ancora notevolmente scarsa. C’è anche una preoccupante scarsità di dati sulla tossicologia e la farmacocinetica di questi composti. Nonostante ciò, l’idea che l’alluminio nei vaccini sia sicuro sembra essere ampiamente accettata. La ricerca sperimentale, tuttavia, mostra chiaramente che i coadiuvanti a base di alluminio hanno il potenziale per indurre gravi disturbi immunologici negli esseri umani”. (fonte:https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21568886 )
La chiave di tutto ciò è che “la comprensione della scienza medica sui loro meccanismi d’azione è ancora molto scarsa”.
Dopo questo studio, sono emerse altre ricerche per aiutarci a capire meglio cosa succede quando l’alluminio viene iniettato nel corpo. È stato scoperto che l’alluminio iniettato non esce dal corpo; infatti, rimane nel corpo e viaggia verso i vari organi del cervello, dove rimane. Questo non sorprende perché è l’adiuvante, è progettato per rimanere lì, altrimenti il vaccino non funziona.
Come ha sottolineato l’innovativo studio del 2015:
“La prova che le particelle rivestite di alluminio fagociti nel muscolo iniettato e i suoi linfonodi drenanti possono diffondersi all’interno dei fagociti in tutto il corpo e accumularsi lentamente nel cervello suggerisce inoltre che la sicurezza dell’allume dovrebbe essere valutata a lungo termine”.
(fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26082187 )
Inoltre, nel 2018, un articolo pubblicato sul Journal of Inorganic Biochemistry ha scoperto che quasi il 100% dell’alluminio iniettato per via intramuscolare nei topi come coadiuvanti del vaccino è stato assorbito nella circolazione sistemica e ha viaggiato in diversi punti del corpo come il cervello, le articolazioni e la milza, dove si è accumulata ed è stata trattenuta per anni dopo la vaccinazione. (fonte)
Exley è stato intervistato più volte su questo argomento, e tutti questi studi e le sue ricerche puntano agli stessi risultati: L’alluminio nei vaccini non esce dal corpo, ed è stato collegato a molteplici malattie, che possono svilupparsi immediatamente dopo l’iniezione o fino a decenni più tardi nella vita per alcune malattie neurologiche come l’Alzheimer.
(fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0162013417304749 )
Uno studio di Exley e del suo team pubblicato nel 2018 avrebbe dovuto fare notizia ovunque, in quanto ha scoperto quantità storicamente elevate di alluminio nel cervello autistico. Lo studio è stato condotto da alcuni dei principali scienziati mondiali del settore.
Altri studi condotti da diversi scienziati in questo campo hanno dimostrato danni massicci ai motoneuroni nel cervello di topi e pecore come risultato dell’alluminio quando iniettato, così come anomalie comportamentali in topi e pecore insieme al declino cognitivo. (fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21568886 )
Nell’intervista che segue, Exley risponde a molte domande, ma la parte che ha attirato la mia attenzione è stata:
“Abbiamo guardato cosa succede all’adiuvante di alluminio quando viene iniettato e abbiamo dimostrato che alcuni tipi di cellule arrivano al sito di iniezione e assorbono l’alluminio al loro interno. Sai, queste stesse cellule che vediamo anche nel tessuto cerebrale nell’autismo. Così, per la prima volta abbiamo un legame che onestamente non mi aspettavo di trovare tra l’alluminio come coadiuvante nei vaccini e quello stesso alluminio che potenzialmente potrebbe essere trasportato da quelle stesse cellule attraverso la barriera emato-encefalica nel tessuto cerebrale dove potrebbe depositare l’alluminio e produrre una malattia, l’encefalopatia (danno cerebrale), potrebbe produrre la forma più grave e invalidante dell’autismo.
Questa è una scoperta davvero scioccante per noi.
L’intervista è abbastanza informativa per quanto riguarda la tossicologia dell’alluminio in generale, ma se siete interessati alla citazione di cui sopra, è possibile avanzare velocemente fino alla soglia dei dodici minuti e trenta secondi.
vedi QUI il video esplicativo:
https://www.collective-evolution.com/2019/08/20/scientist-discovers-cells-that-ingest-vaccine-aluminum-are-the-same-cells-found-in-autistic-brains/
L’accademico britannico è stato recentemente bloccato dalla raccolta di fondi per proseguire il suo studio sull’alluminio nei vaccini, apparentemente dopo “proteste di altri scienziati”. (fonte: ) Robert F. Kennedy Jr. ha fatto un grande post riguardo al recente blocco sulle sue piattaforme di social media, che è come ne sono venuto a conoscenza per la prima volta.
Colui che soffoca la libera discussione dubita segretamente di ciò in cui professa di credere è veramente vero”. – By Wendel Phillips.
Oggi GoFundMe ha chiuso la campagna di finanziamento della equipe del Dr. Christopher Exley per studiare l’alluminio nei vaccini.
Il Dr. Exley, l’autorità leader mondiale sulla tossicità dell’alluminio ha fatto arrabbiare il cartello farmaceutico quando le sue autopsie hanno scoperto concentrazioni di alluminio astronomicamente elevate nel cervello di bambini con autismo.
I suoi altri studi collegano l’alluminio nel Gardasil di Merck e altri vaccini alla demenza, all’Alzheimer e all’autismo. Exley si unisce ad una lunga lista di scienziati messi a tacere per aver messo in discussione l’ortodossia del vaccino.
Mentre i repubblicani della Casa Bianca censurano la scienza del clima all’EPA, i democratici del Congresso chiedono a gran voce la censura della scienza del vaccino.
È strano, per me, che questi politici non capiscano che la censura è incompatibile con la democrazia. Con l’acquisto, la censura si diffonderà viralmente finché non infetta e uccide la democrazia.
Il giudice SCOTUS Potter Stewart ha definito la censura “il segno distintivo di un regime autoritario”.
Heinrich Heine ha osservato: “Dove hanno bruciato i libri, alla fine bruceranno gli esseri umani”.
– Fonte:
https://www.thetimes.co.uk/article/funding-halted-for-professor-chris-exley-linking-vaccines-to-autism-8xvwp0g8p?fbclid=IwAR2wgD9be-00i6W7-yPHcQ8OLsA7bUKc99Z-dc9mcJJxJoX_Ayu2Ndgu3XY
Puoi leggere di più su questa storia qui:
https://www.collective-evolution.com/2019/04/09/worlds-leading-authority-on-aluminum-toxicitys-gofundme-to-study-aluminum-in-vaccines-was-shut-down/
Da far girare
E’ giusto mettere in dubbio la sicurezza del vaccino. Nonostante tutte le manipolazioni da parte dei media tradizionali e delle grandi entità che usano il marketing di massa per mettere in ridicolo chiunque si interroghi sulla sicurezza dei vaccini, è qualcosa di importante che tutti dobbiamo fare. Va bene non fidarsi del proprio medico quando si tratta di informazioni sui vaccini. Perché?
Perché non sono davvero competenti. Certo, possono spiegare come funziona un vaccino, ma per quanto riguarda la ricerca e la promozione della loro formazione, è raro trovare un medico che è andato oltre la loro formazione e ha veramente studiato queste materie. Sono addestrati a credere che i vaccini sono indiscutibilmente sicuri, e se mettono apertamente in dubbio la sicurezza del vaccino rischiano di perdere la licenza.
Quanto è pazzesco ?
L’esempio di cui sopra riguardo all’alluminio è una delle tante preoccupazioni che vengono ignorate. Se l’alluminio nei vaccini, ad esempio, è sicuro, allora perché le nostre agenzie federali di regolamentazione sanitaria non conducono semplicemente gli studi per provarlo ?
Fonte:
https://www.collective-evolution.com/2019/08/20/scientist-discovers-cells-that-ingest-vaccine-aluminum-are-the-same-cells-found-in-autistic-brains/
Frodi scientifiche, chiesto il ritiro di 31 paper di un medico italiano
Un’indagine di Harvard ha svelato che 31 articoli scientifici di un noto medico italiano, Piero Anversa, contengono dati fraudolenti o manomessi. E non sarebbe la prima volta, (NdR:…ne’ il solo….)
Cochrane, rivista on line che verificava gli studi scientifici pubblicati, e’ stata acquistata da Bill Gates…vaccinista totale,condannato in India per aver ammazzato e paralizzato con le sue campagne vaccinali migliaia di bambini….ecco cosa ora succede in quella agenzia….
https://www.lettera43.it/it/articoli/scienza-e-tech/2018/11/03/cochrane-peter-gotzsche-ricerca-vaccini/224990/
In Italia e nel resto del mondo le Case Farmaceutiche alterano la scienza medica !
https://www.corvelva.it/blog/case-farmaceutiche/311-in-italia-roche-e-novartis-alterano-anche-la-scienza.html
Ritirato lo studio che esaminava le differenze nello stato di salute fra bambini vaccinati e non vaccinati – 2018
La censura della scienza non è un fatto nuovo. In Canada, ad esempio, hanno suscitato molte perplessità i vincoli governativi sempre più stringenti che impedivano agli scienziati di rendere note al pubblico le loro scoperte. La censura, nel suo complesso, è un problema costantemente sottostimato nella nostra società. L’elezione di Donald Trump ha certamente mostrato il fatto che i media mainstream riportano solo le narrazioni che vogliono farci vedere.
Nell’ultimo caso di censura scientifica, un articolo di una rivista scientifica è stato “rimosso,” ma solo dopo che i sostenitori dei vaccini hanno dichiarato che doveva essere eliminato. Lo studio, vedete, esaminava le differenze nello stato di salute fra bambini vaccinati e non vaccinati. I risultati indicavano che “i bambini vaccinati mostravano significativamente meno probabilità di ricevere diagnosi di varicella e pertosse rispetto ai non vaccinati, ma significativamente più probabilità di ammalarsi di polmonite, otite media, allergie e patologie del neurosviluppo – NDDs (definite come disturbo dello spettro autistico, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, e/o disturbo dell’apprendimento).”
Dalle segnalazioni delle madri, i ricercatori hanno scoperto che i bambini vaccinatierano più soggetti ad allergie e patologie del neurosviluppo (NDDs). Il team ha notato che anche dopo aver tenuto conto di altri fattori, la vaccinazione restava associata in modo rilevante alla presenza di patologie a carico del neurosviluppo, con una probabilità di ricevere una diagnosi di questo tipo quasi tre volte superiore rispetto al controllo. La combinazione di nascita pretermine e vaccinazione produceva un rischio persino maggiore di NDDs, aumentandone le possibilità di oltre sei volte.
Nell’abstract, i ricercatori hanno scritto come conclusione: “In questo studio basato sui report delle madri, i vaccinati hanno avuto un tasso superiore di allergie e di patologie del neurosviluppo rispetto ai non vaccinati. La vaccinazione, ma non la nascita pretermine, è rimasta associata in modo significativo a questo tipo di malattie dopo aver tenuto conto di altri fattori. Tuttavia, la nascita pretermine combinata con la vaccinazione era associata ad un aumento apparentemente sinergico nello sviluppo di NDDs. Sono necessarie ulteriori ricerche che coinvolgano campioni più ampi e indipendenti per verificare e comprendere queste scoperte inattese ed ottimizzare l’impatto dei vaccini sulla salute dei bambini.”
Baxter Dmitry di Investment Watch Blog sottolinea che questo studio è stato “rimosso” dalla rivista Frontiers In Public Health. Normalmente, è ancora possibile vedere la copia cache nell’archivio di internet. Ma Baxter afferma che anche quella è stata cancellata, dichiarando “anche la copia cache disponibile nell’archivio di internet è stata rimossa, il che denota l’esistenza di una vera e propria campagna per evitare che il pubblico venga a conoscenza di questo studio.” Fortunatamente, è stato salvato uno screenshot dello studio prima che il tutto scomparisse per sempre da internet.
Prima di essere rimosso da internet, lo studio è stato sottoposto ad una enorme quantità controlli; a quanto pare in questo caso l’uso di sondaggi, che vengono ampiamente utilizzati per la raccolta dati – sarebbe in qualche modo viziato dal “biais” (forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio, N.d.T.).
Fra i più suggestivi commenti pubblici, “Questo studio è caratterizzato da carente progettazione, benché i risultati non siano impossibili. Esso si basa sui report spontanei delle madri, inducendo al biais,” e “Ecco un altro studio spazzatura sulla rivista Frontiers. Scienziati, smettetela di recensire/pubblicare qui.”
Non è certo la prima volta che uno studio che mostri i potenziali effetti nocivi dei vaccini viene ritirato da internet. A febbraio, la rivista Vaccine rimosse temporaneamente, e poi alla fine ritirò, uno studio che associava il vaccino contro il papillomavirus (HPV) a disturbi comportamentali nei topi.
Pubblicare ricerche che contengono informazioni in conflitto con le narrazioni dei mass media, continua a mostrarsi un modo veloce e facile per trovarsi sulla lista nera della censura da parte dei media tradizionali.
Questo fatto sottolinea ancora una volta l’importanza della ricerca indipendente e dei media alternativi.
Fonti:
– http://www.activistpost.com/2016/12/vaccinated-versus-unvaccinated-children-2016-health-study-pulled-from-publication.html
– http://www.naturalblaze.com/2016/12/notable-study-on-vaccinated-vs-unvaccinated-children-pulled-from-web.html
– http://www.universityworldnews.com/article.php?story=20130625133943361
– https://vaccineimpact.com/2016/retracted-paper-linking-hpv-vaccine-to-behavioral-issues-republished/
Pressioni sui medici per vendere i farmaci….
https://youtu.be/Hu1_Qw45FMQ
Linee GUIDA per i medici FALSIFICATE ! – 03/03/2014
Tutto ruota intorno alle linee guida della Società europea di cardiologia pubblicate nel 2009 che raccomandano per i pazienti cardiopatici che devono sottoporsi a un intervento chirurgico non legato al cuore l’impiego di farmaci beta bloccanti.
Queste linee guida sono, però, basate su ricerche rivelatesi in contrasto con gli standard scientifici, tanto da provocare il licenziamento dell’autore !
I numeri sono quelli di un conflitto armato. “Almeno 10 mila probabili morti l’anno nel solo Regno Unito”. Sono le conclusioni di una meta-analisi condotta su migliaia di pazienti da un team di ricercatori britannici guidati da Darrel Francis, dell’Imperial College di Londra, e pubblicata a luglio sulla rivista specializzata “Heart” .
http://heart.bmj.com/content/early/2013/07/30/heartjnl-2013-304262.full.pdf+html
Cifre che, guardando all’intero Continente europeo, lieviterebbero. Fino a raggiungere le 800 mila morti negli ultimi cinque anni, in base a una più ampia indagine condotta dallo stesso gruppo di ricerca, pubblicata nelle scorse settimane sullo European Heart Journal. “La sicurezza dei pazienti è di primaria importanza – sostiene Francis nella sua analisi -. La medicina clinica dovrebbe imparare dai propri fallimenti”.
Ma su cosa si basa questo studio britannico e quali sono i fallimenti cui fa riferimento ? Tutto ruota intorno alle linee guida della Società europea di cardiologia pubblicate nel 2009…
www.unipa.it/cardiologia/linee%20guida/Linee%20guida%20per%20la%20valutazione%20preoperatoria.pdf
…raccomandano per i pazienti cardiopatici che devono sottoporsi a un intervento chirurgico non legato al cuore l’impiego di farmaci beta bloccanti, per proteggere il cuore stesso sia durante che dopo l’operazione.
Queste linee guida sono, però, basate su ricerche rivelatesi nel tempo in contrasto con gli standard scientifici correnti, tanto da provocare nel novembre del 2011 il licenziamento dell’autore, Don Poldermans, da parte dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam presso il quale lavorava come esperto in chirurgia cardiovascolare, a seguito di una “Inchiesta per possibile violazione dell’integrità scientifica”.
www.erasmusmc.nl/5663/135857/3664573/3397899/report_summary_investigation_integrity
A nulla sono valse, infatti, le ammissioni di colpa e le scuse dello studioso, che ha tuttavia negato l’intenzionalità del suo operato.
Numerosi gli appunti mossi contro di lui, tra gli altri “cattiva condotta scientifica, omissione di consenso informato scritto, fabbricazione di dati e manipolazione dei risultati della ricerca”.
Non sarebbe, invece, emersa “alcuna prova di manipolazioni indirizzate deliberatamente in una specifica direzione”, secondo l’indagine interna dell’istituto. I fatti sono ancora più gravi se si considera che il medico olandese caduto in disgrazia, oltre a essere stato il principale responsabile del progetto di ricerca, ha anche guidato, in palese conflitto d’interessi, la commissione che ha stilato le linee guida europee.
“La meta-analisi di Francis è solo l’ultimo di una serie di studi che mettono in dubbio l’uso dei beta-bloccanti per la prevenzione degli eventi cardiovascolari nella chirurgia non cardiaca – sostiene Rosa
Sicari, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, tra i membri della task force che ha stilato le linee guida europee -. Le varie generazioni di studi nel tempo sono state, infatti, messe in discussione per il sospetto di frode scientifica. Tuttavia – precisa la studiosa – nonostante ci siano state indagini sulla condotta di Don Poldermans, autore principale di queste ricerche, gli studi non sono stati cancellati e/o ritirati dagli editori delle prestigiose riviste che li avevano pubblicati”.
Ma quanto sono efficaci questi medicinali e quali sono i rischi connessi al loro impiego ?
“I beta-bloccanti sono farmaci largamente usati nei pazienti con cardiopatia ischemica e nella disfunzione ventricolare sinistra non ischemica – spiega Sicari -. Il loro utilizzo aumenta il rischio di morte per ipotensione e ictus.
Tuttavia, gli studi clinici randomizzati sono ancora pochi e probabilmente insufficienti a chiudere questa controversia scientifica che dura da moltissimi anni”.
Secondo quanto emerge dalla meta-analisi, l’aumento del rischio di decessi nel solo Regno Unito sarebbe del 27 per cento. Francis e colleghi denunciano che le linee guida europee sono ancora basate su analisi che comprendono i dati degli studi di Poldermans, ormai screditati. E denunciano come l’aver inserito questi dati manipolati nelle meta-analisi fatte in precedenza abbia determinato una sottostima del rischio di mortalità associato all’uso dei beta-bloccanti.
Secondo gli autori, però, “non è facile accertare in modo affidabile la reale estensione del possibile danno” di questa sottovalutazione dei rischi per la salute. Ma, in basse alle loro stime, “più della metà dei decessi si sarebbe verificata quando la ricerca di Poldermans era già stata screditata. Le linee guida – concludono Francis e colleghi – dovrebbero, pertanto, essere ritirate senza ulteriori ritardi”.
L’invito degli studiosi inglesi sembra essere stato recepito. “Si stanno preparando le nuove linee guida – comunica Sicari -, nelle quali l’indicazione dei beta-bloccanti dovrebbe rimanere limitata a chi già li utilizza cronicamente”. Secondo un comunicato congiunto emesso, all’indomani della pubblicazione dello studio britannico, dall’American Heart Association, l’American College of Cardiology Foundation e l’European Society of Cardiology, “è in corso un’attenta indagine di tutti gli studi già validati, con l’incorporazione di nuovi trial e meta-analisi.
Nel contempo, la nostra posizione comune è che l’utilizzo dei beta-bloccanti in pazienti che si sottoporranno a interventi non cardiaci non dovrebbe essere considerato di routine, ma valutato attentamente dai medici caso per caso”. Le nuove linee guida, depurate da dati erronei e manipolati, secondo le indicazioni delle tre società scientifiche internazionali, dovrebbero vedere la luce quest’estate.
La meta-analisi pubblicata sulla rivista Heart:
http://heart.bmj.com/content/early/2013/07/30/heartjnl-2013-304262.full.pdf+html ehttp://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3932762/
Tratto da: ilfattoquotidiano.it
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Per fare ricerca medica ci vogliono tanti soldi. Il più delle volte chi dà i soldi vuole qualcosa in cambio. Alla fine, il condizionamento dei finanziatori è talmente pesante che i risultati di queste ricerche scientifiche hanno davvero poco di scientifico, sebbene siano poi considerati dall’establishment medico, il solido prodotto della medicina dell’evidenza, tutto cio’ in chiara opposizione a cio’ che quella stessa medicina chiama a scopo denigrativo, “empirismo” delle medicine non convenzionali.
Una recente ricerca ci fa sapere che gli studi sui farmaci pagati dalle aziende produttrici, hanno “stranamente” una percentuale di risultati positivi di molto superiore agli altri.
Le aziende hanno bisogno di avere dei prodotti che siano dichiarati efficaci, per poterli poi vendere e guadagnare.
Secondo il Prof Wolf-Dieter Ludwig, chairman della commissione farmaci tedesca, le aziende non solo pagano le ricerche, ma spessotrovano altri modi di ricompensare, direttamente o indirettamente, i ricercatori con regalie di vario genere, come per esempio un bel viaggio in una località esotica !
Fonte: Deutsches Aerzteblatt International, 2010; 107: 279-85.
Tratto da: dottorperuginibilli.it
Siena (Italy – Mag. 2009), un master per “combattere” le principali patologie del nostro tempo.
In collaborazione con Novartis, l’Università senese punta a creare un pool di medici di alto livello. I futuri “ambasciatori” delle più moderne tecniche in ambito di sviluppo vaccinale.
Le case farmaceutiche non sono obbligate a pubblicare TUTTI i risultati delle loro ricerche….- Gen. 2009
«Dalle sperimentazioni risulta che il risultato complessivo della nuova generazione di antidepressivi è sotto la soglia consigliata dei criteri clinicamente significativi», scrivono gli scienziati. Kirsch sottolinea, inoltre, la necessità di cambiare il sistema attuale, che permette alle case farmaceutiche di non pubblicare una parte dei dati delle loro sperimentazioni:
«La frustrazione sta in questo – dice Kirsch -. Rende difficile determinare se i farmaci funzionino. Le case farmaceutiche dovrebbero essere obbligate, quando commercializzano un nuovo prodotto, a pubblicare tutti i dati». Stavolta, per accedere alle informazioni, gli scienziati si sono avvalsi del Freedom of Information Act, la legge sulla trasparenza.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.aspID_blog=38&ID_articolo=607&ID_sezione=243&sezione=News
Considerazioni finali
Recentemente sono state descritte alcune delle situazioni che si vengono frequentemente a creare, nelle quali l’obiettività della ricerca e quella dell’informazione scientifica che viene data ai medici, può venir messa in pericolo:
1) l’industria spesso non fornisce ai medici un’informazione neutrale e completa, ma un’informazione già indirizzata, creata nei propri uffici;
2) i farmaci prodotti sono spesso duplicati di altri farmaci già esistenti (i cosiddetti farmaci metoo) che non presentano vantaggi rispetto a questi ultimi e che vengono venduti a un prezzo superiore.
L’industria promuove solitamente i medicamenti più recenti e costosi e a tal fine a volte elargisce ai medici vari tipi di “doni” che inducono nei sanitari un atteggiamento incline all’iperprescrizione o alla prescrizione dei farmaci più costosi;
3) l’industria controlla e indirizza la ricerca attraverso i finanziamenti che elargisce all’Università;
4) l’industria a volte interrompe ricerche non favorevoli o ne impedisce la pubblicazione. In altri casi distorce una ricerca in corso, sostituendo gli obiettivi (end points) primari con obiettivi surrogati;
5) i dati bruti delle sperimentazioni clinico-farmacologiche rimangono spesso nelle mani dell’industria e non vengono mai messi a disposizione dei ricercatori che li hanno prodotti. A questi ultimi i dati vengono forniti soltanto quando sono stati rielaborati dagli uffici statistici delle aziende;
6) l’industria, in quanto “proprietaria dei risultati”, non pubblica i risultati negativi;
7) le riviste scientifiche non pubblicano articoli con dati negativi perché di scarso interesse scientifico o commerciale;
8) l’industria condiziona, attraverso la pubblicità, le maggiori riviste mediche, i cui referees spesso hanno rapporti di dipendenza economica dalle aziende;
9) i medici che redigono le rassegne o le linee-guida sovente non sono davvero indipendenti. dalle industrie.
10) anche le pubbliche amministrazioni spesso non sono indipendenti dalle industrie.
Questi comportamenti scorretti -peraltro non estensibili a tutte le industrie- non escludono che un regime di libero mercato correttamente inteso e regolato abbia avuto e possa avere un ruolo centrale nel progresso della ricerca biomedica e nello sviluppo delle tecnologie ad essa relative. Essi però possono creare condizioni di conflitto d’interesse nell’ambito dei ricercatori biomedici e dei clinici nei confronti delle aziende con le quali vengono in contatto.
vedi: Ricerca nelle mani – 2 di Big Pharma + Riviste scientifico-mediche pilotate da Big Pharma
Le recenti ricerche pilotate, sulla sclerosi dei ricercatori indottrinati da Big Pharma….
“Sclerosi multipla, una scoperta apre le porte a nuove cure”…..vedi:
http://scienzaesalute.blogosfere.it/2013/09/sclerosi-multipla-una-scoperta-apre-le-porte-a-nuove-cure.html
Questi “ricercatori” fanno finta di non sapere che la sclerosi nei giovani e’ dovuta ai Vaccini che questi poveretti hanno subito da piccoli e che nel tempo (in quanto sono bombe a tempo) producono la sclerosi, linfomi, distrofie, cancri, leucemie, epilessie, allergie,asma, mutazioni genetiche (malattie rare), autismo, adhd, disfunzioni dello sviluppo, malattie gastrointestinali, ecc.
Questi i meccanismi occulti e non dei GRAVI Danni dei vaccini
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Mario Negri, stop a ricerca Ue con Glaxo per poca trasparenza. L’azienda: scelta isolata
L’Istituto Mario Negri ha ritirato l’adesione al progetto “Innovative Medicines Initiative” (Imi) che, finanziato al 50% dall’Unione Europea, intende sviluppare un farmaco di proprietà della GlaxoSmith&Kline (GSK).
Il fatto, che ha destato scalpore nell’ambiente scientifico, tanto da essere citato in un editoriale del British Medical Journal, è stato ieri reso noto dallo stesso Istituto milanese, che in una nota spiega che GSK pretendeva “per sé il diritto di accordare o negare l’accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione”. E non solo nei confronti della comunità scientifica in genere, ma perfino nei confronti degli stessi ricercatori partecipanti allo studio.
La questione sollevata dal Mario Negri – osserva l’Istituto – si inquadra in un problema sempre più sentito a livello della comunità scientifica internazionale: “Evitare che i pur legittimi interessi dell’industria prevalgano sulla necessità di programmare, condurre e valutare i risultati della ricerca clinica in modo indipendente, per tutelare ciò che più conta, cioè i diritti dei pazienti”.
“Il segreto posto sui risultati degli studi clinici”, commenta Silvio Garattini, Direttore del Mario Negri, “rappresenta un’indebita spoliazione dei diritti dei pazienti e dei medici che partecipano allo studio. Il Mario Negri – precisa – non richiedeva per sé la proprietà dei dati. Non lo facciamo mai perché contrario ai nostri principi etici”.
Dal canto suo, GSK, in una nota, sottolinea come nell’articolo del British Medical Journal l’Istituto stesso “sia segnalato come l’unico dei partner ad avere deciso di non aderire per mancanza di trasparenza”. “L’iniziativa di ricerca” – prosegue – “vede la partecipazione di tre aziende farmaceutiche di grandi dimensioni, una di medie e soprattutto di 16 entità pubbliche di respiro internazionale, alcune delle quali hanno espressamente dichiarato nello stesso articolo di essere soddisfatte del livello di condivisione, trasparenza e collaborazione. Come azienda riteniamo che l’iniziativa sia caratterizzata da una trasparenza e da una possibilità di accesso e utilizzo dei dati senza precedenti anche se un’apertura totale non è stata ritenuta possibile per ragioni di carattere regolatorio e continueremo a fare del nostro meglio affinché si possa continuare a progredire lungo questa linea di condotta”.
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Al via il progetto ADITEC: Siena (I), capitale mondiale dei vaccini – 07 Ottobre 2011
Sclavo Vaccines Association e Università di Siena protagonisti insieme a istituti di ricerca di 13 paesi – Sclavo Vaccines coordina il progetto Aditec
ADITEC è coordinato da Sclavo Vaccines Association (SVA), presieduta dal dottor Rino Rappuoli, che si dedica alla ricerca scientifica rivolta allo studio e alla scoperta di vaccini per le malattie che colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo e si propone, in particolare, di incentivare la ricerca scientifica e di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, nazionali ed internazionali sull’opportunità della vaccinazione.
Coordinatori del progetto:
Rino Rappuoli e Donata Medaglini, Sclavo Vaccines Association (SVA), Siena (Italia) info@associazionesclavo.org
Il progetto è rafforzato dalla presenza di un buon numero di industrie chiave europee, che comprende sia grandi industrie in campo farmaceutico, che piccole imprese di biotecnologie.
Queste si stanno focalizzando su tecnologie innovative specifiche che permetteranno di mettere a punto vaccini piú efficaci e sicuri.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) supporterà il progetto in qualità di “senior partner”, garantendo la “costante e doverosa attenzione” ai molteplici aspetti della salute globale (Global Health….delle industrie farmaceutiche…..
Ecco l’elenco degli aderenti al progetto, oltre alla SCLAVO che finanzia la Sclavo Vaccines Association, Italy
- Statens Serum Institut, Denmark
- St George University of London, United Kingdom
- Max Planck Institute for Infection Biology, Germany
- University of Siena, Italy
- Institute Pasteur, France
- University of Oxford, United Kingdom
- University of Geneva, Switzerland
- Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l., Italy
- Intercell, Austria
- University of Goteborg, Sweden
- Leiden University and Medical Centre, The Netherlands
- Emory University Atlanta, USA
- Tuberculosis Vaccine Initiative, The Netherlands
- Institute for Biomedical Aging Research, Austria
- Infectious Disease Research Institute Seattle, USA
- Utrecht University, The Netherlands
- Fondazione Humanitas per la Ricerca, Italy
- Fondazione per l’Istituto di Ricerca in Biomedicina, Switzerland
- Istituto Superiore di Sanità, Italy
- Kings College London, United Kingdom
- World Health Organization, Switzerland
- French Atomic Energy, France
- Institut de Biologie et Chimie des Protéines, France
- Erasmus Medical Center, The Netherlands
- ALTA s.r.l.u, Italy
- Medicine in need, France
- deCODE Genetics, Iceland
- Okairos, Italy
- Sigmoid Pharma, Ireland
- Vaccibody, Norway
- Pevion Biotech, Switzerland
- Duotol AB, Sweden
- Crossbeta Biosciences, The Netherlands
- Microbiotecsrl, Italy
- ArenaVax, Switzerland
- Xbrane Bioscience AB, Sweden
- Bioneedle Group, The Netherlands
- Novartis Vaccines Institute for Global Health s.r.l, Italy
- National Institute for Biological Standards and Control, United Kingdom
- Seattle Biomedical Research Institute, USA
- Imperial College London, UK
In parole povere Big Pharma finanzia la ricerca sui vaccini…..per vendere i suoi prodotti !
È stato ufficialmente lanciato nel mese di Ottobre 2011, il progetto ADITEC (Advanced Immunization Technologies) con un simbolico avvio dei lavori tenuto a battesimo dagli interventi del vice sindaco Mauro Marzucchi, in rappresentanza del Comune di Siena, dal presidente della Provincia Simone Bezzini e del prefetto Maria Gerarda Pantalone.
Il meeting ha riunito i massimi esponenti dei 41 prestigiosi istituti di ricerca, 39 europei e 3 statunitensi, che partecipano al progetto con lo scopo di sviluppare insieme innovative tecnologie di immunizzazione da impiegare per i vaccini umani di prossima generazione. Il progetto ha ricevuto un finanziamento da parte della Commissione Europea di 30 milioni di euro, che saranno utilizzati per creare una potente piattaforma tecnologica per l’innovazione in questa area strategica.
La sperimentazione ufficiale dei farmaci e’ consentita solo se si seguono le ”regole” dettate da chi ha commissionato la ricerca e quindi da chi in mano il potere, politico o economico; il resto sono solo illusioni.
e’ la societa’, che, tramite i politici e le eventuali apposite leggi, “dovrebbe tutelare” le menti piu’ fertili, consentendo loro di sperimentare in liberta’ le loro idee senza che scappino all’estero….
Al contrario essa oggi, con la scusa di tutelare i cittadini ritenuti solo dei poveri ignoranti, tutela solo gli interessi dei potenti, a danno dei malati e dei “cittadini”..
Del resto, la storia ci insegna come l’atteggiamento paterno dei sovrani e dei pre-Potenti, nei confronti del popolo ignorante, e’ stato sempre e solo una scusa per perseguire i propri interessi.
vedi: Ricerca e Limiti
Come verificare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco in assenza di dati completi sui risultati dei trial condotti ?
Leggete, per iniziare, sul blog Scire: http://www.scire-ausl.bo.it/ il post 84 “Cecità di marketing” di Danilo di Diodoro dell’Azienda USL di Bologna: spiega come “la medicina contemporanea basa la propria conoscenza su dati parziali e non ha accesso, evidentemente per motivi di tutela del marketing, a tutti i dati di cui avrebbe bisogno”. Dovrebbero essere consultabili, per esempio, i preziosissimi Clinical Study Report, i documenti nei quali sono raccolte tutte le informazioni emerse nei trial.
Il problema è stato sollevato da Tom Jefferson, Peter Doshi, Matthew Thompson e Carl Heneghan sul BMJ: raccontano le loro difficoltà nel raccogliere dati completi per la revisione Cochrane sugli inibitori della neuraminidasi per l’influenza, ed esortano chi fa ricerca, cittadine e cittadini, i media scientifici, a fare pressione sulle aziende farmaceutiche affinché mettano sempre a disposizione tutti i dati in loro possesso sui farmaci prodotti.
La questione sollevata da Jefferson, Doshi, Thompson e Heneghan ha profonde implicazioni per la ricerca e l’editoria scientifica: la direttrice del BMJ, Fiona Godlee, promette che l’argomento sarà all’ordine del giorno del prossimo incontro dell’International Committee of Medical Journal Editors.
Fonte:
Smyth RM, Kirkham JJ, Jacoby A, Altman DG, Gamble C, Williamson PR.
Frequency and reasons for outcome reporting bias in clinical trials: interviews with trialists. BMJ 2011;3 42:c7153. doi:10.1136/bmj.c7153.
Godlee F. Goodbye PubMed, hello raw data. BMJ 2011; 342:d212 doi:10.1136/bmj.d212
Tumori: conflitti di interesse per uno studio scientifico su tre – 20/05/2009
MILANO – In un terzo delle sperimentazioni in oncologia viene dichiarato qualche tipo di conflitto di interesse, soprattutto un coinvolgimento delle aziende farmaceutiche. E’ il calcolo compiuto da una ricerca dell’università del Michigan, apparsa sul numero di giugno della rivista Cancer.
LO STUDIO – Su 1.534 pubblicazioni scientifiche esaminate (tutte tratte da otto fra le maggiori riviste del settore), il 17 per cento dichiara un finanziamento da parte dell’industria e il 12 per cento la presenza di almeno un autore con qualche incarico presso imprese farmaceutiche. E con quale effetto ? In generale, hanno concluso gli autori, gli studi che dichiarano conflitti di interesse hanno la tendenza a ottenere risultati più positivi rispetto alla media.
RICERCA ALLO SPECCHIO – “E’ da tempo che scienza indaga su se stessa e le conclusioni del gruppo di lavoro americano non sono una novità”, sottolinea Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano: “Altri studi hanno evidenziato che le ricerche con un conflitto di interesse presentano dati più favorevoli”.
Così, fra gli altri, un’indagine apparsa su Cancer nel 2007 sugli studi per il cancro al seno che ha registrato un 84 per cento di esiti positivi per le sperimentazioni che avevano un coinvolgimento delle case farmaceutiche contro il 54 per cento di quelle che non l’avevano. E non solo in oncologia: un confronto di 124 metanalisi su farmaci contro l’ipertensione, apparso sul British Medical Journal nel 2008, ha evidenziato che anche se i risultati effettivamente positivi riguardavano poco più della metà degli studi, oltre il 90 per cento degli articoli riportava conclusioni comunque positive.
IL BICCHIERE MEZZO PIENO
“Non c’è bisogno di grandi imbrogli – spiega Garattini – bastano piccole distorsioni, dire che un farmaco è molto meglio di un altro, anche se la differenza è lieve, oppure dire che un certo prodotto consente un notevole aumento della durata di vita, quando poi si va a vedere e magari si parla di un mese o poco più. Inoltre, spesso nella ricerca sponsorizzata si pubblicano solo gli studi con esiti favorevoli all’azienda e quelli con risultati negativi non escono neppure. Così – conclude il farmacologo – diventa molto difficile capire come vanno realmente le cose”.
RICERCA INDIPENDENTE “CANE DA GUARDIA”
E allora, c’è da chiedersi, non bisogna credere agli studi sponsorizzati dall’industria ? «No, certamente non è così – risponde Garattini -. Significa piuttosto che bisogna essere molto più critici nei confronti di questi studi e, al tempo stesso, cercare di potenziare la ricerca indipendente, come sta facendo adesso l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, con un programma apposito». Già.
Ma una ricerca che non ha bisogno dell’industria non è un’utopia ? “Sì, un po’ sì. Ma bisogna cercare di avvicinarsi all’utopia. Se ad esempio per ogni nuovo farmaco invece di avere solo il rapporto dell’industria farmaceutica fosse obbligatorio abbinare anche uno studio indipendente, le cose sarebbero molto più equilibrate” suggerisce Silvio Garattini.
Fonte: Il Corriere della sera
Commento NdR: ….questo e’ cio’ che dicono le fonti ufficiali, ma la realta’ e’ molto piu’ “sporca” !
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Le ricerche finanziate dalle industrie finiscono sulle riviste più prestigiose, anche se non sono migliori delle altre.
Questa è l’amara conclusione di un gruppo di ricercatori guidati da Tom Jefferson, del Cochrane vaccine field italiano, che ha fatto le pulci a 274 studi sui vaccini pubblicati sulle riviste biomediche.
Solo il 4 per cento degli studi è risultato a “basso rischio di errori”, mentre il 58 per cento è di dubbia qualità. I peggiori sono gli studi che sovrastimano l’efficacia del vaccino, osservano i ricercatori sul British Medical Journal.
Il 70 per cento degli studi è favorevole al vaccino, ma solo il 18 per cento mostra una stretta concordanza tra i dati riportati e le conclusioni. Il problema è che le riviste con un alto impact factor – l’indice usato da cinquant’anni per stilare la classifica delle migliori riviste scientifiche – pubblicano anche studi scadenti.
Se poi si analizza da dove vengono i finanziamenti, si scopre che le ricerche sponsorizzate dall’industria non solo appaiono sulle riviste a più alto impact factor, ma di solito sono citate più spesso di altre dello stesso livello, ma finanziate con fondi pubblici.
Il motivo è che le industrie fanno di tutto per dare la massima visibilità alle ricerche che sponsorizzano: comprano molte copie delle pubblicazioni e le fanno tradurre in molte lingue. (Fonte: Internazionale, Mar. 2009)
vedi: Universita’, scuole di medicina e Big Pharma
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L’industria farmaceutica padrona della ricerca
Negli ultimi 20 anni, l’industria farmaceutica ha esercitato un controllo senza precedenti sui suoi prodotti e sulla ricerca.
Le ditte finanziano la maggior parte delle ricerche cliniche sui farmaci da prescrizione ed esistono evidenze crescenti sull’alterazione dei risultati in modo da fare sembrare il trattamento in studio migliore e piu’ sicuro. Il problema non e’ tanto la sponsorizzazione ma piuttosto i termini in cui viene implementata. Prima degli anni ’80, finanziavano studi: ne’ gli sperimentatori ne’ le loro istituzioni di appartenenza avevano altri legami economici con le ditte sponsor. Piu’ recentemente, invece, le ditte sponsor sono strettamente coinvolte in tutti gli aspetti della ricerca: spesso disegnano gli studi, effettuano le analisi, scrivono i manoscritti, decidono se, quando e in che forma pubblicare i risultati. Oltre ai finanziamenti per gli studi, gli sperimentatori universitari hanno anche altri legami con l’industria: spesso sono dei consulenti pagati, fanno parte di board di relatori e talvolta possiedono delle azioni della compagnia. Visti i conflitti di interesse che permeano la ricerca clinica, non sorprende sia stato dimostrato che gli studi sponsorizzati dall’industria favoriscono il farmaco sponsorizzato. La pratica di occultare i risultati negativi e’ stata evidenziata nel corso di cause legali o di congressi ma non dalla comunita’ accademica. Gli studi clinici pubblicati spesso comprendono dei bias finalizzati a raggiungere inevitabilmente risultati positivi per lo sponsor. I conflitti di interesse possono influenzare le linee guida e le agenzie regolatorie.
Fonte: SIMGNEWS n. 128-2008; Angell M. Industry-sponsored clinical research. A broken system. JAMA 2008; 300: 1069-71.
http://www.aamterranuova.it/article2922.htm – 25/01/2009 – C.B.
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Ecco cosa afferma il dott. F. Franchi:
“Il piu’ grande ostacolo al progresso della scienza e’ il monopolio che ne fanno gli esperti, tra i quali si crea una rete (il cosiddetto establishment) che controlla i fondi per la ricerca, le pubblicazioni, gli incarichi accademici, le royalities per i test ed i farmaci, e mira a mantenere la sua posizione dominante di successo evitando per quanto possibile che altre idee, altre soluzioni, altre teorie possano filtrare scalzando le loro.
La censura c’e’, e mentre una volta i “dissidenti” venivano fisicamente eliminati, oggigiorno lo stesso effetto viene ottenuto escludendoli dal circuito scientifico e mediatico che conta. Viene incoraggiata la raccolta di dati, una massa di dati sempre crescente, mentre scoraggiata e’ la loro elaborazione critica”.
Tratto da: http://www.dissensomedico.it
EMA ha legami con l’Industria Farmaceutica
Roma, 09 giu 2006 – “Nessuno ha ricordato una cosa: l’Emea, l’agenzia europea del farmaco, non dipende dall’amministrazione comunitaria della sanita’ ma da quella dell’industria. Un distinzione che dovrebbe far riflettere. A Bruxelles la forza delle lobby e’ grandissima”. L’osservazione e’ di Luca Poma, portavoce di “Giu’ le mani dai bambini“, Comitato sui disagi dell’infanzia che raggruppa quasi cento associazioni di volontariato e promozione sociale. “Continuano a trattare i bambini come fossero, dal punto di vista metabolico, degli adulti”, protesta Poma: e’ “assurdo somministrare ai bambini farmaci pensati per gli adulti.
Soprattutto il Prozac, psicofarmaco molto forte, che richiede prudenza nella somministrazione anche negli adulti”. Prudenza che “sarebbe stato naturale attendersi, soprattutto dopo drammatici fatti di cronaca avvenuti negli Stati uniti – come le stragi nelle scuole causate da ragazzi in cura antidepressiva – ma che non e’ stata usata”.
Fonte: DIRE
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FARMACI e PROTOCOLLI per Bambini (da Panorama di Apr. 2008)
SOLO il 2 % degli studi clinici per testare i farmaci a scopo pediatrico, si basa su Comitati di Controllo Indipendenti (non legati adindustrie farmaceutiche), per valutare l’eventuale presenza di reazioni avverse.
Questo e’ quanto emerge da un’analisi, effettuata dall’Universita’ di Nottingham (UK) ed apparsa sulla rivista Acta Pediatrica di 739 trial internazionali effettuati fra il 1996 ed il 2002, ed alcuni test comprendevano anche adulti assieme ai bambini…
Mentre il 74 % degli studi pubblicati descriveva il modo in cui era stato condotto il monitoraggio sulla sicurezza, solo 13 su 739 avevano comitati composti da membri NON arruolati dalle aziende farmaceutiche !
Reazioni avverse ai medicinali (fra cui l’ipertensione, emorragie, insufficienza renale, psicosi, ecc.) sono state segnalate in circa 37 % dei trial; nell’11 % le reazioni erano da moderate a serie, e 6 studi clinici sono stati interrotti precocemente a causa della grave tossicita’ del farmaco; non a caso erano anche quelli con comitati di controllo indipendenti !
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DICHIARAZIONE dell’ex DIRETTORE del British Medical Journal (BMJ)
Richard Smith – ex Direttore del British Medical Journal – in una intervista pubblicata dal Manifesto il 2 dicembre, intitolata “La ricerca medica e’ inattendibile per colpa delle case farmaceutiche”, spiega la grave situazione della ricerca medica ormai (quasi) completamente condizionata dagli interessi economici delle case farmaceutiche.
Smith dichiara che la qualita’ della ricerca e’ bassa, gli errori frequenti.
Da uno studio dell’ACP Journal Club, risulta che su cento giornali medici meno del 5% fornisce informazioni effettivamente utili al personale clinico e sanitario. Inoltre – continua Smith – il 70% delle ricerche pubblicate dalle cinque maggiori riviste mediche sono finanziate dalle case farmaceutiche e gia’ nel 2003 uno studio pubblicato su JAMA (Journal of the American Medical Association) mostrava che un terzo degli autori aveva interessi economici nella propria ricerca.
E aggiunge che per di piu’ i ricercatori non dichiarano di essere condizionati da un conflitto di interesse, come dimostra un altro studio condotto nel 2001. La “cura” che propone Richard Smith e’ “tornare alle radici del lavoro scientifico, creare un dibattito scientifico piu’ aperto e alla luce del sole come avviene in altri settori della ricerca”.
Il problema e’ come farlo. Bisognerebbe che la comunita’ scientifica avesse un moto di orgoglio e si muovesse unita in questo comune intento. E che i governi capissero l’importanza di finanziare pubblicamente questo settore chiave per l’informazione del medico e – di conseguenza – per la salute delle persone.
Richard Smith, attualmente lavora alla United Healt Group – http://www.unitedhealthgroup.com/
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Un annuncio choc, scrive la stampa ora. E riferisce che il biologo americano Craig Venter e’ riuscito a realizzare in laboratorio un cromosoma di sintesi. Cioe’ il primo passo – dicono – verso la possibile creazione di una forma di vita artificiale.
Ma non e’ forse la notizia di qualche cosa che da anni fanno gia’ ? A dare l’agghiacciante verita’ e’ il quotidiano britannico Guardian. “Venter – precisa il giornale – si appresta a fare un annuncio ufficiale in tal senso forse gia’ lunedì, in occasione dell’ assemblea del suo istituto a San Diego in California”.
Ecco i primi risultati per ora sugli animali: la rana trasparente; la rana a due teste.
I giornali parlano persino di “tappa storica”. Naturalmente nessuno che prenda le distanze e ne bocci subito il senso terrificante. No, la gente dira’ che sara’ utile per curarsi o farsi il lifting, chissa’. Qualcuno ha scritto: “E’ la fine della natura umana”.
Studi e ricerche su Vaccini e non = Imbrogli: ecco come si puo’ imbrogliare in un articolo scientifico per arrivare a concludere che mega-dosi di Vitamina C prevengono i sintomi influenzali.
Link http://www.davidgorton.com/Articles/article16.htm
Si tratta di uno studio prospettico che ha arruolato in 2 anni diversi due gruppi di studenti, un gruppo chiamato controllo nel 1990 e un gruppo chiamato test nel 1991
Ai prima non veniva somministrata una terapia sintomatica standard ai secondi Vitamina C (3 gr/die).
….cosa c’e’ che non va ?
Questo :
1 – i due gruppi di studio non sono stati comparati trasversalmente nello stesso anno.
Conseguentemente non si puo’ essere certi che il ceppo virale del gruppo di controllo avesse la stessa virulenza del gruppo trattato con Vit. C
2 – lo studio non era ne randomizzato ne in doppio cieco
3 – mentre il gruppo trattato con Vit. C aveva ricevuto istruzioni precise e doveva riferire anche il piu’ lieve sintomo imputabile all’influenza il gruppo di controllo non era stato istruito in tal senso e doveva riportare spontaneamente i sintomi.
4. il gruppo test veniva trattato al primo insorgere dei sintomi o comunque in assenza di sintomi, il gruppo di controllo solo dopo l’insorgenza dei sintomi.
I punti 3 e 4 rappresentano la vera finezza dell’imbroglio: mentre gli studenti del gruppo con Vit. C vengono prontamente trattati all’insorgere del piu’ lieve sintomo i controllo vengono trattati solo quando i sintomi sono sufficientemente gravi da immobilizzarli a letto.
Teniamo presente che si tratta di studenti motivati a non assentarsi, in un periodo di soli 10 giorni di studio che guarda caso e’ anche la durata media di un’influenza… il che potrebbe facilmente indurre gli studenti stessi a ritardare la notifica dei sintomi.
Di riflesso tale ritardo favorirebbe la diffusione del virus tra gli studenti che, guarda caso frequentano tutti lo stesso campus nella stessa struttura.
Infine la ciliegina che completa l’opera del maestro pasticciere: si confrontano i gruppi alla fine dei 10 giorni di corso previsti quando ci si aspetta verosimilmente che il gruppo di controllo trattato in ritardo migliori in ritardo….
vedi anche: Effetto aspettativa
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Un terzo degli scienziati Imbroglia…..
Un editoriale, pubblicato su Nature, intitolato “I cattivi comportamenti degli scienziati”, rivela allarmanti notizie sul mondo scientifico.
L’inchiesta e’ stata condotta dai National Institutes of Health su 3.600 ricercatori e 4.160 borsisti. Circa il 50% ha risposto ad una serie di domande che ha messo in luce comportamenti preoccupanti: per esempio, lo 0,3% ha affermato di avere falsificato i dati o di averli inventati e il 15,5% ha modificato la linea e la metodologia di ricerca per accontentare chi finanziava lo studio.
In totale, circa il 33% di coloro che hanno risposto alle domande ha avuto una condotta sleale.
http://www.aboutpharma.il/notizia.asp?id-86l9
Il famoso epidemiologo riceveva soldi da industrie chimiche
Scoprì legame fumo-cancro, ma fu «corrotto» – 08 dicembre 2006
Richard Doll svelo’, e rese noto, che il fumo provoca il cancro al polmone.
Ma non fu “cristallino” nei suoi pareri su altre sostanze…..
LONDRA – Richard Doll, lo scienziato che per primo provo’ e rese pubblico il legame fra tabacco e cancro ai polmoni non era probabilmente un eroe senza macchia. Il celebre epidemiologo britannico, secondo il quotidiano inglese «Guardian» , veniva regolarmente pagato in consulenze dalle industrie mentre indagava sui possibili rischi cancerogeni del lavoro in fabbrica a contatto con alcuni materiali chimici.
Secondo il Guardian, Doll, morto nel 2005, negli anni ’80 per i suoi pareri tecnici riscuoteva denaro dalla Monsanto, allora compagnia leader nel settore chimico.
Una presenza nel libro paga nello stesso periodo in cui scrisse ad una commissione d’inchiesta australiana che l’Agente Arancio, usato dagli Stati Uniti nella guerra del Vietnam, non era cancerogeno.
Il denaro che Doll intascava era pari all’epoca a 1500 dollari al giorno.
Per il Guardian lo scienziato era stato pagato anche dalla Associazione degli Industriali Chimici e da altre due compagnie, Dow Chemicals e Ici, dopo la stesura di un rapporto che scagionava il vinilcloruro, sostanza presente nella plastica, dall’accusa di causare il cancro.
Allora Doll ammise il pericolo, comunque remoto, di contrarre «solo» il cancro al fegato, e le sue conclusioni sostanzialmente tranquillizzanti furono subito usate dall’Associazione Mondiale degli Industriali per difendere l’uso degli agenti chimici nelle fabbriche. L
‘Organizzazione Mondiale della Sanita’ boccio’ senza appello quelle sue conclusioni.
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RICERCA (in)dipendente dai luminari e case farmaceutiche
Oggi le sperimentazioni vengono disegnate in modo da rispondere alle domande di chi le finanzia, le case farmaceutiche.
E la ricerca indipendente puo’ essere fatta soltanto dopo l’entrata in commercio di molecole approvate, non di rado, su basi sperimentali dubbie.
Nel maggio del 2004 e’ entrata in vigore la Direttiva Europea per le sperimentazioni cliniche che rendeva obbligatoria, per tutti gli studi clinici, l’adesione alle linee guida della Good Clinical Practice: un fatto positivo, che pero’ sembrava minacciare ulteriormente la possibilita’, per organismi indipendenti, di condurre sperimentazioni del tutto libere e non sovvenzionate dalle aziende farmaceutiche, a causa dell’incremento drammatico nell’impegno organizzativo, e quindi dei costi.
In realta’ in vari paesi come la Danimarca, la Svezia, la Norvegia e l’Italia, la diminuzione del numero dei trial sembra essere iniziata ben prima del 2004, mentre nel 2006, a soli due anni dall’entrata in vigore della nuova normativa, il numero di studi clinici sponsorizzati, ma anche indipendenti, mostrava segni di ripresa.
Questo significa che si puo’ stare tranquilli ?
Di certo, oggi la ricerca indipendente e’ ovunque attiva e vitale; tuttavia, se si considera quella che dovrebbe essere la missione primaria della ricerca clinica e, in particolare, di quella indipendente, ossia venire incontro ai bisogni dei malati e alle esigenze dei sistemi sanitari che devono rispondere a tali bisogni con strumenti efficaci, la risposta e’ assai piu’ complessa: su questo punto e’ infatti necessaria una riflessione sulla natura stessa degli studi clinici che vengono effettivamente condotti e sulla rilevanza di quelli indipendenti rispetto a quelli sponsorizzati.
Il dato sul numero delle sperimentazioni, infatti, non dice nulla sulla loro qualita’, rilevanza, impatto sanitario, e non chiarisce quanti trial vengono fatti su particolari categorie di pazienti come, per esempio, i malati oncologici anziani, ne’ di che natura sono gli obiettivi e le finalita’ dei diversi protocolli in corso. Esistono invece elementi per ritenere che lo sbilanciamento tra la tipologia degli studi sponsorizzati e quella degli studi indipendenti produca anomalie nel processo di formazione delle conoscenze, che si traducono poi in distorsioni nei meccanismi di introduzione nella pratica clinica dei trattamenti farmacologici.
Per esempio, i dati forniti dall’Osservatorio Sperimentazioni Cliniche dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) indicano che gli studi multicentrici, gli studi di fase III, i grandi studi internazionali, in altre parole, gli studi che maggiormente influenzano la pratica clinica,sono piu’ raramente indipendenti.
Le aziende farmaceutiche sviluppano in maniera del tutto autonoma le strategie per lo sviluppo clinico, e impiegano le imponenti finanze di cui dispongono per implementare tali strategie.
In questa situazione, i ricercatori indipendenti non hanno scelta: si devono uniformare ai protocolli delle grandi aziende, anche perche’ i nuovi farmaci hanno costi proibitivi, non sono disponibili per altri scopi prima della commercializzazione e quando lo diventano restano comunque quasi inaccessibili per enti di ricerca che non siano sostenuti dalle aziende.
Il risultato e’ che oggi la ricerca indipendente puo’ essere fatta soltanto dopo l’entrata in commercio di molecole approvate non di rado su basi sperimentali dubbie, ed e’ condannata a focalizzarsi su questioni importanti, ma comunque secondarie quali, per esempio, le combinazioni di farmaci o le vie di somministrazione.
Ma cio’ che e’ piu’ grave e’ il fatto che le domande rimaste inevase dopo la fine dei trial sponsorizzati come quelle sulla sopravvivenza reale e non surrogata, sugli effetti a lungo termine, su quelli su sottopopolazioni di malati e così via non possono trovare risposta nei trial di seconda generazione per motivi etici.
Tratto dall’ articolo del dott. Paolo Bruzzi, direttore dipartimento di epidemiologia clinica Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova.
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Conflitto di interessi
Secondo l’articolo del Washington Post, un ricercatore, dirigente di un dipartimento di un ente sanitario governativo USA, ha ammesso in tribunale di aver ricevuto 285 mila dollari per consulenze da una nota casa farmaceutica senza dichiararli, violando le norme sul conflitto d’interessi nella ricerca medica che proibiscono ai dipendenti di enti governativi di accettare pagamenti da privati senza il permesso dell’ente.
Il suo dipartimento stava collaborando con l’azienda farmaceutica per ricerche sull’Alzheimer.
L’articolo aggiunge che le regole del NIH, National Health Institutes americano, dal 2005 proibiscono ai dipendenti anche di lavorare per o possedere azioni di societa’ farmaceutiche.
La domanda e’: regole sul conflitto di interessi altrettanto severe esistono, e vengono applicate, anche in Italia ?
Articolo in Inglese: CONFLICT-OF-INTEREST CASE NIH Scientist Pleads Guilty in Accepting $285,000 from Pfizer
By Eric Rich, Washington Post Staff Writer Saturday, December 9, 2006; Page B02
A senior government scientist who was a focus of a congressional probe into conflicts of interest in medical research admitted in federal court yesterday that he improperly failed to disclose payments of $285,000 he received as a consultant for the pharmaceutical manufacturer Pfizer Inc. Pearson “Trey” Sunderland III, who was chief of the Geriatric Psychiatry Branch of the National Institute of Mental Health, pleaded guilty in Baltimore to a misdemeanor charge of violating conflict-of-interest rules.
Under the terms of the plea agreement, the Chevy Chase resident must forfeit $300,000 — the payments plus expenses for which he was reimbursed. At the Dec. 22 sentencing, prosecutors have said that they will recommend that he be placed on probation for two years.
Sunderland, 55, admitted to entering consulting agreements with the
drugmaker beginning in 1998 without receiving the required approval in advance or disclosing his income after the fact. Sunderland was paid as a consultant on two projects in which his department was collaborating with Pfizer on research to identify chemical warning signs of Alzheimer’s disease.
The criminal prosecution of a researcher for violating conflict-of-interest rules is a rarity. But Sunderland’s consulting arrangements, which first surfaced in 2004, were among the most egregious of the possible conflicts detailed during the probe by a congressional subcommittee.
U.S. Attorney Rod J. Rosenstein said the case should send a message to other government researchers. “Dr. Sunderland violated the fundamental rule that government employees cannot accept payment from interested private parties without the permission of their supervisors,” Rosenstein said in a statement.
But members of Congress said yesterday that they found it disturbing that even after his guilty plea, Sunderland remains in his federal job, where he is a member of the Public Health Service Commissioned Corps.
“The question now becomes: Will the National Institutes of Health and the Commissioned Corps finally move to terminate Dr. Sunderland’s assignment ?” Rep. Bart Stupak (D-Mich.) asked in a statement.
“Is a criminal guilty plea enough to, at long last, remove Dr. Sunderland from NIH ?”
NIH spokesman Don Ralbovsky and Robert F. Muse, an attorney for Sunderland, declined to comment.
According to court documents, Sunderland initiated discussions with Pfizer in 1998 that led to his being paid as a consultant on a collaborative project involving Pfizer and NIMH. He was ultimately paid a $25,000 retainer each year for five years as well as $35,000 to attend 14 meetings at Pfizer locations. He negotiated similar terms later in 1998 as a consultant on a second effort.
In neither case did he disclose the income in annual reports, nor did he receive approval in advance from the U.S. Department of Health and Human Services, as required.
Adil E. Shamoo, founder and editor-in-chief of the journal Accountability in Research, which deals extensively with medical ethics, said he considered probation and the forfeiture to be appropriate punishment for Sunderland’s misconduct.
“Pleading guilty in a court of law, a man of his caliber as a researcher — it’s really disappointing, and hopefully it will be a deterrent,” Shamoo said. “It should be very embarrassing to him.”
As a result of concerns over possible conflicts of interest, NIH officials began administrative actions against 34 scientists and referred 10 others, including Sunderland, to the Office of the
Inspector General for possible prosecution. In August 2005, the NIH imposed rules that bar employees from working for, or owning stock in, drug companies.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/12/08/AR2006120801572.html
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MEPs shun cancer advocacy group because of industry funding – By Ned Stafford, 1 Hamburg
A group of members of the European parliament with a special interest in breast cancer has cut its ties with a breast cancer advocacy group, Europa Donna, because of the group’s acceptance of financial support from drug companies.
Karin Jöns, chairman of the European parliamentary group on breast cancer (EPGBC), issued a press release last week announcing the decision, saying that 86% of Europa Donna’s income of about 424 000 (£330 000; $660 000) in 2007 came from the industry.
“We at EPGBC reject further cooperation with Europa Donna because the board of the European umbrella group became more and more a lobby instrument for the market interests of the big pharmaceutical companies,” said Mrs Jöns, an MEP representing the Bremen region in Germany.
Europa Donna’s executive director, Susan Knox, rejected the press statement from Mrs Jöns, saying that it had “always denied a financial dependency from the pharmaceutical industry.”
“We have never denied accepting these donations,” said Mrs Knox, an American expatriate who is based in Milan and who has been treated for breast cancer. “But it in no way influences any of our decisions or anything we do.”
Her group receives no government support and therefore needs the donations from drug companies to function, she said.
Mrs Knox said, “Europa Donna will continue to work with members of the European parliament and national parliaments to keep breast cancer on the health agenda and to see that the European Union guidelines for quality assurance in breast cancer screening and diagnosis get implemented across Europe.”
Mrs Jöns said that about 40 MEPs belong to the informal breast cancer group, which was formed in 2001 in conjunction with Europa Donna. She declined to say how many MEPs were present at the 16 April meeting but said that all members present agreed to cut ties with Europa Donna.
Mrs Jöns, who led the German branch of Europa Donna for seven years, said that the German branch refused donations from the industry. Europa Donna International had previously maintained that only about a third of its budget came from drug firms and that it would not participate in the industry’s public relations campaigns, Mrs Jöns said. “This seemed to be acceptable to me,” she added.
However, Mrs Jöns contends that in the past couple of years Europa Donna has aided drug firms by making their pamphlets available at conferences and inviting speakers who are supportive of the industry. And when she learnt that 86% of Europa Donna’s 2007 income came from drug companies she decided that parliamentary cooperation with the organisation must be ended.
Tratto da: BMJ 2008;336:980 (3 May), doi:10.1136/bmj.39566.553889.DB
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Scorrettezze etiche per ottenere piu’ finanziamenti.
WASHINGTON – Alcuni cambiano i risultati delle ricerche per compiacere gli sponsor. Altri eliminano i dati “sgraditi” per non contraddire studi precedenti. Altri ancora si prendono il merito di scoperte con cui non c’entrano nulla. Piccole scorrettezze, non punite dalla legge federale statunitense, che rischiano pero’ di corrompere l’immagine degli scienziati nell’opinione pubblica americana.
Una “cattiva condotta” sempre piu’ diffusa, causata dalla progressiva trasformazione della ricerca scientifica in un business miliardario foraggiato e sponsorizzato dall’industria.
Sono questi i risultati di un’indagine, condotta dalla “Health Partners Research Foundation” di Minneapolis, che rivela il disagio degli scienziati americani.
Gli oltre 3 mila questionari, compilati in forma anonima da uomini di scienza di tutta la nazione, mostrano come la ricerca sia sempre piu’ viziata da piccole “scorrettezze etiche”, divenute ormai abitudini quotidiane.
Dati preoccupanti:
Pochi scienziati inventano cose prive di fondamento o copiano apertamente il lavoro di altri. Tuttavia, piu’ del 5% dei ricercatori ammette di aver eliminato dei dati perche’ le informazioni contraddicevano uno studio precedente.
Il 10% ammette di aver incluso il proprio nome, o quello di altri, come autori di ricerche cui erano estranei.
Piu’ del 15% dice di aver modificato i risultati per soddisfare le esigenze di uno sponsor, o di aver ignorato osservazioni utili perche’ avevano il “presentimento” che fossero imprecise.
Nessuno di questi comportamenti puo’ essere qualificato come “cattiva condotta”, stando alle rigide definizioni della legislazione federale. Ma potrebbero nuocere all’immagine della scienza quasi quanto i casi, piu’ rari, di chiara manipolazione. “Gli episodi di frode hanno effetti sicuramente esplosivi nell’opinione pubblica – dice Brian Martinson, autore dell’indagine insieme con Melissa Anderson e Raymond De Vries – ma questi modi di fare possono essere deleteri, specialmente se sono così comuni”.
Etica e profitto:
“La scienza e’ cambiata molto. C’e’ tanta competizione – spiega Martinson – e le pressioni commerciali sono sempre piu’ forti”. La ricerca si e’ trasformata in un grande business, “e non ci siamo accorti che molte delle norme etiche dello scienziato sono in contrasto con la caccia al profitto”.
Per molti degli studiosi interpellati, c’e’ un legame fra i comportamenti poco ortodossi e la percezione che essi hanno del sistema di finanziamento della ricerca. Un meccanismo ritenuto ormai obsoleto e inadeguato.
“Non sono scorrettezze, ma “piccoli trucchetti” ormai abituali, dicono gli scienziati. Ma di questo passo – commenta De Vries – il rispetto delle regole si riduce sempre piu'”. Se gli scienziati pensano che l’assegnazione dei fondi e’ ingiusta, e si inventano così degli stratagemmi per ricevere sovvenzionamenti, “allora e’ il momento di ripensare radicalmente il modo di finanziare la ricerca”, aggiunge De Vries.
Fonte: La Repubblica
Commento NdR: CI SARA’ da FIDARSI delle PUBBLICAZIONI MONDIALI alla LUCE di CIO’ ? NO !!
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Dove sta andando il sistema della Formazione e Ricerca in Gran Bretagna ?
Nature ha recentemente rivelato che le carriere dei “post-Doc” britannici sono sempre piú caratterizzate da bassi stipendi, grande flessibilitá lavorativa e scarsi benefici assistenziali.
Il giornale scientifico riferiva di una piu’ ampia indagine realizzata da un comitato parlamentare secondo cui all’oggi l’unica figura professionale con minori garanzie lavorative del post-Doc britannico e’ il “chain worker” della McDonald. La comunicazione seguiva di pochi giorni un importante dibattito sullo stato del sistema universitario britannico, che della ricerca anglosassone rimane all’oggi l’asse portante.
La crescita del debito accumulato da molte universita’ d’oltremanica e’ uno dei punti all’ordine del giorno nell’agenda del governo laburista che sta pensando a misure drastiche quali l’introduzione di tasse universitarie ‘top-up” (cioe’ differenziate a seconda del corso universitario scelto) per tutti gli studenti.
Dal prossimo anno, inscriversi a corsi universitari potrebbero costare loro fino a 10.000 sterline.
Proprio la crisi finanziaria degli ultimi anni ha improvvisamente fatto tornare di moda tra gli amministratori universitari l’idea del mergering, ovvero della fusione fra piu’ universita’ per ridurre costi di gestione e personale.
Progetti di fusione sono avviati tra le due principali universita’ delle cittá di Manchester e Birmingham, mentre – dopo mesi di trattative – sembra ormai fallito quello inerente le due universita’ maggiori di Londra (University College e Imperial College).
Simon Jenkins sulle pagine del Times ha scritto qualche mese fa che: ‘Le universita’ britanniche sono in uno stato di caos finanziario. Piú di 50 sono in perdita. Oxford e Cambridge ci rimettono i loro patrimoni.
Imperial College perde 2.800 sterline all’anno per studente. Mentre il sistema universitario e’ strangolato dalla crisi finanziaria, il sistema della ricerca britannico risulta essere uno dei piú dinamici e aggressivi per numero di applicazioni scientifiche nei terreni dell’hi-tech.
Il successo del Roslin Institute nella clonazione della pecora Dolly (anche se ingigantito dai mass-media) ha coinciso con una crescita enorme degli investimenti nei settori di ricerca delle biotecnologie applicative (in particolare nei settori agroalimentare e farmaceutico).
Alcuni settori dell’hi-tech britannico (microelettronica, informatica) riescono a tenere il passo con i giganti americani e giapponesi. Nei settori del nucleare e delle fonti energetiche tradizionali (idrocarburi), la Gran Bretagna continua a produrre innovazione. Rimane inoltre rilevante la presenze della ricerca britannica nei settori tradizionali della farmaceutica, dell’ingegneria aeuronautica e della chimica industriale.
Oggi il sistema di formazione e ricerca in Gran Bretagna sembra avere sia il viso preoccupato di ricercatori e studenti che la faccia sorridente di Ian Wilmut, che della clonazione di Dolly e’ il principale artefice.
Ma cos’e’ che ha determinato questa situazione dai due volti ?
La risposta non e’ facile da trovare e certamente esistono piú cause che hanno contribuito alla crisi finanziaria delle universitá da un lato e al successo della ricerca applicativa dall’altro. Tuttavia va tenuto conto che sin dai tempi del governo della leader conservatrice Margaret Tatcher il sistema di formazione e ricerca britannico ha ricevuto un’impronta fortemente neoliberista, attraverso la creazione dei networks di collaborazione fra sistema pubblico della ricerca e grandi gruppi industriali.
Dal 1997, il nuovo governo del laburista Tony Blair ha rafforzato tale collaborazione. Se sono innegabili i risultati positivi di questo approccio per il sistema della ricerca, ci si chiede se la recente empasse del sistema universitario possa essere almeno in parte attribuita a questa politica. Cerchiamo di vederlo insieme.
Il sistema di formazione e ricerca britannico
Le 87 universitá britanniche sono sicuramente tra le piú rinomate al mondo a giudicare dalle forti presenze di studenti e ricercatori provenienti da diverse aree del mondo.
Le universitá si dividono storicamente in 4 gruppi: le 6 “antiche’ universita’” (Oxford e Cambridge in Inghilterra, Edinburgo, Glagow, Aberdeen e St. Andrew in Scozia), le universitá “dai mattoni rossi” (redbricks, nate prevalentemente nel XIX secolo nei centri della rivoluzione industriale, ad esempio Manchester, Birmingham, Liverpool, Leeds), le nuove universitá (nate dopo la seconda guerra mondiale, ad esempio Newcastle e Leicester) e infine i politecnici. Questi ultimi avevano fino al 1992 una configurazione istituzionale diversa dalle universitá vere e proprie, in quanto non ricevevano fondi dal governo, ma dalle autoritá locali.
Per questo motivo il sistema accademico britannico veniva considerato ‘a doppio binario’.
Dal 1992 grazie al Further and Higher Education Act , universitá e politecnici sono equiparati e finanziati dall’agenzia governativa Higher Education Funding Committee (HEFC).
Quest’ultima ha speso mediamente nel corso degli anni ’90 circa 2,8 miliardi di sterline all’anno per le istituzioni accademiche, 2,7 miliardi in borse di studio per studenti universitari e 283 milioni in prestiti agevolati per studenti.
Alle 87 universitá si aggiungono poi circa 64 colleges di livello universitario, autorizzati a concedere diplomi equivalenti alla laurea. C’e’ infine la Open University, una istituzione nata nel 1969 per fornire lauree a studenti part-time per corrispondenza. Quest’ultima e’ diventata nel corso degli anni una istituzione di grande rilievo che ancora oggi fornisce diplomi di laurea a migliaia di studenti.
In Gran Bretagna ci sono circa 4 milioni di giovani di cui meno della meta’ entrano nel sistema universitario (il 30% in Inghilterra, il 40-45% in Scozia e Galles). Complessivamente 1,3 milioni sono gli studenti in cerca di una laurea, 200.000 studenti post-laurea (master, PhD, postodoc), 100.000 membri degli staff universitari di vario titolo e ruolo (ricercatori e professori). Va sottolineato che piú si sale nella scala gerarchica universitaria e meno donne si incontrano.
Le donne sono infatti 1 in 3 fra i docenti di seconda fascia, 1 in 9 tra quelli di prima fascia e infine appena 1 su 19 fra i professori di ruolo. Alla formazione superiore si sovrappone il sistema della ricerca scientifica e tecnologica.
Il Regno Unito e’ responsabile per 4,5% della spesa globale in scienza e tecnologia, per l’8% delle pubblicazioni scientifiche e per il 10% dei premi scientifici di livello internazionale.
Nel 2001-2002 la spesa complessiva in Ricerca e Sviluppo (R&S) era di 16,7 miliardi di sterline (1,8% del PIL) con un incremento del 5% rispetto alla spesa del 1998. La ricerca scientifica viene oggi finanziata sia da istituzioni governative (28% circa) che da privati (49%).
Le compagnie farmaceutiche GlaxoSmithKline e AstraZeneca sono responsabili per il 22% della spesa complessiva britannica in R&S. Per il finanziamento alla ricerca da parte del governo britannico e’ responsabile il Ministro della Scienza che viene supportato dall’ Ufficio per la Scienza e la Tecnologia (OST).
Il finanziamento alla ricerca in Gran Bretagna passa attraverso istituzioni governative dotate di una propria autonomia: i consigli della ricerca (Research Councils).
Queste istituzioni svolgono il ruolo di interfaccia tra governo, finanziatori privati e strutture di formazione e ricerca. Ciascun dipartimento universitario che ha intenzione di reperire fondi per attivitá di ricerca si rivolge infatti al consiglio di ricerca di competenza che ha il compito di valutare la richiesta e eventualmente allocare il finanziamento. La valutazione del consiglio sul finanziamento richiesto tiene conto di diversi fattori quali la rilevanza del progetto per l’indirizzo strategico del consiglio e la tradizione di ricerca del dipartimento che propone il finanziamento.
Una speciale graduatoria (Quality Research Assessment) viene stilata ogni 4 anni sulla qualitá dell’insegnamento e della ricerca svolto dai dipartimenti universitari. Tale graduatoria tiene conto di fattori come la qualitá dell’insegnamento, i successi scientifici ottenuti negli ultimi anni e le pubblicazioni accademiche dei singoli membri dello staff di dipartimento.
L’OST e il Ministro della Scienza forniscono ogni anno raccomandazioni specifiche sui settori di ricerca considerati strategici. In base a tali raccomandazioni vengono distribuiti i finanziamenti ai consigli della ricerca. Esistono circa 6 consigli che ricevono finanziamenti in misura diversa:
Ingegneria e Scienze Naturali (461 milioni di sterline, il dato si riferisce al 2002)
Medicina (393)
Ambiente e Territorio (220)
Biotecnologie e Biologia (226)
Fisica Nucleare e Astronomia (212)
Economia e Societá (78).
Come si puó vedere la ricerca scientifica vera e propria e’ iperfinanziata, mentre le ricerche economico-sociali ricevono finanziamenti in misura minore.
Un fondo governativo aggiuntivo e’ stato emesso nel 2002 per ricerche nel campo della genomica, delle tecnologie di base e della e-science. Negli ultimi venti anni e’ cresciuto enormemente il finanziamento alle ricerche biologiche (che contava solo per una quota di poco superiore al 5% dello stanziamento complessivo per i consigli all’inizio degli anni ’90). Tale finanziamento sembra aver sottratto una quota consistente dai settori della fisica nucleare e dell’astronomia.
Si sono invece mantenuti pressoche’ stabili i finanziamenti per i settori dell’ingegneria e della medicina.
Ai consigli per la ricerca si aggiungono poi una serie di enti governativi che hanno a disposizione fondi propri, quali il Dipartimento per il Commercio e l’Industria (DTI, budget di 418 milioni di sterline), il Ministero della Difesa (450), istituzioni scientifiche come la Royal Society, Musei e Orti Botanici. Importanti sono inoltre le collaborazioni a programmi europei e internazionali specialmente nel campo della ricerca spaziale (180).
Il DTI nasce negli anni ’60 dall’unione dell’antico Board of Trade (le cui origini risalgono al XVII secolo) e del Department for Scientific and Industrial Research (DSIR), una istituzione governativa nata all’inzio del XX secolo con il compito di legare la ricerca scientifica alle esigenze del mondo dell’industria.
Il DTI, pur essendo una istituzione governativa, svolge di fatto un ruolo di coordinamento fra le grandi strutture finanziarie e industriali del paese e indica inoltre quali ricerche scientifiche hanno un valore strategico per i bisogni dell’industria. Complessivamente nel 2001 erano circa 15.000 i ricercatori universitari con titolo di laurea finanziati attraverso i consigli di ricerca.
Ad essi si aggiungono poi la gran parte degli studenti post-laurea (master, Ph.D. e post-Doc), che pure fanno riferimento ai consigli di ricerca sia per il pagamento delle tasse universitarie che per il loro assegno di mantenimento. Quest’ultimo si aggira al momento su una quota base di circa 8.000 sterline l’anno (ma coloro che fanno ricerca in discipline scientifiche o che vengono finanziati direttamente da privati ricevono di piú) che e’ destinata a crescere nel corso dei prossimi 6 anni fino a 12.000 sterline proprio per far fronte alla crescente mancanza di sicurezza lavorativa denunciata da Nature. Il sistema di circolazione dei finanziamenti per la ricerca dal governo ai consigli ai dipartimenti ai singoli ricercatori e studenti e’ ormai consolidato e dovrebbe garantire il sostegno economico necessario sia alle singole universitá che ai gruppi che fanno ricerca.
Insomma ci dovrebbero essere soldi per tutti. Invece, negli ultimi 20 anni l’impronta neoliberista delle politiche sulla ricerca in Gran Bretagna ha sconvolto questo sistema di circolazione e creato un grosso sbilanciamento verso la ricerca applicata a scapito di formazione superiore e ricerca di base.
La legge del piú forte
Durante il governo Tatcher, industriali e accademici cominciarono a sostenere che il finanziamento alla ricerca doveva essere riorientato verso i bisogni del mondo dell’industria. Altrimenti – si sottolineava- l’industria britannica sarebbe stata presto sorpassata da altri contesti nazionali nel contesto dell’economia globale. Di certo l’emergenza di una nuova high tech britannica deve molto alle decisioni politiche prese negli anni ’80. Un forte settore di ricerca spinge oggi i settori dell’industria tecnologica piú avanzati: dalle biotecnologie alimentari alla farmaceutica alla microelettronica e all’informatica.
La tendenza al finanziamento della ricerca da parte dei privati emerge negli anni ’80, ma solo nel 1993 tale tendenza si concretizza in una significativa proposta legislativa con la White Paper (legge quadro) Realizing our Potential. La legge aveva lo scopo di ‘garantire un miglior rapporto tra ricerca strategica finanziata dal pubblico e le esigenze dell’industria’ instituendo networks di collaborazione fra pubblico e privato a vari livelli.
All’inizio si sottolineava soprattutto il carattere informale del rapporto collaborativo, sfruttando prevalentemente il doppio ruolo svolto da alcuni ricercatori nei settori pubblico e nel privato.
Ma dal 1993 in poi i rapporti si sono fatti sempre piú stretti ottenendo anche un riconoscimento formale.
Ad esempio alcuni assegni di ricerca cominciarono ad essere finanziati alla pari da un consiglio di ricerca e da una istituzione privata interessata all’applicazione della ricerca condotta dal ricercatore o dal gruppo di ricerca.
In seguito i consigli per la ricerca furono chiamati a stringere maggiori rapporti con la grande industria in quanto il governo cominció a suggerire di scegliere i nuovi direttori dei consigli in base alle loro precedenti esperienze nei settori dell’industria e del commercio. In altre parole i direttori o gli ex-direttori di grandi gruppi privati hanno cominciato la scalata ai posti di comando dei consigli di ricerca.
Nel 1994 furono istitutiti i Foresight Panels, gruppi misti di accademici e capitani d’impresa con il compito di individuare quali ricerche presentano maggiori opportunitá sul mercato e presentarli alle agenzie governative in carica per la scienza e la tecnologia al fine di rivedere in base agli studi dei panelli come allocare i finanziamenti. Infine, nel 1995 l’OST cambió sede: dal Ufficio di Gabinetto di Downing Street, dove era la sua sede originaria, si insedió negli uffici del DTI per ‘avvicinare il mondo della ricerca e quello dell’industria’.
Il passaggio dell’OST nella sede del DTI fu una vera e propria sorpresa per molti persino all’interno del governo.
Non fu annunciato, ne’ discusso pubblicamente.
Tale trasferimento ovviamente concise con una minore autonomia dell’istituzione e una maggiore dipendenza dal DTI. L’approccio neoliberista alla ricerca introdotto dal governo conservatore non fu certo contrastato dal nuovo governo laburista di Tony Blair che sale al potere nel 1997. Anzi, di fatto tale governo estende tale approccio con ulteriori provvedimenti legislativi.
Nel 1998, il programma LINK assicuró che progetti di ricerca finanziati dalle imprese potessero ricevere finanziamenti pubblici aggiuntivi da parte del governo, mentre i laburisti ripristinarono il Consiglio per la Scienza e la Tecnologia, un consiglio con il compito di avvisare il governo su nuove politiche per la ricerca.
Il consiglio e’ formato da 7 accademici e 6 industriali.
Chiaramente sia i Foresight Panels che il Consiglio rafforzarono il lobbismo come pratica politica di intervento nelle politiche della ricerca. Facendo pressione dall’interno delle istituzioni, gli industriali hanno potuto negli ultimi anni decidere l’assegnazione di molti finanziamenti alla ricerca pubblica.
Nel Luglio 2002 una nuova White Paper e’ stata presentata dal governo e intitolata Excellence and Opportunity, A Science and Innovation policy for 21st century in cui i due elementi prioritari di politica scientifica erano indicati nella necessitá di offrire maggiori opportunitá di uso della conoscenza scientifica per l’innovazione tecnologica e di aumentare la fiducia e l’interesse del pubblico nella scienza e tecnologia.
Se dal lato della politica scientifica la nuova legge non modifica di molto la precedente tendenza a rinforzare i rapporti tra ricerca e industria, certamente presenta una novitá significativa rispetto alla questione del ‘pubblico’.
10 anni di ricerca sulle applicazioni piú controverse di questo ultimo secolo (ad esempio, le biotecnologie agroalimentari) hanno certamente creato paura nel contesto del pubblico britannico.
Il governo laburista si ripropone dunque di contrastare possibili opposizioni da parte del pubblico alle nuove tecnologie attraverso una maggiore divulgazione delle ricerche piú controverse con implicazioni di carattere sia morale che etico. e’ nel contesto di questo programma ad esempio che vecchie istituzioni come la Royal Society hanno ricevuto nuovi compiti, come ad esempio migliorare la divulgazione scientifica ovvero il public understanding of science (PUS).
Difendere il nuovo legame pubblico-privato e’ diventata dunque la prioritá del governo Blair, che si propone cosí soprattutto di ridurre il finanziamento a formazione e ricerca. I nuovi rapporti tra ricerca pubblica e industria hanno permesso infatti al governo di ridurre in maniera significativa il finanziamento alla formazione e alla ricerca coerentemente con il trend comune a tutti i paesi europei di riduzione della spesa pubblica.
Il contributo dello stato dal 1983 al 1999 e’ diminuito di circa il 20%. Se si confronta questo dato con il fatto che la spesa in R&D e’ aumentata complessivamente del 5% nel periodo 1998-2002, ci si rende conto che se prima era prevalentemente lo stato ad investire nella ricerca pubblica, ora sono prevalentemente i privati.
Le conseguenze di questo cambiamento non hanno tardato a farsi sentire.
Le universitá britanniche sono state poste di fronte ad un out-out: ristrutturare e adeguarsi sempre piú ai bisogni di ricerca dei gruppi privati oppure dichiarare bancarotta.
Le universitá debitrici e “prigioniere”
Nel 1999, 30 universitá pubbliche erano giá in passivo e furono chiamate dal governo a rinegoziare precedenti accordi di finanziamento in modo tale da dipendere maggiormente da fonti private invece che pubbliche.
I loro amministratori si resero subito conto che la collaborazione con il privato diventava a questo punto l’unica via d’uscita dalla crisi economica. Rafforzarono pertanto la comunicazione con il mondo della finanza e dell’industria, incrementarono il numero di uffici e centri amministrativi preposti a istituire legami con le compagnie private (specialmente le spin off) e cominciarono a chiedere alle compagnie private di commercializzare alcuni risultati della ricerca.
Ad esempio, ci sono oggi circa 1000 progetti di ricerca avviati in universitá britanniche e finanziati da compagnie petrolifere. Il direttore della BP e’ uno dei membri del Consiglio per la Scienza e la Tecnologia.
Fino al 1998, Sir John Cadogan era il direttore generale dei consigli per la ricerca britannici. In precedenza era il direttore della sezione ricerca della BP.
Il rettore dell’Imperial College di Londra e’ anche il direttore della Shell. Sebbene, pecunia non olet, a differenza del petrolio, l’aspetto piú preoccupante di questo intervento delle compagnie petrolifere risiede nel fatto che la ricerca viene indirizzata nei loro settori di interesse, mentre settori di ricerca su fonti di energia diverse dal petrolio ricevono finanziamenti nettamente minori.
Al momento ad esempio la ricerca sulle energie alternative riceve solo un quinto della ricerca sulle fonti energetiche tradizionali, che -considerando l’esaurimento delle fonti petrolifere per la metá del nuovo secolo- dovrebbero invece esser finanziate molto meno. Lord Sainsbury di Turville, l’attuale direttore dell’OST, e’ ritenuto da molti uno dei principali collaboratori del primo ministro Blair, nonche’ accreditato da molti come il principale finanziatore della campagna elettorale che ha portato Blair a Downing Street. Nel 1999 Lord Sainsbury dichiaró nel corso del meeting “Universitá per l’Industria” che “la collaborazione pubblico-privato avrebbe dato slancio alla competitivitá delle imprese e contribuito alla crescita dell’occupazione modellando la formazione superiore ai bisogni delle imprese”.
Che questo sia vero o meno (Sainsbury ha riproposto tali idee ad un recente convegno sull’universitá organizzato dalla Confindustria), rimane il dubbio se “modellare” sia la parola piú appropriata. Sainsbury e’ infatti a capo di una delle maggiori catene di distribuzione alimentari del Regno Unito: la Sainsbury’s PLC, il cui interesse nello sviluppo delle biotecnologie alimentari e’ prioritario. Sainsbury non solo e’ a capo dell’OST, ma e’ inoltre membro del consiglio direttivo del DTI e dei Foresight Panels. Sembrerebbe (almeno a noi italiani che di queste cose ce ne intendiamo) un chiaro esempio di conflitto di interessi. Che la spinta verso il finanziamento delle biotecnologie alimentari sia dovuta all’intervento dall’interno dei palazzi governativi del Lord ?
Il principale ente che finanzia le ricerche biologiche e biotecnologiche e’ il Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC) con un budget di circa 190 milioni di sterline.
Il suo direttore e’ Peter Doyle, ex-direttore del gigante della chimica AstraZeneca (ex Imperial Chemical Industries, ICI). Nel consiglio di ricerca figurano inoltre il direttore della compagnia farmaceutica Chiroscience e il direttore del dipartimento R&S della Nestle’.
Nel direttivo del BBSCR ci sono inoltre rappresentanti della AgrEvo UK, la prima compagnia biotecnologica che vorrebbe commercializzare a breve termine il grano geneticamente modificato in Gran Bretagna.
Non casualmente, il BBSRC ha dato una impronta fortemente applicativa alle ricerche biologiche ed in particolare alle ricerche biotecnologiche, privilegiando prevelamentemente l’agroalimentare e la ricerca nella selezione di nuove specie geneticamente modificate.
Circa 10 milioni di sterline l’anno sono date dal BBSRC al centro John Innes di Norwich per l’ingegneria genetica.
Il centro ospita fra gli altri, il laboratorio per le biotecnologie alimentari Sainsbury. Il particolare interessante e’ che il centro si chiama cosí perche’ fondato proprio da Lord Sainsbury. Sainsbury ha creato un interessante meccanismo lobbistico-istuzionale in cui da un lato finanzia la ricerca sulle biotecnologie e dall’altro permette che il suo centro di Norwich possa incassare tali finanziamenti. I risultati applicativi delle ricerche del centro Sainsbury vengono al momento usati dalla compagnia biotecnologica Diatech, che e’ di proprietá di Lord Sainsbury. Inoltre una normativa piú permissiva rispetto all’uso di organismi geneticamente modificati potrebbe permettere in futuro a Sainsbury di mettere alcune specie geneticamente modificate direttamente sui banchi dei suoi supermercati.
Aldilá di dubbi sulla eticitá, la salute o l’impatto ecologico, rimane un fatto preoccupante: i soldi pubblici dei contribuenti britannici finiscono per finanziare ricerche le cui finalitá sono strettamente private e legate agli interessi economici di Lord Sainsbury. Nell’ultimo anno inoltre il BBSRC ha lanciato un programma per ‘incoraggiare biologi e genetisti verso l’imprenditorialitá’, cioe’ sviluppare capacitá imprenditoriali lavorando -pagati dal BBSRC- per compagnie come Nestle’, Unilever, Glaxo, Wellcome e AstraZeneca.
I privati “entrano” dentro le universitá non solo ridefinendo i programmi di ricerca, ma persino le cattedre.
Andando all’universitá di Cambridge si trova ad esempio la cattedra “Shell” di Ingegneria Chimica o la cattedra ‘BP’ (British Petroleum) in Chimica Organica e Scienze del Petrolio.
Aziende chimiche di primo piano come AstraZeneca finanziano laboratori per la ricerca e li rinominano.
Rupert Murdoch, il famoso magnate delle televisioni ha contribuito alla finanziamento di una delle cattedre della facoltá di anglistica dell’universitá di Cambridge e inoltre permettendo l’istituzione di una cattedra in ‘broadcast media’ nella quale si e’ insediato David Elstein, ex-direttore della televisione digitale Sky One.
Come giá sottolineato nel paragrafo precedente, i consigli di ricerca sono ora in mano a direttori o ex dirigenti di grandi gruppi privati. Il direttore del consiglio della ricerca su Ambiente e Territorio e’ James Smith, che aveva precedentemente diretto la compagnia elettrica Eastern Electricity.
Nel consiglio direttivo figurano ancora membri della Astra Zeneca e delle compagnie petrolifere.
Il consiglio ha il compito specifico di capire, fra le altre cose, i danni prodotti dall’uso del petrolio e di altre risorse energetiche tradizionali sull’ambiente e il territorio. Il direttore del consiglio sulle ricerche mediche e’ Sir Anthony Cleaver, che aveva precedentemente lavorato per l’Atomic Energy Authority Technology PLC (AEA), la compagnia maggiormente coinvolta nelle ricerche nucleari in Gran Bretagna.
La gestione da parte dell’AEA dell’impianto nucleare di Dounray fu oggetto di attenzioni da parte della commissione governativa sulla sicurezza e la salute istituita nel 1998 perche’ la salute di alcuni dei lavoratori di Dounray era stata messa in pericolo nella gestione dell’impianto. Infine, in questa trasformazione epocale ricerche che vanno contro gli interessi dei grandi gruppi industriali finiscono per non essere finanziate e interi dipartimenti di ricerca muoiono sotto la pressione delle lobby private. Ad esempio nel 1996 il Centro per l’Ecologia Umana dell’Universitá di Edinburgo fu chiuso “ufficialmente” per mancanza di fondi.
In realtá, il centro fondato nel 1972 da uno dei membri del “Club di Roma” era stato protagonista di una inchiesta contro gli scavi aperti da una grande compagnia in Scozia per l’estrazione mineraria. Fortunatamente in seguito il centro fu riaperto da alcuni dei suoi ricercatori.
Nel mentre ai dipartimenti che “producono meno” nell’ottica della grande industria (si pensi ai dipartimenti di discipline umanistiche ad esempio) si chiede sempre piú di essere cost effective, cioe’ di bilanciare introiti annuali con costi di gestione. In alcune facoltá umanistiche questo significherá la riduzione dei corsi semestrali in insegnamenti che non garantiscono una quota minima di studenti.
Piú in generale, l’accentramento delle risorse per la scienza e la tecnologia nei settori high tech implica la riduzione di finanziamenti in settori non immediatamente spendibili sul mercato e riduce di fatto la possibilitá di finanziamento per quelle ricerche di natura piú speculativa e meno applicabile nel breve periodo.
Inoltre indebolisce uno dei principi cardini del sistema universitario e di ricerca britannico, quello della ‘libertá accademica’ (academic freedom), di cui nell’ultimo secolo si sono riempite pagine e pagine di storia universitaria anglosassone. Difendere il diritto di ricercare degli accademici britannici, ma soprattutto di accademici provenienti da altre regioni del mondo divenne una prioritá dal 1933, quando inizió la persecuzione degli accademici di origine ebraica preseguitati dai regimi nazifascisti.
Se libertá accademica significava allora non far prevalere le pressioni politiche del totalitarismo sulla ricerca, sembra un paradosso che oggi si pone il problema di non far prevalere gli interessi economici della globalizzazione, equalmente limitanti.
George Monbiot, nel suo recente lavoro The Captive State (lo Stato Prigioniero), ha sottolineato che sono poche facoltá scientifica la cui libertá accademica non e’ oggi messa in discussione dai contratti di finanziamento.
Conclusioni: un modello contraddittorio
Il 4 Dicembre 2002 c’e’ stata una grande dimostrazione di studenti a Londra contro le nuove tasse universitarie.
Gli studenti britannici hanno visto in circa 10 anni cambiare la loro universitá radicalmente al punto che ben pochi di loro si avventurano nella ricerca post-laurea.
Dieci anni fa ricevevano un assegno di mantenimento e le loro tasse venivano pagate dall’autoritá scolastica. Ora le tasse vengono pagate dalle loro famiglie, mente l’assegno di mantenimento e’ stato sostituito da un prestito a lungo termine che dovranno ripagare una volta laureati.
Il governo propone inoltre di aumentare le tasse a livelli che per molti di loro significheranno l’impossibilitá di accedere del tutto al sistema universitario dal prossimo anno in poi.
Ma certo pochi di loro capiscono a fondo il meccanismo perverso che, legando universitá e centri di ricerca pubblici a grandi gruppi industriali, sta mettendo a rischio il loro futuro.
Il legame fra pubblico e privato ha infatti permesso allo stato britannico di finanziare sempre meno le universitá, mettendo a rischio la gestione delle loro risorse.
Il governo confida sempre piú in un intervento dei privati per rispondere ai bisogni finanziati delle universitá.
Ma i gruppi privati non considerano un loro onere il finanziamento della formazione superiore o della ricerca di base, ma solo di quelle ricerche che danno immediati risultati applicativi.
Il risultato e’ sotto gli occhi di tutti. Le universitá britanniche sono cosí strangolate dai debiti, costrette ad aumentare le tasse universitarie, privilegiare i settori della ricerca applicativa e ridimensionare le ricerche di non immediato impatto applicativo.
La conseguenza di questa decisione sará una universitá sempre meno ‘centro di formazione o educazione superiore (solo chi puó permetterselo potrá accedere alle universitá) e sempre piú servizio per le compagnie private.
Se da un lato e’ vero che molte compagnie investono di piú in ricerche condotte nei laboratori pubblici e universitari, e’ anche vero che hanno negli ultimi anni acquisito potere decisionale per decidere le sorti della ricerca strategica, occupato cioe’ i corridors of power. Ció permette loro di prendere dal pubblico in termini di personale qualificato e strumenti per la sperimentazione, piú di quanto danno.
In tal senso il modello di formazione e ricerca britannico presenta contraddizioni difficilmente sanabili se non attraverso una inversione di rotta nell’indirizzo strategico alla ricerca.
Il problema e’ che sia conservatori che laburisti hanno prodotto politiche della ricerca abbastanza simili.
Chi dunque, nell’ateneo della politica, potrebbe farsi carico di un indirizzo differente ?
Breve bibliografia:
G. Monbiot, Captive State, The Corporate Takeover of Britain, Londra: 2002
2. W. Faulkner, J. Senker, L. Velho, Knowledge Frontiers (Public Research Sector and Industrial Innovation), Edinburgo: 1995
3. AAVV, UK 2002, The Official Yearbook of the UK, Londra, The Stationary Office, 2002
4. D. Mackinnon, J. Statham, Education in the UK, Facts and Figures, Londra: Hodder&Stoughton, 1999
5. AAVV (ed. P. Cunningham), Science and Technology in the United Kingdom, Londra, 1998
6. S. Jenkins, ‘Universities would do better to strike out alone,’ The Times, 2/11/2002
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Importante: ….pur segnalando in questo Portale Guida alla Salute Naturale le gravi anomalie (anche criminali) della Sanita’ Mondiale gestita dalle Lobbies farmaceutiche e dei loro “agenti-rappresentanti” inseriti a tutti i livelli, Politici e Sanitari nel Mondo intero, vogliamo anche ricordare e spendere per Giustizia delle parole per gratificare e ringraziare quei centinaia di migliaia di medici(quelli in buona fede) che, malgrado le interferenze degli interessi di quelle Lobbies, incessantemente si prodigano ogni giorno aiutare i malati che a loro si rivolgono e che con i progressi delle apparecchiature tecnologiche per la diagnostica e delle tecniche interventive, stanno facendo notevoli progressi e raggiungono per essi risultati ed effetti benefici, che fino a qualche anno fa erano impensabili.
Vediamo ogni giorno progressi in tal senso, ma la terapeutica indicata dalla direzione della Sanita’ ufficiale Mondiale = OMS (che e’ legata alle linee guida di dette Lobbies), non segue, salvo rari casi, quella curva progressiva di benessere per i malati.
Se questi bravi medici che operano giornalmente sul campo, conoscessero anche la Medicina Naturale, potrebbero migliorare e di molto le loro tecniche terapeutiche, con grande beneficio per tutti i malati