Il T.S.O (Trattamento Sanitario Obbligatorio) è un provvedimento emanato dal Sindaco che dispone che una persona sia sottoposta a cure psichiatriche contro la sua volontà, normalmente attraverso il ricovero presso i reparti di psichiatria degli ospedali generali (SPDC – Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura).
Perché un determinato trattamento sanitario possa essere imposto come obbligatorio dalla legge, saranno necessari non solo l’assenza di rimedi alternativi, ma soprattutto che lo stesso sia in grado di assicurare, allo stato delle conoscenze scientifiche, un miglioramento o quanto meno la conservazione della condizione di salute di chi vi è assoggettato oltre che degli altri consociati.
E seppure l’obbligo, ricadente su ciascun individuo, di sottoporsi ad un trattamento sanitario sarebbe accettabile pure a costo di qualche “rischio specifico” di contagio, esso non potrebbe mai postulare il “sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri” (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990).
In alcune zone del nostro paese è uso consolidato attuare il TSO, oltre che nei reparti psichiatrici, anche presso il domicilio della persona. Ma in linea generale e nella stragrande maggioranza dei casi, il provvedimento di TSO si risolve nell’accompagnamento coatto, tramite i vigili urbani, presso i reparti psichiatrici.
La legge regola due istituti di coercizione: l’A.S.O. (Accertamento Sanitario Obbligatorio) e il T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio).
Il Sindaco può emanare l’ordinanza di TSO nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:
1 – la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici.
2 – gli interventi proposti vengono rifiutati.
3 – non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica. La legge non prevede che i due medici debbano essere psichiatri.
Le certificazioni oltre a contenere l’attestazione delle condizioni che giustificano la proposta di TSO, devono essere motivate nella situazione concreta. In altre parole non dovrebbero essere ammesse certificazioni che si limitano alla mera enunciazione delle tre condizioni, ne’ tantomeno prestampati. Così come non dovrebbero essere prese in considerazione certificazioni che si limitano alla sola indicazione della diagnosi. In realta’ l’uso di prestampati è una prassi comune accettata dai sindaci e dai giudici tutelari che dovrebbero vigilare sul rispetto delle procedure e delle garanzie previste dalla legge. (Nella sezione sentenze trovate alcune decisioni della magistratura che ratificano l’obbligo di motivare i TSO in maniera sostanziale e non meramente formale).
Ricevute le certificazioni mediche, il sindaco ha 48 ore per disporre, tramite un’ordinanza, il trattamento sanitario obbligatorio facendo accompagnare la persona dai vigili urbani presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC). In genere il reparto è scelto secondo la disponibilit dei posti, ma in teoria la legge fornisce il diritto alla persona di scegliere il reparto dove essere ricoverati.
Va sottolineato comunque che il TSO può essere realizzato solo in questi reparti. Qualsiasi altro ricovero in una qualsiasi altra struttura psichiatrica o sociale, indipendentemente dalle modalità con cui avviene, è da considerarsi sempre ricovero volontario. Nessuno può essere trattenuto contro la sua volontà presso nessuna di queste strutture e, in SPDC, ciò è possibile solo in presenza di un provvedimento di TSO.
Un capitolo importante in questa fase, non ancora approfondito e affrontato dal movimento antipsichiatrico, è quello della notifica del TSO a chi vi è sottoposto.
In altre parole, come fa un cittadino a difendersi legalmente rispetto ad un atto di cui non e’ a conoscenza ? E ancora, come si fa a sapere quando si è obbligati alle cure e quando invece abbiamo ogni diritto legale di rifiutarle ?
In genere le persone si orientano a naso nelle situazioni. Se si è fuori, è la presenza dei vigili urbani che ci fa supporre di essere in TSO; se si è già ricoverati, volontari o meno, ci si fa capire subito che non abbiamo alcun diritto e dobbiamo sottostare alle cure senza avere possibilita’ di andarcene o di rifiutarle.
La notifica del provvedimento va richiesta nel momento in cui qualcuno ci impone di seguirlo, di assumere una terapia, di entrare in un reparto. In assenza di tale provvedimento, infatti, ogni azione di coazione nei nostri confronti può essere denunciata come reato penale.
Restano fuori le situazioni in cui puo’ essere invocato l’art. 56 del codice penale sullo stato di necessita’ (“non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o d altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo).
Negli altri casi possono ravvisarsi gli estremi di violenza privata, sequestro di persona…
Pur se la legge non dispone esplicitamente l’obbligo di tale notifica, lo stesso e’ connaturato alla natura stessa del provvedimento.
Il TSO infatti è un provvedimento di limitazione della libertà personale (necessita infatti, come vedremo, della convalida dell’autorità giudiziaria) e ha la forma giuridica dell’ordinanza sindacale che, come sappiamo, acquista efficacia in ragione della notifica ai soggetti interessati (si pensi alle ordinanze di sgombero….). Ciononostante non ci risulta che tale obbligo venga soddisfatto da nessuno dei Sindaci italiani che emanano provvedimenti di TSO.
Da qui la campagna del Comitato d’Iniziativa Antipsichiatrica che rivendica, fra gli altri, il diritto alla notifica del TSO a chi vi è sottoposto.
Una volta che il sindaco ha emanato il provvedimento di TSO, e esso ci è stato notificato, possiamo essere condotti presso uno dei reparti di psichiatria (SPDC – servizio psichiatrico diagnosi e cura) funzionanti presso gli ospedali generali. In nessun caso possiamo essere condotti contro la nostra volontà in altre strutture psichiatriche sia pubbliche che private (reparti universitari, comunità alloggio, Comunità etc.).
Il Sindaco ha l’obbligo di inviare il provvedimento di TSO al Giudice Tutelare (entro le 48 ore successive al ricovero) per la necessaria convalida. Il Giudice Tutelare, assunte le informazioni del caso, convalida il provvedimento entro le 48 ore successive.
La mancata convalida da parte del Giudice Tutelare del provvedimento fa decadere automaticamente il TSO.
L’esperienza maturata negli anni ci dice che il Giudice Tutelare raramente esercita la sua funzione di controllo sui TSO.
In genere si limita ad un controllo “formale”, verificando se la documentazione è completa e se sono stati rispettati i tempi di notifica del provvedimento etc. In realtà detto controllo potrebbe avere effetti più incisivi se i Giudici Tutelari esercitassero concretamente i loro poteri di convalida (vedi a proposito la sentenza del pretore di torino).
Una volta ricoverati in TSO presso il servizio psichiatrico i nostri diritti (primo fra tutti quello alla libertà di movimento e di scelta) vengono limitati e siamo obbligati a subire gli interventi degli operatori del reparto.Anche in questa situazione di coazione manteniamo una serie di diritti inalienabili.
1) Possiamo fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Questa possibilità, oltre che all’interessato, è allargata a “chiunque vi abbia interesse” (quindi anche amici, familiari, associazioni…).
Il Sindaco deve rispondere entro 10 giorni. Fatto paradossale se si pensa che il TSO dura di norma 7 (sette) giorni, eventualmente prorogabili di 7 giorni in 7 giorni. Se presentiamo ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, è conveniente mandarne copia al Giudice Tutelare per attivarne l’azione di controllo. In caso di risposta negativa, il ricoverato può presentare richiesta di revoca direttamente al Tribunale, chiedendo al contempo la sospensione immediata del TSO e delegando una persona di sua fiducia per rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale.
2) Seppure non possiamo rifiutare le cure, abbiamo senz’altro diritto di essere informati sulle terapie che ci sono somministrate e di poter scegliere su un ventaglio di proposte diverse. In ogni caso, è conveniente, ove le terapie somministrateci ci risultino particolarmente invasive, presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida ai sanitari rispetto alla somministrazione di terapie che si ritengano lesive, chiedendo che venga inserita nella nostra cartella clinica.
3) Anche se ci viene fatto credere il contrario, il TSO non giustifica la contenzione o la violenza fisica ai danni di chi vi è sottoposto. L’uso della forza deve essere sempre legato alle esigenze terapeutiche e non travalicare il rispetto della dignità e dell’integrità fisica della persona. Non è quindi legalmente ammissibile l’uso punitivo della contenzione, le violenze fisiche e verbali degli infermieri, l’essere legati per un periodo superiore a quello necessario alla somministrazione di una terapia… Queste situazioni vanno e possono essere denunciate alla magistratura.
4) Abbiamo diritto di comunicare con chi riteniamo opportuno. In questo senso non è ammissibile una selezione da parte del personale dei soggetti autorizzati a entrare in contatto con noi. Ciò è molto importante perché gli operatori tendono a limitare l’accesso a coloro che possono darci una mano a praticare i nostri diritti. In questo senso è importante per coloro che sono a rischio di TSO rivolgersi alla sede di telefono viola più vicina e sottoscrivere la Procura contro i trattamenti psichiatrici coatti e l’elettroshock. La procura è un atto con il quale affermiamo le nostre volontà rispetto alle cure psichiatriche e diamo mandato ai soci del Telefono Viola di farle valere.
Il TSO, come abbiamo detto, ha la durata di 7 giorni. Alla scadenza il responsabile del reparto deve comunicare al Sindaco se ritiene necessario prorogare il trattamento obbligatorio. In caso contrario la persona viene dimessa, oppure il suo ricovero viene trasformato in “volontario“.
La proroga del TSO avviene attraverso tutti i passaggi di cui abbiamo già parlato (ordinanza del sindaco, convalida del giudice tutelare). Anche nel caso di proroga, va richiesta la notifica per evitare di rimanere rinchiusi in reparto pur risultando formalmente volontari.
Aldilà di quello che ci lasciano a volte credere, nessuno ‘firma’ per la nostra scarcerazione, né è necessario che qualcuno ci accompagni o si prenda la ‘responsabilità’ per noi. Chi viene ricoverato (o si ricovera) in psichiatria non è una persona incapace e interdetta, per cui mantiene tutti i diritti e doveri di qualsiasi altro utente della struttura sanitaria.
Una volta venuto meno il TSO, per scadenza dei termini, revoca o altro, possiamo chiedere di essere dimessi in ogni momento e tale richiesta non può essere disattesa senza integrare gli estremi di reato del sequestro di persona.
Per le strategie, i moduli e le prassi di autodifesa vedi la sezione come difendersi.
Tratto da: http://isole.ecn.org/antipsichiatria/autotutTSO.html
La mascherina è un TSO, Trattamento Sanitario Obbligatorio, vedi qui:
https://www.oltre.tv/avvocato-prisco-mascherine-tso-illegale-multe/
Commento NdR: quello che è GRAVISSIMO è che il T.S.O. venga utilizzato e quindi applicato anche per il rifiuto dei genitori alle vaccinazioni, affievolendo con il Tribunale dei Minori la patria potestà ed effettuando la vaccinazione coatta dei figli, per mezzo dei Carabinieri, malgrado che la Corte Costituzionale abbia sentenziato:
T.S.O. = “Perché un determinato trattamento sanitario possa essere imposto come obbligatorio dalla legge, saranno necessari non solo l’assenza di rimedi alternativi, ma soprattutto che lo stesso sia in grado di assicurare, allo stato delle conoscenze scientifiche, un miglioramento o quanto meno la conservazione della condizionedi salute di chi vi è assoggettato oltre che degli altri consociati. E seppure l’obbligo, ricadente su ciascun individuo, di sottoporsi ad un trattamento sanitario sarebbe accettabile pure a costo di qualche “rischio specifico” di contagio, esso non potrebbe mai postulare il “sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri” (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990).
vedi: GUIDA all’AUTO DIFESA + T.S.O. Trattamento Sanitario obbligatorio (stampa alternativa) + MINISTERO “SALUTE” informato sui Danni dei Vaccini +DIRITTI dell’UOMO + DITTATURA SANITARIA + Diritti Traditi 1 + Diritti + DANNI dei VACCINI + Falsita’ della medicina ufficiale + Pubblico Credulone + Le case farmaceutiche ingannano i medici e questi danneggiano i malati + I medici sono una minaccia
Tribunale Ordinario di Torino (Opposizione al TSO) – Legge 13 maggio 1978, n. 180
” Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori ” (1) – pubblicata nella Gazz. Uff. 16 maggio 1978, n. 133.
Art. 5
Tutela giurisdizionale.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.
Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma dell’articolo 3, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Il presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico ministero.
Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione.
Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo aver assunto informazioni e raccolte le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti.
I ricorsi ed i successivi procedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non è soggetta a registrazione.
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SEGNALAZIONE di UNO dei diversi casi che avvengono in Italia di applicazione del TSO CONTRO la volontà del soggetto.
Ho letto nel Web il Vostro link a questa pagina, riguardante il trattamento sanitario obbligatorio e, a questo proposito, vorrei rendervi noto il fatto che sono stata sottoposta a ricovero coatto più di una volta e in nessun caso mi è stata concessa la possibilità di oppormi ne’ tramite avvocati, ne’ in altro modo. Sono quindi molto allarmata , dato che temo che la cosa possa ripetersi e causarmi altri danni in più ,peggiorandomi quelli che ormai grazie a ciò che è accaduto, gia’ ho subito.
Il problema in casi come il mio, non è solo quello di non potersi ne’ opporre, ne’ difendere, ma soprattutto, quello di non riuscire mai a venire a capo dei”promotori dell’intervento”.
Una delle ultime volte mi sono difesa minacciando un esposto, che poi, alla fin fine è arrivato solo al mio amministratore di sostegno
– Avv. E. F. – (altro “provvedimento” preso nei miei confronti senza né chiedere il mio parere, né, come è evidente, rispettare la mia volontà).
Allego a questa lettera il link che ho trovato su facebook riguardante appunto il TSO e gli altri provvedimenti voluti dalla Dittatura Sanitaria e Psichiatrica.
Mando questa lettera a voi e alla mia amministratrice di sostegno, oltre che al Dott. M., ossia il medico che, a suo tempo, mi ha periziata (sotto effetto psicofarmaci – non vi sto a spiegare come mi avevano ridotta).
Vorrei che fossero presi dei seri provvedimenti affinché quello che è successo a me non succeda più a nessuno.
Spero che, mettendomi e mettendovi in contatto, possiamo incontrarci o risolvere la situazione insieme in modo da modificare questo scandaloso stato di cose.
By E. V. – Genova
- S. In allegato anche una relazione che sto preparando a questo proposito per l’esame di Stato per l’ Iscrizione all’ albo degli Assistenti Sociali che esame che sosterrò il 27 nov. e che sosterrò ESCLUSIVAMENTE per far sapere il mio pensiero sull’ABOMINIO rappresentato dal sistema dell’Assistenza Sociale .
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La riforma del sistema psichiatrico italiano, che, con la legge 180 del 1978, ha visto l’abolizione dei Manicomi, si è rivelata più verbale che materiale, riguardando solo i luoghi della psichiatria, non i trattamenti e le logiche sottostanti.
Con la chiusura degli Ospedali Psichiatrici si è verificata una trasformazione che ha visto sorgere tutta una serie di piccole strutture preposte all’accoglienza dei vecchi e nuovi utenti della psichiatria, quali case famiglia, Centri di Salute Mentale (CSM), centri diurni, reparti ospedalieri, comunità terapeutiche, ecc, all’interno dei quali continuano a perpetuarsi sia l’etichetta di “malato mentale” sia i metodi coercitivi e violenti della psichiatria. Si sono conservati dispositivi e strumenti propri dei manicomi, quali la gestione del tempo quotidiano, dei soldi, l’obbligo delle cure e il ricorso alla contenzione fisica.
La legge Basaglia non ha intaccato il fenomeno dell’internamento, mantenendo inalterato il principio di manicomialità in base al quale chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato mentale” e rinchiuso. Mentre l’articolo 32 della Costituzione sancisce il diritto alla libera scelta del luogo di cura e la volontarietà delle cure mediche, con la legge 180 e la successiva 833 si sono stabiliti dei casi in cui il ricovero può essere effettuato indipendentemente dalla volontà dell’individuo: è il caso del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e dell’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio).
Nel 1982 la popolazione dei degenti psichiatrici era calcolata intorno ai 24.118 persone. Nel 1914 tale cifra raggiunse i 54.311 individui, per impennare ancora toccando, nel 1934, gli 80.000 internati. Su queste stime si mantenne fino al 1971, anno in cui cominciò a decrescere gradualmente fino a raggiungere nel 1978 i 54.000 internati, con un movimento annuo di ricoverati che ammontava a circa 190.000 persone. Nel 1978 esistevano in Italia un centinaio di istituti (Ospedali Psichiatrici Provinciali) con una capacità di circa 80.000 posti letto.
Oggi il numero degli internati nel sistema post-manicomiale è difficilmente calcolabile perché con l’introduzione del TSO il flusso in entrata ed in uscita dai reparti nell’arco dell’anno si è fortemente accelerato, mentre la diffusione dei trattamenti psichiatrici extra-ospedalieri è enorme e riguarda ormai più di 600.000 persone.
Il regime terapeutico imposto dal TSO ha una durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all’interno di reparti psichiatrici di ospedali pubblici. Deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO sia rinnovato oltre i 7 giorni.
La legge stabilisce che il ricovero coatto può essere eseguito solo se sussistono contemporaneamente tre condizioni: l’individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, l’individuo rifiuta la terapia psichiatrica, l’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero. Subito ci troviamo di fronte ad un problema: chi determina lo “stato di necessità” e l’urgenza dell’intervento terapeutico? E, in che modo si dimostra che il ricovero ospedaliero è l’unica soluzione possibile?
Risulta evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano, di fatto, al giudizio esclusivo ed arbitrario di uno psichiatra, giudizio al quale il Sindaco, che dovrebbe insieme al Giudice Tutelare agire da garante del paziente, di norma non si oppone.
Per la persona coinvolta l’unica possibilità di sottrarsi al TSO sta nell’accettazione della terapia al fine di far decadere una delle tre condizioni, ma è frequente che il provvedimento sia mantenuto anche se il paziente non rifiuta la terapia.
Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.
Spesso il paziente non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario). Persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO. La funzione dell’ASO è generalmente quella di portare la persona in reparto, dove sarà poi trattenuta in regime di TSV o TSO secondo la propria accondiscendenza agli psichiatri. Esemplificativa la vicenda di M. R., condotto al CSM di Livorno per un ASO il 30 Gennaio 2008: M. in quella occasione accettò il ricovero volontario per non incorrere in un TSO, ma il 6 Febbraio, alla sua richiesta di uscire, gli venne notificato un TSO che lo costrinse a rimanere in reparto per altre due settimane.
L’obbligo di cura oggi non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione.
L’attuale situazione è frutto non solo del potere psichiatrico e della totale mancanza di informazioni in merito all’istituzione psichiatrica, ma anche delle pressioni e intimidazioni più o meno dirette che le persone finiscono per subire in ambito familiare e sociale.
Un altro dato non può essere tralasciato: il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si raggiunge durante una settimana di TSO ha pochi eguali. Il ricovero coatto rimane un atto di violenza e rappresenta un grande trauma per chi lo subisce. Insieme al bombardamento farmacologico che mira ad annullare la coscienza di sé della persona e a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere, per i pazienti considerati “agitati” si ricorre ancora all’isolamento e alla contenzione fisica.
Riprovevole la vicenda del Giugno 2006 che vide G. Casu, un venditore ambulante ricoverato in TSO a Cagliari, morire dopo sette giorni di contenzione fisica e farmacologia. A seguito di questo tragico episodio il primario del reparto è stato sospeso dall’incarico e rinviato a giudizio per omicidio colposo insieme ad una collega psichiatra.
Purtroppo i casi di morte in TSO non sono pochi. Volendone citare alcuni ricordiamo E. Idehen, morto nel Maggio 2007 a Bologna: l’uomo si era sottoposto volontariamente alle cure, ma alla richiesta di andare a casa i medici decisero per il TSO facendo intervenire la polizia alle sue insistenze; la versione ufficiale sul decesso parla di una crisi cardiaca avvenuta mentre infermieri e poliziotti tentavano di portare l’uomo nel letto di contenzione. Nel Giugno 2007 a Empoli segue la morte per arresto cardiocircolatorio di Roberto Melino, un ragazzo di 24 anni: il giovane era entrato in reparto in TSV, tramutato, come nel caso precedente, in TSO alla richiesta di andare a casa; resta da chiarire se il decesso sia avvenuto per cause naturali o in seguito alla somministrazione di qualche farmaco.
By Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud Pisa – Tratto da: senzasoste.it – antipsichiatriapisa@inventati.org
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T.S.O. è una rubrica che “l’Incompatibile” dedica alla conoscenza di una delle tecniche e delle pratiche più autoritarie della psichiatria attuale.
Come sempre, anche se siamo contrari per partito preso, dalla parte della libertà degli individui, ad ogni trattamento autoritario, avesse pure le caratteristiche della “terapia”, quando a quel trattamento la persona non è d’accordo né consenziente, non ci porremo nei riguardi della problematica da un punto di vista ideologico.
La rubrica mira a:
– conoscere il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio);
– sviluppare un dibattito contro il TSO;
– dare spazio alle denuncie di chi ha subito la vessazione del T.S.O.;
– farsi portavoce di tutte quelle lotte contro il T.S.O. come uno dei momenti più autoritari della psichiatria attuale, destinata alla Tutela della Salute Mentale.
L’obiettivo della rubrica vuole essere quello dell’abolizione di ogni autoritarismo della medicina di cui il T.S.O. psichiatrico è una delle massime ma non unica espressione, dell’abolizione quindi dello stesso T.S.O.
Ci aspettiamo la massima collaborazione da parte di chi è per un qualche motivo interessato ad una lotta di dignità degli individui e di libertà.
By La Redazione di: incompatibile.altervista.org
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Come funziona il TSO e cosa si può fare per difendersi ?
Compendio di informazioni utili a comprendere meglio come funziona il Trattamento Sanitario Obbligatorio in Italia, quali sono i diritti di una persona che subisce un TSO e come farli valere .
Le leggi sul ricovero forzato sono state utilizzate in tutto il mondo per giustificare vari tipi di soprusi: finanziario, sessuale, politico, per profitto commerciale, eredità e addirittura per la sicurezza del governo. Come CCDU credamo che esse siano una privazione dei Diritti Umani e Costituzionali.
Nota: Da segnalare che, nel giugno 2012, il Tribunale Federale tedesco ha vietato il Trattamento Sanitario Obbligatorio in psichiatria. ( 1 )
Cos’è il TSO ?
TSO significa Trattamento Sanitario Obbligatorio , ovvero quando una persona viene sottoposta a cure mediche contro la sua volontà (legge del 23 dicembre 1978, articolo 34). In pratica, tranne alcune rarissime eccezioni, si verifica solo in abito psichiatrico, attraverso il ricovero (forzato) presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici.
( SPDC – Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura ).
Le motivazioni del Trattamento Sanitario Obbligatorio
La legge stabilisce che si può attuare il TSO a sole due condizioni:
– La persona necessita di cure (secondo i sanitari che l’hanno visitata) e le rifiuta.
Di fatto il TSO viene messo in atto quando la persona appare pericolosa per sé o per gli altri, in soggetti che manifestano minaccia di suicidio, minaccia o compimento di lesione a cose e persone, rifiuto di comunicare con conseguente isolamento, rifiuto di terapia, rifiuto di acqua e cibo.
Può accadere anche che una persona disturbata psichicamente, un tossicodipendente in crisi di astinenza, un alcoldipendente… assumano dei comportamenti imprevedibili o violenti.
In queste situazioni spesso i familiari conviventi o i vicini di casa, qualora la persona sia in terapia presso uno psichiatra, chiedono aiuto allo psichiatra del servizio, oppure nel caso la persona non lo fosse, chiamano direttamente l’ambulanza e/o i vigili o i carabinieri.
La legge stabilisce anche un’esatta procedura che deve essere seguita al fine di mettere in atto il TSO.
Chi dispone il TSO
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è disposto con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, del Comune di residenza o del Comune dove la persona si trova momentaneamente.
Egli emana l’ordinanza di TSO solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:
– la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
– gli interventi proposti vengono rifiutati;
– non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Tutte e tre le condizioni devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico, che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi altro medico e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica (generalmente uno psichiatra della ASL).
La legge non prevede che i due medici debbano essere psichiatri.
Le certificazioni oltre a contenere l’attestazione delle condizioni suddette che giustificano la proposta di TSO, devono motivare la situazione concreta: non devono limitarsi a enunciare le tre condizioni né si devono usare prestampati; in pratica la proposta di TSO deve essere (anche se in breve) motivata.
Ricevute le certificazioni mediche, il Sindaco ha 48 ore per disporre, tramite un’ordinanza, il TSO facendo accompagnare la persona dai vigili e dai sanitari presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura.
In un primo momento la persona viene invitata a seguire vigili e sanitari nel reparto ospedaliero, se si rifiuta viene prelevata con la forza, messa in ambulanza e trasferita al reparto ospedaliero. In teoria la legge fornisce il diritto alla persona di scegliere il reparto dove essere ricoverato.
Nessuno può essere trattenuto contro la sua volontà presso strutture sanitarie o nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura a meno che non sia soggetto ad un provvedimento di TSO.
Il Sindaco ha poi l’obbligo di inviare l’ordinanza di TSO al Giudice Tutelare (entro 48 ore successive al ricovero) per la convalida e il Giudice convalida il provvedimento entro le 48 ore successive (legge 180, art. 3 comma secondo).
Qualora manchi la convalida il TSO decade automaticamente. Il Giudice Tutelare può però anche non convalidare il provvedimento annullandolo.
Quasi mai l’ordinanza del TSO risulta firmata dal sindaco; di solito vi è un Ufficio preposto allo svolgimento della procedura del TSO e un assessore delegato (l’assessore alla sanità; in sua assenza uno qualunque gli altri assessori), che si limita a firmare l’ordinanza.
Il TSO ha per legge la durata di 7 giorni.
Al termine dei 7 giorni, qualora non sia stata presentata dallo psichiatra del servizio una richiesta di prolungamento, il trattamento termina e lo psichiatra, non per forza lo stesso che ha proposto e convalidato il TSO, è tenuto a comunicare al Sindaco la cessazione delle condizioni richieste per l’internamento.
Il Sindaco a sua volta lo comunica al Giudice Tutelare.
Qualora il trattamento venga prolungato, prima della scadenza dei 7 giorni deve essere comunicata al Sindaco una richiesta motivata di prolungamento. Entro 48 ore dal ricevimento della richiesta verrà firmata a nome del sindaco o del suo delegato l’ordinanza di prolungamento, provvedendo a notificarla al Giudice Tutelare nelle 48 ore successive. Il Giudice a questo punto convaliderà o meno il provvedimento e lo comunicherà al sindaco. Nel caso di proroga il paziente deve richiedere la notifica (= comunicazione) per evitare di rimanere chiuso in reparto, risultando ora un ricovero volontario.
Una volta venuto meno il TSO per scadenza dei termini la persona può chiedere di essere dimesso in ogni momento e tale richiesta deve essere esaudita.
Cosa avviene comunemente durante il ricovero:
– comuni violazioni della procedura
– Durante il ricovero l’unica possibilità che ha la persona di sottrarsi al Trattamento Sanitario Obbligatorio è quella di accettare la terapia.
Capita però il provvedimento di ricovero forzato venga mantenuto, nonostante il paziente accetti la terapia.
Anche se la legge impone il ricovero forzato solo in casi eccezionali, come già esposto sopra, la realtà però è diversa:
– Con una certa frequenza i ricoveri coatti (=forzati) vengono fatti senza rispettare pienamente le normative, approfittando del fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle leggi e dei diritti della persona ricoverata. Sovente il paziente viene lasciato all’oscuro del fatto che, allo scadere dei 7 giorni, può lasciare il reparto e così inconsapevolmente viene trattenuto in regime di TSV (= T rattamento S anitario Volontario).
– Ci sono poi pazienti che, quando si recano in reparto sotto TSV, vengono poi trattenuti in TSO nel momento in cui fanno la richiesta di uscire ed andarsene.
Durante la settimana di TSO si assiste ad un terribile stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione ed alienazione da parte del paziente che, oltre a subire un grande trauma, viene sottoposto a pesanti terapie psico-farmacologiche, che non fanno altro che annientarlo come individuo, renderlo “innocuo e docile” agli occhi degli operatori.
Per il paziente che venga ritenuto “ribelle” si ricorre sia alla contenzione fisica che all’isolamento.
Poiché alcuni contestano che questi episodi avvengano o altrimenti affermano che si tratti di rarissimi episodi, in internet potete trovare molte storie che illustrano queste violazioni.
Diritti della persona durante il TSO: come farli valere
– Quando la persona viene ricoverata in Trattamento Sanitario Obbligatorio presso il servizio psichiatrico, i suoi diritti (primo tra tutti quello alla libertà di movimento e di scelta) vengono limitati ed è obbligata a subire passivamente i trattamenti a lei somministrati.
Ma una serie di diritti inalienabili vengono mantenuti:
– La persona può fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Anche gli amici, i familiari, chiunque abbia a cuore la persona ha questa possibilità. La legge infatti dice espressamente che CHIUNQUE può fare ricorso. Ovviamente si può anche far intervenire un avvocato.
Il Sindaco ha l’obbligo di rispondere entro 10 giorni (art. 33 legge 833/78). Se viene presentato il ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, conviene farne pervenire una copia al Giudice Tutelare.
Se la risposta è negativa, il paziente può presentare la richiesta di revoca direttamente al Tribunale (art. 35 legge 833/78), chiedendo contemporaneamente la sospensione immediata del TSO e delegando, per rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale, una sua persona di fiducia.
Benché la persona non possa rifiutare le cure, questa ha il diritto di essere informata sulle terapie a cui viene sottoposta e di scegliere anche tra una serie di proposte alternative. Comunque, nel caso le terapie somministrate siano particolarmente invasive, sarebbe opportuno presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida ai sanitari nei confronti delle terapie che dalla persona vengono considerate lesive e può chiedere ed ottenere di inserire tale comunicazione all’interno della cartella clinica.
Il TSO non giustifica necessariamente la contenzione; mai comunque la violenza fisica. Qualora venga usata la contenzione fisica, questa dovrebbe essere applicata solo in via eccezionale e per un periodo di tempo non superiore alla somministrazione della terapia. L’art 1 della legge 833 del 23 Dic 78 afferma che “la tutela fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona”. L’utilizzo punitivo della contenzione, eventuali violenze verbali e fisiche degli operatori, fatti questi non ammissibili legalmente, sono reati perseguibili penalmente. In tal caso si può presentare una denuncia alla magistratura.
Durante il TSO il paziente ha il sacrosanto diritto di comunicare con chi vuole, anche attraverso telefonate e non è ammissibile, da parte degli infermieri, selezionare le persone che loro ritengono autorizzate ad entrare nel reparto (art.33 legge 833/78)
Terminato il periodo di TSO, non sono necessari né una firma per uscire dal reparto, né la presenza di qualcuno che venga a prendere il paziente, assumendosene la responsabilità, in quanto la persona che viene ricoverata in un reparto psichiatrico non è né incapace né interdetta e conserva tutti i diritti e doveri di chiunque altro. Quindi può chiedere di essere dimessa in qualsiasi momento (legge 180, legge Basaglia del 1978) e questa richiesta deve essere immediatamente esaudita, altrimenti ci si trova di fronte al reato di sequestro di persona. Il TSO decade anche nel caso in cui i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare non abbiano specificato nel provvedimento le motivazioni che hanno reso attuabile il Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Il paziente ha il diritto di comunicare nella sua cartella clinica tutte le informazioni concernenti il suo stato di salute e i trattamenti a cui viene sottoposto.
Il paziente ha inoltre il diritto di sapere i nominativi e le qualifiche di chi opera nel reparto. Ogni infermiere deve avere sul camice un cartellino di riconoscimento.
DeutschlandRadio Zwangsbehandlung in der Psychiatrie verboten 23/10/2012
Tratto da: ccdu.org
Ed ora in Italia altre novità repressive (per ora proposta di legge) : Il Contratto di Ulisse
TSO = TSNEP = Contratto di Ulisse – La violazione di ogni diritto dell’Uomo
vedi: Conflito di interesse+ Conflitti di interesse PDF – 1 + Conflitti di interesse PDF – 2 + Conflitti di Interesse, denuncia del Governo Ii – PDF + CDC – 1 + CDC – 2 + FDA + Conflitti di Interesse, business farmaci e vaccini + Conflitti di interesse dell’AIFA
RICERCA DEVIATA ai MEDICINALI che MANTENGONO la MALATTIA CRONICA.
INTERVISTA al PREMIO NOBEL per la MEDICINA: RICHARD J. ROBERTS. – MEDITATE e CONDIVIDETE !
Il vincitore del Premio Nobel per la Medicina, Richard J.Roberts, denuncia il modo in cui operano le grandi industrie farmaceutiche nel sistema capitalistico, anteponendo i benefici economici alla salute e rallentando lo sviluppo scientifico nella cura delle malattie perché guarire non è fruttuoso come la cronicità.
Visionate questo video, parla un’informatore farmaceutico, sul Business dei Farmaci e Vaccini
http://ildocumento.it/farmaci/il-business-farmaceutico-current.html
vedi anche: ISS + Ministero della salute + EMA + CNR e Corruzione + Consenso Informato
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – Diritti Umani + Dichiarazione di Pechino
10 dicembre 1948 – Assemblea Generale dell’ONU
GERMANIA
La Corte Federale tedesca è stato il primo organismo in Europa a bandire completamente nel 2012 i trattamenti sanitari obbligatori, quale misura socialmente irrilevante e lesìva della dignità dell’uomo.
La legge prevede manicomi chiusi solo per le persone condannate in via definitiva per reati contro la persona. Vi sono altri istituti in cui sono i tribunali sociali, con gli assistenti sociali e un medico, a decidere il ricovero, che va condiviso dai familiari.
Doc. Legale, con RIGETTO e DIFFIDA per Mascherine, Tamponi, controllo temperatura ecc.
Rigetto_diffida_mask-tamponi-temperatura – PDF
Vaccini – Modulo per l’assunzione di responsabilità da parte del medico/pediatra nei confronti del paziente minorenne al quale sia prescritto un vaccino: ModuloVaccinoMinore_OD
Mascherine – Modulo per l’assunzione di responsabilità da parte del datore di lavoro nei confronti del dipendente al quale sia prescritto l’uso della mascherina: ModuloMascherinaLavoro_OD