I MULTI UNIVERSI PARALLELI
Nuova Teoria sull’UniVerso come MATRIOSKA
Scienza – L’Universo e’ come una matrioska
Lo afferma il padre della teoria frattale Luciano Petronero (ANSA)- ERICE, 15 Dic. 2004
L’Universo potrebbe essere una ‘matrioska’ dove le galassie sono all’interno di strutture piu’ estese, di diverse dimensioni ma uguali forme.
Dunque non un Universo omogeneo ma ‘frattale’, un termine utilizzato dagli astrofisici per indicare questa caratteristica. Lo ha annunciato, il padre della teoria dell’Universo frattale, il fisico Luciano Pietronero.
‘A rafforzare l’ipotesi che la distribuzione della materia nel Cosmo sia disomogenea – spiega Pietronero – sono i risultati del progetto Sloan.
http://www.ansa.it/main/notizie/awnplus/scienza/news/2004-12-15_3511174.html
La notizia apparsa sul New Scientist Magazine a fine settembre attesta che non c’è più alcun dubbio, nuove prove matematiche spazzano via le ultime obiezioni in merito alla realtà di molti UniVersi o mondi paralleli definita da alcuni: ripugnante per il senso comune – Luglio 2010
Il Dr Deutch, sempre di Oxford, aveva già dimostrato matematicamente che la struttura simile ad un cespuglio dagli innumerevoli rami creata dall’universo che si separa in altrettante versioni parallele di se stesso può spiegare al meglio la natura probabilistica del risultato quantistico.
Questa dimostrazione finora attaccata ha trovato conferma rigorosa grazie a David Wallace e Simon Saunders che hanno dichiarato: “Abbiamo chiarito gli ultimi punti oscuri e siamo giunti ad un ben chiaro verdetto che ci porta ad affermare con autorevolezza che il lavoro di Everett funziona”.
Secondo l’audace osservazione di Everett infatti l’UniVerso è in costante ed eterna divisione, quindi non c’è nessun collasso d’onda (o di realtà) bensì ogni possibile risultato a seguito di una misurazione sperimentale accade in un diverso universo parallelo.
Ogni volta che c’è un evento a livello quantistico – il decadimento di un atomo radioattivo – per esempio, o una particella di luce che avvolge la retina – si suppone che l’UniVerso si divida in tanti UniVersi o mondi differenti.
A questo proposito Scienza e Conoscenza N° 18 ha intervistato l’estate scorsa Lev Vaidman, una delle autorità mondiali del settore.
Da allora, le ultime scoperte sembrano sottrarre completamente la teoria dei “molti mondi” dalla sfera metafisica per farla entrare a tutti gli effetti tra i più importanti sviluppi del mondo della scienza. Per il linguaggio, anche per il più poetico, è difficile spiegare un paradosso, per un’equazione matematica no.
Chi si ricorda il film Sliding doors ?
Un rompicapo fantasioso ? Non si direbbe. Secondo la matematica quantistica sembra facilmente inscrivibile in un’equazione, tra le più scientifiche.
Questa intervista ci permette candidamente di scivolare nella sobrietà e eleganza matematiche dei molti mondi, verso un’interpretazione della meccanica dei quanti degna di una pellicola hollywoodiana. E, di una scuola scientifica, tra le più ortodosse.
Provate ad immaginare: vi trovate di fronte a una scelta da compiere e qualcosa, magari una telefonata o un ingorgo stradale, interviene a farvi intraprendere una strada piuttosto che un’altra. Immaginate che in quel preciso momento il vostro mondo si divida in due, uno stesso passato e due futuri, chissà anche molto diversi. Immaginate che questo capiti molte e molte volte e che una miriade di mondi popolino il nostro UniVerso. Ricorda molto la trama di un film, ma questa è la conseguenza esperienziale di una rigorosa teoria matematica, la Teoria dei Molti Mondi, appunto.
Si tratta di un’interpretazione della meccanica quantistica di cui il fisico israeliano di fama internazionale Lev Vaidman, che abbiamo intervistato durante un suo soggiorno in Italia, è uno dei più importanti sostenitori. Con lui abbiamo parlato dell’origine e degli sviluppi, della forza e delle debolezze di una teoria che riesce a conservare il formalismo originario della fisica dei quanti eliminando il più problematico dei suoi postulati: il collasso d’onda.
SeC: La Teoria dei Molti Mondi non è nuova, il primo a introdurla fu Hugh Everett nel 1957. Ma la sua popolarità tra i fisici sta crescendo solo di recente. Forse è bene ricordare ai lettori di cosa parliamo.
Cosa si intende con Many-Worlds Interpretation (MWI) ?
Lev Vaidman: Si intende una teoria fisica, in grado di dare spiegazione della nostra esperienza con un formalismo matematico molto “economico” ed elegante, che non cambia le leggi di base della meccanica quantistica. L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo. Questi mondi prendono inizio ogni volta che avviene un esperimento quantistico, in un laboratorio di fisica come nella vita di tutti i giorni.
L’esperimento, ad esempio lo sfarfallio incerto di una luce al neon, ha diversi risultati possibili, la cui probabilità si dice non-zero.
Noi ci accorgiamo unicamente del verificarsi di uno dei risultati possibili, quello che si avvera nel mondo che osserviamo (la luce si accende in un determinato momento), ma secondo la MWI tutti i risultati possibili si realizzano, ognuno in un mondo differente. In tal senso questa interpretazione della meccanica quantistica si può dividere in due parti: una teoria matematica rigorosa e una spiegazione delle nostre esperienze alla luce di questa teoria e in correlazione con il concetto di stato quantico dell’Universo, ossia della funzione d’onda che lo descrive.
Perciò è dalla teoria matematica che prende le mosse l’interpretazione dei Molti Mondi. Lei la definisce una teoria estremamente economica ed elegante.
Da che cosa è nata l’esigenza di un nuovo formalismo matematico ?
Lev Vaidman: E’ importante comprendere il fatto che il formalismo della meccanica quantistica, le equazioni quantistiche, danno una rappresentazione della realtà che corrisponde a quella dei molti mondi. Una realtà nella quale in un esperimento quantistico tutti i risultati possibili si avverano.
Questo è stato chiaro fin dagli inizi della fisica dei quanti, ma l’idea è sempre stata considerata tanto assurda e in palese contraddizione con l’osservazione sperimentale da pretendere l’introduzione del postulato del collasso: l’esito di un esperimento quantistico non è determinato dalle condizioni iniziali dell’Universo prima dell’esperimento, ma solo le probabilità sono governate dallo stato iniziale. Ecco “spiegato” il perché osserviamo l’avverarsi di uno solo dei risultati possibili.
Nel corso degli anni i fisici sono stati, però, molto scontenti di questo postulato e hanno provato a risolvere il problema modificando oppure aggiungendo qualcosa alla meccanica quantistica (definendo il collasso come un effetto casuale genuino, o introducendo l’ontologia delle traiettorie della particella bohmiana).
Dal mio punto di vista questi tentativi non hanno avuto molto successo. Al contrario la teoria dei Molti Mondi si presenta come una proposta per rimanere fedeli alla meccanica quantistica, così come è nata originariamente senza bisogno del postulato del collasso, e quindi consente di ammettere le conseguenze filosofiche di questa teoria, ossia che ci siano mondi paralleli in ognuno dei quali si avvera uno e uno solo dei possibili risultati di un esperimento quantistico. Non ci sono evidenze sperimentali in favore della teoria del collasso e contro la teoria dei Molti Mondi. La MWI è una teoria deterministica per un universo fisico e spiega perché il (o, meglio, un) mondo appare non deterministico agli osservatori umani.
vedi: Cosmologia Cosmogonia + PFD: Universo e la teoria delle stringhe
Buchi neri dell’Universo simili a quelli atomici – vedi PDF studio-ricerca di fisici
In base a che cosa si crea un nuovo mondo ? Ossia, qualsiasi possibilità si trasforma in un mondo e quindi si realizza ?
Lev Vaidman: Non tutti i mondi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che vengono associati a questo esperimento. Per proseguire nell’esempio di prima, potrà accadere che io sia condizionato da una luce al neon rotta che si accende e si spegne, e questo evento potrà cambiare o ritardare una mia scelta. Questo è un evento quantistico e provocherà una separazione e la nascita di mondi distinti.
Perché avvenga questa separazione abbiamo bisogno di una situazione fisica particolare che ne sia causa.
La meccanica quantistica ci assicura che ci sono un certo numero di esiti per un esperimento, ma non ci assicura del fatto che io sia sufficientemente forte o sufficientemente convinto di dare atto a qualcosa, pur se nell’esperimento i diversi esiti sono previsti. Se non sono sicuro di poter dividere il mio mondo in due strade distinte, probabilmente io non darò seguito all’esistenza di entrambe queste strade. Quello che io non posso fare è fermare questo dispositivo quantistico e gli esiti che può dare.
Si tratta senz’altro di comprendere un nuovo significato dei termini fondamentali utilizzati per descrivere l’Universo dal punto di vista della MWI. Cerchiamo di capire più a fondo: che cos’è Un Mondo e dove si collocano i Molti Mondi ?
Lev Vaidman: La fisica descritta dall’equazione di Schrödinger, che riassume il formalismo dei Molti Mondi, dovrebbe mettere in connessione l’interpretazione matematica con la nostra esperienza. Ma, in effetti, non esiste un linguaggio adeguato ed è perciò necessario aggiungere delle spiegazioni. Per definire Un Mondo nella MWI si può far ricorso alla definizione basata sul comune punto di vista condiviso dagli esseri umani: Un Mondo è la totalità degli oggetti macroscopici in uno stato definito, descritto classicamente.
Ciò, però, non implica che Un Mondo possa essere descritto come “tutto ciò che esiste”, perché “tutto ciò che esiste” è l’Universo tridimensionale, il solo Universo fisico che esiste. L’ontologia di questo Universo in termini di meccanica quantistica è uno stato quantistico. Viene frequentemente chiamato come funzione d’onda quantistica e questa funzione d’onda quantistica è lo spazio delle configurazioni. Lo spazio delle configurazioni è la moltiplicazione dello spazio usuale per molte variabili, molte particelle. Quindi c’è ancora un significato per il nostro spazio normale tridimensionale, possiamo chiederci che cosa sta succedendo in una particolare area, in un particolare spazio.
Ma siccome ugualmente le particelle che ci sono in questa zona possono essere intrecciate, entangled, con le particelle di un’altra zona, dunque non ci potrà essere una descrizione di una particolare area in termini di stato puro quantistico.
Per la fisica la località è molto importante. Se tu fai qualcosa in un posto, niente potrà cambiare in un altro. Questo è a livello dell’universo fisico.
Questi mondi di fatto sono una particolare decomposizione della funzione d’onda dell’Universo.
Non sono locali perché sono presenti dappertutto. Dove si collocano i Molti Mondi ?
Stanno tutti nel nostro spazio tridimensionale e vivono in parallelo. Ogni parte della funzione d’onda sente tutto lo spazio. E ce ne sono alcuni che tra loro sono davvero molto differenti.
Quanto differenti ? Non posso trattenermi dal domandare se in uno degli altri mondi io potrei essere completamente diversa da quella che sono in questo mondo.
Lev Vaidman: Ognuno di noi può esistere in un mondo e non esistere in un altro e quindi presentarsi o meno come osservatore di questo mondo.
Ci può essere un particolare evento quantistico per il quale questo osservatore viene creato mentre in un altro mondo non lo sarà. Potrebbe essere un evento quantistico che cambia il mio percorso da un punto a un altro. In uno di questi mondi incontro una donna e metto al mondo dei figli, mentre in un altro non lo faccio o lo faccio in un momento molto posteriore. Quando, un osservatore compie una qualsiasi misura abbiamo una divisione in due storie diverse. Se possiamo inserire queste storie diverse nella funzione d’onda più generale abbiamo, allora, più mondi diversi. Di fatto un mondo è una particolare storia. Mondi differenti corrispondono a storie differenti.
Tutti gli oggetti possono trovarsi in posti differenti e se sono nello stesso posto appartengono anche alla stessa storia.
Non posso avere esperienza di questo, ma posso crederlo. Se ricordo di aver fatto un particolare esperimento quantistico, con la convinzione di fare un esperimento con un certo esito ed un altro con un esito diverso, io sono abbastanza sicuro che c’è un altro me in un mondo parallelo. Questo mondo che osservo non è più reale di un altro.
Che cosa vuole dire IO nell’ambito della MWI ? Come posso ancora parlare della mia identità ?
Lev Vaidman: Nel linguaggio usuale io sono definito in maniera molto precisa: io sono un oggetto macroscopico, definito in un particolare momento di tempo, attraverso una descrizione completa e classica dello stato del mio corpo e del mio cervello.
Ma nell’interpretazione dei Molti Mondi quello che io sono ora, tra qualche minuto, quando farò l’esperimento quantistico, si dividerà in due IO, che avranno in comune solo il ricordo di quel momento e del prima, non il futuro.
Ora che senso ha dire che ci sarà un altro IO o chiedersi quale dei due IO mi apparterrà di più ? Già in questo momento ci sono molti Lev in molti mondi diversi e neppure la loro somma rappresenta il concetto di IO, benché io corrisponda a tutti quei Lev.
E’ chiaro che in quest’ottica si deve abbracciare la critica al concetto di identità personale.
Qual è in questa teoria il ruolo della dimensione temporale ?
Lev Vaidman: Nella meccanica quantistica, il tempo è un parametro, e si comporta senza proprietà particolari. E’ lo stesso tempo per questo grande UniVerso fisico e per ciascuna parte di questo UniVerso rappresentato dai Molti Mondi. Se voglio andare a una teoria fisica più generale che tenga conto ad esempio della gravità quantistica e comunque voglia rispondere anche ad altre domande, in questo caso dovrei cambiare il mio atteggiamento nei confronti del tempo.
Ma nel quadro della meccanica quantistica e dell’interpretazione dei Molti Mondi il tempo non è un problema.
Nella meccanica quantistica c’è un tempo che va da meno infinito a più infinito, ed è rilevante per la funzione d’onda associata a tutto l’Universo. La funzione d’onda è decomposta, secondo un certo criterio, in tanti rami che corrispondono ai diversi mondi.
E quindi quello che succede col tempo è che alcuni di questi rami si dividono ulteriormente. Ci saranno pertanto alcuni mondi che nascono in un particolare momento e che non esistono in un altro momento. Il collasso è una separazione di mondi.
Nel momento del collasso ciascuno di questi mondi inizia la sua evoluzione a partire da quel momento.
Risulta difficile capire il peso delle nostre scelte in un UniVerso in cui tutti i risultati possibili (o quasi) accadono. Quale metro di valutazione resta per indirizzare i nostri comportamenti ?
Lev Vaidman: In effetti ci si può domandare come dovrebbe agire chi crede nella teoria dei Molti Mondi. Di fatto in questa teoria il concetto di probabilità non ha significato perché tutte le possibilità avvengono: si tratta di una teoria deterministica, non c’è casualità né ignoranza (i due elementi che definiscono la probabilità).
Questo potrebbe portare ad un comportamento del tutto irrazionale o all’incapacità di compiere delle scelte. A mio parere la questione va risolta introducendo il concetto di misura di esistenza. In un qualsivoglia esperimento quantistico, pur nella convinzione che tutti i risultati si verificheranno, si può definire l’incidenza di un risultato rispetto a quella di un altro. Un risultato con una maggiore incidenza corrisponderà ad un mondo con una maggiore misura di esistenza.
Abbiamo già detto che io sono strettamente legato a tutti i miei “successori” che si divideranno a seguito di un esperimento quantistico.
Questo vuol dire che dovrò preoccuparmi della sorte che toccherà a tutti i Lev dei mondi che si creeranno proporzionalmente alla loro misura di esistenza. Cercherò di favorire il mondo con misura di esistenza più grande, senza però dimenticarmi dei mondi meno importanti.
Non si torna così a reintrodurre di fatto il concetto di probabilità ?
Lev Vaidman: C’è una seria difficoltà con il concetto di probabilità nel contesto della MWI. In una teoria deterministica, quale è la MWI, il solo possibile significato di probabilità è una probabilità di ignoranza, ma non ci sono informazioni rilevanti delle quali un osservatore che si sta accingendo a fare un esperimento quantistico sia ignorante. Non ha senso domandare quale probabilità ci sia che il risultato sia A o B, perché io corrisponderò ad entrambi i Lev: quello che osserva il risultato A e quello che osserva il risultato B. Ho tentato di risolvere il problema costruendo una probabilità di ignoranza nel quadro della MWI.
I mondi che si creano a seguito di un esperimento quantistico, si formano prima che l’osservatore si accorga del risultato.
Ciò diventa più comprensibile nel caso in cui all’osservatore venga dato un sonnifero immediatamente prima dell’esperimento.
Quando si sveglia certamente l’osservatore si troverà di fronte al risultato A o al risultato B, ma prima di aprire gli occhi sarà ignorante riguardo a questo fatto nel momento in cui gli viene posta la domanda. Ora la “probabilità” di un risultato di un esperimento quantistico è proporzionale al totale delle misure di esistenza di tutti i mondi che si realizzano.
Così posso definire la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico, che deve essere ancora fatto, come la probabilità di ignoranza del successore di Lev riguardo all’essere in un mondo con un particolare risultato. L’argomento del sonnifero non riduce la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico al concetto usuale di probabilità del contesto classico.
La situazione quantistica è fondamentalmente differente. L’argomento semplicemente spiega il principio di comportamento al quale uno sperimentatore si deve affidare: agire come se ci fosse una certa probabilità per risultati diversi.
Dal momento che, come si è detto, lo sperimentatore è strettamente legato a tutti i suoi successori e, tutti loro vivranno come rilevante ogni risultato della scelta dello sperimentatore.
Esiste la possibilità di un collegamento tra i Molti Mondi ? E qualora fosse possibile si tratterebbe di una connessione locale o non-locale ?
Lev Vaidman: Per le situazioni pratiche i mondi, dal punto di vista macroscopico, sono mondi diversi e quindi evolveranno separatamente. Solo teoricamente è possibile costruire un esperimento gedanken in cui riunire i mondi.
Per farlo sarebbe necessario causare un’ulteriore divisione tra questi mondi. Poniamo di avere i mondi A e B. Dovremmo dividere il mondo A in C e D e dividere il mondo B in C e in un qualsiasi altro mondo. Almeno un mondo dovrebbe essere comune.
Allora i due mondi separati potrebbero fare interferenza. Il problema è che, però, nel caso degli oggetti macroscopici separati è estremamente difficile, per non dire attualmente impossibile, farli interferire. Se abbiamo avuto successo fino ad oggi a stabilire interferenza, ciò è stato possibile solo con molecole che sono composte al massimo da 70 atomi.
Un corpo macroscopico ha 1020 atomi. Comunque ipotizzando di poter fare interferire due oggetti macroscopici, bisogna ricordare che il singolo mondo è un concetto non locale, mentre l’Universo è locale. Avremmo bisogno di portare un oggetto macroscopico in un punto comune in ciascuno dei due mondi. Proprio qui dovrebbe avvenire l’ulteriore separazione.
Ciascun atomo, e molecola, dei due oggetti macroscopici dei due mondi dovrebbe mantenere la stessa posizione.
Questo processo avverrebbe in tutta la zona in cui l’oggetto esiste e quindi anche localmente tutti i punti dovrebbero essere uguali. Quando si dividono due mondi dal punto di vista dell’UniVerso c’è un forte effetto entanglement, perché tutte le particelle che erano presenti nello stesso punto, sono ora separate.
Tutte le particelle del corpo sono “intrecciate” (entangled) alle loro corrispondenti e noi abbiamo bisogno di separarle nuovamente.
Questo entanglement deve essere distrutto almeno in un ramo per tornare allo stesso mondo, per creare interferenza tra i mondi. Se voglio tornare ad un solo mondo devo ripercorrere il processo al contrario, attuando una evoluzione che riporti i due mondi al punto iniziale.
Il suo approccio è senz’altro molto ortodosso e legato alla forza del formalismo matematico, ma ugualmente si spinge in regioni in cui il limite tra scienza e filosofia è molto labile. Quale la relazione tra fisica e metafisica ?
Lev Vaidman: In effetti ci muoviamo lungo questo limite. La mia ricerca ha a che fare con la metafisica, che non considero una brutta parola.
Quando ragioniamo in termini di MWI, se pur descrivendo una realtà apparentemente lontana dal nostro modo di vedere il mondo, riusciamo a spiegare esperienze e paradossi che altrimenti restano inspiegabili. E riusciamo a farlo attraverso un formalismo matematico, il più economico ed elegante possibile.
Tratto da: ufoplanet.ufoforum.it – Fonte Scienza & Conoscenza n° 8.
Il cosmo prima del Big Bang
Secondo una ricerca, le onde concentriche scoperte nella radiazione cosmica di fondo sarebbero una prova a favore del modello “ciclico” dell’universo. Ma la teoria resta minoritaria tra gli astrofisici.
Un’infinita sequenza di universi che si “riciclano” l’uno nell’altro, di cui il nostro non sarebbe che il più recente.
Questa teoria, controcorrente rispetto al modello cosmologico prevalente tra gli scienziati, avrebbe ricevuto una prima conferma sperimentale, secondo uno studio condotto da Roger Penrose, uno dei fisici matematici più noti e controversi, assieme a Vahe Gurzadyan dell’Istituto di Fisica di Erevan, in Armenia.
Analizzando la radiazione cosmica di fondo, o CMB (Cosmic Microwave Background, la radiazione elettromagnetica residua del Big Bang che permea tutto l’universo nello spettro delle microonde) Penrose e Gurzadyan hanno notato degli “anelli”, simili ai cerchi concentrici generati da un sasso in uno stagno, all’interno dei quali la temperatura è più uniforme che nel resto della CMB. L’ipotesi degli studiosi è che siano le tracce delle collisioni tra buchi neri avvenute in un universo precedente.
Quando due buchi neri si scontrano, emettono onde di energia dette onde gravitazionali, tanto più numerose e potenti quanto più massicci sono i buchi neri. Le onde gravitazionali distorcono la trama dello spazio tempo e, secondo Penrose e Gurzadyan, lasciano traccia del loro passaggio in forma di anelli concentrici. Quelli scoperti nella radiazione cosmica di fondo sarebbero quindi “sopravvissuti” dell’universo precedente, finestre che, scrivono gli autori, ci permetterebbero “di sbirciare al di là del Big Bang”.
Come facciano queste onde a sopravvivere a un Big Bang appare poco chiaro anche ad astrofisici affermati. “Questa parte mi lascia perplesso”, dice ad esempio James Zibin, della University of British Columbia, in Canada. “Mi sembra bizzarro che gli effetti di queste onde possano sopravvivere a tutte queste transizioni. È uno dei tanti dettagli ancora da chiarire”.
Il riciclaggio degli universi
Lo studio, pubblicato su arXiv.org, il prestigioso archivio di articoli scientifici non ancora sottoposti a revisione gestito dalla Cornell University, è un nuovo tassello del modello di universo ciclico che Penrose sta sviluppando da diversi anni.
Secondo questa teoria, prima del Big Bang da cui è nato il nostro universo ce n’è stato almeno un altro, che ha dato vita a un universo precedente.
E prima ancora, sostiene Penrose, potrebbero essere esistiti innumerevoli altri universi.
Ogni ciclo dell’universo – Penrose li chiama “eoni” – ha una durata di lunghezza inimmaginabile, molto più dei 13, 7 miliardi di anni che si calcola siano l’età dell’universo corrente. All’inizio di ciascun eone c’è un Big Bang; poi, nel corso del tempo, l’universo appena nato si evolve, da un magma informe di particelle omogenee a un insieme di strutture sempre più complesse: galassie, stelle, pianeti, forme di vita.
Contemporaneamente l’universo si espande a una velocità sempre maggiore, probabilmente per l’effetto della misteriosa energia oscura che causa anche l’espansione accelerata del nostro universo. Inevitabilmente, tutta la materia viene fagocitata da buchi neri supermassicci annidati nel cuore delle galassie più grandi, come la nostra Via Lattea.
I buchi neri crescono, scontrandosi e fondendosi tra loro. Secondo la teoria, le onde gravitazionali create da queste collisioni hanno lasciato tracce in forma di cerchi nella radiazione cosmica di fondo. Alla fine questi buchi neri giganti consumano tutta la materia a disposizione. Cosa accade allora ?
Secondo la teoria esposta da Stephen Hawking nel 1970, quando i buchi neri smettono di fagocitare materia cominciano a “evaporare”, perdendo massa sotto forma di radiazioni. Dunque, passati molti miliardi di anni, l’universo tornerebbe a essere un mare di particelle uniformi.
A questo punto, ipotizza Penrose, l’universo subisce un’ulteriore trasformazione, contraendosi in un punto di dimensioni infinitesimali, condizione per il verificarsi di un nuovo Big Bang.
Insomma “tutto quello che era grande diventa piccolo, e tutto quel che era freddo diventa caldo”, riassume Amir Hajian, astrofisico del Canadian Institute for Theoretical Astrophysics di Toronto. “Così, il vecchio Universo, che era grande e freddo, ritorna denso e caldissimo”.
Tuttavia, Penrose e Gurzadyan non spiegano come avvenga questa trasformazione. Questo e altri aspetti del modello devono essere chiariti, sostiene Hajian, coautore di uno dei tre articoli indipendenti, anch’essi pubblicati su arXiv.org, che contestano le conclusioni della ricerca. “Sulla carta funziona, ma mancano ancora parecchi dettagli e previsioni quantitative”, dice.
Interpretazioni diverse
Nessuno, comunque, mette in dubbio l’esistenza degli anelli nella radiazione cosmica di fondo. “Abbiamo confermato che ci sono”, spiega Zibin, anch’egli coautore di un articolo che respinge le conclusioni di Penrose e Gurzadyan. “Abbiamo identificato con esattezza i segnali che hanno descritto. Non siamo d’accordo solo sull’interpretazione di quei segnali”.
Tutti e tre gli articoli “contestatari” notano che il modello ciclico di Penrose non prevede il fenomeno dell’inflazione.
La teoria inflazionistica, secondo la quale l’universo appena nato attraversò una fase di iperespansione, spiega come l’universo stesso abbia raggiunto forma e dimensioni attuali, risolvendo una serie di incongruenze dell’originaria teoria del Big Bang emerse anche grazie allo studio della radiazione cosmica di fondo. Ad esempio, visto sulla scala degli ammassi di galassie, il nostro universo appare omogeneo, con diverse regioni che essenzialmente si somigliano.
La teoria dell’inflazione spiega questa uniformità, perché l’iperespansione avrebbe “sciolto” le aggregazioni di materia.
Tuttavia, secondo Penrose, se prima del nostro universo ne è esistito un altro che, proprio come il nostro, si espandeva a una velocità accelerata, presupporre l’inflazione non è più necessario. “Sarebbe stata l’espansione accelerata avvenuta nell’eone precedente a rendere uniforme l’universo”, spiega Zibin: “nel modello di Penrose, questa teoria prende il posto dell’inflazione”.
Gli articoli alternativi a Penrose presentano una serie di modelli realizzati al computer che simulano radiazioni cosmiche di fondo simili a quella visibile nel nostro universo, e basati sulla teoria inflazionistica. A differenza di quanto sostiene Penrose, però, anche in questi modelli appaiono le onde concentriche. “Per sostenere che la sua teoria è migliore di quella inflazionistica, Penrose deve trovare un altro ‘marchio di fabbrica’ che la distingua”, afferma Zibin.
Haijan concorda: “Gli anelli non sono per nulla anomali. Anzi, sono perfettamente normali, e i nostri modelli mostrano che possono verificarsi in un universo coerente con la teoria inflazionistica”.
Invece della prova dell’esistenza di universi precedenti, aggiunge Zibin, gli anelli potrebbero essere una sorta di illusione ottica creata da variazioni naturali della radiazione cosmica di fondo. “Più studi la radiazione di fondo, più cose puoi trovarci”, sostiene. “È una delle lezioni che possiamo trarre da questa vicenda”.
Fonte: http://www.nationalgeographic.it – Tratto da: antikitera.net
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E SE VI FOSSE un UNIVERSO PARALLELO COMPLETAMENTE OPPOSTO al NOSTRO ?
Lo ha affermato, in una intervista apparsa sul sito internet di Gizmodo, Jean-Pierre Petit scienziato francese specializzato in meccanica dei fluidi, ex direttore di ricerca al CNRS francese, il quale lavora da anni su una “teoria della bi-gravità”, che si basa sull’ipotesi di una struttura dove l’Universo, denominato “Giano”, possiede “una parte anteriore e una posteriore”. Nel “retro” di questo “Universo Giano”, al passaggio, il tempo scorrerebbe all’indietro.
Gizmodo.fr: Più di quarant’anni dopo Sakharov, l’ipotesi di un universo parallelo ma temporalmente inverso riemerge a galla. Perché c’è più enfasi oggi che negli anni sessanta del Ventesimo secolo ?
JJP: Nel corso del 2011 gli astrofisici Saul Permutter, Adam Riess e Brian Schmidt hanno ricevuto il premio Nobel per aver dimostrato che l’espansione dell’Universo, invece di rallentare, accelera. Ma questa osservazione solleva una domanda imbarazzante poiché questa accelerazione poggierebbe allora su una “energia oscura”, che rappresenta il 70 percento del contenuto dell’Universo, ma nessuno può definire la natura e la composizione. La sola teoria in lizza, attualmente, consiste di attribuire questa accelerazione alla “costante cosmologica” che è presente nell’equazione di Einstein e che tutti gli scienziati, fino ad allora, erano d’accordo nel pensare che fosse…nulla !
La Teoria dei Gruppi Dinamici (J.M.Souriau, B.Kostant, A.Kirillov, anni settanta del secolo scorso) conduce, tuttavia, a legare l’inversione della massa all’inversione…del tempo. Possiamo quindi considerare l’Universo come una varietà M4, a quattro dimensioni, dotato di due parametri, che sono soluzioni di un sistema di due equazioni di campo congiunte. Possiamo quindi costruire una soluzione esatta, instabile, dove questo sistema dimostra che le specie di massa positiva (noi) accelerano.
Gizmodo.fr: La sua teoria rimette in discussione le equazioni di Einstein ?
JPP: Come fece Albert Einstein nel 1917 con una unica equazione di campo (E=mc2), io sostengo ugualmente un ritorno al “tutto geometrico”. Ma presento un sistema di due equazioni, congiunte. Per rappresentarle, possiamo immaginare un Universo dotato di una parte anteriore, dove circolano le particelle che noi conosciamo, e uno “posteriore”, dove circola ciò che gli scienziati chiamano “energia oscura”, che è composta da una materia negativa fatta di protoni, di neutroni e elettroni, di massa e di energia. Il sistema di due equazioni che ho introdotto riflette semplicemente una interazione tra la parte anteriore dell’Universo e il suo lato posteriore, che raggiunge anche le idee espresse da Sakharov nel 1967. Vi invito a visitare il mio sito internet per meglio comprendere i miei lavori.
Gizmodo.fr: Le idee di Galileo o di Copernico non ricevettero un’accoglienza molto favorevole da parte dei loro contemporanei. Vi attendete un qualcosa di simile per questa teoria ?
JPP: Il mio interesse per gli UFO mi ha fatto un emarginato e molti astrofisici respingono i miei lavori senza nemmeno preoccuparsi di leggerli. Ma dopo una cinquantina di tentativi infruttuosi di numerose riviste, Astrophysics and Space Science, e Modern Physics letters A, pubblicazioni di alto livello hanno deciso di pubblicare due miei articoli su questo mondo “bimetrico”. Le cose si evolvono lentamente e attraverso il mio sito internet, posso diffondere direttamente i miei lavori al grande pubblico. Una possibilità che purtroppo non avevano Galileo o Copernico.
Gizmodo.fr: Si questa teoria fosse confermata, potrebbe essa semplificare i viaggi interstellari ?
JPP: Essa è a mio avviso la chiave. Concetti come buchi neri, wormholes o, più recentemente, il “motore a curvatura” hanno incontrato un certo successo tra il grande pubblico, ma la mia teoria permetterà di prendere in considerazione una nuova forma di viaggi interstellari, di “invertire la massa” di un veicolo e dei suoi occupanti, con termini compatibili con la vita umana e, il passaggio, permetterà di spiegare i molti aspetti degli avvistamenti di UFO… .
Gizmodo.fr: E se si parla di questo nuovo spazio-tempo, potremmo anche ugualmente immaginare di viaggiare….nel tempo ?
JPP: Non credo. Ci sarebbe semplicemente solo uno spostamento temporale tra il tempo vissuto dai passeggeri di una nave e quelli rimasti “sulla Terra”. Ma non è un qualcosa di eccezionale. Gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, a causa della loro velocità e della Relatività Ristretta “invecchiano meno di noi”, di…qualche millisecondo. Questo Universo è colmo di una infinità di misteri.
Tratto da: antikitera.net
vedi anche: Energia=Informazione=sostanza + Big Bang fine della teoria + Universo Elettrico 1 + Universo Mentale +Cosmologia, Cosmogonia + Esperimento Archiviato + Chi e’, cosa e’, dov’e’ dio ? + INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA-Campi MORFOGENETICI + Teoria del TUTTO + Trans – Uranici + UNIVERSO OLOGRAFICO – IPERSPAZIO + Vuoto QUANTOMECCANICO Intelligente ? + Le prime parole della Genesi + Galassie madri + Sintesi (il senso della Vita)