UNIVERSO OLOGRAFICO ad ARCOBALENO
(la teoria Unitaria di David Bohm)
L’inventore dell’ologramma fu Dénes Gàbor (Budapest – 5 giugno 1900/ trapassato a Londra 9 febbraio 1979) scienziato, ingegnere elettronico Ungherese, il quale nel 1971 ricevette il premio Nobel in fisica per l’invenzione dell’olografia.
Come tutti i veri grandi scienziati anche Lui ha scoperto l’ologramma per un “caso fortunato”: stava lavorando sul potenziamento della scomposizione del microscopio elettronico, quando scoprì l’ologramma ovvero la possibilità teorica della “visione totale”. Nonostante la correttezza della teoria, la realizzazione del primo ologramma avvenne soltanto nel 1961 con la comparsa del laser.
L’Universo Olografico (da Ologramma)
David Bohm, uno degli scienziati più originali ed evoluti del nostro secolo, famoso per le sue innovative ipotesi scientifiche e per la sua collaborazione con il fisico Einstein, e con il maestro spirituale Krishnamurti.
Nasce nel 1917. Fisico quantistico teorico, insegna a Princeton fino al 1951, quando, in piena guerra fredda, viene accusato di attività antiamericane, e costretto ad abbandonare gli Stati Uniti. Si trasferisce prima in Brasile, poi in Israele e infine in Gran Bretagna. Pubblica molti testi a carattere scientifico, dedicati in particolare alla meccanica quantistica, e si interessa ai problemi filosofici che la scienza sollecita e alle questioni spirituali.
Le sue tesi più affascinanti sono l’ipotesi Olografica dell’UniVerso, la visione globale dell’esistenza che si manifesta in realtà implicata ed esplicata, l’intelligenza attiva, il campo olistico.
Fonte: www.globalvillage-it.com
Bohm è stato il fondatore della teoria olografica dell’Universo attraverso la quale egli spiega in maniera molto originale il teorema di Bell – Teoria Olografica dell’UniVerso
A suo parere esiste nell’UniVerso un ordine implicito che non vediamo e uno esplicito che è ciò che realmente vediamo; quest’ultimo è il risultato dell’interpretazione che il nostro cervello ci offre delle onde di interferenza che compongono l’universo. Questo vuol dire che cosi’ come un ologramma è il risultato di onde di interferenza che il nostro cervello interpreta come immagine tridimensionale l’universo non sarebbe altro che l’interpretazione che il nostro cervello da di onde luminose.
In sostanza la realtà non sarebbe altro che l’ologramma di “oggetti” concreti posti in altri luoghi o tempi. L’idea di una realtà che non è altro che inganno dei nostri sensi è presente nel pensiero filosofico e religioso di tutte le civiltà esistite ed esistenti sulla Terra. Ovviamente noi stessi che “vediamo” siamo “inganni”, al pari di ciò che è “fuori di noi”.
Siamo ologrammi che leggono ologrammi, per questo tutto ci sembra reale anche se forse non lo è. È per noi impossibile comprendere razionalmente dove, quale e quando sia la vera realtà di cui esprimiamo solo la forma.
La sua grande visione del mondo quantico, esprime un assioma: che dal Vuoto “nasca” il potenziale di ogni forma energetico-materalizzata esistente nell’InFinito.
Tutta l’architettura di questo InFinito Vuoto regge ogni cosa esistente nel Tutto.
Il Vuoto è, anche secondo D. Bohm, un “unicum” nel quale ogni energia esistente è collegata, perché da esso attivata e centromossa, da ogni suo punto/ente geometrico, quindi ogni energia è intercollegata con il Tutto attraverso questo “Vuoto Infinito“.
Da questo assioma possiamo anche derivare che, ogni energia e/o particella atomica e/o subatomica e/o quantica, ha un “Buco di Vuoto” (Buco nero – Wormhole) dal quale trae inFormAzione (dati per esistere, prendere forma ed agire all’InFinito).
Questo “buco” e’ il “Vuoto quantomeccanico” di cui parla anche il fisico dr. M. Corbucci.
Ma è anche il Brahama dell’ideologia orientale e se vogliamo anche il “Dio” (YHWH = voce del verbo Essere: io sono ero e sarò), che i religiosi chiamano impropriamente: Allah, javè, Geova, Dio, ecc.) del mondo occidentale, dal quale Tutto deriva ed al quale tutto è collegato e vive quindi in Egli (Infinito intelligente) e quindi è presente (l’Infinito) in ogni particella esistente, atomo, molecola, cellula, essere Vivente od inanimato quali suoi punti di osservazione.
Esiste quindi anche una CoScienza dell’UniVerso, prodotta da Egli stesso e presente in ogni suo punto od Ente dell’UniVerso ed ora questa coScienza si interroga su ciò che la generata.
L’auto coscienza dell’UniVerso è la proprietà intrinseca che Egli possiede di generare al suo interno ed in ogni punto di se’, una qualche forma di vita intelligente, in grado di effettuare osservazioni su di sé e sulle cause della propria esistenza, secondo il Principio Antropico.
Teoria R3 – Una semplice Teoria dell’UniVerso – PDF – dell’Ing. Alberto Angelo Conti
I creatori ci stanno guardano in questo momento ?
Uno scienziato del Propulsion Laboratory Jet NASA dice che il nostro Creatore è un programmatore di computer cosmico, e ci sono ricercatori che dicono di aver trovato la prova che l’universo è un grande ologramma 2D e che siamo un’illusione.
Tutte queste teorie sono provocatorie e molti studi devono essere effettuati prima di trarre conclusioni.
Forse ora davvero non importa se chiamiamo il nostro mondo una prigione concettuale o un ologramma. Ciò che conta è che non siamo in grado di determinare la quantità della realtà che percepiamo, e molti direbbero che non possiamo nemmeno definire il termine “realtà”.
E’ il motivo per cui alcune persone sono in grado di testimoniare gli eventi anomali quali ad esempio avvistamenti UFO, mentre gli altri sono chiusi nella “normalità” dei loro mondi ?
Tratto da: Hackthematrix.it
Buchi neri dell’Universo simili a quelli atomici – vedi PDF studio-ricerca di fisici
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L’UniVerso è un ologramma ?, lo dirà un esperimento – 29/10/2010 – Al Fermilab
Lo strumento che verrà utilizzato sarà costituito da due sensibilissimi interferometri che dovrebbero fornire “la più sensibile misurazione dello spaziotempo mai eseguita”
Le teorie che prevedono la presenza di dimensioni extra sono numerose: la possibilità che almeno ad alcune scale l’UniVerso possieda solo due dimensioni sono invece più esotiche. Una di queste ipotizza appunto che alle dimensioni di Planck esso sia bidimensionale, essendo la terza dimensione intrinsecamente collegata a quella del tempo. Se così fosse, il nostro universo tridimensionale non sarebbe che un “ologramma” di un universo in due dimensioni.
L’idea non è nuovissima, ma i fisici del Fermilab hanno progettato un esperimento per sottoporre per la prima volta a controllo questa idea. Craig Hoigan e collaboratori hanno infatti costruito un interferometro olografico, o “olometro” nel tentativo di rivelare il “rumore” intrinseco dello spaziotempo, che potrebbe rivelare la presenza di una frequenza massima possibile imposta dalla natura. (Sfortunatamente, il nome con cui i ricercatori hanno battezzato la loro apparecchiatura – olometro appunto – coincide con quello di un altro strumento, usato per rilievi topografici e architettonici, descritto per la prima volta nel XVI secolo da Abel Foullon.)
Ora è iniziata la costruzione dello strumento – di cui per il momento i ricercatori hanno testato un prototipo in scala della lunghezza di un metro – che una volta ultimato avrà una lunghezza di 40 metri e che dovrebbe entrare in funzione il prossimo anno, fornendo “la più sensibile misurazione dello spaziotempo mai eseguita”. L’interferometro olografico è costituito da due interferometri completamente separati posizionati uno sopra l’altro.
In ogni interferometro, un fascio di luce viene separato in due parti che viaggiano lungo direzioni differenti, fino a raggiungere uno specchio che le rimanda indietro, dove viene misurata l’eventuale differenza di fase. Qualsiasi minuscola vibrazione che interferirà con la frequenza della luce nel corso del suo viaggio determinerà quindi un’uscita dallo stato di sincronizzazione dei due interferometri.
Gli interferometri di questo “olometro” sono caratterizzati da una elevatissima precisione alle alte frequenza. I ricercatori dicono che sarà di sette ordini di grandezza più preciso di qualsiasi orologio atomico attualmente esistente su intervalli di tempo ultrabrevi. Disponendo di due interferometri, i ricercatori possono confrontare i risultati per confermare le misurazioni.
Inoltre, possono assicurarsi che qualsiasi vibrazione rilevata non sia derivata dall’interferometro olografico stesso. Infine una serie di sensori all’esterno dell’apparecchiatura servirà per rilevare le normali vibrazioni presenti e “cancellarle facendo vibrare alla stessa frequenza gli specchi”.
Avendo preso tutte queste precauzioni, osservano i ricercatori, qualsiasi disturbo ad alta frequenza rilevato potrebbe essere una distorsione dello spazio/tempo stesso, ossia un disturbo “olografico”, osserva Aaron Chou, che partecipa alla ricerca.
Se l’esperimento rilevasse effettivamente questo disturbo olografico, si tratterebbe del primo dato in grado di corroborare la teoria secondo cui alla scala di Planck l’UniVerso sarebbe bidimensionale e che quella della tridimensionalità sarebbe in un certo qual modo un’illusione olografica. (gg)
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica
Sempre più prove che l’UniVerso è un’ologramma !
– http://motherboard.vice.com/it/read/le-prove-che-l-universo-e-un-ologramma
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Ecco le conferme:
Il nostro UniVerso è un ologramma: è la proiezione di un cosmo più semplice – 14 Dic. 2013
Un team di scienziati giapponesi ha fornito prove convincenti che rendono ancora più chiaro che il nostro UniVerso potrebbe essere un grande ologramma. Come spiega un articolo uscito mercoledì scorso su Nature, il modello matematico rivela che l’UniVerso che conosciamo sarebbe una proiezione di un universo con un minor numero di dimensioni.
Yoshifumi Hyakutake, della Ibaraki University, Giappone, ed i suoi colleghi pare abbiano elaborato un modello matematico convincente secondo il quale viene fuori un universo olografico, e tutto ciò che vediamo, compreso questo articolo e il dispositivo che state utilizzando per leggerlo, non sarebbero altro che una proiezione.
Hyakutake è partito da un’idea ‘stramba’ concepita nel 1997 dal fisico teorico Juan Maldacena, che ora lavora presso l’Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey, il quale propose un modello audace di Universo nel quale la gravità è il frutto di corde vibranti infinitamente sottili, denominate stringhe. Questo mondo matematicamente intricato delle stringhe, che esiste in nove dimensioni spaziali più una temporale, sarebbe la proiezione olografica di un cosmo più semplice, con meno dimensioni e senza gravità.
“L’idea è simile a quella degli ologrammi ordinari, dove l’immagine a tre dimensioni è codificata su una superficie bidimensionale, come l’ologramma impresso sulle carte di credito. L’intero Universo è codificato allo stesso modo”, scrive il professore di fisica matematica Kostas Skenderis sul sito dell’Università di Southampton, descrivendo la teoria in termini familiari e comprensibili.
Come racconta Nature, la teoria di Maldacena entusiasmò i fisici e, nonostante non fosse stata ancora dimostrata, fu presa come fatto perché offriva un modello solido su cui poggiare la teoria delle stringhe, risolvendo le evidenti incongruenze tra la fisica quantistica e la teoria della gravità di Einstein. In effetti, è come se avesse fornito la stele di Rosetta ai fisici, permettendo loro di tradurre vicendevolmente le lingue delle due teorie.
Dato che una vera e propria dimostrazione non era ancora stata trovata, Yoshifumi Hyakutake e i suoi colleghi si sono dati il compito di elaborare un rigoroso modello matematico della teoria. In due articoli pubblicati su ArXiv, i fisici giapponesi hanno fornito se non una prova concreta, almeno una prova convincente che rendono molto verosimile l’idea di Maldacena.
Leggere anche:
Il nostro cervello è una macchina olografica in un cosmo olografico
E se vivessimo in una simulazione creata da un’intelligenza aliena ?
I ricercatori hanno eseguito due calcoli separati, per poi compararli. Il primo calcolo è partito dall’evidenza di ciò che accade in un buco nero: tutti gli oggetti che vi cadono non potrebbero mai essere contenuti fisicamente in esso, ma ‘memorizzati’ come frammenti di dati, come avviene in un ologramma, nel quale l’intera informazione è contenuta in un solo frammento.
Hyakutake ha calcolato l’energia interna di un buco nero, la posizione del suo orizzonte degli eventi (il confine tra il ‘buco nero’ e il resto dell’Universo), l’entropia a altre proprietà basate sulle previsioni della teoria delle stringhe, nonché gli effetti delle cosiddette particelle virtuali che compaiono e scompaiono continuamente dal continuum spaziotemporale.
Il secondo calcolo, invece, è stato eseguito dai colleghi di Hyakutake per calcolare l’energia interna del ‘cosmo inferiore’ con meno dimensioni e senza gravità. Con grande stupore dei ricercatori, i due calcoli al computer corrispondevano. In un senso più ampio, la teoria suggerisce che l’intero universo può essere visto come una struttura bidimensionale proiettata su un orizzonte cosmologico tridimensionale. Cioè, il nostro universo 3D è la proiezione di un universo 2D più semplice.
“Sembra essere un calcolo corretto”, ha detto il professor Maldacena, padre teorico del modello, il quale ha aggiunto che la prova numerica secondo cui due mondi apparentemente diversi sono invece identici fornisce la speranza che le proprietà gravitazionali del nostro universo possano un giorno essere spiegate dalla teoria quantistica.
I risultati “sono un modo interessante per testare molte idee sulla gravità quantistica e sulla teoria delle stringhe”, continua Maldacena. “I due articoli sono il culmine di una serie di contributi che la squadra giapponese ha presentato nel corso degli ultimi anni”.
Tratto da: ilnavigatorecurioso.it
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L’Universo potrebbe essere un ologramma, ossia la proiezione di un mondo a dieci dimensioni, delle quali possiamo ‘vederne’ solo quattro, ossia le tre relative allo spazio più il tempo. – Luglio 2014
E’ l’ipotesi presentata da due studi teorici pubblicati su arXiv, il sito che pubblica in anteprima gli articoli scientifici. Firmati entrambi dal gruppo di Yoshifumi Hyakutake, dell’università giapponese di Ibaraki, gli articoli forniscono per la prima volta “evidenze” a supporto della cosiddetta congettura di Maldacena, che prevede la possibilità di mettere d’accordo teoria della relatività e meccanica quantistica, ritenute finora vere entrambe, ma inconciliabili.
“Non è una prova conclusiva, ma è comunque un importante passo in avanti verso l’affascinante ipotesi nota come congettura di Maldacena”, ha spiegato Antonio Masiero, vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
La congettura prende il nome dal fisico teorico argentino Juan Mart¡n Maldacena, che la formulò nel 1997 per spiegare alcuni paradossi relativi ai buchi neri. “Tutto nasce dal fatto che abbiamo un grande problema, ossia conciliare a tutti i livelli la teoria relatività con la meccanica quantistica”, ha osservato Masiero.
Uno dei nodi riguarda la possibilità di descrivere la forza di gravità su scale molto piccole e, per farlo, la meccanica quantistica deve ipotizzare un universo costituito da ben dieci dimensioni.
“L’idea – ha proseguito l’esperto – è che esista una corrispondenza tra la realtà che conosciamo, con tre dimensioni più una dimensione temporale, e quella fatta da un numero diverso di dimensioni”.
Questa “convivenza”, secondo l’ipotesi del gruppo giapponese, la si può immaginare come un ologramma nel quale la nostra realtà diventa semplicemente una proiezione di molte altre dimensioni che non possiamo osservare.
Punto di partenza del gruppo di Hyakutake sono alcune proprietà dei buchi neri basate sulla teoria delle stringhe, secondo la quale materia, energia e in alcuni casi spazio e tempo sono la manifestazione di entità fisiche sottostanti chiamate stringhe. Sulla base di questa ipotesi, i ricercatori hanno dimostrato che la gravità può essere descritta come una proiezione delle dimensioni ‘invisibili’.
Fonte: ANSA
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UNIVERSO OLOGRAFICO – By Corrado Malanga – 21 luglio 2005
Una vasta letteratura scientifica dimostra chiaramente ed inconfutabilmente che la meditazione trascendentale modifica i parametri esterni relativi allo stato degli eventi che riguardano la sfera dello Spazio-Tempo-Energia, cioè la “realtà virtuale”.
Si narra anche di alcuni casi di guarigione di persone che hanno meditato sulla loro malattia ed hanno costantemente, giorno dopo giorno, visualizzato la disgregazione della malattia stessa: un classico esempio di meditazione trascendentale che modifica ciò che l’attuale scienza non può modificare. Molti degli eventi miracolosi, o ritenuti tali dalla religione, altro non sarebbero che forti alterazioni della probabilità di accadimenti futuri, che vengono stravolti dall’“onda di volontà”, magari attivata inconsciamente durante meditazioni a sfondo religioso.
L’effetto massa sarebbe fondamentale, poiché queste guarigioni si otterrebbero più facilmente quando tanta gente sta “pregando”, come accade durante alcune riunioni di massa di fanatici religiosi.
Silvano Fuso, del Cicap, si esprime infatti così:
Di fronte alle remissioni (di tumori inguaribili – N.d.A.) spontanee la scienza non dispone attualmente di una spiegazione adeguata, ma questo non significa che neppure in futuro la troverà. Anzi quella delle remissioni spontanee rappresenta una grande sfida che potrà portare la scienza a notevoli progressi. Nel momento in cui si comprendessero le cause che portano, ad esempio, un tumore a regredire spontaneamente, probabilmente si riuscirebbe anche a trovare una terapia adeguata. Chi invece si limita a gridare al miracolo dà sicuramente scarsi contributi al benessere della collettività. Le ipotesi più plausibili che la scienza medica formula a proposito delle remissioni spontanee sono legate al funzionamento del sistema immunitario.
Nonostante i grandi progressi fatti in questo campo, i meccanismi che determinano le nostre difese immunitarie sono ancora in larga misura sconosciuti.
In particolare sono in gran parte avvolte nel mistero le relazioni che intercorrono tra il sistema immunitario e le condizioni psico-emotive (E. Sternberg e P. Gold, “II corpo, la mente e la malattia”, in “I Farmaci: dalla natura alle biotecnologie”,
Le Scienze Quaderni, n. 102, Milano 1998).
Che tali relazioni siano una realtà è oramai dimostrato al di là di ogni dubbio.
Anche per la Fisica le cose cominciano a quadrare in questo senso: nel 1982 un’equipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del XX secolo.
Alain Aspect ed il suo team hanno, infatti, scoperto che alcune particene subatomiche, come gli elettroni, in determinate condizioni sono capaci di comunicare istantaneamente l’una con l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stanno facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein, che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particene subatomiche sono connesse non-localmente.
Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particene subatomiche è effettivamente di tipo non-locale.
Ma questo cosa vuoi dire ?
Semplice: l’UniVerso è un immenso Ologramma
Gia’ migliaia di anni fa un principe divenuto Budda, e no fu l’unico, cosi si espresse:
La “REALTA’ “, ha la CONSISTENZA del SOGNO
David Bohm, noto fisico dell’Università di Londra recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste.
Nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco [gigantesco a misura nostra- N.d.R.] e splendidamente dettagliato.
Ologramma: le parti ed il tutto in una sola immagine. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà.
Bohm si convinse che il motivo per cui le particene subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particene non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale.
In un Universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località vengono infranti in un Universo dove nulla è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale dovrebbero essere interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.
Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma in cui il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, disponendo degli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello, ma con l’uso delle tecniche di ipnosi regressiva lo si sta già facendo !
Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei singoli neuroni od in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica.
Quindi il cervello stesso funzionerebbe come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo quest’organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato.
È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare, durante la durata media della vita, circa 10 miliardi di informazioni e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubo di spazio, ma anche correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo.
Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall’enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perché ogni frammento d’informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un’altra particolarità tipica degli ologrammi.
Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero, in realtà, essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza capace di provocare dei cambiamenti nell’ologramma corporeo.
Allo stesso modo potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative, come la visualizzazione, risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la realtà:
iI mondo concreto è una tela bianca che attende di essere dipinta.
Persino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono essere facilmente spiegate se accettiamo l’ipotesi di un universo olografico.
Tratto da: aamterranuova.it
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L’Universo è un’illusione – 1 Maggio 2010
Le teorie di Aspect, Bohm, Pribram sulla nuova fisica scuotono i principi della scienza tradizionale: dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è parte infinitesimale e totalità di “Tutto”
Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, condusse forse il più importante esperimento del 20º secolo. Aspect ed il suo team scoprirono che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. Come se ogni singola particella sappia esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.
Un fenomeno che può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein – che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce – è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente.
David Bohm
La maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, ma l’esperimento di Aspect rivoluziona il postulato, provando che il legame tra le particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale.
David Bohm, celebre fisico dell’Università di Londra recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva. Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto
Per capire la sbalorditiva affermazione di Bohm gettiamo uno sguardo alla natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l’aiuto di un laser: l’oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica. Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale.
La tridimensionalità non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi: se l’ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scopre che ciascuna metà contiene ancora l’intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine.
UNA PRECISAZIONE…
L’affermazione secondo la quale ogni frammento dell’ologramma conterrebbe tutta l’informazione, non è esatta: si verifica sempre una certa perdita di informazione, tanto maggiore quanto più è piccolo il frammento. Questo però non invalida affatto l’ipotesi dell’Universo olografico, ma anzi, restringe le reciproche influenze delle cose – da una precedente inconcepibile infinitezza ad ambiti più circoscritti – rendendo tutta la teoria ancor più credibile. normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall’ologramma integro.
Si schiude così una nuova comprensione dei concetti di organizzazione e di ordine.
La rana, l’atomo e la rosa
Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da tale approccio.
Bohm lo intuì, aprendo una strada alla comprensione della scoperta del professor Aspect. Per Bohm il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Era infatti convinto che, ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale.
Bohm semplificava con un esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate che l’acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario. Guardando i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra loro: quando uno si gira, anche l’altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Essendo all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo credere che i due pesci comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente.
Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica che esiste un livello di realtà del quale non siamo consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare, che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’Universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Il magazzino cosmico Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto.
Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Concetti come la località vengono infranti in un UniVerso dove nulla è veramente separato dal resto, sicché anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.
Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente. Disponendo degli strumenti appropriati un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos’altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene ai raggi gamma.
Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto-ciò-che-Esiste.
Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbe un’infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l’UniVerso col termine “olomovimento”. Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l’informazione è distribuita non-localmente.
Se è vero che l’Universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch’esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera. Dato il presupposto, tutte le manifestazioni della vita provengono da un’unica fonte di causalità che include ogni atomo dell’Universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di “tutto”. Miliardi di informazioni…
Karl Pribram Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell’Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà.
Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni ’20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell’olografia. Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica.
Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe come il cervello riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. Quello umano può immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l’equivalente di cinque edizioni dell’Enciclopedia Treccani !).
Di converso, si è scoperto che gli ologrammi possiedono una sorprendente possibilità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio. …ma anche di idee
La nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall’enorme magazzino cerebrale risulta spiegabile più facilmente, supponendone un funzionamento secondo principi olografici. Inutile, quindi, scartabellare nei meandri di un gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: si tratta forse del massimo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata.
Nell’ipotesi di Pribram si analizza la capacità del cervello di tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. ricevute tramite i sensi, nel mondo concreto delle percezioni.
Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio, fungendo da strumento di traduzione per convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente: il cervello usa gli stessi principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori.
IL CERVELLO RIMESCOLATO
Paul Pietsch, critico verso la teoria olografica della mente, provò a confutarla.
Poichè aveva scoperto che le salamandre sono capaci di ampie capacità di rigenerazione del tessuto nervoso (nervi e cervello), ipotizzò che la localizzazione delle funzioni cerebrali potesse essere evidenziata “scambiando” fra loro parti di cervello.
Lo fece, sezionando il cervello di alcune salamandre in parti uguali, per poi risistemarle nella scatola cranica ruotate, scambiate di posto, e così via. Pietsch si aspettava di osservare gravi disfunzioni o strani comportamenti, invece la maggior parte delle salamandre continuò a comportarsi come prima.
Vi è una impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram, ormai condivisa da molti altri neurofisiologi. Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, pur sordi da un orecchio. Ne risulta che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia.
Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro olfatto percepisce anche le cosiddette “frequenze osmiche” e persino le cellule biologiche sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise, sui suoni olografici, o meglio, olofonici.
La realtà ? Non esiste.
Ma l’aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm. Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste. Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione. In realtà siamo una sorta di “ricevitori” che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di “mondi” esistenti nel super-ologramma.
Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato “paradigma olografico” e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un Universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti “stati alterati di coscienza” potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato.
Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.
Coscienza e visualizzazione
Il paradigma olografico presenta implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure, come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l’illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come “fisico”.
Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche spinge i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l’apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina.
Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell’ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la “visualizzazione” risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la “realtà”. Il mondo è una tela bianca Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l’ipotesi di un universo olografico.
Nel suo libro “Gifts of Unknown Things”, il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegarle, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà.
In un universo olografico non vi sono limiti all’entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà, perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con Don Juan, lo sciamano Yaqui.
Nulla di più, né meno, miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. E le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
Se una conoscenza simile fosse fondata e dovesse progredire il paranormale diventerebbe normale. Questa teoria non mi è nuova,a dire il vero poco tempo fa temevo di conoscerla. Premettendo che non valuto come vero ogni cosa che leggo,ho sempre temuto la verità poiche’ ho pensato fosse qualcosa di terribile. Insomma,se fosse un qualcosa di positivo si sarebbe già manifestato a noi, pensavo. Immaginate una terribile verità,non risulterebbe infine impossibile vivere come prima ? Un mondo come lo descrivono i nostri libri risulta cosi comodo, perche’ scoprire la beffa che c’è dietro ?
Voglio dire,cose del tipo: “l’uomo non può volare,è fisicamente impossibile” non sarebbe meglio di: “l’uomo potrebbe volare, poiche’ il suo corpo e il terreno sono solo illusioni”?
Si,in un certo senso sarebbe meglio cosi,da l’idea che nel nostro universo ci siano leggi costanti,ci fa sentire sicuri, possessori della conoscenza.
Fonte: xmx.it – tratto da antikera.net del 1 Aprile 2010
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La realtà è un’illusione
Negli anni quaranta, Dennis Gabor, premio Nobel per la fisica, sviluppò una teoria matematica che solo venti anni dopo, grazie allo sviluppo tecnologico, poté essere meglio esposta e compresa. Essa infatti richiedeva l’invenzione del laser, per apparire in tutta la sua strabiliante originalità. Stiamo parlando di quella che potrebbe rivelarsi la scoperta più sconvolgente nella storia del pensiero scientifico contemporaneo, la quale aprirebbe scenari e possibilità mai ipotizzate prima d’ora.
“Nel 1982” – spiega il Prof. Richard Boylan, “un équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del ventesimo secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l’una con l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di dieci metri o di dieci miliardi di chilometri. E’ come se ogni singola particella sapesse cosa stiano facendo tutte le altre.
Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non locale”.
Nel suo libro “La realtà quantistica”, Nick Herbert afferma che la non-localizzazione delle particelle spiegherebbe questa loro incredibile comunicazione non mediata né da campi né da nessun altro fenomeno (proprio perché le loro influenze e i loro contatti avverrebbero all’istante). Nessun filosofo e nessuno scienziato avrebbe mai pensato che le categorie di spazio e tempo, si sarebbero potute annullare così facilmente! Nonostante ciò, le quattro forze fondamentali della natura (forza gravitazionale, forza elettromagnetica, interazione nucleare forte e interazione nucleare debole), possono tranquillamente essere descritte senza ricorrere ai concetti della non-localizzazione.
Ma allora perché proporre questa teoria ? Semplicemente perché le spiega ancora meglio !
Parlando della non-località applicata alla forza gravitazionale: come fa la terra a sapere che io ci sono, per tirarmi verso il basso?! Oppure riguardo all’interazione nucleare forte: perché un elettrone rimane intorno al nucleo piuttosto che andarsene altrove? Cioè, come fanno a comunicare ? Non solo…
Il modello non-locale della realtà può addirittura condurre la fisica teorica verso quello che è stato il principale obbiettivo di Einstein: la definizione di una quinta forza, una superforza che racchiuda e spieghi in sé tutte le altre interazioni della natura.
Nel 1964 il fisico irlandese John Stewart Bell, dimostrò l’effettiva esistenza di un mondo non localizzato. In una prova matematica confermata da diversi esperimenti, chiamata “Teorema di Bell”, egli dimostrò che l’ipotesi secondo cui il mondo è intrinsecamente localizzato, è assolutamente errata. Se da tempi antichi, se non antichissimi, questa teoria si dà per scontata (considerandola nemmeno come tale ma come dato di fatto), per lo meno in ambito esoterico, ai giorni nostri sono veramente tanti, e aumentano a vista d’occhio, gli studiosi coraggiosi e i ricercatori all’avanguardia che cominciano ad appoggiarla: pensiamo a Capra, Bateson, Prigogine, Laszlo, Jantsch, Talbot ecc..
D’altronde anche eminenti fisici quali Einstein, Pauli, Bohr, Schrödinger, Heisenberg e Hoppenheimer non erano del tutto contrari ad una visione del mondo arricchita anche da una valenza prettamente spirituale. Arrivare però a dire che la realtà è un’illusione confermando quanto vanno dicendo da millenni le tradizioni esoteriche, sia Occidentali che Orientali, è veramente rivoluzionario.
E’ addirittura esageratamente oltraggioso, quasi ridicolo agli occhi di qualche scienziato legato a modelli di comprensione tradizionali – o forse verrebbe da dire “superati” – se non fosse per la levatura scientifica di colui il quale illustrò ancora più approfonditamente questa incredibile scoperta.
Sto parlando ovviamente di David Bohm, già collaboratore di Einstein e Professore di fisica teorica al Birbeck College di Londra. Da poco scomparso, e già fortemente rimpianto, Bohm, fu uno dei più illustri scienziati dell’era contemporanea. Costui, grazie al concetto di “ologramma” è riuscito a spiegarci in termini scientifici che cos’è il velo di maya di cui la filosofia indiana, ha sempre parlato, illuminando gli occhi di chi ha orecchie attente.
Dalle teorie di Bohm, si evince che le energie elettromagnetiche e l’intera realtà fisica, sono create dalla prodigiosa e “magica” natura delle particelle subatomiche, le quali, incredibilmente, si presentano sotto il duplice aspetto di particelle e di onde. Ciò permette a tali particelle di rimanere in contatto e di venire quindi informate a vicenda, indipendentemente dalla distanza che le separa, la quale dunque, a questo punto, è una pura illusione. Le distanze quindi, servirebbero alla mente, per organizzare meglio i dati sensoriali provenienti dal mondo “esterno”, esse però, tranne che nella costruzione di questo ordine mentale, non esistono in realtà. In sostanza, secondo Bohm, le particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso organismo, e il fatto che appaiano separate, deriva dalla nostra incapacità di vedere la realtà nella sua interezza.
Noi vediamo solo la parte e non il tutto, non riuscendo dunque a capire che il tutto è la parte e la parte è il tutto.
Immaginiamo un acquario, al cui interno sta nuotando un pesce. Noi non vediamo il pesce a occhio nudo ma solo grazie a due telecamere, una posizionata di fronte all’acquario, l’altra di lato. All’apparenza sembrerebbero due entità separate, due pesci diversi, uno visto da davanti, l’altro di lato ma guardandoli meglio potremmo scoprire un legame interessante: quando uno si gira, si gira anche l’altro. Ignari dell’esperimento, potremmo addirittura pensare che i due pesci comunicano tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Il comportamento delle particelle subatomiche è altrettanto misterioso, e non fa che accreditare l’esistenza di un livello di realtà, del quale noi non siamo minimamente consapevoli.
Grazie agli ologrammi prodotti dal laser, Bohm, in sostanza, è arrivato a scoprire che la minima parte dell’ologramma di un oggetto contiene l’oggetto intero. Tutto ciò è assolutamente sconvolgente. Se noi produciamo l’ologramma di una rosa e poi scomponiamo in piccolissime parti quell’ologramma, non perderemmo mai l’oggetto nella sua interezza, pur avendolo più volte diviso! Esso infatti è contenuto in ogni singola frammentazione, in ogni – a questo punto apparente – divisione della rosa stessa.
Karl Pribram, neurofisiologo dell’Università di Stanford, ha avvalorato ancora di più la natura olografica della realtà, grazie a numerosi studi condotti su ratti, a cui veniva asportata una parte di cervello. Nonostante diverse e successive asportazioni infatti, i ratti continuavano a conservare i ricordi, dei quali dunque, in seguito all’esito degli esperimenti, non si può più ammettere un’esistenza localizzata. La stessa capacità umana di attingere all’istante, ad un qualsiasi ricordo, tra miliardi e miliardi di informazioni contenute nel nostro cervello, non fa che avvalorare la non-localizzazione dei ricordi, e quindi la non “catalogabilità” del tempo.
Queste importanti rivelazioni, di parte del mondo scientifico contemporaneo, che per chi ha familiarità con l’energia e le sue incredibili manifestazioni, non sono che l’ennesima conferma di saggezze antiche, possono dunque dirigere il mondo intero verso una convivenza migliore. Se tutto è connesso infatti, è assolutamente controproducente da parte di un essere, provocare il dolore o addirittura la morte di un altro essere. Ad un livello profondo di realtà infatti, Bohm direbbe “implicito”, è come far male a se stessi.
Gli indiani parlavano di karma, ma ne parlavano già 3.500 anni fa.
Dobbiamo aspettare ancora ?
Di Lucio Giuliodori. – Fonte: http://www.luciogiuliodori.net
vedi anche questo PDF: Proprieta’ olografiche della realta’ !
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Gli scienziati alle prese con il “paradigma olografico”
Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell’universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d’ora.
Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. – vedi: J.E.Charon (Gli elettroni sono entità elevate e coscienti)
Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente.
Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale.
David Bohm, noto fisico dell’Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l’universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine
Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l’aiuto di un laser: per creare un ologramma l’oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica. Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale.
La tridimensionalità di tali immagini non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l’ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l’intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall’ologramma integro. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine.
Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio. Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect.
Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l’acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario.
Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l’altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente.
Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra.
Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’Universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Continua su:
http://www.riflessioni.it/dal_web/paradigma_olografico_2.htm
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Le teorie di Aspect, Bohm, Pribram sulla nuova fisica scuotono i principi della scienza ufficiale: dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è parte infinitesimale e totalità di “Tutto”.
Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, condusse forse il più importante esperimento del ventesimo secolo. Aspect ed il suo team scoprirono che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. Come se ogni singola particella sappia esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.
Un fenomeno che può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein – che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce – è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente.
La maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, ma l’esperimento di Aspect rivoluziona il postulato, provando che il legame tra le particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, celebre fisico dell’Università di Londra recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva. Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.
Ologrammi, la parte, il Tutto
Per capire la sbalorditiva affermazione di Bohm gettiamo uno sguardo alla natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l’aiuto di un laser: l’oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica.
Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi: se l’ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scopre che ciascuna metà contiene ancora l’intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine.
Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall’ologramma integro.
Si schiude così una nuova comprensione dei concetti di organizzazione e di ordine.
La rana, l’atomo, la rosa
Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da tale approccio. Bohm lo intuì, aprendo una strada alla comprensione della scoperta del professor Aspect.
Per Bohm il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Era infatti convinto che, ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale. Bohm semplificava con un esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate che l’acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario.
Guardando i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra loro: quando uno si gira, anche l’altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Essendo all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo credere che i due pesci comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica che esiste un livello di realtà del quale non siamo consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare, che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’Universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta.
In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, sicché anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.
Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente. Disponendo degli strumenti appropriati un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos’altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto-ciò-che-Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbe un’infinità di ulteriori sviluppi.
Poichè il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l’Universo col termine “olomovimento”. Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l’informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l’Universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch’esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera.
Dato il presupposto, tutte le manifestazioni della vita provengono da un’unica fonte di causalità che include ogni atomo dell’Universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di “tutto”.
Miliardi di informazioni
Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell’Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni ’20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell’olografia.
Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica. Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe come il cervello riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato.
Quello umano può immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l’equivalente di cinque edizioni dell’Enciclopedia Treccani!). Di converso, si è scoperto che gli ologrammi possiedono una sorprendente possibilità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio.
…Ma anche di idee
La nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall’enorme magazzino cerebrale risulta spiegabile più facilmente, supponendone un funzionamento secondo principi olografici. Inutile, quindi, scartabellare nei meandri di un gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perchè ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: si tratta forse del massimo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata.
Nell’ipotesi di Pribram si analizza la capacità del cervello di tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. ricevute tramite i sensi, nel mondo concreto delle percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio, fungendo da strumento di traduzione per convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente: il cervello usa gli stessi principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori.
Vi è una impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram, ormai condivisa da molti altri neurofisiologi.
Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, pur sordi da un orecchio. Ne risulta che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia.
Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro olfatto percepisce anche le cosiddette “frequenze osmiche” e persino le cellule biologiche sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise.
Ma l’aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm.
Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste. Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione.
In realtà siamo una sorta di “ricevitori” che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di “mondi” esistenti nel super-ologramma.
Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato “paradigma olografico” e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un Universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti “stati alterati di coscienza” potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato.
Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.
Coscienza e visualizzazione
Il paradigma olografico presenta implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure, come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l’illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come “fisico”.
Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche spinge i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l’apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina.
Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell’ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la “visualizzazione” risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la “realtà”.
Il mondo è una tela bianca
Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l’ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro “Gifts of Unknown Things”, il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi.
Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegarle, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà.
In un universo olografico non vi sono limiti all’entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà, perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo.
Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con Don Juan, lo sciamano Yaqui. Nulla di più, né meno, miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. E le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
By Richard Boylan – Fonte: noiegliextraterrestri.blogspot.it – Tratto da: fisicaquantistica.it
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Nell’universo “arcobaleno”, dove il tempo non ha avuto un inizio – 02 Dic. 2013
06/05/2013 – A caccia di onde gravitazionali e della loro origine
06/07/2012 – Un filamento di materia oscura tra due ammassi di galassie
03/10/2007 – La particella che decima la materia oscura
04/07/2011 – Nuovi dati sulla natura quantistica dello spazio
14/10/2013 – L’universo è pieno di crepe? Ce lo diranno le onde gravitazionali
08/07/2003 – Una nuova teoria sull’espansione dell’universo
dalla RIVISTA Le Scienze,
01/06/1997 – I buchi neri e il paradosso dell’informazione
01/09/2003 – L’informazione in un universo olografico
01/06/2007 . La teoria delle stringhe è scienza?
01/08/1997 – Buchi neri e universi paralleli
01/03/2004 – Dalle onde ai buchi neri
01/01/2005 – Computer a buchi neri
01/02/2006 – L’eco dei buchi neri
Forse non c’è mai stato alcun big bang e il tempo non ha mai avuto un inizio ma si estende all’infinito nel passato. Sono queste le conseguenze della cosiddetta “gravità arcobaleno”, un’ipotesi secondo cui le diverse lunghezze d’onda della luce risentirebbero in modo diverso della curvatura dello spazio-tempo. Gli strumenti che potrebbero controllare sperimentalmente questa teoria stanno raggiungendo la sensibilità necessaria di Clara Moskowitz.
Un nuovo approccio per conciliare meccanica quantistica e gravità
Alle radici dello spazio e del tempo
Avventure nello spazio-tempo curvo
Un nuovo sguardo sullo spazio-tempo
La gravità quantistica
Cosmologiafisica teoricaastrofisica
E se l’universo non avesse avuto un principio, e il tempo si estendesse indietro all’infinito, senza un big bang che abbia dato inizio alle cose ? E’ una possibile conseguenza di un’idea chiamata “gravità arcobaleno”, che postula che gli effetti della gravità sullo spazio-tempo si facciano sentire in modo diverso alle diverse lunghezze d’onda della luce, come i diversi colori dell’arcobaleno.
La gravità arcobaleno è stata proposta per la prima volta dieci anni fa come un possibile passo verso la soluzione delle incongruenze tra la teorie della relatività generale (che riguarda il molto grande) e la meccanica quantistica (che riguarda il regno del molto piccolo). Non si tratta di una teoria completa per descrivere gli effetti quantistici sulla gravità, né è ampiamente accettata.
Tuttavia, i fisici hanno applicato il concetto al problema di come l’universo potrebbe aver avuto inizio, scoprendo che, se la gravità arcobaleno è corretta, la storia dell’origine dello spazio-tempo può essere drasticamente diversa dallo scenario del big bang.
Secondo la relatività generale di Einstein, gli oggetti massicci deformano lo spazio-tempo in modo tale per cui tutto ciò che viaggia attraverso di esso, inclusa la luce, segue un percorso curvilineo.
La fisica standard dice che questo percorso non dovrebbe dipendere dall’energia delle particelle che si muovono attraverso lo spazio-tempo, mentre invece è così secondo la gravità arcobaleno.
“Le particelle con energie differenti vedranno effettivamente spazi-tempo diversi e diversi campi gravitazionali”, dice Adel Awad, del Centro di fisica teorica presso la Città della scienza e della tecnologia Zewai, in Egitto, che ha diretto la nuova ricerca, pubblicata a ottobre sul “Journal of Cosmology and Astroparticle Physics”.
Il colore della luce è determinato dalla frequenza, e a diverse frequenze corrispondono energie diverse; le particelle di luce (fotoni) dei diversi colori viaggerebbero così su percorsi dello spazio-tempo leggermente differenti, in funzione della loro energia.
Gli effetti di solito sono piccoli, tanto da non poter notare la differenza nella maggior parte delle osservazioni di stelle, galassie e altri fenomeni cosmici. Ma per energie estreme – come nel caso delle particelle emesse dalle esplosioni stellari note come lampi di raggi gamma (gamma-ray burst) – il cambiamento potrebbe essere rilevabile. In simili situazioni, i fotoni di diverse lunghezze d’onda rilasciati dallo stesso gamma-ray burst raggiungerebbero la Terra in tempi leggermente diversi, dopo aver seguito percorsi leggermente alterati nell’arco di miliardi di anni luce di spazio e tempo. “Finora non abbiamo alcuna prova conclusiva che questo stia accadendo”, spiega Giovanni Amelino-Camelia, dell’Università “Sapienza” di Roma, che ha studiato la possibilità di simili segnali.
Gli osservatori attuali, però, stanno raggiungendo solo ora la sensibilità necessaria per misurare questi effetti, sensibilità che dovrebbe migliorare nei prossimi anni.
Per quanto ormai rare, le energie estreme necessarie a far emergere conseguenze significative dalla gravità arcobaleno, erano prevalenti nel denso universo primordiale, e questo potrebbe significare che le cose siano cominciate in un modo radicalmente diverso da quanto si tende a pensare. Sulla base di interpretazioni leggermente differenti delle ramificazioni della gravità arcobaleno, Awad e colleghi hanno trovato due possibili origini dell’universo.
In uno scenario, se si ripercorre il tempo all’indietro, l’universo diventa sempre più denso, avvicinandosi a una densità infinita senza però mai raggiungerla. Nell’altro scenario, guardando indietro nel tempo, l’universo arriva a una densità estremamente elevata, ma finita, raggiungendo unplateau.
In nessuno dei due casi c’è una singolarità, un punto nel tempo in cui l’universo è infinitamente denso; in altre parole, non c’è un big bang. “Questo è stato, ovviamente, un risultato interessante, perché nella maggior parte dei modelli cosmologici abbiamo una singolarità”, dice Awad.
Il risultato suggerisce che forse l’universo non ha avuto alcun inizio, e che il tempo può perdersi in una infinita lontananza.
Secondo la teoria della gravità arcobaleno, non ci sarebbe stato alcun big bang. (© Rhys Taylor/Stocktrek Images/Corbis)
Anche se è troppo presto per sapere se questi scenari possano corrispondere al vero, sono certamente affascinanti.
“Questo articolo e alcuni altri mostrano che questa idea di gravità arcobaleno potrebbe legittimamente aspirare a un posto nella cosmologia, e questo per me è incoraggiante”, dice Amelino-Camelia, che non è stato coinvolto nella ricerca, ma ha studiato i contesti teorici che permetterebbero lo sviluppo di una teoria quantistica della gravità.
“Nella gravità quantistica stiamo scoprendo sempre più esempi in cui compare la caratteristica che si può chiamare gravità arcobaleno. E’ qualcosa che diventa sempre più avvincente.”
Eppure l’idea ha i suoi critici. “E’ un modello che non credo abbia a che fare con la realtà”, spiega Sabine Hossenfelder del Nordic Institute for Theoretical Physics di Stoccolma, aggiungendo che non è l’unico modo per togliere di mezzo la singolarità del big bang. “Il problema non è rimuovere la singolarità, il problema è modificare la relatività generale in modo coerente, cioè in modo che produca ancora tutte le sue conquiste e, in più, quelle del modello standard della fisica delle particelle.”
Lee Smolin del Perimeter Institute for Theoretical Physics, in Ontario – che per primo, insieme a Joao Magueijo dell’Imperial College di Londra, ha suggerito l’idea di gravità arcobaleno – dice che, nella sua testa, la gravità arcobaleno fa parte di un’idea più ampia, chiamata località relativa. Secondo la località relativa, osservatori situati in diverse località di tutto lo spazio-tempo non saranno d’accordo sul punto in cui avvengono gli eventi; in altre parole, la posizione è relativa.
“La località relativa è un modo più profondo di intendere la stessa idea” di gravità arcobaleno, dice Smolin. Il nuovo articolo di Awad e colleghi, aggiunge, “è interessante, ma prima di credere davvero nel risultato, vorrei riformularlo nel quadro della località relativa. Potrebbero esserci problemi nel modo in cui è scritta la località e dei quali gli autori potrebbero non essere consapevoli.”
Nei prossimi anni i ricercatori sperano di analizzare i lampi di raggi gamma e altri fenomeni cosmici alla ricerca di segni degli effetti della gravità arcobaleno. Se li troveranno, potrebbe significare che l’universo ha una storia più “colorata” di quanto pensato.
(La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 9 dicembre.
Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati) – Tratto da: lescienze.it
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Michio Kaku assicura di avere scoperto la prova scientifica che Dio esiste – 23/03/2014
Uno degli scienziati più rispettati dichiara di aver trovato la prova dell’azione di una forza che ”governa tutto”. Il noto Fisico teorico Michio Kaku ha affermato di aver creato una teoria che potrebbe comprovare l’esistenza di Dio.
L’informazione ha creato molto scalpore nella comunità scientifica perché Kaku è considerato uno degli scienziati più importanti dei nostri tempi , uno dei creatori e degli sviluppatori della rivoluzionaria teoria delle stringhe ed è quindi molto rispettato in tutto il mondo.
Per raggiungere le sue conclusioni, il fisico ha utilizzato un “semi – radio primitivo di tachioni” (particelle teoriche che sono in grado di ”decollare” la materia dell’UniVerso o il contatto di vuoto con lei, lasciando tutto libero dalle influenze dell’universo intorno a loro), nuova tecnologia creata nel 2005.
Anche se la tecnologia per raggiungere le vere particelle di tachioni è ben lontano dall’essere una realtà, il semi-radio ha alcune proprietà di queste particelle teoriche, che sono in grado di creare l’effetto del reale tachyon in una scala subatomica.
Secondo Michio, viviamo in un ”Matrix”: “Sono arrivato alla conclusione che ci troviamo in un mondo fatto di regole create da un’intelligenza, non molto diverso del suo videogioco preferito, ovviamente, più complesso e impensabile.
Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio, un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita.
“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato “caso”, non avrà alcun significato. Per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico.” ha detto lo scienziato.
“I cieli narrano la gloria di Dio, e il firmamento mostra la sua opera”. (Salmo 19:01 )
Tratto da: evidenzaliena
Video in spagnolo dello scienziato:
https://youtu.be/JSdBUyABRNY
L’UniVerso è un desiderio Spirituale che diviene un sogno (Progetto di Vita), creando un suono coerentemente informato, omnipresente nell’Infinità, che fa emanare dal Vuoto quanto meccanico l’in-form-azione/energia (ciò che si sta formando/ con il movimento, la vibrazione), prodotta dal sogno stesso, che per mezzo della Cimatica muove, fa vibrare l’energia informata, emettendo suoni armoniosi e coerenti di informazione, e creando, come un’orchestra, ed in contemporanea, i vari livelli della Mater-Ia cosi informata – La salute e/o la malattia sono solamente la coerenza o l’incoerenza di questo immutabile processo.
TEORIA delle STRINGHE e MULTIVERSO
vedi anche: Energia=Informazione=sostanza +
https://mednat.news/wp-content/uploads/2020/07/universo-11Dimensioni.mp4?_=1
Segue in: Universo Elettrico 1 + UniVerso Elettrico – 2 + UniVerso Elettrico – 3 + UniVerso Elettrico – 4 + UniVerso Intelligente + Energia=Informazione=sostanza + UniVerso Mentale + UNIVERSO ARMONICO + Universo Elettrico (definizione) + UniVerso Olografico + Universo matriosca + Cosmologia, Cosmogonia + Esperimento Archiviato + Chi è, cosa è, dov’è dio ? + INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA-Campi MORFOGENETICI + Teoria del TUTTO + OLO-MERO (la scoperta dell’Infinito Assoluto) + Trans – Uranici + UNIVERSO OLOGRAFICO – IPERSPAZIO + Vuoto QUANTOMECCANICO Intelligente ?+ Le prime parole della Genesi + Galassie madri + Sintesi (il senso della Vita) + Il Big Bang NON esiste + Il tachione di Dio + Teoria dei Gradienti e delle Onde Portanti