UNIVERSO ELETTRICO – 1 (elettro-magnetico)
Universo Elettrico – La prova numerica
In questo “Grande Quadro” del modello di un universo vivente di energia elettrostatica, il Big Bang non si è mai verificato, la Relatività Generale perde importanza e le stelle non sono macchine termonucleari, in parole povere, la scienza ufficiale racconta su questo importante argomento, delle FAVOLE….!
Questa ideologia, è basata su osservazioni ed esperimenti; il modello di questa nuova concezione dell’UniVerso Elettrico unifica le forze nucleari, il magnetismo e la gravita’ come manifestazioni di una forza elettrostatica quasi istantanea.
Ne deriva una NUOVA visione del Cosmo e della nostra collocazione al suo interno.
Ora finalmente esistono riscontri sperimentali che vanno a sostegno dell’UniVerso Elettrico ed a scapito del modello della relatività di Einstein !
Nel modello di questo UniVerso per esempio, la stessa “gravità” è semplicemente una forza elettrostatica BIPOLARE.
Il Campo Elettromagnetico Elettrico è la conseguenza e derivazione dell’UniVerso quale Campo di Plasma Universale (contenente le forze Gravito-Magnetiche e quindi, anche e per livello inferiore di caduta, quelle elettro-magnetiche, Universo nel quale ogni cosaesistente è “immersa” in questo plasma e che a sua volta (ogni cosa) genera in esso il suo proprio Campo di Plasma dalle galassie, alle stelle ai pianeti, fino alle particelle subatomiche. Ed il campo di Plasma Universale od ognuno di quelle cose esistenti nell’universo, proviene dal proprio buco nero, che è la “porta” di ingresso e di uscita sul VuotoQuantoMeccanico.
vedi: Cosmologia e Cosmogonia + Cosa è la Luce ? + Cosa è l’Energia
La radiazione elettromagnetica presente nell’UniVerso indica di quale modello di UniVerso dobbiamo parlare e studiare.
vedi questo video:
https://mednat.news/wp-content/uploads/2020/07/universo-11Dimensioni.mp4?_=1
Le conseguenze e le possibilità di questo tipo di UniVerso sono di ampia portata e rivoluzioneranno tutte le conoscenze attuali !
Il Campo ElettroMagnetico completo, non solo quello rilevato dalle apparecchiature odierne che sono limitate come sensori, è dentro nell’UniVerso elettrico, figlio, generato dal Campo di Plasma dell’UniVerso stesso.
UniVerso Olografico
UNIVERSO al Plasma
Piuttosto che supporre che i media interplanetari e interstellari siano composti da spazio vuoto “empty” o “vacuum”, le reti di fisici a livello internazionale hanno accumulato prove abbondanti per decenni che un oceano di plasma densamente saturo e radiazione cosmica è il vero mezzo su cui i nostri pianeti e il sole si muovono e il nostro sole si muove attraverso il centro galattico della Via Lattea ogni 230 milioni di anni.
Cosa ha incontrato Voyager 2 ?
Mentre Voyager 2 usciva dall’eliosfera (il confine sferico modellato dal campo elettromagnetico del sole) e si spostava nel mezzo interstellare il 5 novembre 2019, i cinque sensori funzionavano ancora sull’imbarcazione lanciata nel 1977 insieme a Voyager-1, misurando l’intensità del campo magnetico, il flusso di radiazioni cosmiche e la densità del plasma hanno prodotto risultati sorprendenti. Dato che l’intensità del campo magnetico proveniente dal sole non veniva più avvertita, si incontrò un oceano di radiazioni cosmiche e plasma estremamente densi. I risultati di Voyager-2 confermano quelle stesse misurazioni che si sono verificate sul Voyager-1 in movimento più veloce quando ha attraversato l’Eliosfera nel 2012 dimostrando che questo non era un “fenomeno localizzato”.
Alcuni dei pionieri più importanti nel modello dell’universo al plasma del tempo spaziale solare e galattico includono i fisici di spicco Kristian Birkland, Winston Bostwick, Anthony Peratt e Hannes Alfvén. Dopo aver vinto il Premio Nobel del 1970 per la sua scoperta della magnetoidrodinamica, lo scienziato svedese Hannes Alfvén scrisse:
“Per comprendere i fenomeni in una determinata regione del plasma, è necessario mappare non solo il campo magnetico ma anche il campo elettrico e le correnti elettriche. Lo spazio è pieno di una rete di correnti che trasferiscono energia e quantità di moto su distanze grandi o molto grandi. Le correnti spesso pizzico di correnti filamentose o di superficie. È probabile che questi ultimi diano spazio, come anche lo spazio interstellare e intergalattico, una struttura cellulare ”.
UniVerso Olografico
La visione galattica di Anthony Peratt
Una delle figure di spicco della scuola dell’universo del plasma è Anthony Peratt (un importante fisico del Max Planck Institute for Physics and Astrophysicse stretto collaboratore con Hannes Alfvén), che ha generato un incredibile modello di strutture a galassia a spirale che si formano all’interno di un plasma carico che ha condotto presso il Los Alamos National Laboratory. È stato a lungo osservato che i plasmi hanno la tendenza a creare minuscole sovrastrutture stazionarie come vortici e sfere (chiamate “solitoni” per la loro somiglianza con il sole). Queste strutture osservate si formano in plasmi per ragioni che non sono state ancora completamente accertate e durano per intervalli di tempo molto brevi. Nonostante la loro misteriosa breve durata, esistono e non possono essere spiegati sotto alcuna analisi matematica che presenta concetti newtoniani di spazio vuoto e “masse” o “forze” evidenti.
Ciò che è anche straordinario è che questo modello non si basa su alcun ricorso all’imposizione di entità immaginarie come i buchi neri o la materia oscura per giustificare la struttura della galassia come i fisici matematici tradizionali sono stati costretti a fare !
Peratt è stato molto chiaro che la difficoltà popolare di accettare questo percorso di principio in fisica è collegata agli effetti velenosi delle ipotesi newtoniane di spazio vuoto e materia sulle menti di molti dei principali scienziati di oggi e ha riaffermato altrettanto recentemente quando ha detto:
“Lo spazio, essendo il più voluminoso del cosmo, quando trattato come puro vuoto, dà un falso senso che la maggior parte dell’universo è in uno stato noto, le uniche incognite sono le masse simili a punti che occupano l’universo di Newton. La scoperta della complessità delle magnetosfere planetarie del plasma ha dimostrato che lo spazio è plasma con una complessità elettrodinamica che supera quella dei primi tre stati della materia. “
Come sopra così sotto
L’identificazione da parte di Peratt delle assunzioni newtoniane come la stampella mentale principale che trattiene i ricercatori nei campi della cosmologia e della fisica atomica è incredibilmente importante.
Qualche parola sarebbe appropriata qui per chiarire come e perché questi presupposti newtoniani si insinuarono nella scienza moderna quando quei brillanti fisici come Max Planck ed Einstein che rivoluzionarono entrambi i domini più di un secolo fa non solo non furono ostacolati dalle ipotesi di Newton, ma in realtà la frantumarono brillantemente.
Durante tutta la loro vita, entrambi gli uomini dichiararono di non applicare il metodo di Newton nel loro lavoro creativo, ma piuttosto quello di Johannes Keplero, il cui lavoro su New Astronomy (1609), On the Six Sided Snowflake (1609) e Harmonice Mundi (1619)non solo crearono la base per una moderna astrofisica che stabilisce le tre leggi di Keplero (in seguito plagiate dal cabalista autistico Isaac Newton della Banca d’Inghilterra), ma pose quella nuova fisica sulle basi dell’armonia musicale.
Continua con molti più particolari, QUI:
https://sadefenza.blogspot.com/2020/02/luniverso-del-plasma-rovescia-la-gabbia.html
vedi: Vuoto quantomeccanico
Teoria R3 – Una semplice Teoria dell’UniVerso – PDF – dell’Ing. Alberto Angelo Conti
Buchi neri dell’Universo simili a quelli atomici – vedi PDF studio-ricerca di fisici
MATERIA OSCURA
Il mistero della materia oscura e dell’energia oscura potrebbe essere presto risolto. Secondo una nuova teoria elaborata dall’astrofisico Jamie Farnes, dell’Università di Oxford, i due elementi sarebbero in realtà un unico fenomeno, simile a un ‘fluido repellente’ caratterizzato da massa negativa, che accelera nella direzione opposta a quella in cui viene spinto e da gravità negativa, che respinge tutto ciò che gli si avvicina. Su di esso ‘galleggerebbe’ la materia conosciuta, dotata di massa e gravità positive.
Secondo l’astrofisico, materia e energia oscure sarebbero un unico fenomeno simile a un ‘fluido’ (NdR: il famoso Etere conosciuto da millenni). La sua teoria confermerebbe quanto suggerito anche da Einstein un secolo fa.
La teoria, pubblicata sulla rivista Astronomy and Astrophysics, sembrerebbe confermare l’ipotesi di Albert Einstein.
Nel 1918, infatti, il padre della relatività fu il primo a suggerire l’esistenza dell’Universo oscuro, introducendo nelle sue equazioni un parametro noto come ‘costante cosmologica’, indicato solitamente con la lettera greca lambda e che oggi è diventato sinonimo di energia oscura.
La descrizione di questa componente fornita da Einstein delineava un Universo pieno di materia con massa negativa. In seguito, gli esperti avevano escluso la sua esistenza perché pensavano che con l’espansione del cosmo la materia oscura si sarebbe rarefatta sempre più, mentre le osservazioni indirette sull’energia oscura dimostravano esattamente il contrario.
Farnes ha superato questo paradosso ipotizzando una continua produzione di massa negativa, che in questo modo non diminuisce con l’espansione dell’UniVerso.
Questo video vi aprirà gli occhi per vedere la realtà anche da un’altro punto di vista
Il MODELLO dell’UniVerso Elettrico
Esso è un coerente “quadro generale” in quanto abbraccia molte discipline ed evidenzia i ricorrenti modelli elettrici che, ad ogni scala consentono di sperimentare in laboratorio la spiegazione degli strani fenomeni energetici rilevati anche nello spazio profondo.
Esso opera a ritroso nel tempo utilizzando osservazioni, piuttosto che partendo da idealizzazioni teoriche, fornendo risposte semplici a problemi attualmente ammantati di “misticismo” e/o di “metafisica” tanto alla moda.
è interdisciplinare e comprensivo di informazioni più logiche e dimostrabili di qualunque altro “modello” descrittivo insegnato anche nelle Universita’. Ovviamente esso non è ancora accettato dagli universitari cosi come altre discipline osteggiate ed alternative, specie in medicina.
Esso indica anche nuove possibilità concrete che vanno molto al di la dei limiti posti dalla scienza accademica attuale.
Esso ha come requisito fondamentale quello di prendere in considerazione la fondamentale natura elettrica degli atomi e delle loro interazioni bioelettroniche
I modelli dell’UniVerso insegnati ufficialmente ed accademicamente sono basati su forze deboli, anzi debolissime (Forza magnetica + Forza gravitazionale) basate sulla neutralità elettrica della materia nei laboratori terrestri, ma NON si possono applicare nello spazio nel quale DOMINA il “Plasma”, ovvero il 4° stato della materia, gli altri 3 sono, quello gassoso, liquido, solido.
Quindi esso privilegia la Cosmologia del Plasma.
La maggior parte della materia presente nell’UniVerso è allo stato di plasma; esso si costruisce e costituisce quando alcuni Elettroni con carica negativa (E-) si separano dai rispettivi Atomi in un gas, lasciandoli con carica positiva (A=ioni+); gli E- e gli ioni+ sono quindi liberi di spostarsi separatamente sotto l’influsso di una tensione applicata o di un campo magnetico, infatti il loro spostamento (E) costituisce una “corrente elettrica”. Le Forze elettriche dominano quelle deboli !
Quindi ciò significa che il Plasma ha come proprietà principale quella di trasportare, meglio dire contenere come un grande mare, la corrente elettrica (onda fluttuante come un pistone che va su e giù), formando “filamenti” onde, di energia che seguono le linee dei campi magnetici, infatti nel Cosmo questi filamenti sono ovunque presenti.
I fisici del Plasma dispongono da più di 10 anni di un modello elettrico delle galassie che funziona con la fisica del mondo reale. Quel modello è in grado di spiegare molto bene e brillantemente le dinamiche e le forme delle galassie senza ricorrere a strane teorie (buchi neri centrali + materia oscura) e spiega molto bene i potenti flussi elettrici osservati fuoriuscire lungo l’asse di rotazione dei nuclei delle galassie attive.
Studi recenti che hanno mappato il campo magnetico di una galassia hanno confermato quel modello elettrico.
I fisici del plasma sostengono che le stelle si formano in virtu’ di un “pizzicotto elettromagnetico” su di un gas e polvere disseminati su larga scala.
Questo “pizzicotto” è determinato dalla forza magnetica presente fra i filamenti di energia paralleli che fanno parte delle imponenti correnti elettriche che fluiscono all’interno di una galassia. Il pizzicotto concentra la materia ed è di gran lunga molto più efficace della forza di gravità e può eliminare il “momento angolare” in eccesso che tende ad impedire il collasso; quindi le stelle si formano su di una stringa = filo di correnti fortissime, sino a quando non prevarrà la gravità.
Le correnti galattiche che creano le stelle continuano a fornire loro energia e le stelle si comportano come elettrodi in una scarica di luminescenza galattica (tutte le stelle possono essere descritte come grandi sfere concentrate di fulmini. La materia interna delle stelle man mano che gli elettroni si spostano verso la superficie assume carica positiva.
La comparsa di stelle è determinata in gran parte dal suo ambiente elettrico e puo’ variare all’improvviso, per cui l’eta’ di una stella è indeterminata !
Quindi la fisica stellare deve essere riportata nell’ambito dell’ingegneria elettrica e nella fisica del Plasma.
Questo modello di UniVerso Elettrico compie un notevole progresso semplificativo unificando le forze nucleari, il magnetismo e la gravita’, come manifestazioni di una forza elettrostatica “quasi-istantanea”; chiunque abbia cercato di accostare due poli uguali di un magnete, ha dimostrato un’azione a distanza; quindi la radiazione elettromagnetica è semplicemente il risultato di una forza elettrostatica oscillante !
A livello atomico questo modello elettrico prende spunto dall’opera di Ralph Sansbury (ricercatore indipendente di N.Y., USA) nella quale vi è il riconoscimento della natura elettrica della materia ed il primato della forza elettrostatica nelle interazioni della materia stessa.
Ma la Materia è di fatto inFormAzione (dato), quindi occorre pensare ad un UniVerso con un Campo proprio (CEUI) che si informa da e per l’InFinito, attraverso il processo dialettico con la materia (che sempre è energia ma molto più densa, cioè a frequenza diversa), ciò significa che il Campo Universale (CEIU) è In-Form-Azione che tende a divenire Sostanza (Materia) e questa a ridivenire Campo in un amplesso duale all’InFinito…….
Commento NdR: ulteriori studi hanno confermato questo affascinante modello descrittivo dell’UniVerso, rileviamo quindi che dobbiamo ripensare non solo i modelli dell’universo insegnati fino ad ora nelle università, ma anche e sopra tutto il tipo di medicina basata solo sulla chimica (artificiale – di sintesi) per passare ad una Medicina Naturale anche basata sulla bio elettronica.
vedi anche Protocollo della Salute
Ricordiamo che:
Le conseguenze e le possibilità di questo nuovo e più ampio concetto di questo tipo di UniVerso sono di ampia portata e rivoluzioneranno tutte le conoscenze attuali !
Il Campo ElettroMagnetico completo, non solo quello rilevato dalle apparecchiature odierne che sono limitate come sensori, è dentro nell’UniVerso elettrico, figlio, generato dal Campo di Plasma dell’Infinito stesso, anche la Terra sta creando il suo “figlio”, questo figlio che nasce e che è vicino alla Terra ed è stato già fotografato dagli scienziati.
https://www.giulianaconforto.it/post/9697
Definizione di Campi Elettromagnetici – Campi elettrici e campi magnetici
Prima che procediate con la lettura, desidero scusarmi con gli specialisti ed i professionisti che conoscono già la materia.
La terminologia che utilizzerò per illustrare i concetti che seguono non sarà sempre rigorosa. Tuttavia, essendo lo scopo di questo sito quello di spiegare con parole semplici ed alla portata di tutti concetti tutt’altro che banali, ritengo che il fine possa giustificare i mezzi e che quindi possiate perdonarmi se il rigore e la precisione scientifica non sono come un’argomentazione di questo tipo richiederebbe.
1- Il campo elettrico
Per capire cos’è un campo elettrico partiamo dall’esperimento che tutti, da bambini o da adulti, abbiamo sicuramente fatto. Si prende un pezzo di plastica (ad esempio una penna) e lo si strofina su della lana (ad esempio un maglione) per qualche secondo. Avvicinando la penna ad alcuni pezzetti di carta questi verranno attratti già quando sono a 4-5 centimetri di distanza dalla penna.
è come se attorno alla plastica che è stata strofinata si fosse creata una “zona” per cui se un qualsiasi pezzetto di carta entra in questa zona viene attratto. Questa zona prende il nome di Campo Elettrostatico o semplicemente campo elettrico.
2- Il campo magnetico
Per introdurre il concetto di campo magnetico facciamo anche in questo caso un esperimento simile al precedente utilizzando però una calamita al posto della penna ed alcuni trucioli di ferro al posto dei pezzetti di carta. Stavolta la calamita non ha bisogno di essere strofinata per attirare i pezzetti di ferro. Analogamente al primo esperimento, i trucioli di ferro sono attratti dalla calamita quando entrano in una “zona” che sta attorno alla calamita. Questa “zona” è tanto più ampia quanto più la calamita è potente e prende il nome di Campo Magnetico.
3 – Quali le diversità tra i due fenomeni ?
Benchè apparentemente simili, i due esperimenti presentano delle diversità sostanziali.
Innanzi tutto la penna strofinata sulla lana, benchè attiri i pezzetti di carta non attira di certo i trucioli di ferro. Viceversa la calamita attira i trucioli di ferro ma non la carta.
Ma l’elemento che distingue maggiormente il fenomeno elettrostatico da quello magnetico è l’impossibilità per quest’ultimo di creare il cosiddetto monopolo magnetico. Cioè mentre è possibile avere un materiale carico elettrostaticamente con segno positivo o con segno negativo, il magnete esiste sempre con entrambe le polarità.
Per provarlo provate a prendere una calamita, constatate che da un lato vi è presente il polo N e dall’altro vi è il polo S. Se ora provate a spezzare la calamita per dividere il polo N da quello S non ci riuscite in quanto otterrete due calamite più piccole, ciascuna con i poli N ed S.
Si veda per chiarezza la figura seguente.
4- Le onde elettromagnetiche
Il legame tra campo elettrico e campo magnetico è frutto di scoperte scientifiche fatte durante il 1800.
Le ricerche hanno portato a constatare che tra campo elettrico e campo magnetico vi è un profondo legame:
Un campo elettrico variabile genera un campo magnetico e viceversa.
Cosa significa questo ? Al solito facciamo un esempio considerando un esperimento.
Al posto della penna dell’esperimento precedente, caricata strofinandola con un panno di lana, prendiamo stavolta un disco di plastica che fissiamo con un perno centrale così che possa ruotare.
Ora strofiniamo il disco con il solito panno di lana, così da caricarlo come per la penna.
Il disco carico genera un campo elettrico, come abbiamo visto in precedenza. Adesso però facciamo ruotare il disco in modo da mettere in movimento le cariche che generano il campo elettrico e produrre quindi un campo elettrico variabile.
Avvicinando al disco in rotazione l’ago di una bussola, quest’ultimo tenderà ad orientarsi verso il disco.
Questa è la prova che il campo elettrico variabile che abbiamo creato ha generato un campo magnetico il quale è rilevabile tramite l’ago di una bussola.
Per provare il viceversa, cioè che un campo magnetico variabile genera un campo elettrico, andiamo a descrivere un apparecchio che tutti, più o meno frequentemente, abbiamo utilizzato: la dinamo della bicicletta.
La dinamo è composta essenzialmente da un magnete che può ruotare all’interno di un avvolgimento di filo di rame. La rotazione del magnete produce un campo magnetico variabile il quale genera un campo elettrico. Vi ricordate cosa fa il campo elettrico ? Attira le cariche elettriche che, nel caso specifico, sono gli elettroni presenti nel rame. Questi muovendosi generano una corrente elettrica che fa accendere la lampadina collegata alla dinamo.
Quindi un campo magnetico variabile genera un campo elettrico che nel caso particolare della dinamo viene utilizzato per muovere gli elettroni e generare quindi una corrente elettrica.
Fu un tale di nome Maxwell che riuscì a descrivere matematicamente questi fenomeni e a sciogliere così ogni dubbio sulle leggi fisiche che regolano i campi elettrici e magnetici.
La deduzione più brillante di queste ricerche, che è oggi alla base delle moderne telecomunicazioni cellulari è che un campo elettrico variabile genera (si dice anche “induce”) un campo magnetico variabile il quale a sua volta induce un campo elettrico variabile che induce un campo magnetico variabile e così via … il risultato è un’onda, detta onda elettromagnetica, che si propaga nello spazio ed è composta da un campo elettrico e da un campo magnetico.
Tratto da: http://www.geocities.com/onde_elettromagnetiche/campi/campi.html
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UNIVERSO Elettrico
Gli scienziati “dissidenti”, promotori della teoria dell’Universo Elettrico, hanno usufruito di nuovi e precisi dati a supporto del loro modello, grazie alla recente missione Deep Impact che ha portato una sonda NASA all’interno di una cometa.
Questo gruppo “dissidente dalla scienza imperante” comprende scrittori, ricercatori, ingegneri elettrici, perfino studiosi di mitologia comparata, ed è guidato dal fisico australiano Wallace Thornhill.
I teorici dell’UniVerso Elettrico, sono accomunati nel sito web: Thunderbolts.info, ed affermano che l’elettricità giochi un ruolo determinante nell’UniVerso, più di quanto non tengano conto i modelli standard gravitazionali, secondo cui le forze elettriche sono insignificanti su scala cosmica.
Essi sostengono che il loro modello può spiegare molti dei bizzarri e misteriosi fenomeni cosmologici del nostro pianeta Terra (per esempio: l’origine dei fulmini) quelli del Sistema Solare e quelli delle Galassie.
Le comete sono un caposaldo di tale modello, date le loro eccentriche orbite intorno al sole.
Secondo questo modello di UniVerso, le comete non sarebbero affatto inerti masse di ghiaccio e polvere di stelle, ma dei solidi piccoli asteroidi contenenti acqua allo stato ghiacciato, carichi negativamente, rispetto allo spazio circostante, che durante il loro moto reagiscono con le cariche positive dei venti solari, producendo quindi il loro caratteristico bagliore e la loro coda.
Cosa molto interessante è che il gruppo dei teorici dell’UniVerso Elettrico, prima del Deep Impact, aveva predetto che vi sarebbero stati due distinti impatti: il primo, a contatto con l’atmosfera elettrificata della cometa, il secondo più violento, a contatto con la superficie.
Ed è esattamente quello che è avvenuto il 4 luglio, lasciando gli scienziati NASA a bocca aperta. “È stato veramente sorprendente”, ha detto Peter Schultz, addetto alla missione. Prima, c’è stato un piccolo lampo, poi una breve attesa, e poi una luce molto più intensa.
Nel frattempo, gli scienziati NASA teorizzano (inventandosi le piu’ strampalate teorie) che l’intensa luce provocata dalla collisione sia dovuta alle tonnellate di polvere stellare sollevata dall’impatto ed illuminata dal sole (ma si “dimenticano” che il primo lampo e’ avvenuto PRIMA dell’impatto).
E che il doppio lampo sia dovuto al fatto che il proiettile del satellite inviato, abbia penetrato due superfici nella cometa: uno strato più soffice e uno più spesso di roccia e ghiaccio.
C’è anche chi ha avanzato un’altra ‘ipotesi, come D. Yeomans, scienziato che lavora nella missione Deep Impact, che la cometa in questione, la Tempel 1, sia differente da quelle standard, il che potrebbe significare che i nuclei di diverse comete possano avere diverse composizioni.
Gli scienziati dissidenti rispondono che le immagini di varie comete ottenute da varie sonde hanno rivelato oggetti rocciosi privi di ghiaccio, mentre altre immagini fornirebbero la prova di scariche elettriche in azione.
Secondo David Hughes, esperto di comete e professore di astrofisica alla University of Sheffield, si tratta di “assoluto non-senso”. Poiché, per essere carico elettricamente, il materiale astronomico dovrebbe essere in forma di gas caldo ionizzato, conosciuto come plasma. “L’interno di una cometa ha una temperatura tipica di -100 gradi Celsius. È da escludere la possibilità di elettricità sulla sua superficie”, ha detto Hughes.
A meno che le cose stiano diversamente da ciò che gli scienziati ufficiali continuano a raccontare, senza averne le prove dimostrative, che guarda caso dimostrano al contrario che essi hanno torto !
Per avere delle risposte certe a questa questione, occorrerà comunque attendere i dati delle letture a raggi-x e le analisi spettroscopiche.
Questa notizia è stata pubblicata dal periodico “Wired News”.
Vedi anche: Thunderbolts.info – Deep Impact website – Stardust – Comet Wild 2 Images
vedi le ultime notizie in:
http://www.electric-universe.info/
http://www.electric-universe.de/
http://www.electric-universe.org/
http://www.knowledge.co.uk/sis/talk0010.htm
http://www.bibliotecapleyades.net/esp_electricuniverse03.htm#2.%20%20%20The%20Electric%20Universe
http://public.lanl.gov/alp/plasma/universe.html
http://www.thunderbolts.info/tpod/2005/arch05/050301pithballs.htm
http://www.electric-cosmos.org
http://www.kronia.com/newsletter.asp
In questo sito si dimostra che la teoria del Big-Bang è errata: http://www.haltonarp.com/
http://www.holoscience.com/news.php?article=zj49j0u7
http://www.margheritacampaniolo.it/Feltri/crateri.htm
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L’Esplosione che ha Distrutto la Teoria Solare
di Dave Talbott e Michael Armstrong – Thunderbolts.info 25-6-2005
Traduzione per Disinformazione.it a cura di Stefano Pravato
Nel gennaio 2005 sul Sole sono successe cose notevoli e gli esiti si stanno ancora ripercuotendo all’interno della comunità scientifica. Tra il 15 e il 19 gennaio vi sono state quattro potenti eruzioni con conseguenti getti solari dal gruppo di macchie 720, mostrato in figura. Poi, il 20 gennaio, la quinta esplosione ha prodotto un’eiezione di massa coronale (CME) che ha raggiunto delle velocità incomparabilmente maggiori a quelle mai registrate dagli astronomi per simili fenomeni. Mentre di solito le particelle cariche emesse da queste eruzioni ci mettono più di 24 ore per raggiungere la Terra , in questo caso c’è stata una eccezione incredibile. Sono bastati trenta minuti dall’esplosione perché la Terra (distante circa 144 milioni di km dal Sole) fosse immersa in quella che gli scienziati NASA hanno definito “la più intensa tempesta protonica da decenni”.
Le tempeste protoniche prendono il loro nome dalla “pioggia” di particelle di carica positiva che ci arriva quando l’eiezione di massa raggiunge la Terra.
Una delle ragioni per cui le tempeste protoniche sono tenute sotto controllo è che esse interferiscono pesantemente con le comunicazioni satellitari e possono persino penetrare l’esterno degli scafandri e dei vestiti spaziali facendo seriamente ammalare gli astronauti. Ma per i sostenitori delle più popolari teorie sul Sole, questa “tempesta” è stata ancor più irritante. Secondo un comunicato NASA, l’evento “ha scosso le fondamenta della teoria “meteorologica spaziale””.
Gli astronomi come spiegavano, prima di questo evento, le tempeste protoniche ?
La storia delle “Headline News” della NASA ci racconta che l’eiezione di massa “comincia con un’esplosione, solitamente al di sopra di un gruppo di macchie. Le macchie sono posti in cui campi magnetici di forte intensità attraversano la superficie del Sole.
Per ragioni che ancora nessuno comprende completamente, questi campi possono divenire instabili ed esplodere, rilasciando l’energia equivalente a quella di 10 miliardi di bombe all’idrogeno”.
Eiezioni potenti possono emettere un miliardo di tonnellate di materiale solare. In genere questo materiale viaggia relativamente lento. “Anche le più veloci, viaggiano alla velocità di 1000/2000 km/s e impiegano un giorno o due per raggiungere la Terra. Si capisce che una CME è appena arrivata quando si vedono le aurore nei cieli”.
Ma come fa il materiale emesso a raggiungere la sua velocità? Anche le eiezioni comuni viaggiano sempre più veloci allontanandosi dal Sole, raggiungendo velocità di migliaia di chilometri al secondo o più. La teoria ipotizza che tale accelerazione si spieghi con l’”onda d’urto” che la CME produce. “Le onde d’urto davanti alla CME possono accelerare questi protoni nella nostra direzione – e da qui la tempesta protonica”.
Ma la storia ci insegna che questa teoria dovrà “presto essere rivista”. Il perché è presto detto: sebbene le velocità delle ordinarie CME siano già impressionanti e abbiano costituito un profondo mistero per decenni, non sono nemmeno confrontabili con la velocità raggiunta dalla CME del 20 gennaio. La luce che giunge dal Sole, o da un “flare” solare, raggiunge la Terra in 8 minuti.
Un’eiezione che raggiunga la Terra in 30 minuti deve essere rapidamente accelerata fino ad una velocità superiore a un quarto di quella della luce.
Da un punto di vista tradizionale ciò non è nemmeno pensabile. Eppure è proprio quello che è successo.
Come vedono tutto ciò i non tradizionali teorici dell’Universo Elettrico ?
Per lo più sono divertiti dal trambusto. In questo universo, ora osservato con strumenti migliori e più versatili, si possono osservare spesso getti di plasma e materiale eiettato raggiungere velocità prossime a quella della luce. In termini elettrici la spiegazione è diretta e ovvia: i campi elettrici presenti nello spazio accelerano le particelle cariche che vi sono immerse. Su questo principio di elettricità non c’è contendere. Senonché, escludendo i campi elettrici dai loro modelli teorici, gli astrofisici e gli astronomi, sono rimasti senza nessun meccanismo che renda conto delle cose che ora vedono. Una dopo l’altra, le loro ipotesi introdotte ad hoc, devono essere abbandonate.
I teorici elettrici accettano i fatti osservati riguardanti le CME, e considerano il contesto teorico degli astronomi come un disastro decennale. Non è né sufficiente né accurato descrivere le macchie come “posti in cui campi magnetici di forte intensità attraversano la superficie del Sole”. Si tratta di un’affermazione che non rende conto completamente dei campi magnetici stessi e lascia le macchie associate senza spiegazione. Quando la storiella della NASA dice che i campi magnetici “diventano instabili ed esplodono, rilasciando l’energia equivalente a quella di 10 miliardi di bombe all’idrogeno”, aggiunge che “nessuno comprende completamente” come ciò succeda.
Gli autori di quelle news chiaramente non hanno familiarità con le scariche elettriche nei plasmi, fenomeno descritto dettagliatamente dal premio Nobel Hannes Alfvén, il fondatore della cosmologia del plasma. I contributi di Alfvén poggiavano sull’osservazione diretta delle scariche di plasmi effettuate nei laboratori. Egli descrisse come gli strati isolanti delle strutture a cellula che si formano nei plasmi elettrificati spesso si rompano, determinando instabilità. Tali instabilità sono caratterizzate dalle energiche esplosioni che vediamo sopra le macchie.
Ma anche se le spiegazioni sono ovvie agli occhi dei teorici elettrici, esse sembrano sfuggire ai fisici solari. Riflettendo sull’emissione del 20 gennaio, l’astrofisico Robert Lin di Berkeley, UC, ha detto: “Abbiamo un indizio importante”. Egli ha notato che quando si è prodotta l’esplosione, il gruppo 720 era posto in un punto speciale del Sole: 60 gradi longitudine ovest.
Lin ritiene che ciò sia significativo perché da questo punto “la macchia era connessa magneticamente con la Terra ”. Con ciò egli intende che le linee magnetiche del campo magnetico solare, uscendo da quel punto e proseguendo nel loro cammino spiraleggiante, portano direttamente sulla Terra. Un articolo della NASA la chiama “una super-autostrada per i protoni che partono dal gruppo 720 alla volta del nostro pianeta”.
Sebbene l’articolo descriva accuratamente l’”autostrada” imboccata dalle particelle cariche, in chiusura esso riporta “Come vengano accelerate, resta comunque un mistero”. è un mistero solo per loro. Né Lin, né l’autore di quell’articolo hanno familiarità con le “correnti di campi allineati” descritte da Alfvén. Seguendo la direzione dei campi magnetici indotti, le correnti elettriche si muovono efficientemente, come su linee di trasmissione, attraverso le ampie distanze dello spazio interplanetario, interstellare e intergalattico.
Anthony Peratt, specialista del Plasma, nel suo libro di testo The Physics of the Plasma Universe, inizia la descrizione delle correnti di campi allineati con questa panoramica: “…campi elettrici allineati lungo la direzione del campo magnetico accelerano liberamente le particelle. Elettroni e ioni sono accelerati in direzioni opposte, originando una corrente lungo le linee del campo magnetico.”
Donald Scott, professore di ingegneria elettrica in pensione, non va per il sottile parlando della scarsa conoscenza dei fenomeni elettrici di certi astrofisici: “Ogni studente di fisica che abbia sentito parlare di carica elettrica e campi elettrici sa che la maniera più semplice per accelerare delle particelle cariche è di applicare loro un campo elettrico. L’accelerazione delle particelle del “vento” solare cariche positivamente è evidentemente un fenomeno elettrico. è previsto con accuratezza dal modello Elettrico del Sole”.
La CME che viaggia a un quarto della velocità della luce del 20 gennaio non è quindi solamente un’eccezione isolata al “normale” vento solare. Dimostra che la spiegazione “normale” del vento solare è errata e inadatta a rendere conto degli estremi raggiungibili dal comportamento del vento solare. In talune occasioni, il vento si è annullato, evento questo altrettanto inesplicabile, all’interno della teoria standard, della CME del 20 gennaio. L’accelerazione elettrica del plasma riesce a prevedere ogni aspetto del comportamento del vento. (Un Grazie a Michael Armstrong per la maggior parte dei contenuti oggettivi in questo articolo)
Tratto da: disinformazione.it
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I cosmologi ci dicono fondamentalmente due cose sul Sole
la prima che funziona attraverso un processo chiamato “fusione termonucleare”, nel quale un elemento (idrogeno) si trasforma in un altro (elio), trasformazione che avviene per le altissime temperature (nell’ordine di milioni di gradi) in cui si trova il nucleo della stella; il risultato di questo processo è l’irradiazione nel cosmo di immense quantità di energia che dalla Terra si percepiscono come luce e calore.
La seconda cosa che i cosmologi dicono riguardo il Sole è che una volta esaurito il combustibile attraverso successive fasi evolutive morirà, diventando prima una Gigante Rossa, la quale espandendosi ingloberà e distruggerà la Terra, poi una Supernova, che esplodendo cancellerà per sempre il sistema solare.
Alla base della cosmologia c’è la considerazione secondo la quale l’UniVerso è governato dalla forza di gravità…., secondo la concezione classica newtoniana.
L’UniVerso è nato circa 20 miliardi di anni fa in seguito ad una primordiale esplosione (Big Bang), e da allora non ha mai smesso di espandersi; le galassie che lo compongono infatti si allontano le une dalle altre a velocità che aumentano all’aumentare della distanza.
Come le stelle anche l’UniVerso morirà e la sua sarà una morte termodinamica per mancanza di energia.
L’UniVerso che conosciamo, ci dicono i cosmologi, è assolutamente vuoto, la materia è infatti concentrata nelle galassie, nelle stelle e nei pianeti.
All’indomani dell’affermarsi nella fisica della Teoria della Relatività e della Meccanica Quantistica, i cosmologi hanno cercato, nella fisica teorica prima e nella fisica delle particelle poi, un aiuto per comprendere meglio i fenomeni dell’UniVerso.
Nel 1920 il cosmologo inglese Sir Arthur Eddington ipotizza per primo che il Sole funzioni come una immensa macchina termonucleare, avvalorando così il ben noto principio di equivalenza E=mc2 (che sarà tragicamente confermato nel 1945 a seguito delle due esplosioni nucleari sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki).
Per tutto il XX secolo, ed a tutt’oggi, qualsiasi ipotesi alternativa ad un Universo gravitazionale, vuoto e nato dal Big Bang, è stata sistematicamente rigettata.
Ma non tutti i ricercatori accettano o hanno accettato le teorie di Einstein (Relatività) e di Gamow (sul Big Bang) !
Nel 1944 un membro dell’Associazione Inglese per le ricerche sull’elettricità, il dottor Charles E.R. Bruce, elabora un modello scientifico del Sole che non collima con le teorie di Eddington; infatti Bruce afferma che la fotosfera del Sole ha l’apparenza, la temperatura, e lo spettro di un arco elettrico.
Nel 1972 un ingegnere, Ralph Juergens, sviluppa il lavoro di Bruce, arrivando alla conclusione che il Sole, oltre ad essere l’oggetto più elettricamente carico del sistema solare, giace all’interno di un più ampio campo elettrico che fa capo alla galassia.
In verità che l’elettromagnetismo fosse una caratteristica intrinseca dell’Universo e alla base del probabile funzionamento del Sole fu ipotizzato da vari scienziati.
Nel 1899 Bigelow, durante l’osservazione di un eclissi, pensò che il Sole potesse essere un magnete, in virtù del comportamento tipicamente elettrodinamico della corona. Qualche anno più tardi, con la spettroscopia, si notò che l’origine delle macchie solari era da ricercare nei fenomeni elettromagnetici.
Nel 1919 Larmor, in virtù delle osservazioni che confermavano l’esistenza di correnti elettriche su scala galattica, propose che queste potessero essere generate da un processo analogo a quello della “dinamo”.
Negli anni 50 Enrico Fermi, studiando il comportamento dei raggi cosmici ipotizzò, quale generatore della loro accelerazione, l’interazione delle particelle con “nuvole magnetizzate”.
A questo punto non si può non notare una palese dicotomia nelle scienze cosmologiche, dove da un lato le osservazioni e gli esperimenti, anche di illustri scienziati, portano a pensare accettata l’ipotesi di un Universo dove l’elettromagnetismo sia una presenza tangibile con cui fare i conti; dall’altro le teorie correnti in ambito astrofisico negano possa esistere un qualsivoglia mezzo universale elettromagnetico, basando questa negazione sul risultato dell’esperimento del 1886 di Michelson e Morley sull’esistenza dell’etere, e più tardi sulla Relatività.
In breve per Einstein (Relatività) e Gamow (Big Bang) l’Universo è assolutamente vuoto, governato dalla gravità, dove l’elettromagnetismo è confinato in alcune manifestazioni stellari. Ma le osservazioni sembrano andare in direzione opposta.
Perché dunque la scienza ufficiale accetta due teorie (relativita’ e big bang) che forse, o quasi sicuramente, sono in antitesi con le osservazioni ?
Abbiamo ritenuto necessario avviare una ricerca storica in ambito scientifico riguardante Sir Arthur Eddington, che come abbiamo già visto, oltre a proporre la teoria del Sole termonucleare, diede la convalida della Relatività Generale.
Infatti nel 1919 si recò ai tropici per osservare e documentare un’eclissi di Sole e dimostrare (fotografando il fenomeno), come la gravità di un corpo potesse deviare la luce delle stelle, in accordo con le previsioni teoriche di Einstein.
I dati raccolti da Eddington e le sue lastre fotografiche furono controllati nel 1930 da un fisico (Poor) il quale notò come l’85% dei dati scientifici rilevati furono scartati e ritenuto valido solo il restante 15%, che guarda caso era coerente con le costanti di scala di Einstein.
Successivamente Eddington presentò i risultati ad una conferenza alla Royal Society, durante la quale confermò tra le altre cose la validità della Relatività Generale, e nella quale si guardò bene dal dire che la luce delle stelle, in quelle lastre scartate, aveva una direzione trasversale a quella attesa o addirittura opposta; insomma la maggioranza delle stelle non né voleva proprio sapere di avvalorare la teoria della Relatività !
Lo stesso Poor così commentò: “…..
La formula matematica, in base alla quale Einstein ha calcolato la sua deviazione di 1,75 secondi perché i raggi di luce oltrepassino il margine del Sole, è una nota e semplice formula di fisica ottica; non uno solo dei concetti fondamentali relativi alla variabilità del tempo o alla curvatura o torsione dello spazio, alla simultaneità, o alla relatività del moto, è in alcun modo implicato nella previsione o nelle formule di Einstein inerenti alla deviazione della luce …..
Alle molte ed elaborate spedizioni in occasione dell’eclisse, di conseguenza, è stata attribuita un’importanza fittizia; i risultati di tali iniziative non possono dimostrare né confutare la teoria della relatività …..
Lo spostamento stellare di per sé, ammesso che sia reale, non mostra la minima attinenza con le deviazioni previste da Einstein: non concordano né nella direzione, né nelle dimensioni o nel tasso di diminuzione della distanza dal Sole”.
Nel 2002, in un articolo pubblicato dal British Institute of Precise Physics, si sottolinea come le macchine fotografiche a calotta utilizzate da Eddington nel 1919, avevano una precisione di 1/25°. In funzione di questo parametro, risulta che i dati pubblicati da Eddington a sostegno della Relatività sono “ 200 volte troppo precisi “.
Sir Arthur Eddington ha volutamente falsificato dei dati scientifici avvalorando una teoria, smentita dalle osservazioni, che ha condizionato e sta condizionando la ricerca scientifica in fisica e in astronomia.
Se i metodi usati da Eddington per confermare la Relatività sono falsi, si può credere alla sua teoria del Sole termonucleare ? Come si può pensare che uno scienziato il cui metodo è l’inganno, possa proporre teorie scientifiche in sintonia con “l’etica “ della scienza, e la scienza ha veramente un’etica se permette a teorie non avvalorate da osservazioni (Relatività) di avere visibilità, ma soprattutto di essere divulgate e sostenute in un contesto sociale ? Quindi come minimo possiamo sollevare un ragionevole dubbio su ciò che la scienza spiega, relativamente al funzionamento e all’ essenza stessa dell’Universo in generale e del Sole in particolare.
Più precisamente pensare a ragion veduta che Sole e Universo non siano assolutamente quello che crediamo che siano !
Ci siamo resi conto però che le ipotesi di Bruce e Juergens, anche se avvalorate da parametri osservativi e rilievi strumentali (spettroscopia, raggi “X”, termografia, ecc.), per essere convalidate senza ombra di dubbio, dovevano avere una conferma indiretta, da parte di un organo scientifico “ufficiale” (NASA, ESA, MIT, JPL, ecc…).
Un fenomeno solare espletatosi nel Gennaio del 2005 ci ha dato la conferma di quanto andavamo cercando !
La cosmologia spiega come le esplosioni che caratterizzano la corona solare avvengono normalmente, in corrispondenza delle cosiddette “macchie solari”, le quali sono zone in cui persistono dei potentissimi campi magnetici che attraversano la superficie del Sole.
Quando questi campi diventano instabili esplodono, dando vita alle manifestazioni visive che prendono il nome di C.M.E. (Eiezione di massa coronale).
Le C.M.E. sono la causa di quelle che chiamiamo “tempeste solari”; in pratica una pioggia di particelle con carica positiva (protoni e altro), che normalmente raggiungono la Terra dopo circa 24 ore dall’emissione.
Nel Gennaio 2005, nell’arco di 5 giorni, si sono susseguite dallo stesso gruppo di macchie (Sunspot 720) ben 5 C.M.E., successive ad esplosioni, l’ultima della quali ha raggiunto la Terra dopo soli 30 minuti.
Per i cosmologi quanto successo è semplicemente impossibile, ma soprattutto inspiegabile !
Perché dunque una normalissima C.M.E. improvvisamente ha avuto questo comportamento anomalo ?
Ritorniamo per un momento al Sole; la sua parte esterna è composta da tre zone:
– la fotosfera (interna), la cromosfera e la corona entrambe formate da plasma (gas elettricamente carico ad altissima temperatura).
Queste tre zone hanno temperature che vanno dai 5.000 gradi Kelvin della fotosfera (la zona interna) ai 20.000 gradi della superficie della cromosfera, fino ai 2 milioni della corona (la zona esterna).
Questi dati strumentali, relativi alle temperature, sono stranamente in contrasto con l’asserzione classica di un Sole termonucleare con un nucleo caldissimo ed una temperatura che decresce allontanandosi da esso.
La condizione di aumento delle temperatura con l’allontanamento dal nucleo, si può spiegare solo all’interno di un modello elettrodinamico del Sole, esattamente come avevano supposto Bruce e Juergens.
Per cui la strabiliante velocità raggiunta dal flusso di particelle, durante la quinta eiezione di massa coronale avvenuta in gennaio 2005, che ha impiegato solo 30 minuti per raggiungere la Terra, la si può spiegare solo considerando L’Universo, per dirla come Enrico Fermi, pervaso da “nuvole magnetizzate”; infatti, per accelerare un flusso di particelle, bisogna immetterle in un campo elettrico (esattamente quello che succede negli acceleratori – il nostro LINAC di Frascati, o l’LHC del CERN di Ginevra), ed è proprio quello che è successo ai protoni emessi durante il quinto brillamento del gennaio 2005 quando hanno incontrato i campi generati dalle correnti elettriche presenti nel sistema solare.
A questo punto però sorge spontanea una domanda: perché è stata accelerata solo la quinta eiezione coronale, mentre le precedenti e le successive no?
Siamo nuovamente andati alla ricerca delle probabili cause, ci ha dato una meno la NASA stessa:
Fonte NASA, 30 Ottobre 2008.
L’astrofisico David Sibeck (Goddard Space Flight Center) ha rilevato l’esistenza di quello che ha denominato FTE (evento di trasferimento di flusso), praticamente ogni 8 minuti i campi magnetici del Sole e della Terra si fondono, formando un portale attraverso il quale fluiscono particelle ad alta energia.
Questo portale ha l’aspetto di un cilindro, il cui diametro è all’incirca quello della Terra. A commento della sua scoperta Sibeck ha detto: “Dieci anni orsono ero alquanto sicuro che non esistesse, ma ora le prove sono incontrovertibili”.
Molti interrogativi restano senza risposta. Per quale motivo i portali si formano ogni otto minuti ? In che modo si torcono e attorcigliano i campi magnetici all’interno del cilindro ?
Il quinto brillamento del gennaio 2005 è stato accelerato in maniera anomala, semplicemente perché il portale che collega la Terra al Sole in quei 30 minuti non era attivo, e anche perché il gruppo di macchie Sunspot 720 puntava esattamente verso la Terra.
Abbiamo visto come l’ipotesi sostenuta dalle teorie correnti di un vuoto cosmico assoluto sia smentita dalle osservazioni e dai resoconti anche di organismi scientifici ufficiali e che, al contrario, l’ipotesi di un Universo pervaso da flussi di correnti elettriche ed immensi campi magnetici su scala galattica sia molto più vicino alla realtà di quanto la “scienza ufficiale” voglia far credere.
è d’obbligo, a questo punto, introdurre vari approfondimenti tecnici per una migliore comprensione dei ragionamenti che andremo in seguito a sviluppare.
A) – Campo magnetico terrestre
Da quando fu individuato gli scienziati si sono chiesti quale fosse l’origine.
Una delle prime ipotesi concepiva la Terra formata da un nucleo centrale di ferro magnetizzato allo stato liquido; ma quando si scoprì che nel ferro il magnetismo decade oltre una certa temperatura, definita “temperatura di Curie” (1043° K), e che il nucleo ferroso del pianeta era ad una temperatura ben superiore, l’ipotesi decadde automaticamente.
William Gilbert nel XVII secolo, sosteneva che la Terra ruotasse perché magnetica.
P.M. Blackett, formulò un’ipotesi opposta, e cioè che la Terra fosse magnetica perché ruotava, e che questa fosse una caratteristica “intrinseca universale” di ogni oggetto rotante; in analogia al comportamento ed alle caratteristiche dei protoni e degli elettroni (spin e magnetizzazione intrinsechi).
La teoria fu scartata quando si constatò, tramite esperimenti, che la rotazione di corpi non produceva magnetizzazione misurabile.
Fu il concetto della “dinamo” di Faraday ad ispirare la soluzione e a formulare l’ipotesi, attualmente accettata, sull’origine geologica del campo magnetico terrestre; infatti la cosiddetta “teoria della dinamo geomagnetica” prevede la formazione del “campo magnetico” in virtù dei moti fluidi del nucleo conduttore, attraverso un “campo magnetico iniziale” che produce corrente, la quale a sua volta produce un campo che si amplifica e si somma a quello iniziale, dando origine a quello che conosciamo come “campo magnetico terrestre” (ho volutamente riassunto il principio, il quale da un punto di vista strettamente scientifico è un po’ più complesso, visto che prende in considerazione le forze di Coriolis per i moti di fluidi in rotazione e l’ipotesi di Rikitake sulla doppia dinamo per spiegare l’inversione dei poli).
Il campo magnetico terrestre è un campo dipolare, ha cioè due poli di carica opposta, definiti convenzionalmente Polo Nord e Polo Sud, i quali divergono dai Poli geografici.
L’asse magnetico è inclinato di 11.3° rispetto all’asse di rotazione.
I poli magnetici non sono statici in quanto migrano costantemente e, nel corso del tempo, invertono anche la posizione.
Le linee di forza si comportano esattamente come quelle di una normale barretta magnetica dipolare (tipico esempio della calamita e della forma che assume la limatura di ferro posta accanto); nello spazio il campo magnetico assume una forma geometrica approssimativamente toroidale schiacciata sul lato rivolto al Sole, e toroidale allungata su quello opposto; ciò è dovuto all’interazione con il vento solare.
La cavità che si viene a creare nel flusso di vento solare, quando questo incontra il campo magnetico terrestre, viene chiamata “Magnetosfera”
La magnetosfera sul lato rivolto al Sole si estende fino 60/80.000 Km, sul lato opposto fino a 300.000 Km; in una zona approssimativamente intermedia della magnetosfera, esistono delle regioni (fasce di Van Allen) caratterizzate dalla presenza di particelle cariche (elettroni – protoni), di origine solare, rimaste intrappolate nel campo terrestre.
La magnetosfera scherma la Terra dal vento solare e dai raggi comici.
B) – Fisica dei plasmi
Riporto l’introduzione ad un capitolo, tratto dal corso di laurea specialistica in Astrofisica e Fisica cosmica dell’Anno Accademico 2009-2010 presso il Dipartimento di Fisica Generale dell’Università di Torino (Dr. Attilio Ferrari / Dr. Gianluigi Bodo)
CAPITOLO 7 – ELEMENTI DI FISICA DEL PLASMA
Sebbene la struttura dell’Universo su tutte le scale (pianeti, stelle, ammassi di stelle, galassie, ammassi di galassie) sia dominato dall’interazione gravitazionale, appare evidente dall’insieme dei dati osservativi che l’interazione elettromagnetica è determinante per la loro morfologia e nella fisica dei loro processi evolutivi. Ciò è dovuto essenzialmente al fatto che la materia cosmica si trova per il 99% in stato di alta ionizzazione ed alta mobilità delle particelle, cioè sotto forma di plasma ad elevata conducibilità e non di gas neutro. Perciò le forze coulombiane creano elevati campi elettrici non appena si sviluppi una sia pur piccola separazione di carica; e, per le stesse forze, le cariche seguono moti collettivamente ordinati e producono correnti, campi elettromagnetici variabili e forze elettrodinamiche.
Lo studio dei fenomeni astrofisici in cui siano determinanti gli effetti elettromagnetici è indicato spesso con il termine di “Astrofisica dei Plasmi”, dove il termine plasma viene riferito ad un insieme di particelle in cui la presenza di cariche elettriche libere sia in grado di produrre effetti collettivi.
Il modello di più vasta applicazione in astrofisica è, a tutt’oggi, il modello magnetoidrodinamico, proposto da Alfvén e Cowling negli anni 50, equivalente al modello fluidodinamico discusso nel precedente Capitolo: è infatti basato sul principio di trattare la dinamica dei plasmi come quella di sistemi collettivi fluidi dotati di conducibilità elettrica e quindi soggetti a forze elettromagnetiche.
Le correnti elettriche, prodotte dal moto delle cariche indotto dai campi esterni, modificano i campi elettromagnetici; tali nuovi campi portano coerentemente ad una modifica delle caratteristiche del moto. La sequenza ciclica di processi implica che fluido e campi siano dipendenti attraverso un processo di interazione altamente non lineare.
La trattazione matematica deve essere quindi impostata sul seguente sistema di equazioni:
– equazioni del campo elettromagnetico (equazioni di Maxwell);
– equazioni fluide di continuità, del moto e del bilancio energetico, includendo le forze elettrodinamiche (forze di Lorentz);
– equazioni che collegano le proprietà dinamiche ed elettrodinamiche del fluido, campi, correnti conducibilità elettrica, conducibilità termica e coefficienti di trasporto in genere, alle grandezze macroscopiche, temperatura, densità, pressione, velocità (legge di Ohm generalizzata).
Si tratta di un sistema molto complesso, tanto più che in molti fenomeni astrofisici energetici, va utilizzata la dinamica relativistica. In realtà i fenomeni di plasma sono ancora più complessi di quanto possa riprodurre la teoria magnetoidrodinamica.
Anche per i plasmi, come per i fluidi neutri, la rappresentazione dell’insieme dei fenomeni richiede l’uso della teoria cinetica, in quanto le proprietà fisiche vengono a dipendere dalla forma dettagliata delle funzioni di distribuzione dei vari tipi di particelle.
L’idea di applicare l’elettrodinamica in astrofisica, nacque dall’osservazione della corona solare durante le eclissi.
Nel 1899 Bigelow ebbe l’intuizione che il Sole potesse essere un gigantesco magnete dalla somiglianza dei pennacchi coronali con le linee di forza tracciate da limatura di ferro intorno ad una sfera magnetizzata.
Questi suggerimenti qualitativi, che Schuster estese fino a proporre che tutte le stelle fossero grandi magneti rotanti, motivarono Hale ad eseguire la misura del campo magnetico solare con esperimenti di spettroscopia Zeeman che ebbero successo nel 1908: risultò che il campo delle macchie solari deve raggiungere i 103 gauss.
Poiché anche la Terra possiede un campo magnetico, la presenza di effetti elettrodinamici in astrofisica fu da allora accettata.
Nel 1919 Larmor avanzò la prima teoria dinamo per spiegare la produzione di campi magnetici persistenti su scala astrofisica.
Nel 1933 Cowling discusse come il campo potesse essere trasportato alla superficie da moti convettivi subfotosferici a formare le macchie solari, proponendo euristicamente il principio di congelamento delle linee di forza in mezzi conduttori fluidi.
Kiepenheuer ne dedusse che materiale solare espulso dalla corona potesse portare con se un campo magnetico: si trattò della prima ipotesi di un vento solare magnetizzato.
Nel 1937 Ferraro derivò la legge di isorotazione, secondo la quale una massa fluida, magnetizzata e rotante in modo differenziale, è stabile solo qualora la velocità angolare sia costante su superfici equipontenziali del campo magnetico: diversamente lo “stiramento” del campo magnetico, congelato dalle linee di forza, farebbe nascere un campo toroidale e di conseguenza una forza di reazione.
Un altro campo di indagine, che fu di grande stimolo per lo sviluppo dell’elettrodinamica cosmica, fu lo studio delle tempeste geomagnetiche, da parte di Chapman e Ferraro (1932-1933).
Questi autori, provarono che esse sono dovute all’interazione del gas ionizzato emesso dal Sole, con il campo magnetico dipolare terrestre.
Infine nel 1942 Alfvén formulò le equazioni complete della magnetoidrodinamica ideale, cioè per mezzi a conduttività elettrica infinità, derivando il “Teorema del congelamento del plasma – campo magnetico”; ricavò inoltre l’apparire di un nuovo tipo di onde nei fluidi conduttori, proprio dovuto all’interazione tra campo magnetico e fluido.
Le linee di campo sono dotate di tensione e quindi una perturbazione può propagarsi lungo esse, analogamente a quanto avviene per le corde vibranti. Queste onde esistono sia in mezzi compressibili, sia incompressibili e permettono il trasporto di energia su lunghe distanze senza il trasporto di materia; in gas incompressibili non carichi elettricamente, le onde non possono invece propagarsi.
Un altro importante concetto, introdotto da Alfvén, fu quello di centro di guida, con il quale si può discutere in maniera completa il moto di particelle cariche singole in campi elettromagnetici comunque complessi, isolando la girazione intorno alle linee magnetiche da moti di deriva traversa e da moti longitudinali alle linee.
Con questo metodo Singer poté calcolare le traiettorie delle particelle cariche provenienti dal Sole e intrappolate dal campo magnetico terrestre, ricavando l’esistenza delle fasce di Van Allen, molto prima della loro scoperta.
Di conseguenza fu possibile interpretare la fenomenologia della magnetosfera terrestre, con le tempeste geomagnetiche, la coda geomagnetica e le zone di dissipazione.
Dal 1950 l’elettrodinamica venne largamente applicata allo studio della fenomenologia dell’attività solare: macchie, brillamenti, protuberanze, ciclo solare, vento; venne in particolare messo in evidenza che le strutture magnetoidrodinamiche sono instabili, possono cioè deformarsi e distruggersi su tempi scala anche relativamente rapidi. Inoltre il concetto ideale di “congelamento plasma – campo magnetico”, venne progressivamente rilassato per tenere conto degli effetti di dissipazione delle correnti tramite la conduttività (resistività) elettrica.
In particolare, proprio in relazione all’attività solare, apparve chiaro come le instabilità resistive e di riconnessione magnetica, possono dare origine a rilasci di energia magnetica in energia cinetica su tempi scala brevi (brillamenti solari).
I modelli magnetoidrodinamici comportano fenomenologie molto complesse con molti gradi di libertà, e quindi con dipendenza da un numero elevato di parametri fisici di difficile misurazione in astrofisica.
Basti pensare ai dati osservativi che dal 1991 giungono dai satelliti per le osservazioni a raggi “X” – Yohkoh e Trace – fornendo lo svilupparsi dell’attività solare in tempo reale: anche se si intravedono comportamenti generali consistenti con le teorie dell’astrofisica dei plasmi, molti aspetti, e non di dettaglio, appaiono ancora del tutto inspiegati.
Sempre negli anni 50 del secolo scorso le teorie magnetoidrodinamiche iniziarono ad essere applicate anche in altri campi dell’astrofisica. Era ormai evidente, dallo studio dei raggi cosmici e dalla radioastronomia, come campi magnetici e particelle cariche libere rappresentino una delle componenti essenziali dell’Universo.
Fermi (1955) sviluppò un modello per l’accelerazione dei raggi cosmici nella galassia, utilizzando l’interazione di particelle sopratermiche con nuvole magnetizzate.
Shklovskij (1953) e Ginzburg (1959), proposero che l’emissione radio non-termica di stelle e galassie in fasi evolutive di estrema condensazione e forti campi gravitazionali fosse dovuta a radiazione sincrotrone di elettroni relativistici in campi magnetici.
Nel 1969 Lynden-Bell avanzò l’ipotesi che l’energetica dei nuclei galattici attivi potesse essere interpretata attraverso il processo di accrescimento di materia verso un buco nero di grande massa: nel 1974 Rees intuì che la presenza di campi magnetici potesse modellare il fenomeno, costituendo anche la base dei processi di espulsione di getti supersonici, osservati nelle radiosorgenti estese.
Pure le stelle normali presentano comportamenti collettivi dinamici.
Infine le osservazioni in situ per mezzo di sonde spaziali del plasma interplanetario, hanno mostrato come l’interazione del vento solare con le magnetosfere planetarie sia dominata da effetti cinetici.
Tutta la ricca ed inspiegata fenomenologia astrofisica di attività stellare e galattica, dei mezzi diffusi e delle variabilità è largamente guidata da simili effetti.
C) – Teoria dell’Universo elettrico o cosmologia del plasma
“Dobbiamo reimparare che la scienza avulsa dagli esperimenti è un’impresa suscettibile di smarrirsi del tutto in fantasiose congetture” (Hannes Alfvén , G. Arrhenius – Evolution of the solar system – 1976).
Hannes Alfvén, svedese, premio Nobel per la fisica (1970) per i suoi studi sul plasma, è stato il pioniere della “Teoria dell’Universo elettrico o cosmologia del plasma”.
Partendo dagli esperimenti compiuti negli anni 30 sul plasma e sui raggi cosmici, basandosi sugli studi di Birkeland sulle aurore boreali, di Larmor sulla “Teoria dinamo” in astrofisica, elaborò quella che lui stesso chiamò “elettrodinamica cosmica” con i suoi cinque concetti base:
L’accelerazione elettromagnetica di particelle, quali i raggi cosmici.
Il generatore omopolare di grandi campi elettrici nello spazio.
L’esistenza di correnti di grande scala.
L’esistenza di campi magnetici.
Il plasma quale portatore di correnti nello spazio.
Nella seconda metà degli anni 20 del XX° secolo fu messo a punto uno strumento chiamato “ciclotrone”; questo generava campi elettrici e magnetici, i primi per accelerare e i secondi per pilotare particelle ad alta energia; Alfvén prese spunto dagli effetti di questo strumento per il primo dei suoi cinque concetti.
Il generatore a disco di Faraday (generatore omopolare o unipolare), è il più semplice apparato per generare campi elettrici; infatti ruotando un disco conduttore in un campo magnetico si genera un campo elettrico tra l’asse e la circonferenza.
Alfvén sapendo che il Sole era dotato di campo magnetico (l’ipotesi di Bigelow del 1899 – e la conferma di Hale con le sue misure del 1908), pensò che le stelle doppie o binarie (che sono di norma molto comuni), ruotando l’una intorno all’altra potessero creare potentissimi campi elettrici e basò su ciò il secondo dei suoi cinque concetti.
Irving Larmuir, era un chimico statunitense, negli anni 20, studiando i comportamenti di gas ionizzati, si accorse che anche in condizioni di estrema rarefazione essi potevano trasportare correnti elettriche e chiamò questi gas “plasma”.
Alfvén, che 15 anni più tardi ne stava studiando le dinamiche, ipotizzò potessero essere il mezzo interstellare di trasporto delle correnti elettriche generate dalle stelle doppie rotanti.
Sempre in quegli anni Alfvén si stava occupando delle misurazioni dei raggi cosmici, in virtù delle teorie allora proposte sulla loro origine, quella di Lamaitre sulla primordiale esplosione (il primo Big Bang, poi ripreso da Gamow negli anni 50), e quella di Jeans e Millikan sull’annichilazione o fusione nucleare di origine sconosciuta.
I risultati delle misurazioni dei raggi cosmici gli fecero capire che questi non potevano essere stati accelerati, fino ai livelli energetici da lui rilevati, da ipotetiche esplosioni primordiali o da sconosciute annichilazioni o fusioni nucleari; semplicemente l’osservazione non si accordava con le ipotesi.
L’unica soluzione poteva risiedere nella presenza, in tutto l’Universo, di “plasma interstellare” e di imponenti correnti di gas ionizzati, i quali originando campi elettrici potevano accelerare i raggi cosmici fin quasi ai valori da lui rilevati (1TeV).
Questi ragionamenti diedero origine agli ultime tre, dei suoi cinque concetti, che negli anni 40 presero il nome di “Modello o teoria magnetoidrodinamica”, che riformulò durante gli anni 50 e 60, dopo essersi reso conto dei limiti della sua teoria sul “Congelamento delle linee di forza di campo magnetico in plasmi a conducibilità infinita”, che portò i fisici che studiavano la fusione nucleare tramite plasmi a confinamento ad un totale nulla di fatto, per aver ostinatamente perseguito una teoria, dallo stesso Alfvén rivista ed aggiornata.
Le osservazioni dei satelliti, e l’affinamento degli strumenti, portò gli astrofisici negli anni 80 e 90 ad individuare imponenti flussi di correnti elettriche trasportate da filamenti di plasma su scala galattica, che confermarono gli studi, le teorie e le previsioni fatte da Alfvén e dai fisici che stavano sostenendo la “cosmologia del plasma”.
Appare chiaro come da decenni esista una teoria alternativa (punto “C”) alla visione cosmologica di un Universo nato dal Big Bang e governato dalla gravità, dove, supportati da osservazioni, si propongono concetti in sintonia con queste e dove emerge l’indiscussa natura elettrodinamica dell’UniVerso.
Significativo il punto “B”, a riprova di quanto già affermato relativamente al dualismo concettuale che persiste in astrofisica, dove da un lato non si nega la natura elettrica dei fenomeni che interessano la dinamica dell’Universo, e dall’altro la smentita che questi fenomeni possano avere influenza in cosmologia, trascurando con disarmante naturalezza, ovvietà osservative.
Ritorniamo al Sole, e a quelli che abbiamo visto essere i legami elettromagnetici indissolubili che uniscono la magnetosfera solare a quella terrestre; conosciamo i “portali magnetici” che connettono le due magnetosfere, e conosciamo i fenomeni elettrodinamici che regolano fotosfera e corona solare e che smentiscono la concezione di un Sole termonucleare.
Gli scienziati hanno sempre rilevato che i flussi di vento solare influenzano in vario modo la magnetosfera terrestre, ciò dipende da molti fattori che variano al variare delle manifestazioni coronali, della direzione del vento, ecc.
I ricercatori sanno che il vento solare quando punta le linee del campo terrestre in direzione Sud, può momentaneamente aprire dei “buchi localizzati” di piccole dimensioni nel campo stesso, in cui possono fluire liberamente verso la superficie le particelle cariche provenienti dal Sole.
Ma sanno anche che quando lo stesso vento punta in direzione Nord (northern IMF) l’interazione con il campo magnetico rafforza le barriere protettive che schermano la Terra.
Il 3 Giugno 2007, le cinque sonde NASA del progetto “THEMIS” in transito nella magnetosfera, rilevano un imponente flusso di vento solare che corre liberamente verso la Terra senza alcuna barriera protettiva ad ostacolarne il cammino.
Il flusso solare è un “norther IFM”, perché punta chiaramente a Nord, ma la magnetosfera terrestre anziché rafforzarsi come di solito in queste occasioni, si spalanca al vento, aprendo un varco delle dimensioni di quattro diametri terrestri.
Gli scienziati che seguono le sonde THEMIS sono del Goddard Space Flight Center, che abbiamo già visto essere l’ente scientifico che ha scoperto i “portali magnetici”; così gli stessi scienziati commentano questa nuova scoperta:
David Sibek “ Questa scoperta altera fondamentalmente la nostra comprensione dell’interazione tra vento solare e magnetosfera “. Wenhui Li “ L’apertura era enorme, quattro volte la Terra stessa “ .
Jimmy Reader “ Abbiamo visto cose come questa prima ma mai di tale scala. L’intero lato giornaliero della magnetosfera era aperta al vento solare. Questo cambia la nostra comprensione dell’universo 1027 particelle per secondo stavano fluendo nella magnetosfera. Questo tipo di flusso è nell’ordine di magnitudine più grande di quanto abbiamo pensato possibile “.
Quanto sopra esposto ci ha condotti, se pur sommariamente, a prendere visione di concetti e teorie riguardanti discipline scientifiche importanti; percorso necessario per introdurre un’ipotesi inerente ad una diversa collocazione fisica e concettuale del Sole, nonché del suo indissolubile legame con il nostro pianeta.
L’ipotesi che presenteremo si basa su una ricerca di carattere interdisciplinare, in cui le teorie cosmologiche riguardanti il Sole e più in generale, gli oggetti celesti e l’Universo, sono un’estrapolazione di considerazioni di carattere oggettivo, relative alla genesi, e all’evoluzione della società umana, e alla percezione del concetto di “realtà” che circonda ed accompagna la vita degli esseri umani che popolano la superficie esterna del pianeta Terra.
La presentazione di questa proposta riguardante il Sole, è anche un’occasione per approfondire i concetti di alcune teorie che attualmente sono alla base della corrente cultura scientifica, ma che a nostro avviso, scontrandosi con le osservazioni, non fanno che avvalorare il sospetto secondo il quale la “realtà” in cui è immerso l’essere umano è di fatto “virtuale e manipolata”.
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Fine prima parte – Tratto da: metamorfosi-aliene.it
Vedere per altri particolari importanti:
http://www.radioforpeace.info/articolinuovaera/itapiece184.htm
Un Gigantesco Muro Luminoso ai Margini dell’universo – Fatti che Solo gli Astronomi Conoscono
Cosa c’è ai margini della nostra galassia, o al confine dell’Universo ?
C’è un muro o una specie di confine che ne indica la fine ? Facciamo insieme un viaggio attraverso la nostra galassia ! Pianeti lontani, fenomeni affascinanti e scoperte elettrizzanti. Preparati a meravigliarti più e più volte !
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vedi anche: VuotoQuantoMeccanico + Cosmologia e Cosmogonia + Cosa è la Luce ? + Cosa è l’Energia