ACQUE MINERALI – 2
(minerali tossici nelle acque imbottigliate)
E’ INDISPENSABILE per stare sempre BENE e’ l’assunzione quotidiana, per certi periodi,
di acqua Basica a pH min. di 7,35 > 11 (almeno 1,5 lt)
Le bevande troppo saline e/o le bevande industriali, non vanno bevute giornalmente e/o spesso,
anche e per le loro forti acidita’, in quanto influiscono sull’alterazione dei giusti valori di pH dell’acqua del corpo.
ACQUA in bottiglia di plastica che si lascia in macchina
ATTENZIONE
Se siete una di quelle persone che lascia la sua bottiglia di plastica in macchina, durante i giorni caldi e bevi l’acqua dopo, quando torni in macchina, corri il rischio di ammalarti di cancro al seno; il caldo fa sì che la plastica emetta tossine tossiche che portano a contrarre anche e non solo, il cancro al seno. Le tossine tossiche della plastica sono le stesse trovate nei tessuti dei seni con cancro. Di conseguenza, NON bevete da quelle bottiglie di plastica che avete lasciato in macchina e diffondete questa informazione…e NON bevete acque minerali a pH piu’ basso di 7,35 !
vedi: Idrocolonterapia + Acqua del corpo + Proprieta’ dell’acqua + INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA-Campi MORFOGENETICI + Bioelettronica
Come depurare l’acqua da qualsiasi sostanza nociva, in modo semplice e poco costoso:
http://thenexttech.startupitalia.eu/2015/09/25/lalita-mais-acqua-google-fair/
Il Ministro Italiano della “Salute” Sirchia introduce limiti di tolleranza per le sostanze tossiche nelle acque minerali.
E’ un affronto ai consumatori che potranno acquistare acque minerali in cui la presenza di: oli minerali, idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi, tensioattivi, policlorobifenili, composti organoalogenati è consentita dalle nuove disposizioni del Decreto Ministeriale 29 dicembre 2003 che ha modificato il precedente DM 31 maggio 2001 che invece prevedeva la totale assenza di queste sostanze nocive.
Dopo che il Ministro Marzano, ha consentito nei giorni scorsi, con un decreto, la vendita di bevande che in etichetta riportano nomi ed immagini che richiamano la frutta anche se in realtà non ne contengono neanche una percentuale minima, ora il Ministro Sirchia, ha emanato alla chetichella un decreto ministeriale che introduce dei limiti di tolleranza per sei categorie di pericolose sostanze inquinanti che sono degli indicatori di inquinamento delle falde e delle sorgenti.
Il Decreto del 29 dicembre 2003 firmato dal Ministro della salute Girolamo Sirchia era finalizzato al recepimento della direttiva europea 2003/40/CE del 16 maggio 2003, la quale non contempla in alcun modo la introduzione di limiti meno restrittivi per questi contaminanti talmente tossici che fino a ieri erano rigorosamente vietati anche in quantità infinitesimali.
Tale provvedimento è un attacco alla salute dei consumatori che ogni anno spendono miliardi in acque imbottigliate nella convinzione di consumare un prodotto puro sotto tutti i punti di vista, in realtà ancora una volta il governo premia i furbi e fa un altro regalo alle lobby e alle multinazionali del settore alimentare. Molte marche di acqua minerale nel luglio scorso erano finite sotto accusa per la presenza di inquinanti nelle loro bottiglie a seguito di analisi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità.
Ancona, 29 gennaio 2004 – Marco Moruzzi – Consigliere Regionale Verdi- Regione Marche – Responsabile Agricoltura Federazione Nazionale dei Verdi
Bevete acque minerali con il piu’ basso tenore di minerali – se possibile NON in bottiglie di plastica; leggete le etichette e controllate il residuo fisso dei minerali entro contenuti.
Ma attenzione ai Costi, vi sono delle acque minerali con basso tenore di minerali a costi inferiori delle principali marche, che si fanno pagare da voi la loro pubblicita’…. – vedi: Acqua del corpo
Video sulle acque minerali
https://youtu.be/X3QxBjWa2vU
https://youtu.be/X3QxBjWa2vU
Contenuto delle acque minerali
Nelle ACQUE MINERALI TRACCE di ALLUMINIO, ARSENICO e PERFINO URANIO: QUELLO che le ETICHETTE NON DICONO e le LEGGI PERMETTONO
– 21 ottobre 2011 – Roma
Berillio, manganese, alluminio, boro, arsenico e perfino uranio. Le acque minerali che consumiamo ogni giorno contengono ben più degli elementi chimici che sono riportati nelle etichette. Alcuni di questi elementi off-label non sono dei veri e propri toccasana per la salute. Una ricerca ha analizzato il profilo chimico delle acque minerali più diffuse in Italia.
Guarda la tabella dei Risultati analisi chimiche acque minerali vendute in Italia – Confronta i risultati con la Tabella limiti concentrazioni acque minerali
Nonostante le numerose sorgenti di acque naturali sparse sul territorio che alimentano gli acquedotti, gli italiani sono infatti i maggiori consumatori di acque minerali del mondo. Ne compriamo 12miliardi di litri ogni anno, circa 200 litri ciascuno, e un italiano su 2 dichiara di bere solo acqua imbottigliata.
Fra il 2008 e il 2010, un gruppo di ricercatori italiani (Benedetto de Vivo, Annamaria Lima, Stefano Albanese, Lucia Giaccio dell’Università Federico II di Napoli, Domenico Cicchella dell’Università degli Studi del Sannio di Benevento, Enrico Dinelli dell’Università di Bologna, Paolo Valera dell’Università di Cagliari) hanno partecipato a un progetto dell’Unione Europea mirante a conoscere lo stato delle acque sotterranee di tutta Europa per, fra le altre cose, poter legiferare opportunamente in modo da uniformare tutti i limiti a livello europeo.
I ricercatori, che hanno lavorato in collaborazione con scienziati dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Export Group hanno raccolto 186 campioni provenienti da altrettantebottiglie di 158 marche di acque minerali italiane fra le più diffuse, e ne hannoanalizzato il contenuto in termini di sostanze chimiche ritenute nocive.
Le ricerche del gruppo italiano sono confluite nel grande Atlante Europeo delle Acque Minerali (Geochemistry of European Bottled Water) presentato appunto dell’EuroGeoSurveys, che ha tracciato i profili chimici delle acque minerali di 38 diversi paesi europei.
Per quanto riguarda le sostanze chimiche riscontrate e ritenute dannose, si tratta di elementi che, naturalmente, sono nocivi alle dosi “sbagliate”. Dosi che sono stabilite dalle leggi, ma non sempre.
«Questo è uno dei primi problemi in cui si imbatte: i limiti di legge» spiega Paolo Valera. «In Italia non sono stati stabiliti limiti massimi alla concentrazione di alcune sostanze più che sospette come berillio, fosforo, molibdeno, tallio, uranio.
Una delle spiegazioni potrebbe essere che gli effetti tossici, a determinate concentrazioni, di queste sostanze sull’uomo sono ancora oggetto di studio. Ma è incomprensibile, ad esempio, perché non sia stata fissata una regola per l’uranio, che sappiamo chiaramente essere un elemento dannoso».
Le perplessità a proposito del DM 29/12/2003 sulle acque minerali nascono anche quando si vanno a confrontare i “tetti massimi” di concentrazione chimica che questo prescrive con quelli fissati dal decreto legislativo 31/2001 (sulle acque destinate al consumo umano).
Alcune sostanze hanno infatti limiti ben diversi, nei due casi. Il boro, ad esempio, è tollerato fino a 5000 microgrammi/litro nelle acque imbottigliate, mentre può essere presente solo fino a 1000 microgrammi/litro (5 volte di meno!) nell’acqua del rubinetto.
Lo stesso dicasi, per il manganese, ammesso fino alla concentrazione di 500 microgrammi/litro nelle acque minerali e tollerato invece solo fino a 50 microgrammi/litro nell’acqua del rubinetto. Come se il nostro corpo diventasse improvvisamente immune ai loro effetti nocivi semplicemente bevendo da una bottiglia.
«Non ha nessun senso logico che questi limiti siano diversi – continua Valera – non ce n’è motivo. Esistono dei limiti, quello è comprensibile, che sono a volte diversi fra Italia, Europa, Stati Uniti e valori guida dell’OMS. Per l’Italia, i diversi limiti imposti per acqua del rubinetto e acque minerali andrebbero uniformati. Ma finora c’è stato un “difetto” nella scrittura di questi strumenti legislativi che ha portato a qualche problema. In ogni caso, io farei riferimento al limite dell’acqua del rubinetto».
Facciamo allora un po’ di nomi e cognomi.
L’esposizione all’alluminio, come dimostrano diversi studi epidemiologici è un fattore di rischio per la comparsa e la progressione del morbo di Alzheimer. E sia l’OMS che la legge italiana per le acque potabili fissa in 200 microgrammi/litro la concentrazione massima. Peccato però che questo limite non sia presente per la legislazione che regolamenta le acque minerali. E quindi l’Acqua di Nepi (237) e l’acqua Sandalia (267) sono nei limiti di legge, ma non in quelli di salute.
L’arsenico è un noto elemento cancerogeno (è associato a diversi tipi di cancro, come cancro alla pelle, polmoni, vescica, rene e altre malattie della pelle) e tutte le acque minerali campionate sono risultate al di sotto del tetto massimo di 10 microgrammi/litro.
Tuttavia, secondo gli scienziati, andrebbero monitorate quelle acque che hanno un valore superiore a 5, e cioè Acqua di Nepi, Frisia, Funte Fria, Vaia, Levissima, Orvieto, Sant’Anna di Vinadio e Candida.
Il caso del berillio è molto singolare. E’ classificato dall’EPA, l’agenzia per la protezione ambientale americana, come elemento cancerogeno di classe A – ossia provoca il cancro nell’uomo – ed è uno degli elementi più tossici della tavola periodica.
La legislazione ambientale italiana se n’è accorta e se una falda acquifera presenta più di 4 microgrammi/litro (dato fissato proprio dall’EPA) si rende subito necessario un intervento di bonifica (anche se non è destinata al consumo umano). Ebbene, nelle tabelle che riportano i limiti per le acque minerali, non è prescritto nessun valore massimo. L’Acqua di Nepi fa registrare una concentrazione di 4,69 microgrammi/litro.
Anche sul boro vengono fuori cose abbastanza sorprendenti. In termini di legge, il valore guida dell’OMS fissa una concentrazione massima di 500 microgrammi/litro. Ma in Italia siamo dei supereroi: per le acque del rubinetto, la tolleranza è fissata a 1000 microgrammi/litro, e per le acque minerali arriviamo addirittura a 5000 microgrammi/litro. Nonostante il fatto che il boro sia un elemento potenzialmente pericoloso che alcuni test condotti su animali hanno dimostrato attaccare soprattutto l’apparato riproduttivo maschile. Le acque minerali nostrane sono tutti nei (larghi) limiti di legge, ma l’acqua Toka arriva oltre (1170) il limite fissato per l’acqua del rubinetto. Se invece ci riferiamo al valore massimo secondo l’OMS, allora i bocciati sono di più: l’acqua Ferrarelle arriva a una concentrazione di boro di 551 microgrammi/litro, la Fonte Chiara tocca i 536, la San Martino si attesta su 847, laSandalia su 849, Uliveto su 548, Claudia su 738.
Il fluoro, in alte concentrazioni, può provocare fluorosi dentale e fluorosi scheletrica. Anche qui l’anomalìa legislativa tutta Italia fissa un tetto massimo di 1,5 milligrammi/litro nell’acqua di rubinetto ma di ben 5 milligrammi/litro nelle acque minerali. Rispetto a questo limite, solo la Sandalia è in difetto (7,93). Se invece guardiamo al valore 1,5 (che è anche quello fissato dalle linee guida dell’OMS) sono diverse le marche che lo superano: Acqua di Nepi (1,64), Acqua Claudia (1,52),Egeria (1,71), Santa Lucia (2,33).
Per quanto riguarda il manganese, che è un elemento essenziale per la sopravvivenza umana ma che in alte concentrazioni ha effetti tossici sulle vie respiratorie, sul cervello e sull’apparato riproduttivo maschile, il limite fissato per le acque di rubinetto è 50 microgrammi/litro, mentre per le acque minerali è dieci volte tanto (500). Ma c’è da dire, stavolta, che qui il valore guida dell’OMS è 400 microgrammi/litro. In Italia, comunque, si rientra abbondantemente nel limite dei 50, e solo l’acqua Santa Lucia tocca il valore di 124,5 microgrammi/litro.
Il sodio è uno dei macronutrienti più importanti dal punto di vista biologico. Una sua carenza provoca problemi di salute, ma anche un suo eccesso può causare i ben noti danni all’organismo, ad esempio ai vasi sanguigni.
Tutte le acque minerali analizzate rientrano nei limiti di legge, anche perché questi limiti non sono stati fissati.
Se invece guardiamo ai valori guida dell’OMS, che coincidono con i limiti di legge stabiliti (quelli sì) per le acque di rubinetto, 200 milligrammi/litro, sono molte le acque anche li superano.
Dalla più alta concentrazione alla più bassa: San Martino (774), Sandalia(527), Toka (428) , Santa Lucia (293) e infine Sveva (222)
L’uranio, certamente tossico, nella legislazione italiana non ha limiti massimi di riferimento, né per le acque minerali né per le acque del rubinetto. Rifacendosi al valore guida di 15 microgrammi/litro dell’OMS, l’acqua Rocce Sarde raggiunge una concentrazione di 31 microgrammi/litro, dovuta all’ubicazione della sorgente in rocce granitoidi.
Le altre marche sono ben al di sotto del valore di 15, anche se val la pena segnalare i valori di 11,85 dell’acqua Santa Lucia (acquistata in Sardegna) e di 10,95 dell’acqua Courmayeur comprata in Val d’Aosta.
L’azione tossica del vanadio è confinata al tratto respiratorio: sono frequenti bronchiti e broncopolmoniti fra i lavoratori esposti a composti del vanadio. In Italia è fissato un tetto massimo di concentrazione solo nelle acque del rubinetto, ed è di 50 microgrammi/litro, mentre per le acque minerali non è prevista alcuna limitazione. Se ci riferiamo a quella soglia, tutte le acque minerali sono al di sotto di quel valore, ma l’acqua Leggera della Basilicata tocca i 48.9 microgrammi/litro.
«Si tratta naturalmente di campioni prelevati dai supermercati, e in qualche caso in cui si superano i limiti ci sarebbe bisogno di approfondimenti, di ulteriori ricerche. Ma, purtroppo, ora come ora le varie politiche della ricerca messe in campo non ci permettono di procedere in questo senso. Non abbiamo sufficienti risorse e i blocchi delle assunzioni peggiorano di molto le cose. Anche le nostre strumentazioni in qualche caso sono obsolete.
I campioni li abbiamo fatti analizzare a Berlino, dal Servizio Geologico Tedesco, perché siamo riusciti ad arrivare a una intesa che ci ha accordato un finanziamento europeo che copriva le spese.
L’EuroGeoSurveys ha trovato dunque le risorse che ci hanno permesso di inviare i nostri campioni e non pagare le analisi (che costerebbero ognuna intorno ai 200 euro). Ma, per esempio, le bottiglie le abbiamo comprate con soldi nostri e abbiamo fatto le spedizioni in Germania di tasca nostra. Se avessimo deciso di percorrere l’iter universitario, aspetta e spera…» ha concluso Valera.
Tratto da:: free-italy.info
ACQUE MINERALI con ARSENICO – vedi l’Elenco:
http://www.inedito.net/2018/05/06/trovato-arsenico-cancerogeno-nelle-acque-minerali-italiane-ecco-la-lista-continua-a-leggere/
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Nei 40 centesimi di una bottiglia al supermercato, l’acqua pesa solo per un quarto di centesimo
I due terzi dei costi se ne vanno per le bottiglie, un altro dodici per cento serve a coprire marketing e pubblicità
Gratis alla fonte, cara al bar – Minerale, ecco l’oro azzurro – I produttori: “I profitti lordi sono bassi, in media intorno al quattro per cento del fatturato”
ROMA – Sicura al 100 per cento, giurano i produttori: mai un’infezione da una nostra bottiglia. Saporita, fa capire il 98 per cento di italiani che la preferisce sempre di più all’acqua potabile. Salutare: per chi ha problemi di pressione e ha bisogno di un’acqua leggera o, al contrario, per gli sportivi alla ricerca di un’acqua ricca di sali minerali.
Ma cara. L’acqua al rubinetto la paghiamo 60-80 centesimi a metro cubo, che equivale a mille litri.
L’acqua minerale 40 centesimi per una bottiglia di 1,5 litri (al supermercato, si intende, perché al bar l’unico limite è la faccia tosta del gestore). Cioè 25 centesimi al litro: 250 euro a metro cubo.
Il problema è che non è l’acqua che paghiamo tanto. Quella costa pochissimo, quasi niente. A volte, visto che le fonti d’acqua minerale sono di proprietà pubblica, noi – la collettività – gliela diamo in concessione anche praticamente gratis. Quando va male (all’azienda), Nestlè e concorrenti pagano a noi, oggi, come collettività, l’acqua che finirà sugli scaffali del supermercato o dei bar gli stessi 60-70 centesimi a metro cubo che noi, singolarmente, paghiamo per l’acqua del rubinetto.
A fare i conti, si finisce sommersi da virgole e zeri: nei 40 centesimi della bottiglia del supermercato, la materia prima, l’acqua, vale oggi, al massimo, 25 centesimi di centesimo. Praticamente invisibile. Compriamo acqua, ma in realtà paghiamo la plastica della bottiglia, il gasolio per trasportarla, gli spot per pubblicizzarla.
Ed è già un bel salto rispetto alla situazione di qualche anno fa. “Liscia, gassata, gratis” titolava un vecchio documento di denuncia del Wwf. La storia delle acque minerali è, in linea di principio, la stessa dei bagnini che sfruttano le spiagge del demanio in concessione. Solo che nella realtà è molto peggio, perché nessun bagnino è un gigante multinazionale come la Nestlè e i soldi in questione sono molti di più. Fino a pochi anni fa, la materia era regolata da una legge del 1927, quando l’acqua minerale era il bicchiere che si andava a riempire alle terme.
La concessione, dunque, si pagava in base agli ettari di terreno occupati per gli impianti. Spiccioli, anzi meno: da 5 a 60 euro per ettaro. Questo spiega come la Nestlè potesse pagare poco più dell’equivalente di 2.500 euro per imbottigliare la San Pellegrino (uno dei marchi più famosi al mondo) o 15 mila euro per la Levissima.
In totale, la Nestlè spendeva probabilmente meno di 50 mila euro l’anno, in tutta Italia, per avere l’acqua, su cui realizzava un fatturato di 500 milioni di euro. Il Veneto, dove si imbottiglia un quinto dell’acqua minerale italiana, per un fatturato di 600 milioni di euro, ne incassa tuttora, dalla concessione per ettaro, solo 300 mila.
La situazione è cambiata nel 2001, quando la riforma federalista ha dato alle Regioni la competenza sulle acque minerali.
Le Regioni hanno cominciato ad intervenire, spinte anche da pronunce della magistratura, come la Corte dei conti piemontese che, nel 2002, mise sotto accusa l’allora giunta di centrodestra proprio per le concessioni sulle acque minerali. Se alcune regioni sono ancora ferme alla vecchia normativa (nelle Marche è di 5 euro per ettaro, in Abruzzo un forfait di 2.500 euro l’anno, tutto compreso) altre, soprattutto quelle dove maggiore è la produzione di acqua minerale, hanno introdotto il principio di commisurare il canone di concessione ai metri cubi di acqua utilizzata, invece che solo agli ettari occupati. In Piemonte, ad esempio, 0,70 euro a metro cubo, in Lombardia 0,51.
Gli effetti sono sui bilanci. Il Piemonte prevede un aumento del canone da praticamente zero a un milione di euro l’anno. Il Veneto da 300 mila a 2,7 milioni di euro. Finora sono nove le regioni che hanno introdotto questo parametro, per una quota, stima Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua, l’organizzazione confindustriale dei produttori, pari al 65-70 per cento della produzione nazionale. Qualcuna l’ha introdotta con entusiasmo.
La giunta veneta aveva recentemente deciso di portare il canone a 3 euro a metro cubo. Suscitando la protesta di Fortuna. “Qui – dice – non è in discussione l’entità del canone. E’ un problema di concorrenza. Non è possibile che io paghi in Veneto 3 euro a metro cubo e, nella regione a fianco, il Friuli, praticamente niente. La concorrenza è falsata”.
L’argomento ha fatto breccia nella giunta veneta che ha deciso di adeguarsi alle linee guida che le regioni stabiliranno a livello nazionale. Per evitare una legislazione a macchia di leopardo, la Conferenza delle Regioni dovrebbe infatti varare una forchetta minimo-massimo dei canoni, per spingere le regioni che ancora non l’hanno fatto ad intervenire ed evitare disparità di concorrenza fra le diverse fonti.
La forchetta suggerita alle giunte è fra 1 e 2,50 euro ogni mille litri (o metro cubo) imbottigliati. Se la media fosse di 2 euro a metro cubo, gli incassi dalle concessioni passerebbero dal quasi zero attuale a circa 22 milioni di euro in totale.
Meglio di prima, naturalmente, nel capitolo “pagare l’acqua per quello che vale”, ma quanto meglio ? “Non provi a commisurare i canoni di concessione al fatturato di 3 miliardi di euro del settore” mette le mani avanti Fortuna. “Quello è il fatturato al consumo, che comprende anche la bottiglia a 5 euro al bar del Colosseo o al ristorante di Capri. Per noi conta la grande distribuzione”.
Attraverso i supermercati passano circa i due terzi delle bottiglie di acqua minerale, per un giro d’affari di circa 2 miliardi di euro.
Se tutte le regioni applicassero un canone di 2 euro a metro cubo e incassassero 22 milioni di euro, le concessioni peserebbero sul giro d’affari nella grande distribuzione al massimo per l’1 per cento.
Vale poco l’acqua minerale, anche dopo aver decuplicato il vecchio canone di concessione.
E allora, cosa paghiamo alla cassa? Soprattutto, la bottiglia: “I due terzi dei costi sono per la plastica delle bottiglie” dice Fortuna. “E un altro 12 per cento è marketing e pubblicità”. E i profitti ? Bassi, assicura: “I profitti lordi sono, in media, intorno al 4 per cento del fatturato”. In molti settori industriali si guadagna di più.
Considerando che la materia prima non costa quasi nulla, è un risultato sorprendente. Oppure un paradigma della società dei consumi, in cui la vera merce sono l’involucro (la bottiglia) e l’immagine (la pubblicità).
By Maurizio Ricci
Tratto da: La Republica – 19 luglio 2007
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Quanti disonesti messaggi in ogni bottiglia – 26/03/2010
Annie Leonard, l’attivista americana famosa per aver prodotto il video animazione “The story of stuff” in cui vengono svelati gli altarini dell’insostenibile modello di consumo occidentale, lancia una nuova importante campagna contro l’utilizzo dell’acqua in bottiglia con un efficace video che mette in luce tutti gli aspetti critici del business dell’acqua imbottigliata.
Una sequenza di messaggi per far riflettere sul fatto che il cambiamento di qualche piccolo nostro gesto può determinare un notevole impatto positivo su ambiente e salute.
Negli USA si compra mezzo miliardo di bottiglie d’acqua alla settimana. Per avere una vaga idea di quante possano essere basta pensare che mettendole una in fila all’altra si può tracciare cinque volte la circonferenza della Terra !
Come riescono le aziende a creare una tale dipendenza dall’acqua imbottigliata ? L’arte sta nel costruire e indurre, con campagne subdole e disoneste, un bisogno irreale nei consumatori.
Come è possibile che le persone comprino l’acqua confezionata quando è praticamente gratis quella che esce dal rubinetto ? Per indurre la domanda le campagne pubblicitarie fanno leva sull’insicurezza e il senso di inadeguatezza di chi non possiede lo specifico prodotto, che viene percepito come assolutamente indispensabile, grazie anche alla parallela demolizione dell’immagine dell’acqua dal rubinetto, rappresentata come qualcosa di malsano, poco gradevole e… fuori moda.
L’insidiosa manipolazione della percezione mira a nascondere la verà identità del prodotto associandolo a immagini di natura incontaminata, sorgenti purissime in una cornice di montagne verdeggianti.
La realtà è, però, tutt’altra cosa: un terzo delle marche di acqua in bottiglia negli USA sono banalissima acqua di rubinetto filtrata !
Dai test effettuati su un campione di consumatori americani risulta, inoltre, che l’acqua “del sindaco” ha un sapore migliore, oltre ad essere, in generale, più controllata di quella in bottiglia nonostante il costo 2.000 volte superiore !
In una rivista che tratta di alimentazione la Nestlè ha dichiarato che l’acqua in bottiglia è il prodotto di consumo più sostenibile dal punto di vista ambientale al mondo. Niente di più scorretto e ingiustificato, a fronte di un ciclo di vita che inquina pesantemente l’ambiente lungo tutte le sue fasi.
Ogni anno negli USA per la produzione delle bottiglie di plastica vengono impiegati tanta energia e petrolio da poter alimentare un milione di automobili. Altrettanta energia è poi utilizzata per trasportarla in tutto il mondo, a fronte di una fase di utilizzo di solo qualche minuto prima di essere gettata via.
Il secondo grande problema è proprio lo smaltimento di tutte le bottiglie usate. Dove vanno a finire ? A differenza di quanto si possa immaginare ben l’80% è destinato alla discarica dove giacerà per migliaia di anni, una parte viene bruciata negli inceneritori, producendo inquinamento e sostanze tossiche, e solo una minima parte viene di fatto riciclata.
Che strada prendono, quindi, le bottiglie che differenziamo nell’apposito bidone ?
Annie Leonard ha seguito le navi cariche di bottiglie schiacciate dirette in India e ha visto con i suoi occhi un desolato paesaggio di montagne e montagne di bottiglie provenienti dalla California. Solo in piccola percentuale le bottiglie godranno di una seconda vita. Per il resto in parte vengono semplicemente sminuzzate, per ridimensionarne il volume, e destinate nuovamente alla discarica, in parte vengono spedite nel “cortile” di qualcun altro, ad esempio, appunto, degli indiani. Se le compagnie fossero oneste dovrebbero in realtà rappresentare montagne di bottiglie dismesse nell’etichetta del loro prodotto.
Le compagnie vogliono far credere che l’acqua di rubinetto sia inquinata.
Questo è vero in molti paesi, grazie anche a industrie come quella delle bottiglie in plastica. Dove non ci sono problemi sanitari ed igienici è fondamentale usare acqua di rubinetto e fare pressione perché maggiori investimenti vengano destinati alla rete di distribuzione pubblica. Negli USA le infrastrutture sono sotto finanziate di ben 24 miliardi di dollari, anche perché la gente pensa che sia potabile solo quella imbottigliata.
Al mondo c’è un miliardo di persone che non ha accesso all’acqua potabile perché una gran quantità di risorse è destinata alla produzione di bottiglie in plastica che poi gettiamo via in pochi minuti. E se invece destinassimo quei soldi al miglioramento della rete di distribuzione o alla prevenzione dell’inquinamento ?
Ci sono molte altre cose, sostiene Annie Leonard, che possiamo fare per risolvere questo problema: riprendere a bere l’acqua dalle fontane, far bandire i distributori e l’acqua in bottiglia dalle scuole e dalle organizzazioni. È un’opportunità per milioni di persone per prendere consapevolezza e scegliere di proteggere il loro portafoglio, la loro salute e l’intero pianeta.
Guardare il video: The story of bottled water
Tratto da: energoclub.it
Ricordate – NdR – che se utilizzate un depuratore ad osmosi inversa che elimina qualsiasi sale minerale dall’acqua, minerali che non sono metabolizzabili dagli organismi umani, quindi eliminarli e’ una cosa molto utile alla salute, quindi questa acqua demineralizzata puo’ essere utilizzata per alcuni periodi e NON per sempre; Comunque e’ sempre consigliabile assumere ad ogni cambio di stagione delle micro diete – vedi anche alimentazione naturale
L’acqua demineralizzata al contrario, puo’ essere impiegata sempre, per preparare i cibi i quali essi stessi contengono i sali necessari al nostro organismo, per cui aggiungere anche quelli contenuti nell’acqua detta potabile, puo’ essere NOCIVO.
Attenzione quindi:
L’acqua demineralizzata non ha direttamente una azione negativa sulla salute umana, ma essendo una sostanza di grande purezza è avida di sali e può corrodere le pareti di un contenitore non adatto, arricchendosi magari di ioni non desiderati. Richiede perciò particolari attenzioni per il suo trasporto e la sua conservazione.
http://www.lenntech.com/italiano/demi-acqua.htm
Inoltre, secondo quanto scritto sul sito dell’ARPA della Toscana:
http://www.arpat.toscana.it/acqua/ac_po_parametri.html
“L’acqua potabile è una soluzione di ioni (ione calcio, ione sodio, ione bicarbonato ecc.) in concentrazione ottimale. L’acqua distillata ad esempio è da considerare non potabile perché priva di sali disciolti, lo stesso vale per l’acqua piovana o di fusione della neve”.
L’acqua troppo priva di sali ha come effetto l’eliminazione di sali dall’organismo, prima di tutto il sodio ed il potassio.
Se si bevesse solo acqua distillata o completamente deionizzata in pochi giorni l’organismo umano avrebbe un deficit di sali, in particolare sodio/potassio/iodio e magnesio, tale da provocare l’arresto della pompa sodio/potassio.
Questo però solo a patto che nella dieta non si assumano sali per altra via! Il che non è poi così realistico.
Infatti le conseguenze derivanti dall’utilizzo di acqua demineralizzata si riscontrano soprattutto nel campo degli acquari, a carico di organismi che vivono immersi nell’acqua.
Da: http://www.acquaportal.it/Articoli/Tecnica/osmosi/default.asp“
L’acqua demineralizzata pura non deve essere utilizzata direttamente in acquario perchè troppo povera ed aggressiva, sarà necessario reintegrare parzialmente alcune delle sostanze indispensabili che avevamo eliminato in precedenza con il trattamento. E’ possibile farlo tagliandola con dell’ acqua di rubinetto (anche se in questo modo ne annulliamo in parte le caratteristiche positive) oppure utilizzando appositi integratori reperibili in commercio per portare la durezza carbonatica e totale su valori corretti, e per apportare oligoelementi, fertilizzanti, vitamine, colloidi, ecc. “
Un ABSTRACT TRATTO da National Library Of Medicine
In breve il lavoro compara, in acqua di acquario contro acqua distillata, la tossicità dell’ipoclorito di sodio e della strofantina (un ormone tiroideo), se applicata alle cozze Zebra. La mancanza di sali aumenta l’azione tossica dell’ipoclorito, ma non della strofantina..
– Effects of deionized water on sensitivity of zebra mussels (Dreissena polymorpha) to toxic chemicals.
Authors:
WALKER JU, RAM JL
Author Address: Dep. Physiol., Wayne State Univ., Detroit, MI 48201, USA.
Source: COMPARATIVE BIOCHEMISTRY AND PHYSIOLOGY C PHARMACOLOGY TOXICOLOGY AND ENDOCRINOLOGY; 107 (3). 1994. 353-358.
PROMEMORIA per TUTTI
Dovete assolutamente bere 1,5 lt di acqua basica al dì, utilizzate l’ acqua di base che e’ gia’ a minimo pH 7,5, ed aggiungere 3 gocce in ogni bicchiere da bere un correttore di pH che si acquista in farmacia, in modo che il pH salga a 8,5
ELIMINATE l’acqua da bere al di sotto di pH 7,5 !