Micoplasma
Nome comune con cui si definiscono gli organismi appartenenti al genere Mycoplasma, compreso nel regno dei procarioti (o monere)
I micoplasmi sono organismi unicellulari di dimensioni inferiori a un micron; sono privi di una parete esterna (caratteristica che li distingue dai batteri).
Possono avere forma molto variabile, tondeggiante (forma a cocco), ad anello, a spirale oppure filamentosa. Si riproducono soprattutto per gemmazione, ossia attraverso un tipo di riproduzione asessuata in cui si formano per mitosi nuove piccole cellule, che successivamente si accrescono fino a raggiungere le dimensioni delle cellule mature.
Quando vi è disbiosi cioè alterazione della flora batterica intestinale e quindi del pH e temperatura digestiva intestinale, con presenza di tossine anche metalliche, ecco che possono nascere degli squilibri fra i vari tipi di batteri ed in quelle condizioni essi per sopravvivere possono trasformarsi in micobatteri e micoplasmi.
Comunque le ipotesi sulla filogenesi dei micoplasmi e di microrganismi affini
Le opinioni sull’origine dei micoplasmi sono molto discordi (Lovisolo, 1973). In generale molti microbiologi considerano i micoplasmi originati da batteri attraverso una lunga strada evolutiva che ha incluso sia il passaggio a forme L’ che il parassitismo intracellulare (Lovisolo, 1973).
Questa ipotesi ha molti aspetti convincenti, sebbene non sia stata confermata dalle più recenti conoscenze genetiche (Lovisolo, 1973). Le differenze a livello di sequenza delle basi nucleotidiche nei DNA delle forme L’ dei micoplasmi sono tali che in prove di ibridazione fra DNA di micoplasmi e DNA di forme L’ non è mai stato dimostrato alcun caso di omologia sequenziale significativa, il che indica scarsa similarità genetica.
– Breed et al. (1957), Hayflick (1969) affermarono che la maggior parte degli studiosi considera i micoplasmi diversi dai batteri classificandoli nel Phylum Protophyta, nella classe Mollicutes con il solo ordine delle Mycoplasmatales.
Nella pubblicazione di Edward et al. (1972) si riportano i requisiti standard minimi fissati dal Sottocomitato sulla Tassonomia delle Mycoplasmatales per distinguere i batteri dai micoplasmi. Per la descrizione di nuove specie di micoplasmi il Sottocomitato sulla Tassonomia delle Mycoplasmatales richiede si individui:
– a mancanza di parete cellulare;
– il tipico aspetto delle colonie;
– la filtrabilità attraverso membrane filtranti di 450 nm;
– l’assenza di reversione a batteri.
Davis e Whitcomb (1971) Lovisolo (1973) indicano altre differenze tra batteri e micoplasmi:
– minore contenuto di citosina e guanina nei micoplasmi (circa il 24% anche se alcune specie ne possono contenere fino al 40%) rispetto ai batteri;
– più alto contenuto in lipidi nei micoplasmi (fino al 40% del peso secco) rispetto ai batteri;
– assenza di acido murammico;
– resistenza alle penicilline.
Belli (1970) sostiene che i micoplasmi sono da considerare per vari aspetti forme intermedie fra virus e batteri. – vedi: Poliformismo dei Batteri
Alcuni autori ritengono che i micoplasmi siano le prime forme di vita comparse sulla terra, poiché essi sono i più piccoli microrganismi oggi conosciuti capaci di crescita e riproduzione autonome (Belli, 1970). Le loro dimensioni possono variare da 50 fino a 1000 millimicron; tuttavia le forme più frequenti sono comprese fra 150 e 500 millimicron (Belli, 1970). Matthews (1970) considera i micoplasmi come i microrganismi dai quali avrebbero potuto avere origine i virus attraverso una serie di ipotetici stadi evolutivi includenti il parassitismo obbligato, la perdita di ribosomi e della membrana cellulare (10).
(10) Per quanto concerne la filogenesi dei micoplasmi abbiamo riscontrato una serie di ipotesi in netto contrasto tra loro, ma tutte molto affascinanti.
3) Cenni sulla morfologia, struttura e caratteristiche dei micoplasmi e microrganismi affini
Visti al microscopio elettronico i micoplasmi appaiono come corpi tondi, oppure ovoidali o allungati, a volte provvisti di protuberanze più o meno accentuate fino a divenire veri e propri filamenti (Belli, 1970) la cui crescita riflette la natura dei substrati di coltivazione che contengono sostanze nutritive in qualche misura correlate alla composizione chimica della membrana citoplasmatica (McElhaney e Tourtellotte, 1969). Il corpo dei micoplasmi è costituito da un’unica cellula, nella quale si possono distinguere numerosi ribosomi disposti prevalentemente nella zona periferica del citoplasma (Belli, 1970).
Essi sono pure molto numerosi nelle forme giovanili denominate corpi elementari (Belli et al., 1973). I ribosomi dei micoplasmi sono simili a quelli dei batteri (14 nm di diametro) e differenti da quelli degli eucarioti. Nel citoplasma sono presenti occasionalmente vacuoli circondati da una membrana di tipo citoplasmatico e corpi scuri del diametro di 20 – 60 nm (3 – 5 per cellula) che si pensa siano associati alla presenza di lipidi.
La cellula è delimita soltanto da una tenue unità di membrana tristratificata, elastica, deformabile, di natura lipoproteica, spessa 7 – 8 nm. In alcune specie la superficie esterna della membrana è liscia, mentre in altre è provvista di piccole protuberanze regolari che ricordano quelle dei mixovirus. Saglio et al. (1971) in piante affette da “Citrus Greening” hanno descritto micoplasmi con una membrana spessa circa il doppio (20 nm), rispetto ai valori normalmente rilevati. Ciò farebbe supporre, osservano gli autori citati, che l’agente del “Citrus Greening” appartenga ad una nuova classe di patogeni simili, ma differenti dai micoplasmi. L’assenza di parete cellulare rigida spiega lo spiccato pleomorfismo, il quale risulta influenzato dalle condizioni nutrizionali e dal tipo di substrato (Belli, 1970; Davis e Whitcomb, 1971; Lovisolo, 1973). Le forme pleomorfiche dei micoplasmi sono state confuse con artefatti prodotti nel corso delle preparazioni per la microscopia elettronica ed hanno indotto i ricercatori a giungere a conclusioni spesso discordanti tra loro (11).
(11) Le difficoltà di interpretazione possono essere correlate alle metodologie di laboratorio adottate per la preparazione dei campioni. Proprio nello studio dei micoplasmi emergono i limiti delle tecniche, in quanto frammenti di micoplasmi vengono scambiati per forme micoplasmiche. Inoltre, occorre ricordare, il difficile studio delle modalità di riproduzione dei micoplasmi, con le diverse forme presenti.
Lovisolo (1973) afferma che la maggior parte degli autori è tuttavia concorde nel riconoscere tre principali tipi di strutture:
– piccoli corpi sferoidali del diametro di circa 75 – 150 nm (corpi elementari);
– forme intermedie, pleomorfiche, con ribosomi uniformemente distribuiti;
– cellule mature sempre pleomorfiche e grandi fino a circa 600 nm di diametro.
I micoplasmi sono pure sprovvisti di un vero e proprio nucleo; le funzioni nucleari risultano svolte dalla zona centrale del citoplasma, che è detta appunto “Zona nucleare” (Belli, 1970; Belli et al., 1973). Contengono sia acido ribonucleico (RNA) che desossiribonucleico (DNA); quest’ultimo di tipo fibrillare del diametro di circa 3 nm, a disposizione circolare (Lovisolo, 1973).
Il contenuto di RNA (ribosomiale e transfer) può variare complessivamente fra il 3 e il 10% del peso secco; quello in DNA fra l’1,5 e il 4% (Belli, 1970). Il contenuto complessivo in acidi nucleici può raggiungere secondo Lovisolo (1973) valori più elevati fino al 20% circa del peso secco.
Nella specie M. gallisepticum Lovisolo (1973) descrive la presenza di un umbone (bleb) dove è localizzata l’attività fosfatasica che si pensa abbia una qualche funzione legata alla divisione cellulare.
L’umbone afferma Lovisolo (1973) è una caratteristica del solo M. gallisepticum che d’altra parte ha una membrana più rigida di quella delle altre specie; da ciò verosimilmente, la forma delle sue cellule abbastanza caratteristica, simile a quella di una bottiglia di coca–cola con l’umbone come bocca.
Tratto da: minerva.unito.it
Anche la Penicillina è infettata da micobatteri … perché probabilmente utilizzano ed usano sempre siero di latte o emoderivati come base per il “brodo” per preparare la penicillina:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC120593/
vedi anche: La Teoria dei germi come causa di malattie è falsa + MICOSI = Colonizzazione da Funghi + Somatidi + Fermenti e Feci + Porfiria + COPROTERAPIA (assunzione di feci selezionate)
Mycoplasma mortali nei Vaccini
Ecco le denunce del microbiologo Garth Nicolson … (il suo video censurato è stato censurato….)…questa è una delle tante fonti video, delle sue varie denunce…
–https://www.americanpharmaceuticalreview.com/Featured-Articles/117498-Potential-Mycoplasma-Contaminants-Inactivation-during-Production-of-Inactivated-Egg-Based-Viral-Vaccines/
–https://www.sgs.com/en/news/2015/12/detection-of-mycoplasma-in-biopharmaceuticals-vaccines-and-gene-cell-therapies
I micoplasmi sono una forma di batteri che sono caratterizzati dall’assenza di una parete cellulare che circonda la membrana cellulare. Questo li rende inerti a molti antibiotici familiari, inclusi i beta-lattamici, la cui attività si basa sulla distruzione della parete cellulare
I micoplasmi (il nome banale dei Mollicutes) comprendono la classe di batteri viventi ampiamente distribuiti, con meno parete libera e uno dei più piccoli genomi noti che supportano l’auto-replicazione batterica [1].
– vedi: Poliformismo dei Batteri
Mentre molti micoplasmi sono commensali che colonizzano una vasta gamma di ospiti di piante, insetti, rettili, aviari, mammiferi e umani, un certo numero di specie di micoplasma sono patogene e causano malattie nei loro ospiti naturali. I micoplasmi, in particolare le specie dei generi Mycoplasma e Acholeplasma, sono anche frequenti contaminanti dei substrati vaccinali, cioè linee cellulari continue e, meno frequentemente, tessuti derivati da animali e colture cellulari primarie [2].
Ciò rappresenta una seria preoccupazione per il rischio di contaminazione da micoplasma per i laboratori di ricerca e le strutture commerciali che sviluppano e producono prodotti biologici e farmaceutici derivati da cellule.
Anche se i micoplasmi sono generalmente considerati come ospiti specifici, ci sono rapporti secondo cui i micoplasmi possono attraversare barriere di specie [3]. Sono state segnalate infezioni da micoplasma sporadico di persone immunocompetenti e immunocompromesse originate da animali domestici e selvatici [4, 5].
Questi risultati sollevano una preoccupazione sulla potenziale suscettibilità di alcuni individui, in particolare bambini e persone con immunodeficienze congenite o acquisite, a agenti micoplasmatici infettivi non umani.
Pertanto, il rischio di contaminazione accidentale da micoplasma di prodotti biologici, inclusi vaccini non inattivati ed inattivati a base di uova, può essere considerato un problema di salute pubblica. Oltre alle preoccupazioni che un agente avventizio contaminante potrebbe essere trasmesso a un destinatario del vaccino, i micoplasmi interagiscono con le cellule ospiti in coltura e possono alterare molte caratteristiche metaboliche e biochimiche delle cellule, come la funzione cellulare, la morfologia, le aberrazioni cromosomiche, la diminuzione o aumento delle rese virali e produzione di citochine [2]. Cioè, la contaminazione da micoplasma può influenzare virtualmente ogni parametro, funzione e attività delle cellule in coltura [1, 2].
… Mycoplasma mortali anche nei Vaccini
https://www.youtube.com/watch?v=RersC4ex8Zo
Sindrome infiammatoria chiamata “Asia” scatenata dai vaccini !
ASIA_Sindrome infiammatoria-dai-vaccini-Riassunto.pdf
Tratto da:
http://www.assis.it/wp-content/uploads/2014/12/ASIARiassunto.pdf
… ed è noto che… le infiammazioni sono foriere di qualsiasi tipo di sintomi, che i medici impreparati allopati chiamano erroneamente “malattie“….
Front Public Health, 5, 140 – 2017 Jun 26 eCollection 2017
Mycoplasma hominis and Mycoplasma genitalium in the Vaginal Microbiota and Persistent High-Risk Human Papillomavirus Infection
By Sally N Adebamowo, Bing Ma, Davide Zella, Ayotunde Famooto, Jacques Ravel, Clement Adebamowo, ACCME Research Group
Affiliations:
PMID: 28695118 – PMCID: PMC5483445 – DOI: 10.3389/fpubh.2017.00140
Estratto:
Sfondo:
Recenti studi hanno suggerito che il microambiente vaginale gioca un ruolo nella persistenza dell’infezione da papillomavirus umano ad alto rischio (hrHPV) e quindi nella carcinogenesi cervicale. Inoltre, è stato dimostrato che alcuni micoplasmi sono efficienti metilatori e possono facilitare la carcinogenesi attraverso la metilazione dell’hrHPV e delle cellule somatiche cervicali. Abbiamo esaminato le associazioni tra prevalenza e persistenza di Mycoplasma spp. nel microbiota vaginale, e le infezioni da hrHPV sia prevalenti che persistenti.
Metodi:
Abbiamo esaminato 194 donne nigeriane che sono state testate per l’infezione da hrHPV utilizzando SPF25/LiPA10 e abbiamo identificato Mycoplasma genitalium e Mycoplasma hominis nel loro microbiota vaginale stabilito dal sequenziamento delle regioni ipervariabili V3-V4 del gene 16S rRNA. Abbiamo definito la prevalenza di M. genitalium, M. hominis e hrHPV in base al risultato positivo dei test di base, mentre la persistenza è stata definita come risultato positivo di due test consecutivi. Abbiamo utilizzato modelli di regressione logistica esatta per stimare le associazioni tra le infezioni da Mycoplasma spp. e hrHPV.
Risultati:
L’età media (SD) dei partecipanti allo studio era di 38 (8) anni, il 71% era HIV positivo, il 30% M. genitalium positivo, il 45% M. hominis positivo e il 40% hrHPV positivo al basale. Al follow-up, il 16% delle donne è rimasto positivo al M. genitalium, il 30% al M. hominis e il 31% al hrHPV. C’è stata un’associazione significativa tra il M. hominis persistente e l’hrHPV persistente (OR 8,78, 95% CI 1,49-51,6, p 0,01). Le donne positive all’HIV e con ominidi persistenti di M. hominis hanno triplicato le probabilità di avere un’infezione persistente da hrHPV (OR 3,28, 95% IC 1,31-8,74, p 0,008), rispetto alle donne negative per entrambi.
Conclusione:
In questo studio abbiamo trovato un’associazione significativa tra M. hominis persistente nel microbiota vaginale e hrHPV persistente, ma non abbiamo potuto escludere una causalità inversa. I nostri risultati devono essere replicati in studi più ampi e longitudinali e, se confermati, potrebbero avere importanti implicazioni diagnostiche e terapeutiche.
Tratto da: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28695118/
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MICOBATTERI – vedi: Poliformismo dei Batteri
Micobatteri Genere (Mycobacterium) di Batteri Actinomiceti aerobi, immobili, di forma bastoncellare, generalmente lunghi da 2 a 4 μm; alcune specie producono forme filamentose lunghe fino a 10-15 μm.
Presentano tutti all’esterno della membrana cellulare uno strato di peptidoglicano ricoperto da una complessa struttura, ricca di carboidrati e di lipidi; tale struttura è formata da arabinogalattani che legano al peptidoglicano gli acidi micolici, ai quali è ulteriormente legata una serie di glicolipidi fenolici (cere). Tutta la struttura è attraversata da altre molecole glicolipidiche ancorate alla membrana cellulare.
Queste peculiari caratteristiche rendono la cellula impermeabile ai nutrienti e ai coloranti e sono responsabili del lento ritmo di crescita, dell’estrema idrofobia e della resistenza all’azione di enzimi proteolitici.
I Micobatteri crescono su numerosi terreni di coltura, tranne Mycobacterium leprae che non è coltivabile in vitro. I sistemi classici di identificazione comprendono prove colturali, test biochimici e test di inibizione selettiva.
Riguardo alla pigmentazione, i M. si distinguono in scotocromogeni, se il pigmento si produce anche in assenza di luce, fotocromogeni, se si produce solo dopo esposizione a una sorgente luminosa, e non cromogeni, quando il pigmento è assente.
Diverse specie di M. sono innocue, vivono negli strati superficiali del suolo o come commensali nell’organismo umano, tuttavia, numerose sono le specie patogene. Mycobacterium leprae causa la lebbra.
Mycobacterium tuberculosis è agente causale della tubercolosi, più noto (per il tipo umano) come bacillo di Koch. Mycobacterium tuberculosis, Mycobacterium africanum e Mycobacterium bovis, agente eziologico della tubercolosi bovina, trasmissibile all’uomo per via alimentare, sono riuniti nel Mycobacterium tuberculosis complex.
I M. definiti non tubercolari (MOTT, Mycobacteria other than tuberculosis), o atipici, sono abitualmente saprofiti e in determinate condizioni possono divenire patogeni per l’uomo provocando quadri clinici noti come micobatteriosi.
L’incidenza delle micobatteriosi è favorita dalle condizioni di immunodepressione (AIDS, tossicodipendenza, diabete ecc.), denutrizione o preesistente malattia polmonare. Clinicamente, rispetto alla tubercolosi, nelle micobatteriosi prevalgono forme a sintomatologia più attenuata; non mancano le localizzazioni extrapolmonari (milza, linfonodi ecc.).
Contrariamente a quanto si verifica per Mycobacterium tuberculosis, inoltre, nel caso dei M. non tubercolari non si ha un contagio interumano. La virulenza di Mycobacterium avium è dovuta ai glicolipidi della parete coinvolti nella produzione di citochine: i monociti dell’uomo infettati producono un fattore detto granulocyte-macrophage colony. Mycobacterium kansasii e Mycobacterium marinum sono i principali M. fotocromogeni di importanza clinica. Le infezioni da Mycobacterium kansasii provocano lesioni ai polmoni. Mycobacterium marinum provoca lesioni cutanee comuni tra i possessori di acquari domestici.
Mycobacterium scrofulaceum, Mycobacterium xenopi e Mycobacterium gordonae sono i M. cromogeni più frequentemente isolati; il primo colpisce preferenzialmente le linfoghiandole, i polmoni e la cute, il secondo è l’agente eziologico di infezioni polmonari nei soggetti immunocompetenti ed è stato isolato in individui affetti da AIDS, dializzati o trapiantati. Mycobacterium gordonae, diffuso nell’ambiente aereo e nell’acqua, può contaminare accidentalmente soluzioni e reagenti impiegati in laboratorio ed è patogeno solo nei pazienti affetti da AIDS.
I M. a crescita rapida (Mycobacterium chelonae, Mycobacterium fortuitum), isolati nei paesi del Mediterraneo, provocano infezioni localizzate alla cute e al tessuto sottocutaneo, dovute a immissione di sostanze estranee, quali il silicone, o alla presenza di cateteri, protesi o lenti a contatto. I M. emergenti comprendono numerosi nuovi ceppi (Mycobacterium malmoense, haemophilum, shimoidei, genavense, interjectum, celatum), identificati tramite tecniche di biologia molecolare che permettono l’analisi di sequenze genetiche e sono coinvolti sporadicamente in infezioni umane.
In tutti i M. sono presenti acidi micolici, ossiacidi di formula generale R′CH(OH)CHR″COOH, dove R′ è una struttura di 30-60 atomi di carbonio che può contenere doppi legami, anelli ciclopropenici, sostituenti metilici e ossigenati e R″ un radicale alchilico saturo.
Con acido micolico si intende in particolare quello in cui R′=C60H120 e R″=C24H49, presente in Mycobacterium tuberculosis.
Tratto da: treccani.it
Terapia utile a base di LISOZIMI:
Lo scopritore dei Lisozimi è stato Alexander Fleming
Il lisozima è una sostanza di natura proteica presente anche nelle secrezioni biologiche (saliva, lacrime, secrezioni spermatiche, muco nasale, latte materno, ecc.) e nelle uova (l’albume ne contiene grandi quantità). Questo enzima scoperto nel 1922 da Fleming, espleta un’interessante azione antimicrobica, grazie alla capacità di idrolizzare i peptidoglicani che costituiscono la parete batterica (la parola lisozima deriva dal greco: liso = che taglia e zimo = enzima). In seguito alla lesione di questa struttura meccanicamente resistente, la cellula batterica richiama acqua fino a farla scoppiare.
In campo alimentare viene utilizzato, anche sotto la sigla E1105.
Il lisozima, proteina estremamente basica, trova frequente indicazione per le sue capacità batteriolitiche e per l’attivazione dell’immunità naturale, di cui è un costituente. È documentato il suo ruolo nella resistenza alle flogosi batteriche e virali e la sua carenza è spesso associata a fragilità degli epiteli aerodigestivi superiori e alla frequenza ed intensità di recidive. Anche se non ha una rilevante efficacia antitumorale diretta, può agire attivando macrofagi e cellule immunitarie e l’immunogenecità delle popolazioni neoplastiche. Attraverso la lisi di cellule batteriche e virali, può liberare molecole ad attività immunitaria e antitumorale.
L’azione del lisozima si estende alla flora patogena protozoaria, raggiungendo un ampio spettro terapeutico esteso alle patologie gastrointestinali e del cavo orale. Potenzia decisamente l’effetto antibatterico degli antibiotici, che a seconda delle condizioni può sostituire o integrare, limitando notevolmente il deficit immunitario spesso associato alla patologia neoplastica e aggravato dai trattamenti chemioterapici.
La sua assenza di tossicità, in quanto molecola biologica, e l’efficacia ne consigliano un uso frequente e soprattutto nelle situazioni conclamate di immunodepressione neoplastica”.
Tratto in parte dal sito medico-scientifico www.metododibella.org, che riporta anche una vasta bibliografia
“Le lacrime non sono acqua“. Contengono un’importante sostanza scoperta da Sir Alexander Fleming, prima ancora della penicillina. Si tratta di un enzima che può distruggere numerosi ceppi batterici in pochi minuti. L’esistenza di questo enzima, che Fleming battezzò Lisozima, spiega perché un organo tanto delicato come l’occhio umano raramente possa essere infettato dai germi presenti nell’atmosfera.
Le due grandi ed apparentemente distinte scoperte di Fleming, della Penicillina e del Lisozima, hanno impresso un nuovo ed insospettato corso alla ricerca scientifica ed alla terapia.
Il Lisozima è presente nel sangue, nei tessuti e nelle secrezioni, specialmente nel latte della donna (mentre manca nel latte di mucca) e si trova in concentrazione elevatissima nel cervello e nel surrene.
Esso costituisce una barriera fisiologica, una difesa naturale, contro l’invasione/mutazione (poliformismo) di batteri e micobatteri.
I microrganismi soccombono all’azione lisante, flocculante, agglutinante e decapsulante del Lisozima.
In molte affezioni si può dimostrare un deficit di Lisozima, espressione di abbassamento del potere immunitario e difensivo dell’organismo.
Anche molte tossine elaborate nell’organismo malato vengono inattivate dal Lisozima, come ad esempio i pirogeni endogeni della febbre, la malignolipina e la oncolipina dei tumori, la tossina difterica, ecc.
Il Lisozima, dotato di molteplici e complesse azioni, enzimatiche e non enzimatiche, ha rivelato sorprendenti e nuove proprietà terapeutiche in molteplici affezioni”.
Qualche breve osservazione. Una rilevante omissione riguarda la segnalazione della presenza della sostanza nella saliva. Trattandosi, insieme alle vie nasali, del primo ingresso di microrganismi patogeni, appare chiara ed evidente la grande portata di questa difesa naturale. Se non disponessimo del lisozima nella saliva, una immensa quantità di infezioni di varia natura affliggerebbe l’uomo.
La seconda nota riguarda il latte materno e la sua insostituibile e preziosa attività. Non è solo saggezza popolare affermare che i bambini allevati al seno si dimostrano prevalentemente più robusti e con maggiori difese immunitarie di quelli allattati artificialmente, ma dato scientifico consolidato, anche se questa verità non riguarda solo il lisozima che per esempio, non è presente nel latte vaccino di mucca, si lega un’altra delle “strane” peculiarità del lisozima.
La sostanza, ricavata dall’albume di uovo di gallina, viene usata generosamente nel corso della lavorazione del Parmigiano Reggiano, dato che distrugge non solo miriadi di batteri e micobatteri, ma anche alcuni tipi di miceti nocivi.
Tale impiego massivo è, fra l’altro, assai economico: il lisozima in polvere costa letteralmente quattro soldi, e chiunque potrebbe procurarselo a chili, per pochi euro, rivolgendosi ai produttori di parmigiano. Sia un’azienda produttrice che un farmacista galenico non fanno altro che ritirare la polvere di lisozima cloridrato, compressarlo con la compremitrice insieme agli eccipienti: che, nella produzione industriale, sono costituiti da lattosio, amido, talco, magnesio stearato, gomma arabica. Ma l’azione farmacologica della sostanza pura è praticamente analoga, ma è meglio usarlo in polvere pura senza eccipienti.
Le virtù terapeutiche del lisozima – l Lisozima fattore dell’immunità naturale.
Le indagini elettroforetiche indicano l’influenza diretta del lisozima sulle globuline plasmatiche, con un incremento della frazione gamma globuline nonché della properdina.
Non meno interessante, in relazione con l’immunità, è l’aumento dei tassi serici di agglutinine, evidente anche e solo dopo la somministrazione di dosi relativamente modeste di lisozima (25-50 mg. pro die).
Ha pure importanza l’aumento della fagocitosi leucocitaria; interessantissima poi la presenza di lisozima nel nucleo attivo della molecola della stessa properdina, che svolge un grande ruolo nei processi immunitari.
Il lisozima nell’organismo non si trova libero, ma in forma combinata, formando sali complessi con altri enzimi, con ormoni, con l’eparina, con vitamine, con glicoproteine e con lipoproteine ecc.
Ciascuno di questi complessi acquista proprietà peculiari di grande importanza fisiologica e terapeutica”.
Tratto dal sito medico-scientifico www.metododibella.org, che riporta anche una vasta bibliografia
Consigli per l’Utilizzo dei Lisozimi: assumerli durante o 20 minuti dopo i pasti 3 gr da due a tre volte al dì.
Lasciare sciogliere sotto la lingua
Vanno assunti assieme ad una spremuta di limone con una puntina di fruttosio, sciolto in esso e successivamente aggiungendo ½ cucchiaino di bicarbonato, con acqua aggiunta di ½ bicchiere.
L’utilizzo non ha termine/tempo specifico, perché il tempo varia a seconda del individuo che ne abbisogna, può essere utilizzato come minimo per 3 mesi consecutivi, senza problemi.
Può essere utilizzato anche dagli animali malati.
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L’ACIDO ACETICO aiuta l’eliminazione dei micobatteri – 26/02/2014
Il dott. Howard Takiff, è l’autore senior dello studio e responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare presso l’Istituto Venezuelano di Investigazione Scientifica (IVIC) a Caracas.
“Quando si contaminano i siti di intervento chirurgico o quelli in cui vengono eseguite procedure cosmetiche, questi causano gravi infezioni. Sono intrinsecamente resistenti alla maggior parte degli antibiotici, richiedono mesi di terapia e possono lasciare cicatrici deformanti”.
“Molte procedure cosmetiche vengono eseguite al di fuori di ambienti ospedalieri nei Paesi in via di sviluppo, dove disinfettanti efficaci non sono disponibili. Questi batteri sono patogeni emergenti. Come si fa a sbarazzarsi di loro?”, aggiunge Takiff.
Fortunatamente, mentre il ricercatore stava cercando una possibile risposta, una sua borsista post dottorato, Claudia Cortesia, durante alcune sue ricerche aveva notato la capacità dell’aceto di resistere ai micobatteri. Stava testando un farmaco che doveva essere prima sciolto in acido acetico, quando si è accorta che otteneva lo stesso identico risultato senza usare il farmaco. L’acido acetico, infatti, aveva ucciso da solo i micobatteri.
“Dopo la prima osservazione di Claudia, abbiamo testato le concentrazioni minime e tempi di esposizione che possono uccidere i diversi micobatteri”, ha spiegato Takiff.
Siccome il laboratorio Venezuelano non è attivo anche come clinica TBC, alcuni collaboratori come Catherine Vilchèze e William Jacobs dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, hanno testato ceppi di TBC e hanno scoperto che l’esposizione a una soluzione al 6% di acido acetico per 30 minuti uccide efficacemente il batterio della tubercolosi. Compresi i ceppi resistenti a quasi tutti gli antibiotici conosciuti.
Per comprendere meglio, basti sapere che la presenza di acido acetico al 6% è leggermente superiore a quella dell’aceto da supermercato che, di norma, è al 4-5%. La riduzione a dosaggi relativamente bassi ha portato, in soli 30 minuti, a ridurre il numero di micobatteri della tubercolosi da 100 milioni a livelli non rilevabili.
Takiff ha eseguito test per un anno nel laboratorio di Laurent Kremer presso l’Università di Montpellier in Francia. Durante le sue ricerche ha esaminato anche il temuto M. abscessus, presente soprattutto nell’acqua e in grado di causare malattie croniche polmonari, infezioni post-traumatiche e malattie cutanee, nei pazienti più deboli.
Si tratta, al giorno d’oggi, uno dei micobatteri più difficili da debellare. Takiff ha scoperto che in questo caso la soluzione deve essere aumentata fino al 10% di acido acetico, per trenta minuti di tempo. Il ricercatore ha anche voluto testare la sua efficacia in caso di condizioni biologiche meno igieniche, che si verificano in reali condizioni cliniche. Per far questo ha aggiunto globuli rossi e albumina. L’acido acetico, anche in questo caso, è riuscito a superare benissimo il test.
“C’è un reale bisogno di disinfettanti meno tossici e meno costosi che possano eliminare la tubercolosi e micobatteri non TB, specialmente nei Paesi poveri di risorse”, dichiara Takiff.
Secondo i suoi studi, dosi più elevate (al 25% per esempio) divengono solo irritanti, per cui non sono necessarie. Inoltre, sono sufficienti solo 100 dollari per acquistare una quantità tale di acido acetico utile a disinfettare 20 litri di culture di TB o campioni clinici.
“Per ora questa è semplicemente un’osservazione interessante. L’aceto è stato utilizzato per migliaia di anni come disinfettante comune e ci limitiamo ad aver esteso studi del XX secolo sull’acido acetico. Se potrebbe essere utile in clinica o nei laboratori di micobatteriologia per sterilizzare attrezzature mediche o per la disinfezione di culture o campioni clinici, resta da stabilire“.
La ricerca è stata pubblicato su mBio, un giornale online ad accesso gratuito pubblicato dall’American Society for Microbiology. – Per maggiori info: http://mbio.asm.org.
Tratto da: lastampa.it
Commento NdR: Molto meglio il Limone con gli Ascorbati:
Citrato-Ascorbato_Lisozimi- By_G.Luzzi
vedi anche: Sindrome della permeabilità intestinale ed autismo
“VOGLIONO DELIBERATAMENTE SBARAZZARSI di GRAN PARTE dell’UMANITÀ”
https://childrenshealthdefense.org/defender/gates-global-agriculture/?itm_term=home
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Continua in: Micoplasma 2