Nasce prima il farmaco o la malattia ?
Chi non va di corpo spontaneamente almeno tre volte la settimana da oltre sei mesi è affetto da stitichezza cronica.
Chi l’ha detto ? È una delle definizioni che vanno sotto il nome di “criteri di Roma” e che sono opera di vari team di esperti; costoro si riuniscono periodicamente nella città eterna per inquadrare i disturbi funzionali dell’intestino e hanno descritto sinora 21 entità nosologiche su cinque diverse regioni anatomiche del tratto gastroenterico.
La rilevanza di questa impresa si può apprezzare, per esempio, sulla base di uno studio appena pubblicato.
Un trial randomizzato e controllato a doppio cieco con placebo ha appurato che il tegaserod (antagonista dei recettori della serotonina, in commercio negli USA) produce una evacuazione spontanea in più ogni due settimane in chi soffre di stitichezza cronica, al costo di circa 100 $ per “evento” aggiuntivo.
Sulla base di evidenze come questa verrà presto approvato anche in Europa.
Chi sorride, si ricreda.
Questo farmaco è un blockbuster, che dovrebbe rendere 1 miliardo di dollari di fatturato l’anno al produttore.
Con queste prospettive di mercato, si spiega la generosità con cui molte case farmaceutiche hanno finanziato sin dalla fine degli anni Ottanta i gruppi di specialisti che si riunivano a Roma, come pure le associazioni di pazienti che si sono andate costituendo per condurre azioni di lobby, sino a federarsi nell’International Foundation for Functional Gastrointestinal Disorders, i cui fondi derivano per più del 90% dall’industria.
È un fiume di denaro che da vari decenni alimenta e indirizza le attività degli specialisti che stabiliscono le definizioni e gli standard, dei medici che devono applicarli e dei pazienti che promuovono la consapevolezza sui disturbi dell’alvo e sulla loro importanza.
La ricompensa per alcuni degli investitori sembrava già a portata di mano nel 2000, quando la Food and Drug Administration approvò l’alosetron, un farmaco indicato per la sindrome dell’intestino irritabile a prevalenza diarroica. Ma pochi mesi dopo il prodotto venne prima ritirato, per la segnalazione di gravi effetti collaterali tra cui alcuni casi di grave colite ischemica, e poi riammesso in commercio con severe restrizioni.
Ora la storia si ripete, perché anche il tegaserod, indicato invece per la forma a prevalente stitichezza, è bersagliato dalla segnalazione di importanti effetti avversi, tra cui grave diarrea e ischemia.
vedi: BIG PHARMA + Conflitti di Interesse in Medicina + Mercato della malattia + Rapporto Flexner e Dichiarazione di Alma Ata + Sindacato Rockefeller = Dittatura sanitaria + MINISTERO “SALUTE” italiano informato su DANNI VACCINI
Parlamentari pagati dalle Lobbies ? – Roma Ott. 2013
L’intervista a un assistente di un Senatore che svelerebbe i traffici illeciti tra parlamentari e Lobbies.
Video dell’intervista:
http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/390060/roma-parlamentari-pagati-dalle-lobbies.html
Qui trovate tutte le resistenze del produttore (Glaxo), ad esempio del Tamiflu, alla pubblicazione al pubblico dei trials del farmaco:
http://www.bmj.com/tamiflu
vedi anche: Conflitto di Interesse + Conflitti di interesse PDF – 1 + Conflitti di interesse PDF – 2 + Conflitti di Interesse, denuncia del Governo Ii – PDF + CDC – 1 + CDC – 2 + FDA + Conflitti di Interesse, business farmaci e vaccini + Conflitti di interesse dell’AIFA
vedi anche: ISS + Ministero della salute + EMA + CNR e Corruzione + Consenso Informato
Visionate questo video, parla un’informatore farmaceutico, sul Business dei Farmaci e Vaccini
http://ildocumento.it/farmaci/il-business-farmaceutico-current.html
Sindrome infiammatoria chiamata “Asia” scatenata dai vaccini !
ASIA_Sindrome infiammatoria-dai-vaccini-Riassunto.pdf
Tratto da: http://www.assis.it/wp-content/uploads/2014/12/ASIARiassunto.pdf
… ed e’ noto che… le infiammazioni sono foriere di qualsiasi tipo di sintomi, che i medici impreparati allopati chiamano erroneamente “malattie“….
Corruzione e sistemi sanitari nel mondo: vedi http://www.epicentro.iss.it/focus/globale/globalcorrupt.asp
Visionare questi link: http://www.informatori.it/informatori/filepdf/sperimentazioni.pdf
video: http://www.youtube.com/watch?v=DoS02m0OevM
http://www.youtube.com/results?search_type=&search_query=cancro+ieri+ed+oggi&aq=f
http://www.youtube.com/results?search_type=&search_query=cancro+e+medicina+naturale&aq=f
Commento NdR:
Oggi sono ben noti i misfatti dell’industria farmaceutica, e sono solo la punta dell’iceberg, ma nell’articolo non vengono tenuti in nessuna considerazione i GRAVISSIMI MISFATTI degli enti governativi Italiani ed esteri, a “Tutela della Salute”; dove sono stati, e dove sono ancora oggi questi enti che dovrebbero controllare con i loro laboratori, i farmaci ed anche i vaccini…..forse al bar a prendersi un caffe’….? ..e chiudendo tutti i due occhi su queste azioni Criminali, cio’ significa che sono collusi con i produttori di farmaci e vaccini, ma significa anche che le case farmaceutiche hanno corrotto e/o immesso nei posti di potere di questi enti, i “loro” uomini affinche’ nascondessero e chiudessero i due occhi su questi CRIMINI contro l’Umanita’ …altro che HITLER….quello ERA un BRAVO RAGAZZO in CONFRONTO a QUESTI CRIMINALI di OGGI !
Un recente studio, realizzato sul confronto tra bambini vaccinati e non, ha portato alla luce una verità che da anni sospettavamo: i bambini vaccinati contraggono il 500% di malattie in più di quelli non vaccinati. Sorpresi ? Noi no.
/vaccini/Vaxxed-vs-Unvaxxed-Slides-06-25-19.pdf
La storia relativa ai vaccini va avanti da anni, il sospetto c’è sempre stato ed ora possiamo affermare che probabilmente non servono effettivamente a proteggerci, ma piuttosto sono una garanzia per l’industria farmaceutica che si assicura un “cliente” a vita.
../vaccini/dannivacc.htm
I vaccini contengono sostanze tossiche per l’organismo e di conseguenza tendono ad abbassare le difese immunitarie !
vedi Contenuto dei vaccini ed immunodepresisone da Vaccino
../vaccini/contenuto_vaccini.htm
/vaccini/contenuto_vaccini2.htm
/vaccini/immunodepressione_vaccino.htm
/vaccini/immunodepressione_vaccino2.htm
/vaccini/morti_vacc.htm
Questa indagine, che si sta sviluppando da anni, è stata condotta dal dottor Andreas Bachmair, un medico omeopata classico: https://www.hpwwc.org/andreas-bachmair-bio.html
Chiaramente i media ufficiali non hanno fatto riferimento a questa notizia che sta passando, come moltissime altre cose, nel silenzio più assoluto. I media oggi riportano notizie inaffidabili, fuorvianti e l’unico messaggio che possiamo percepire è questo: “i vaccini non sono pericolosi, ci sono 8 mila morti all’anno per influenze varie, ma senza vaccini i morti potrebbero essere il doppio”. Ecco a voi, il piatto è servito!
../vaccini/influenza.htm
../vaccini/influenza_danni.htm
Disinformazione, propaganda del TERRORE e tutte le persone morte dopo somministrazione di vaccini, cadono nel dimenticatoio più assoluto.
Ma in questi giorni però, proprio i casi di morti sospette in Italia hanno riaperto il dibattito ed hanno fatto innalzare il livello di guardia.
../vaccini/sids.htm
../vaccini/sids2.htm
Vi siete mai chiesti perché i medici non trovano le cause vere di molte malattie ? Che forse siano dovute alla somministrazione dei vaccini ?
Vogliamo sottoporre alla vostra attenzione un elenco delle malattie “avvolte” ancora nel mistero e che sono: asma, allergie, autismo, cancro, diabete, malattie renali, aborti, morte infantile improvvisa e le varie malattie neurologiche. Andiamo adesso a vedere invece quali sono gli effetti collaterali documentati e dichiarati nella letteratura medica: attacchi cardiaci, infezione agli orecchi, svenimenti, epilessia, reazioni allergiche, morti improvvise, disordini emorragici, epilessia.
Vi viene in mente qualcosa ? Tutto torna ?
Vogliamo sottoporre alla vostra attenzione un altro dato molto interessante.
Negli ultimi 20 anni, 145.000 bambini sono morti a causa dei vaccini. Impressionante vero ?
Luca Pani, direttore dell’agenzia del farmaco, in tempi non sospetti aveva dichiarato di aver previsto l’aumento delle segnalazioni sul caso dei vaccini.
In questi giorni infatti la Sicilia, Il Molise, la Toscana, la Puglia, la Lombardia, l’Emilia Romagna ed il Lazio sono state interessate da questo caso, con diverse persone che sono decedute in maniera sospetta. Una grossa colpa di quanto sta succedendo deve essere attribuita anche alla televisione che sponsorizza e pubblicizza l’uso dei vaccini pur sapendo che si tratta di veleno che entra nel nostro corpo.
Come scrive Gianni Lannes, il livello di criminalità bivacca ai vertici dello Stato.
../vaccini/corruzione.htm
Se aumentano i casi di autismo tra gli esseri umani più piccoli, c’è una ragione ben nota alle Autorità, ai medici ed alle industrie farmaceutiche.
Risposta: una letale dose di veleni soprattutto ai bambini in tenera età, neonati inclusi e compresi per creare malati cronici a vita, pazienti condannati per sempre a “cure mediche” inutili e dannose.
In una frase: anomalie legalizzate dallo Stato italiano che mettono a rischio la vita di milioni di persone, in particolare i pargoli. Le autorità a partire dal Ministero della Sanità,
MINISTERO della “SALUTE” italiano e vari ENTI Italiani ed Europei, NON rispondono !
MINISTERO della “SALUTE” italiano e vari ENTI Italiani ed Europei, NON rispondono ! – 2
MINISTERO della “SALUTE” italiano, Regioni e vari ENTI Italiani ed Europei, NON rispondono ! – 3
MINISTERO della “SALUTE” italiano, Regioni e vari ENTI Italiani ed Europei, NON rispondono ! – 3/b
MINISTERO della “SALUTE” italiano, Regioni e vari ENTI Italiani ed Europei, NON rispondono ! – 3/c, EMA e conflitti di interesse
…non ci fanno volutamente caso e lasciano correre contando sull’oblio collettivo. Gli affari economici contano più della salute. Infatti, il mercurio, pur messo al bando in Italia nel 2001, è ancora ben presente nei vaccini di ogni genere, per grandi e piccini.
Mercurio nei vaccini: un decreto del 13 novembre 2001, aveva sollecitato le ditte produttrici ad eliminare questo velenoso conservante.
Il mercurio nei vaccini è usato come conservante con diversi sinonimi: thiomersal, mercuriotiolato, etilmercurio tiosalicilato, sodio mertiolato.
/vaccini/thimerosa_lcdcon.htm
E’ contenuto nei vaccini per il tetano, difterite, pertosse, antiepatite A, antiepatite B e antiinfluenzale. Negli Stati Uniti l’ente di controllo sui farmaci, la Fda, ha sollecitato l’eliminazione dai vaccini fin dal 1999.
Seguendo una direttiva dell’Agenzia Europea per i Farmaci (EMEA), anche nel nostro Paese il Ministero della Salute, con un proprio decreto del 13 novembre 2001, aveva sollecitato le ditte produttrici ad eliminare dagli eccipienti dei vaccini il thiomersal, un conservante organomercuriale.
Ma questo veleno è a tutt’oggi presente anche se in minore quantita’, come si evince dalla lettura della documentazione ufficiale e perfino dei bugiardini contenuti nelle confezioni farmaceutiche.
Per l’Istituto Superiore di Sanità è tutto a posto. Allora perché non inoculare pubblicamente vaccini imbottiti di mercurio agli esperti istituzionali in camice bianco e doppiopetto parlamentare, inclusi tutti i componenti dell’ISS, maggiordomi governativi ed i negazionisti senza cervello, così tanto per vedere l’effetto che fa ? Se sono innocui, allora non c’è nulla da temere ?
L’interrogazione parlamentare numero 4-34368, presentata il primo marzo 2001, nel corso della tredicesima legislatura all’allora ministro della sanità Umberto Veronesi, non ha ancora avuto una risposta, dopo 12 anni, ben 4 legislature ed una miriade di ministri illuminati (da Sirchia alla Bindi, dalla Turco a Berlusconi stesso).
«Al Ministro della sanità. – Per sapere – premesso che: da oltre due anni negli Stati Uniti è scattato un allarme sul contenuto di mercurio nei vaccini destinati ai bambini a seguito dei risultati degli esami effettuati dalla Food and Drug Administration e dall’agenzia per le sostanze tossiche (Atsdr); l’8 luglio 1999 l’Emea, l’autorevole agenzia del farmaco dell’Unione europea che ha sede a Londra, ha inviato a tutti i Ministeri della sanità dei paesi dell’Unione una raccomandazione per “promuovere l’uso generalizzato di vaccini privi di tiomersale e di altri conservanti contenenti mercurio e alluminio”; nel giugno 2000 la stessa Emea segnalava il permanere in commercio di tre vaccini, usati per vaccinare i bambini contro la pertosse e l’epatite B contenenti tiomersale; secondo l’Agenzia europea il mercurio contenuto nei vaccini provocherebbe danni permanenti nel sistema nervoso, al fegato e ai reni dei bambini ai quali viene iniettato; risulta all’interrogante che a seguito di quanto sopra l’Emea abbia presentato esposti in 39 procure italiane affinché vengano ritirati dal commercio i preparati che contengono mercurio sotto forma di tiomersale tenendo presente che le domande presentate per danni provocati da vaccino sono in Italia oltre 40.000; risulta all’interrogante che il Ministro della sanità abbia “emanato un decreto per “eliminare il decreto che, pur prevedendo la pericolosità del prodotto ne fissa “l’eliminazione” al gennaio 2007 e nel quale si afferma testualmente che “tutte le ditte farmaceutiche che al 2007 dimostreranno che non possono fare a meno del tiomersale per i loro prodotti potranno mantenerlo”-: quali siano le ragioni che hanno indotto il ministro a rinviare l’applicabilità del decreto di ben sei anni nonostante la riconosciuta pericolosità del prodotto; per quale ragione non si sia tenuto in alcun conto il parere del direttore del reparto di epidemiologia e malattie infettive dell’Iss che ha suggerito il ritiro del vaccino; perché, a tutela della salute dei cittadini, non vengono date direttive per l’uso immediato di vaccini dell’ultima generazione tenuto conto che quelli registrati nell’ultimo biennio sono tutti privi di tiomersale (4-34368)».
Nei vaccini e’ contenuto anche l’alluminio, altro metallo altamente tossico
/vaccini/alluminio.htm
/vaccini/bibliografia_dannivaccini.htm
https://vaxxter.com/
Fate dunque attenzione, non vi fate coinvolgere nel gioco sporco che da anni stanno attuando le industrie farmaceutiche.
Vogliamo chiudere questa inchiesta con alcune frasi della dottoressa Sherri Tenpenny: https://vaccine-injury.info/tenpenny.cfm una delle autorità mediche più preparate del mondo per quanto riguarda l’uso dei vaccini ed il loro impatto sulla nostra salute:
“I vaccini sono la spina dorsale di tutta l’industria farmaceutica. I bambini vaccinati diventano clienti a vita.”
Riflettete e meditate gente !
A cura di Stefano Sorce con aggiunte del Redattore della pagina
Strategie per un blockbuster (grande successo)
Intanto, sin dal 2002 sul British MedicalJournal erano comparse rivelazioni, tratte da documenti riservati di agenzie di comunicazione, sulle strategie utilizzate dai produttori di farmaci per inculcare nella mente dei medici e dei pazienti la sindrome dell’intestino irritabile “come uno stato di malattia a sé stante e rilevante” e “come una patologia frequente e riconosciuta”.
La prima mossa, a livello locale, consiste nel costituire un advisory board, nel quale figurino anche opinion leader riconosciuti. Poi si passa a sviluppare “linee-guida di buona pratica”, a diffondere tra i medici una newsletter, ad avviare un programma di “sostegno per i pazienti”, sino a convincere tutti che la sindrome dell’intestino irritabile è una “malattia seria e credibile”.
Riviste specializzate come Pharmaceutical Marketing spiegano che questa strategia è la più adatta per preparare le condizioni necessarie alla reazione di un blockbuster (una molecola capace di creare ricavi per oltre un miliardo di dollari l’anno), obiettivo cui icolossi del farmaco non possono rinunciare, pena la perdita di posizioni.
Si tratta propriamente di “vendere” innanzi tutto una malattia (NdR: disease mongering è il crudo termine anglosassone – i nomi inventati dei vari sintomi dell’unica malattia servono proprio a questo), per creare un mercato potenziale sufficientemente ampio ai prodotti che verranno in seguito lanciati.
Nella vicenda della sindrome dell’intestino irritabile ciò è stato realizzato con il percorso dei “criteri di Roma”, in altri contesti si è provveduto all’inserimento di una nuova entità e della sua definizione in repertori come il Diagnostic and Statistic Manual o l’International Classification of Disease. In tutti i casi è necessaria un’azione coordinata sui panel di esperti e sugli opinion leader del settore, che infatti risultano avere legami molto stretti con le industrie interessate in un’alta percentuale dei casi.
Si arriva così a riformulare diverse esperienze esistenziali in termini funzionali a progetti di marketing, come è stato ben analizzato nel già citato articolo del British Medical Journal, da cui si riportano alcune trasformazioni dimostrative.
- La calvizie: da inconveniente ordinario a problema medico.
- La fobia sociale: da malessere sociale o personale a disturbo psichico.
- La disfunzione erettile: da difficoltà occasionale a patologia frequente e diffusa.
- I disturbi dell’alvo: da fastidi leggeri a sintomi di malattie gravi.
- La rarefazione dell’osso: da fattore di rischio a malattia
Da problema a malattia
Sono molti gli esempi di farmaci in cerca di malattia, come personaggi pirandelliani. Il meccanismo è ormai ben oliato e non comporta che una entità nosologica venga inventata di sana pianta. Anzi, la cosa fila meglio se si parte da un problema reale, ma lo si ridefinisce opportunamente.
L’osteoporosi è un processo fisiologico legato all’età (NdR ed ai molteplici fattori di infiammazione), e rappresenta realmente uno dei tanti fattori di rischio di fratture. La si reinterpreta prima come malattia e se ne dà poi una definizione su base strumentale che conferisce alla diagnosi un elemento di obiettività, stabilendo una soglia quantitativa necessariamente arbitraria. In questo modo risulta facile raggiungere tre obiettivi, tutti importanti per il mercato:
- si riconduce la prevenzione delle fratture (vero obiettivo di salute) al solo rinsaldamento delle ossa;
- si riduce la molteplicità di possibili interventi per rendere salde le ossa ai soli farmaci;
- si aumenta il numero di soggetti da trattare per scongiurare una singola frattura.
Questo ultimo elemento, che costituisce una misura del “mercato potenziale”, può essere poi ciclicamente incrementato attraverso proposte di riduzione della soglia oltre la quale si ritiene indicato il trattamento. Poiché la funzione di rischio è in genere di tipo continuo, è sempre possibile formulare due affermazioni comunque vere:
- esiste un rischio anche sotto la soglia; anche se questo rischio è minore, riguarda un più alto numero di casi che si potrebbero prevenire.
Un esempio importante in cui fattori di rischio sono stati concettualizzati come malattie, e poi definiti sulla base di soglie quantitative, che vengono periodicamente rivedute al ribasso sulla base delle affermazioni suddette, è quello degli accidenti cardiovascolari: per colesterolo, pressione arteriosa e glicemia negli ultimi venti anni sono stati proposti numerosi livelli di intervento, capaci di coinvolgere di volta in volta popolazioni da trattare sempre più ampie.
Anche per questi processi di definizione “quantitativa” di malattie, l’intervento dell’industria è stato costante e capillare. I sociologi e gli antropologi sono arrivati negli ultimi decenni a dimostrare che i concetti di malattia e le relative definizioni sono costrutti sociali, e come tali storicamente ed etnicamente variabili; si assiste però oggi al fenomeno inedito della costruzione industriale della malattia, in genere su scala globale e con finalità commerciali.
L’editoriale è consultabile su: www.agenziafarmaco.it
vedi: Le Nuove Malattie…..INVENTATE…..vedi per esempio ADHD e/o Aviaria
Nuove malattie che si stanno affacciando all’orizzonte medico !!! ……E fanno aumentare le vendite e quindi i fatturati delle case farmaceutiche , impoverendo gli Stati e le nostre tasche…..
Commento (NdR): Ricordati sempre che le case farmaceutiche cercano di venderti qualsiasi cosa.
A loro non interessa se sei malato, se guarirai o se stai già bene. Vogliono solo che tu compri i loro prodotti. E fanno qualsiasi cosa per convincerti, incluso inventare malattie che non esistono…..
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L’industria della “salute” controlla la scienza e la società – 27 maggio 2012
La produzione su scala industriale di farmaci è un fenomeno relativamente recente. Con l’imporsi della teoria dell’origine microbica delle malattie, con Louis Pasteur e Robert Kock, nella seconda metà dell’Ottocento, e la comparsa dei primi farmaci relativamente efficaci [come la mitica Aspirina per febbre e dolori, messa in produzione dalla Bayer nel 1899, e il Salvarsan contro la sifilide, inventato dall’immunologo tedesco Paul Ehrlich ai primi del Novecento], decolla anche l’industria del farmaco.
E’ la fase eroica della medicina moderna. Finalmente, non solo si potevano descrivere le malattie, ma anche trovarne una causa in un agente patogeno e utilizzare una “pallottola magica” che lo sopprimeva. Il cerchio era chiuso. Il paradigma forte e compatto.
Certo, non per tutte le malattie si poteva risalire a una causa e poche ancora si potevano curare con le pallottole magiche. Ma era solo una questione di tempo, di accumulo di conoscenze scientifiche. In questo quadro, i produttori di pallottole magiche svolgevano un ruolo centrale.
Ma è solo con la messa in produzione della penicillina, scoperta da Alexander Fleming nel 1929, iniziata a essere prodotta su larga scala dal 1941, che l’industria decolla. Nei due decenni successivi, battezzati dagli storici l’età dei farmaci, c’è una vera e propria esplosione nella scoperta e nella produzione di farmaci, tra cui certamente rilevante è il cortisone, nel 1949.
Negli ultimi decenni, la salute diventa uno dei più floridi e profittevoli settori economici nei Paesi ricchi.
Il motore dell’industria della salute è ovviamente quella del farmaco. Solo in Europa, queste attività danno lavoro a più di mezzo milione di persone. Per stare a casa nostra, solo nell’area milanese operano più di tremila aziende, con oltre cinquantamila addetti e un giro d’affari che supera i dieci miliardi di euro.
A livello mondiale, il settore conosce una forte concentrazione in poche mani: un piccolo gruppo di supercolossi, che gli angloamericani chiamano “Big Pharma“, con fatturati vertiginosi.
Tanto per fare un esempio, la Pfizer da sola detiene più del 10% del mercato mondiale, con oltre 48 miliardi di dollari. Negli ultimi anni questa tendenza alla concentrazione monopolistica è talmente cresciuta, che ha portato il numero delle attuali grandi aziende da trenta a dodici. I margini di profitto diventeranno sempre più elevati.
Si potrebbe quindi obiettare: e allora ? …
E’ normale che chi produce, soprattutto in un campo che richiede grandi investimenti per la ricerca, punti a realizzare profitti.
Dove sta il problema ? … Il problema non sta nella ricerca del profitto, sta nella rete che l’industria ha teso per garantire la massimizzazione del profitto.
In proposito, di solito si pensa all’informatore farmaceutico che corrompe il medico prescrittore con regali e benefici (la Corte di Cassazione ha sentenziato che si commette non solo “comparaggio” ma vera e propria “corruzione in atti d’ufficio”), oppure al dirigente d’azienda che mette sul conto svizzero di un primario la tangente per l’acquisto, da parte dell’ospedale, di kit e macchinari diagnostici. Certo, tutto questo è documentato ed è anche stato sentenziato in via definitiva dalla Corte di Cassazione, dal famoso caso Poggiolini e De Lorenzo (ex Ministro che prese tangenti per rendere obbligatorio il vaccino anti-epatite B che, in sostanza, è somministrato illegalmente !) in avanti, e ha sicuramente effetti di distorsione dell’intervento medico, ma non sembra l’aspetto principale della questione. Infatti, la corruzione è un fenomeno che si verifica a valle.
A monte c’è la sistematica distorsione della conoscenza. E’ questo l’aspetto più preoccupante e pesante come un macigno.
La manipolazione delle conoscenze
“Si possono fare molti soldi, dicendo alle persone sane che sono malate“. Così inizia un citatissimo articolo scritto per il British Medical Journal da un giornalista scientifico, un medico di base e un professore di farmacologia clinica, il cui titolo esplicita l’argomento: Vendere le malattie: l’industria farmaceutica e il mercato della malattia.
Gli autori dimostrano, con numerosi esempi, che c’è una costante azione, da parte dell’industria farmaceutica, di medicalizzazione della società, al fine di allargare il mercato.
Uno studioso di Sanità, Gianfranco Domenighetti (nel libro Etica, conoscenza e sanità), così descrive le strategie di allargamento del mercato messe in atto dall’industria e dagli altri anelli della rete: “Anticipazione della diagnosi, screening e altre procedure assimilabili, che tendono ad estendere il dominio della malattia sul piano temporale della vita. Abbassamento della soglia tra normalità e patologia, che tende ad estendere il dominio della malattia sul piano quantitativo. Attribuzione della qualifica di patologico a condizioni esistenziali comuni, che tendono ad estendere il dominio della malattia sul piano quantitativo“.
La promozione degli screening rappresenta probabilmente “il più grosso business per creare ammalati” scrive Domenighetti.
Tipico esempio è lo screening del PSA (Antigene Prostatico Specifico), che è stato proposto a tappeto in Europa e negli Stati Uniti d’America a maschi cinquantenni, anche in buona salute, con effetti nulli sul controllo della mortalità per tumore alla prostata, con molti effetti negativi derivanti dalla diffusione ingiustificata della chirurgia della prostata e con molti effetti positivi per i produttori del test e dei farmaci.
Ma l’esplosione di questa strategia di allargamento del mercato la tocchiamo tutti i giorni col bombardamento vaccinale al quale vogliono sottoporre i nostri figli, addirittura con uno scriteriato calendario vaccinale da 0 a 100 anni, con la diffusione dei test genetici che fondano la cosiddetta “medicina predittiva“.
La strategia della “medicina predittiva” è quella che piace tanto a giornali e televisioni e anche al mercato della Sanità. Quella che scrutando i geni pensa di trovare il gene dell’autismo, quello del cancro e magari anche quello dell’immortalità !
Ma come sappiamo, e come ricorda (per esempio) il Prof. Paolo Vineis, “il ruolo dei geni nel provocare malattie viene spesso equivocato. Il determinismo genetico è un chiaro errore metodologico, eppure lo ritroviamo spesso nelle pagine dei giornali e delle stesse riviste scientifiche” (dal manuale Etica, ambiente e biotecnologie).
L’altro pilastro della strategia di marketing è l’abbassamento della soglia che divide il normale dal patologico. Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi: la soglia del colesterolo e quella della pressione arteriosa sono diventate talmente mobili verso il basso che si fa fatica a catturare l’ultimo limite. Al punto che, ormai, è frequente sentire cardiologi che dicono che meno colesterolo si ha e meglio è, stravolgendo la fisiologia e la biochimica, che ci insegnano come questa molecola è comunque essenziale per la sintesi degli ormoni steroidei (ormoni sessuali, cortisolo, e altri di minor peso).
Dal punto di vista conoscitivo, adottare questo punto di vista significa passare dal concetto di equilibrio dei valori [del colesterolo, della glicemia, della pressione arteriosa, ecc ecc] a quello di nemici interni da annientare.
L’esempio eclatante riferito alle vaccinazioni lo troviamo con il tetano: Il bacillo del tetano vive come innocuo commensale nel tratto intestinale di molti animali e anche dell’uomo stesso. Qualsiasi persona sana potrebbe albergare il bacillo del tetano nel suo intestino. Le spore tetaniche sopravvivono nel nostro corpo per mesi o anni senza germinare: la loro sopravvivenza, germinazione o eliminazione dipendono dalla forza del nostro sistema immunitario.
Il bacillo del tetano non è un germe di per se stesso pericoloso, ma è pericolosa la tossina che produce e che non viene prodotta in presenza di ossigeno. Ecco perché la prima terapia antitetanica è il corretto trattamento delle ferite.
Eppure, il nostro Ministero della Salute ha stabilito che va considerato come protettivo un tasso plasmatico dieci volte maggiore a quello proposto dagli studi scientifici internazionali (superiore a 0,1 UI/ml invece di 0,01 UI/ml), in questo modo risultano non protetti anche molti soggetti adeguatamente protetti.
Il concetto di salute che è alla base non è più quello di equilibrio, che la persona ricerca in prima persona, ma è quello di difesa da nemici esterni e interni, da realizzarsi con armi che vengono fornite dall’esterno sotto forma di pillole, vaccini e simili.
Roy Moynihan, tanto per tornare all’esempio del colesterolo, in un suo recente libro (Selling Sickness) fa notare che la decisione di abbassare la soglia del colesterolo negli USA, dopo molte traversie, è stata presa nel 2004 da un gruppo di 9 [nove] esperti federali, di cui 8 [otto] hanno interessi con le industrie che producono farmaci per abbassare il colesterolo. Le nuove Linee Guida, solo negli USA, hanno, di colpo, creato 25 milioni di malati in più, facendo passare da 12 a 36 milioni le persone che dovrebbero ricevere un farmaco per abbassare il colesterolo.
Per non parlare poi delle Linee Guida sull’ipertensione, per le quali, nel giro di pochi anni, si è passati da una pressione di 140/90 considerata normale a 120/80. Nella primavera del 2003, gli esperti chiariscono che se si raggiungono quei valori di 120/80 la persona deve essere considerata in “pre-ipertensione”. In sostanza, per questi signori, una persona, per essere considerata sana, dovrebbe viaggiare sempre sul filo del rasoio dell’ipotensione!
Anche in questo caso è ovvio che abbassare la soglia significa alzare le prescrizioni di farmaci, e comunque medicalizzare uno stato normale.
Altri esempi massicci sono rappresentati dagli sforzi di etichettare come malattie delle normali condizioni come perdere i capelli, avere un calo del desiderio sessuale dopo una certa età, non riuscire da piccoli a stare inchiodati in un banco di scuola per molte ore di fila, etc etc.
Eppure, i soliti incalliti detrattori che si permettono addirittura di tacciare per “complottisti” degli stimati professionisti e soprattutto i genitori che hanno assistito impotenti alla regressione autistica del proprio figlio causata dai vaccini, proseguono ad affermare che le industrie hanno dalla loro la ricerca e una solida documentazione scientifica, che viene pubblicata su riviste di grande prestigio.
Questi detrattori, a volte perfino pagati sotto banco dalle stesse industrie, sembrano dimenticare il segreto nelle procedure riguardanti il sistema regolatorio dei farmaci, i conflitti d’interesse della cricca dei vaccini e nella pratica clinica, i risultati di una ricerca tutta italiana (The unbearable lightness of health science reporting) che misura il grado di attendibilità, trasparenza ed equilibrio della divulgazione scientifica sui quotidiani e i settimanali di casa nostra, la risposta non lascia spazio all’ottimismo. Quando si parla di salute al grande pubblico, devono essere soppesati tutti gli aspetti in gioco: i benefici di un vaccino o di una terapia non farmacologica, ma soprattutto i rischi per il paziente e i costi per il sistema. E va cercata e svelata la presenza di eventuali conflitti di interesse, se cioè esiste un legame di natura finanziaria fra l’azienda produttrice e la fonte di informazione: medici, riviste, associazioni, giornalisti. Perchè se l’esperto è a libro paga dell’industria, questo condiziona inevitabilmente il punto di vista. E chi legge, ha tutto il diritto di saperlo!
Addirittura tre pezzi da novanta dell’editoria medica sono scesi in campo sull’argomento: Marcia Angell e Jerome Kassirer [ex Direttori del “New England Journal of Medicine] e Richard Smith (ex Direttore – per venticinque anni – del “British Medical Journal”).
Richard Smith, con dovizia di particolari, mostra tutti i trucchi usati dalle industrie farmaceutiche per ottenere risultati favorevoli ai loro studi clinici. Si va dal confrontare il proprio farmaco con un concorrente noto per avere una scarsa efficacia, oppure con un dosaggio o troppo basso o troppo alto del concorrente, oppure a giocare a fini statistici sul numero delle persone coinvolte nello studio, sull’analisi dei cosiddetti sottogruppi, fino a evitare di pubblicare gli studi che danno risultati negativi.
L’industria, infatti, essendo la principale promotrice di ricerca, ne detta anche le condizioni riguardo all’uso e alle proprietà dei dati raccolti, che rimangono saldamente nelle sue mani, e quindi può decidere se saranno pubblicati o no, a seconda del vantaggio o dello svantaggio che ne può ricavare.
L’ex Direttore del British Medical Journal descrive poi i legami e la dipendenza dell’editoria medica dall’industria farmaceutica, non solo tramite la pubblicità, che, scrive, “almeno è visibile“, ma, soprattutto, tramite pratiche come l’acquisto, da parte delle compagnie, di riproduzioni di molte migliaia di copie di articoli pubblicati e favorevoli ai loro prodotti. Per i giornali medici queste copie sono fonte di forti ingressi finanziari e, soprattutto, hanno costi bassissimi.
In sostanza Smith conclude affermando che “i giornali medici sono l’estensione del settore marketing delle industrie farmaceutiche“. Per uscire da questa incresciosa situazione, propone, con una serie di accorgimenti, di recidere il cordone ombelicale tra stampa medica e industrie e di incrementare la presenza pubblica nel campo degli studi controllati.
L’analisi di Kassirer è più centrata sulla corruzione, sul “fiume di denaro che dalle industrie arriva ai medici“, come scrive nel suo libro denuncia, il cui titolo è tutto un programma, On the take [Nel taschino] e, affinchè il messaggio sia chiaro, l’editore, che è nientemeno che la Oxford University Press, mette in copertina un primo piano di un camice bianco con una mazzetta di dollari nel taschino!
E’ un vero e proprio libro-shock (del quale consiglio vivamente la lettura), anche pe la fonte: Kassirer infatti è un monumento della medicina americana, non è certo un contestatore alternativo che agita la folla nè uno straccione (come qualche stupido dalle parti di Belluno mi ha scritto in messaggio privato). L’emerito Professore della Tufts University, insignito di molti riconoscimenti, non si rivolge ai suoi colleghi, ma ai cittadini perchè “c’è poca possibilità che i conflitti finanziari di interesse diventino meno diffusi e influenti senza un’attenzione attiva da parte della gente“. E prosegue: “E’ tempo di svelare la complessità e l’estensione della complicità tra medici e industria”, perchè la gente deve essere sicura di “avere il medico al suo fianco, e non dall’altra parte“.
Il libro di Marcia Angell, The truth about the drug companies (La verità sulle aziende farmaceutiche), è tutto dedicato all’industria farmaceutica, documentando i suoi enormi tassi di profitto, superiori a qualsiasi altro settore, e le strategie davvero non limpide per produrre dati, che poi vengono rivenduti a medici e cittadini.
Sconvolgente è la strategia che la ditta produttrice di un noto antiepilettico, ha usato per allargare l’uso di questo farmaco e una serie di altre indicazioni. Angell descrive la procedura nei minimi particolari: organizzazione di piccoli studi senza alcun valore, produzione di articoli scritti dai ricercatori dell’azienda e fatti firmare (dietro lauti compensi) a professori universitari e a leader della materia, organizzazione di meeting a cui partecipano i suddetti accademici (ancora generosamente ricompensati] rivolti a un pubblico di medici [anch’essi ospiti coccolati dell’azienda e talvolta pagati come “consulenti”).
Con questo farmaco “d’acqua fresca” la strategia ha funzionato a tal punto da portarlo, nel 2003, a fatturare 2.3 miliardi di dollari.
L’aspetto più grave della pervasiva intrusione dell’industria nella gestione della salute è proprio quello di essere un potente fattore di condizionamento delle conoscenze. E’ evidente infatti che, essendo la gran parte della ricerca mondiale in mano all’industria, il campo epistemologico, e cioè la definizione delle domande a cui rispondono ricercatori e scienziati, sarà ampiamente strutturato dalle esigenze delle industrie farmaceutiche.
Questo vuol dire che possiamo fare a meno dell’industria dei farmaci ? …
Vuol dire che sogniamo un ritorno a un’era pre-scientifica e pre-tecnologica ?
No, sulla scorta delle analisi di autorevoli membri dell’establishment medico, come Kassirer, Angell, Smith e altri, è possibile immaginare un forte controllo pubblico sull’attività di aziende che non producono caramelle, ma beni essenziali per la salute. Non si tratta di penalizzare nessuno.
Si tratta di interrompere l’inquinamento delle conoscenze scientifiche da parte dell’industria, così come si tratta di salvarci la pelle come individui e come specie, perchè, come insegnano i danni da vaccino, i costi umani [prevalentemente innocenti, inconsapevoli, bambini] in questa situazione sono molto, molto, molto, molto pesanti.
Tratto da: autismoevaccini.wordpress.com
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Il bernardismo e le lucrose fabbriche di malattie – La Gabbia
Essendo per natura un animale conformista e gregario, l’uomo tende ad adattarsi alla maggioranza nell’abito mentale come in quello materiale. Ciò è comprensibile. Quel che riesce più difficile spiegare è la sua persistenza negli errori. E quando finalmente riconosce un errore, l’uomo tende a sovrapporvene un altro, che spesso si rivelerà più grave del precedente. E ciò che fece dire a Roscommon, poeta e critico irlandese del XVII secolo, che “la maggioranza ha sempre torto”. Ed è interessante notare che gli errori sono dovuti tutti al ragionamento e quasi mai, e forse mai, all’intuito e all’istinto.
Aristotele, le cui idee furono considerate per molti secoli la massima espressione dell’intelligenza umana, affermava che un sasso grosso cade più velocemente di un sasso piccolo. Più che l’errore in se, oggi può apparirci stupefacente che non sia mai venuto in mente ne ad Aristotele ne ad alcun altro individuo per secoli e secoli di controllare tale affermazione con un semplice esperimento. Ciò dimostra che il pensiero umano si è sempre mosso entro una gabbia ben delimitata, in conformità alla propria epoca. La gabbia si sposta nel corso dei secoli, con le spinte che riceve dall’interno da qualche animo irrequieto, e copre un nuovo terreno; ma il pensiero continua a rimanere confinato entro i limiti della gabbia, da cui non può evadere.
All’epoca di Aristotele e per altri due millenni la gabbia non permise al pensiero umano di concepire l’esperimento, ossia di ricorrere al metodo sperimentale. Si dovette attendere un Cartesio per enunciarlo e alcuni suoi contemporanei per imporlo, come Galileo Galilei che volle mettere alla prova la teoria aristotelica dei due sassi e scoprì con sommo stupore che il sasso leggero cade alla medesima velocità del sasso pesante. L’umanità aveva atteso milioni d’anni per questa semplice constatazione.
L’idea di mettere ad arrostire in un forno cani vivi “per scoprire il segreto della febbre” poteva nascere solo in un cervello ingabbiato, severamente limitato da una concezione meccanicista della salute e della vita, come quello di Claude Bernard.
Il fondatore della vivisezione moderna, a tutt’oggi definito un “genio”, non sapeva distinguere tra causa ed effetto: non aveva capito che la temperatura di un malato era la conseguenza e non l’origine della malattia. E così la medicina attuale pretende di guarire una malattia mascherandone i sintomi.
La gabbia attuale permette all’uomo di sostare su di un territorio che al tempo di Aristotele era sconosciuto, ma non gli permette di accettare come dati di fatto alcuni valori che sono altrettanto determinanti per la comprensione del mondo e della vita quanto le formule chimiche e matematiche.
Il metodo cartesiano allargò rapidamente i confini del sapere, ma sprezzando deliberatamente il pensiero filosofico e l’intuito, sostituì un nuovo e macroscopico errore agli errori precedenti: errore che conteneva il seme della futura disfatta, poiché indusse gli scienziati ad allontanarsi, senza accorgersene, dalla verità, ossia proprio dagli ideali scientifici. Negando l’esistenza di tutto ciò che non è dimostrabile, essi si divorziarono dalla realtà della vita.
In un dibattito pubblico organizzato nel 1973 dal settimanale Epoca è stato affermato che in laboratorio si può riprodurre esattamente un estrogeno naturale.
L’affermazione era del prof. Silvio Garattini, e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano da lui diretto era stato definito da Epoca (17-6-1973) “un centro tra i più importanti d’Europa per le ricerche sul cancro, sul sistema nervoso, sull’arteriosclerosi; oltre 400 pubblicazioni di diffusione internazionale testimoniano sui risultati dei suoi dieci anni di attività”.
A parte il fatto che ci si può domandare quali mai possano essere i “risultati” di queste ricerche, visto che i tre malanni menzionati da Epoca non avevano cessato di aumentare nel corso di quei dieci anni, è evidente che il prof. Garattini personificava quella scienza medica moderna che si muove entro i confini di una gabbia a cui si può solo dare il nome di bernardismo, perchè limitata dai dogmi enunciati da Claude Bernard.
Infatti la dichiarazione che “in laboratorio si può riprodurre esattamente un estrogeno naturale” “ossia che un farmaco combinato con polverine artificiali sarebbe identico a tutti gli effetti a un ormone sessuale naturale, organico, prodotto dall’organismo vivente” è da mettere alla pari con i dogmi di Claude Bernard, secondo cui una prova ottenuta sugli animali è perfettamente concludente per l’uomo.
Dunque un laboratorio, analizzato un estrogeno (ormone sessuale) naturale, ricavato da un organismo vivente, ne stabilisce la formula chimica, in base alla quale poi riproduce un prodotto teoricamente composto dai medesimi ingredienti chimici individuati nell’ormone originale e che quindi ha con questo una somiglianza teorica, convenzionale; tuttavia i due prodotti non possono essere identici, poiché dell’ormone naturale saranno state individuate soltanto le materie inerti, i corps bruts tanto cari a Claude Bernard; ma non gli elementi più importanti, ossia quelli che sfuggono, proprio per la loro natura vivente, a qualsiasi analisi chimica: perchè provengono dalla vita stessa e sono condizionati da quel “vitalismo” che fece impazzire Claude Bernard mandando a monte tutti i suoi esperimenti.
Ma c’è di più: i prodotti artificiali contengono di solito sostanze deleterie, che le sostanze naturali che essi pretendono di imitare evidentemente non hanno.
Qualche decennio fa il capo del Reparto Chemioterapico dell’Istituto Nazionale (britannico) per Ricerche Mediche aveva scritto su Medical World (mar. 1956, p. 473) in un articolo intitolato Chemioterapia Moderna : “Gli effetti tossici dei farmaci moderni stanno diventando evidenti e le pubblicazioni mediche sono piene di esempi in cui il paziente ne ha ricevuto un danno maggiore di quello che gli avrebbe procurato l’infezione originale”.
Quindi non è di ieri la denuncia che la pletora di farmaci sempre nuovi non avvantaggia il pubblico, ma lo rende malato. E nel frattempo la situazione non ha fatto che aggravarsi.
Le lucrose fabbriche di malattie
Già nel 1961 il dott. Walter Modell dell’Università di Cornell, USA, definito dal settimanale Time “uno dei maggiori esperti di farmacologia”, aveva scritto su Clinical Pharmacology and Therapeutics: “Quando si capirà che esistono troppi farmaci ?
I preparati attualmente in uso sono più di 150.000. Ogni anno 15.000 nuove combinazioni inondano il mercato e 12.000 vengono eliminate…
Non c’è un numero sufficiente di malattie per tutti questi farmaci. Finora il contributo più utile che ne abbiamo avuto sono i vari nuovi farmaci che combattono gli effetti dannosi degli altri nuovi farmaci”. (Time, 26-5-1961.)
Difficilmente si può essere più espliciti di così. Ma come mai migliaia di farmaci non bastano, tanto che ogni anno se ne aggiungono altre migliaia ? Ovviamente non bastano perchè non curano. Si tratta per lo più di palliativi ben più nocivi dei mali che essi professano di combattere; di sostanze chimiche che simulano la guarigione, sopprimendo i sintomi, ma avvelenano l’organismo o inficiano il suo equilibrio naturale. Gli analgesici addormentano i nervi, indebolendoli, ma il disturbo che causava il dolore continua a svilupparsi, senza che il malato se ne accorga, finchè i danni diventano irreversibili. Se una persona soffre di emicranie in seguito a un disturbo intestinale, il farmaco gli farà passare (non sempre) l’emicrania, ma il disturbo intestinale si esprimerà più tardi, in modo più grave. Se uno stitico prende purganti, diventa ancora più stitico.
La cosiddetta “pesantezza di stomaco” è un avvertimento della natura che l’individuo ha mangiato troppo, per cui la valvola che fa passare il cibo dallo stomaco all’intestino non si apre. Tra i cosiddetti “digestivi” che oggi vengono tanto reclamizzati, vi sono quelli che s’incaricano di “digerire” il cibo nello stomaco, così togliendo a questo l’abitudine di produrre succhi gastrici in proprio e rendendolo sempre meno efficiente, oltre a intossicare il fegato; e altri che causano artificialmente l’apertura della valvola, per cui il cibo, sebbene non ancora pronto, passa egualmente all’intestino. Entrambi i rimedi danno al momento un senso di sollievo, per cui il mangiatore smodato, anziché ascoltare gli avvertimenti della natura, impara ad ascoltare quelli della pubblicità, mangiando di più anziché di meno e facendo affidamento su questi “farmaci miracolosi”: finché avrà sviluppato perlomeno un’ulcera, che spesso prelude a un cancro dello stomaco: altro tipo di cancro in continua ascesa. é logico che i produttori di simili farmaci, i medici che li prescrivono e i farmacisti che li vendono andrebbero messi in prigione.
Ma cosa dire dei governi e dei legislatori che hanno tollerato l’instaurazione di un simile sistema? Se una persona soffre di arteriosclerosi che si rivela con crampi cardiaci, allora nessuna medicina cardiaca potrà evitarle un rene grinzo oppure un colpo apoplettico. Se una persona agitata ricorre ai tranquillanti, questi alla lunga le intossicheranno il fegato, per cui la persona diventerà ancora più nervosa, se non soffrirà addirittura di squilibri mentali; per non parlare dei danni irreversibili che la maggior parte dei tranquillanti causano alla vista, rovinando la cornea e la retina.
Chi preferisce dimenticare i propri dolori artritici ingerendo veleni farmaceutici anziché darsi al moto regolare e seguire una dieta più salutare, non fa che aggravare la propria condizione. Più deleteria ancora è la somministrazione, per ogni starnuto o influenza incipiente, oltre che di antistaminici, di antibiotici che privano l’organismo delle naturali facoltà di difesa e finiscono col trasformare il malato occasionale in un malato cronico; per non parlare del sospetto potere cancerogeno di molti antibiotici: un sospetto che sta diventando sempre più certezza.
Intanto una commissione medica cilena che il Presidente della nazione e medico Salvador Allende aveva istituito poco tempo prima di essere assassinato nel 1973, era venuta alla conclusione che in tutto il mondo esistono solo poche decine di medicamenti di un’efficacia terapeutica dimostrabile e che la farmacopea potrebbe essere ridotta in conseguenza. (Nouvel Observateur, 28-10-1974).
Naturalmente quel rapporto non ha sortito alcun effetto pratico. Le industrie farmaceutiche multinazionali, le autorità sanitarie dei vari paesi, la scienza medica ufficiale, l’OMS di Ginevra, hanno tutti fatto finta di niente.
Ed è logico che chi non si fa scrupolo di rovinare la salute altrui per desiderio di profitti, s’infischi altamente delle sofferenze che infligge agli animali. E così è proprio sull’industria farmaceutica che ricade la maggiore responsabilità del continuo espandersi della vivisezione da una parte e, dall’altra, del deterioramento della salute pubblica negli ultimi decenni.
L’agopuntura cinese, i cui meriti il mondo occidentale sta finalmente scoprendo – in mani esperte permette perfino l’eliminazione di emicranie restie a tutte le altre cure e l’anestesia completa in caso d’interventi chirurgici, senza causare alcuno dei numerosi inconvenienti dei prodotti chimici – non è cambiata da vari millenni a questa parte, per cui la si può definire una vera scienza; laddove la cosiddetta “scienza medica” occidentale rinnega ogni giorno le verità di ieri, così come domani rinnegherà le verità di oggi. Aumenta ovunque il numero dei medici che, senza attendere un ripensamento dell’insegnamento “ufficiale”, si staccano spontaneamente dai dogmi del bernardismo biochimico e si avvalgono di metodi più naturali.
Oggi, sui 50.000 medici che esercitano in Francia, più di mille praticano l’agopuntura, e molti altri si stanno orientando nella medesima direzione.
Ascoltiamo il dott. Monnier, Presidente della Società Nazionale Francese di Agopuntura, intervistato da Giuseppe Grazzini (Epoca, 10-12-1972): “Negli ultimi anni abbiamo visto gli improvvisi splendori e le inevitabili decadenze di troppe mode farmacologiche: abbiamo sperato nei sulfamidici, nella penicillina, nei cortisonici, nelle vitamine: e ogni volta ci siamo accorti che quando si risolveva un problema se ne aprivano altri due e anche più, e alla fine il conto si chiudeva sempre in passivo”. Forse per delicatezza il dott. Monnier non ha aggiunto “tranne che per l’industria farmacologica”.
Una delle asserzioni più ipocrite dei nostri tempi è quella che vorrebbe identificare nella filantropia la molla propellente dei fabbricanti di farmaci. Non è soltanto l’industria a far tale affermazione. Nel numero di agosto 1973 di un pieghevole di una banca svizzera si poteva leggere: “La Sandoz, che con una quarantina di società sussidiarie è al terzo posto dei complessi chimici svizzeri, ha come scopo principale il perfezionamento di mezzi e conoscenze atti a trattare ed impedire malattie umane. Così la maggior parte delle spese di ricerca, che nel 1972 ammontarono a 303 milioni di franchi (oltre 70 miliardi di lire), sono servite ad esplorare la salute”.
La banca in questione, prostrata in ammirazione dinanzi a chi dispone di tanto liquido, si era guardata bene dal menzionare di quale e quanto sangue grondano le cosiddette “ricerche sulla salute”. é un’attività filantropica che rende bene, considerando che il giro d’affari di un’altra di queste ditte farmaceutiche di Basilea, ad esempio la Ciba-Geigy, fu di 7.626 milioni di franchi nel 1971 e l’anno seguente di 8.064 (oltre 1.700 miliardi di lire). Intanto nell’agosto 1973, la Hoffmann La Roche aveva annunciato la costruzione di una nuova fabbrica, per cui era previsto un investimento di 200 milioni di franchi (50 miliardi di lire), destinata unicamente alla produzione di vitamina C.
La vitamina C è quella che meno manca sia nelle farmacie che nella nostra alimentazione quotidiana. Evidentemente però la Roche aveva 200 milioni di franchi da investire: e non conosceva investimento più proficuo di un’ennesima fabbrica di medicinali. Intanto in vicinanza di questa fabbrica è già sorto un nuovo allevamento di cani beagles e gatti, dal quale i tre giganti svizzeri – Roche, Ciba-Geigy e Sandoz – si procurano animali da laboratorio. Facendo ammalare questi animali con diete artefatte, che non hanno alcun riscontro nella vita reale, la Roche dimostrerà al pubblico ingenuo a quale terribile fato va incontro se non fa largo consumo della sua vitamina C.
Almeno quarant’anni fa al pubblico era stato promesso che l’ingestione di dosi massicce di vitamina C avrebbe curato quasi la totalità dei mali, aumentato la resistenza alle infezioni e portato al debellamento perlomeno dei raffreddori e dell’influenza.
Non solo tutte queste promesse non si sono avverate, ma da allora le giornate lavorative perdute in seguito a raffreddori e influenzedel personale nelle fabbriche non hanno cessato di aumentare di anno in anno.
Ogni tanto la stampa ne parla, ma nessuno è capace di riunire i vari fili in una trama significativa. Una notizia dell’Associated Press portava il titolo “La vitamina C è inutile contro i raffreddori secondo uno studio di un medico americano” (Herald Tribune, 11-4-1974.). Lo aveva dichiarato ad Atlantic City il dott. Thomas Chalmers, presidente del New York City Mount Sinai’s Medical Center, dinanzi all’altisonante “Federazione di Società Americane per Biologia Sperimentale”, ossia una grossa associazione di vivisettori, contraddicendo il premio Nobel 1954 Linus Pauling, dopo un approfondito studio che aveva coperto un periodo che andava dal 1942 al 1974. Chalmers sconsigliava di prendere vitamina C per lunghi periodi di tempo, aggiungendo: “Non esistono dati in merito alla sua eventuale tossicità a lunga scadenza”.
C’è però qualcosa che sappiamo di sicuro in merito alla vitamina C in vendita nelle farmacie: “Dosi eccessive di vitamina C possono produrre scorbuto nel neonato, che con il parto si trova bruscamente allontanato da un ambiente ad alta concentrazione di acido ascorbico”. Così si leggeva sul Corriere della Sera del 29 a-gosto 1974, in un articolo che riferiva i danni accertati di un gran numero di farmaci che si trovavano in vendita. Insomma l’attuale scienza medica è stata capace di fabbricare casi di scorbuto nei neonati mediante la somministrazione alle gestanti di dosi eccessive di quella medesima vitamina che, ingerita in dosi normali, presenti in qualsiasi dieta ragionevolmente variata, rappresenta una garanzia contro lo scorbuto. I miracoli del diavolo…
[Commento di Ivan Ingrillì (presidente de La Leva di Archimede)]
[Per quanto riguarda questo e il paragrafo successivo ho da fare la mia considerazione: credo che l’attuale tentativo da parte delle lobby del farmaco di mettere sotto scacco le vitamine e i minerali con l’ausilio di una direttiva europea recentemente approvata dimostri l’esatto contrario.
Credo che sia stata fatta moltissima propaganda per screditare il valore preventivo e curativo di molti elementi naturali, proprio perche’ non brevettabili e privi di effetti collaterali non contribuirebbero al fenomeno ridondante del business farmaceutico della malattia (www.laleva.cc/The_Hague/it/indexrath.html).
Tra’ l’altro l’autore non si accorge che la propaganda e’ proprio nel suo stesso report, citando uno studio presentato ad una “grossa associazione di vivisettori” che vuole “contraddire il premio Nobel Linus Pouling”… – il che e’ tutto dire – e forse la vitamina C della Roche non era un gran che “efficace”, chissa’. Vi propongo un po’ di materiale da me raccolto sulla vitamina C (www.laleva.cc/archivio/news130503_vitaminaC.html).
Sono molti gli studi che dimostrano l’importanza fondamentale dei micronutrienti che sono alla base di tutti i processi biochimici del nostro organismo, NdR]
L’eccesso di vitamina A sintetica – altro prodotto che molti pediatri prescrivono senza altra necessità che di giustificare una salata parcella – può ritardare la crescita delle ossa del bambino e causare tumori, mentre l’eccesso di vitamina D può danneggiare i reni e il sistema nervoso, anche con conseguenze letali. (Brian Inglis, lo storico di medicina, in Drugs, “Doctors of Disease” ed. Andre Deutsch, Londra, 1965.) Naturalmente, dubbi esistono anche per tutte le altre vitamine artificiali. Ad esempio in merito alla E, il 11-10-1955 sull’autorevole Lancet si leggeva (p. 715): “In contrasto con le nostre dettagliate conoscenze dell’importanza della vitamina E per gli animali da laboratorio, permane una grande incertezza circa il suo valore per l’uomo”. Come non detto. Nei decenni che seguirono, la massiccia propaganda farmaceutica continuava a decantare le virtù miracolose della E. Senonché una recente notizia da Minneapolis ridimensionava ancora una volta la questione.
Un articolo sull’International Herald Tribune (1-10-1973) intitolato “IL MIRACOLO DELLA VITAMINA E NON SOSTANZIATO DAGLI ESPERTI”, precisava: “La vitamina E, che era stata indicata come l’elisir di giovinezza, la restauratrice della potenza sessuale e una cura o un preventivo per qualsiasi malanno, dall’acne alle malattie di cuore, è rimasta un’enigma medico e scientifico di cui non è stato provato il valore terapeutico, secondo quanto è emerso da un simposio internazionale che ha avuto luogo nella nostra città”. Quindi un ennesimo prodotto miracoloso che ha miracolato soltanto i produttori. Ma vediamo come si è potuti arrivare a tanto.
Allettata dalle favolose possibilità di guadagno offerte nel dopoguerra dall’avvento degli antibiotici, che avevano fatto di quella farmaceutica l’industria più redditizia del mondo, questa aveva cominciato a usurpare il ruolo del medico. Un numero sempre crescente di individui che, come Claude Bernard, erano stati bocciati all’esame di abilitazione alla professione medica o che comunque non avevano mai passato cinque minuti al letto d’un ammalato, ma avevano solo contatti con topi, conigli, cavie, cani, gatti e scimmie – sui quali dovevano anzitutto infierire brutalmente per provocare stati anomali che non avevano alcun rapporto con le malattie dell’uomo – ricevettero l’incarico di combinare sempre nuovi farmaci “miracolosi”, con cui sostituire quelli che avevano fatto il loro tempo, perchè se ne era scoperta l’inutilità o la dannosità. Una propaganda massiccia, che non aveva riscontro in alcun’altra industria, persuadeva poi i medici a prescrivere questi nuovi farmaci, vantandone da una parte l’assoluta innocuità e dall’altra la straordinaria efficacia; un’evidente contraddizione, poiché ogni prodotto sintetico, quanto più è efficace per un verso, tanto più è dannoso per l’altro.
In medicina, come in nessun altro campo, si riscontrò così il curioso fenomeno che il commercio si mise a svolgere sempre più il ruolo dell’istruzione accademica, sovrapponendosi a questa mediante le proprie pubblicazioni propagandistiche.
Pochi medici hanno il tempo di tenersi al corrente dei nuovi prodotti e al massimo leggono la propaganda inviata dai fabbricanti. In considerazione degli “effetti collaterali” (eufemismo per “danni”) dei farmaci sintetici, il medico non dovrebbe prescriverli se non è sicuro della loro innocuità, ma senza dare ascolto al produttore, che ha interesse a minimizzare o sottacere questi “effetti collaterali”; e ciò dovrebbe essere ovvio. Senonché, a giudicare dai successi di vendita dei nuovi farmaci, medici tanto scrupolosi sono rari.
Già nel maggio 1961 un medico francese, il dott. Pierre Bosquet, aveva scritto su La Nouvelle Crìtique: “La ricerca è strettamente subordinata a un rendimento commerciale immediato. Attualmente, la malattia è una delle maggiori fonti di profitti per l’industria farmaceutica, e i medici sono gli agenti volontari di questi profitti”.
Come altre organizzazioni di tipo sindacale, il cui scopo principale è quello di sostenere i propri interessi, anche la classe medica è cascata, senza accorgersene, nella trappola tesale dall’industria. Allorché verso la fine degli anni Quaranta il prezzo della penicillina – l’antibiotico che per volere del suo scopritore non era stato brevettato ma che per primo aveva apportato favolosi profitti ai fabbricanti – subì un improvviso crollo in seguito a superproduzione, le maggiori ditte americane vollero un prodotto simile, ma differente di quel tanto che lo rendesse brevettabile, e pertanto vendibile a un prezzo più alto.
(Negli Stati Uniti basta una variazione della composizione molecolare per asserire l’originalità di un farmaco e renderlo brevettabile) Sicché nell’autunno 1949 la ditta Cynamid brevettò e lanciò l’Aureomicina, un mese dopo Parke Davis uscì con la Cloromicetina, e l’estate seguente la Pfizer, sino allora una ditta tranquilla, “seria” e “conservatrice”, lanciò la Terramicina sulle ali di una campagna pubblicitaria per la quale aveva preventivato una spesa di 7,5 milioni di dollari (4,5 miliardi di lire non ancora svalutate) per i primi due anni.
A poco a poco seguirono altre ditte con prodotti similari, di cui ancora una volta venivano vantate, da una parte, l’assoluta superiorità terapeutica, e dall’altra l’innocuità praticamente totale, che il tempo doveva regolarmente smentire. Fin da quando la penicillina aveva cominciato ad abbondare, i medici si erano messi a impiegarla indiscriminatamente, anche per mali minori come raffreddori o influenze, facendo così perdere all’organismo l’abitudine di difendersi da se, per via naturale, mediante la produzione di antigeni. I medici si regolarono alla stessa maniera con tutti gli altri e più potenti antibiotici che seguirono, impiegandoli persino profilatticamente, prima, durante e dopo le operazioni chirurgiche. Lo fecero per comodità immediata, senza curarsi che con ciò indebolivano in permanenza le difese naturali dell’organismo; né avevano previsto che i bacilli sopravvissuti avrebbero sviluppato ceppi di discendenti ben più virulenti dei precedenti, in base alla regola biologica della sopravvivenza del più forte.
La lezione venne a metà degli anni Cinquanta: in vari ospedali scoppiarono epidemie che nessun antibiotico riusciva più a controllare. In un anno ci furono più di cento di queste epidemie, di cui una, in un ospedale del Texas, uccise 22 pazienti.
L’industria non si lasciò sfuggire una simile occasione e subito prese a sfornare nuovi preparati, assicurando che questi, oltre a essere esenti da ogni effetto collaterale, sarebbero stati capaci di annientare qualsiasi ceppo di bacilli – anche ceppi futuri (!) – e che non avrebbero sviluppato ceppi resistenti, come avevano fatto gli altri antibiotici.
Ai medici, ormai abituati a prescrivere antibiotici ad ogni occasione, non sembrò vero di avere a disposizione questi nuovi prodotti; così il ciclo ricominciò daccapo e perdura tuttora. C’è chi affermerà che l’uso profilattico di antibiotici ha salvato tante vite umane da giustificarne comunque l’uso, nonostante i noti svantaggi.
Ma ancora una volta i fatti parlano diversamente, come dimostra un articolo di John Lear, redattore capo della rubrica scientifica dell’autorevole Saturday Review. “é documentato che gli antibiotici profilattici fanno più male che bene. Uno studio del dott. Kempe porta il risultato di 250 operazioni “pulite”. Di questi 250 casi, 154 non ricevettero terapia antibiotica, e di questi ultimi solo il 7,896 sviluppò conseguenze batteriche (bacterial aftermath).
A tutti i rimanenti 96 vennero somministrati antibiotici profilatticamente, e complicazioni batteriche si riscontrarono nel 37,5% di questi 96 casi, mentre ricevevano antibiotici. Secondo la nostra esperienza, concluse il dott. Kempe, complicazioni batteriche in operazioni pulite sono cinque volte più frequenti in pazienti trattati profilatticamente”.
La blenorragia è una malattia venerea già nota in antichità e che i romani curavano con una prescrizione ippocratica: letto e latte, ossia assecondando l’opera della natura, suprema guaritrix.
Gli antibiotici hanno per qualche tempo fornito una cura più rapida delle precedenti cure antisettiche: un’iniezione o una pillola e il malato era guarito. Ma anche in questo caso non hanno fatto altro che modificare i batteri, creando in pochi anni ceppi più resistenti, refrattari a qualsiasi antibiotico, e forse persino alla cura letto e latte. In altri termini, in antichità si sapeva curare la blenorragia; oggi essa è stata rafforzata, e in molti casi non è più curabile.
I danni da antibiotici non cessano di accentuarsi. Ecco un estratto di una serie di articoli apparsi nel Bulletin de l’Association Generale des MÎdecins de Trance (1962-1963) a firma del dott. Raiga: “Da dieci anni a questa parte, il numero di ceppi stafilococcici resistenti alla penicillina è andato costantemente aumentando, specie negli ospedali, dove vediamo crescere il numero delle infezioni stafilococciche gravi, manifestatesi nel corso di trattamenti per affezioni di tutt’altra natura. Ciò è particolarmente evidente nei reparti di Maternità, dove le epidemie di tali infezioni hanno assunto proporzioni catastrofiche.
Su queste attuali terapie ricade nettamente la pesante e tragica responsabilità di avere generalizzato e aggravato la patologia stafilococcica, mentre esse erano destinate, almeno in teoria, ad estinguerla… Questi incidenti appaiono ancora più drammatici quando sono la conseguenza della somministrazione di antibiotici prescritti per affezioni banali che sarebbero guarite più o meno rapidamente senza trattamento alcuno. In tali casi il medicinale è indiscutibilmente una causa di morte terapeutica. (Dott. A. Cayala e collaboratori.) Un discorso simile vale per il tifo: “Medici e malati hanno collaborato a fabbricare un tipo di tifo che resiste ai medicamenti e che ormai si spande dal Messico verso il resto del mondo”, ha dichiarato Ivan Illich.
E secondo questo noto sociologo, negli Stati Uniti muoiono annualmente 60.000 persone per colpa dei farmaci. Ma in verità il numero effettivo dovrebbe essere molto più elevato, poiché medici e ospedali hanno tutto l’interesse a sotterrare i propri errori, e molto spesso vi riescono. Ciò si spiega facilmente. Non si può stabilire nemmeno lontanamente quante persone muoiono in conseguenza di una ricetta medica. Molti decessi vengono attribuiti ad altre cause. é difficile che un medico voglia esporsi a essere criticato o citato in giudizio, identificando come causa di morte un medicamento da lui prescritto.
D’altra parte, i farmaci raramente causano un decesso improvviso, ma danneggiano organi vitali, che solo più tardi porteranno a una morte più precoce, a volte in concomitanza con altre cause. Una spiegazione del perchè i nuovi farmaci sono pericolosi proprio a causa della sperimentazione animale, la diede involontariamente il dott. William Bean dell’Università dell’Iowa alla Commissione d’inchiesta sui profitti dei grossi monopoli industriali, istituita nel 1957 dal governo americano, sotto l’egida del senatore Estes Kefauver: “I guadagni più grossi si ottengono quando un nuovo farmaco viene messo in vendita prima che la concorrenza possa perfezionare un farmaco analogo. Dunque non si possono condurre lunghe prove negli ospedali: e così può accadere che un farmaco venga smerciato dopo estese prove di laboratorio, ma con un minimo di prove cllniche”.
Il discorso non potrebbe essere più chiaro: le uniche prove valide sono quelle cliniche, che andrebbero fatte con prudenza.
Le “estese prove di laboratorio” cui si riferiva il Bean sono quelle che si fanno sugli animali, e sono fallaci; tuttavia autorizzano le ditte farmaceutiche a inondare il mercato con nuovi prodotti il cui vero effetto sull’uomo il tempo soltanto rivelerà. Quindi le turbe mentali che spinsero i primi vivisettori del secolo scorso a formare generazioni di discepoli per i quali la “ricerca” medica era sinonimo di sperimentazione animale, non sono da sole responsabili del dilagare di una pratica barbara che si maschera da scienza.
Col passare del tempo, agli esperimenti inequivocabilmente ispirati al sadismo oppure capaci di avanzare una carriera, si sono aggiunti quelli che potevano assicurare pingui profitti. E dal momento della scoperta che attraverso la tortura degli animali c’era, da guadagnare più danaro che con qualsiasi altra attività, non ci fu più scampo per quelle sfortunate creature.
autore: sconosciuto
fonte: Giorgio Vitali