Nel 1995 Sears, partendo dagli insuccessi delle diete salutiste, propose la dieta a zona, basata sulla necessità di mantenere bassa la produzione d’insulina, responsabile di trasformare i carboidrati in eccesso in adipe.
dieta a zona funziona così:
a) si calcolano le proteine necessarie, tenendo conto della massa magra del soggetto e del suo indice di attività;
b) si calcolano i carboidrati per evitare di scatenare un picco d’insulina. Per Sears il rapporto fra proteine e carboidrati deve essere compreso fra 0,6 e 0,8, ottimale 0,75. Poiché il rapporto ottimale è 30:40, i grassi si stimano nel 30%. Sears suggerisce perciò la formula 40-30-30.
Questa formula ha dato luogo a una grande confusione e rivela una scarsa propensione ai modelli matematici dell’ideatore della zona. Poiché si parte dal calcolo delle proteine, poi si calcola la quantità di carboidrati (indice 0,75) e poi la quantità dei grassi (calcolata come la quantità necessaria per arrivare al fabbisogno giornaliero), la percentuale sul totale delle proteine sarà tanto più vicina al 30% quanto più l’individuo è sedentario, mentre si abbasserà se l’individuo è uno sportivo. Su questo concetto devono meditare gli sportivi che applicano la zona con la formula 40-30-30: la zona non necessariamente consiglia una ripartizione 40-30-30.
Esperienze dirette hanno dimostrato che:
a) una dieta a zona fa veramente dimagrire con un fabbisogno calorico limitato e chi vi si sottopone non sente particolarmente lo stimolo della fame;
b) si hanno dei reali benefici sulla salute in generale (prevenzione del diabete, riduzione del colesterolo, dell’ipertensione ecc. ).
Secondo Sears tali benefici sono ottenuti grazie agli eicosanoidi “buoni”. Gli eicosanoidi sono superormoni che vengono sintetizzati a partire dagli acidi grassi essenziali (omega-6 e omega3).
L’insulina attiva la produzione di quelli “cattivi” (favoriscono l’aggregazione piastrinica con formazione di trombi, la vasocostrizione, le infiammazioni e le allergie, la proliferazione cellulare, deprimono la risposta immunitaria), mentre il glucagone attiva quelli “buoni” (antagonisti di quelli cattivi). È chiaro come in una dieta a zona che controlla l’insulina la produzione degli eicosanoidi cattivi (e del loro precursore, l’acido arachidonico) sia fortemente limitata con benefici per la salute. Lo stesso Sears mette in evidenza che il concetto di buono o cattivo (anche gli eicosanoidi cattivi svolgono funzioni positive per l’organismo!) è sempre relativo a una condizione di equilibrio come quello fra insulina e glucagone.
Il problema è che con una dieta ricca di carboidrati tale equilibrio è spostato a favore di quelli cattivi.
PROBLEMI – La dieta a zona risolve il problema dei chili in eccesso, ma difficilmente può essere impiegata da chi ha raggiunto il peso ideale; è cioè una dieta di transizione. Con i calcoli di Sears (che qui non riporto perché abbastanza complessi):
PROBLEMA 1 – Chi non vuol diminuire di peso ottiene una dieta comunque ipocalorica o decisamente sbilanciata verso i grassi, soprattutto se è un sedentario (con un basso fabbisogno proteico e di conseguenza di carboidrati)
Inoltre a regime c’è un grossolano errore matematico.
PROBLEMA 2 – Se si calcolano le proteine e i carboidrati necessari all’individuo (cioè le quantità minime giornaliere usate dal corpo), si scopre che tale rapporto non è quello indicato da Sears.
Per un sedentario (per uno sportivo è ancora peggio perché Sears non tiene conto che i carboidrati persi con l’attività sportiva devono essere ripristinati) tale rapporto è 10,3/3,3 = 3,1 ben lontano da quell’1,33 che indica Sears. Il sistema non ammette cioè soluzioni. Sembrerebbe quindi che la natura si diverta da un lato a richiedere un rapporto diverso, dall’altro a fare in modo che questo rapporto sia dannoso.
Se si rispetta il rapporto di Sears, si limita l’azione dell’insulina, ma si obbliga il corpo a trasformare i grassi (e, ricordiamolo, la trasformazione origina scorie che devono essere eliminate) in carboidrati; se non si rispetta, parte il processo insulinico.
Chi va a fare i conti nella zona trova che le cose non tornano. È per questo che Sears è stato snobbato dalla comunità scientifica internazionale (in parte a torto, ma è difficile dialogare con chi si va a impelagare in posizioni insostenibili partendo da un principio corretto) e ha le prime pagine solo di giornali “divulgativi”.
PROBLEMA 3 – L’errore più grossolano dei sostenitori della zona è di ritenere sempre e comunque negativa l’azione dell’insulina.
Ciò è vero se i carboidrati introdotti non servono (come nel caso di un sedentario le cui scorte di carboidrati sono verosimilmente sempre a regime) e ciò porta logicamente a problemi di sovrappeso. Ma se le scorte di glicogeno diminuiscono a fronte di un intenso esercizio fisico, ecco che non solo i carboidrati sono giustificati, ma sono addirittura essenziali. Usare i grassi come supporto energetico dell’attività fisica significa:
a) obbligare il corpo a convertire i grassi in energia con conseguente sovraccarico per le eliminazione delle scorie del processo;
b) usare un carburante di serie B, più lento e adatto agli sforzi prolungati, ma molto meno a quelli intensi.
PROBLEMA 4 – Se devo usare molti grassi, quali uso, visto che molti di loro sono “cattivi”?
Fra gli acidi grassi essenziali si deve ricordare l’acido arachidonico, visto come il peggior nemico dell’organismo da Sears e dalla sua dieta a zona. Uno dei punti critici della zona di Sears è proprio la gestione degli acidi grassi.
In teoria dovrebbe essere sufficiente mantenere un rapporto corretto fra proteine e carboidrati, in realtà si scopre che dall’analisi degli acidi grassi e degli eicosanoidi (buoni e cattivi) Sears trova tutta una serie di limitazioni (alcune delle quali positive come il consiglio di non utilizzare troppi oli idrogenati) che praticamente rendono impossibile il seguire la dieta a zona: per esempio dovete evitare di assumere troppo acido alfalinolenico che blocca la produzione di eicosanoidi buoni. Purtroppo quest’ultimo è contenuto nella frutta secca che guarda caso è indispensabile per avere una quantità di grassi sufficiente nella dieta senza usare grassi animali (saturi); se come alimento lipidico nella dieta si evita la frutta secca si dovrebbe vivere praticamente a olio e a olive, gli unici alimenti grassi buoni.
Come stanno le cose veramente? In realtà le cose non sono così complicate come ritiene Sears, che come sempre non dà un valore quantitativo alle sue affermazioni (non basta dire che una cosa fa male, occorre anche dire quanto fa male, per valutare se lo sforzo di evitarla valga la pena o meno). Con una dieta bilanciata è possibile avere il corretto apporto di acidi grassi. In particolare nella dieta non dovrebbero mancare il salmone al naturale (EPA) e si dovrebbero scegliere gli oli con spremitura a freddo (senza lavorazione industriale).
PROBLEMA 5 – Basare una dieta su calcoli di singoli pasti significa scavarsi da soli la fossa.
È impossibile infatti calcolare una ripartizione esatta dei macronutrienti su blocchi e miniblocchi.
I calcoli di Sears sono pure elucubrazioni mentali perché un dato alimento può variare moltissimo le proprietà; non è un problema di zona geografica (USA o Europa), ma anche di:
a) metodo e tempo di raccolta
b) qualità (specie) del prodotto
c) metodo di produzione
d) conservazione (che incide per molti alimenti sulla percentuale di acqua ecc.)
Il dipartimento americano dell’agricoltura ha un database con le proprietà di tutti gli alimenti sul mercato americano.
Se si cerca pomodoro si ottengono 71 record: le proprietà cambiano a seconda della qualità, del mese di raccolto, della conservazione ecc.
Quando si dice che un pomodoro ha 24 kcal si esprime una media; il singolo pomodoro può averne 19 o 28.
Il tonno al naturale può avere 100 kcal, ma ne ha 125 se cotto a pressione! Come si vede ogni dieta che diventa maniaca dei conti sul singolo pasto può essere messa facilmente in difficoltà e quindi non ha senso.
Se mi limito al semplice calcolo delle calorie giornaliere, i vari errori si mediano e si ottiene un risultato vicino alla realtà, ma se pretendo di trattare con blocchi e miniblocchi non posso che fallire miseramente.
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La zona all’italiana
La zona all’italiana è una denominazione pittoresca che non indica un modulo di gioco del calcio, ma è il nome di una dieta (o, meglio, di una confusione dietetica) creata partendo dai principi della zona di Sears.
Recentemente l’Enervit ha promosso il progetto Ener-Zona che vuole coniugare i principi della zona con l’alimentazione italiana; fino a qualche tempo fa l’Enervit si è sempre contraddistinta per una notevole obbiettività nel proporre i suoi prodotti senza esagerate spinte commerciali. Poteva pertanto essere considerata come punto di riferimento per chi volesse inserire integratori nella propria alimentazione.
Purtroppo con il progetto Ener-Zona si è allineata al mercato corrente, dove l’unico imperativo è: vendere !
Qual è il maggior difetto del progetto Ener-Zona ? Il fatto che con la zona c’entri poco o nulla. La zona viene stiracchiata per darne una versione mediterranea che consenta di vendere di più, soddisfacendo ai gusti degli italiani che mal si sposano con le indicazioni classiche di Sears.
Nel volantino promozionale di Ener-Zona ci sono già alcune “chicche”.
Ovvio che l’Enervit abbia motivazioni commerciali, ma come si fa a scrivere: “La particolarità della Zona è che non richiede rinunce, infatti la Zona non è una dieta. È possibile quindi continuare a mangiare le cose che piacciono, purché in proporzioni e quantità determinate”? Come sanno tutti quelli che hanno letto il libro di Sears, la zona è una dieta ipocalorica (con i calcoli di Sears ognuno arriva a un fabbisogno giornaliero veramente modesto).
E non è vero che si può continuare a mangiare le stesse cose di prima. Poi il volantino prende in esame la piramide della zona: ” i carboidrati ad esempio devono essere apportati da frutta e verdura, limitando il consumo di pane, pasta e riso”. Bellissimo, peccato che i primi piatti di Ener-Zona siano a base solo di tagliatelle e risotti !
È chiaro il tentativo commerciale di sposare la zona al gusto italiano, ma si poteva fare di meglio.
Sul numero di Correre di luglio 2002 compare il manifesto della zona all’italiana, firmato da Somenzini e da Arcelli. Scopo di questo articolo è evidenziare tutte le incongruenze dell’articolo, smontando la novità della zona all’italiana.
È molto semplice in quanto la zona all’italiana cerca (meritoriamente, ma senza riuscirvi, visto che matematicamente è impossibile a causa dei vincoli del sistema) di porre delle pezze ai problemi della zona di Sears.
La dieta ipocalorica – La zona è una dieta decisamente ipocalorica: si parte dal fabbisogno proteico, si calcolano i carboidrati e si aggiungono i grassi. Prendiamo un sedentario di 70 kg. Secondo Sears (ma anche secondo tutta la ricerca attuale) ha un fabbisogno proteico di 1,1 g per ogni chilogrammo di massa magra.
Supponiamo che la massa grassa sia del 15%, si trova che necessita di 65 g di proteine, pari a 260 kcal.
I carboidrati (nel rapporto calorico 40:30) saranno circa 350 kcal e i grassi (pari alle proteine come calorie) 260 kcal. Totale: 860 kcal.
Ovviamente nessun sedentario, né tanto meno nessun atleta riesce a vivere con un fabbisogno simile.
La zona va bene per dimagrire, ma non a regime.
Arcelli-Somenzini sorvolano nettamente sul fabbisogno calorico giornaliero; danno un menù senza quantità !
Chi sa contare le calorie capisce benissimo che i limiti di Sears sono stratosfericamente superati.
I conti del menù – L’altro motivo per cui non si danno le quantità è che il menù deve fornire solo generiche indicazioni su un’alimentazione in cui le proteine contano di più. Se si vanno ad analizzare le singole proposte, si scopre che non si è mai in zona!
Vediamo un esempio (ma non è il peggiore !); le quantità le abbiamo aggiunte ragionevolmente noi. petto di pollo (porzione come in un palmo di una mano) – 100 g insalata mista (anche una ciotola abbondante) – 150 g con olio d’oliva (10 g) e aceto un panino piccolo (50 g) meglio se integrale, frutta di stagione (qui stiamo bassi, una mela -> 150 g)
Ripartizione dei macronutrienti di tale pasto: Carboidrati 55,7 % (46,5 g, 266 kcal), Proteine 22,7% (27 g, 108 kcal), Grassi 21,6%(11,5 g, 103,5 kcal).
Dov’è la zona ?
Certo si possono far tornare i conti mangiando mezza mela o prendendo una bistecca di pollo più grande di quella indicata, ma l’altra mezza mela si butta? E se il petto di pollo è piccolo? Insomma è inutile girarci intorno: la zona (all’italiana o meno) è un regime dietetico per “maniaci” dell’alimentazione.
L’energie dello sportivo – Arcelli si prende la responsabilità di far tornare i conti per chi si allena e consuma molti carboidrati (in parte demonizzati dalla zona). Vediamo i passi:
1) Innanzitutto il dato di Sears per il fabbisogno proteico passa inspiegabilmente da 2,2 a 2,5.
2) Anche con questo ritocco si accorge che i dati non quadrano e allora (bellissimo e mitico!) ci dice: “arrivando a 3 g (ma perché ? se Sears è fermo a 2,2 g/kg di massa magra) si ottengono 180 g di proteine pari a 720 kcal”.
In totale il nostro maratoneta (65 kg, 10% di massa grassa; se fosse più grasso i dati sarebbero addirittura inferiori!) si sciroppa 20 km si allenamento e deve sopravvivere con il dato “allargato” di sole 2400 kcal al giorno.
3) Arcelli è intelligente e si accorge che la cosa non regge e allora ecco che “la Zona è un po’ elastica e consente che si arrivi talvolta a un’introduzione di carboidrati pari al 50% delle calorie” (ma allora non è meglio chiamarla pentadieta ??.
Il talvolta è stupendo visto che Sears non lo dice mai. Forse Arcelli si riferisce al fatto che per Sears il rapporto ottimale proteine/carboidrati deve essere 0,75, ma si è in zona finché resta superiore a 0,6.
Diciamolo, però, che il rapporto non è ottimale. Anche con questo dato però sia arriva a 2880 kcal sempre insufficienti (secondo i dati dello stesso Arcelli si deve arrivare a 3100).
4) Ecco introdotta allora la “finestra”: dopo l’allenamento assumiamo i carboidrati che ci servono perché non fanno male (questo Sears non lo ha mai detto). Ovvio il tentativo di spingere gli integratori glicidici perché appena terminato l’allenamento nessuno si fa una pasta asciutta, né può farsi un chilo di frutta.
Il problema dei grassi – Uno dei problemi più gravi della zona: non si può mangiare sempre frutta secca !
E allora cosa c’è di meglio che santificare l’olio d’oliva così mediterraneo. In realtà le cose non stanno così e un nutrizionista dovrebbe sapere che non è l’alimento, ma la quantità dello stesso che crea problemi.
Per cui se pensate che l’olio d’oliva sia il massimo, leggete l’articolo sui limiti di tale alimento e non santificatelo per orgoglio nazionale o per interesse commerciale.
Non si capisce perché fra i grassi, Somenzini non citi gli oli di semi di mais o di girasole, visto che per la zona gli omega sono così importanti !
Tratto da: albanesi.it