Il Latte materno = ALLATTAMENTO
Il latte materno è il solo alimento che si adatta perfettamente (per digeribilità, apporto nutritivo, garanzie igieniche) alla fisiologia del neonato dell’uomo. Il latte materno non solo un alimento ma un vero e proprio sistema biologico che si adatta al lattante.
Il latte materno non è solo cibo ma anche relazione di amore…ed è in continuo mutamento e si adatta alle necessità del neonato durante la crescita. Il suo contenuto varia durante il giorno e nei primi mesi. Fin dall’inizio, è perfetto per il tuo bambino.
Il latte materno passa attraverso tre fasi principali: colostro, latte di transizione e latte maturo.
Il latte, che si forma nel seno materno, modifica la sua costituzione con il passare del tempo, in perfetta armonia con le esigenze nutrizionali del bambino che cresce fino allo svezzamento che deve avvenire NON prima dei 7 mesi, meglio protrarre l’allattamento anche verso i due anni, aiutandosi se necessario e con i primi dentini, con cibi preparati e cucinati e/o freschi, dalla mamma.
Finalmente anche l’Organizzazione mondiale della sanità (meglio tardi che mai) suggerisce inoltre l’allattamento materno esclusivo per i primi sei mesi, che possono arrivare a 12 insieme ai primi cibi, o addirittura ai due anni “se il bambino si dimostra interessato e la mamma lo desidera”.
L’alfa-lattoalbumina è una sieroproteina del latte, particolarmente presente nel nostro latte materno.
Nel nostro colostro rappresenta il 40% delle proteine, nel latte maturo scende a 2 g/l.
Il suo compito è quello di attivare i processi protettivi e assorbitivi intestinali, mediante queste azioni modula lo sviluppo cerebrale. Per questo solo il nostro latte materno ne è così ricco.
Nel latte vaccino sono presenti sieroproteine NON presenti nel nostro, come la beta-lattoglobulina, che è responsabile delle possibili reazioni avverse quali allergie o intolleranze.
L’immunizzazione infantile è possibile con l’allattamento al seno ?
Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci – 19 giugno 2015; 370 (1671): 20140139.
– doi: 10.1098 / rstb.2014.0139 – PMCID: PMC4527385 – PMID: 25964452
By Valerie Verhasselt
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Questo articolo è stato citato da altri articoli in PMC.
Estratto iniziale:
L’allattamento al seno è noto come il modo più efficace per prevenire le malattie infettive nella prima infanzia. Il trasferimento materno di immunoglobuline antimicrobiche attraverso il latte conferisce l’immunità passiva al bambino allattato mentre il suo sistema immunitario sta maturando. Il latte materno contiene anche fattori bioattivi che stimoleranno questa maturazione. Dalla letteratura sulla prevenzione dell’allattamento al seno delle malattie immuno-mediate e più specificamente dai nostri esperimenti condotti nel campo della prevenzione delle malattie allergiche, proponiamo che l’allattamento al seno possa anche indurre risposte immunitarie antigene-specifiche nel bambino allattato al seno. Abbiamo scoperto che l’esposizione precoce dell’antigene orale attraverso il latte materno porta alla tolleranza o al priming immunitario a seconda della natura dell’antigene trasferito e dei cofattori di latte materno che lo accompagnano. Qui, discuteremo i nostri dati alla luce della prevenzione delle malattie infettive e proporrò che il possibile trasferimento di latte di antigeni microbici potrebbe influenzare attivamente la risposta immunitaria nei bambini allattati al seno e quindi la loro suscettibilità a lungo termine alle malattie infettive. Ulteriori ricerche in questa direzione potrebbero portare a nuove strategie di vaccinazione precoce, sfruttando la possibilità di stimolare le risposte immunitarie antigene-specifiche attraverso il latte materno.
Prosegue sull’articolo originale dimostrativo
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4527385/
Il latte materno è il migliore nutrimento per il tuo bambino: contiene infatti tutti i nutrienti di cui ha bisogno nei vari mesi della crescita, tra cui ormoni e anticorpi che non si trovano invece nel latte artificiale. Inoltre l’allattamento al seno, crea un legame molto intimo tra la mamma e il piccolo.
Una delle caratteristiche del Latte materno è anche quella di essere il miglior analgesico naturale per il lattante.
Alla nascita:
Colostro: è il primo latte prodotto dal seno dopo il parto. Ha un livello molto alto di anticorpi.
In cosa differisce dal latte che viene prodotto in seguito ? Principalmente, il colostro contiene più proteine, minerali, sale, vitamina A, azoto, batteri della specie umana, globuli bianchi e anticorpi. Ha anche meno contenuto calorico, perché contiene meno grassi e carboidrati del latte “maturo”.
Il latte materno contiene oltre 700 specie di batteri diversi, tutti batteri autoctoni ed indispensabili che caratterizzano la specie umana e che determinano la funzionaltà ottimale del sistema immnunitario che principalmente risiede nell’intestino.
La scoperta e’ frutto del lavoro dei ricercatori spagnoli della “Spanish foundation for science and technology“.
Gli esperti per la prima volta hanno sequenziato il DNA di tutti i microbi presenti nel colostro, ovvero il primo latte, e successivamente nel latte materno fino al sesto mese di allattamento.
L’indagine e’ pubblicata sull’ “American journal of clinical nutrition“.
I Vaccini iniettando sostanze tossico-nocive pericolose ed estranee=eterologhe (vedi Contenuto Vaccini), alterano immediatamente la flora autoctona, per l’alterazione del pH digestivo e quindi di conseguenza si alterano sia il sistema enzimatico, sia le funzioni immunitarie rendendole deboli (immunodeficienza acquisita con il vaccino = mini Aids)
Latte maturo: viene prodotto circa tre giorni dopo la nascita del bambino, in quantità molto maggiore rispetto al colostro.
Contenuto del latte materno:
Contiene acqua, grassi, carboidrati, proteine, vitamine, minerali, aminoacidi ed enzimi. Nel corso di uno stesso allattamento, questo latte cambia le sue caratteristiche: all’inizio è acquoso e ricco di lattosio, mentre verso la fine delle poppate diventata cremoso, ricco di grassi e calorie. Questo cambiamento delle caratteristiche del latte è un modo naturale per assicurare al bambino il fabbisogno di acqua e calorie nello stesso tempo. Inoltre, il latte più cremoso alla fine delle poppate induce al bambino un gradevole senso di sazietà e lo predispone ad un tranquillo riposo.
Attualmente si conoscono più di 200 componenti contenuti nel latte materno, e altri ne vengono scoperti continuamente.
Per esempio, i ricercatori ritengono che la recente scoperta di acidi grassi nel latte materno favorisca la crescita del cervello e della retina del bambino, e possa persino aumentare il suo sviluppo cognitivo.
Tratto da:salutedonna.it
Neonati: Bifidobatteri differenti, si “alleano” per formare il primo “pan genoma”
Un gruppo di ricerca dell’Istituto di Bioscienze a Norwich (UK), ha dimostrato che diverse specie di Bifidobacterium popolano l’intestino dei neonati allattati al seno e che le loro interazioni con la dieta giocano un ruolo importante nella regolazione del microbiota che si instaura nel tratto enterico subito dopo la nascita.
Il primo periodo di vita di un neonato rappresenta un momento critico per l’interazione microbiota-ospite: la colonizzazione da parte di microrganismi“pionieri”, appena subito dopo la nascita, è il primo passo cruciale in questa relazione mutualistica. Tanto complesso è il microbiota di un adulto, tanto il tratto gastrointestinale di un neonato nato a termine è relativamente più semplice, essendo dominato principalmente dal Bifidobacterium. La perdita di questi batteri durante la prima fase di vita può portare a conseguenze negative per la salute dell’ospite, inclusa una maggiore predisposizione a malattie autoimmuni/metaboliche. I neonati allattati al seno tendono a conservare la dominanza del Bifidobacterium, mentre quelli alimentati con latte artificiale presentano una composizione microbica diversa.
Cosa aggiunge questo studio
Il latte materno contiene probiotici naturali, gli oligosaccaridi umani (HMO), che rappresentano la fonte di nutrimento dei batteri intestinali. La caratterizzazione genomica di 19 ceppi batterici, isolati da neonati allattati al seno, ha rivelato un’architettura genomica arricchita in geni del metabolismo dei carboidrati diversi da ceppo a ceppo, ma che collettivamente formano un unico “pangenoma” all’interno del gruppo di neonati.
Conclusioni
L’esperimento di cross-feeding ha permesso di dimostrare che il metabolismo degli HMO consente la condivisione di risorse, così da massimizzare il consumo di nutrienti dalla dieta ed evidenzia la cooperazione naturale tra ceppi di bifidobatteri e il loro ruolo di “specie fondatrici” nell’ecosistema neonatale.
Il comportamento delle comunità bifidobatteriche intra- ed inter-neonato potrebbe contribuire alla diversità e al dominio del Bifidobacterium nella prima fase di vita e suggerisce come indirizzare in futuro nuove diete e terapie basate sul microbiota, per promuovere la salute neonatale.
In un articolo – https://www.nature.com/articles/s41396-019-0553-2 – recentemente pubblicato su The ISME Journal, Melissa Lawson, Ian J. O’Neill e il loro gruppo di ricerca dell’Istituto di Bioscienze a Norwich (UK), hanno dimostrato che diverse specie di Bifidobacterium popolano l’intestino dei neonati allattati al seno e che le loro interazioni con la dieta giocano un ruolo importante nella regolazione del microbiota che si instaura nel tratto enterico subito dopo la nascita.
I ricercatori, allo scopo di indagare le interazioni della comunità bifidobatterica nella prima fase della vita, hanno analizzato i profili genomici microbici di campioni fecali di tre neonati sani nati a termine (coetanei, nati da parto vaginale e allattati al seno), mediante il sequenziamento dell’RNA ribosomale 16S.
In generale, il microrganismo prevalente si è rivelato il Bifidobacterium.
Dal momento che i test fenotipici effettuati hanno suggerito differenze a livello di specie, gli autori hanno eseguito un sequenziamento genomico comparativo su tutti e 19 i ceppi bifidobatterici.
I risultati mostrano tre principali gruppi filogenetici: il Bifidobacterium longum, il Bifidobacterium breve e il Bifidobacterium pseudocatenulatum.
In seguito, sono state caratterizzate le ORFs (Opening Reading Frames) di ciascun genoma ottenuto. I cluster maggiormente rappresentati sono quelli del metabolismo dei carboidrati e del trasporto cellulare. Gli enzimi addetti all’idrolisi dei carboidrati glicosilati o glicani sono le idrolasi (GH). Un totale di 39 diverse famiglie di GH sono state isolate nei ceppi di Bifidobacterium, 62 singoli geni soltanto nel Bifidobacterium pseudocatenulatum.
Il GH predominante in tutte le specie è il GH13, che fa parte di una famiglia di enzimi che idrolizza questi carboidrati nelle piante.
Tra le famiglie di Bifidobacterium capaci di utilizzare gli HMO come alimento, come il B. infantis, il B. breve, il B. longum e il B. pseudocatenulatum, le specie ritrovate nei campioni sono stati il B. infantis e il B. longum.
Dopo il lattosio, gli HMO rappresentano il secondo carboidrato più abbondante nel latte materno: principalmente il 2’fucosilattosio (2’FL) e il latto-N-neotetraosio (LNnT).
Su 19 ceppi, 9 utilizzavano il 2’FL e 12 il LNnT. Il B. pseudocatenulatum era in grado di metabolizzare solo il 2’FL, mentre il B. infantis e il B. longum entrambi. Quindi, l’utilizzo degli HMO come fonte di energia dipende dal tipo di HMO e dal ceppo batterico.
All’interno di una singola comunità batterica le diverse specie di Bifidobacterium coesistono.
Con l’obiettivo di capire se specifici ceppi del neonato potessero influenzare la crescita dei ceppi “vicini di casa”, gli autori hanno sviluppato dei terreni di coltura ottenuti da batteri produttori e non produttori di enzimi degradatori di HMO. Questi terreni condizionati sono stati poi utilizzati in esperimenti di “cross-feeding”, cioè sono stati usati per alimentare ceppi incapaci di degradare HMO, all’interno della stessa comunità. Il terreno condizionato ottenuto dal B. pseudocatenulatum supporta la crescita per esempio del B. longum, all’interno però dell’organismo di uno stesso neonato.
Per indagare la presenza di potenziali prodotti di degradazione degli HMO, gli autori si sono avvalsi della tecnica di spettroscopia H-NMR che permette di identificare molecole metaboliche in esperimenti di cross-feeding. Ad esempio, B. longum in seguito al metabolismo del 2’FL genera acetato e formiato (un intermedio del metabolismo del lattosio). Invece, i metaboliti derivanti dalla degradazione del LNnT, sempre ad opera del B. longum, sono ricchi in acetato (SCFA derivante dal metabolismo del formiato), e in etanolo.
Diverse specie di Bifidobacterium, quindi, sono gli “attori” protagonisti del microbiota nella prima fase della vita e nello sviluppo di un neonato sano. Queste specie sono però caratterizzate da differenze a livello fenotipico e genotipico; nel loro insieme contribuiscono a una relazione cooperativa tra la dieta del neonato allattato al seno e la primissima popolazione di Bifidobacterium che colonizza il suo intestino.
Gli HMO rappresentano infatti la principale fonte di energia del latte materno, anche se il bambino non è ancora in grado di digerirli. Proprio questa è la funzione delle popolazioni di Bifidobacterium e dei loro enzimi.
Questo studio ha dimostrato come diverse specie di Bifidobacterium derivanti da uno stesso neonato possano essere equivalenti da un lato, ma avere capacità diverse nel metabolismo degli HMO dall’altro.
Il Bifidobacterium, quindi, agisce certamente da microrganismo “pioniere”, promuovendo il massimo consumo dei nutrienti contenuti nel latte materno. L’identificazione completa delle interazioni microbiota-ospite, relative alla dieta di un neonato, sarà importante per riuscire a sviluppare strategie capaci di promuovere una prima fase della vita sana.
Tratto da:
https://microbioma.it/pediatria/neonati-bifidobatteri-differenti-si-alleano-per-formare-il-primo-pangenoma
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MICROBIOTA INTESTINALE DEL NEONATO E DEL BAMBINO: IL RUOLO DEI BIFIDOBATTERI
Ai tanti pregi conosciuti del latte materno se ne aggiunge un altro.
Il sistema immunitario della madre reagisce “migliorando” la capacità protettiva del latte se esposta, con il bambino, batteri durante il periodo dell’allattamento.
Non solo dunque il latte materno protegge contro le infezioni stimolando l’immaturo sistema immunitario del bebé, ma è il latte stesso che si rafforza nelle sue qualità, se la madre è esposta a problemi si salute durante l’allattamento.
Si tratta di conclusioni tratte dopo lo studio dell’immunologa Dani-Louise Brian dell’Universita’ Flinders di Adelaide, presentato alla conferenza della Societa’ australiana per la ricerca medica in corso a Adelaide, durante il quale sono state prese in esame 99 madri che allattavano. L’immunologa ha osservato che il latte prodotto quando il bebé è infettato con un virus respiratorio contiene una maggiore quantità di fattori protettivi di quando il piccolo è sano.
Nella ricerca, sono stati analizzati campioni di latte di 36 madri i cui piccoli erano stati ricoverati in ospedale con bronchiolite causata da virus respiratorio, e di altre 63 madri con bambini in buona salute.
Secondo la Bryan, la probabile spiegazione e’ che l’esposizione del bebé all’infezione faccia scattare una risposta immunitaria nella madre, il che a sua volta altera la composizione del latte.
”Abbiamo trovato che anche nell’assenza di sintomi clinici di malattia nella madre, il latte del seno cambia ugualmente le sue caratteristiche con l’esposizione alla malattia del piccolo. Il cambiamento principale consiste in una crescita massiccia del numero di leucociti nel latte che viene succhiato”, ha spiegato. Lo studio suggerisce che l’esposizione a patogeni da parte della madre può migliorare le qualità terapeutiche del suo latte. I risultati non sono solo un’ulteriore conferma dei benefici dell’allattamento al seno, ma costituiscono un importante passo avanti verso l’ottenimento di latti artificiali per il biberon con formule di migliore qualità che non deprimano la capacità immunitaria del bambino, nei casi in cui le madri non sono in grado di allattare o scelgono di non farlo. – Tratto da: italiasalute.it
Commento NdR: quindi NON fate NESSUN vaccino ai vostri neonati….
Influenza invernale: il colostro è più efficace del Vaccino soprattutto quando si allatta fino ai 3 anni….
Estratto da: Gazzetta Medica Italiana — Archivio per le Scienze Mediche, 2005, Vol.164, N. 3,
Prevenzione di episodi influenzali con colostro in confronto con la vaccinazione
M.R. CESARONE, G. BELCARO, U. CORNELLI, A. DI RENZO, F. MUCCI, M. DUGALI, M. CACCHIO, M. CORNELLI, R. ADOVASIO, F. FANO, A. LEDDA, A. RICCI, S. STUARD, G. VINCIGUERRA
Latte materno, antiasmatico naturale: Una ricerca francese pubblicata su Nature Medicine dimostra che gli allergeni passano alla prole attraverso l’allattamento, inducendo così tolleranza permanente.
Tratto da: galileonet.it
IMPORTANTE SCOPERTA su Latte materno e Cancro
Ricercatori svedesi dell’Università di Lund hanno trovato risultati promettenti dalla ricerca gli effetti della sostanza sui pazienti. con cancro alla vescica – Maggio 2017
Nei primi studi clinici con pazienti affetti da cancro della vescica, quelli iniettati con il composto ha cominciato a gettare le cellule tumorali morte attraverso la loro urina in pochi giorni.
Il composto derivante dal latte materno mira le cellule tumorali da solo, offrendo un’alternativa ai trattamenti chemio e radioterapia che danneggiano le cellule, sia sane e cancerose nel corpo.
http://www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/health-news/breast-milk-cancer-sweden-university-of-lund-a7735351.html
Trovata nel latte materno la molecola che sconfigge oltre 40 tipi di cancro – 08/04/2017
Si chiama HAMLET (Human Alpha-lactalbumin Made Lethal to Tumor cells) ed è capace di distruggere le cellule tumorali di oltre 40 tipi di cancro. Non viene venduta dalle industrie farmaceutiche ma è contenuta nel latte materno.
Della sensazionale scoperta si è parlato il 7 aprile 2017 a Firenze durante il Simposio internazionale sull’allattamento presentata da Guido Moro, Presidente dell’associazione Banche del Latte umano donato.
A capo della ricerca, Catharina Svanborg, membro dell’Accademia reale svedese delle scienze dal 1997.
“Ho scoperto per caso le proprietà di questa molecola – ha dichiarato la Svanborg. Stavo studiando gli effetti antibatterici del latte materno, per cercare il modo di creare nuovi antibiotici naturali e mi sono accorta che una frazione del latte induceva le cellule tumorali a suicidarsi”.
Il gruppo di ricerca della Lund University, da lei coordinato , ha così identificato il complesso antitumorale denominato Hamlet.
Si tratta della combinazione di due ingredienti presenti nel latte materno: la proteina alfa-lattoalbumina e l’acido oleico, una combinazione capace di uccidere oltre quaranta tipi di cellule tumorali in vitro.
“Il complesso – continua la ricercatrice – si insinua nelle membrane delle cellule tumorali e raggiunge il nucleo. Lì accumulandosi riempie tutto lo spazio impedendo alle cellule di crescere e al tumore di diffondersi. Prodotta sinteticamente, una piccola parte di molecola di Hamlet è stata poi testata sui topi e successivamente anche sull’uomo”.
Sperimentazione sui topi
Dalla sperimentazione sui topi è emerso che HAMLET limita l’avanzamento del tumore cerebrale e del cancro alla vescica.
Hamlet, somministrata con acqua, offre inoltre un’azione terapeutica contro lo sviluppo del tumore del colon. Un risultato che potrebbe portare ad uno sviluppo del complesso anche per prevenire i tumori in soggetti geneticamente predisposti alla malattia.
Quindi, un’azione di rallentamento dei tumori della vescica e un’azione terapeutica sui tumori del colon.
Sperimentazione sull’uomo
Sull’uomo ha eliminato i papillomi cutanei e nel caso del cancro alla vescica, le cellule malate sono state espulse con l’urina lasciando intatto il tessuto sano.
Per questo la porzione di molecola riprodotta sinteticamente in laboratorio, potrebbe diventare un potente e rivoluzionario farmaco antitumorale privo di effetti collaterali.
“È presto per identificare una data in cui HAMLET diventerà un farmaco disponibile sul mercato, – ha spiegato la Svanborg – ma stiamo lavorando alacremente. Abbiamo trovato le risorse per i primi test clinici alla fine del 2015, che sono stati condotti rapidamente e che ci hanno portato all’inizio della fase dello studio clinico. Confido nei finanziamenti che ci consentiranno di procedere e far diventare HAMLET un farmaco per i pazienti ammalati di tumore. Considerandone l’inizio fortuito, un semplice studio sulle proprietà antibatteriche del latte umano, questo progetto ha già percorso tanta strada”.
I risultati della ricerca di HAMLET sono stati pubblicati, tra le altre riviste scientifiche, sul The New England Journal of Medicine, Nature Reviews Gastroenterology e Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, L’Unicef ed il Ministero della Salute hanno più volte ribadito quanti e quali siano i benefici dell’allattamento al seno.
Per quanto riguarda invece il cancro, i ricercatori dell’AIRC (Associazione Italiana per la ricerca sul Cancro) hanno già da tempo dimostrato che l’allattamento al seno riduce per la mamma il rischio di contrarre il cancro alla mammella. Se vuoi approfondire questo tema leggi questo mio post:
Allattare protegge la mamma dal rischio di contrarre il cancro.
By Annarita Carbone – Fonte articolo: Sciencedirect.com, clicca qui
Tratto da:
https://telodicemamma.com/trovata-nel-latte-materno-la-molecola-che-sconfigge-oltre-40-tipi-di-cancro/#.XaTdm7shEHw.facebook
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Il latte materno e’ pronto in ogni circostanza e luogo e perfetto come alimento
Ormai è una certezza assodata: per i neonati, nessun latte artificiale vale quanto il latte materno. Che è la migliore soluzione, non solo per il bambino, ma anche per la mamma. Sfatiamo alcuni pregiudizi che rischiano di ostacolare senza motivo un atto naturale e perfino piacevole – By Salutest, ottobre 1999 – n° 22
La nascita, inoltre, rappresenta anche per il neonato, un evento traumatico e come tale porta ad un aumento del dispendio energetico. Il bambino ha quindi bisogno di recuperare energia velocemente, tramite un latte, il colostro, ricco di proteine, sali minerali, ma anche e soprattutto di anticorpi, come immunoglobuline, lattoferrina, globuli bianchi e lisozima.
Dal momento che il suo sistema immunitario non è ancora abbastanza efficace per fronteggiarli da solo, gli anticorpi aiutano il giovane organismo a combattere i patogeni ambientali ed i contaminanti ( quelli dei cibi che la madre assume o per i Vaccini subiti e/o le amalgami dentali che ha in bocca), e che purtroppo passano nel latte materno con i danni che ne possono conseguire, con i quali viene a contatto. Il latte materno rappresenta dunque un alimento importantissimo ed insostituibile che, oltre alla già citata azione immunitaria, stimola positivamente la funzionalità degli organi digestivi del bambino.
Cosi come l’alimentazione nutriente ed adatta (salubre o meno, specie quella industriale…) o meno della madre, influisce sulla preparazione non tanto della quantità, ma soprattutto della qualità del latte materno e quindi della capacità nutrizionale del latte materno per il neonato.
Parto e allattamento definiscono flora intestinale neonati – Feb. 2013
Il parto, vaginale o cesareo e l’allattamento, dal colostro al latte materno al seno o quello artificiale, modificano lo sviluppo dei batteri nell’intestino dei neonati, influenzandone lo stato di salute per il resto della vita.
Ecco, in sintesi, quanto afferma uno studio pubblicato sul Cmaj, il giornale dell’Associazione medica canadese. «I batteri intestinali aiutano a digerire i cibi, stimolano il sistema immunitario, regolano la peristalsi e proteggono dalle infezioni”.
Per questo il sovvertimento della microflora può provocare allergie, tumori o infiammazioni intestinali croniche» spiega Anita Kozyrskyj, professore associato di pediatria alla Facoltà di medicina dell’Università dell’Alberta a Edmonton, in Canada, nonché coautrice dello studio. I dati canadesi dimostrano che la microflora intestinale costituisce un vero e proprio “super organo” che svolge ruoli diversi in salute e in malattia. «E che questi germi così importanti dipendano da parto e allattamento è piuttosto preoccupante almeno qui in Canada, dato l’aumento dei cesarei e il calo di mamme che allattano al seno» aggiunge Kozyrskyj.
Per saperne di più sullo sviluppo della flora batterica intestinale nel neonato, la pediatra canadese e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 24 neonati sani che avevano partecipato allo studio Child, acronimo per Canadian healthy infant longitudinal development study, svolto in quattro province canadesi su oltre diecimila persone, compresi 3.500 neonati venuti al mondo dopo il 2010. «Il campione da noi studiato rappresenta i nuovi nati in Canada, con il 25% di cesarei e il 42% di allattati al seno» puntualizza la pediatra di Edmonton che ha identificato tutte le specie di batteri intestinali con l’aiuto del sequenziamento genico. E – sorpresa – nei nati da cesareo, anche se allattati al seno, mancava uno specifico gruppo di microrganismi. Non solo: anche negli allattati con latte artificiale mancavano batteri presenti invece nei nutriti al seno.
«È opportuno che i genitori sappiano quanto la loro decisione di avere un cesareo o di usare il latte artificiale possa modificare il microbioma, ovvero i milioni di miliardi di batteri che formano flora intestinale, con effetti potenziali sulla salute dei loro figli anche per tutta la vita» dice Rob Knight, professore associato di biochimica presso l’Università del Colorado a Boulder, Stati Uniti, in un editoriale di commento.
CMAJ February 11, 2013 First published February 11, 2013
Il latte materno è contaminato dagli alimenti tossici di cui si nutrono le madri !
Questo magnifico e insostituibile elisir di crescita è anche fra i cibi più contaminati che un umano può assumere.
È la storia di una emergenza senza fine: «Stiamo cominciando a osservare una pericolosa contaminazione del latte materno», afferma Gaetano Rivezzi, vicepresidente nazionale dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente. Il pediatra dell’ospedale di Caserta è tra gli autori del primo studio scientifico che prova a documentare il caso.
Le sostanze contaminanti presenti nel corpo della mamma vengono concentrate nel latte: roba pesante, come diossina e PCB, e poi piombo, DDT, solventi. Con percentuali che variano a seconda di dove ha vissuto la madre (più alta la concentrazione di diossine nelle zone industriali, più alta quella di pesticidi nelle zone rurali), ma comunque e’ ancora il miglior alimento per il lattante al mondo. L’annuncio è stato fatto pochi giorni fa; alcuni ricercatori della facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Piacenza, hanno analizzato il latte materno di alcune donne.
Per la precisione: 23 piacentine, 20 milanesi e 20 abitanti a Giugliano, in provincia di Napoli.
Il test è stato condotto tra il 2008 ed il 2009, ovvero in un periodo di grande inquinamento nel napoletano, causato dal “caos immondizia”. Ne sono emerse tante cose importanti.
La prima e forse la più curiosa è che il latte delle madri milanesi è risultato essere più contaminato di quello delle neomamme napoletane. Perché l’inquinamento della metropoli è peggiore di quello dei rifiuti abbandonati alle porte di Napoli ? No, assolutamente.
La diossina e gli altri agenti patogeni inquinanti trovati nel latte si assumono nel 95% dei casi con il cibo e solo in parte attraverso la respirazione. Il fatto è che tendono ad accumularsi nell’organismo umano, a “naturalizzarsi” e quindi ad essere trasmessi attraverso l’allattamento al seno.
Questa situazione fa si che le donne milanesi che fanno il primo figlio tra i 30 ed i 40 anni, hanno accumulato quantità maggiori di elementi tossici, rispetto alle “colleghe” di Giugliano che hanno partorito ed allattato il primo figlio molto prima dei 30 anni.
USA – Una donna di 36 anni della Carolina del Sud è finita in manette con l’accusa di aver provocato la morte del figlio di appena 6 settimane. Il latte materno era infatti contaminato dalla morfina e il bambino, secondo gli esami medici, è morto per overdose.
Giappone – 2011 – Fukushima, 21 lavoratori contaminati e latte materno radioattivo
…il latte di sette donne è risultato contaminato con valori tra 2 e 36 Bq/kg. Secondo le autorità, non ci sono pericoli per i neonati, ma quale madre sana di mente darebbe latte radioattivo al suo bambino,? La contaminazione del latte materno è la più grave offesa dell’industria nucleare a tutte le donne.
E’ evidente che così come passano gli ingredienti tossici nel latte materno, passano anche gli ingredienti nobili dei cibi assunti dalla madre, ed in questo processo influisce più o meno a seconda dell’età della madre: più è giovane, meno il latte è contaminato, più è anziana, più è contaminato per l’accumulo degli prodotti tossici che la madre ha accumulato nel corso della propria esistenza, con cibi contaminati, aria ed acqua inquinata.
Occorre ricordare alle mamme di offrire ambedue le mammelle ad ogni poppata perche’ il latte materno cambia durante la poppata.
Uno dei modi in cui cambia è il seguente: all’inizio della poppata il latte è più leggero di sostanze, man mano che va avanti diventa più ricco di grassi.
Se il bambino viene cambiato da una mammella all’altra prima che abbia potuto prendere il latte più denso, prende meno grassi.
Di conseguenza il bambino prende meno calorie e mangerà più frequentemente. Se il bambino prende una grande quantità di latte meno denso (per far fronte al ridotto numero di sostanze vitali) sarà più propenso a rigurgitarlo.
Lo stomaco, a sua volta, si svuota più rapidamente e una grande quantità di lattosio si riversa nell’intestino. La proteina che digerisce il lattosio, cioè la lattasi, non potrà far fronte ad una tale quantità di lattosio tutto di un colpo e il bambino potrà avere dei sintomi d’intolleranza al lattosio cioè pianto, flatulenza e scariche esplosive di consistenza semiliquida e colore verdognolo.
Questo può accadere anche durante una poppata. Questi bambini non sono intolleranti al lattosio. Hanno un problema con il lattosio perchè le informazioni riguardo l’allattamento al seno che le loro mamme hanno ricevuto sono sbagliate.
Questa non è una ragione per abbandonare l’allattamento al seno per un latte artificiale a basso contenuto di lattosio.
Il latte materno della specie umana è caratterizzato da un contenuto proteico particolarmente basso (0,9%). Tale percentuale è assai simile a quella che si trova nella frutta e nella verdura allo stato naturale, che sono per l’appunto il vero e unico cibo di competenza dell’umanità, ma quelle poche proteine sono comunque in grado di sostenere la crescita del neonato senza affaticarne i reni immaturi, ricordiamo che l’eccesso di proteine viene eliminato attraverso i reni.
Geni e latte materno:
Per la prima volta è emerso che i geni materni possono influenzare la composizione nutrizionale del latte e, quindi, avere effetti notevoli sullo sviluppo del neonato in fase di svezzamento.
La notizia arriva da uno studio di Richard Weinberg del Wake Forest University Baptist Medical Center a Winston-Salem che ha coinvolto 111 neomamme. I risultati della sua ricerca sono stati presentati a Chicago alla “Digestive Disease Week 2005“.
È ormai nozione comune che la composizione del latte materno inevitabilmente riflette quello che è il regime alimentare della mamma che allatta.
D’altro canto numerosi studi hanno dimostrato che il valore nutrizionale del latte bovino dipende dall’assetto genetico dei capi di bestiame. Così gli esperti hanno voluto testare l’ipotesi che la stessa influenza genetica avesse un peso anche sulla composizione del latte materno.
I ricercatori hanno cominciato col cercare una correlazione tra il livello di acido docosoesanoico (DHA) nel latte materno e la presenza di una delle tante varianti del gene ApoA4, un gene che produce una proteina implicata nell’assorbimento dei grassi dalla dieta. L’acido docosoesanoico è un grasso omega-3 che la mamma assume con la dieta per poi passarlo al bambino tramite il latte.
Il DHA si assume mangiando pesce come il tonno, il salmone e gli sgombri.
Questo acido grasso è essenziale per il corretto sviluppo dell’occhio e del cervello nel neonato, infatti numerosi gruppi che producono il latte artificiale per neonati lo aggiungono nella sua composizione dopo che varie indagini hanno dimostrato come in sua presenza il bimbo cresca meglio e acquisisca una vista migliore. D’altra parte una quantità insufficiente di DHA è stata implicata in disordini dello sviluppo come l’autismo, deficit di attenzione e iperattività, problemi di apprendimento.
“Finora abbiamo pensato che le donne che assumono con la dieta pari quantità di DHA hanno la stessa identica concentrazione di questo grasso nel loro latte ma in questo studio ci siamo resi conto che donne con una determinata variante genetica hanno latte con alti livelli di DHA“, ha dichiarato il gastroenterologo. Nello studio tutto il campione di donne è stato sottoposto a un regime dietetico controllato con aggiunta di supplementi di DHA in uguali quantità per tutte.
I ricercatori hanno analizzato la concentrazione ematica del DHA e anche i suoi livelli nel latte delle donne, mostrando che le mamme con la variante 347S del gene ApoA4, variante presente in circa un terzo della popolazione americana, hanno il 40 per cento in più di DHA nel loro latte rispetto a donne con l’altra versione di ApoA4, la più comune 347T.
“La carta vincente di queste donne sta nel fatto che la variante del gene ApoA4 le rende più abili a trasportare il DHA preso dai cibi nel sangue e nel latte materno“, ha dichiarato Weinberg. Ma i ricercatori hanno esteso il loro studio anche all’influenza di un secondo gene, ApoE, trovando che la variante E4 ha un significativo impatto sulla qualità del latte materno. ApoE è un gene che regola il metabolismo dei grassi nel sangue. E4, presente in circa il 20 per cento della popolazione Usa, è associato a maggior rischio cardiovascolare e a rischio di Alzheimer.
I ricercatori hanno scoperto che mamme con una o due copie di E4 hanno un latte con un contenuto totale di grassi dal 40 al 75 per cento inferiore rispetto alle mamme che non portano questa variante nel loro Dna. Questa inattesa scoperta suggerisce che E4 ha un effetto sull’ammontare totale delle calorie che una madre può fornire al proprio piccolo allattandolo, ha rilevato Weinberg.
Anche se è prematuro pensare di poter traslare questi risultati in raccomandazioni alle neomamme, ha dichiarato Weinberg, di certo è pensabile che in futuro test genetici materni potrebbero essere usati per consigliare alla mamma che allatta la giusta dieta e, se necessario, la supplementazione di alcune sostanze che per sua natura (genetica) la mamma non è in grado di garantire al piccolo con il latte.
Tratto da: piusalute.it
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Ricercatori di multinazionale, hanno creato mucche geneticamente modificate che producono latte “umano”, un latte vaccino di vacca, diverso da quello naturale – Londra, 03 Apr. 2011
Quei ricercatori sono riusciti a introdurre i geni umani in 300 vacche da latte per produrre latte con proprietà simili a quello materno.
Il latte umano (non quello bovino anche se OGM) contiene elevate quantità di preziosi nutrienti che possono contribuire a rafforzare il sistema immunitario dei bambini e ridurre il rischio di infezioni.
Fonte: AGI.it
Le critiche
L’unico “neo” di questo “nettare degli dei artificiale” per poppanti, è la sua composizione base: si tratta comunque dei componenti del latte di vacca in più OGM. La scoperta potrebbe essere commercializzata nei supermercati tra dieci anni ma le leggi cinesi in merito ai cibi modificati sono differenti rispetto a quelle europee.
Il nuovo latte vaccino ha prodotto non poche critiche soprattutto per la scelta di nutrire un piccolo appena nato con organismi geneticamente modificati e con il contenuto di calio esagerato per un neonato di uomo, che non abbisogna di tanto calcio come il vitello.
I salutisti, quindi, minacciano un’accesa battaglia per evitare che questo alimento possa essere introdotto nei bambini europei innanzi tutto a partire dalle dimensioni stesse della ricerca. Helen Wallace, esponente di GeneWatch, un’associazione inglese che combatte gli OGM, accusa innanzitutto ed anche le dimensioni stesse della ricerca: un campione di 300 mucche non può ritenersi esaustivo per la effettiva qualità del prodotto, ma vi sono altre problematiche legate a questa “scoperta”:
Le conseguenze accertate
Un danno che potrebbe riversarsi non soltanto sui bambini ma anche sugli animali: alcuni studi hanno dimostrato che la prole degli animali che subiscono alterazioni geniche hanno problemi di salute.
Questo porterebbe, quindi, i bovini dedicati alla produzione del latte simil – materno alla morte senza riproduzione… come si fa per i vecchi macchinari di fabbrica. Questo porterebbe non soltanto a una barbarie nei confronti dell’animale ma anche a un ingente – e forse eccessivo – costo per il produttore che dovrebbe comprare costantemente bovini da trattare e utilizzare senza poter poi avviare – come accade ora – un allevamento che si autorigenera.
Il sapore – Una domanda, però sorge spontanea: se nel latte artificiale sono inseriti correttori di acidità per far abituare il piccolo all’amaro e all’acidulo oltre che al dolce e se il latte materno cambia ad ogni pasto della madre, influenzando i gusti futuri del proprio piccolo, quale sarà il sapore del latte di mucca OGM ?
Di paglia e fieno ? Ancora una volta risponde il responsabile dell’esperimento sottolineando che ha detto: “E’ un latte che ha un sapore dieci volte più forte del latte normale”, quindi non adatto all’alimentazione umana, qualunque cosa dicano i ricercatori…..
Commento NdR: la follia dei ricercatori al servizio delle multinazionali, oggi anche cinesi, al servizio di Big Pharma, NON si insegna a NON utilizzare il latte di vacca, lo si vuole modificare rendendolo OGM pur di venderlo !
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Pediatri: solo latte materno nei primi sei mesi
Almeno per i primi sei mesi di vita del bambino, il latte materno basta e avanza per la sua corretta alimentazione, mentre è sconsigliabile una introduzione precoce del latte vaccino.
Lo sottolineano gli esperti riuniti a convegno in occasione del mese della nutrizione infantile 2009, iniziativa che per tutto ottobre promuoverà l’informazione sulla corretta alimentazione dei bambini da 0 a 3 anni.
“La nutrizione nei primi tre anni di vita – ha spiegato Giuseppe Mele, presidente della Fimp (Federazione italiana medici pediatri) – ha un impatto cruciale sulla salute nelle età successive e, in particolare, sul rischio di malattie cardiovascolari, obesita’ e sullo sviluppo della funzione cognitiva“.
Il latte materno ha infatti tre tipi di vantaggi: dal punto di vista nutrizionale contiene nutrienti quantitativamente e qualitativamente ottimali per soddisfare, come unico alimento, i fabbisogni del bambino nei primi 6 mesi di vita, favorendone la crescita secondo una curva di crescita ideale; ha effetti protettivi, in quanto mediante il latte materno il bambino presenta migliori difese nei confronti delle infezioni da virus e batteri, delle allergie e di alcune malattie da alterata risposta immune come diabete giovanile, morbo di Chron, retto colite ulcerosa. Infine, dal punto di vista psicologico, mediante l’allattamento si realizza piu’ facilmente il rapporto madre neonato”.
I pediatri concordano invece nello sconsigliare l’utilizzo del latte vaccino nei primi 12 mesi di vita: “Il latte vaccino non e’ adatto ai fabbisogni nutrizionali di un bambino di pochi mesi – ha proseguito la Scaglioni -. E’ nutrizionalmente squilibrato per quelli che sono i bisogni di un lattante fino all’anno di età: troppe proteine, non adeguata qualità dei lipidi, mancanza di acidi grassi essenziali, poco ferro biodisponibile e poche vitamine, specie la E, la D, la A e la C.
La sua introduzione precoce favorisce alcune importanti anomalie: per esempio l’anemia da carenza di ferro, responsabile di danni gravi e potenzialmente irreversibili a carico dello sviluppo psico-intellettivo del bambino; inoltre, l’elevata presenza di calcio e fosforo inibisce ulteriormente l’assorbimento di ferro”
Commento NdR: dopo aver sponsorizzato per anni il latte in polvere (con dietro le case farmaceutiche), al posto del latte materno, ecco che finalmente rinsaviti…i pediatri ritornano sulle posizioni di 50 anni fà quando insegnavano che il latte materno era il miglior latte per il cucciolo dell’uomo.
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Il latte materno fa bene all’intelletto
Uno studio danese ha dimostrato che il latte materno influisce positivamente sulle capacità intellettive. L’allattamento al seno, soprattutto se prolungato, influisce considerevolmente, infatti, sull’essere più o meno intelligenti nell’età adulta.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Jama, dopo che precedenti studi avevano già dimostrato l’effetto positivo dell’allattamento “naturale” sullo sviluppo cognitivo nella prima e media infanzia.
Specialisti del Danish Epidemiology Science Center, dell’Università di Copenhagen hanno valutato l’effetto del latte della mamma in 3.253 giovani adulti, tutti nati in Danimarca tra il 1959 e il 1961. I partecipanti sono stati suddivisi in 5 gruppi rispetto alla durata dell’allattamento.
L’intelligenza dei partecipanti è stata misurata con il test Wechsler Adult Intelligence Scale (Wais) in un gruppo costituito da 973 uomini e donne (età media pari a 27,6 anni) e con il test Borge Priens Prove (Bpp) in un gruppo di 2280 uomini (età media pari a 18.7 anni).
Tra i dati raccolti anche lo stato sociale della famiglia e il livello di educazione, lo stato della madre (single o meno), oltre che peso, età e aumento di peso durante la gravidanza, tabagismo durante il terzo trimestre di gestazione, peso alla nascita e altri parametri del parto e della gravidanza.
Il dr. Erik Mortensen del Copenhagen University Hospital afferma che lo studio “dimostra una vigorosa relazione tra la durata dell’allattamento materno e l’intelligenza in età adulta”. “Gli elementi nutritivi nel latte materno, i fattori di comportamento, i fattori associati con la scelta del metodo di allattamento sono tutti fattori che contribuiscono a questa associazione positiva”, afferma lo studio. Il latte materno fornisce, infatti, ai neonati importanti elementi nutritivi e preziosi anticorpi che non si trovano nel latte di mucca o nel latte in polvere.
Secondo gli specialisti la durata dell’allattamento materno è associato ad un alto punteggio sulla Verbal Performance e Full Scale Wais IQs. La media rispettiva, sulla Full Scale Wais IQs, per 1 mese, 2-3 mesi, 4-6 mesi, 7-9 mesi e più di 9 mesi di allattamento è stata rispettivamente pari a 99.4, 101.7, 102.3, 106.0, e 104.0. Le corrispondenti medie sulla Bpp sono state pari a 38.0, 39.2, 39.9, 40.1, e 40.1.
Tratto da: gravidanzaonline.it
Il latte materno fa anche bene al cervello.
I bambini allattati al seno sono più svegli: hanno movimenti più fluidi, una minor probabilità di soffrire di disturbi dello sviluppo e dell’apprendimento, e un QI più alto. Anche questo confermato tenendo conto di fattori socioeconomici, come mostrato da un recente studio dell’Università McGill, Canada, su più di 17 mila bambini, seguiti dalla nascita fino a i 6 anni e mezzo (Kramer et al., Breastfeeding and child cognitive development: new evidence from a large randomized trial.Arch Gen Psych 2008 May;65(5):578-84.). Se esistesse un farmaco altrettanto potente verrebbe considerato opera di magia.
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BEBÈ MALATO ? LATTE MATERNO SI “POTENZIA” – 17/07/2003 – Repubblica Salute
ADELAIDE (Australia) – Il latte materno, oltre a fornire anticorpi al neonato e ad assolvere una funzione di stimolo per il suo sistema immunitario, reagisce ai microrganismi che in quel momento hanno infettato il piccolo.
Lo ha scoperto l’immunologa Dani Louise Brian dell’università Flinders di Adelaide, Australia, prendendo in esame 99 madri che allattavano.
L’immunologa ha osservato che il latte prodotto quando il neonato ha un virus respiratorio contiene una maggiore quantità di fattori protettivi di quando è sano. Nella ricerca, sono stati analizzati campioni di latte di 36 madri i cui piccoli erano stati ricoverati in ospedale con bronchiolite causata da virus respiratorio, e di altre 63 madri con bambini in buona salute.
Secondo la Bryan, la spiegazione è che l’esposizione del bimbo all’infezione fa scattare la reazione immunitaria nella madre, il che a sua volta altera la composizione del latte. «Abbiamo trovato che anche nell’assenza di sintomi clinici di malattia nella madre, il latte del seno cambia ugualmente le sue caratteristiche con l’esposizione alla malattia del piccolo. Il cambiamento principale consiste in una crescita massiccia del numero di leucociti nel latte che viene succhiato», ha spiegato. Lo studio suggerisce che l’esposizione a patogeni da parte della madre può migliorare le qualità terapeutiche del suo latte.
I risultati non sono solo un’ulteriore conferma dei benefici dell’allattamento al seno, ma costituiscono un importante passo avanti verso l’ottenimento di latti artificiali più vicini a quello materno.
ll latte materno ha effetti molto positivi nella riduzione del rischio-infarto nel lungo periodo: una ricerca britannica
La nutrizione mediante latte materno ha effetti molto positivi nella riduzione significativa della pressione e assicura una rilevante riduzione del rischio-infarto nel lungo periodo.
A spiegarlo è una ricerca condotta dai ricercatori britannici della Bristol University sulle pagine della rivista scientifica Circulation: i risultati della ricerca, i cui dati sono emersi confrontando i comportamenti del sistema cardiocircolatorio di bambini allattati al seno materno con un gruppo di coetanei nutriti con latte artificiale, è stata poi commentata sul British Medical Journal dagli studiosi del St. George’s Hospital di Londra.
Lo studio dell’ateneo di Bristol ha preso in esame, infatti, ben 4.763 bambini dal giorno della nascita sino ai sette anni di età: i neonati allattati al seno della mamma (gruppo 1) presentavano una pressione sistolica media di 0.8 mm Hg inferiore rispetto a quella dei loro coetanei nutriti con latte artificiale (gruppo 2); anche la pressione diastolica risultava sensibilmente più bassa nel gruppo 1 (- 0.6mm Hg in media).
Secondo quanto dichiarato dal dottor Richard Martin, coordinatore dello studio inglese, “si registra una riduzione media pari all’1% della pressione sanguigna nei bambini nutriti con latte materno: ciò potrebbe prevenire il rischio di morte prematura (causata da patologie di natura cardiaca in ben 2.000 casi nel solo Regno Unito)”.
04/03/2004 – MFL Comunicazione
Tratto da: paginemediche.it
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Al seno è un’altra cosa
Secondo l’Accademia Americana di Pediatria (AAP), il solo allattamento al seno è la migliore fonte di nutrizione del neonato per i primi sei mesi di vita. L’AAP raccomanda inoltre l’allattamento al seno per almeno dodici mesi.
Se a ciò si aggiungono una serie di recenti studi che attestano l’efficacia del latte materno per patologie che vanno dall’obesità alla morte in culla, ce n’è abbastanza per spiegare perché l’80% delle italiane preferiscono il latte materno, il migliore per apporto vitaminico, anticorpi e digeribilità.
Allattare al seno
Secondo una recente indagine Istat, condotta su un campione di 2 milioni e 440 mila donne, l’81% delle mamme che hanno avuto figli nei 5 anni precedenti l’intervista hanno allattato al seno in media per un periodo di 6 mesi. Si tratta, in prevalenza, di donne tra i 24 e i 40 anni e la scelta è direttamente proporzionale al livello culturale, più sono informate più ne apprezzano i vantaggi. Ecco perché una certa resistenza al metodo naturale si concentra in Calabria e Sicilia, dove la scolarità delle mamme è in media più bassa, mentre al nord hanno voltato le spalle ai barattoli di latte in polvere. Si è comunque ancora lontani dai sei mesi di solo latte materno raccomandati dall’OMS.
Meccanismi di…produzione
Ma quali sono i meccanismi fisiologici che entrano in gioco dalla gravidanza al parto? Durante la gravidanza gli estrogeni, il progesterone, l’ormone somatotropo e un ormone lattogeno placentare, sviluppano considerevolmente la ghiandola mammaria.
Dal momento del parto e dell’espulsione della placenta, la concentrazione sanguigna di questi ormoni decresce, ciò libera un ormone ipofisario, la prolattina, che avvia la secrezione lattea, o lattazione. Il bambino comincia a essere allattato dal secondo giorno; in questo momento non assume del latte, ma il colostro, un liquido giallastro contenente anticorpi e sostanze nutritive.
Dopo circa 3-4 giorni inizia la produzione di latte (montata lattea). Questo è un fenomeno imponente e può qualche volta risultare doloroso. È caratterizzato dal pronunciato turgore delle mammelle accompagnato da congestione, aumento della temperatura locale, senso di fastidiosa tensione. Superata la fase iniziale, che in genere dura circa 24-48 ore, se il neonato esercita regolarmente la suzione, i sintomi sgradevoli della montata lattea regrediscono e la secrezione mammaria si mantiene senza causare particolari disturbi.
Tratto da: dica33.it
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L’Università del Minnesota ha fatto pubblicare nel 1989 un avvertimento alle famiglie riguardo al riscaldamento del latte per i neonati.
Il riscaldamento nei forni a microonde provoca la perdita di vitamine e nel caso del latte materno vengono distrutte alcune sue proprietà protettive.
In Lancet del 9 dic. 1989 il dr. Lubec, dell’Università di Vienna, ha informato la rivista, che ha trovato che nel riscaldamento a microonde di latte idrolizzato si verifica una conversione di piccole quantità di L-prolina in D-prolina, e ipotizza una possibile pericolosità di quest’ultima. Ecco il commento della dott. Lita Lee,:
“Le microonde nel latte per bambini convertono alcuni trans-aminoacidi nei loro cis-isomeri sintetici, questi non sono biologicamente attivi. Inoltre, uno degli aminoacidi, L-prolina, è stato trasformato nel suo d-isomero, di cui si conoscono le sue caratteristiche neurotossiche (nocive al sistema nervoso) e nefrotossiche (nocive ai reni).”
Altre lettere sull’argomento sono contenute in Lancet nei numeri del 9/12/89 – (pag. 1393), 24/2/90 (pag. 470), 31/3/90 (pag. 792), vol. 336 p. 49.
I vantaggi della pastorizzazione sono SOLO commerciali: Il produttore può permettersi più sporcizia; è conveniente per il commerciante e per il contadino, perché si conserva più a lungo del latte fresco.
Il 50% del latte vaccino ingerito viene sprecato in cattiva digestione. La proteina del latte materno è lattalbumina, (le % relative cambiano molto fari i due tipi di latte ) che è solubile e facilmente digeribile, pertanto le sostanze del latte umano vengono utilizzate al 100 %.
Il latte vaccino contenendo proteine estranee al latte umano, causa facilmente allergie nel lattante
La quantità di grassi nel latte vaccino ed in quello umano è uguale ma nel primo, si tratta in maggioranza di grassi saturi e di acidi grassi, mentre nel secondo è presente un grasso maggiormente emulsionabile.
Il bambino allevato con latte materno, sarà dotato di maggiore adattabilità e flessibilità corporea.
Il latte umano ha una quantità maggiore di lattosio di quello vaccino e questo zucchero è più facilmente digeribile degli altri tipi di zucchero e favorisce inoltre l’utilizzazione delle proteine e l’assorbimento del calcio.
Lo zucchero del latte vaccino è composto da lattosio (galattosio + glucosio), più altri componenti.
Ogni tipo di latte produce una reazione diversa di pH nell’intestino dell’uomo, che a sua volta influisce sulla digeribilità e sulla qualità del sangue, prodotta dal metabolismo dei cibi; il latte vaccino crea reazione acida nell’intestino, mentre il latte materno la crea basica.
Le reazioni acide producono facilmente l’alterazione della flora batterica autoctona (detto microbioma) e quindi il facile instaurarsi di microbi, funghi, parassiti patogeni.
Il latte materno rende il lattante immune a molte malattie infantili e favorisce lo sviluppo di una sufficiente flora batterica intestinale (lattobacilli) con gli enzimi, che costituiranno la riserva per tutta la vita, necessaria per la difesa dalle malattie infettive.
E’ perciò assolutamente indispensabile che appena partorito la mamma dia il suo seno al piccolo mentre è ancora attaccato al cordone ombelicale; la madre secernerà un liquido speciale che fornirà tutti i fattori vitali necessari al lattante, in più si attiverà al massimo la produzione del latte nelle ghiandole del seno.
Oggi il 30% del cibo consumato è derivato dal latte, non è forse anche questo oltre alle vaccinazioni che indeboliscono il sistema immunitario, assieme all’uso spropositato di zucchero, una delle conseguenze della comparsa di nuove malattie allergiche sopra tutto nei giovani.
Il latte di vacca è un alimento deplorevole per il lattante e per l’uomo (infatti l’uso prolungato genera più facilmente ulcera e cancri) anche in ragione del suo alto tenore di sali, da 8 a 9 grammi/litro, sopra tutto se la mucca produttrice è nutrita con prodotti chimici (fieni salati, foraggi artificiali, bestie forzate per l’ingrasso).
In più ci si sta accorgendo con terrore, che le bestie pascolanti in pasture ove si sono usati erbicidi, insetticidi, danno un latte contenente fino a 2 o 3 grammi/litro di questi ultimi (di cui il più noto è il DDT); il formaggio ne contiene 5 o 6 grammi/chilo.
Si sapeva già che il latte della donna, che non dà mai rachitismo, contiene solo 2,5 gr/litro di sali, mentre il latte di mucca normalmente saturo di sali è fattore di: rachitismo infantile, delle croste lattee, coliti, pruriti, indigestioni, ecc.
Gli eccessi di sale, inibitori di vitamine di tipo B o piuttosto di acidi amminati riduttori a Resistività molto elevata, conducono al rachitismo per neutralizzazione degli acidi, sovra caricamento in sali alcalini e ipertrofia minerale catodica.
Ugualmente le acque calcaree e le acque mineralizzate, sono fattori di rachitismo, mentre l’ignoranza popolare abusa di queste acque credendo di fortificarsi, di star meglio, abusando di questi sali; essi sono invece fattori di demineralizzazione: malattia di Piaget, di vecchiaia, trombosi e cancri, in quanto nessuno di questi sali è direttamente assimilabile per il fatto che essi non sono colloidali od idrosolubili.
Solamente i sali già metabolizzati dai vegetali o meglio dalla frutta, dagli animali o ancora meglio dal latte di questi ultimi, (con riserva e parsimonia, si può utilizzare in certi casi latte di asina, capra, pecora), che possieda ancora un potere riduttore, quello del B/galactosio.
Il latte materno contiene il massimo di B/galactosio ed è esclusivamente in terreno acido e riduttore che si può effettuare l’utilizzo normale del Calcio del latte per mezzo del B/galactosio che esso contiene.
Ora quest’ultimo è molto acido e riduttore, ma questo potere scompare con le pastorizzazioni, sterilizzazioni o ebollizioni del latte vaccino il quale ne contiene molto meno del latte umano.
Solo l’assunzione, con molta parsimonia, del latte di mucca CRUDO e naturale (cioè non pastorizzato, che comunque crea reazione acida nell’intestino dell’uomo) permette di beneficiare del calcio come materiale costruttivo del sistema osseo e dentario, ma solo per i giovani e da dopo l’età puberale.
Oltre ai gravi danni dei vaccini, è sopra tutto l’alimentarsi con latte vaccino (di mucca) pastorizzato, che porta i bambini delle ultime generazioni ad avere delle brutte dentature ed i denti cariati, oppure il continuo e crescente riscontro negli scolari delle scoliosi, senza parlare dei nefasti effetti che si sommano con l’assorbimento di acque clorate, le quali sono alcaline, ossidate e antiBeta/galactosio.
Ecco i vantaggi dell’utilizzo del latte materno:
Per la madre, favorisce il secondamento, migliora il rapporto con il bambino ed è molto pratico ma sopra tutto economico…..è sempre pronto in ogni luogo in modo fresco ed alla giusta temperatura corporea.
Per il bambino è l’alimento unico, completo e bilanciato che si adatta alle richieste metaboliche del neonato; e’ un alimento che serve anche da bevanda, quindi disseta e contiene modulatori di crescita preparati in sintonia con la crescita del bimbo; se la madre si alimenta come si deve, provoca minori problemi intestinali perche’ contiene gli enzimi digestivi necessari al piccolo; vi si ritrovano Immunoglobuline (IgA) che svolgono un’importante funzione di difesa immunitaria; aiuta a prevenire le allergie alimentari, a cui il neonato è molto esposto, sopra tutto con le vaccinazioni che distruggono la flora batterica autoctona e non solo……
vedi Danni dei Vaccini
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Uno studio scientifico sull’argomento Nutricology, dell’Università di Helsinki:
Virtanen e Aro, “Dietary Factors in the Aetiology of Diabetes”, Ann. Med. 26(6):469-478 Dicembre 1994, ha rivelato che la precoce introduzione di latte di mucca nei neonati di tre mesi o più piccoli, ha spesso procurato una totale deficienza di insulina.
Questa patologia insorgeva come conseguenza naturale della distruzione delle cellule beta, dovuta alla reazione allergica del neonato in risposta alla presenza delle proteine del latte di mucca. Il dato viene riportato da innumerevoli pubblicazioni su praticamente TUTTE le riviste scientifiche più accreditate nel campo della nutrizione infantile e della pediatria.
Un medico Pediatra, a queste nostre affermazioni, ha risposto in questo modo: “Nella popolazione che ho modo di osservare (i “miei” bambini) la percentuale di donne che non allattano è bassissima (circa il 3%) entro i primi 3 mesi di vita (in tutti i casi per fattori dipendenti da patologia materna tipo gravi anomalie del capezzolo, agalattia, parti cesarei con complicanze e quindi con terapie complesse protratte, ecc.) Il rischio maggiore è ASSOLUTAMENTE limitato ai primi 3-4 mesi di vita.
(nota dell’autore: non siamo d’accordo i danni possono avvenire anche in età maggiore per i noti, fatti sopra esposti).
Caro Amico: Lei ha ragione.
Vorrei segnalarle, a margine, che, se ben condotto e seguito, l’allattamento al seno può proseguire ben oltre il sesto mese di vita (ho qualche caso di protrazione oltre l’anno) anche in parallelo allo svezzamento (che io inizio piuttosto precocemente, con ottimi risultati sia dal punto di vista dello sviluppo somatico che neuropsichico).
Ritengo sia necessario ricordare a chiunque legge questo post che I LATTI in POLVERE sono comunque di derivazione vaccina MA NON SONO TUTTI UGUALI !
Per i primi 3 mesi di vita, infatti, le formulazioni sono trattate in modo specifico (idrolisi della caseina, abbattimento vistoso della concentrazione salina, diminuzione significativa dell’osmolarità,ecc), mentre le “formule di proseguimento” (sempre di derivazione vaccina), pur rispettando le direttive ESPGAN, non sono dissimili dal latte vaccino (della “centrale”) adattato “artigianalmente” in casa (chi vuole capire capisca….)
Non neghiamo (a chi non dispone di latte materno) un bel “baffo di latte”, a patto che, nella composizione circadiana dell’alimentazione del divezzo, vi sia introduzione di elementi nutritivi ad integrazione (se no si rischia l’anemia…).
Chi ha il latte della mamma non ha bisogno d’altro se non di una integrazione alimentare a supporto, per l’introito di tutti i princìpi che, nel solo latte, sono carenti (rispetto ai fabbisogni che la crescita impone e che sono notevolmente diversi tra una fascia d’età e l’altra). – By dott. Tasca, medico
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L’allattamento protegge le donne dalle malattie cardiache
Allattare al seno potrebbe garantire una protezione dalle malattie cardiache.
Ad esaminare i potenziali benefici dell’allattamento materno è stata un’equipe di studio dell’Università di Pittsburgh che ha focalizzato i loro studi su circa 140.000 donne in menopausa.
In media per queste donne erano passati 35 anni dall’ultima volta che avevano allattato eppure i risultati della ricerca avrebbero dimostrato un effetto protettivo che durerebbe per decine di anni. Secondo quanto riferito sulla rivista specializzata Obstetrics and Gynaecology, aver allattato anche solo per pochi mesi garantirebbe una protezione da ipertensione, diabete e ipercolesterolemia.
“Abbiamo concluso che le donne che hanno allattato al seno per almeno un anno sarebbero meno esposte del 10% al rischio di ammalarsi di patologie cardiovascolari anche dopo molti anni”, ha spiegato Eleanor Bimla Schwarz, autrice dello studio.
Non solo, l’allattamento avrebbe anche favorito una riduzione del 20% del rischio di colesterolo alto e diabete e del 12% di ipertensione. In che modo l’allattamento proteggerebbe il sistema cardiovascolare?
L’ipotesi più plausibile è che aiuterebbe l’organismo a bruciare grassi in eccesso a tutto vantaggio della salute di cuore e vasi sanguigni. Ma è anche probabile che l’effetto dell’allattamento sia molto più complesso e che il rilascio di alcuni ormoni giochi un ruolo fondamentale.
Tratto da: news.paginemediche.it
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Qui invece la FOLLIA degli enti a tutela della salute…si ma quella dei fatturati delle case farmaceutiche…
Leggete quali FOLLIE si cerca di far passare per verità…!
Ormai siamo alla pura follia: una “ricerca scientifica” del CDC (Center for Disease Control) ha stabilito che il latte materno impedisce ad un certo vaccino di funzionare al meglio nel corpo del neonato, e quindi. suggeriscono di evitare l’allattamento al seno.
La “ricerca” si intitola “Inhibitory effect of breast milk on infectivity of live oral rotavirus vaccines” (Effetto inibitorio del latte materno sulla infettività del vaccino orale rotavirus).
Una ricerca simile si domanda se il latte materno possa interferire con il vaccino rotavirus, mentre una terza conferma che la madre passi al bambino gli anticorpi per combattere il rotavirus tramite l’allattamento.
In altre parole, ci si lamenta che il latte materno impedisca di immunizzare il bambino, infettandolo intenzionalmente con il rotavirus, quando il bambino è già perfettamente in grado di distruggere il virus per conto suo.
La differenza, naturalmente, è che il latte materno non costa nulla, mentre il vaccino te lo vende la casa farmaceutica.
(NdR: Inoltre occorre dire che il rotavirus NON è la causa della diarrea, ma bensì il risultato, la conseguenza, quindi il vaccino NON serve ad eliminare la causa, anzi serve a produrre altri problemi di salute !)
Non vi ricorda niente, questo strano meccanismo perverso ? Pensateci bene.
Si crea il Problema, si attende la reazione e si propone la soluzione.
Solo che in questo caso hanno esagerato, perche’ nel mettere sotto accusa una cosa così universalmente valida, apprezzata e insostituibile come il latte materno, persino la più distratta della persone si accorge che c’è qualcosa che non quadra.
Ma loro se ne fottono e ci provano lo stesso. Ed hanno ragione a farlo: finche’ la gente non si ribella e li manda tutti a quel paese, loro hanno solo da guadagnarci. Al massimo non ci casca nessuno, ma si può sempre riprovare.
Ricordiamo che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.
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Come eliminare il latte materno, quando il bambino/a non lo vuole più
Bere una tisana di salvia. La salvia contiene estrogeni naturali che inibiscono la produzione di latte.
Si puo’ assumere in due modi:
– tisana: foglie di salvia, preparate in un infuso con latte e miele.
Bevete una tazza di infuso di salvia tre volte al giorno per ottenere i migliori risultati.
– tintura di salvia: una miscela contenente un po’ di alcol, pare sia più efficace della tisana.
Applicare sui seni impacco freddo di argilla o di cavolo durante il giorno e la notte.
Le foglie di cavolo fredde sono ottime, perché contengono una sostanza che blocca naturalmente la produzione di latte; sostituirle quando si seccano od appassiscono.
Non applicare fonti di calore sul seno congestionato. Il dolore aumenterebbe, così come la produzione di latte e soprattutto Non comprimere il seno.
Durante le prime notti, può capitare di perdere ancora molto latte, quindi arrotolate un asciugamano e tenetelo fermo sul petto indossando una maglietta aderente. In questo modo, il latte in eccesso sarà assorbito dall’asciugamano e non vi sporcherete troppo.
Esperienza di una mamma:
I primi due giorni ho lasciato il seno libero, senza fasciarlo e ho lasciato che il seno si abituasse a questo nuovo status. Mi spremevo il latte in eccesso solo quando sentivo il seno un po’ troppo teso e caldo.
Il seno non è mai stato dolorante o con ghiandole e vene in rilievo.
Se arrivate a questo stadio avete aspettato troppo a spremere. Per i primi giorni ho avuto bisogno di “allentare” il seno un paio di volte, avendo cura di sciogliere i nodulini di latte che si creavano.
Quando mi spremevo il seno lo facevo di solito sotto la doccia calda, per favorire lo scioglimento degli ingorghi. Inoltre massaggiavo anche con i pugni chiusi, dall’esterno verso il capezzolo…così da drenare il latte in eccesso e di “farlo scorrere” in maniera omogenea nei vari canali (così mi hanno insegnato al consultorio).
Quando spremete, cercate di drenare dalla base del seno, cercando di stimolare il meno possibile il capezzolo.
Vi sconsiglio di usare il tiralatte perché va a stimolare proprio il capezzolo, “cervello della produzione”. Usate le manine che sono anche più comode e uniche per andare a tastare proprio laddove c’è l’ingorgo.
Arrivata al terzo giorno, vedendo che le cose non miglioravano (forse esageravo con la spremitura) mi sono fasciata il seno con una sciarpa. Così per alcuni giorni, notte e giorno, anche se di notte spesso e volentieri si spostava.
Dal quinto/sesto giorno in poi ho iniziato a spremermi solo una volta al giorno. Mai tanto ma solo quanto basta per sciogliere tensione e/o eventuali ingorghi.
I piccoli ingorghi man mano sono calati ma, superata la settimana, ho avuto un po’ di scorramento, non lo nego. Ho quasi pensato di fare ricorso a queste benedette pastiglie: il latte era lì, non se ne andava; i seni non erano tesi ma pieni, con qualche pallina tattile all’interno. La fascia, dopo quasi una settimana mi ero rotta di metterla. Così ho provato a non spremermi più e a lasciare il seno così.
Beh ho avuto il seno dolorante per un 3/4 giorni – un po’ come quando crescono le ghiandole mammarie, all’inizio della pubertà – poi però basta !
Oggi, a distanza di due settimane dallo stop, il seno risulta molle al tatto, ancora un po’ infastidito ovviamente, ma non credo ci sia più latte dentro ormai. La produzione si è arrestata.
Per smettere di allattare senza usare le pastiglie ti consiglio di: non esagerare con le spremiture, ma solo quanto basta per togliere la tensione e il rossore (devi darci dentro per togliere l’ingorgo ! Non andare troppo per la leggera…)n fare delle docce calde mentre ti spremi il seno.
– evitare di smettere di allattare in prossimita’ del ciclo o dell’ovulazione: è un momento che favorisce la comparsa di ingorghi e tappi di latte
– evitare di smettere di allattare in estate: il seno va tenuto fasciato e fa caldo e meglio se coperto (così il bambino lo vede meno!).
Ve lo dico per esperienza , Io ho smesso in estate e in prossimità del ciclo, che mi ha fatto comparire un tappo di latte, risolto poi in un consultorio dove fanno sostegno all’allattamento (ma aiutano anche le mamme che stanno smettendo).
Se ne hai uno vicino, fatti aiutare: è gratis ed è un luogo dove conoscere e confrontarti con altre mamme.