MACELLAZIONE RITUALE e non degli ANIMALI e SALUTE
Il progetto DIALREL – http://www.dialrel.eu – segue gli aspetti etici e igienico-sanitari della macellazione rituale.
La macellazione religiosa rappresenta da sempre una questione controversa intorno alla quale si dibattono problemi legati al benessere animale, alle diverse tradizioni culturali e ai diritti umani. In Europa (EU) esistono notevoli differenze per quanto riguarda il tipo di pratiche permesse e in uso. La legislazione in merito alla macellazione religiosa è, a questo proposito, piuttosto confusa. Da sottolineare, inoltre, il crescente interesse su questo tema da parte dei consumatori.
vedi: Diritti + Campagna “Investigazione nei macelli” + Dossier in italiano dell’indagine nei macelli europei + Foto dei macelli+ Video della macellazione dei conigli + Alimentazione Crudista
Per chi comunque, vuole mangiare carne e/o salumi piu’ salubri di quelli industriali:
Cliccare QUI
Per chi vuole vedere come si macella in occidente un’animale da mangiare veda questo video:
Le vera Bestia: http://laverabestia.org/play.php?vid=2030
vedi: Consigli Alimentari + Crudismo + Vegetarianesimo + Vegetariani 1 + Vegetariani 2 + Germogli
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La PULCE nell’ORECCHIO
Articoli e riflessioni con il preciso scopo di mettere il dubbio -con l’informazione- sulla solidita’ di diffuse certezze o distrazioni sui nostri consumi o sui servizi di cui usufruiamo.
MORS TUA, VITA MEA ?
Per completare la rassegna della normativa italiana piu’ recente sul trattamento degli animali, cominciata il 15 febbraio scorso con il Decreto legislativo 388/98 (trasporto degli animali), e proseguita il 1 marzo con i Decreti legislativi 331/98 e 534/92 (sulle condizioni di allevamento rispettivamente dei vitelli e dei suini), e’ oggi la volta del D.Lgs.333/1998 –
http://www.aduc.it/pulce/archivio/20010315allegato1.html – che si occupa della “protezione degli animali durante la MACELLAZIONE o l’ABBATTIMENTO”, in ottemperanza a una direttiva europea.
Poiche’ il decreto parla da se’, come chiunque puo’ verificare, mi limito a un’avvertenza e a poche osservazioni. L’avvertenza: Come ho gia’ detto altre volte -ma ricordarlo mi pare indispensabile-, quando una legge stabilisce un determinato comportamento, cio’ significa che esso, per quanto ritenuto necessario per il buon andamento di quella certa societa’, non verrebbe seguito spontaneamente. La legge, dunque, puo’ essere considerata la spia attendibile di un diffuso comportamento contrario a quello che adesso viene solennemente stabilito dal legislatore. Ma il fatto che esista una legge non garantisce del tutto che sia davvero scomparso quel comportamento che essa ha proibito, ne’ che siano completamente rispettate le norme adesso imposte, specialmente in ambienti in cui si e’ di solito al riparo da occhi “indiscreti”, come sono senz’altro i macelli. In questo caso specifico, poi, se e’ vero che nell’87% dei macelli italiani non si trova il tempo per fare una pulizia adeguata (denuncia del CONAZO ripresa dal “Sole 24 ore” del 24.11.2000), sara’ un’illazione pensare che non ci sara’ neppure la cura e l’attenzione necessarie per rispettare gli animali nei loro ultimi momenti di vita?
Le osservazioni:
1. Questo decreto ci mette a confronto con la morte. E morte violenta. Provocata a esseri senzienti molto simili a noi, per soddisfare cio’ che chiamiamo nostri “bisogni”.
2. Al di la’ delle suggestioni colpevolizzanti a cui, a volte, tende -non so con quale risultato- la pubblicita’ di alcune associazioni “animaliste”, c’e’ una possibilita’, dentro di noi, di far posto a questa semplice domanda:
DI CHE COSA – CHE PROVIENE DAL MONDO ANIMALE- noi, qui, in questa precisa parte del mondo e con le informazioni di cui disponiamo per uscire da eventuali abitudini anche nocive o comunque superflue, ABBIAMO DAVVERO NECESSITA’ per vivere bene ?
3. Una volta anche solo immaginata la sofferenza che c’e’ dietro a prodotti di origine animale che esigono la soppressione violenta della bestia, ci possiamo assumere la responsabilita’ di continuare a consumarli con la disinvoltura di prima?
4. E infine: possiamo dire di sapere davvero che cosa accade nel momento della morte – e della morte violenta – in un essere senziente ? E che cosa puo’ passare al nostro corpo – al nostro essere – nel caso in cui ci cibiamo di esso? E sarebbe proprio assurdo chiederci anche se la sofferenza e la morte violenta imposta con superficialita’ a esseri certamente innocenti possa diffondere nell’atmosfera materiale e psicologica della terra un qualche effetto negativo ?
E ora veniamo al Decreto 333/98. Che, ricordo, intende essere a tutela della “protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento”, ma che comincia subito con una serie di deroghe alla sua applicazione, fra le quali spicca quella nei confronti degli “animali abbattuti in occasione di manifestazioni culturali o sportive”
(art.1, comma b).
Dalla lettura del titolo sorge un’immediata domanda: che differenza c’e’ fra macellazione e abbattimento ?
Lo spiega l’art. 2 comma 1.
L’ABBATTIMENTO e “qualsiasi procedimento che produca la morte dell’animale”, mentre la MACELLAZIONE e’ “l’uccisione dell’animale mediante dissanguamento”.
Nello stesso articolo si precisa anche che lo STORDIMENTO e’ “qualsiasi procedimento che, praticato sugli animali, determina rapidamente uno stato di incoscienza che si protrae fino a quando non intervenga la morte”.
Lo stordimento e’ obbligatorio per gli animali da carne, salvo il caso della macellazione rituale, di cui si fara’ cenno alla fine.
Bisogna tenere presente che questo decreto si occupa dell’uccisione di tutti gli animali sia per alimentazione (allegati A, B, C e D) sia da pelliccia (allegato F), cosi’ come dell’abbattimento degli animali affetti da malattie (allegato E) e dell’eliminazione dei pulcini ed embrioni in eccedenza (allegato G). La normativa, comunque, sembra occuparsi piu’ di tutto del rispetto degli animali da macello, perche’ ai macelli e alle operazioni sugli animali dentro di essi si riferiscono gli articoli 3 e 4 dove si ripete di “risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili”. Si occupa ancora “delle operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione o abbattimento” l’art. 7, che parla del personale addetto per dire che esso deve “essere in possesso della preparazione teorica e pratica necessaria a svolgere tali attivita’ in modo UMANITARIO ED EFFICACE”. All’abbattimento degli animali da pelliccia e’ dedicato espressamente solo il comma 2 dell’art.10, che rimanda all’allegato F, dove il linguaggio e’ esclusivamente tecnico. Comunque, di questo argomento ci si occupera’ in un prossimo futuro.
L’art.14, infine, esige che le carni provenienti da un paese terzo (rispetto alla UE) siano accompagnate da un’attestazione che garantisca che gli animali sono stati “macellati nel rispetto di condizioni almeno equivalenti a quelle previste dal presente decreto”. Ben quattro dei sette allegati si riferiscono agli animali da macello.
Le modalita’ da seguire durante lo scarico degli animali dai camion e la loro eventuale sosta nelle stalle dei macelli sono stabilite dall’allegato A, in cui si dispone anche la macellazione immediata (e comunque non oltre le due ore dall’arrivo) degli animali non svezzati e di quelli che hanno accusato sofferenze o dolori durante il trasporto. L’abbattimento sul posto e’ richiesto anche per gli animali che non sono in grado di camminare, proibendo il punto I/6 di trascinare questi animali fino al luogo della macellazione. In alternativa all’abbattimento immediato e se l’operazione “non comporta alcuna inutile sofferenza” questi animali possono essere trasportati su un carrello fino al locale per la macellazione d’emergenza.
L’all. A raccomanda anche di non spaventare, eccitare o maltrattare gli animali nella fase di scarico, e aggiunge che “gli animali non devono essere sollevati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello in maniera che causi loro dolori o sofferenze inutili”. Scariche elettriche, di non piu’ di due secondi e applicate soltanto ai muscoli posteriori, sono consentite solo per i bovini adulti e i suini che rifiutano di muoversi.
Per gli animali trasportati nei contenitori, lo stesso allegato (punto III/1) stabilisce che tali contenitori siano maneggiati con cura e che NON DEBBANO ESSERE GETTATI O LASCIATI CADERE A TERRA O ROVESCIATI. IMMOBILIZZAZIONE Se ne occupa l’allegato B, stabilendo che essa deve avvenire in modo da “risparmiare dolori, sofferenze, agitazioni, ferite o contusioni evitabili” (punto 1), e che “gli animali non devono essere legati per le zampe ne’ devono essere sospesi prima di essere storditi o abbattuti”.
Per i volatili da cortile e i conigli, che possono essere sospesi prima di essere storditi, il punto 2) stabilisce che “siano in uno stato di rilassamento tale che l’operazione (di stordimento) possa effettuarsi efficacemente e senza inutili indugi”.
STORDIMENTO E ABBATTIMENTO PER GLI ANIMALI DIVERSI DA QUELLI DA PELLICCIA
Se ne occupa l’all.C, nel quale si indicano i metodi consentiti per le due operazioni. Per lo stordimento, che “non deve essere praticato se non e’ possibile l’immediato dissanguamento degli animali” (punto II), sono ammessi 4 metodi:
1. pistola a proiettile captivo
2. commozione cerebrale
3. elettronarcosi
4. esposizione al biossido di carbonio
Il primo metodo, lo SPARO DI UN PROIETTILE che deve penetrare nella corteccia cerebrale e che poi ritorna al suo posto, e’ riservato a bovini, ovini e caprini; il secondo, chiamato PERCUSSIONE, che “e’ ammesso soltanto se si utilizza uno strumento a funzionamento meccanico che procuri una scossa al cervello” (cioe’ una botta in capo), “senza la frattura del cranio” pare piu’ usata per animali piccoli, come i conigli.
L’ELETTRONARCOSI, a sua volta, puo’ essere usata in modi diversi: o con l’applicazione di “elettrodi intorno al cervello in modo da consentire alla corrente di attraversarlo”, o con i bagni d’acqua , metodo impiegato per i volatili da cortile, che, appesi per le zampe a dei ganci, abbiano la testa a diretto contatto con l’acqua attraverso cui passera’ la scarica di corrente, a una intensita’ tale “da garantire che l’animale passi immediatamente a uno stato di incoscienza persistente fino alla morte”.
Vi e’ infine L’ESPOSIZIONE AL BIOSSIDO DI CARBONIO, trattamento che pare riservato ai suini, i quali vengono fatti entrare in una cella in cui e’ stato immesso il biossido di carbonio.
“Essi devono essere convogliati il piu’ rapidamente possibile dalla soglia al punto di massima concentrazione di gas ed essere esposti al gas per un tempo sufficiente per rimanere in stato di incoscienza fino a che la morte sopraggiunga”.:
DISSANGUAMENTO L’allegato D precisa che “per gli animali storditi, l’operazione di dissanguamento deve iniziare il piu’ presto possibile dopo lo stordimento, in modo da provocare un dissanguamento rapido, profuso e completo. Il dissanguamento deve essere effettuato prima che l’animale riprenda coscienza” (punto 1). Il dissanguamento avviene per “recisione di almeno una delle due carotidi o dei vasi sanguigni che da esse si dipartono”, dopo la quale “non vanno effettuate altre operazioni sugli animali ne’ alcuna stimolazion elettrica prima della fine del dissanguamento” (punto 2). Il punto 3 prevede che “il responsabile dello stordimento, impastoiamento, carico e dissanguamento degli animali, deve eseguirle consecutivamente su un solo animale prima di passare a un altro animale”. Per i volatili da cortile, infine, si precisa che il dissanguamento puo’ avvenire “mediante decapitazione eseguita automaticamente” e in tal caso “dev’essere possibile l’intervento manuale diretto in modo che, in caso di mancato funzionamento del dispositivo, l’animale possa essere macellato immediatamente” (punto 4).
La normativa si premura, dunque, di assicurare che gli animali storditi passino immediatamente alla morte (dissanguamento), ma non puo’ sfuggire che, almeno nel caso dei volatili e dei suini, che vengono storditi tutti insieme in grandi quantita’, cio’ non e’ materialmente possibile per i singoli animali, tranne che per il primo.
Tutti gli altri dovranno comunque aspettare un certo lasso di tempo, che puo’ non essere poco, il tempo che occorre alla macchina decapitatrice o al singolo macellaio di fare, animale dopo animale, il loro lavoro.
E dunque, anche ammesso che gli operatori dei macelli si attengano scrupolosamente alla legge, non e’ impossibile che alcuni di questi animali si ridestino dallo stordimento e quindi debbano soffrire due volte, invece di una.
Nell’allegato C, il capitolo III da’ disposizioni per l’ABBATTIMENTO riservato alla grossa selvaggina d’allevamento e i cervidi, per i quali va usata la pistola o il fucile a proiettili liberi, e i volatili da cortile che, in alcuni casi, possono essere uccisi per “decapitazione e dislocazione del collo”. Vi e’ inoltre previsto un altro mezzo, il “cassone a vuoto”, metodo riservato all’abbattimento senza dissanguamento (in particolare per selvaggina d’allevamento come quaglie, pernici e fagiani).
Prima di trattare la macellazione rituale, mi sembra giusto spendere qualche parola sull’ELIMINAZIONE di PULCINI IN ECCEDENZA, di cui si occupa l’art. 10 (comma 3), che parla di “pulcini di un giorno” e l’allegato G. Questi pulcini possono essere abbattuti con due sistemi. Il primo e’ “un dispositivo meccanico che produca una morte rapida”, che consiste di uno strumento “munito di lame a rapida rotazione o protuberanze di spugna”. Il secondo metodo consiste nell’esposizione al gia’ citato biossido di carbonio, con la disposizione che restino nell’atmosfera satura del gas finche’ non siano morti.
La MACELLAZIONE RITUALE Di essa si occupa l’art. 2 (comma 1/h), la’ dove il decreto parla dell’autorita’ competente per il controllo sulla macellazione (Ministero della sanita’, servizio veterinario della regione o provincia autonoma, veterinario ufficiale …), per dire subito che “tuttavia per le macellazioni secondo determinati riti religiosi, l’autorita’ competente in materia di applicazione e controllo delle disposizioni particolari relative alla macellazione secondo i rispettivi riti religiosi e’ l’autorita’ religiosa per conto della quale sono effettuate le macellazioni; questa opera sotto la responsabilita’ del veterinario ufficiale per le altre disposizioni contenute nel presente decreto”.
Il successivo comma 2 stabilisce che “i titolari degli stabilimenti di macellazione presso i quali si intende macellare secondo determinati riti religiosi comunicano all’autorita’ sanitaria territorialmente competente, per il successivo inoltro al Ministero della sanita’, di essere in possesso dei requisiti prescritti”.
Essa non prevede lo stordimento preventivo e quindi l’animale si trova vis-a’-vis con la morte.
Rimandando, per una trattazione piu’ ampia, all’ALLEGATO MACELLAZIONE
RITUALE – http://www.aduc.it/pulce/archivio/20010315allegato2.html – concludo con due domande che mi sembrano legittime: perche’ lo Stato acconsente a una deroga, sia pure in nome della liberta’ religiosa, la’ dove la sensibilita’ generale ha ritenuto necessario, piu’ rispettoso per gli animali, alleviare loro la paura e l’esperienza diretta della morte, ed eliminare il dolore fisico facendoceli arrivare storditi ?
Dato che lo “sgozzamento rituale” fu certamente, al momento della sua introduzione, una forma di eutanasia, per quale motivo le religioni ebraica ed islamica non accettano di rimettere in discussione questo metodo che oggi, invece, sembra essere soltanto crudele ? Prima, pero’, di scagliarsi su ebrei e islamici, come se fossero gli unici responsabili di ogni crudelta’ sugli animali, come capita di sentire e di vedere dove si parla dell’argomento, e’ bene che chi e’ ebreo e islamico non osservi bene tutto il suo comportamento – diretto o indiretto – che provoca sofferenze agli animali.
(Annapaola Laldi)
Commento sulla Macellazione Rituale (NdR):
si e’ mai verificata la piu’ o meno nocivita’ (salubrita’ o meno) NON dissanguando l’animale a mezzo sgozzamento, sui fisici di coloro che se ne cibano ???
NO ! assolutamente ! nessuno studio scientifico e’ stato effettuato IN TAL SENSO, si e’ seguita l’onda emozionale del non far soffrire l’animale….come se fosse un’essere che non capisce che lo stanno uccidendo….si prega di andare a vedere cio’ che succede nei macelli……. ESSI SANNO che vanno a morire, ma non potendo opporsi…..accettano non sempre supinamente il loro sacrifizio ! se volete NON far soffrire gli animali DIVENITE vegetariani ! e NON fate gli IPOCRITI, chiedendo di stordire l’animale, prima di ucciderlo ! VERGOGNA !
vedi: Diritti degli Animali
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METODO di MACELLAZIONE HALAL – vedi: Cucina araba
Il taglio
Prima però di passare alla descrizione di queste due tipologie di carni, è opportuno illustrare le caratteristiche di entrambe.
La forma e la particolare consistenza della carne bàladi è dovuta al fatto di essere stata ritagliata nel corpo di un animale abbattuto da poco tempo. Quando si procede al taglio, la carne dell’animale è ancora pulsante, non è passata allo stadio di rigor mortis. Subito dopo l’uccisione quindi, pur essendo molto tenera, la carne ha una consistenza gelatinosa che la rende difficile da lavorare con il coltello. Il macellatore – che spesso è anche l’abbattitore – non taglia secondo regole fisionomiche, ma si limita a ritagliare nel corpo dei pezzi di grandezza variabile, cercando di mantenere un’accettabile proporzione osso-grasso-carne.
Pur non seguendo, come farebbe un vero tagliatore, le forme di un modello preciso, non si può dire che il taglio venga eseguito «come viene viene». In questo caso, il macellaio non ha in mente l’immagine di una forma precisa, ma tenta di dare ai pezzi un aspetto che renda evidente una struttura equilibrata: un osso circondato da uno spesso strato di carne rosea, lucida e leggermente gelatinosa, una carne morbida che cola sotto il peso di un sottile strato di grasso schiumoso.
L’abbattitore-tagliatore-venditore di carne lavora nel caldo, nella polvere, nell’animazione sonora del suk, così distante dall’universo freddo e buio nel quale opera il macellaio urbano. Il suo obiettivo non è quello di tagliare staccando dalla carcassa forme ben definite che possano testimoniare della sua perfetta perizia nell’uso dei coltelli.
Ambulante più che bottegaio, richiama i passanti con il suono dei coltelli che arrota di continuo; ciò che vuole è mostrare agli occhi curiosi e affascinati dei clienti che si accalcano davanti al suo banco i colori della carne, della polpa dell’animale, la sua straordinaria freschezza.
La carne rùmi viene invece tagliata da un macellaio che sceglie, per ognuno dei pezzi che intende ottenere, lo strumento adatto per il taglio. Bistecche, girelli, costine, coscia e altri arrosti sono tagli di carne lucida come cera, rosso vivo, asportati da carcasse passate ormai allo stato di rigor mortis nelle celle frigorifere dei mattatoi, come impone la normativa marocchina. Grazie a una lama bene affilata e a una buona conoscenza delle fibre e delle articolazioni delle parti, la carne “maturata” per 48 ore si taglia come burro.
La particolare lucentezza dei pezzi bàladi, la loro estrema freschezza, attraggono spontaneamente l’occhio verso una materia nella quale non sembra ancora del tutto esaurita la forza vitale. Proprio per questo, allo scopo di mantenere nella carne le prerogative che il rigor mortis ha cancellato del tutto dagli animali abbattuti che vengono acquistati, i macellai urbani hanno messo a punto dei tagli che mimano il pezzo bàladi e che possono essere descritti come segue: messa a nudo, con taglio trasversale, di un osso centrale (preferibilmente roseo, per testimoniare della giovane età e della freschezza dell’animale) sotto uno strato di carne ricoperta da una sottile pellicola di grasso, di cui si riproduce l’aspetto fondente tagliando una sorta di frangia a punta che viene lasciata ricadere fuori dal banco di esposizione.
Pur utilizzando le tecniche di taglio rùmi, e rispettando la normativa che impone la vendita di carne “frollata”, il macellaio urbano che riserva metà del suo banco di esposizione ai tagli in stile bàladi soddisfa il bisogno visivo di una opulenza che promette a chi mangerà la sensazione di sazietà e appagamento.
La carne halal, proposta nelle macellerie marocchine nel sud-ovest della Francia, è spesso tagliata e venduta da ex-agricoltori riconvertiti nel settore del commercio. La loro conoscenza intuitiva del mestiere di macellaio è ispirata a un sincretismo originale che in Marocco non si spinge mai fino al punto della fusione.
La carne halal, dunque, non è soltanto il prodotto di un particolare rituale di uccisione dell’animale, ma anche il risultato di un saper fare originale che le conferisce l’odore, la consistenza tipici. La questione assume una portata sociale ed economica importante, dal momento che non è possibile considerare l’evoluzione del mercato della carne halal soltanto in rapporto al rispetto, o meno, delle pratiche religiose da parte delle popolazioni musulmane.
Tratto da: slowfood.it
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METODO di MACELLAZIONE EBRAICA
La macellazione ebraica: un metodo rispettoso verso la sofferenza degli animali che ha più di tremila anni di storia.
La tradizione religiosa ebraica è crudele con gli animali ?
E’ veramente paradossale che l’ebraismo si trovi sul banco degli imputati sotto le accuse degli animalisti.
L’antichità dei documenti ebraici emerge con tutta evidenza rispetto alla giovane età dei movimenti animalisti, ma questo non impedisce a questi ultimi l’esercizio dello zelo, del dogmatismo e spesso del disprezzo nei confronti dei primi. Per rinfrescare la memoria, è bene ricordare alcune delle cose che la Torà insegna sul rispetto dovuto agli animali: nei Dieci comandamenti gli animali domestici hanno il diritto al riposo sabbatico come ogni essere umano (Shemot 23:12); l’integrità del corpo animale va protetta ed è proibito tagliare un membro da un corpo animale vivo, per potersene cibare (Bereshit 9:4, secondo l’interpretazione rabbinica); bisogna aiutare l’animale che stramazza sotto un carico pesante (Shemot 23:5); un animale che sta arando non deve avere la museruola che gli impedisca di mangiare (Devarim 25:4); non si aggiogano specie diverse insieme per lavori agricoli (Devarim 22:10); l’asina di Bil’àm riceve il dono della parola per protestare contro il padrone che la sta frustando (Bemidbar 22:28); la tradizione rabbinica sancisce la proibizione del tza’ar ba’alè chaiim, la sofferenza degli animali, ad esempio permettendo persino con certe avvertenze la mungitura di shabbàt se l’animale sta soffrendo perché ha le mammelle gonfie e non può allattare; non ci si siede a tavola se prima non si è dato da mangiare ai propri animali domestici; la caccia, come forma di divertimento, è quasi del tutto estranea alla cultura ebraica; e la lista potrebbe continuare.
La shechità rientra in questo quadro generale di rispetto. Noi riteniamo che sia il modo migliore e finora insuperabile per infliggere la minore sofferenza possibile all’animale che viene macellato per l’uso alimentare delle sue carni. Ma bisogna essere onesti fino in fondo quando si afferma questo principio. Alcuni animalisti non dogmatici ci obiettano: “d’accordo, noi riconosciamo che il vostro metodo è un buon metodo, ma non è il migliore; se, come voi dite, la shechità serve a ridurre le sofferenze dell’animale e noi riusciamo a dimostrare che ce n’è un altro migliore, per coerenza dovreste preferire quest’ultimo alla shechità”.
La risposta ebraica si basa su questi argomenti: a tutt’oggi non c’è nessuna dimostrazione scientifica inoppugnabile della superiorità di altri sistemi rispetto alla shechità.
La macellazione ebraica – e qui deve esserci chiarezza e onestà da parte nostra – viene eseguita così e non può né potrà essere eseguita diversamente, perché se è vero che serve a ridurre le sofferenze animali è anche e soprattutto vero che la tecnica è quella che viene adottata in virtù di un comando divino trasmesso dalla tradizione: “…e sacrificherai come ti ho comandato” (Devarim 12:21). Quindi la shechità è prima di tutto un rito religioso e per questo motivo se ne chiede il rispetto; e siccome – come noi riteniamo – non comporta speciali sofferenze all’animale, anzi, a nostro giudizio le risparmia notevolmente, non c’è alcun motivo di proibirla, al contrario il suo impiego va tutelato e incoraggiato.
Cos’è lo “stordimento” e perché non è accettabile.
La differenza tra i metodi previsti dalla legge e la shechità è nell’uso di quelli che vengono chiamati metodi di stordimento.
Prima si applicano questi metodi e poi l’animale viene ucciso. Teoricamente i metodi sono di quattro tipi: uso di un proiettile sparato nel cervello; elettroshock; anestesia con farmaci; gassazione con Argon o anidride carbonica.
Chiamare stordimento il primo metodo è un eufemismo; l’animale viene semplicemente abbattuto con un colpo in fronte di una pistola speciale. L’halakhà (la regola) proibisce certamente l’uso del proiettile prima della shechità, perché l’animale sparato, con una parte di cervello distrutto, è tarèf, non corrisponde cioè ai criteri minimi di integrità anatomica richiesti per un animale prima della macellazione (genericamente rendono tarèf l’animale i difetti che lo porterebbero alla morte in breve tempo).
Contro chi difende questo metodo (di gran lunga il più comune) si obietta che molto spesso lo sparo è impreciso, che l’animale rimane più paralizzato che inconscio, che comunque l’eventuale incoscienza ha durata temporanea e potrebbe finire prima che si dia la morte all’animale con altri metodi; che lo sparo scatena una scarica di adrenalina con conseguente vasocostrizione e riduzione di sanguinamento dopo la recisione dei vasi (e quindi un danno per le carni); in epoca di “mucca pazza” c’è poi il rischio che l’agente infettante, che di solito colonizza il cervello, possa diffondersi con lo sparo a tutto il corpo.
Anche l’elettroshock non rappresenta una pratica ideale. L’halakhà non lo accetta perché può provocare danni di vario tipo all’integrità dell’animale, che lo rendono tarèf. Ma a parte questo è molto discutibile il risultato di incoscienza che si vorrebbe produrre. Intanto perché l’elettroshock è una crudeltà di per sé, come ha dimostrato per decenni l’esperienza psichiatrica sull’uomo; poi perché molto spesso l’apparecchiatura non funziona bene e le variabili che ne dovrebbero garantire il successo sono troppe; infine perché non è dimostrato che l’animale perda veramente la sensibilità o non la riacquisti prima che sia ucciso in altro modo.
L’anestesia con farmaci non viene praticata comunemente soprattutto perché si rischia di mettere in commercio carni con residui del farmaco.
La gassazione consiste nel far passare l’animale in una camera chiusa dove respira un gas che gli dovrebbe far perdere coscienza; il risultato (incoscienza) però non è sicuro e potrebbe essere di breve durata; talora l’animale potrebbe anche morire per effetto dell’esposizione al gas. Se si potesse garantire l’incoscienza da una parte e l’integrità fisica dall’altra ci potrebbe essere una maggiore disponibilità della halakhà per questo metodo; ma si è ancora lontani da un’esperienza di valore attendibile.
Quali sono i vantaggi reali della shechità e come si risponde alle obiezioni dei detrattori?
Molto sinteticamente: la shechità non può essere una pratica “selvaggia”. Richiede anni di esperienza, studio, esercizio e la sua pratica è esclusivamente affidata a figure professionali che vengono continuamente ricontrollate.
Parte essenziale della tecnica è l’affilatura del coltello, che non deve avere la minima intaccatura percettibile sul polpastrello e sull’unghia, in corrispondenza della soglia di percezione del dolore dei tessuti molli e della trachea che vengono tagliati con la shechità.
Il modo di tagliare, tangente, senza pressioni, senza soste, è funzionale al risultato di assenza di dolore.
Il taglio, con la fuoriuscita abbondante del sangue, provoca un improvviso calo di liquidi circolanti, nel sistema venoso e arterioso, con conseguente crollo della pressione e del funzionamento del sistema cerebrale.
C’è grande discussione sulla possibilità che dopo il taglio la sensibilità si mantenga a lungo. Ma i metodi per dimostrare questo dato sono solo indiretti e mai determinanti. Si parla molto dell’elettroencefalogramma, che dimostra una attività elettrica cerebrale prolungata anche dopo il taglio; ma il fatto che ci sia l’attività elettrica non significa che ci sia percezione del dolore o che ci sia o meno la vita; un paziente anestetizzato sottoposto a un intervento chirurgico continua ad avere attività elettrica nel cervello, ma non sente dolore.
Un altro tema di grande discussione riguarda la possibilità che il cervello possa continuare a ricevere sangue dopo il taglio. Questo perché la shechità taglia le arterie carotidi, ma risparmia le altre due arterie che portano sangue al cervello, le arterie vertebrali. Anche negli esseri umani ci sono le carotidi e le vertebrali, che alla base del cervello comunicano tra di loro (formando una struttura chiamata poligono di Willis) che ha lo scopo di garantire sempre l’arrivo di sangue al cervello anche se una via si interrompe. Il paragone con l’anatomia umana ha però un senso molto parziale. Questo perché l’anatomia umana e quella di bovini, ovini e caprini (i tre grandi gruppi che vengono sottoposti a shechità) è un pò differente: al posto del poligono di Willis c’è una struttura con scopo analogo, la rete mirabile; carotidi e vertebrali concorrono a portare sangue al cervello e formare la rete mirabile, ma il loro incontro è prima del cervello.
Per questo se si lega la carotide e si impedisce che porti sangue al cervello, il suo lavoro sarà fatto dall’arteria vertebrale.
E’ quello che dicono gli animalisti: se si taglia la carotide il sangue arriverà comunque attraverso la vertebrale. Ma qui c’è l’errore, perché un conto è legare, e un conto è tagliare.
Se si taglia la carotide, tutto il sangue che dovrebbe arrivare attraverso di essa al cervello si perde, mentre il sangue che prende la strada della vertebrale non arriva lo stesso al cervello, perché dopo che è sboccato nella carotide a valle del taglio, per motivi di pressione, torna indietro e esce anch’esso dal taglio (Fig. 1 C). Così si è potuto dimostrare con metodi sperimentali.
In conclusione, con una polemica faticosa e difficili studi sperimentali è possibile dimostrare che per il momento non ci sono prove certe che la shechità faccia soffrire di più gli animali. Qualcuno usa questo argomento per vantare la superiorità scientifica della nostra tradizione. Forse è meglio evitare questo tipo di argomenti e lasciare al piano della fede le nostre certezze.
Ma almeno possiamo stare tranquilli, nelle nostre coscienze, di possedere un metodo rispettoso e sempre all’avanguardia, malgrado la sua età più che trimillenaria. E ovviamente diffidare delle passioni e degli estremismi contro la macellazione rituale, e di tutto ciò che possono nascondere. Non dimentichiamo che in più di duemila anni di presenza ebraica in Italia, è stata proibita solo al tempo delle leggi razziali. E che, come insegnava rav Kook, un eccessivo rispetto per gli animali deve essere considerato con diffidenza perché può rivelare un minore rispetto per gli esseri umani.
* Rav Riccardo Di Segni, oltre ad essere Rabbino Capo di Roma, è anche un eminente medico
Per saperne di più: I. M. Levinger, Shechità in the Light of the Year 2000, Maskil L’David, Jerusalem 1995
R. Di Segni, Guida alle regole alimentari ebraiche, Lamed, Roma 1996 nel capitolo sulla Shechità.
Tratto dal sito www.shechitauk.org curato da un’organizzazione ebraica inglese, con continui aggiornamenti scientifici.
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La vergognosa macellazione rituale; Non devono esistere tradizioni, culture, religioni, riti o quant’altro che non prevedano il rispetto degli animali – 15-01-2005 – Fonte: Marcello Paolocci
Tratto da: www.promiseland.it
Per macellazione rituale si intende quel particolare tipo di macellazione secondo i riti islamico ed ebraico, che richiedono, tra l’altro, l’uccisione dell’animale tramite iugulazione senza preventivo stordimento. In Italia, oggi, questa possibilità viene recepita tramite il Decreto 333/98 che detta le norme relative al trattamento degli animali prima e durante la macellazione: ci sono alcuni casi, come ad esempio appunto la macellazione rituale, in cui è concessa la possibilità di non stordire l’animale prima di ucciderlo, come invece dovrebbe avvenire a norma di legge in tutti i casi di macellazione industriale.
Se da una parte la commistione di etnie e culture diverse che si sta verificando in questi anni in Italia è certamente una cosa che arricchisce sotto diversi punti di vista, non si può accettare che in nome di una diversità culturale si introducano in Italia delle pratiche tradizionali che provocano la sofferenza degli animali destinati alla macellazione.
Così come per alcune pratiche tradizionali straniere, come l’infibulazione o la poligamia, che la morale e l’etica corrente ne impediscono la diffusione nel nostro paese, così deve essere per la macellazione rituale.
E’ bene ricordare che i diritti degli animali devono essere validi in tutti i paesi del mondo e in particolar modo il loro diritto alla non sofferenza va difeso dappertutto. Non devono esistere tradizioni, culture, religioni, riti o quant’altro che non prevedano il rispetto degli animali.
Commento (NdR):
E’ evidente che questo articolo e’ stato preparato da una persona poco competente !
1. Nella nostra legislazione esiste una deroga all’obbligo di stordimento dell’animale (decreto n. 333/98) che stabilisce che “lo stordimento dell’animale prima della macellazione o l’abbattimento istantaneo non si applicano alle macellazioni che avvengono secondo i riti religiosi”.
In particolare il decreto n. 168 del 1980 già autorizzava la macellazione senza preventivo stordimento a condizione che venissero “adottate tutte le precauzioni atte ad evitare il più possibile sofferenze ed ogni stato di eccitazione non necessario”.
- Per il completo e totale rispetto dell’animale, NON bisogna ucciderlo per mangiarlo !ma se ci si vuole cibare anche di carne e pesce occorre assolutamente seguire delle precise Leggi Naturali e di Salubrita’, che gli antichi ns. progenitori conoscevano e che il “moderno homus stupidus”, ha dimenticato a favore di un falso pietismo e farisaismo; per chiarezza dialettica e’ come dire che l’emotivita’ nelle ideologie provoca il fanatismo religioso, come anche nel caso di colui che ha scritto questo testo evidentemente dettato dall’emotivita’ nel quale la ragione viene ad essere completamente estromessa !!!
- Chi parla come questo individuo, non conosce la realta’, non ha mai visto gli animali che vengono portati al macello….andateci per favore prima di parlare in quel modo; l’animale sa’ che lo stanno per uccidere, in un qualsiasi modo !! infatti lo “dice nella sua Lingua” con i suoi suoni…..e con la riottosita’ a farsi legare !Il macello, dovrebbe in qualsiasi luogo esso sia, essere adibito con appositi luoghi adibiti a tale scopo e con norme igieniche appropriate a norma di legge.
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La sgozzatura con lama affilatissima senza alcuna intaccatura, che taglia senza lacerare, e’ un tocca sana, per colui che mangia carne animale, per il fatto che l’animale elimina molto piu’ sangue che nella macellazione “ufficialmente protetta dalla legge” perche’ il cuore pompando anche nel momento della sgozzatura aiuta questa eliminazione, nel sangue dell’animale (come in quello umano) vi sono “registrate” come nei grassi, tutte le malattie dell’animale stesso e di quelle dei suoi antenati + l’alto tenore di adrenalina nel sangue dell’animale per la sua certa consapevolezza di essere ammazzato !; quindi eliminare dai tessuti e dagli organi piu’ sangue possibile DEVE essere prima funzione nella macellazione, per salvaguardare la salute di coloro che se ne cibano.
Se la sgozzatura dell’animale (sospeso a testa in giu’ oppure in piedi e poi la carcassa si posiziona in orizzontale), DEVE essere effettuata da un tecnico competente (in genere trattasi di un rabbino, per la shechità, che e’ proprio specializzato a compiere questo rito e/o di un medico veterinario per il rito halal), il cervello dell’animale NON recepisce il dolore per il fatto che e’ un’azione istantanea che recide non solo l’arteria principale, ma anche molti nervi che immettono nel cervello le informazioni dalle varie parti del corpo.
5. L’animale una volta deceduto, dopo qualche minuto (da 1 a 3 minuti a seconda della dimensione) viene rizzato a testa in giu’ per far defluire ancora meglio il sangue e successivamente viene aperto, le interiora vengono rimosse, e nel caso di una seria ed esperta macelleria, queste NON vengono utilizzate per l’alimentazione umana. Poi si procede alla sezionatura delle varie parti.
La macellazione (shechità) e la preparazione delle carni secondo il rito ebraico, che si chiama kasher, aggiunge anche la salatura della carne in una tinozza di acqua, lasciando tutta la notte in ammollo, questo per eliminare il residuo di sangue che e’ rimasto nel muscolo.
Gli antichi inoltre effettuavano (dialetticamente) un ringraziamento all’animale che dava la sua vita per l’uomo. Non credo che nei macelli cristiani e non, cio’ venga effettuato…..6. SOLO cosi’ si dovrebbe agire anche per salvaguardare la salute di coloro che si cibano delle carni animali e non sono vegetariani.
Il resto sono solo chiacchiere senza senso e senza logica ne’ ragione, ma con tanta emotività !Commento NdR: Ma per stare sempre bene e guarire dalla malattia molto meglio la Dieta Crudista !