Negli ultimi 40 anni si sono infatti accumulate importanti evidenze che suggeriscono che l’alimentazione rivesta un ruolo importante nello sviluppo delle varie patologie cronico-degenerative che affliggono le popolazioni del mondo con sviluppo di tipo occidentale.
Il collegamento tra alimentazione e cancro è stata oggetto di diverse e lunghe indagini ora giunte ad una importante fase di svolta conclusiva.
Studi degli anni ‘60, innumerevoli studi casi-controlli avviati a partire dagli anni ‘70, i grandi studi prospettici basati su questionari alimentari e con banca biologica iniziati negli anni ‘80 e infine gli studi di intervento alimentare avviati negli anni ‘90 hanno condotto alla conclusione che le neoplasie sono prevenibili con modificazioni sostenibili della alimentazione giornaliera. Altre importanti evidenze si sono accumulate in campo cardiovascolare e delle patologie degenerative con l’avvio in alcuni paesi di programmi di pianificazione sanitaria con interventi di prevenzione alimentare.
Ma in Italia sulla Prevenzione Alimentare, continua la latitanza del Ministero della Salute e dell’apparato Sanitario, mentre continua il disorientamento dei consumatori, mentre l’allarmismo assume tinte ridicole e fosche !
Questo problema e’ molto ampio ed e’ assolutamente indispensabile che il Governo italiano intervenga, altrimenti dovremo ricorrere ancora una volta in materia di Sanità alla Giustizia affinché richiami ognuno alle sue responsabilità !
Guardate la pubblicità; poi controllate quello che vi mettete nel piatto; spesso le marche più prestigiose offrono prodotti che per grassi contenuti ed altri ingredienti sono un inno all’obesità che è l’anticamera a malattie a volte molto devastanti.
Con la Prevenzione alimentare certamente alleggeriremmo di presenze gli ospedali e guadagneremmo noi in salute; alimentarsi in modo corretto è più semplice di quello che spesso si è portati a pensare e non comporta particolari rinunce, ma ne trae beneficio la nostra Salute.
vedi: Prevenzione Sanitaria
Questi i cibi consigliati ed utilizzati in diversi studi clinici:
CEREALI INTEGRALI, specialmente Riso integrale e/o semi integrale – avena, orzo, miglio, ecc.
LEGUMI: azuki, lenticchie, ecc. – SOlA, comunque con parsimonia essendo un legume, nei suoi derivati tradizionali come TOFU chiamato impropriamente “formaggio” di soia che è un alimento proteico – TEMPEH: derivato dalla fermentazione della soia alimento proteico – MISO: pasta di soia ottenuta dalla fermentazione naturale, molto ricca di enzimi
SEMI LINO (un cucchiaino al giorno: per chi è vicino alla menopausa e ha le scalmane contribuisce a diminuire questi sintomi e inoltre migliora la funzionalità dell’intestino) – GIRASOLE – ZUCCA – SESAMO molto ricco di calcio – in oriente si usava per curare le fratture- NOCI – BACCHE – tutti i frutti contenenti i semi, fragole, ecc.
WAKAME – KOMBU – ALGHE (azione potente nell’equilibrare la pressione arteriosa)
CRUCIFERE (cavolo, broccoli, cime di rapa, ravanelli, rucola, ecc..)
Alimenti a basso indice glicemico
per non alzare l’insulina usare solo quelli come uva passa, frutta o malto di riso e orzo.
Alimenti che favoriscono il buon funzionamento dell’insulina
Olio di fegato di merluzzo – grassi OMEGA 3 sembra che questi grassi svolgano una azione specifica sulla cellula fluidificando la parete, contenuti in:
PESCE – SEMI di LINO ed altri semi
vedi: Consigli alimentari + Tracciabilità dei Cibi + Molecole Buone = Cibo adatto
Ricordiamo che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.
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Ancora truffa al servizio sanitario nazionale Italiano – Gennaio, 2004
Per come la vedo io, non e’ lo SSN ad essere truffato, ma i consumatori che pagano le tasse e le persone che hanno bisogno di cure. L’Ssn e’ solo il mezzo per la quale questa truffa viene perpetrata.
Ecco a voi un altro caso di malasanità.
Arrestati a Manfredonia un farmacista e un informatore per danni al SSN (Servizio Sanitario Nazionale), corruzione, falso (ideologico e materiale) e comparaggio. Continuano a crescere casi come questo, come quello dello scorso febbraio dove fù scoperto un giro di corruzione di 3000 medici da parte degli informatori della Glaxosmithkline Spa. E’ già, perché sono le multinazionali i “mandatari”.
Quando i medici torneranno ad avere amore per la loro professione e cura dei loro pazienti ?
Perché non vengono accusati anche per i danni alle persone ? (in questo caso specifico erano “solo” ricette false) Calcolando gli effetti collaterali dei farmaci e il fatto che vengono prescritti senza nessuna necessità, queste persone dovrebbero essere processate per tentato omicidio.
Tutti, dai medici, agli informatori, ai dirigenti delle multinazionali. Altro che truffa, questo è un vero e proprio crimine contro l’uomo, prima ancora che contro il consumatore.
Forse così, i medici dallo scarso spirito morale ci penseranno 2 volte, quando un informatore bussera’ alla loro porta promettendo questo e quello ! BASTA – Dissociatevi da queste pratiche !
Il business farmaceutico della malattia ha coinvolto tutti i settori del Servizio Sanitario.
Una pratica come questa, ormai diffusa su larga scala, è un crimine contro l’umanità.
Tratto da: http://www.newmediaexplorer.org/ivaningrilli/2004/01/23/ancora_truffa_al_servizio_sanitario_nazionale.htm
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“Si sente sempre più spesso parlare di – allergie alimentari, intolleranze ed allergie – ma la confusione è tanta, anche se si tratta sempre di disturbi provocati dall’incontro tra il nostro corpo e il cibo”.
Le prime due condizioni sono facilmente verificabili attraverso degli specifici esami di laboratorio che rivelano la presenza delle immunoglobuline coinvolte in molte reazioni allergiche nel caso di intolleranze quali celiachia e lattosio. Ci sono poi alimenti che provocano sintomi quali cefalea, disturbi gastrointestinali, affaticamento cronico, disturbi cutanei che non possono essere diagnosticati né come allergia né come intolleranze.
A lungo andare ciò può provocare dei problemi che il nostro corpo non è più in grado di compensare. Per questo tipo di disturbo alimentare non ci sono ancora esami diagnostici scientificamente convalidati.
I cambiamenti sociali economici e culturali degli ultimi decenni sono considerati le cause primarie del manifestarsi di nuove emergenze sanitarie ed ambientali che destano preoccupazione, tant’è che in occasione della Conferenza Internazionale sulla Nutrizione del 1992 e del Summit Mondiale sull’Alimentazione del 1996, la disponibilità di alimenti salubri e sicuri è stata ritenuta un diritto fondamentale. Nel gennaio 2000, l’Unione Europea ha predisposto il “Libro bianco per la sicurezza alimentare” che individua 84 azioni prioritarie, distribuite in 19 aree strategiche di intervento (contaminanti, salute animale, igiene, nuovi prodotti alimentari, pesticidi, etichettature, nutrizione, ecc.) con lo scopo di proteggere la salute del consumatore controllando l’intera catena alimentare.
Coerentemente alle indicazioni del libro bianco, la nuova riforma della Politica Agricola Comune (PAC), approvata il 26 giungo 2003, ha dato nuovo impulso alle produzioni di qualità ed i pagamenti diretti agli agricoltori saranno condizionati dal rispetto delle norme in materia di salvaguardia ambientale, sicurezza alimentare, sanità animale e vegetale e protezione degli animali, come pure all’obbligo di mantenere la terra in buone condizioni agronomiche ed ecologiche.
Di pari si avverte la necessità di perseguire una buona educazione alimentare, mirata ai piccoli consumatori e alle loro famiglie e finalizzata a migliorare nel tempo lo stato di salute. E’ indubbio che la scuola, con il coinvolgimento attivo di insegnanti, alunni e famiglie può senza dubbio svolgere un ruolo fondamentale per l’acquisizione di strumenti e capacità per una sana educazione alimentare.
Sono stati individuati e descritti gli obiettivi di salute e per ciascun obiettivo sono stati enunciati i traguardi da raggiungere e le azioni da privilegiare:
– miglioramento del contesto ambientale per gli alimenti
– potenziamento dell’attività relativa allo scambio rapido di informazioni sulla sicurezza alimentare,
– sistema di allerta nazionale e comunitario, con particolare riferimento ai prodotti alimentari di importazione” – monitoraggio della qualità igienico-sanitaria degli alimenti somministrati in ambito di ristorazione pubblica e collettiva.
– verifica dell’attività di autocontrollo da effettuare su tutta la filiera alimentare”,
– promuovere azioni di sensibilizzazioni presso istituti scolastici per la campagna di prevenzione alimentare attraverso il finanziamento di iniziative concrete per favorire la cultura e la diffusione della prevenzione alimentare.
L’Unione Europea ha predisposto il “Libro bianco per la sicurezza alimentare” che individua 84 azioni prioritarie, distribuite in 19 aree strategiche di intervento (contaminanti, salute animale, igiene, nuovi prodotti alimentari, pesticidi, etichettature, nutrizione, ecc.) con lo scopo di proteggere la salute del consumatore controllando l’intera catena alimentare.
Coerentemente alle indicazioni del libro bianco, la nuova riforma della Politica Agricola Comune (PAC), approvata il 26 giungo 2003, ha dato nuovo impulso alle produzioni di qualità ed i pagamenti diretti agli agricoltori saranno condizionati dal rispetto delle norme in materia di salvaguardia ambientale, sicurezza alimentare, sanità animale e vegetale e protezione degli animali, come pure all’obbligo di mantenere la terra in buone condizioni agronomiche ed ecologiche.
Alla luce di queste info, Cosa fai tu caro lettore per prevenire le tue malattie ? In questo Portale trovi TUTTE le informazioni adatte per Stare sempre bene e/o guarire dalle tue malattie: vedi Cure naturali + Alimentazione
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PREVENZIONE ALIMENTARE delle MALATTIE ALLERGICHE: VALUTAZIONE di CASISTICA raccolta nell’arco di 4 ANNI
By Mario Colombo, Barbara Elsi, Tullia Porrati, Luigi Angelo Magni – Unità Operativa di Pediatria, Presidio ospedaliero di Rho (Milano)
L’allergia alimentare è una patologia emergente, ampiamente studiata e dibattuta in questi ultimi 15-20 anni, anche a seguito dell’aumento della sua incidenza e della estensione dei quadri clinici di presentazione noti 1-2.
Nel vasto ambito delle reazioni avverse agli alimenti distinguiamo le intolleranze alimentari, ovvero forme non immunologicamente mediate, a loro volta suddivisibili in enzimatiche, quando il quadro clinico dipende dalla compromissione dell’efficienza di un enzima coinvolto nel metabolismo dell’alimento in questione; farmacologiche, quando le manifestazioni dipendono da un effetto di tipo farmacologico esplicato da una sostanza presente naturalmente o aggiunta agli alimenti (la tiratina presente nei formaggi fermentati) ; infine reazioni non definite.
Con il termine allergia alimentare si definisce, invece , una reazione avversa mediata da un meccanismo patogenetico di tipo immunologico.
La forma più frequente è probabilmente quella IgE mediata, propriamente responsabile della reazione atopica (meccanismo di 1° tipo); mentre le vie non IgE si realizzano tramite altre classi anticorpali (meccanismo di 2° tipo), o la formazione di immunocomplessi (meccanismo di 3° tipo), o l’attivazione di linfociti T (meccanismo di 4° tipo). La possibilità che si manifesti una reazione di tipo allergico dopo l’assunzione di un alimento, dipende innanzitutto dalle caratteristiche intrinseche delle proteine contenute nell’alimento stesso, ovvero dalla loro struttura , peso molecolare, termostabilità e affinità di legame con le IgE; ma è anche influenzata da una serie di fattori estrinseci, che rendono relativa e non assoluta la potenzialità atopica del nutriente 3.
Tra questi:
– la precocità di assunzione dell’alimento nella dieta del bambino;
– l’età del bambino, direttamente proporzionale al processo di “chiusura” della mucosa intestinale nei confronti di macromolecole integre potenzialmente allergizzanti e al grado di maturità della risposta immunologica sia locale che sistemica 2;
– la predisposizione familiare atopica;
– la presenza di patologie intercorrenti, quali gastroenterite acuta, resezione chirurgica intestinale, enteropatia allergica, deficit di IgA, stenosi ipertrofica del piloro, reflusso gastro-esofageo, distrofia, disturbo della digestione,fistola tracheo-esofagea e presenza di sondino naso-gastrico, ognuna delle quali in grado di facilitare il passaggio in circolo di proteine alimentari intatte.
Il latte materno dovrebbe rappresentare l’unica fonte di nutrimento per il neonato e per il lattante nei primi mesi di vita. Peraltro l’utilizzo di formule derivate dal latte vaccino ha portato ad una profonda modificazione nelle abitudini alimentari del lattante, giocando probabilmente un ruolo decisivo nella emergenza di allergie alimentari 4.
E’, infatti, l’allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) la manifestazione atopica più comune nella prima infanzia, con incidenza variabile, nei diversi studi, fra lo 0.5% ed il 7.5% 2-5. E’ soprattutto la ß-lattoglobulina, sieroproteina contenuta nel latte vaccino, responsabile delle reazioni allergiche, sebbene tutte le proteine, inclusa la caseina, siano potenzialmente allergizzanti 6.
Le manifestazioni cliniche possono principalmente interessare:
– l’apparato gastrointestinale: enteropatia allergica ( vomito,coliche, diarrea, stipsi con più o meno grave malassorbimento).
– la cute: con eczema, episodi di orticaria recidivante ed angioedema.
– l’apparato respiratorio (sede più rara nei primi anni di vita): con tosse, bronchiti recidivanti ed episodi di broncospasmo.
Lo stesso bambino può presentare contemporaneamente sintomi a carico di più organi e apparati; inoltre il quadro clinico può modificarsi, sia per sede come per intensità, nel tempo7. 6. La conferma diagnostica definitiva richiede sempre la dimostrazione di una relazione causa/effetto tra l’alimento presunto e la sintomatologia.
Una buona anamnesi, un’attenta osservazione clinica e l’eventuale supporto di una diagnostica di laboratorio, aiutano il pediatra nella diagnosi differenziale. Con l’inizio della dieta di eliminazione si assiste, in un arco di tempo variabile, alla remissione completa della sintomatologia, alla quale segue un graduale declino della potenzialità di reagire immunologicamente all’alimento: Host e coll.8 hanno osservato che la sintomatologia allergica scompare entro un anno nel 56% dei bambini a dieta adeguata, entro due anni nel 77% e tre anni nel 90 % dei casi.
Tuttavia, soprattutto nelle forme IgE mediate, tali reazioni allergiche possono persistere per diverso tempo, evolvendo verso manifestazioni cliniche meno eclatanti rispetto a quelle di esordio 9 Nelle stesse forme IgE mediate è anche più alta la probabilità di sviluppare reazioni allergiche verso altri cibi (poliallergie alimentari), così come la possibilità di manifestare una sitomatologia nei confronti degli inalanti negli anni successivi 10.
Tutto questo può comportare un peggioramento dello stato di salute del bambino, che si accompagna non solo ad un disagio familiare in termini economici e di gestione, ma anche ad un aumento del distress emozionale del piccolo paziente, a causa di ripetute visite specialistiche, ricoveri ospedalieri, ridotta frequenza scolastica, limitata partecipazione agli sport e conseguente isolamento sociale. Risulta pertanto doveroso intervenire non solo nei confronti di una patologia allergica che si è già resa manifesta, ma cercare anche di individuare e, se possibile, agire sui principali fattori di rischio che ne facilitano l’insorgenza in termini preventivi. In ultima analisi lo sviluppo di una malattia allergica dipende dall’interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali: è ormai da tempo risaputo che una storia familiare positiva per atopia predispone il bambino allo sviluppo di malattie allergiche10.
E’ così che un’adeguata prevenzione sui lattanti a rischio si potrebbe basare sul contenimento della esposizione nei confronti di sostanze inalanti e alimenti potenzialmente allergizzanti.
Il latte materno rappresenta, sicuramente, il mezzo migliore di prevenzione alimentare delle malattie allergiche, per il suo contenuto di fattori immunologici e trofici che proteggono e che favoriscono la maturazione della mucosa enterica del neonato e del lattante.
Diversi studi condotti tra gli anni 70 ed 80, hanno dimostrato una minore incidenza di malattie allergiche nei neonati allattati al seno, rispetto a quelli alimentati con latte vaccino formulato, soprattutto se l’allattamento esclusivo materno era mantenuto per almeno 6 mesi 5.
Tuttavia è possibile per il lattante, soprattutto se ad elevato rischio atopico, sensibilizzarsi a proteine alimentari veicolate dal latte materno: a riguardo Kilshaw e coll.11 hanno dimostrato la presenza di ß-lattoglobulina e di proteine dell’uovo nel latte umano a distanza di 4-6 ore dalla loro ingestione.
Ancora, Hattevig e coll. 12 hanno messo a confronto l’incidenza di dermatite atopica in bambini con familiarità positiva per allergie, alimentati al seno con nutrice a dieta libera, rispetto a quelli alimentati da nutrice con dieta priva di latte vaccino, uova e pesce per almeno 4 mesi: i risultati hanno confermato una ridotta incidenza di malattia allergica ad un anno di età nei lattanti del primo gruppo (10% rispetto 28%).
Qualora non sia possibile l’allattamento materno, sempre a scopo preventivo, potrebbe essere opportuna la somministrazione di particolari latti formulati, purchè questi sappiano rispettare le esigenze nutrizionali, metaboliche e psicologiche del bambino, oltre a quelle immunologiche richieste dal caso specifico caso 3. In tale ambito, una categoria di latti molto utilizzata è rappresentata dalle formule ipoallergeniche (HA), caratterizzate da un’idrolisi parziale delle proteine, associata o meno a loro esposizione al calore. Le componenti sottoposte a trattamento possono essere le sieroproteine, oppure miscele di sieroproteine e caseina, con formazione di peptidi che possono superare un peso molecolare di 5.000 Dalton.
Il vantaggio di questi latti a ridotta allergenicità è quello di mantenere un buon sapore ed un costo ridotto.
Syed e coll.13 hanno in effetti constatato una diminuzione dell’incidenza di reazioni allergiche in bambin,i con familiarità positiva, messi in profilassi, per i primi 9 mesi di vita, con un latte semi idrolisato rispetto ai casi controllo. Tuttavia la maggior parte degli Autori, concordando nell’affermazione che i peptidi ad elevato peso molecolare contenuti nei latti HA possano stimolare sia una sensibilizzazione che lo sviluppo di una sintomatologia atopica, nei bambini ad alto rischio familiare, consigliano l’utilizzo, a fini preventivi, di latti idrolisati spinti 2-4.
A riguardo Oldaeus 14 mette a confronto, in casi con elevata familiarità allergica, diversi schemi di allattamento: esclusivo al seno con madre a dieta libera, semi idrolisato (HA), idrolisato spinto, latte di soia e latte vaccino formulato.
I suoi risultati confermano che solo somministrando un latte idrolisato spinto si ottiene una efficace prevenzione dell’allergia alimentare. Questi ultimi (latti idrolisati propriamente detti) sono formule che si caratterizzano per un’idrolisi spinta delle proteine, tali da portare, quale risultato,a peptidi di peso molecolare inferiore a 5.000 Dalton e ad aminoacidi singoli.
Le proteine sottoposte ad idrolisi possono essere le sieroproteine (Alfarè, Hypolac, Nutrilon Pepti, Nutrilon Pepti Plus), oppure la caseina (Nutramigen, Pregestimil, Polilat), infine miscele di soja e collagene suino (Pregomin). Questi latti non contengono lattosio tranne Nutrilon Pepti e Nutrilon Pepti Plus, i quali, pertanto, si dimostrano più completi dal punto di vista nutrizionale anche per differenziazione degli apporti delle due formule in funzione dell’età del bambino 2-15. I latti di soia e di capra, non trovano oggi alcuna indicazione nella prevenzione dell’allergia alimentare, a causa della facile emergenza di sensibilizzazione alle loro proteine, nonché alla scarsa adeguatezza nutrizionale 16-17 .
Per verificare quanto espresso in precedenza, nella nostra divisione pediatrica, dal gennaio 1998 al settembre 2001, sono stati reclutati 50 neonati controllati ambulatorialmente a 6, 12 e 24 mesi di vita, con alto rischio familiare atopico, sottoposti ad un programma di prevenzione dietetica e profilassi ambientale.
Sono stati inclusi nello studio solo bambini ad elevato rischio , ovvero con due genitori atopici, oppure un genitore e un fratello, almeno uno dei quali affetto da forma clinicamente importante e comunque con prick test e / o rast positivi. L’allattamento al seno esclusivo, con nutrice a dieta priva di latte vaccino, derivati del latte, uova, pesce di mare e frutta secca (ovvero gli alimenti che più frequentemente possono scatenare una reazione allergica nei primi mesi di vita) è stato incoraggiato per tutti i neonati e raccomandato sino al 6° mese, consigliando alle madri una supplementazione quotidiana di calcio e vitamine.
Nei casi in cui il latte materno non fosse disponibile o sufficiente è stato indicato un allattamento con latte idrolisato di siero proteine (Nutrilon Pepti fino al 4° mese e Nutrilon Pepti Plus fino al 6° mese di vita . Nessun altro alimento è stato introdotto prima di tale termine. Dopo i 6 mesi di età la nutrice passava a dieta libera e/o si introduceva nel lattante un comune latte di proseguimento, associati all’inizio dello svezzamento.
Quest’ultimo è stato modulato e controllato in base a principi validi per ogni bambino, ovvero scegliendo i tempi in successione di introduzione di ogni nuovo alimento in modo direttamente proporzionale all’importanza nutrizionale ed inversamente proporzionale alla potenzialità allergizzante del nutriente 3 . Alla prevenzione alimentare è stata associata una profilassi ambientale consistente nel:
. evitare il fumo passivo (diversi studi hanno dimostrato un aumento di IgE non solo nel sangue di adulti fumatori, ma anche nei bambini con genitori fumatori 18);
– evitare che il bambino venga in contatto con allergeni inalanti domestici: acari della polvere ed epiteli di animali ;
– ritardare dopo i tre anni l’inserimento in comunità infantili (effetto favorente le malattie allergiche da parte di precoci infezioni enteriche e respiratorie).
Inoltre è stata aggiunta una profilassi dermo-cosmetologica basata sull’utilizzo di prodotti privi di sostanze potenzialmente allergizzanti attraverso il contatto cutaneo.
Sono state considerate espressioni cliniche di fallimento della procedura preventiva le seguenti malattie: dermatite atopica, orticaria ed angioedema; nonchè broncospasmo e disturbi gastrointestinali, con eventuale presenza di sangue occulto positivo nelle feci, non riferibili a infezioni virali o batteriche intercorrenti. Dei 50 bambini reclutati 6 sono stati esclusi per mancata aderenza alle indicazioni, 15 sono stati seguiti fino a 6 mesi, 12 lattanti fino a 12 mesi e i rimanenti 17 bambini fino a 24 mesi. In tutti i soggetti esaminati le condizioni generali, i parametri di accrescimento e l’evenienza di patologia comune del lattante non si sono discostati da quanto prevedibile in rapporto all’età ad ulteriore riprova che l’allattamento esclusivo sino al 6° mese, anche con l’impiego di idrolisato di sieroproteine, è perfettamente idoneo a soddisfare le esigenze nutrizionali del bambino. Le analisi dei risultati clinici da noi ottenuti ha evidenziato che
. dei 15 bambini seguiti per 6 mesi, solamente 1 (7%) ha sviluppato eczema;
. dei 12 casi osservati per un anno, 2 (16%) hanno avuto un episodio di bronchite asmatica;
. dei 17 bambini valutati per 2 anni, 5 (29%) hanno sviluppato sintomatologia di tipo atopico: in particolare un caso di eczema, un altro di orticaria ricorrente, un bambino con eczema associato a bronchite asmatica ed infine due soggetti affetti da sola bronchite asmatica.
La significatività di questi numeri va pesata attraverso due differenti confronti di dati rintracciabili in letteratura: in primo luogo paragonando i nostri risultati con quelli ottenuti in programmi di prevenzione, quanto più possibile, sovrapponibili al nostro modello in termini di grado di:
– rischio atopico familiare
– tipo di alimentazione della nutrice
– caratteristiche del latte artificiale somministrato
– epoca di svezzamento
– tipo di svezzamento
inoltre confrontando la percentuale dei nostri casi con manifestazioni cliniche di tipo atopico, nonostante l’applicazione corretta del programma di prevenzione stabilito, con il rischio atopico prevedibile di una popolazione paragonabile per familiarità sulla quale non è stato attuato alcun provvedimento preventivo. Zeiger e coll. 19 somministrando latte materno, con nutrice a dieta controllata, associato o meno ad un idrolisato di caseina per i primi 6 mesi di vita, in 108 bambini con spiccata familiarità allergica, hanno osservato una incidenza di manifestazioni atopiche a 12 mesi del 16% contro il 27% dei casi controllo.
Vandenplas e coll 20 hanno somministrato a 32 bambini con significativa familiarità allergica un idrolisato di siero-proteine per i primi 6 mesi di vita: l’incidenza di manifestazioni atopiche a 6 e 12 mesi è stata, rispettivamente, del 6 % e 21%, contro il 40% e 48% dei casi controllo. Hide e coll 21, per 9 mesi, hanno messo in profilassi, tramite dieta controllata alla nutrice ed eventuale idrolisato di siero-proteine, 58 lattanti a rischio atopico: l’incidenza di reazioni allergiche a 12 e 24 mesi è stata rispettivamente del 12% e 15% , rispetto al 40% e 48% dei controlli. In assenza di provvedimenti preventivi il rischio prevedibile di sviluppare una patologia allergica entro i primi due anni di vita, in bambini ad elevato rischio familiare atopico, rilevabile dai dati della letteratura, risulta del 25-40% nei primi 6 mesi, 30 45% a 1 anno di vita e 40 55% a 24 mesi 6-13-20-21-22-23.
E’ così che i risultati delle nostre osservazioni si pongono quale conferma dell’efficacia nel prevenire o almeno ritardare l’insorgenza di una patologia allergica nei primi anni di vita attraverso l’attuazione di precisi provvedimenti preventivi .
Tale programma comporta però un impegno realizzativo per la famiglia, dei costi supplementari per i latti idrolisati, oltre al rischio di innescare uno stato di iperprotezione sul bambino da parte dei genitori: pertanto, per tutti questi motivi, riteniamo che debba essere riservato solo ai soggetti con alto e documentato rischio familiare di atopia (che non costituiscono più del 4-5% dei neonati) e debba essere basato su un solido rapporto di fiducia tra la famiglia ed il medico che ne cura l’attuazione.
Tratto da: http://www.babysntmilupa.it/sntarticoli/cscientifico/105csc01m.htm
Commento NdR:
Quello che non viene sottolineato con sufficiente enfasi in questo studio, è il grave DANNI dei Vaccini che essi determinano anche sull’apparato gastro intestinale e quindi su quello immunitario, ingigantendo il problema della malNutrizione cellulare, quindi le malattie dette impropriamente “allergiche” aumentano spropositamente, anche in coloro che si cibano meglio degli altri.
Anche ogni tipo di “fanatismo” anche nel campo dell’alimentazione può produrre altri problemi….di malnutrizione, in certi soggetti.
Noi, come specialisti in Medicina Naturale, consigliamo a tutti i Vegetariani di nutrirsi almeno una volta alla settimana e con parsimonia, di qualche alimento con proteine animali, preferendo: uova, pesce, e/o carne di animali piccoli (come stazza, meglio i volatili). Ma ricordiamo sopra tutto di ridurre il latte ed i formaggi dalla propria alimentazione.
L’alimentazione è alla base di ogni tipo di malattia, che non derivi da traumi, avvelenamenti o da farmaci e vaccini, mangiate quindi POCHISSIMI carboidrati, aumentate la frutta e le verdure fresche (crude) ed eliminate i dolci – mangiate proteine animali (meglio pesce e carne di uccello e pochi formaggi) di tanto in tanto, e siate tendenzialmente vegetariani !
vedi: Consigli Alimentari + Crudismo + Vegetarianesimo + Vegetariani 1 + Vegetariani 2 + Germogli
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Tratto da: babysntmilupa.it