AGRICOLTORI che Protestano, quelli Sardi Falliscono
http://www.sapereeundovere.it/pericoli-ogm-rivelati-da-un-ex-scienziato-del-governo-degli-stati-uniti/
Monsanto condannata in Francia per avvelenamento !
http://www.greenews.info/rubriche/sentenza-storica-in-francia-monsanto-condannata-per-lintossicazione-di-un-agricoltore-20150914/
Francia: la rivoluzione parte dalle campagne – 25/06/2009
vedi: AGRICOLTORI SUICIDI per alti costi
India, echi di una strage (suicidi degli agricoltori, le cause) – 23/09/2016
http://temi.repubblica.it/micromega-online/india-echi-di-una-strage/
Al solito, tutto inizia in Francia. Come racconta Alessandro Cisilin, su Galatea European Magazine, le tradizionali spese parigine del sabato hanno incontrato il 13 giugno scorso una brutta sorpresa, coi supermercati semivuoti. Su iniziativa della Fnsea (“Fédération Nationale des Syndicats des Exploitants Agricoles”) e di Ja (“Jeunes Agriculteurs”) i contadini, armati di forconi, pale, trattori, cumuli di terra e perfino gli stessi carrelli dei supermercati, hanno completamente bloccato dal giovedì precedente i principali centri di smistamento della grande distribuzione. L’obiettivo dichiarato dal suo leader Lemétayer era bloccarne una trentina. Ne sono stati occupati quarantuno, e cioè oltre la metà delle fonti di approvvigionamento del paese.
Motivo della protesta, le contrazioni nel prezzo pagato dagli intermediari nell’ultimo anno, senza giustificazione nella crisi.
Spesso si dimentica infatti che nei momenti di difficoltà per l’economia gli sciacalli della finanza trovano ampi spazi per le loro manovre speculative. Quando tutto va giù è facile giocare al ribasso più di quanto la situazione non richieda e poi lucrare comprando a 1 quello che varrebbe 10. Quando oggetto delle contrattazioni sono quelle maniacali strutture di alchimia finanziaria, si può anche far finta di non vedere gli effetti che questo produce nell’economia reale; ma se a rimetterci – come in questo caso – sono i lattai e gli agricoltori è segno evidente che qualcosa debba cambiare.
Come puntualizza più che giustamente il giornalista: “La crisi c’è e, diversamente da quanto argomentato da qualche ministro europeo, non arricchisce i meno abbienti con meccanismi deflazionistici ma allarga e aggrava la povertà. La dimostrazione, tra le altre, é che i consumi alimentari, solitamente mattone indistruttibile rispetto alla congiuntura economica, si sono anch’essi sensibilmente ridotti”. Accade in Francia, accade in Italia, accade in tutto l’occidente civilizzato.
Ad essere malata non è, però, la sola rete della distribuzione, ma piuttosto l’intera struttura dell’industria alimentare. Da quando con l’avvento dei petrolchimici il settore agricolo ha ceduto il passo all’industria agroalimentare, con i derivati del petrolio ad intossicarci l’esistenza non solo attraverso i fumi delle fabbriche, ma nascosti nel cibo, considerati come un’inevitabile conseguenza della crescita forzosa delle economie, anche l’attività più antica del mondo si è trovata inevitabilmente a dover scendere a compromessi con le logiche sempre più aggressive del liberismo.
Tra le cause di distruzione degli ecosistemi la produzione di cibo risulta infatti essere al primo posto. Si continua a fingere di non comprendere che oltre a sfiancare il territorio le tecniche alimentari e, più in generale, l’onnipresente logica di sovrapproduzione svilisce il valore del cibo e di chi quel cibo plastificato lo consuma.
Accade così che l’uomo non sappia organizzare e gestire il territorio, ma lo usi semplicemente per i suoi scopi, in maniera indiscriminata e senza una prospettiva sostenibile né da un punto di vista strettamente agricolo né, tanto meno, da un punto di vista sociale. È necessario, invece, prendere coscienza dell’evidenza che la gastronomia non è intrattenimento, non consiste e non si esaurisce nel ricettario da cui sono invase riviste e rubriche televisive. La gastronomia è un atto politico, economico, etico. Anche la coltivazione e lo spostamento del cibo producono uno squilibrio nel pianeta, lo inquinano, ne esauriscono le risorse.
E nessuna delle innovazioni tecnologiche di cui la produzione si serve favorisce la qualità di quel che arriva sulle nostre tavole. Semplicemente aumenta la produttività di terreni, piante, animali già esauriti nella loro capacità di rigenerarsi naturalmente.
La qualità è un diritto e un valore, non un lusso, non un eccesso di cui solo pochi possono godere. Il cibo è salute, diventa parte di noi, siamo noi. Dunque com’è possibile che l’opinione pubblica ignori o superi agevolmente il problema di capire cosa c’è in quel che mangia e quali conseguenze produca il modo in cui si nutre? L’esperienza francese – ma più in generale il corso della storia – ci insegna che le grandi rivoluzioni iniziano dal basso e dalle piccole cose, similmente a quanto accade in natura.
Come l’innocuo getto d’acqua di una fonte di alta montagna arriva, passando per il fiume, ad esprimere la devastante forza di una cascata, così anche oggi gli agricoltori francesi, all’occorrenza, sanno uscire dai terreni e compattarsi in strada.
A muoversi stavolta sono stati almeno settemila. Proteste analoghe avevano indotto il governo a istituire il dicembre scorso un Osservatorio dei margini di profitto applicati dai distributori. Nulla però è cambiato nella tendenza a falcidiare i redditi agricoli.
Nei giorni della protesta i vertici della distribuzione hanno mobilitato i propri dipendenti in azioni di disturbo dei blocchi dichiarando al contempo che le proteste dei contadini non intaccavano l’offerta nei supermercati. Nella guerra delle cifre però parlano le fotografie e i video diffusi dai cittadini e dai lavoratori. Il blocco è riuscito al di là delle attese, e molti scaffali rinviavano a scenari bellici. Quando si dice l’arroganza del potere.
In Francia però gli intermediari agricoli hanno a che fare con una categoria di produttori che, seppur dispersa territorialmente e scarsamente sindacalizzata, quando s’incazza, si muove da far paura. “Come sanno alcuni storici – si legge nell’articolo – la Rivoluzione Francese non esplose nel 1789. Nacque tre secoli prima, quando i contadini di molti villaggi conquistarono la proprietà dei loro terreni e ottennero che l’amministrazione locale venisse affidata ad assemblee elettive, in alcuni casi perfino a suffragio universale. La successiva Rivoluzione non scaturì dunque dalla frustrazione dell’arretratezza bensì al contrario dal permanere anacronistico di alcuni privilegi nobiliari e clericali rispetto al tessuto sociale, economico e politico più avanzato d’Europa.”
Ora come allora appare impensabile continuare sulla strada fin qui percorsa. Le rivendicazioni, sempre crescenti, di giustizia e di equità sociale si integrano male e stonano tragicamente con il disegno che fa da sfondo alla nostra civiltà in questo frangente storico. Ci si interroga, infatti, sul come sia possibile che ci si preoccupi di spendere molti più soldi per un indumento che rimane all’esterno della nostra persona rispetto a quelli spesi per qualcosa che diventa nostra materia e sostanza. Il mercato, insomma, ha posto e imposto le proprie regole e il consumatore non ha tempo, mezzi o voglia di intervenire, di prendere coscienza, di agire in ogni piccolo atto della quotidianità in maniera globale. Mangiare cibi di stagione, non pretendere uniformità dalla produzione, abituarsi a consumare meno ma meglio, assicurarsi che non ci sia sfruttamento umano dietro il cibo che si compra è condizione sufficiente e necessaria per creare i presupposti per un’agricoltura più sana e più socialmente giusta; assicurarsi insomma di non lasciarci cadaveri e deserti alle spalle è il senso degli interventi che si dovrebbero attuare, a livello individuale prima e collettivo poi.
Come si legge nell’articolo “la stessa “Fédération d Commerce e de la Distribution” si è trovata costretta in poche ore a cambiare strategia, passando dall’ostentata sicurezza del nulla di fatto all’allarmismo, con la denuncia del rischio di un “crollo nelle forniture dei prodotti alimentari di base del cinquanta per cento”, nonché di conseguenze occupazionali”.
Alla conclusione dell’incontro ministeriale solo la metà delle occupazioni era terminata. Poi è arrivata la promessa del ministro dell’Agricoltura Barnier: “Generalizzeremo i controlli sui prezzi della grande distribuzione e sanzionerimo quando sarà il caso” – ha promesso – riconoscendo la “legittimità delle richieste contadine in materia di trasparenza sui costi” e annunciando un’apposita “brigata” governativa incaricata delle verifiche. Nei giorni successivi alla promessa governativa un’apparente calma è tornata a regnare nelle campagne francesi. Di nuovo, però, i sindacati hanno concesso un mese di tempo.
Dinanzi all’assenza di risultati reali non mancheranno alla promessa di tornare all’azione.
In Francia le rivoluzioni cominciano dalle campagne, sebbene il fatto sia caduto nell’oblio storico, oscurato dalle vicende settecentesche di Parigi. Ed è la terra il simbolo proclamato della sua moderna nazione, contro le tentazioni “etniche” e contro l’identificazione “di sangue” che cementa l’unità tedesca al di là del Reno. Nulla di strano che siano stati proprio gli agricoltori il mese scorso a suonare la carica della protesta, svuotando gli scaffali dei supermercati cittadini.
Proprio mentre la nuova manifestazione unitaria dei sindacati dell’industria e dei servizi registrava un relativo flop, la campagna sapeva far sentire la sua voce contro gli affaristi urbani dei prezzi alimentari. Con un miliardo di affamati nel mondo forse è il caso di prendere esempio da loro che di rivoluzioni ne sanno qualcosa.
By Ilvio Pannullo – Tratto da: ariannaeditrice.it
Ecco l’aiuto che le Comunita’ montane forniscono agli agricoltori coscienziosi.
Un contadino ci ha inviato questa segnalazione:
Buon giorno
Mi chiamo Silvano Rutigliano e sono il titolare di un’azienda agricola di circa 7 ettari, sita sull’Appennino modenese a Samone di Guiglia 700 m slm.
Voglio esporvi il mio caso perché ritengo che possa essere un precedente utile per tutti coloro che in futuro avranno il sogno di condurre un’azienda agricola secondo i metodi dell’agricoltura naturale. La questione di cui vi parlerò è ancora in atto ed ha degli aspetti paradossali.
Nel 2004, dopo un lungo tempo di ricerca, ho trovato un luogo dove realizzare il mio progetto aziendale, studiato e migliorato per anni: un’azienda agricola ad impatto zero, condotta con un’interazione di metodiche agrarie che vanno dall’agricoltura naturale (Masanobu F.), l’agricoltura biodinamica e la permacoltura. Il progetto prevedeva, tra il raggiungimento degli obbiettivi, dopo l’avviamento, la gestione a costo zero, non impiegando mezzi meccanici: quindi recupero dei semi, utilizzo del sovescio e delle consociazioni, largo uso della pacciamatura per ottimizzare l’impiego idrico. Con l’insediamento, essendo io allora 38 enne, chiesi di usufruire dei finanziamenti (B1 corrispondenti a 15.000 € a fondo perduto).
Ogni cosa procedeva al meglio fino a quel momento. Premetto che avevo rilevato terreni in stato di abbandono e quindi avevo la necessità di renderli produttivi senza denaturarne eccessivamente il naturale processo di bilanciamento, le prime colture sono state piccoli frutti, fragole in pieno campo, lamponi, ribes e ortaggi. Nel 2008 un perito dell’ente che mi aveva erogato l’anticipo del finanziamento mi ha mandato una lettera dicendomi che, a suo avviso, la mia azienda non era degna di ricevere il finanziamento perché in stato di abbandono, e mi contestava le colture dichiarate.
L’aspetto paradossale è questo. Mi venivano contestata una coltura del 2007 su di una perizia fatta in Aprile del 2008. nel 2007 ho coltivato Patate in pieno campo (quasi mezzo ettaro), le patate le ho piantate direttamente con la zappa senza lavorare il terreno, il campo era coperto d’erba ma sotto terra le patate sono cresciute bellissime e sane, questo perché il terreno era soffice, grazie anche ai ripetuti sovesci. Le patate sono state tutte raccolte entro ottobre del 2007, nell’Aprile del 2008 il perito è uscito per verificare le colture e ha trovato un campo zappato con le zolle erbosa visibili (avevo dovuto zappare perché dei mezzi pesanti (gip di cacciatori e fungaroli), senza il mio permesso, avevano pestato il terreno compattandolo eccessivamente), da qui ha tratto le sue conclusioni che le patate non c’erano mai state. Portava a conferma della sua affermazione le foto aeree fatte l’anno prima. A nulla è valso il mio invito a venire in azienda l’anno successivo a verificare come, pomodori, lattughe, patate, carote, crescevano in un campo con l’erba alta più di un metro e mezzo (ho tutta la documentazione fotografica).
Mi hanno contestato l’assenza di fatture di acquisto per l’anno 2007 (per gli anni precedenti ci sono tutte) dicendo che non credevano che non avessi speso un soldo per le sementi o il concime. Ho esibito una perizia del mio perito (dott.ssa Cristina Marello) e non l’hanno neppure degnata di uno sguardo. Per farla breve, mi hanno tolto i 15000 euro mettendomi in seria difficoltà. Ho contestato la loro perizia per sentirmi dire che non avevo nessun diritto. Così, con il rischio di dover chiudere l’attività (la mia azienda punta all’automantenimento e al reddito, onesto, per una persona, quindi 15000 € corrispondono al reddito di un intero anno, come si può verificare dalla dichiarazione dei redditi)
Mi sono rivolto ad un legale, anticipando delle spese e così, finalmente mi hanno dovuto riconoscere il diritto di fare ricorso. Il mio legale ha citato il responsabile della comunità Montana e tutti i referenti nella questione, per reati che vanno dall’abuso di potere, all’errata interpretazione di normative europee.
Tra non molto inizierà il processo al Tar ed ho bisogno di tutto l’aiuto possibile per fare valere il diritto di un coltivatore di adottare i sistemi che ritiene più opportuni per condurre la propria azienda agricola. Ho saltato nella narrazione alcuni passaggi, dove venivo accusato di essere un folle, di volere riportare l’agricoltura al medioevo, e anche di essere un disonesto con la sola intenzione di truffare del denaro. Assurdo. basta dare un’occhiata al mio curriculum vitae per rendersi conto della persona che sono e che ho tutte le competenze per fare quello che faccio così come lo faccio.
Perdonatemi per il tempo che vi ho rubato ma credo che la documentazione che ho ricavato, gli studi delle normative e della legislazione in vigore, possano essere utili per tutti coloro che, come noi, sognano un mondo più sano e naturale.
Vi chiedo di divulgare il mio caso, di muovere solidarietà e coscienza in cambio metto a disposizione tutto quello che ho appreso perché in futuro son si vengano a verificare più dei casi assurdi come il mio ( mi accusava di non sapere fare il mio mestiere e poi ammetteva di non capire niente di quelle teorie “originali” delle agricolture biologiche. E’ arrivato a dirmi un giorno “se lei alle sue piante vuole anche raccontargli le poesie sono fatti suoi ma non creda che noi siamo disposti a credere a roba del genere.
Noi ci basiamo solo su dei testi scientifici, lei ne ha per dimostrare quello che fa ?” Le ho portato dei volumi da leggere “la rivoluzione del filo di paglia” “L’agricoltura naturale” “principi di permacoltura” “l’agricoltura biodinamica” li ha tenuti sulla scrivania e me li ha restituiti dicendo che non aveva tempo per leggere altro, perché un diploma lo aveva già preso) Ora la superficialità e l’incompetenza di un tecnico rischiano di affossare un progetto bellissimo.
Perché la realtà è che mi trovo in seria difficoltà, la banca mi chiede di rientrare del debito entro dicembre 2010, questo vuole dire 1000 al mese da restituire e andiamo incontro all’inverno dove la mia attività è ferma.
Il giudice deciderà se devo o meno riavere quei soldi che mi spettano di diritto e sono ottimista, però che fatica.
Grazie ancora
By Silvano Rutigliano – azienda.rigale@libero.it
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Italy- In Sardegna, una delegazione del Comitato di lotta dei contadini e dei pastori esecutati (ovvero delle oltre 5000 aziende con la vendita all´asta), ha deciso di iniziare da domani uno sciopero della fame. Lo sciopero si terrà nel comune di Decimoputzu (il cui sindaco ha messo a disposizione la sala consigliare) e dove il comitato sta approntando nella giornata di oggi tutta la logistica.
Il comitato (di cui potete vedere la documentazione e le info e seguire nei prossimi giorni le attività nel sitowww.sovranitalimentare.net) ha inviato una lettera alle istituzioni sarde che trovate in allegato.
E´ un gesto estremo, quello dello sciopero della fame, che avvia una serie di azioni di lotta e di mobilitazione che continueranno fino a quando non averrà il blocco delle vendite e non si aprirà un percorso di soluzione ad una situazione insostenibile per decine di migliaia di contadini, pastori e braccianti sardi.
Facciamo appello alla solidarietà ed al coinvolgimento del movimento e dei cittadini. Vi chiediamo di inviare una lettera al presidente della Regione Sardegna (Soru) per appoggiare le richieste del Comitato.
Per leggere e inviare la lettera andate alla pagina http://www.soccorsocontadino.eu compilate il modulo e inviatelo. Arriverà nella sala consiliare del Comune di Decimoputzu dove il comitato di lotta è in presidio. Lo consegneremo a Soru.
Inviate anche, se potete, messaggi di solidarietà ai contadini in lotta, alla mail: sardegna@altragricoltura.net
Vi giro il comunicato/appello dei contadini:
Da martedì 2 Ottobre siamo in sciopero della fame.
La società e la politica abbiano il coraggio di affrontare la più grande emergenza nazionale dopo la crisi della PARMALAT
BLOCCO delle ASTE SUBITO:
GOVERNO E REGIONE CONCORDINO la MISURA sulla FINANZIARIA ed affrontino la più grave crisi agricola italiana dopo quella della Parmalat
Assemini (CA), 29.09.07 – Si è tenuta questa mattina la riunione del comitato di lotta degli esecutati presso la sede del Soccorso Contadino ad Assemini. La riunione ha valutato la situazione anche in relazione della riunione che una delegazione ha avuto insieme all’esecutivo nazionale di Altragricoltura ed alla struttura nazionale del Soccorso Contadino a Roma il 27 scorso con il Sottosegretario alle Politiche Agricole Dott. Stefano Boco. In quella riunione è stata valutata concordemente l’urgenza di un percorso e sollecitata l’apertura di un tavolo che veda insieme regione, governo nazionale e soggetti finanziari istituzionali.
Il comitato ha espresso una grande preoccupazione perchè, mentre la situazione degli agricoltori e dei pastori (e con loro dei braccianti) sardi si fa sempre più insostenibile, sembra, ancora una volta, calare una cortina di silenzio sui gravissimi effetti del disastro indotto dalla legge regionale 44/88 e sue modifiche dichiarata illegale dall’Unione Europea.
Non c’è più tempo di analisi e rinvii, occorre intervenire subito perchè alle oltre cinquemila aziende sarde colpite dai provvedimenti di vendita all’asta venga offerta una possibilità di futuro.
Il governo nazionale e la giunta regionale, concordino immediatamente una misura sulla finanziaria per bloccare le vendite e aprano un tavolo di confronto sul destino dell’agricoltura sarda per trovare soluzioni ormai non più rinviabili alla crisi finanziaria indotta dagli errori di programmazione e gestione consumati nei decenni scorsi.
Fino a quando questo non avverrà il Comitato si mobilita a partire da martedì prossimo dando avvio con uno sciopero della fame ad una serie di iniziative che proseguiranno fino a quando non avremo le certezze del blocco delle aste e dell’apertura di un percorso di soluzione della crisi.
Questo gesto estremo, che mette in gioco ed a rischio la nostra salute e la nostra stessa vita, è solo il primo per un percorso che non esclude alcuna opzione alla nostra iniziativa.
IL NOSTRO OBIETTIVO E’ DI RICONQUISTARE IL FUTURO PER NOI E PER TUTTI I CITTADINI SARDI
Il comitato ha inviato una lettera alle istituzioni sarde che alleghiamo, con l’invito ad un incontro da tenere giovedì 4 Ottobre.
Invitiamo tutti, già ora, alla conferenza stampa che terremo martedì 2 Ottobre alle ore 12 presso la sala consigliare del Comune di Decimoputzu.
Facciamo appello a tutte le realtà contadine, ai movimenti ed ai cittadini perchè sostengano la nostra lotta e si battano con noi contro la morte delle aziende contadine in tutt’Italia, per un cibo sano e garantito.
BASTA VENDITA all’ASTA delle AZIENDE, E’ l’ORA della SOVRANITA’ ALIMENTARE
By Bruno Cabitza. – Comitato di Lotta degli Esecutati – Riccardo Piras – Altragricoltura Sardegna – Giorgio Matta – Soccorso ContadinoSardegna