CONTAMINAZIONI CAMPI AGRICOLI e FALDE ACQUIFERE
Bastava un timbro su un certificato prestampato a trasformare le banchine del porto di Napoli nel principale crocevia dei rifiuti tossici della Campania. È il pm Donato Ceglie, della Procura sammaritana di Mariano Maffei, a firmare l’ultimo atto di accusa sulla gestione dei rifiuti tossici a Napoli e in Campania, un affare sporco che investe anche la Puglia, e che ruota attorno al «disegno criminale» consumato proprio nel porto di Napoli. È da qui che partivano tir stracolmi di liquami, secondo quanto emerge dalle 100mila conversazioni intercettate e dalle decine di ore filmate dai carabinieri del NOE.
Sono i «rifiuti solidi e liquidi, che provengono da navi mercantili e militari in porto e in rada», le cui bolle di accompagnamento vengono sistematicamente falsificate dal gruppo di trenta e passa indagati accusati, tra l’altro, di disastro ambientale.
Il pm sammaritano guarda alle attività di Antonio Agizza, incensurato e lontano parente di imprenditori coinvolti negli anni scorsi in indagini sul clan Nuvoletta di Marano. Assieme ai suoi stretti collaboratori – si legge nel decreto di fermo – procedeva all’illecito smaltimento di rifiuti liquidi provenienti dal porto di Napoli, con una capillare falsificazione dei «fir», i fogli di identificazione dei rifiuti, i documenti che «attestano l’avvenuto regolare smaltimento del rifiuto». E non ci sono solo gli scarichi tossici di navi mercantili e militari.
Dal porto e attraverso il porto, passavano anche altre forme di immondizia. Quelle degli «ospedali e delle cliniche private napoletane, dalle fosse settiche di civili abitazioni, degli esercizi commerciali e dei lidi balneari».
Da qui, dal porto, dunque: dove Antonio Agizza aveva «un ragazzo suo» – come si legge nelle intercettazioni del Noe napoletano – un ragazzo che si chiama «Alfonso», uomo fidatissimo di via Molo Carmine, che gli rivolge parole deferenti: «Donn’Antonio, il camion è uscito, tutto bene».
E Antonio Egizza gli risponde: «Si ma adesso fai lavorare i miei autisti, non ti preoccupare, ”falli fare” e non mettere l’orario, me lo vedo io». Pochi dubbi da parte del pm sulla destinazione finale del carico: «I rifiuti gestiti dal gruppo Agizza vengono smaltiti illegalmente nella rete fognaria cittadina, immessi direttamente in tombini, che poi confluiscono nella rete fognaria pubblica, attraverso i tombini presenti nel deposito della società di famiglia o direttamente all’aperto».
Un atto di accusa di 94 pagine, nel quale il pm Ceglie si sofferma anche sulla più ampia emergenza rifiuti a Napoli e in Campania:
«È una regione già fortemente provata dall’aggressione all’ambiente, a causa del vergognoso protrarsi della cosiddetta (folle) emergenza rifiuti: vicende giudiziarie che hanno prodotto l’unico effetto di deviare le rotte degli smaltimenti, anzi di far nascere un sistema attraverso il quale decine di ecocriminali, che in permanente contatto tra loro hanno individuato un nuovo codice comportamentale».
Un sistema che il pm definisce «diabolico», «scellerato», «criminale», che assicura «seicento» euro al contadino di turno, che chiude un occhio di fronte allo sversamento di rifiuti tossici, quelli che dal porto di Napoli invadono la regione e il sud-Italia.
By Leandro del Gaudio – 05/07/2007
Tratto da: ilmattino.it
India, echi di una strage (suicidi degli agricoltori, le cause) – 23/09/2016
http://temi.repubblica.it/micromega-online/india-echi-di-una-strage/
http://www.sapereeundovere.it/pericoli-ogm-rivelati-da-un-ex-scienziato-del-governo-degli-stati-uniti/
Monsanto condannata in Francia per avvelenamento !
http://www.greenews.info/rubriche/sentenza-storica-in-francia-monsanto-condannata-per-lintossicazione-di-un-agricoltore-20150914/
Comunicato ECHA PDF sulle sostanze PERICOLOSE utilizzate in agricoltura ed alimentazione
vedi anche: PESTICIDI + Glyphosate PDF + Pesticidi e loro danni PDF
Agricoltura Integrata Obbligatoria: BANDITO il GLIFOSATO in DANIMARCA e Sri Lanka
Il 15 Settembre 2003, il Ministro Christian Schmidt ha imposto il divieto in Danimarca, sulla base di studi del Istituto Geological Survey Danimarca e la Groenlandia (DGGRI). Ed ha affermato in quel momento che …”i danesi dovrebbero essere in grado di fare il caffè la mattina senza preoccuparsi di pesticidi…. Forse in Argentina non si preoccupano perché si bevono il mate, accettare la mia ironia per tale follia…”, …questa notizia dimostra che la scienza e la salute, sanno molto bene di avvelenare la gente.
Pochi giorni dopo El Salvador collega direttamente i disseccanti Roundup a malattia renale e Sri Lanka lo bandisce
Cosa aspettiamo a Bandire immediatamente i disseccanti in Italia ?
Oggi, con il D.L.gsl. 150 del 14 agosto 2012, recepimento della Dir UE sull’uso sostenibile dei pesticidi, l’agricoltura integrata diventa obbligatoria su tutto il territorio italiano, come su tutto il territorio UE.
Con riferimento a quanto previsto nel documento “Integrated Production” – Principles and Technical guidelines”, pubblicato sul Bollettino IOBC/WPRS – Vol 16 (1) 1993, a cui si riferisce la Decisione della UE – N. C(96) 3864 del 30/12/1996 (ed allegati), sui “Criteri di Difesa delle colture e controllo delle infestanti”, nell’elaborazione dei disciplinari di riferimento di Produzione Integrata, alla base di un sistema di controllo, (omissis) “…nel momento in cui sono disponibili diverse strategie occorre privilegiare quelle Agronomiche e/o Biologiche in grado di garantire il minor impatto ambientale, nel quadro di una agricoltura sostenibile…” (omissis)
Pertanto, nella Produzione Integrata non è possibile consentire l’uso, che si effettua solo in pre-semina o nelle coltivazioni arboree, dei disseccanti chimici totali (Glifosato, Glufosinate ammonio, ecc.), pericolosi per la salute e l’ambiente, oltre che distruttori della biodiversità e dell’humus dei terreni, con conseguente erosione e dissesti idrogeologici, dal momento che sono efficacemente sostituibili con le lavorazioni meccaniche (sfalcio, lavorazioni localizzate, priodiserbo, erpicature, smorganature, arature superficiali, ecc). Ciò significa che dal 1 gennaio 2014 i disseccanti totali devono essere banditi da tutto il territorio europeo in quanto inutili e pericolosi !
By Prof. Giuseppe Altieri
vedi: Compostaggio + Ortopertutti + Le Piante Aromatiche
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A BRUXELLES SI DISCUTE E DECIDE… ma su cosa ?
IL GLIFOSATO E’ GIA’ VIETATO… dal 1 gennaio 2014 in quanto incompatibile ogni disseccante con gli obblighi di Agricoltura Integrata su tutto il territorio europeo.
…anche se li si continua a vendere, usare e addirittura a sovvenzionare con soldi pubblici “agroambientali”
…così come la maggior parte dei pesticidi, essendo presenti sul mercato alternative biologiche, obbligatorie e prioritarie.
Si coinvolgano giuristi ed esperti per un’azione legale atta non solo a bandire il glifosato, ma tutti i pesticidi tossici ed inutili.
A proposito di Norme non rispettate…
Il GLIFOSATO è vietato in Italia per uso agricolo, dal 1 gennaio 2014, con l’entrata in vigore del D. lgs. 150/2012 che impone l’agricoltura integrata in tutto il territorio italiano. Lo stesso vale per tutta europa, visto che si tratta di una direttiva europea ormai applicata dagli stati membri…
Infatti, l’agricoltura integrata, sulla base della normativa di riferimento (Decisione CE del 30-12-1996, immediatamente applicativa… di ben 21 anni fa… sic !!), non permette l’uso di disseccanti chimici che sostituiscono i mezzi meccanici di taglio dell’erba o suo interramento prima delle semine.
Il Dissseccante invece, viene ancora finanziato, addirittura coi pagamenti agroambientali dei piani di sviluppo rurale regionali… la chiamano agricoltura integrata o conservativa, mentre distrugge la fertilità dei suoli e la salute umana collegata a quella dei terreni.
Anche se il glifosato fosse di libero commercio, in quanto autorizzato dal ministero della Sanità (pardon,…forse è meglio chiamarlo della malattia), questo non significa che si possa usare.
Tanto più che lo stesso ministero ne ha vietato, nel 2016, tutti gli usi “nelle zone frequentate dalla popolazione” (che dovrebbero racchiudere anche l’agricoltura vista la presenza dei contadini) e nelle aree protette e particolari…
…vietandolo inoltre per disseccare il grano e gli altri cereali prima del raccolto.
Dopo che nel 2013-14 lo avevano autorizzato anche in italia per questa pratica criminale che mette in pericolo la salute umana con presenza di residui chimici molto più elevata.
Glifosato che, al tempo, non aveva nemmeno tempi di carenza (dal trattamento alla raccolta dei prodotti) in quanto era registrato solo per usi pre-semina delle coltivazioni.
Insomma, oggi non c’è bisogno di chiedere a qualcuno di bandire il Glifosato, in quanto il prodotto è già bandito dalle norme europee che prevedono obblighi di tecniche sostitutive che sono molto efficaci, anche se più costose…
…dal momento che i costi sociali del glifosato sono di gran lunga superiori ai presunti benefici per qualche agricoltore…
Tanto più che la costituzione italiana prevede che l’attività economica debba essere regolata a scopo sociale (Art. 41), così come il razionale sfruttamento della fertilità dei suoli (Art 44).
Inoltre, nessuno ha dimostrato l’innocuità del glifosato per cui sulla base del Principio di Precauzione, non è possibile usarlo ne venderlo, soprattutto dopo la classificazione di probabile cancerogeno dello IARC, a sensi dell’art.32 Costituzione, che tutela il diritto inviolabile alla salute, in applicazione del principio di precauzione.
La probabilità in questo caso dipende non dal prodotto ma dalla maggiore o minore sensibilità degli individui e dalla sfortuna di ingerire più o meno residui… e non abbiamo leggi che possano regolare una roulette russa come la contaminazione da Pesticidi, ma solo il Principio di precauzione che imponga tecniche alternative (taglio dell’erba, o il loro interramento prima di seminare le coltivazioni), obbligatorie e prioritarie, nel rispetto dei diritti costituzionali ed ampiamente compensate dai fondi pubblici previsti nei pagamenti agrombientali regionali dei PSR Rurali, che invece sino ad ora spesso hanno finanziato l’acquisto del disseccante, creando la cosiddetta “Agricoltura conservativa”… ancora una volta l’esatto contrario della verità, come ci ha abituato la Monsanto (oggi Bayer), quando dichiarò che il glifosato era biodegradabile, mentre oggi è il principale residuo ritrovato dall’ISPRA nelle acque in tutta Italia.
Il glifosato inoltre viola l’art. 9 della costituzione devastando biodiversità e paesaggio tradizionale e rurale, con colore arancione e danno ambientale, con inquinamento elevatissimo delle acque (primo residuo presente secondo l’ISPRA) con conseguenze sulla potabilità delle stesse, visto che il 100% delle urine analizzate da donne incinte, presenta tracce del disseccante incriminato…
L’Art. 3 inoltre prevede al comma 2 che le forze dell’Ordine e i cittadini, popolo sovrano, si adoperino per rimuovere gli ostacoli alla realizzazione sociale dell’attività economica e all’applicazione generale della Costituzione. Pertanto, glifosato si deve fermare con azioni nei tribunali competenti
Cosa fanno le associazioni ecologiste oltre che mettere insieme coalizioni di sconfitti e petizioni da oltre tent’anni ?
Si coinvolgano giuristi ed esperti per un’azione legale atta non solo a bandire il glifosato, ma tutti i pesticidi tossici ed inutili.
Facendo pagare i danni ai malati di linfomi (Es. Linfoma non Hodgkin, strettamente correlato al glifosato) e alle donne incinte italiane contaminate, per i rischi sulla salute dei nascituri, così come alle persone affette da intolleranze e celiache, ecc…
Saluti cari e buon lavoro
By Giuseppe Altieri, Agroecologo
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L’uso dei Pesticidi e la biodiversità
(Estratto dal dossier sulla biodiversità curato da Progetto Continenti ONLUS)
Rispetto alla biodiversità un effetto negativo riguarda l’uso di pesticidi e in generale di prodotti chimici per l’agricoltura.
L’uso dei composti agrochimici ha alterato gli ecosistemi sia relativamente alla fauna che alla flora; le conseguenze più rilevanti sono state: la riduzione della variabilità genetica dei sistemi viventi, i processi di eutrofizzazione delle acque dolci e di quelle marine, l’alterazione chimico-fisica e biologica dei suoli.
Studi sulla diffusione, la trasformazione, la persistenza e l’accumulazione nei tessuti di piante e animali dei prodotti chimici impiegati nei processi agricoli, mettono in evidenza aspetti più complessi delle interferenze indotte da tali prodotti sulle strutture e sulle funzioni degli ecosistemi. Sempre più evidenti risultano i danni per la salute e per l’ambiente derivanti da una eccessiva e crescente “chimicizzazione” dell’agricoltura, sia in termini di accumulazione di residui tossici e cancerogeni nel tessuto adiposo di uomini e animali, che di avvelenamento dei suoli, delle acque sotterranee e di superficie etc.
Notevoli sono i danni ambientali causati dai fertilizzanti chimici che si aggiungono al suolo per mantenerne o aumentarne la produttività e quindi la resa delle colture. Le elevate concimazioni modificano profondamente i cicli degli elementi (del carbonio, dell’azoto, del fosforo, etc.) che costituiscono meccanismi delicati per il mantenimento degli equilibri biologici e chimici in un ecosistema e tra gli ecosistemi della biosfera. L’eccesso di fertilizzanti minerali favorisce una veloce metabolizzazione della sostanza organica presente nel terreno da parte dei batteri.
Il fenomeno è connesso con le lavorazioni profonde e con le monocolture di cereali che non riescono a ripristinare il contenuto di sostanza organica. In questo modo il terreno viene impoverito di materiale organico. Il materiale organico, che nei metodi di lavorazione agricola meno intensiva rimane sul terreno, viene decomposto dai microorganismi del suolo e convertito in un complesso di composti organici (l’humus ) essenziali per i suoli perché controllano la ritenzione e il movimento dell’acqua e dell’ossigeno contenendo le strutture del suolo stesso.
Dal materiale organico, dunque, si forma un complesso chimico-microbiologico di base, dove attraverso la metabolizzazione dinamica del materiale stesso, si rendono disponibili i nutrienti delle piante. Infatti i microoganismi mineralizzano le sostanze organiche con produzione di nitrati, fosfati, sali di potassio e solfati. A causa della complessità dei meccanismi che lo producono, il complesso minerale nutritivo è rilasciato gradualmente secondo le naturali richieste delle piante.
Quando invece il contenuto di sostanza organica è basso, la fertilizzazione minerale è necessariamente effettuata in eccesso rispetto alle richieste fisiologiche delle piante e alle capacità di ritenzione del terreno.
Una parte consistente del prodotto viene rilasciata allo stato solubile nel suolo e nelle acque, dove si accumulano insieme alle impurezze contenute nei fertilizzanti (per esempio i metalli pesanti).
Alcune di queste sostanze, come i nitrati e il potassio, possono inoltre immettersi per liscivazione nelle acque sotterranee e raggiungere successivamente le acque superficiali (la liscivazione è quel processo per cui si ha la migrazione di composti chimici dagli strati superiori agli strati inferiori del suolo). I fosfati, invece, sono generalmente insolubili e rimangono nello strato superficiale del suolo, solo nel caso di intense fertilizzazioni e condizioni climatiche particolari dei suolo (pH basso) possono essere liscivati. L’inquinamento delle acque sotterranee determina seri rischi per la qualità delle acque potabili, inoltre, elevati contenuti di azoto nel suolo possono tradursi in eccessive concentrazioni di nitrati nei vegetali, soprattutto negli ortaggi, e anche ciò determina rischi per la salute del consumatore.
Si potrebbe pensare di utilizzare i rifiuti organici della produzione zootecnica per reintegrare la fertilità del terreno, ma le nuove tecnologie intensive, che prevedono sistemi di pulizia ad acqua e l’uso di farmaci, li rendono inutilizzabili. La forte diluizione dei rifiuti, e la presenza in essi di antibiotici e di metalli pesanti, comportano maggiori spese di stoccaggio e di trasporto e rischi di inquinamento da sostanze tossiche. Gli allevamenti di suini, ad esempio, immettono nel suolo, dove si accumulano, rilevanti quantità di rame che è contenuto nei mangimi come stimolatore della crescita. Altri metalli pesanti possono essere riversati nei suoli attraverso i fertilizzanti. Tutte queste sostanze, al di sopra di determinate concentrazioni, possono risultare dannose per le colture e rappresentare rischi di tossicità per il consumatore. Attraverso i fosfati minerali e i fanghi degli impianti di depurazione dei liquami urbani, ad esempio, si può immettere cadmio nel suolo, metallo ritenuto cancerogeno.
Per quanto riguarda i pesticidi, tecnici ed economisti concordano nel riconoscere la loro importanza nella difesa dei raccolti; ciò significa difesa del reddito dell’agricoltore e quindi contenimento dei prezzi al consumo.
Rilevanti sono tuttavia gli effetti che questi composti agrochimici determinano sull’ambiente. I pesticidi provocano effetti sulla struttura e sulle funzioni degli ecosistemi riducendo le popolazioni di un certo numero di specie; alterano il comportamento normale degli animali, stimolano o inibiscono la crescita di animali e piante, incrementano o deprimono la capacità riproduttiva degli animali.
Se da una parte è vero che non si possono sottovalutare i benefici economici sulla produttività e sulla “commerciabilità” del prodotto, dall’altra vi sono molti i lavori scientifici che evidenziano gli effetti nocivi che pesticidi e fertilizzanti hanno determinato sull’ambiente.
Con l’utilizzo di varietà ibride, ad esempio, è notevolmente aumentato l’impiego dei fitofarmaci e, di conseguenza, il livello di inquinamento dell’ambiente e la contaminazione dell’uomo attraverso la catena alimentare. Inoltre l’uso dei fitofarmaci ha innescato un ulteriore grave meccanismo: quello della resistenza degli insetti agli agenti tossici (evento che, come be sappiamo induce ad aumentare le quantità del prodotto irrorato e ad introdurre nel mercato nuovi prodotti incrementando così i profitti delle industrie del settore).
Nello stesso tempo i pesticidi hanno anche colpito insetti utili per l’uomo; la scomparsa di quelli che si nutrivano di larve di zanzara ha causato la recrudescenza della malaria, che è riapparsa in popolazioni che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità aveva ormai dichiarato fuori pericolo.
L’uso dei pesticidi determina cambiamenti nei rapporti delle popolazioni dei livelli trofici della catena alimentare.
Generalmente i livelli più bassi non risentono della loro azione. Questa perturbazione è spesso sconvolgente per la stabilità degli ecosistemi. Molti predatori naturali dei parassiti delle colture vengono soppressi a causa dei trattamenti con pesticidi. Nel produrre tali effetti dannosi concorrono non solo gli insetticidi ma anche alcuni fungicidi.
Per tale ragione insetti parassiti minori delle colture, che generalmente sono controllati dai loro nemici naturali, hanno assunto negli ultimi anni un ruolo non più secondario nella diminuzione delle rese produttive. Molto spesso l’uso dei pesticidi diventa inefficace perché i parassiti riorganizzando i loro sistemi di difesa diventano resistenti al prodotto chimico. La distruzione dei nemici naturali e lo sviluppo di resistenze concorrono ad aumentare i costi, sia per la maggiore intensità dei trattamenti, che per l’uso di pesticidi più costosi.
L’impatto dei pesticidi sull’ambiente è determinato, oltre che dal dosaggio utilizzato e dal numero di trattamenti, dal modo e dai tempi in cui essi si degradano dopo l’applicazione. Valutare i costi sociali e ambientali dovuti ai composti agrochimici non è semplice: soprattutto appare difficile esprimere in cifre i danni alla flora e la fauna naturale (ma è relativamente facile una valutazione qualitativa della distruzione ambientale).
Sembra che la causa principale dell’aumento dei costi risieda nell’aumentata capacità di resistenza dei parassiti ai pesticidi. Ciò determina un incremento delle dosi somministrate e la progettazione di nuovi pesticidi.
Dobbiamo poi considerare i costi dovuti ai casi di intossicazione acuta e alle manifestazioni patologiche croniche nell’uomo. I costi dovuti alle malformazioni dei neonati (dovute all’effetto mutageno di molti pesticidi) nelle aree ad agricoltura intensiva.
I costi che i governi dovrebbero sostenere per le azioni di regolamentazione e monitoraggio ambientale e per l’addestramento degli operatori agricoli. I costi provocati dai danni per ridotta impollinazione causati dalla distruzione delle colonie di api. I costi ai componenti degli ecosistemi naturali. Gli effetti degli insetticidi sugli invertebrati, sui funghi, sui batteri e sui microorganismi del suolo sono estremamente dannosi per gli equilibri biologici perché tali sistemi viventi trasformano, metabolizzandoli, i rifiuti organici. Inoltre l’alterazione dell’habitat causato dai pesticidi squilibra il normale accesso alle risorse alimentare da parte degli animali.
Gli organismi acquatici risentono particolarmente della presenza di pesticidi. Concentrazioni elevate di tali sostanze provocano morie di pesci, mentre dosi più basse possono distruggere gli avannotti così come altri organismi viventi, come insetti e invertebrati, che costituiscono cibo per i pesci stessi.
Anche uccelli e mammiferi subiscono gli effetti dannosi dei pesticidi anche se risulta difficile stimare la mortalità delle principali specie causate dai diversi composti chimici.
In definitiva, se si sommano ai costi dell’azienda agricola per l’acquisto e l’uso dei pesticidi, i costi sociali ed ambientali descritti, questi sembrano molto elevati, troppo elevati.
Le conseguenze dell’impiego dei composti chimici in agricoltura, variano a seconda delle vie di contatto o assunzione di questi prodotti da parte dell’uomo, sia a seconda della diversa natura dei componenti stessi.
Innanzi tutto ci sono i rischi cui sono esposti i lavoratori delle industrie chimiche in cui questi composti vengono prodotti e degli agricoltori che li adoperano. In secondo luogo vi sono i rischi per il consumatore che, attraverso la catena alimentare, può ingerire tali prodotti chimici sia da alimenti vegetali che animali. L’uomo assimila pesticidi non solo attraverso gli alimenti e l’acqua, ma anche attraverso le vie respiratorie e attraverso la pelle. La specie umana, dunque, contiene in misura maggiore o minore pesticidi nei tessuti. Rigorosi studi epidemiologici possono fornire la prova dell’effetto cancerogeno, per la specie umana, di alcune sostanze chimiche.
Il consumatore medio è quindi esposto a rischi di pesticidi. Tali prodotti sono presenti in quasi tutti i cibi, non solo nella frutta e negli ortaggi, ma anche nella carne, nei latticini, nello zucchero, nel caffè, negli oli, nei cibi essiccati e in molti prodotti trasformati.
I rischi per la salute umana causati dai fertilizzanti, attribuibili prevalentemente ai composti azotati (e tra questi in primo luogo ai nitrati) sono tutti a carico dei consumatori.
E’ ormai irrinunciabile la messa a punto di strumenti di comparazione tra analisi economiche e sociali a tutela dell’ambiente.
Già negli anni ’60 il mondo scientifico aveva denunciato i pericoli che l’incontrollata pressione economica e l’elevata crescita dei consumi dei Paesi sviluppati, stavano determinando sulle risorse ambientali a causa dell’inquinamento dell’aria, dell’eutrofizzazione delle acque, dell’erosione dei suoli, della scomparsa di specie vegetali e animali.
Ma tali denunce non trovarono mai adeguate risposte da parte del potere politico e giudiziario….
vedi: 17 schede tecniche sui pesticidi e i fitofarmaci
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Pesticidi causerebbero i difetti alla nascita
Le donne che concepiscono un figlio in primavera o estate potrebbero correre un più alto rischio di generare un bebè con un difetto congenito e il motivo starebbe nella maggiore esposizione ai pesticidi.
Lo sostiene una nuova ricerca americana che ha usato dati del governo sulle nascite negli Stati Uniti tra il 1996 e il 2002.
Gli studiosi hanno osservato che i tassi di difetti congeniti erano più alti tra le donne che avevano concepito tra aprile e luglio. Durante questi stessi mesi, le concentrazioni alla superficie dell’acqua di pesticidi e altre sostanze chimiche usate in agricoltura di solito aumentano, secondo le analisi chimiche effettuate dal governo americano. I risultati della ricerca, che si leggono sulla rivista Acta Pediatrica, indicano perciò che potrebbe esserci una correlazione tra i livelli di pesticidi nell’acqua e i difetti alla nascita. Anche se non viene dimostrata una relazione di causa-effetto, alcune delle sostanze chimiche prese in considerazione nello studio, come l’erbicida atrazina, sono da tempo sospettate di danneggiare il feto, fanno notare i ricercatori.
“Il nostro studio non ha provato un legame di causa-effetto; tuttavia il fatto che i difetti alla nascita e i pesticidi nell’acqua conoscano un picco negli stessi quattro mesi dell’anno ci fa sospettare che i due elementi siano connessi”, ha affermato il coordinatore della ricerca, Dr. Paul Winchester, della Indiana University School of Medicine di Indianapolis.
I difetti alla nascita includono il labbro leporino, la sindrome di Down, la spina bifida 3
Fattori di rischio noti sono l’età avanzata della madre, il fumo e l’abuso di alcol, ma ci sono anche elementi ambientali che gli studiosi stanno cercando di individuare. “Se i nostri sospetti sono esatti e i pesticidi davvero contribuiscono al rischio di difetti congeniti, possiamo modificare questo fattore e ciò è rassicurante”, ha concluso il Dr. Winchester.
Tratto da: news.paginemediche.it
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I “bambini di Immokalee” hanno riportato alla nascita gravi malformazioni a causa anche delle infezioni da pesticidi contratte dalle loro madri durante la raccolta dei pomodori. – 01/09/2011
Barry Eastbrook ci parla del caso che ha scioccato gli Stati Uniti.
Tower Cabins è un campo di lavoro costituito da una trentina di baracche e qualche roulotte in rovina, tenute insieme da un recinto di legno non verniciato a sud di Immokalee, nel cuore delle grandi piantagioni di pomodori della Florida sud-occidentale.
La comunità di poveri braccianti immigrati è desolata nel migliore dei casi, ma poco prima del Natale di qualche anno fa avevano di che rallegrarsi. Tre donne, tutte vicine di casa, stavano per partorire a breve distanza l’una dall’altra, nel giro di sette settimane. Ma nella vita dei raccoglitori di pomodori è sottile il confine tra speranza e tragedia.
Il primo bambino, figlio del 20enne Abraham Candelario e della moglie 19enne Francisca Herrera, arriva il 17 dicembre. Lo chiamano Carlos. Carlitos (come è soprannominato) nasce con una rarissima forma di “sindrome di tetra-amelia”, che gli provoca in breve la perdita sia delle braccia che delle gambe.
Circa sei settimane più tardi, un paio di capanne più in là, Sostenes Maceda dà alla luce Jesus Navarrete. Il bambino soffre della sequenza di Pierre Robin, una disfunzione della mascella inferiore per cui la lingua tende continuamente a riversarsi all’interno della gola, rischiando di farlo morire soffocato. I genitori sono costretti a nutrirlo per mezzo di un tubo di plastica.
Due giorni dopo la nascita di Jesus, Maria Meza mette al mondo Jorge. Ha un orecchio solo, niente naso, una palatoschisi, un unico rene, niente ano e nessun organo sessuale visibile. Solo dopo un esame dettagliato di quasi due ore, i dottori riescono a stabilire che Jorge è in effetti una femmina. I genitori le cambiano il nome in Violeta. Ma le malformazioni congenite sono così gravi che sopravvive soltanto tre giorni.
Oltre al fatto di vivere nel raggio di cento metri l’una dall’altra, Herrera, Maceda, e Meza hanno un’altra cosa in comune. Lavorano tutte per la stessa compagnia, l’Ag-Mart Produce, e nello stesso sconfinato campo di pomodori.
I consumatori conoscono Ag-Mart soprattutto per i suoi pomodori commercializzati con il nome Ugly-Ripe e i grappoli di Santa Sweetsvenduti in contenitori di plastica a forma di conchiglia, abbelliti con tre sorridenti e danzanti pupazzi-pomodoro di nome Tom, Matt e Otto. “I bambini amano fare merenda con le nostre sorprese”, dice lo slogan della compagnia.
Dalle file di pomodori dove lavoravano le tre donne durante i mesi di gravidanza, non si godeva di una visione così confortevole.
Un cartello all’entrata avvertiva che la piantagione era stata trattata durante la stagione della semina con almeno trentun tipi diversi di composti chimici, molti dei quali erano indicati come “altamente tossici” e almeno tre l’erbicida Metribuzin, il fungicida Mancozeb e l’insetticida Avermectin sono noti per i loro effetti nocivi “per lo sviluppo e la riproduzione”, secondo il Pestice Action Network. Sono teratogeni, ossia possono provocare malformazioni alla nascita.
Violazioni della sicurezza
Per l’utilizzo agricolo di questi veleni negli Stati Uniti, l’Environmental Protection Agency impone “intervalli d’accesso ristretto” (REI nel gergo dell’agricoltura chimica) tra il momento in cui i pesticidi vengono applicati e quello in cui è consentito ai lavoratori di accedere alla piantagione. In tutti e tre i casi, le donne hanno dichiarato di aver ricevuto ordine a procedere al raccolto in violazione della normativa REI.
“Mentre lavoravamo alla piantagione, sentivamo distintamente l’odore degli agenti chimici”, ha raccontato Herrera, madre di Carlitos. Accertamenti successivi hanno dimostrato che Herrera lavorò in campi trattati di fresco con il mancozeb dai ventiquattro ai trentasei giorni dopo la concezione, la fase in cui il feto inizia a svilupparsi fisicamente e neurologiamente.
Meza ricorda: “Mi è successo diverse volte al lavoro di respirare l’agente chimico una volta che si era seccato e polverizzato.” Nonostante la normativa imponga a chi maneggia simili pesticidi l’utilizzo di maschere protettive, guanti appositi, grembiuli di gomma e respiratori al vapore, le tre donne hanno dichiarato di non esser state avvertite dei rischi dell’esposizione agli agenti chimici. Non indossavano equipaggiamenti protettivi, a parte le bandane con cui si coprivano (inutilmente) la bocca per cercare di evitare l’inalazione.
Herrera ha inoltre raccontato di essersi sentita male durante tutto il periodo in cui lavorò alla piantagione, di esser stata soggetta a attacchi di nausea, vomito, vertigini e a svenimenti. Occhi e naso le bruciavano per l’irritazione. Aveva sviluppato anche eruzioni cutanee e ferite aperte.
Mollare il lavoro non era possibile. Herrera ricorda che il suo capo, un sub-appaltatore di Ag-Mart, le disse che se si fosse ritirata sarebbe stata cacciata a pedate dall’alloggio fornitole presso la piantagione. Ironia della sorte, l’imminente arrivo del primo figlio rendeva ancor più indispensabile per lei e il marito un tetto sopra la testa. Lavorò alla piantagione a partire dal concepimento fino al settimo mese di gravidanza, una manciata di settimane prima dell’arrivo prematuro di Carlitos. E anche dopo aver lasciato la piantagione, continuò a lavare a mano gli abiti contaminati di suo marito e del fratello, Epifanio.
La malformazione alla mascella di Jesus si dimostrò meno pericolosa di quanto era sembrato all’inizio, e i dottori dissero alla madre che le condizioni del bambino sarebbero probabilmente migliorate con la crescita.
I genitori di Violeta dovettero piangere la morte della bambina. Ma dopo la nascita di Carlitos, i problemi di Herrera e Candelario non fecero che aumentare. Si avvicinava la fine della stagione del raccolto invernale in Florida, e la famiglia sarebbe dovuto emigrare a nord per trovare lavoro. Ma Carlitos necessitava di cure mediche costanti che gli venivano fornite per mezzo di un’agenzia locale, la Children’s Medical Services della contea di Lee. Pur essendo cittadino americano per nascita, i suoi genitori erano messicani e privi di documenti. L’espulsione dal Paese era un rischio reale.
Le cose peggiorarono ulteriormente quando a tre mesi di età il bambino sviluppò problemi respiratori. Periodicamente doveva essere trasportato in aereo da Immokalee al Miami Children’s Hospital. Privi di automobile, Herrera e Candelario dovettero farsi accompagnare dagli operatori sociali da un capo all’altro dello Stato, in viaggi che potevano durare anche cinque ore e che erano possibili solo nei giorni in cui Candelario non veniva chiamato alla piantagione, dove era ancora costretto a lavorare per pagarsi l’affitto.
Assistenza giuridica
Uno degli operatori sociali giunto in aiuto dei genitori di Carlitos si rese conto delle insostenibili difficoltà che la famiglia stava affrontando. In cerca di assistenza legale, contattò un avvocato del posto e questi gli confidò che il caso era talmente complesso che avrebbe sarebbe stato un rompicapo per chiunque. Ma l’operatore aveva comunque un collega specializzato in lesioni personali, affidabilità dei prodotti e in cause per illeciti sanitari.
Alzò la cornetta del telefono e digitò il numero di Andrew Yaffa, partner della Grossman Roth, con uffici a Miami, Fort Lauderdale, Boca Raton, Sarasota e Key West. Senza saperlo, Abraham Candelario, Francisca Herrera e Carlitos stavano per andare incontro a una prima cesura della lunga catena di sventure che avevano segnato sinora la loro esistenza. Chiunque sia stato coinvolto in incidenti d’auto, infortuni sul lavoro o danneggiato da un medico negligente non può fare scelta migliore che affidarsi alle cure di Andrew Yaffa.
Quando lo incontrai, capii subito perché Yaffa è arrivato a essere un avvocato di grido. Il giorno del nostro appuntamento, era indaffarato fuori dalla sala di rappresentanza della sede della sua azienda a Boca Raton. “Vivo come fosse una scatola di Federal Express,” mi disse, “ho pratiche da sbrigare in tutti gli uffici della ditta.” Quel pomeriggio si era impossessato del tavolo dell’aula solitamente adibita alle conferenze. Faldoni e raccoglitori sparpagliati ovunque. Il computer portatile aperto. Un suo costoso cappotto buttato sullo schienale di una sedia e la cravatta sciolta. Ogni due minuti sul tavolo suonava un cellulare a cui lui dava un’occhiata veloce per poi rimetterlo a posto senza perdersi un solo squillo.
All’epoca della nascita di Carlitos nel 2004, Yaffa aveva poco più di quarant’anni ed era già uno degli avvocati più quotati di tutto lo Stato. Si era aggiudicato sentenze da milioni e milioni di dollari in processi sostenuti di fronte ad alcuni fra i giudici più esigenti della Florida. Uno dei suoi avversari me lo descrisse in una e-mail come “un grande avvocato […] una persona di solidi principi […] integra […] associato di uno studio prestigioso […] creativo […] innovativo […] brillante […] eticamente ineccepibile.”
Yaffa è di statura alta e ha un aspetto fotogenico che lo renderebbe perfetto per la parte da protagonista se qualcuno decidesse di girare una versione cinematografica delle sue crociate forensi. I suoi capelli corti, scuri, sono pettinati all’indietro e laccati a puntino. Il suo bell’aspetto è temperato da una franchezza tipica del Midwest. (In realtà è nativo della Virginia)
Yaffa stabilì con me una confidenza immediata, parlando con voce calma e tono costante. Quando gli chiesi perché avesse accettato un caso così complicato come quello di Carlitos, mi lanciò un’occhiata come a un teste poco collaborativo e disse: “Con questo mestiere ne vedo di tutti i colori. Ma quando vedo un bambino o una famiglia che hanno subito un torto e sono in pericolo, non ho bisogno di molte altre motivazioni.”
In principio, Yaffa aveva stentato a credere al racconto fattogli dal collega. Doveva vedere coi propri occhi e parlare con i genitori del bambino. Erano persone credibili ? Una giuria avrebbe potuto fidarsi di loro ? Avevano proprio bisogno del suo aiuto ?
Lasciato in garage il suo abituale mezzo di trasporto – una BMW nuova di zecca – per evitare di attirare l’attenzione, salì su un vecchio Chevy Suburban riservato alle uscite di pesca nei fine settimana e ai viaggi al mare con la famiglia, si allontanò dal suo ufficio di Miami, attraversò per chilometri le praterie disabitate degli Everglades fino alla cadente capanna a due stanze che i genitori di Carlitos dividevano, assieme al loro povero figlio, con altri sette lavoratori immigrati.
Quando Yaffa bussò alla porta, si ritrovò davanti Herrera. Fu colpito dal fatto che quella minuta donna, dalla faccia tonda, era poco più che una bambina. Tutti gli altri inquilini della baracca erano fuori, a lavorare alla piantagione. Carlitos fu piazzato in un seggiolino per bambini. Brandelli di carne secca pendevano da un filo tirato da una parte all’altra del salotto e l’aria umida aveva un odore fetido e pungente. Le mosche erano ovunque. Quanto Carlitos iniziò a fare chiasso, Herrera lo prese (aveva appena sei mesi) e lo mise sul pavimento. Un cucciolo di cane che gli inquilini della baracca avevano adottato si mise ad abbaiare in giro, e il bambino lo osservava sorridente.
“Né braccia né gambe”
Il cucciolo guaiva, saltellava, e cominciò a mordicchiare Carlitos. Il bambino iniziò a gridare: non aveva possibilità di scacciare una mosca o di allontanare un cagnolino, andava incontro a una vita piena di bisogni. “I pesticidi si erano insinuati dentro di lei colpendo quel bambino e guarda un po’, nasce senza braccia né gambe”, mi disse Yaffa.
Parlando in spagnolo, l’avvocato tentò di cavare qualcosa da Herrera, che a sua volta lo parlava assai poco. Come per molti braccianti immigrati, la sua prima lingua e quella con cui si sentiva più a suo agio era un dialetto dei nativi indiani. Yaffa spiegò di essere stato contattato da un operatore sociale e di essere lì con un solo scopo: aiutarla. Le disse che il processo non sarebbe pesato sulle sue spalle. Come d’abitudine per gli avvocati nel suo campo, si sarebbe fatto carico lui di tutte le spese processuali e, come retribuzione, avrebbe avuto una percentuale dell’eventuale risarcimento.
Quando Herrera finalmente fece con la testa un cenno d’assenso, Yaffa promise che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarla. Ma si trattava di un rompicapo persino per un avvocato di successo e d’esperienza come lui. Per via delle quasi infinite variabili – ereditarietà, esposizione ad agenti chimici su altri luoghi di lavoro, possibili abusi di fumo o di droga, fattori ambientali – dimostrare le connessioni tra esposizione a pesticidi e malformazioni fetali è notoriamente un’impresa ardua.
Anziché adottare l’approccio convenzionale e cercare di identificare i veleni all’origine del danno, per citare la compagnia che lo aveva prodotto Yaffa decise di fare qualcosa che non aveva mai fatto. Avrebbe provato a ottenere un rimborso dalla fattoria dove Herrera lavorava. In sostanza, avrebbe chiamato in causa l’intero sistema di coltivazione moderno e la filosofia dei pesticidi su cui è basato.
By Barry Estabrook
The Ecologist – Fonte: Chemical warfare: the horrific birth defects linked to tomato pesticides
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di Davide Illarietti
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GLIFOSATO
Il dott. Zach Bush ha scoperto che il glifosato presente massicciamente negli alimenti, nei farmaci e nei VACCINI stimola la produzione di zonulina, che riesce ad aprire le lacune nella parete intestinale e nella barriera emato-encefalica.
Questa eccessiva concentrazione di zonulina crea una situazione in cui il sangue è esposto a tossine e antigeni che, normalmente, non sarebbero stati in grado di attraversare la parete intestinale. Una volta nel sangue, la presenza massiccia di zonulina facilita anche il passaggio delle tossine attraverso la barriera emato-encefalica, introducendole nel cervello, a cui il corpo risponde con un processo infiammatorio.
In sostanza, Il glifosato danneggia il rivestimento intestinale privandolo di ossigeno (questa si chiama lesione ipossica).
Uno dei risultati di questo squilibrio, è la sovraespressione di CXCR3, un recettore del composto di glutine. Una volta che ciò accade, il glutine viene scomposto e produce qualcosa chiamato zonulina. La zonulina apre le pliche più strette dell’intestino e come conseguenza si ottiene una “decompressione” dell’intero rivestimento intestinale, il cosìddetto “intestino permeabile” di Wakefield.
Il glifosato nel cibo apre l’intestino alle tossine; il glifosato nei vaccini apre la barriera emato-encefalica a queste tossine…
Il glutine nella nostra dieta è presente da migliaia di anni e non ha mai avuto alcun impatto immunitario misurabile.
Improvvisamente negli anni ’90, il 15-20% della popolazione americana divenne sensibile al glutine. Ora, circa il 50-60% della popolazione degli Stati Uniti ha una qualche forma di sensibilità al glutine.
Cosa dobbiamo eliminare, secondo voi, il glutine oppure il glifosato che lo trasforma in una molecola tossica ?
https://zachbushmd.com/wp-content/uploads/2017/04/Glyphosate-for-ProHealth-FINAL-v3.pdf
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La presenza di rifiuti interrati potrebbe avere conseguenze molto gravi per la salute degli individui.
“Le sostanze chimiche o ad alta concentrazione batterica sono altamente tossiche». È così che Roberto Bertollini, direttore del Programma speciale salute e ambiente dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha commentato i risultati dell’operazione Chernobyl in Campania. Rifiuti per le strade o nascosti sotto terra, qual è il male minore ? «Sicuramente sono entrambi problemi molto gravi. La qualità della vita dei cittadini costretti a convivere con sacchetti di rifiuti per strada non è una delle migliori. I rischi per la salute ci sono, soprattutto se consideriamo il proliferare di insetti e parassiti.
Ma il problema più grave è sicuramente rappresentato dalla presenza di discariche incontrollate. Sono queste che mettono a grave rischio la salute degli individui. Per i rifiuti interrati bisogna essere sicuri della loro natura ed intervenire prontamente qualora finissero nei corsi d’acqua e nei terreni. Sicuramente la probabilità che queste sostanze finiscano sulla tavola delle persone sarebbe un rischio ulteriore per la loro salute”.
Quali potrebbero essere le conseguenze sulla salute ? “Come è emerso dai primi risultati dello studio effettuato dall’Oms sulle province di Napoli e Caserta, un’esposizione prolungata potrebbe avere per la salute dei cittadini effetti molto negativi. Gran parte della letteratura scientifica in materia ha già sottolineato il rischio di insorgenza di tumori per gli individui esposti per lungo tempo ad una situazione ambientale come questa sono molto alti. In particolare, il tumore che colpisce maggiormente queste persone è quello al fegato”.
Gli effetti sulla salute sono immediati ? “Generalmente passano anni prima che un eventuale malattia, come un tumore, si manifesti. Solo un’esposizione particolarmente prolungata potrebbe provocare l’insorgenza di una malattia come questa. Infatti, il tempo che intercorre tra l’esposizione e lo sviluppo vero e proprio della malattia, la cosiddetta incubazione, potrebbe durare molti anni. È possibile riscontrare i primi segnali d’allarme anche dopo cinque o dieci anni”.
Quindi è emblematico il nome operazione Chernobyl ? “Effettivamente il nome è molto suggestivo e dà l’idea di quanto questo problema sia grave ed urgente. Anche se l’evento che ricorda è stato sicuramente molto più tragico di questa situazione.
Il problema non è di certo trascurabile. Anzi, occorrerebbe intervenire immediatamente e risolvere il problema dalla radice”. Come si potrebbe risolvere questo problema ?
“Bisognerebbe creare una serie di meccanismi virtuosi e agire immediatamente alla fonte del problema. Innanzitutto, occorre porre maggiore attenzione verso la raccolta differenziata. Deve essere fatta quotidianamente. E poi fare ricorso alle tecnologie più moderne e avanzate per lo smaltimento dei rifiuti”.
05/07/2007 – By Valentina Arcovio – Tratto da: ilmattino.it
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Caccia al cimitero segreto delle scorie tossiche
Scavano, scavano ancora. Continueranno a farlo fino a quando non troveranno i fusti interrati, quei rifiuti tanto pericolosi da non poter essere neppure nominati. «Quella roba là», dicevano. E si capiva che era roba che faceva male, e che bisognava stare attenti al trasporto.
I carabinieri del Noe stanno cercando le scorie tossiche arrivate in Campania da non si sa dove, forse dall’estero, e affidate agli stessi autotrasportatori che lavoravano per conto di Sorieco, Agizza, De Vizia.
Il cimitero dovrebbe essere tra Battipaglia ed Eboli, zone dove anche di recente sono stati ritrovati per caso bidoni di sostanze chimiche molto pericolose. Ma per ora, a guidare le ruspe, c’è soltanto la traccia telefonica lasciata dagli indagati, le trentotto persone destinatarie dei decreti di fermo del pm sammaritano Donato Ceglie nel quale vengono contestati i reati di disastro ambientale, smaltimento illegale di rifiuti, associazione per delinquere, frode. Quello raccontato nelle 93 pagine dell’atto d’accusa è un sistema radicato e ramificato sul quale si sono costruite fortune – il giro d’affari stimato è di cinquanta milioni di euro – giocando sulla salute della gente. Sistema capillare che ha contribuito a deteriorare ulteriormente il già precario meccanismo di smaltimento dei rifiuti in un territorio degradato e inquinato. Un sistema parallelo contro il quale la Regione ha annunciato che si costituirà parte civile:
«Non staremo a guardare – ha detto Andrea Cozzolino, assessore all’agricoltura e alle attività produttive – e avremo un ruolo attivo nei processi sullo sversamento illegale dei rifiuti tossici e sul traffico di suini infetti». accuse circostanziate, fondate sul contenuto di centomila intercettazioni telefoniche riscontrate da filmati, sequestri, fotografie. E tali le ha ritenute il gip di Sala Consilina che ieri mattina ha interrogato Angelo Di Candia e Biagio Di Gruccio, agricoltori di Teggiano che avevano accettato di nascondere i fanghi di depurazione nei loro terreni. Il giudice, dopo averli interrogati, ha confermato la detenzione, ritenendo che gli indizi di colpevolezza fossero gravi e circostanziati, così come il pericolo di inquinamento delle prove. Atti che poi sono stati trasmessi, per competenza territoriale, al Tribunale di Santa Maria e al giudice Egle Pilla – che aveva seguito le indagini dei due precedenti tronconi dell’inchiesta «Chernobyl» – che stamattina interrogherà gli altri fermati. Un lavoro diviso tra vari magistrati, sia in provincia di Benevento (dove gli interrogatori dei tre arrestati sono iniziati ieri sera), sia a Napoli, e che dovrebbe concludersi oggi. Motivando le ragioni per le quali i due agricoltori devono restare in carcere, il gip di Sala Consilina ha dato molto spazio alla rilevanza sociale e sanitaria dello smaltimento illegale dei rifiuti provenienti dai quattro depuratori della Campania (ora tutti sequestrati) e ceduti come compost. E soprattutto alla consapevolezza del pericolo. Consapevolezza che traspare in molti passi delle intercettazioni telefoniche allegate al decreto di fermo.
Significativa quella tra una impiegata di Naturambiente – società di compostaggio di Castelvolturno e la madre.
È il pomeriggio del 9 febbraio 2006 quando la ragazza, si chiama A., chiama casa, una telefonata di routine nella quale s’informa su cosa la mamma stesse facendo. E lei: «Guardo la televisione e poi devo preparare i broccoli». Ed ecco che scatta il campanello d’allarme. A. si preoccupa, vuole sapere dove li ha comprati: «Vedi come sono, sono buoni ? Tu come li vedi ?». La madre la rassicura, lei spiega: «Mi metto paura perché sono delle terre di Natura».
Poi aggiunge: «Però sono i nuovi, adesso sono buoni». Ma la mamma non è convinta, sa che la «robaccia» è stata sepolta un po’ ovunque: «Perché stanno da qua, da lì, intorno a lì….».
Ma A. chiarisce che a Mondragone non ci sono. E i broccoli che si vendono a Castelvolturno arrivano proprio da Mondragone.
By Rosaria Capacchione – Tratto da: http://www.ilmattino.it
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Rischio ecologico anche per il ciclo dell’azoto
La produzione massiccia di fertilizzanti e l’uso di combustibili fossili ha immesso nell’ambiente un’enorme quantità di composti reattivi dell’azoto.
Due nuovi articoli firmati da importanti studiosi pubblicati sull’ultimo numero della rivista “Science” discutono dell’impatto che le attività umane, tra cui la produzione di cibo e di energia, stanno determinando sull’accumulo di azoto nel suolo, nelle acque, nell’atmosfera e nelle zone costiere degli oceani, contribuendo all’effetto serra, all’inquinamento, alle piogge acide, alle zone morte lungo le coste e all’impoverimento dell’ozono nella stratosfera.
“L’opinione pubblica non è molto informata sull’azoto, ma per molti aspetti si tratta di un problema grave quanto quello del carbonio, in virtù anche delle interazioni tra i due elementi, dal momento che la loro produzione è intrinsecamente collegata alla produzione di cibo e di energia. E anch’essa pone anche notevoli problemi dal punto di vista ambientale globale”, ha spiegato James Galloway, docente di scienze ambientali dell’Università della Virginia, coautore di entrambi gli articoli.
“Stiamo accumulando azoto reattivo nell’ambiente con una velocità preoccupante, ponendo un rischio per l’ambiente simile a quello del biossido di carbonio. Aspetto unico e sconvolgente è il fatto che un solo atomo di azoto rilasciato nell’ambiente possa causare una cascata di eventi che produce come risultato una perturbazione dell’equilibrio naturale dell’ecosistema e in definitiva anche un rischio per la nostra salute”, Galloway.
Nella sua forma inerte, l’azoto è innocuo ed estremamente abbondante, dal momento che costituisce il 78 per cento dell’atmosfera terrestre. A cominciare dal secolo scorso tuttavia, la produzione massiccia di fertilizzanti a base di azoto e la combustione su larga scala di combustibili fossili ha fatto sì che un enorme quantità di composti reattivi dell’azoto, come l’ammoniaca, siano entrati nell’ambiente.
Un atomo di azoto inizialmente parte di un composto che finisce nell’atmosfera può in seguito depositarsi nei laghi e nelle foreste come acido nitrico, nocivo sia per i pesci sia per gli insetti. In seguito, trasportato verso le coste, lo stesso atomo di azoto può contribuire al fenomeno della fioritura algale e a quello delle “zone morte”, in cui un forte deficit di ossigeno porta a un notevole depauperamento delle forme di vita. Infine l’azoto viene riportato nell’atmosfera come parte del gas serra ossido di di azoto, che distrugge l’ozono atmosferico.
Nell’ambito dello studio oggetto del secondo articolo, firmato da autori della Texas A&M University e dell’Università dell’East Anglia (UEA) si è calcolato che circa il 30 per cento dell’azoto che entra negli oceani di tutto il pianeta dall’atmosfera deriva dalle attività umane.
Ciò ha importanti conseguenze per il cambiamento climatico globale poiché l’azoto aumenta l’attività biologica marina e l’assorbimento del CO2, che a sua volta produce ossido di azoto. Al fine di ridurre l’impatto del problema gli autori auspicano che si arrivi a un maggior controllo dell’uso di fertilizzanti in agricoltura e del consumo dei combustibili fossili per la produzione energia e per il traffico veicolare. (fc)
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica.it
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Glifosato (Roundup), disseccante pericolosissimo secondo una ennesima e recente ricerca, ed altamente inquinante nelle falde acquifere e nel cibo…
…usandolo gli agricoltori percepiscono addirittura i Pagamenti Agroambientali europei !!
Appello per gli immediati divieti, ai sensi degli art. 9, 32, 41, 44 della Costituzione della Repubblica italiana.
All’attenzione degli organismi pubblici competenti in materia:
dopo il Rapporto ISPRA 2013 su acqua e pesticidi, che ha trovato come prioritario inquinante in falda il diserbante sistemico glifosato e suoi metaboliti, vi invio in allegato un altro autorevole studio scientifico che afferma la pericolosità del glifosato su numerose malattie e conclude…
“Il Glifosato persiste nel cibo (sono ammessi infatti limiti di tolleranza, ndr) e, contrariamente a quanto si pensa sulla sua innocuità, potrebbe essere l’agente chimico biologicamente più distruttivo presente nell’ambiente”.
Un secondo allegato riguarda l’articolo di rewiew scientifica sui danni del Pesticidi sulla Salute Umana, della Dr.ssa Patrizia Gentilini
E’ necessario pertanto il Divieto immediato dei disseccanti chimici da qualsiasi uso !
Così come è necessario vietare tutti i Pesticidi chimici per i cui usi sono disponibili alternative biologiche regolarmente registrate al commercio e, pertanto, sottoposte alle relative prove di accertata efficacia, senza “controindicazioni”.
Si attivino in tal senso a partire dai disseccanti (Glifosato, Glufosinate ammonio, ecc):
– i Sindaci, tutori della salute dei propri cittadini (e i cittadini con le necessarie diffide ai Sindaci)…con i divieti d’uso agricolo nei territori comunali e lungo le strade, spazi pubblici e privati, ecc…
– le Regioni, eliminando la possibilità di impiego agricolo del Glifosato, dai disciplinari a partire dall’Agricoltura Integrata e da ogni impiego agricolo, vista la responsabilità delle regioni in materia e l’obbligo dell’Agricoltura Integrata in tutti gli ambiti, in base al recente D. Lgsl n. 150 del 14 agosto 2012, sull’Uso sostenibile degli Agrofarmaci (Pesticidi)…Regioni che oggi, purtroppo, erogano addirittura enormi risorse dei fondi agroambientali europei per l’agricoltura integrata, palesemente falsificata… laddove nei disciplinari che la regolano è possibile impiegare il disseccante Glifosato, prima della semina dei cereali e per disseccare le file delle coltivazioni arboree (viti, ulivi frutteti…), percependo contributi che in realtà sono destinati alla sostituzione dei prodotti chimici di sintesi in agricoltura.
Il disseccante chimico, oltre che pericolosissimo per la salute, come dimostrano le ricerche allegate, è agronomicamente assolutamente inutile e dannoso per la fertilità del terreno in quanto:
– l’erba si deve interrare con la preparazione del terreno prima della semina, con semplici attrezzi meccanici, come si è sempre fatto nella storia dell’Agricoltura… incrementando in tal modo l’humus dei terreni e fissando il Carbonio atmosferico (protocollo di Kyoto)
– il disseccante distrugge l’erba che protegge dall’erosione delle piogge, esponendo i territori drammatiche alluvioni, e i terreni stessi all’erosione, con notevole perdita di fertilità e danni ambientali (tutelati dall’Art. 44 e 9 della Costituzione Italiana), con possibile minaccia per la sovranità alimentare nazionale
– I disseccanti espongono i terreni allo sviluppo di patologie delle coltivazioni per lo squilibrio microbico conseguente nei terreni, come confermano le ricerche americane
Inoltre, i disseccanti provocano enormi danni paesaggistici per la colorazione arancio delle zone irrorate.
– il Ministero della Sanità (e i collegati Ambiente e Agricoltura), deve prendere atto di tali risultanze scientifiche e revocare dal commercio per ogni uso qualsiasi disseccante chimico di sintesi, oltre a tutti i pesticidi per i quali siano disponibili alternative registrate in commercio.
L’uso degli Agrofarmaci di sintesi deve essere prescritto, e solo in caso di assoluta necessità, esclusivamente da tecnici abilitati, esperti fitoiatri, per eventuale insufficienza delle tecniche alternative disponibili, che devono essere impiegate, in ogni caso, in forma obbligatoria e prioritaria, in quanto il loro maggior costo è sostenuto proprio dai pagamenti agroambientali europei… attivi ormai da 20 anni !!! (pagamento di servizio alla collettività)
Soldi coi quali l’Italia ha, al contrario di altri paesi europei, incrementato la vendita di pesticidi chimici di sintesi, negli ultimi 20 anni… una truffa, “malamente legalizzata”, dalle proporzioni e conseguenze enormi, sulla salute e l’ambiente e sull’economia agricola e nazionale, più volte censurata dalla Corte dei Conti UE.
Gli agricoltori sono le prime vittime dell’uso di tali sostanze, correlate a numerosissime patologie degenerative.
By Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo – Studio AGERNOVA – Servizi Avanzati per l’Agroecologia e la Ricerca – Loc. Viepri Centro 15, 06056 Massa Martana (PG) – tel 075-8947433, Cell 347-4259872
vedi: Che cosa e’ il Compostaggio ?
vedi anche: http://www.legambienteviterbo.org/sviluppo_ambiente/compostaggio.htm
Finti alimenti bio per un valore di 20 milioni: frode a Caserta
Ennesimo bio-scandalo …evitabile dal 2007, visto che la certificazione biologica la paghiamo con le nostre tasse… – By Giuseppe Altieri, Agroecologo
Bisogna potenziare il controllo Biologico da parte degli Enti di certificazione, interrompendo il conflitto di interessi tra l’azienda agricola biologica e l’ente di certificazioni da essa pagato.
Azzerando nel contempo la tolleranza di pesticidi nei prodotti biologici, attraverso l’obbligo di fasce di rispetto da parte dei confinanti, dove si possano usare solo Prodotti Fitosanitari biologici.
Dal 2007 le aziende biologiche non devono più pagare la certificazione dei loro prodotti in quanto questa viene addebitata alla collettività attraverso i fondi europei di sviluppo rurale della PAC. Sono previsti 3.000 €/annui per azienda agricola come copertura dei costi di certificazione biologica, con cui si potrebbe allestire un super sistema di controllo biologico. Perchè allora si continua a rimborsare il produttore agricolo che paga l’ente di certificazione biologica, creando un conflitto d’interessi tra certificatore e certificato? (con pesanti burocrazie per le richieste di rimborsi e costi ulteriori per gli agricoltori, ndr). Oltrettto peggiorando il sistema di certificazione bilogica, nel momento in cui gli enti di certificazione, per accaparrarsi il cliente, effettuano preventivi sui prezzi di certificazione al ribasso.
Il Dr. Carnemolla, segretario Federbio, può certificare che la spesa media di certificazione per azienda biologica in Italia è di ca. 800 € /anno… invece dei possibili 3.000 € annui, disponibili dai fondi europei di Sviluppo Rurale ed erogati attraverso gli assessorati agricoltura delle regioni, coordinate dal Ministero Agricoltura attraverso il Piano Agricolo Nazionale.
Dobbiamo immediatamente interrompere questo stupido conflitto di interessi, che danneggia anche gli stessi enti di certificazione biologica, i quali perdono oltre 2.000 €/annui per azienda certificata biologica… soldi che ritornano al Bruxelles o, peggio, finiscono in sistemi di certificazione arbitrari e senza sostanza come la Produzione Integrata… le IGP o le DOP a base di Pesticidi chimici…
SIANO LE REGIONI A PAGARE GLI ENTI DI CERTIFICAZIONE BIOLOGICA
Mentre invece, con 3.000 €/annui è possibile potenziare i controlli sul campo durante la coltivazione, con campionature ed analisi chimiche sui pesticidi che sono vietati nella coltura biologica, gli unici controlli che garantiscono la reale produzione biologica. Con tolleranza zero, ovviamente, in quanto questo è il diritto del produttore biologico nei rapporti di vicinato con aventuali agricoltori inquinanti che usano pesticidi (sentenza del Tribunale di Pistoia, nel 2011). E non può essere la vittima a pagare i danni delle eventuali derive chimiche, perdendo le certificazioni biologiche nelle zone di confine con aziende chimiche, bensì dev’essere l’agricoltore chimico che deve mantenere fasce di rispetto di almeno 200 metri per azzerare le derive chimiche verso il produttore biologico, fasce in cui può usare solo antiparassitari biologici, oltretutto molto efficaci…
E passare, in tal modo, da una “certificazione di processo” alla vera certificazione di “prodotto” biologico, come pretende il consumatore.
Possiamo pagare almeno 5-6 analisi chimiche all’anno e sopralluoghi di controllo corrispondenti da parte degli ispettori durante il ciclo di coltivazione; e rimarrebbero molti più soldi nelle tasche degli enti di certificazione, per le burocrazie necessarie nelle filiere biologiche.
Sono quasi 20 anni che ripeto le stesse cose…
Ci dev’essere qualche interesse anomalo a depotenziare il sistema di certificazione biologica… che invece di azzerare la deriva chimica aumenta di 10 volte la tolleranza “illegittima” di pesticidi nei prodotti biologici…
Intanto, in Italia il mercato Biologico cala… per mancanza di fiducia dei consumatori, che sempre più si rivolgono direttamente alle aziende biologiche attraverso gruppi di acquisto diretti e controlli personali sui produttori…
E cio non è un bene ma la semplice reazione dei “Consumattori” (con 2 tt e la C maiuscola)
Finti alimenti bio per un valore di 20 milioni: frode a Caserta
Una grossa frode è stata scoperta nel mondo del biologico grazie a un’indagine condotta dall’Unità investigativa dell’Icqrf e dalla Guardia di Finanza di Caserta. So sette gli indagati dal Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per frode in commercio e reati di associazione a delinquere e per aver distribuito (tra il 2016 e il 2022) ingenti quantitativi di prodotti agroalimentari falsamente dichiarati come biologici con un giro d’affari superiore ai 20 milioni di euro. Secondo quanto riportato dal quotidiano Caserta News la truffa vedeva la partecipazione di due imprese di trasformazione e di un’azienda ortofrutticola biologica oltre a un imprenditore della provincia di Catania e un altro con un’impresa in provincia di Cuneo. L’indagine è stata avviata sulla base delle segnalazioni del sistema Ofis (Organic Farming Information System) che hanno permesso di individuare la truffa.
Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio, ha commentato la notizia sull’indagine portata avanti dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere dicendo che episodi come quelli del casertano costituiscono un grave danno di concorrenza sleale per tutti i produttori biologici onesti, pregiudicando anche i cittadini che scelgono un’alimentazione sostenibile a base di prodotti bio”. La Federazione propone soluzioni concrete per migliorare il sistema dei controlli che integrano le moderne tecnologie digitali per garantire un monitoraggio, preciso e in tempo reale, delle tecniche di produzione e una vera tracciabilità anche nel caso di filiere complesse.
By Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo – Studio AGERNOVA – Servizi Avanzati per l’Agroecologia e la Ricerca Docente di Agroecologia, Fitopatologia, Entomologia e Biotecnologie – Ist. Agrario Todi “A. Ciuffelli”
Loc. Viepri Centro 15, 06056 Massa Martana (PG) – tel 075-8947433, Cell 347-4259872
http://www.agernova.it – www.cibusinprimis.it