http://www.sapereeundovere.it/pericoli-ogm-rivelati-da-un-ex-scienziato-del-governo-degli-stati-uniti/
Una petizione da firmare per la salvaguardia della biodiversità rurale e per il libero scambio di semi e piante fra contadini
Perché non ci può essere diritto di scambio di semi e piante fra contadini ?
Perché i contadini a causa della legislazione che lo proibisce devono scambiarsi tra di loro illegalmente le varietà del loro territorio o della loro tradizione, quelle che loro stessi si tramandano e sanno autoriprodursi, quelle che a volte fanno a meno dei pesticidi e resistono meglio alle avverse condizioni ambientali ?
BIODIVERSITA’ – La battaglia delle sementi
Condividere equamente le risorse alimentari e agricole fra agricoltori e ricercatori di diversi paesi. Lo stabilisce un Trattato discusso a Roma. Non senza polemiche
http://www.galileonet.it/primo-piano/9139/la-battaglia-delle-sementi
La regolamentazione del movimento dei semi che si applica in Italia, la stessa per tutte le nazioni europee, mette praticamente fuorilegge ogni seme non iscritto ai registri delle varietà ammesse alla vendita istituiti fin dal 1970.
Ma con il passare degli anni dalla istituzione di questi registri, le leggi sono gradualmente diventate più restrittive al punto da non permettere nemmeno lo scambio gratuito di semi fra produttori.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 9 maggio 2001 rende in effetti impossibile ogni cessione o movimento di semi non registrati; mentre il trattato UPOV91 intacca il diritto di risemina dell’agricoltore, ovvero il privilegio che l’azienda agricola ha di riseminare traendo seme da una parte dei propri raccolti.
D’altra parte, con l’introduzione in coltivazione delle varietà OGM si apre il rischio della impollinazione spontanea da parte di queste sulle varietà contadine che a quel punto, ibridandosi con le varietà OGM che sono brevettate, diventerebbero automaticamente di proprietà della ditta sementiera che detiene il brevetto e quindi i loro semi non potrebbero essere più riseminati.
Intanto, le varietà di pubblico dominio, ovvero quelle che sono frutto di selezioni fatte più di trentacinque anni fa e che non pagano royalties a nessuno perché sono patrimonio collettivo in quanto antiche varietà, vanno gradualmente a perdersi, cancellate dai registri europei e sono destinate alla probabile estinzione e a essere completamente sostituite da ibridi F1, i cui semi non si possono riseminare se non penalizzando fortemente la possibilità di raccolto. Oggi, oltre il 90% delle sementi delle varietà commerciali di cetrioli, cocomeri, pomodori, melanzane, zucchine, meloni e peperoni sono ibridi e meno del 3% sono le varietà più vecchie di trentacinque anni.
In alcune nazioni europee si è riconosciuta l’esistenza e la possibilità di vendita di alcune varietà storiche, recependo una parte della direttiva CEE su cui si fonda il già citato DPR 322/2001, tuttavia è stata proibita la vendita dei prodotti di quelle varietà e sono state destinate al solo uso personale. Inoltre si è chiesto una tassa annuale di registrazione che penalizza i piccoli produttori e distributori di sementi. In Italia non è stata fatta neppure questa applicazione, esponendo il nostro ricco patrimonio storico varietale di semi alla biopirateria e alla copiatura.
Inoltre le varietà moderne, sia ortive sia agrarie, sono commercializzate con l’unico scopo di favorire una agricoltura industriale e la grande distribuzione organizzata. Gli ortaggi devono essere capaci di superare raccolte meccaniche, imballaggi meccanizzati, lunghi viaggi refrigerati. Devono avere una maturazione uniforme per favorire la raccolta simultanea, dipendono dalla chimica sia per le concimazioni sia per i trattamenti fitosantari.
Devono avere un bell’aspetto ma spesso mancano di un buon sapore. Non sono certo adatti per gli orti familiari e per la vendita diretta di prodotti in fattoria.
Purtroppo questo avanzare di varietà sempre più tecnologiche sembra inarrestabile, ma ciò non ha nulla a che vedere con la possibilità di far circolare ancora, e con una certa libertà, le varietà locali e tradizionali.
Perchè autorizzare OGM e ibridi e allo stesso tempo ostacolare in tutti i modi la libera circolazione di semi non registrati ? Dobbiamo intuire che la volontà del legislatore sia quella di eliminare ogni possibile alternativa all’industria della genetica alimentare e alle sue sementi ?
Un ritorno alla biodiversità rurale nei campi invece è auspicabile, non solo per un recupero di sapori e aromi di cui le modernità sono povere, ma anche di colori e forme che rendono piacevole mangiare e per favorire il movimento del cibo locale, ovvero della vendita diretta di prodotti di fattoria.
L’assurdo è invece che anche un semplice seme di pomodoro tradizionale e contadino, solo perché non registrato, diventa un seme proibito.
La iscrizione nei registri di una varietà è una pratica amministrativa lunga e costosa, inaccessibile agli agricoltori, una via impraticabile per le varietà contadine. È quindi urgente togliere queste regolamentazioni e lasciare piena libertà di scambio e diffusione gratuita delle varietà storiche italiane:
- per preservare la biodiversità rurale
- per una agricoltura ricca e variegata
- per il diritto alla alimentazione libera e sana
- per riconoscere il valore della nostra civiltà contadina
Noi chiediamo:
- l’applicazione della direttiva CEE (98/95) finora disattesa dai governi e la creazione di una lista nazionale che raccolga le varietà locali o dei territori o contadine;
- l’iscrizione libera e gratuita su questa lista per le varietà di coloro che conservano, selezionano e diffondono questa biodiversità;
- che i criteri di iscrizione siano adattati alle particolarità di queste varietà locali, spesso non uniformi o stabili come quelle selezionate;
- uno spazio di libertà totale per scambi liberi di piante e sementi contadine (in quantità corrispondenti ai bisogni di una piccola fattoria), nel rispetto delle precauzioni fitosanitarie essenziali.
Partecipa alla petizione lasciando la tua firma ! : VAI ALLA PETIZIONE ON LINE
Questa petizione è organizzata da: Civiltà Contadina (Cesena) – Consorzio della Quarantina (Genova) – Damanhur (Vidracco TO) – GRTA onlus (Cesena) e sostenuta da : www.lifegate.it – www.informationguerrilla.org
Articolo tratto da: biodiversita.info
http://www.eticamente.net/40442/guida-per-lorto-sinergico-come-realizzare-lorto-piu-naturale-assoluto.html
India, echi di una strage (suicidi degli agricoltori, le cause) – 23/09/2016
http://temi.repubblica.it/micromega-online/india-echi-di-una-strage/
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SALVIAMO I NOSTRI SEMI !!
Drammatico appello del Dr. Pietro Perrino del CNR – Banca di oltre 84.000 specie di Semi di Bari a Rischio/Bari seed collection at Risk of extinction
TROVATE UN PO’ DI TEMPO PER GUARDARVI UN BREVE FILMATO SULLA BANCA DEL GERMOPLASMA DI BARI, DOVE SONO CONSERVATI OLTRE 89.999 SEMI DELLA TRADIZIONE AGRICOLA MEDITERRANEA, PATRIMONIO FONDAMENTALE PER IL FUTURO DELLA NOSTRA AGRICOLTURA ED ALIMENTAZIONE, OGGI A RISCHIO DI ESTINZIONE PER TRASCURATEZZA.
IL VIDEO E” PRODOTTO DA NICOLETTA FAGIOLO CHE E’ VENUTA A INTERVISTARCI
By Pietro Perrino
Non capisco perche non si sta prendendo una posizione sulla questione della banca del germoplasma di Bari ?
Le ultimissime notizie sono che ora stanno BRUCIANDO i SEMI a Bari per evitare un controllo che proverebbe la loro precaria situazione! Inoltre la collezione di carciofi sta morendo.
http://www.usirdbricerca.info/index.php?option=com_content&view=article&id=1618:il-cnr-corre-ai-ripari-per-salvare-il-carciofo&catid=115:fogliettino&Itemid=531
http://www.usirdbricerca.info/index.php?option=com_content&view=article&id=1510:e-allarme-al-cnr-troppa-acqua-al-carciofo&catid=115:fogliettino&Itemid=531
Un video al riguardo :
Nasce in India il movimento dei semi originari – Chamarajanagar 17 aprile 2006
Un migliaio di contadini provenienti da tutta l’India, hanno percorso centinaia di chilometri, con mezzi di fortuna, per partecipare alla FESTA INTERNAZIONALE dei SEMI che si è svolta il 17 aprile, Giornata Mondiale dei Contadini, al Centro Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile AMRITA BHOOMI – PIANETA IMMORTALE nel Distretto di Chamarajnagar – Stato del Karnataka.
Mysore 18 – 19 aprile 2006
In una sala dell’Università di Mysore, città del Karnataka che si trova a circa 60 chilometri dal Centro AMRITA BHOOMI, si è tenuto, il 18 e 19 aprile, il Simposio Internazionale “Semi e Biotecnologie in Agricoltura”, anch’esso organizzato dal Centro AMRITA BHOOMI. Erano presenti circa 300 persone provenienti da tutto il mondo, con una significativa rappresentanza di organizzazioni di contadini indiani.
Ha aperto la serie degli interventi Devinder Sharma, fondatore del Forum per la Bio-tecnologia e la Sicurezza Alimentare che, dopo aver descritto la crisi dell’agricoltura in India causata dalla rivoluzione verde e aggravata dall’introduzione dei semi OGM che hanno fatto aumentare il numero dei suicidi, ha invitato i contadini a dare inizio al Satyagraha dei semi attraverso l’AMRITA BHOOMI (“Satyagraha” è il nome dato da Gandhi alla disobbedienza civile non-violenta. Esso significa “Lotta per la Verità”).
Così come il Mahatma Gandhi ha organizzato il Satyagraha del sale contro gli inglesi, l’AMRITA BHOOMI organizzerà il Satyagraha dei semi originari affinché i contadini non acquistino più i semi ibridi e OGM dalle multinazionali e possano conquistare la libertà di scambiare e vendere i semi originari.
Hanno partecipato al Simposio anche gli scienziati indipendenti, ex ricercatori al Rowett Institute di Aberdeen (Inghilterra), Dr. Arpad Pusztai, che ha esposto i risultati dei suoi studi sugli effetti dei cibi OGM sulla salute e Dr. Susan Bardocz che ha parlato dei danni causati dall’agricoltura chimica e dagli OGM indicando l’agricoltura biologica come unica strada percorribile per il futuro.
Un rappresentante del Movimento per la Protezione dei Semi Originari Locali dello Sri Lanka, dopo aver parlato del loro lavoro per salvare, conservare, produrre e distribuire i semi di 100 varietà originarie di riso, ha donato al Centro Amrita Bhoomi alcuni semi originari con un gesto pubblico molto importante e significativo, perché la legge vieta lo scambio dei semi.
Ha chiuso la serie degli interventi Subhash Palekar, leader del Movimento dell’Agricoltura naturale in India, che sta coinvolgendo un numero crescente di contadini. L’agricoltura naturale, oltre a non utilizzare le sostanze chimiche, esclude anche la lavorazione del terreno.
Non richiede alcun investimento e fa aumentare la quantità dei raccolti, permettendo così ai contadini di essere autosufficienti facendo rinascere la Madre Terra. Subash Palekar ha indicato nel Centro AMRITA BHOOMI il sistema parallelo, l’alternativa attraverso la quale i contadini indiani possono combattere le multinazionali.
Il Centro si propone infatti di diventare un punto di riferimento, di informazione e di aiuto ai contadini che – dopo aver fatto l’esperienza dell’agricoltura chimica utilizzando semi ibridi e transgenici, con gravi conseguenze per la loro economia, per la loro salute e per l’ambiente – vogliono tornare a praticare l’agricoltura biologica e/o naturale utilizzando i semi originari locali. Per questo l’obiettivo principale del Centro AMRITA BHOOMI è la salvaguardia, la produzione e la distribuzione di semi locali puri, non ibridi e non manipolati geneticamente, che i contadini possono conservare ogni anno per la semina successiva, un patrimonio preziosissimo non solo per i contadini indiani, ma per tutta l’umanità.
Nei tre giorni della Festa dei Semi e del Simposio il Centro ha confermato la sua capacità di essere un vero punto di riferimento per tutti coloro che vogliono agire nel modo giusto contro gli OGM, l’inquinamento e la speculazione sulla vita e sulla salute dell’Umanità, anche attraverso azioni di disobbedienza civile non violenta che l’India ha imparato dal Mahatma Gandhi e dal Prof. M.D.Nanjundaswamy, fondatore dell’Organizzazione dei contadini del Karnataka, scomparso due anni fa, insieme al quale l’Associazione SUM ha ideato e fondato il Centro Amrita Bhoomi.
L’attiva partecipazione dell’Associazione SUM al Progetto Amrita Bhoomi nasce dalla consapevolezza che tutto è collegato, tutto è interdipendente, tutto è UNO. Nel suo discorso di apertura della Festa dei Semi, Daniela Comendulli, presidente dell’Associazione SUM, ha detto: “Oggi è un giorno importante per tutti gli abitanti della Terra, tutti quanti, senza divisione di colore, ideologie, caste, religioni, siamo uniti in un unico Progetto, l’AMRITA BHOOMI, faro di luce nel mondo, quale modello, esempio alternativo ad un sistema che non ci sta portando alla vita, alla gioia di esistere, come dovrebbe essere, bensì alla morte, infatti ci sono nel mondo troppe guerre, ingiustizie e miserie. L’uomo deve riappropriarsi della sua vita, dei suoi diritti di vivere in pace e autosufficiente. Porteremo in Italia e in Europa quanto oggi testimoniamo, perché si sappia che, se si vuole, oggi l’alternativa c’è, un modello di vita a cui tutti possiamo riferirci c’è.
Il Centro AMRITA BHOOMI è il seme di un Mondo Nuovo fondato sulla collaborazione e sul rispetto per la natura e per tutti gli esseri viventi. È unico al mondo nel suo genere perché ha fatto sua la DICHIARAZIONE DEL SUM la quale indica le soluzioni per risolvere alle cause i vari problemi che affliggono l’Umanità.”
L’associazione SUM invita tutti a collaborare affinchè il Centro AMRITA BHOOMI che si sta realizzando nel Karnataka possa crescere e svilupparsi rapidamente e il modello Amrita Bhoomi-Pianeta Immortale possa moltiplicarsi ovunque per proteggere la salute e la vita di noi tutti.
Per maggiori informazioni sul Progetto “AMRITA BHOOMI – PIANETA IMMORTALE” e per collaborare alla sua realizzazione contattare l’Associazione S.U.M. – Stati Uniti del Mondo – Casella Postale n° 4 –
73024 MAGLIE (LE) – e.mail: statiunitidelmondo@tin.it
Fonte: www.associazionesum.it
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L’arca di NOE’ per i SEMI delle piante – Un deposito sepolto nei ghiacci del Polo Nord custodirà i semi vegetali del pianeta. Al riparo da apocalissi climatiche sempre più probabili.
Noi come Noè, costretti a costruire un bunker sotto i ghiacci delle isole Svalbard dove conservare le copie dei semi di tutte le piante commestibili.
Che cosa ci spinge a una simile decisione ? Quale pericoli corre l’agricoltura di fronte all’aumento della popolazione, delle malattie e del riscaldamento globale ? Come salvare la biodiversità agricola ?
«Panorama» ha immaginato il futuro, sulla base di tutto quello che sta già succedendo.
Entro il 2060 un terzo delle specie vegetali della Terra potrebbe estinguersi per colpa dei cambiamenti del clima.
RISORSE PREZIOSE – Alcune delle specie nella banca dei semi.
Perché conservare:
RISO: è una delle cinque fonti alimentari fondamentali per l’uomo.
MAIS: insieme al riso e alla patata. Costituisce oltre metà dell’apporto calorico per l’umanità.
FRUMENTO: è la più importante fonte di cibo nelle zone temperate.
PATATA: mantenerne la variabilità genetica la protegge contro le malattie.
PISELLO: è vulnerabile alla siccità. In molti paesi se ne sono perse numerose varietà.
BANANA: ha un alto valore nutritivo, ma è minacciata da molte malattie.
MELA: molte varietà sono sparite. In agguato funghi o parassiti.
I posteri diranno che la storia ebbe inizio lontano lontano nel tempo, quando nella Mezzaluna fertile i loro antenati iniziarono a coltivare la terra. Continueranno il racconto finché giungeranno a una data fatidica: l’anno 2007.
Fu allora, diranno, che gli umani diedero inizio alla costruzione dell’arca, contenente tutti i semi delle varietà di piante commestibili: per ogni vegetale un esemplare del seme, rutti insieme conservati in un luogo segreto, sepolti nella roccia e al sicuro dai pericoli.
Aggiungeranno che alcuni decenni erano ormai passati da quando, terminata la costruzione del deposito, gli umani tornarono in quel luogo. Devastata la natura, ridotto ai minimi termini il numero di specie vegetali, ritrovarono proprio lì, nelle viscere della Terra oltraggiata, il modo di ricominciare.
Presero i semi delle piante estinte e li ripiantarono, finché tutte le cose riacquistarono il loro stato anteriore.
Forse, in futuro, questa sarà una storia vera, anche se somiglierà a un mito e il tempo ne avrà cancellato i dettagli. Siamo noi, ora, che possiamo svelarli, noi che la storia la stiamo vivendo, ignari di quale sarà la conclusione.
Di recente il ministro norvegese dell’Agricoltura, con l’appoggio dei capi di stato di altre quattro nazioni nordiche, e il Global Crop Diversity Trust, programma sostenuto dalla FAO il cui scopo è la conservazione della diversità agricola e la sicurezza del cibo, hanno firmato un accordo per creare una banca dei semi vegetali, senza precedenti nella storia umana.
La banca è un lungo tunnel scavato sotto i ghiacci che ricoprono perennemente l’isola di Spitzebergen, nell’arcipelago delle Svalbard, nel Mar Glaciale Artico. In fondo al deposito, profondo centinaia di metri e rivestito di cemento armato, saranno custoditi 3 milioni di sementi: gli esemplari di tutte le colture conosciute utili all’uomo, di tutti i semi presenti nelle 1.400 banche di semi della Terra e di tutte le varietà di cereali e legumi coltivate nelle zone più remote, destinate a scomparire, spazzate via dalla globalizzazione.
Intorno al deposito, regnerà il silenzio delle distese di permafrost. Nessun uomo a custodire quel tesoro, solo i temibili orsi polari che vivono nell’isola.
Né una guerra nucleare, né il riscaldamento climatico, né i cattivi sistemi di gestione agricola, né un disastro ambientale potranno distruggerlo. Sarà una specie di ultima difesa in caso di disastro su scala globale, il rimedio ultimo per non perdere le varietà di piante oggi in pericolo. Anche nella peggiore delle previsioni climatiche la temperatura nel deposito non salirà entro 100 anni sopra i -3,5 gradi, impedendo ai semi di germinare.
Così le sementi della maggior pane delle colture alimentari potranno rimanere inutilizzate per centinaia di anni, quelle di molti cereali per 1.000 anni.
Noi come Noè: costretti a costruire un’arca di tutte le varietà vegetali. Troppe cose hanno reso necessaria una tale decisione. Un susseguirsi di fatti accaduti negli ultimi anni ci ha fatto pensare quanto la ricchezza biologica, per-sino quella che ci serve per nutrirci, sia a rischio.
Cito un momento preciso della storia quando, come ricorda il bio-geografo Jared Diamond, il primo uomo, senza sapere cosa stava facendo, trasformò le prime mandorle velenose selvatiche (o qualche altro frutto non commestibile) in commestibili. Ebbe inizio l’agricoltura. Grano e orzo si cominciarono a coltivare 10 mila anni fa, i piselli attorno all’8.000 a.C, olive, fichi, datteri, melograni e uva nel 4.000 a.C. Le fragole furono per la prima volta coltivate dai monaci medioevali; mirtilli, more, kiwi e noci pecan sono arrivare in tempi recenti.
Così i coltivatori, in previsione del raccolto dell’anno successivo, impararono nel tempo a scegliere per la riproduzione le piante con le migliori caratteristiche. Nel far questo, però, badarono a conservare diverse varietà della stessa specie in modo da non avete nei campi semi quasi identici geneticamente. Non sfuggiva loro che alcune varietà erano più produttive in certe annate e non in altre.
L’agricoltura si arricchì di colori, forme, sapori, odori e infinite altre caratteristiche. E questa abbondanza, che gli scienziati chiamano biodiversità, viene ancora tramandata dai contadini delle zone più povere del monde, secondo la FAO, 30 varietà di riso vengono coltivate da alcune famiglie indiane in un’area di una cinquantina di ettari, e 60 varietà di sorgo in una zona in cui ci sono poche centinaia di contadini etiopi.
A un certo punto accadde però che gli uomini, forti dell’aiuto di pesticidi, fertilizzanti, trattori, irrigazione, pensarono di poter fare a meno della biodiversità; e si spesero per creare varietà ottimali, adatte a rutti i luoghi e i climi, ma incapaci di sopravvivere senza agenti chimici.
Il resto è storia recente. La biodiversità agricola è calata costantemente, con una brusca accelerazione negli ultimi 50 anni. E i dati FAO, citati nel libro appena uscito Biodiversità del genetista Marcello Buiatti, sono impressionanti: su 7 mila specie vegetali per la produzione di cibo, oggi se ne coltivano 30.
«In Cina nel 1949 c’erano 10 mila varietà di grano, nel 1970 erano 1.000; in Usa si è perso l’86 per cento delle varietà di mele, il 95 dei cavoli, il 94 dei piselli, l’81 % dei pomodori» scrive Buiatti. «In Messico dal 1930 a oggi è stato eliminato l’8O per cento delle varietà di mais, in Corea il 75 per cento dell’agrobio-diversità”.
Anche la banana, sostiene Cary Fowler, executive director del Global Crop Diversity Trust, è una pianta che corre rischi. Milioni di persone, specie in Africa, se ne nutrono e il consumo prò capite in certi luoghi supera 1 chilo al giorno; questo frutto esiste però solo in una mezza dozzina di varietà, minacciate da molte malattie.
Sarà difficile che le poche varietà che sostengono l’intera industria possano sopravvivere. Servono disperatamente altre varietà ora in disuso, e questa è la ragione per la quale le collezioni esistenti sono così importanti.
“Fin qui parliamo di varietà, piante che hanno particolari caratteristiche entro una stessa specie. Ma esiste un altro problema: alcune specie di piante sono sotto utilizzate dalla popolazione mondiale.
Stefano Padulosi, senior scientist del programma Diversity for livelyhood dell’agenzia Biodiversity internarional, spiega che si trarrà di migliaia di specie che potrebbero dare all’umanità un vantaggio in termini nutrizionali e di sicurezza alimentare.
Molti gli esempi: la quinoa in Perù, la bambara groundnut nell’Africa subsahariana (con alto valore nutrizionale e capace di crescere in ambienti difficili), l’acerola (Malpighia glabra), che cresce in America centrale e meridionale, ha un contenuto di vitamina C decuplo del kiwi; la Citrullus colocynthis, una zucca indigena dell’India estremamente resistente alla siccità (per questo sarebbe importante conservarla).
Oppure, in Italia, i peperoni di Senise e della Basilicata, le lenticchie di Castelluccio in Umbria, i fagioli di Polizzi Generosa, le fave di Caltavturo…
Il compirò che si trovano davanti i ricercatori del Biodiversity international (a Maccarese, Roma) è impegnativo: promuovere un uso migliore della biodiversità locale per meglio affrontare sfide del millennio come povertà, malnutrizione e degrado ambientale; rivalutare centinaia di specie e varietà trascurate, ma di importanza spesso vitale per il benessere delle popolazioni del mondo.
Da decine di anni si costruiscono banche genetiche vegetali in singoli paesi. Ma non sono al sicuro da guerre o disastri climatici. Le ultime notizie lo confermano: i diastri ambientali sono aumentati dal 1997 al 2003 di due terzi.
Nel settembre scorso, sotto la spinta del tifone Xangsane, un muro di acqua e fango ha spazzato via la banca nazionale delle Filippine distruggendo le collezioni e danneggiando le coltivazioni di banane che fungevano da banca genetica, visto che queste piante non si riproducono con i semi.
In Afghanistan, nel 1992, i mujaheddin avevano distrutto la collezione dei semi di Kabul. Così, le nuove collezioni erano state nascoste in una casa di Jalalabad, per finire nelle mani di saccheggiatori ai quali servivano solo i contenitori di plastica che custodivano i semi.
In Iraq, ad Abu Ghraib, vi è un posto ora tristemente noto per gli incidenti accaduti nella prigione locale. Ma era anche la sede della banca genetica nazionale dell’Iraq. Durante i combattimenti i saccheggiatori svuotarono l’edificio di rutto: porte, finestre, mobili, contenitori dei semi.
L’Iraq, il posto più ricco di diversità per raccolti come frumento, orzo, segale, lenticchie e uva, ha perso tutte le sue collezioni.
Qualche anno fa, un’insurrezione etnica nelle isole Salomone portò alla distruzione delle collezioni di igname e manioca, prodotti base.
Secondo Julian Laird del Global crop diversity trust, da queste lezioni si ricava che le banche nazionali lavorano in isolamento, invece occorre un sistema coordinato per conservare la diversità agrobiologica.
Le collezioni devono essere duplicate e poste in un luogo sicuro. Ecco l’idea dell’arca dei semi.
Il processo per arrivare alla sua costruzione è stato lungo. Nel 2004 è entrato in vigore il trattato internazionale delle risorse genetiche vegetali per cibo e agricoltura, voluto dalla FAO e ratificato da una quarantina di governi.
Una cornice legale che agevola lo scambio generico fra le nazioni, la loro cooperazione, il potenziamento e il coordinamento delle oltre 1.000 banche del mondo. Queste ultime rimarranno, ma le copie delle loro collezioni saranno conservate nella nuova megabanca sotterranea.
E ora le buone notizie. Il 12 marzo il Global Crop Diversity Trust e l’International Rice Research Institute (Irri) hanno stretto un accordo per creare il più grande deposito di varietà di riso nel mondo. Le prossime generazioni potranno beneficiare di oltre 100 mila campioni di riso. Dopo lo tsunami, per esempio, la banca dell’Irri fornì una varietà di semi di riso capaci di crescere nei suoli resi salati dal mare.
Il 28 marzo la Lipu BirdLife Italia ha comunicato che l’UE ha stanziato 785 milioni di euro per la salvaguardia di specie animali e vegetali del continente europeo.
Tanti piccoli motivi di ottimismo. Non tutto è perduto e forse, come sempre, l’umanità saprà trovare una soluzione ai suoi enormi problemi.
By Luca Sciortino – Tratto da: Panorama n° 17 – 2007
www.croptrust.org + www.terralingua.org + www.fao.org + www.biodiversityinternational.org
vedi: Ortopertutti + Le Piante Aromatiche