ZOOTECNIA: danni ambientali
Se è necessaria meno terra per sfamare un vegetariano rispetto ad un onnivoro, è chiaro che l’impatto ambientale di miliardi di esseri umani che mangiano carne diminuirebbe nettamente nel caso di umanità vegetariana, perché in tal caso non dovranno essere abbattute le foreste per lasciare spazio ai pascoli e si dovrà utilizzare meno energia sotto forma di combustibili fossili per coltivare i campi (e questo a sua volta ridurrà l’emissione di gas serra), meno pesticidi e meno fertilizzanti (entrambe prodotti estremamente inquinanti).
Alcuni dati possono confermare quanto sopra:
nella foresta dell’Amazzonia l’88% dei terreni disboscati è adibito a pascolo. (1)
a partire dal 1960, oltre un quarto delle foreste del centro America sono state spazzate via per ottenere spazio per gli allevamenti. (2)
in Costa Rica, i terreni da pascolo creati dai proprietari fondiari per soddisfare il mercato di carni bovine degli USA hanno distrutto oltre l’83 percento dell’originario patrimonio forestale, causato una diffusissima erosione del suolo irrecuperabile e concentrato le terra nelle mani di pochi proprietari; (Wilson 364) in Ecuador, il consumo di carne ha finanziato l’ abbattimento del 96 percento delle foreste del versante pacifico; (Wilson 294) quasi il 70 per cento delle foreste del Panama sono state disboscate per convertirle in pascoli. (2)
in Cile rimane solo un terzo della vegetazione originale – il resto è stato sfruttato come foraggio per gli animali allevati (Wilson 290).
in Brasile, negli anni 80 i nuclei familiari dei seringueiros (operai addetti all’estrazione della gomma) occupavano il 2.7 percento della superficie della regione del nord (Amazonas, Acre) e gli allevamenti di bestiame ne occupavano il 24 percento. Oggi è rimasto solo il 5 per cento della copertura originale delle foreste pluviali; il diboscamento di queste aree per destinarle alla zootecnia, ha privato la generazione attuale della possibilità di utilizzare risorse naturali come la gomma, più remunerative della produzione di carne (Wilson 360).
Per ottenere un Kg di farina è necessario utilizzare circa 22 g di petrolio, per produrre un Kg di carne è necessario impiegare193 g di petrolio: quasi 9 volte tanto (3), tant’è che, secondo Ernst U. Weizäcker del Wuppertal Institute, il contributo all’effetto serra dato dagli allevamenti è circa pari a quello dato dalla totalità del traffico degli autoveicoli nel mondo. (4)
L’inquinamento diretto da parte dagli allevamenti non si può tralasciare: in Italia essi producono annualmente circa cento milioni di quintali di deiezioni animali; caratterizzate da un basso contenuto di sostanza secca e da un alto contenuto dei metalli pesanti (come zinco e rame), somministrati artificialmente agli animali allevati, che nel terreno possono raggiungere concentrazioni al limite della fitotossicità e causano una vera e propria “fecalizzazione ambientale”, con i conseguenti rischi di inquinamento microbiologico delle falde acquifere, già contaminate da nitrati e nitriti. Oltre al contenuto organico e a quello di metalli pesanti, gli allevamenti inquinano tramite i residui dei farmaci (soprattutto antibiotici ed ormoni) somministrati agli animali. (5)
Un altro grave problema causato dagli allevamenti e dei terreni coltivati a foraggio è l’enorme consumo di acqua. L’acqua dolce viene utilizzata non solo per irrigare le sempre maggiori estensioni di terreno richieste per soddisfare la richiesta di foraggi, ma anche per pulire continuamente le stalle ed i macelli dai residui della macellazione e dagli escrementi, oltre che per abbeverare gli animali. Per produrre un grammo di proteine animali è necessario usare in media 15 volte la quantità d’acqua necessaria per produrre un grammo di proteine vegetali e quasi la metà dell’acqua dolce utilizzata ogni anno negli USA è destinata agli allevamenti. (6)
Tratto da: ebasta.org
(1) The Year the World Caught Fire, rapporto del WWF International, dicembre 1997.
(2) Catherine Caulfield, “A Reporter at Large: The Rain Forests” New Yorker, 14 gennaio 1985.
(3) Le secteur agro-alimentaire face au probleme de l’energie, OCSE, Parigi 1982. Op. cit. in: J. Andrè,
Sette miliardi di vegetariani, Giannone Ed.
(4) Jeremy Rifkin, Das Imperium der Rinder, Campus Verlag, pag. 12, 1992.
(5) Roberto Marchesini, Oltre il muro: la vera storia di mucca pazza, 1996, Muzzio Ed., Padova
(6) Catherine Caulfield, “A Reporter at Large: The Rain Forests” New Yorker, 14 gennaio 1985.
Recentemente Philip Lymbery, Direttore di CIWF International, ha pubblicato il suo libro, Farmaggedon, frutto di ricerche sui disastri che l’allevamento intensivo ha provocato e continua a provocare agli ecosistemi del nostro pianeta.
Concordiamo con quanto scrive il quotidiano L’Indipendent su Famageddon:
“Da molto tempo conviviamo con i disastri causati dall’allevamento intensivo e crediamo di aver già toccato il fondo. In realtà se non facciamo nulla, le cose continueranno a peggiorare.”
Farmageddon fa vedere con semplicità come inquinamento delle acque, perdita di biodiversità, disuguaglianza alimentare e spreco di risorse siano tutte problematiche legate intrinsecamente alla sofferenza di miliardi di animali allevati in modo intensivo per produrre un cibo per i paesi “ricchi”, spesso malsano.
vedi: Muoiono tutte le Pecore Vaccinate + Danni dei VACCINI + Tubercolosi Bovina + Gli animali VACCINATI si ammalano sempre e muoiono in modo prematuro