FITO TERAPIA per AIDS
HERBS for AIDS
Alternative medicines to control aids – HIV infection.
A causa del costo elevato e di molti gravi effetti collaterali dell’antivirus e dei farmaci associati usati per il trattamento degli aids – l’infezione da HIV -, molti pazienti e una parte crescente del personale medico si rivolgono a utilizzare le erbe come mezzo di controllo prioritario.
Infatti, alcune erbe e intrugli tradizionali sono molto utili per il trattamento di aiuti.
La nostra esperienza nell’uso di erbe per i pazienti sofferenti nella parte settentrionale della Thailandia per più di due anni rivela molti benefici finali di queste erbe, in particolare “Plue Cow” o Hyuttuynia cordata, l’erba migliore per gli aiuti che abbiamo mai conosciuto.
Sebbene nessuno possa riprendersi dagli aiuti in questi giorni, queste erbe possono migliorare significativamente la qualità della vita.
Le infezioni opportunistiche da batteri e funghi sulla pelle possono essere trattate in modo molto efficiente – portando ad un notevole miglioramento.
Alcuni test di laboratorio sull’HIV plasmatico mostrano anche che il miglioramento osservato nelle condizioni di salute dei pazienti che assumono le nostre erbe può essere associato a una rapida diminuzione della carica virale plasmatica.
A differenza dei farmaci chimici, gli effetti collaterali dei medicinali a base di erbe sono minimi: alcuni pazienti hanno febbre, diarrea, cadidiasi orale o herpes zoster.
Sebbene la rapida diminuzione della carica virale plasmatica non significhi che queste erbe possano curare gli aiuti, noi del FAH SAI CLUB (uno dei più grandi club di assistenza a Chiangmai, in Tailandia) stiamo iniziando a vedere una linea d’argento. Per maggiori informazioni, contattare FAH SAI CLUB
By e-mail at info@pc-herbs.com or visit our web-site at: http://www.pc-herbs.com
vedi: AIDS e cure Naturali + Nutriterapia
“Il paziente malato di Aids NON muore a causa del virus dell’HIV ma per alterazioni dell’assorbimento intestinale e quindi per ipoalimentazione (malNutrizione), dovuta a una grave micosi.” (By Dott. Gerhard Orth, Leuthkirch)
vedi: Aids its the Bacteria stupid – PDF + Aids its really caused by a virus ? + L’altra storia dell’Aids + Hiv virus inventato
Gli sconvolgenti documenti ufficiali, alcuni dei quali totalmente inediti in Italia, che provano la truffa dell’Hiv-Aids.
Fatti a me ben noti, da giornalista investigativo e dati per scontati gia’ nel 1983….
Frutto di 3 anni di ricerca intesa e ostacolata di un dottore italiano che, minacciato di morte, è emigrato all’estero. Facciamo girare e diffondiamo il più possibile per favore. Grazie a tutte/i.
http://www.scribd.com/doc/135713547/Hiv-La-Frode-Scientifica-Del-Secolo-documenti-Ufficiali
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Uno studio preliminare registra benefici del Ginseng associato ad HAART
By Sung H, Jung YS, Cho YK. Beneficial effects of a combination of Korean red ginseng and highly active antiretroviral therapy in human immunodeficiency virus type 1-infected patients. Clin Vaccine Immunol. 2009;16:1127-1131.
Sono stati valutati i benefici del ginseng rosso coreano (KRG) in pazienti con HIV-1 in trattamento con terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART). Nel corso della sperimentazione sono stati valutati i seguenti parametri: conta dei CD4, carica virale, mutazioni della resistenza ad HAART. Lo studio ha coinvolto 46 persone; 13 con mutazioni farmacoresistenti già alla baseline. I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in due gruppi, uno trattato con HAART più KRG (23 pazienti) e un’altro con sola terapia HAART (23 pazienti). Lo studio della durata di 3 anni, ha registrato (annualmente) una conta dei CD4 significativamente superiore nel gruppo con HAART-KRG, rispetto al gruppo con sola HAART (p <0,05). Dopo 3 anni i pazienti con mutazioni farmacoresistenti erano complessivamente 21. Fra i pazienti che non presentavano farmacoresistenze alla baseline, il 7,1% dei pazienti (1/14) nel gruppo con HAART-KRG e il 42,1% (8/19) nel gruppo con sola HAART presentavano mutazioni farmacoresistenti dopo 3 anni di studio. Un paziente con mutazioni farmacoresistenti basali nel gruppo di combinazione non presentava mutazioni 3 anni dopo la terapia HAART. Le mutazioni farmacoresistenti sono risultate significativamente minori nel gruppo di combinazione HAART-KRG, rispetto al gruppo trattato con sola HAART. Relativamente alla carica virale, 5 pazienti (26,3% [5/19]) nel gruppo di combinazione HAART-KRG e 9 (45,0% [9 / 20]) nel gruppo con sola HAART non hanno registrato miglioramenti. Gli autori della sperimentazione ritengono che questi risultati supportino l’utilità clinica del ginseng rosso coreano come terapia complementare in corso di trattamento HAART in persone con HIV. Ricerca realizzata da associati a: Department of Microbiology, University of Ulsan College of Medicine, Songpa-Gu, Seoul, Corea.
La curcumina risolve la diarrea HIV-associata
By Conteas CN, Panossian AM, Tran TT, Singh HM. Treatment of HIV-associated diarrhea with curcumin. Dig Dis Sci. 2009;54:2188-2191.
La curcumina esercita note proprietà anti-infiammatorie. Ricercatori USA hanno valutato il potenziale terapeutico della curcumina in pazienti con diarrea HIV-correlata. Otto pazienti con diarrea HIV-associata hanno assunto un dosaggio medio quotidiano di 1.862 mg di curcumina per 41 settimane. Tutti hanno registrato la risoluzione della diarrea e la normalizzazione della qualità delle feci in un tempo medio di 13 +/- 9.3 giorni. Il numero medio delle evacuazioni giornaliere è sceso dal 7 +/- 3,6 a 1,7 +/- 0.5. Sette degli otto pazienti hanno registrato un aumento considerevole del peso corporeo (4,9 +/- 4,0 kg). Cinque di sei pazienti con gonfiori e dolori addominali hanno risolto i loro problemi. Durante il peridodo di trattamento con curcumina i pazienti in terapia anti-retrovirale non hanno registrato interazioni o mutamenti negativi nella conta dei CD4 o nella carica virale. In conclusione, in questo studio pilota preliminare, la curcumina è risultata associata ad una rapida e completa risoluzione della diarrea, ad un considerevole aumento di peso corporeo e ad un miglioramente del gonfiore e del dolore addominale. Ricerca realizzata da associati a: Department of Gastroenterology, Kaiser Permanente Los Angeles Medical Centre, Los Angeles, CA, USA.
Limone e citronella nella candidosi orale in persone con HIV
By Wright SC, Maree JE, Sibanyoni M. Treatment of oral thrush in HIV/AIDS patients with lemon juice and lemon grass (Cymbopogon citratus) and gentian violet. 2009 Mar;16(2-3):118-24.
La stomatite (o stomatomucosite) da candida (candidosi orale) è una complicazioni frequente fra coloro che hanno problemi di immunocompetenza come le persone che vivono con HIV e AIDS. Si tratta di un disturbo trattato in tutto il mondo con una serie di farmaci e con una miriade di trattamenti tradizionali o, comunque, derivati e ottimizzati da trattamenti tradizionali. In Sudafrica il trattamento di prima scelta per le forme meno aggressive è il violetto di genziana (metilrosanilio cloruro). Com’è noto il violetto lascia una evidente colorazione e in tempi di HIV è diventato in quel paese sinonimo di sieropositività. Per questa ragione è diventato un trattamento poco accettato dai pazienti (la presenza delle macchie color porpora li porta ad essere stigmatizzati come persone HIV positive). Inoltre, in quel paese per ragioni economiche si è particolarmente diffuso l’utilizzo di preparazioni a base di citronella (Cymbopogon citratus) e di limone (Citrus limon): due semplici rimedi che i pazienti hanno però trovato particolarmente utili. In questo studio è stata quindi valutata, in via preliminare, la sicurezza e l’efficacia del trattamento della candidosi orale con succo di limone e citronella in pazienti con HIV e AIDS. Quale controllo attivo è stata utilizzata la soluzione al 5% di violetto genziana. Si è trattato di uno studio della durata di 11 giorni con assegnazione random ad uno dei due trattamenti sperimentale (succo di limone o di citronella) o di controllo (violetto genziana). Sono stati reclutati 90 pazienti HIV-positivi con diagnosi di candidosi orale e lo studio è stato disegnato e condotto rispettando i criteri internazionali di bioetica. Dei 90 pazienti reclutati nello studio 83 lo hanno completato. L’analisi Intion-to-treatment non ha rivelato differenze staticamente significative fra i tre trattamenti. Comunque, il succo di limone si è rivelato (in questo studio) persino migliore del violetto genziana 0,5% (p <0,02). Gli autori della sperimentazione evidenziano nelle loro conclusione che, sebbene lo studio abbia coinvolto un numero limitato di pazienti, l’impiego del succo di limone e la citronella per il trattamento della candidosi orale in una popolazione di persone con HIV è stato convalidato da un primo studio controllato e randomizzato. Si tratta di semplici risorse che possono essere tentate nelle forme lievi di candidosi che non richiedono fin da subito trattamenti farmacologici. Ricerca realizzata da associati a: Adelaide Tambo School of Nursing Science, Tshwane University of Technology, Pretoria, Gauteng, Sudafrica.
HIV: il ginseng americano non interagisce con IDV e migliora la sensibilità insulinica
By Andrade AS, Hendrix C, Parsons TL, Caballero B, Yuan CS, Flexner CW, Dobs AS, Brown TT. Pharmacokinetic and metabolic effects of American ginseng (Panax quinquefolius) in healthy volunteers receiving the HIV protease inhibitor indinavir. BMC Complement Altern Med. 2008 Aug 19;8:50.
Le medicine complementari e alternative sono diffusamente utilizzate dalle persone con HIV nell’intenzione di ridurre la tossicità della terapia antiretrovirale. Negli USA il ginseng americano viene utilizzato anche per il trattamento dell’iperglicemia e dell’insulino-resistenza che possono insorgere, tra l’altro, come effetto collaterale del trattamento con alcuni inibitori della proteasi. Tuttavia, non è noto se il ginseng americano può effettivamente invertire la situazione di insulino-resistenza indotta dall’inibitore delle proteasi Indinavir e, se questi due agenti, interferiscono fra loro farmacologicamente. Ricercatori USA hanno quindi valutato le interazioni farmacocinetiche tra Indinavir e Ginseng americano e se quest’ultimo era, o meno, in grado di migliore l’ insulino-resistenza indotta da Indinavir. Dopo valutazione basale della sensibilità insulina dei volontari sani hanno assunto 800 mg di Indinavir ogni 8 ore per 3 giorni e, in seguito, hanno assunto Indinavir e ginseng americano (1 grammo ogni 8 ore) per altri 14 giorni. La farmacocinetica dell’Indinavir e la sensibilità insulinica sono state valutate prima e dopo la co-somministrazione del ginseng. Dopo la co-somministrazione non sono state osservate differenze relativamente all’area sotto la curva delle concentrazioni plasmatiche di Indinavir (n = 13). Il trattamento con solo Indinavir ha ridotto la sensibilità insulinica (da 0.113 +/- 0.012 a 0.096 +/- 0,014 mg / kgFFM /min per muU/ml di insulina, p = 0.03, n = 11), mentre la co-somministrazione ha mantenuti inalterati i valori. In conclusione, l’Indinavir diminuisce la sensibilità all’insulina, che risulta invece inalterata con la co-somministrazione di ginseng. Il ginseng americano non sembra incidere in misura significativa sulla farmacocinetica dell’Indinavir. Ricerca realizzata da associati a: Division of Infectious Diseases, The Johns Hopkins University, Baltimore, MD, USA.
Candida (in HIV+ e HIV-): Dodonaea sudafricana meglio di clorexidina e triclosan
By Patel M, Coogan MM. Antifungal activity of the plant Dodonaea viscosa var. angustifolia on Candida albicans from HIV-infected patients. J Ethnopharmacol. 2008 Jun 19;118(1):173-6.
Ricercatori sudafricani hanno valutato la minima concentrazione inibente (MIC) e il tempo di soppressione verso Candida albicans degli estratti di Dodonaea viscosa var. angustifolia (PLE) (una pianta medicinale sudafricana), di clorexidina gluconato (CHX) e di triclosan (TRN). In particolare, sono stati valutati 41 ceppi di Candida albicans ottenuti da 20 persone HIV positive e da 20 persone HIV negative. I valori MIC dell’estratto in acetone di PLE, CHX e TRN sono stati misurati utilizzando microtitolazione (con doppia diluizione) e considerando il tempo impiegato per sopprimere il 99,5% dei ceppi di Candida. I valori MIC di PLE, CHX e TRN sono risultati essere rispettivamente 6.25-25, 0.008-0.16 e 0.0022-0.009 mg/ml. PLE ha soppresso tutti i ceppi di Candida (da HIV positivi e negativi) entro 30 secondi, mentre CHX ha soppresso il 40% dei ceppi isolati da pazienti HIV-positivi e il 20% di quelli isolati da HIV-negativi soggetti in 1 minuto. Durante lo stesso arco di tempo TRN ha soppresso il 55% e il 35% degli isolati, rispettivamente delle persone HIV-positive e HIV-negative. Da questa ricerca emerge che gli estratti della pianta medicinale sudafricana Dodonaea viscosa var. angustifolia hanno proprietà antifungine e sono più efficaci della clorexidina gluconata (CHX) e del triclosan. Ricerca realizzata da associati a: Division of Oral Microbiology, Department of Clinical Microbiology and Infectious Diseases, Faculty of Health Sciences, University of the Witwatersrand, Johannesburg, Sudafrica.
Il neem potenzia i CD4 in persone con HIV
Mbah AU, Udeinya IJ, Shu EN, Chijioke CP, Nubila T, Udeinya F, Muobuike A, Mmuobieri A, Obioma MS. Fractionated neem leaf extract is safe and increases CD4+ cell levels in HIV/AIDS patients. Am J Ther. 2007 Jul-Aug;14(4):369-74.
In alcuni paesi del mondo il neem (Azadirachta indica A.Juss., 1830) è considerato una sorta di “farmacia del villaggio”. Ora, un gruppo di ricercatori africani ha studiato gli effetti degli estratti in acetone-acqua di foglie di neem sull’andamento delle cellule CD4 e, più in generale, l’impatto di questo fitoterapico sull’andamento dell’immunità e della carica virale in persone con HIV e AIDS. Lo studio ha coinvolto 60 pazienti con diagnosi di infezione da HIV I o II, con CD4 inferiori a 300 cellule/microL e naïve per trattamento antiretrovirale. I pazienti hanno assunto il fitoterapico al dosaggio di 1,0 grammo al giorno per 12 settimane. I test clinici e di laboratorio sono stati eseguiti all’inizio dello studio e ogni 4 settimane. Lo studio è stato completato da 60 pazienti; 50 (83,33%) dei quali si erano presentati regolarmente ai controlli clinici e di laboratorio e, per questa ragione, presentavano dati valutabili. Per questi 50 pazienti l’aumento delle cellule CD4 fra la baseline e la dodicesima settimana è risultato significativo [266 cellule/microL (159%); p <0,001). La velocità di sedimentazione eritrocitaria è scesa da 64 mm/h (alla baseline) a 16 mm/h (alla dodicesima settimana); mentre il numero totale delle patologie correlate a HIV/AIDS, affermano gli autori, sarebbe diminuito da 120 alla baseline a 5. Il peso corporeo, le concentrazioni di emoglobina e il conteggio dei linfociti sarebbero aumentati rispettivamente del 12% (P <0.05), del 24% (P <0,0001) e del 20% (P <0,0001). Non sono stati osservati effetti negativi e non sono state registrate anomalie relativamente ai parametri renali ed epatici. Secondo gli autori della sperimentazione, i risultati ottenuti confermano la sicurezza della somministrazione di neem e la sua notevole capacità di influenzare lo stato delle cellule CD4. La somministrazione di neem potrebbe quindi entrare a far parte di un regime di trattamento combinato dell’infezione da HIV. E’ attualmente in corso le valutazione di neem relativamente all’attività antiretrovirale. Ricerca realizzata da associati a: Department of Pharmacology and Therapeutics, College of Medicine, University of Nigeria, Enugu Campus, Enugu, Nigeria.
Cannabis efficace sulla neuropatia HIV-correlata
By Abrams DI, Jay CA, Shade SB, Vizoso H, Reda H, Press S, Kelly ME, Rowbotham MC, Petersen KL. Cannabis in painful HIV-associated sensory neuropathy: a randomized placebo-controlled trial. Neurology. 2007 Feb 13;68(7):515-21.
L’equipe di Donald Abrams del “San Francisco General Hospital“ ha realizzato uno studio finalizzato a valutare gli effetti del fumo di cannabis sul dolore neuropatico in corso di neuropatia HIV-associata e in un modello sperimentale di dolore. Si è trattato di uno studio prospettico, randomizzato e controllato verso placebo, realizzato presso il centro di ricerca clinica dell’Ospedale in questione fra il maggio 2003 e 2005. I pazienti sono stati assegnati random al fumo di cannabis (3.56% tetraidrocannabinolo) o di sigarette-placebo identiche prive di cannabinoidi tre volte al giorno per 5 giorni. Quali principali misure di risultato sono state adottate la classificazione del dolore cronico e la riduzione superiore al 30% dell’intensità del dolore. L’azione analgesica acuta e gli effetti anti-iperalgesici della cannabis fumata sono stati valutati attraverso una procedura di stimolazione cutanea (calore) e un modello di sensibilizzazione calore/capsaicina. Cinquanta pazienti hanno completato l’intero studio. La cannabis fumata ha ridotto il dolore quotidiano del 34% (riduzione mediana; IQR= -71, -16) verso 17% (IQR = -29, 8) del placebo (p = 0.03). Una riduzione superiore al 30% del dolore è stato segnalato dal 52% delle persone con cannabis e dal 24% di quelle con placebo (p = 0.04). La prima sigaretta di cannabis ha ridotto il dolore cronico (mediana) del 72% verso il 15% del placebo (p < 0.001). La cannabis ha ridotto l’iperalgia indotta sperimentalmente sia da spazzola che da test Von Frey (p < o = 0.05), ma è sembrata avere scarso effetto sullo stimolo nocivo da calore. Nessun evento avverso serio è stato segnalato. I ricercatori ritengono che il fumo di cannabis sia ben tollerato ed efficace nell’alleviare il dolore neuropatico cronico in corso di neuropatia HIV-correlata. I risultati sono paragonabili ai farmaci per uso orale che vengono impiegati nel trattamento del dolore neuropatico. Ricerca realizzata da associati a: Community Consortium, Positive Health Program, San Francisco General Hospital, San Francisco, CA, USA.
Il ginseng ritarda la progressione dell’AIDS, indipendentemente da HLA
By Sung H, Kang SM, Lee MS, Kim TG, Cho YK. Korean red ginseng slows depletion of CD4 T cells in human immunodeficiency virus type 1-infected patients. Clin Diagn Lab Immunol. 2005 Apr;12(4):497-501.
I risultati di uno studio precedentemente realizzato dall’equipe del Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Seoul hanno segnalato che la somministrazione, nel lungo periodo, di ginseng rosso coreano può ritardare la progressione della malattia in persone con HIV-1.La stessa equipe ha ora studiato se questo rallentamento della progressione della malattia è stata o meno influenzata dalla sola assunzione di ginseng o congiuntamente al fattore HLA. Ci sono infatti persone con HIV che, senza assumere farmaci, mantengono inalterati i loro livelli di CD4 anche per più di 10 anni. Uno dei fattori fortemente associato alla progressione della malattia riguarda gli alleli HLA. Infatti, i geni che codificano per le molecole HLA di classe I sono notevolmente polimorfici e, specifici sottotipi di HLA (allele B35 del gene HLA…), agendo sulle cellule T possono influenzare la velocità della progressione della malattia. I ricercatori hanno quindi voluto verificare se l’azione registrata in corso di trattamento con ginseng non fosse in realtà dovuta ad un fattore soggettivo (HLA). Allo scopo di chiarire questo aspetto i ricercatori hanno analizzato i dati clinici di 68 pazienti con HIV-1 che hanno vissuto per 5 anni senza terapia antiretrovirale.Per un periodo di oltre 111,9 +/- 31,3 mesi l’assunzione media di ginseng è stata di4.082 +/- 3.928 grammi e, la diminuzione annuale di cellule T CD4, è stata di 35,0 +/- 28.7/microl.L’analisi dei dati ha rilevato una correlazioni inverse significative fra il punteggio prognostico HLA (0,29 +/- 1,19) e la diminuzione annuale delle cellule T CD4 (r = -0,347;P < 0,01), così come fra la quantità di ginseng assunta e la diminuzione annuale in cellule T CD4 (r = -0,379;P < 0,01).Inoltre, l’assunzione di ginseng ha ritardato significativamente la diminuzione di cellule di T CD4 anche quando l’influenza delle HLA di classe I era statisticamente eliminata (analisi della varianza a misure ripetute;P < 0,05).Inoltre, i ricercatori hanno osservato una correlazione significativa fra l’assunzione di ginseng e la diminuzione deilivelli serici sCD8 (r = 0,62;P < 0,001). Secondo gli autori della ricerca, i risultati indicano che l’assunzione di ginseng agisce significamente, e indipendentemente dalle HLA di classe I, sulla riduzione delle cellule T CD4. Ricerca realizzata da associati a: Department of Microbiology, University of Ulsan College of Medicine, Pungnap-dong, Songpa-gu, Seoul 138-040, Corea.
Hypoxis e Sutherlandia nell’infezione da HIV: una revisione
By Mills EJ, Cooper C, Seely D, Kanfer I. African herbal medicines in the treatment of HIV: Hypoxis and Sutherlandia. An overview of evidence and pharmacology. Nutr J. 2005 May 31;4(1):19
In Africa, le piante medicinali sono spesso impiegate nel trattamento primario dell’infezione da HIV e dell’AIDS, oltre che per le malattie opportunistiche e problemi in generale HIV-correlati. Ricercatori canadesi e sudafricani hanno realizzato una revisione della letteratura finalizzata a riassumere quanto finora è scientificamente noto relativamente a due specifiche piante medicinali: la patata africana (Hypoxis hemerocallidea) e la Sutherlandia frutescens. La revisione ha riguardato quanto indicizzato fino al dicembre 2004 nei database AMED, MedLine, EMBASE, CancerList, Cochrane Controlled Trials Register e AltHealthWatc. Nella revisione sono riportate in dettaglio le diverse conoscenze farmacologiche, tossicologiche e farmacocinetiche relative ai principi attivi identificati in questa pianta. Hypoxis ha una lunga storia di utilizzo tradizionale nel continente africano (infezioni urinarie, tumori, disordini nervosi ecc.), e viene correntemente utilizzata come immunostimolante dalle persone con HIV al dosaggio di 2,4 mg/die. Ci sono evidenze indirette che steroli (beta-sitosterolo, stigmasterolo), steroline (beta-sitosterolo glicoside) e stanoli (sitostanolo) presenti nella radice di Hypoxis abbiano azione immunostimolante. Fra i principi attivi a cui viene riconosciuta una importante attività c’è l’ipossoside che, convertito nel suo aglicone (rooperol) è un potente antiossidante. L’ipossoside è coinvolto in diverse interazioni farmacologiche. La Sutherlandia, il cui utilizzo viene raccomandato al dosaggio di 9 mg/kg/die viene tradizionalmente utilizzata contro una grande varietà di malattie (tumori, tubercolosi, diabete ecc). La ricerca scientifica sulla Sutherlandia è piuttosto recente: sono state documentate azioni antiossidanti e sul sistema immunitario, ancora non esattamente documentate. La pianta contiene importanti principi attivi come L-canavanina (30-40 mg per grammo di estratto), GABA (14 mg per gr), D-pinitolo ecc. La L-canavanina ha proprietà antivirali verso il virus dell’influenza e i retrovirus (incluso HIV). La L-canavanina, dopo lunghi periodi di utilizzo, può però avere effetti tossici. Il d-pinitolo può essere utile nel trattamento della wasting syndome in corso di tumore e AIDS. Anche la Sutherlandia può interagire con diversi farmaci. Sul piano clinico, malgrado la grande popolarità di questi rimedi e il supporto del Ministero della Sanità e di diverse Organizzazioni Non Governative, non sono disponibili i dati di sperimentazioni clinichecontrollate. Si tratta quindi di piante medicinali che contengono importanti principi attivi la cui reale efficacia deve ancora essere stabilità nel corso di studi clinici rigorosi. La revisione è integralmente e gratuitamente visionabile nel sito di BioMed Central. Revisione realizzata da associati a:Department of Clinical Epidemiology and Biostatistic, McMaster University, Canada; Division of Infectious Diseases, University of Ottawa, Canada; Department of Clinical Epidemiology, Canadian College of Naturopathic Medicine, Canada; Faculty of Pharmacy, Rhodes University, Grahamstown, Sudafrica.
Azione degli estratti di corteccia di mango sulle cellule T
By Garrido G, Blanco-Molina M, Sancho R, Macho A, Delgado R, Munoz E. An aqueous stem bark extract of Mangifera indica (Vimang) inhibits T cell proliferation and TNF-induced activation of nuclear transcription factor NF-kappaB. Phytother Res. 2005 Mar;19(3):211-5.
Sembra che le origini dell’albero di mango (Mangifera indica L.) siano da ricercarsi nelle regioni Himalayane dell’India o del Burma; successivamente è stato naturalizzato in Sudafrica, Filippine e America Latina. Dal mango si ottiene un frutto particolarmente nutriente e, recentemente, sono state segnalate una serie di attività terapeutiche attribuite agli estratti in acqua della corteccia del fusto di questa pianta. Un piccolo studio pilota, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2003, ha segnalato benefici in 82 persone con HIV che hanno partecipato volontariamente ad uno studio incentrato sull’attività di un particolare estratto di corteccia di mango (Vimang). In generale, sono state segnalate attività antinfiammatorie, immunomodulanti e antiossidanti.La base molecolare di queste proprietà rimane però sconosciuta. Ora, ricercatori cubani hanno documentato che gli estratti di corteccia di mango (sempre Vimang) inibiscono eventi iniziali e di processo dell’attivazione delle cellule T, compresi l’espressione del marcatore di superficie CD25, la progressione alla fase S del ciclo cellulare e la proliferazione in risposta a stimolazione dei recettori T cellulari (TCR).Inoltre, l’estratto ha impedito la degradazione lkappa-Balfa indotta da TNFalfa e il legame di NF-kB al DNA.I risultati di questa ricerca possono contribuire a spiegare alcune delle attività che questo estratto determina a livello molecolare. Ricerca realizzata da associati a: Laboratorio de Farmacologia, Centro de Quimica Farmaceutica, Ciudad de La Habana, Cuba.
Il punto sulla Sutherlandia
By Harnett SM e al. J Ethnopharmacol. 2005 Jan;96(1-2):113-9. Fernandes AC eal. J Ethnopharmacol. 2004 Nov;95(1):1-5. Ojewole JA.Methods Find Exp Clin Pharmacol. 2004 Jul-Aug;26(6):409-16. Tai J e al. J Ethnopharmacol. 2004 Jul;93(1):9-19.
La Sutherlandia frutescens è una pianta medicinale dai numerosi utilizzi aneddotici (tumori, malattie virali e numerosi stati infiammatori) e ricca di importanti principi attivi (L-canavanina, GABA, pinitolo, SU1, arginina) ma rispetto la quale non esistono risultati di studi clinici controllati. Con lo scopo di esplorare scientificamente il suo potenziale terapeutico da alcuni anni l’Università di Port Elizabeth, in Sudafrica, sta sottoponendo gli estratti di questa pianta ad una serie di test preclinici. Nel corso del 2004 sono stati pubblicati tre lavori, ai quali dobbiamo aggiungere una quarta ricerca pubblicata nel gennaio del 2005. Da questa serie di sperimentazioni pre-cliniche è emerso che la Sutherlandia esercita attività antiretrovirale verso HIV-1 (Harnett SM e al 2004), antiproliferativa, antiossidante, analgesica, antinfiammatoria e ipoglicemica. Relativamente all’azione antiproliferativa è stata dimostrata in termini concentrazione-dipendente su diverse linee di cellule tumorali, con inibizione 50% (IC50) della proliferazione cellulare di MCF7, MDA-MB-468, Jurkat e HL60 rispettivamente alle diluizioni di 1/250, 1/200, 1/150 e 1/200 (Tai J e al 2004). L’attività antiossidante e scavenger sul perossido di idrogeno è stata dimostrata a concentrazioni inferiori a 10 microg/ml di estratto (Fernandes AC e al 2004). L’azioneanalgesica, antinfiammatoria e ipoglicemica è stata invece valutata e dimostrata in via preliminare sugli animali (p<0.005-0.001 per tutti test). Questi risultati sono, per altro, coerenti con la presenza di principi attivi conosciuti per esercitare questi tipi di attività (Ojevole JA e al 2004). L’insieme di questi dati integra e supporta le attuali conoscenze aneddotiche che si hanno sull’azione terapeutica della Sutherlandia frutescens.
Phyllanthus amarus e infezione da HIV
By Notka F, Meier G, Wagner R. Concerted inhibitory activities of Phyllanthus amarus on HIV replication in vitro and ex vivo. Antiviral Res. 2004 Nov;64(2):93-102.
Diverse sperimentazioni precliniche hanno segnalato che preparazioni a base di Phyllanthus amarus inibiscono efficientemente (in vitro) variabili di HIV farmacoresistenti agli inibitori della trascrittasi inversa e ceppi di HIV “wild-type” (virus con genotipo originario, antecedente al cambiamento genetico intervenuto dopo la terapia antivirale ). Dal momento che i target per il trattamento antivirale sono molteplici, i trattamenti ideali dovrebbero agire su molteplici target. Ricercatori tedeschi hanno riscontrato che gli estratti in acqua/alcool di questa pianta bloccano l’aggancio di HIV-1 e gli enzimi integrasi, trascrittasi inversa e proteasi in diversi stadi della replicazione virale. Un gallotannino e due ellagitannine (geraniina e corilagina) si sono rivelate essere i mediatori più potenti delle attività antivirali appena segnalate. Le preparazioni a base di P. amarus hanno bloccato l’interazione di HIV-1 gp120 con il relativo recettore cellulare principale CD4, con concentrazioni inibitorie 50% a dosaggi molto bassi. L’inibizione è risultata inoltre evidente anche per l’integrasi di HIV-1, la trascrittasi inversa e la proteasi. Con lo scopo di evidenziare la rilevanza di queste attività gli estratti sono stati somministrati oralmente a dei volontari ed è stata registrata una potente azione inibitoria anche in vivo. Si tratta di risultati importanti in quanto documentazione un’azione oltre che in vitro anche in vivo. Si tratta di dati preliminari esposti a molteplici errori, ma che suggeriscono l’urgenza di una più impegnativa ricerca nel campo della fitoterapia con potenziali affetti antiretrovirali. Ricerca realizzata da associati a: Institute of Medical Microbiology and Hygiene, University of Regensburg, Regensburg, Germania.
Combinazione di piante cinesi e infezione da HIV
By Kusum M, Klinbuayaem V, Bunjob M, Sangkitporn S. Preliminary efficacy and safety of oral suspension SH, combination of five chinese medicinal herbs, in people living with HIV/AIDS ; the phase I/II study. J Med Assoc Thai. 2004 Sep;87(9):1065-70.
Le industrie e le autorità sanitarie dei paesi in via di sviluppo sono alla ricerca di presidi sanitari che possano adeguatamente, ma anche più economicamente, contribuire a far fronte alla grave epidemia da virus HIV (Human Immunodeficiency Virus). Ricercatori del Dipartimento di Scienza Medica del Ministero della Salute Pubblica della Thailandia hanno realizzato uno studio clinico preliminare sulla sicurezza e sull’efficacia di una composizione fitoterapica composta di 5 piante medicinali cinesi nel trattamento dell’infezione da HIV. Si è trattato di uno studio aperto realizzato presso l’ospedale Sanpatong di Chiang Mai (Thailandia) che ha coinvolto persone adulte che vivono con HIV e AIDS. I partecipanti allo studio presentavano un conteggio delle cellule CD4 superiore a 200 cell/mm3 e HIV1-RNA maggiore di 20.000 copie/ml. I pazienti hanno ricevuto oralmente SH, una combinazione di 5 piante medicinali (Glycyrrhiza glaba L., Artemisia capillaris Thumb., Morus alba L., Astragalus membranaceus(Fisch.) Bge., Carthamus tinctorius L.) al dosaggio di 5 gr o 30 ml divisi in tre somministrazioni quotidiane dopo i pasti, unitamente a trattamento antibatterico con tavolette di sulfamethoxazolo/trimetoprim nella classica combinazione di 5/1 al dosaggio di 400/80 mg una volta al giorno dopo la colazione e per 12 settimane. Durante il periodo di trattamento, e in quello seguente, sono stati monitorati i CD4, la carica virale e gli eventi avversi. Dei 28 pazienti arruolati, il numero di pazienti che hanno risposto positivamente al trattamento (riduzione di HIV1-RNA plasmatica superiore a 0.5 log) durante il trattamento e il follow-up era 4-10 (14,2-35,7%), mentre il numero di pazienti che hanno risposto negativamente (aumento di HIV1-RNA plasmatica superiore a 0.5 log) era di 2-4 (0-14,2%). I valori medi della carica virale alle settimane 0 (baseline), 12 e 20 era rispettivamente 4,94, 4,83 e 4,76 log copie/ml; mentre il conteggio dei CD4 ha fornito questi valori medi alle settimane 0 (baseline), 4, 8, 12 e 20: 382,1, 404,2, 359,4, 404,1, 360,2 cell/mm3. Tutti i partecipanti allo studio hanno manifestato una buona compliance e non sono stati registrati effetti avversi seri. Dalla ricerca è emerso che il trattamento con HS è sicuro, con una risposta sulla carica virale compresa fra il 14-35%, ma una mancata risposta a livello di CD4. Sono quindi necessarie altre ricerche, prima di sostenere che questa combinazione di piante cinesi possa agire nell’infezione da HIV.
Una revisione su NF-kB come target anti-HIV
By Pande V, Ramos MJ. Nuclear factor kappa B: a potential target for anti-HIV chemotherapy. Curr Med Chem. 2003 Aug;10(16):1603-15.
Il fattore nucleare kappa B (NF-kB) è un fattore di trascrizione linfoide-specifico che è sequestrato nel citoplasma dalla proteina IkappaB (l-kB). NF-kB svolge un ruolo importante nella regolazione dell’espressione genetica di Hiv-1. Durante l’attivazione NF-kB viene liberato da I-kB, si muove verso il nucleo e si lega alle “sequenze ripetitive terminali” (LTR) per iniziare la trascrizione del genoma integrato di HIV. Questa importante revisione si focalizza su NF-kB come un target potenziale per lo sviluppo di nuovi trattamenti contro HIV-1. E’ utile ricordare che sono stati individuati diversi target per il trattamento anti-HIV (trascrizione inversa, integrazione del genoma virale, espressione genica) e che sono stati messi a punto farmaci di diverse classi che interferiscono con varie fasi del ciclo virale. Fra le più importanti classi di farmaci ricordiamo gli inibitori della trascrittasi inversa e della proteasi. Ma, oltre ad altri problemi, queste terapie sviluppano resistenze dovute alle mutazioni nel virus. Mentre, assumere NF-kB come target per la soppressione del virus non presenta il problema delle resistenze in quanto NF-kB è normalmente presente nelle cellule T-4 umane e non è soggetto a mutazioni. In questa revisione viene illustrato dettagliatamente il sistema NF-kB e il suo ruolo nell’infezione da HIV-1; il tutto correlato da una revisione critica sugli attuali e potenziali inibitori di sintesi. Le sostanze che sono state studiate su NF-kB sono riconducibili a tre categorie: (1) antiossidanti, contro lo stress ossidativo implicato nell’attivazione di NF-kB, (2) inibitori della fosforilazione e della degradazione di I-kB inibitore (la fosforilazione e la degradazione di l-kB sono necessarie per liberare e far muovere NF-kB verso il nucleo), (3) inibitori di legame NF-kB DNA. Gli antiossidanti includono la N-Acetil-L-Cisteina (NAC), l’acido alfa lipoico, il glutatione monoestere, la pirrolidina ditiocarbammato e la tepoxalina; fra questi antiossidanti la NAC è quella che è stata meglio studiata. Gli inibitori della fosforilazione e della degradazione di I-kB studiati nel contesto di HIV-1 sono i salicilati (salicilato di sodio e acido acetilsalicilico (aspirina)). Infine, nella revisione vengono presi in considerazione anche gli inibitori del legame DNA NF-kB che finora hanno ricevuto una certa attenzione da parte dei ricercatori. Fra questi il più potente sembra essere l’acido aurina-tricarbossilico (ATA), un agente chelante che inibisce il legame DNA NF-kB alla bassa concentrazione di 30 microM. Nella revisione sono discussi i possibili meccanismi d’azione e altre importanti suggestioni per la ricerca e per il trattamento di HIV. Revisione realizzata da associati a: CEQUP/Departamento de Quimica, Faculdade de Ciencias, Universidade do Porto, Rua do Campo Alegre Porto, Portogallo.
Nell’AIDS Melaleuca anti-candidosi: una conferma
By Vazquez JA, Zawawi AA. Efficacy of alcohol-based and alcohol-free melaleuca oral solution for the treatment of fluconazole-refractory oropharyngeal candidiasis in patients with AIDS. HIV Clin Trials 2002 Sep-Oct;3(5):379-85
L’attività antifungina della Melaleuca alternifolia è stata dimostrata da tempo; l’olio essenziale di questa pianta in passato è stato sperimentato con successo anche nelle persone con HIV/AIDS affette da candida. E’ stato quindi realizzato uno studio clinico con lo scopo di valutare l’efficacia di soluzioni alcoliche e non alcoliche di Melaleuca alternifolia in pazienti con AIDS affetti da candidosi orale refrattaria ai trattamenti con fluconazolo. Si è trattato di uno studio prospettico e aperto realizzato presso una clinica universitaria specializzata nel trattamento di persone con HIV/AIDS. Nello studio sono stati inclusi 27 pazienti con AIDS e candidosi orale farmacoresistente al fluconazolo. I pazienti sono stati assegnati random (1:1) al trattamento con soluzioni alcoliche e non alcoliche di Melaleuca, somministrate 4 volte al giorno per 2-4 settimane; 13 pazienti sono stati arruolati nel primo gruppo e 14 nel secondo. La principale misura del risultato consisteva nella risoluzione clinica delle lesioni da candidosi orale. Dopo due e quattro settimane sono stati valutatati i segni clinici e i sintomi della candidosi e sono state realizzate colture per misurazioni quantitative. Risultati. Tutti gli isolati di Candida albicans hanno evidenziato in vitro un certo grado di resistenza al fluconazolo. Sulla base dell’analisi intent-to-treat alla quarta settimana il 60% dei pazienti ha mostrato una risposta clinica al trattamento orale con Melaleuca: 7 pazienti sono risultati guariti e 8 migliorati clinicamente. Gli autori concludono affermando che entrambe le formulazioni di Melaleuca sembrano essere dei regimi alternativi e efficaci per il trattamento della candidosi orofaringea refrattaria al fluconazolo in pazienti con AIDS. Studio realizzato da associati a: Division of Infectious Diseases, Wayne State University School of Medicine, Detroit, Michigan, USA.
Andrographis paniculata: primo studio clinico in persone HIV-positive
By Calabrese C, Berman SH, Babish JG, Ma X, Shinto L, Dorr M, Wells K, Wenner CA, Standish LJ. A phase I trial of andrographolide in HIV positive patients and normal volunteers. Phytother Res 2000 Aug;14(5):333-8
Su 13 pazienti HIV-positivi e cinque volontari sani è stato realizzato uno studio clinico di fase I (dose-escalation) utilizzando l’andrografolide estratto dall’Andrographis paniculata. L’obiettivo primario dello studio era di valutare la sicurezza e la tollerabilità del prodotto e, in seconda istanza, di stabilire gli effetti sui livelli plasmatici di HIV1-RNA e sui livelli di linfociti CD4. Nessun partecipante allo studio faceva uso di farmaci antiretrovirali nel corso dello studio. Le persone con alterazioni epatiche o renali erano escluse dallo studio. Gli schemi terapeutici prevedevano 5 mg/kg di peso corporeo per 3 settimane, aumentati a 10 mg/kg per 3 settimane e infine a 20 mg/kg nelle tre settimane finali. Lo studio è stato interrotto dopo 6 settimane a causa degli effetti avversi, compresa una reazione anafilattica in un paziente. Tutti gli effetti avversi si sono comunque risolti entro la fine del periodo di osservazione. Nelle persone HIV+ dopo la somministrazione di 10 mg/kg di andrografolide è stato osservato un significativo aumento dei livelli medi di CD4+ ( da un valore base di 405 cellule/mm3 a 501 cellule/mm3; p =0,002). Durante lo studio non sono stati registrati cambiamenti statisticamente significativi nei livelli plasmatici medi di HIV1-RNA. Gli autori dello studio concludono sottolineando che l’andrografolide presente in Andrographis paniculata può inibire la sregolazione del ciclo cellulare indotta da HIV, portando ad un innalzamento dei livelli di linfociti CD4 nelle persone sieropositive. Studio realizzato da ricercatori della “Bastyr University Research Institute, Bastyr University”, Washington, USA.
Il Ginseng ritarda la comparsa di farmacoresistenze all’AZT
By Cho YK, Sung H, Lee HJ, Joo CH, Cho GJ. Long-term intake of Korean red ginseng in HIV-1-infected patients: development of resistance mutation to zidovudine is delayed. Int Immunopharmacol 2001 Jul;1(7):1295-1305
E’ stato notato che il numero di cellule CD4+ rimane stabile, o anche aumenta, nei pazienti sieropositivi trattati per un periodo prolungato con Ginseng coreano rosso (GCR). In questo studio è stato valutato se lo sviluppo di mutazioni della trascrittasi inversa (TI) resistenti alla zidovudina (AZT) è ritardata dalla terapia combinata GCR+AZT. E’ stata utilizzata la PCR (Polymerase Chain Reaction) Nested e i metodi diretti di sequenziazione al fine di definire i codoni di TI 41, 67, 70, 210, 215 e 219 del gene di HIV-1 pol nel DNA di campioni di cellule mononucleate del sangue periferico (CMSP) di 18 pazienti. Nove di questi 18 pazienti (gruppo GCR) erano stati trattati con GCR per 60 +/- 15 mesi (range: 38-82) e AZT (75 +/- 24 mesi); mentre gli altri 9 facevano parte del gruppo di controllo ed erano stati trattati con solo AZT. Nel gruppo GCR+AZT la conta dei CD4+ si è mantenuta simile (da 239 +/- 85 a 234 +/- 187 microlitri-1 con P > 0.05) durante l’intero periodo di studio; mentre fra i pazienti del gruppo di controllo trattati con AZT (51 +/- 31 mesi) le cellule CD4+ sono diminuite da 272 +/- 97 a 146 +/- 154 microlitri-1 (P < 0.01). Nei campioni raccolti entro i 24 mesi di terapia con AZT, l’incidenza complessiva delle 6 mutazioni resistenti all’AZT è risultata essere del 4.2% e del 47%, rispettivamente nel gruppo GCR+AZT e solo AZT (P < 0.01). Nei campioni raccolti dopo 24 mesi di terapia, l’incidenza è risultata essere rispettivamente del 21.7% e 56.3% (GCR+AZT verso solo AZT; p<0.01). Questi dati suggeriscono che il mantenimento dei CD4+ per mezzo dell’assunzione di AZT e GCR per un periodo prolungato può essere indirettamente associato con lo sviluppo ritardato di resistenze alla AZT per mezzo dell’assunzione di GCR. Studio realizzato da: Department of Microbiology, University of Ulsan College of Medicine, Pungnap-dong, Songpa-ku, Seoul, South Korea.
Studio pilota su QKN (piante medicinali cinesi) in persone con HIV
By Zhan L; Yue ST; Xue YX; Attele AS; Yuan CS. Effects of Qian-Kun-Nin, a Chinese Herbal Medicine Formulation, on HIV Positive Subjects: A Pilot Study. Am J Chin Med 2000;28(3-4):305-12
Qian-Kun-Nin (QKN) viene utilizzata in Cina contro i tumori, le malattie infettive e per migliorare l’energia vitale. Si tratta una combinazione di 14 piante medicinali, ovvero di Astragalus membranaceus (Fisch.),Polygonatum sibiricum Redoute, Scrophularia ningpoensis Hemsl, Poria cocos (Schw.) Wolf, Artemisia capillaris Tunb, Coptis chinensis Franch, Gardenia jasminoides Ellis, Forsythia suspensa (Thunb.) Vahl, Corydalis yanhusuo W. T. Wang, Sparganium stoloniferum Buch.-Ham, Curcuma zedoaria (Berg.) Roscoe, Cnidium monnieri (L.) Cusson, Arisaema consanguineum Schott, Melaphis chinensis (Bell). Dati preliminari hanno evidenziato che QKN determina una inibizione della crescita di HIV ed effetti di modulazioni delle funzioni immunologiche alterate. E’ stato quindi condotto un piccolo studio pilota sull’attività antiretrovirale e immunologica di QKN in persone con HIV. Si è trattato di uno studio in singolo cieco della durata di 24 settimane che ha inizialmente reclutato 11 persone con HIV. Tre persone sono uscite dallo studio dopo una settimana per trasferimento e i dati si riferiscono alle 8 persone che lo hanno completato. Se confrontato con i valori di baseline la carica virale (CV) plasmatica (bDNA, Chiron) è diminuita significativamente alla fine della 12 settimana (p<0.01) e alla fine della 24^ (p<0.01). La media (± DS) dell’HIV-RNA è passata (valori X 1000 copie/ml) da 33.63±28.6 (baseline) a 4.21±4 (12 sett.), 12.17±19.5 (24 sett.). Quattro settimane dopo la sospensione del trattamento, la carica virale era ancora significativamente più bassa (p<0.01; HIV-RNA X 1000 copie/ml = 7.26±9.83) dei valori alla baseline. I CD4 sono aumentati significativamente alla fine della 12^ settimana (p<0.01), sempre se comparati alla baseline. I CD4 sono passati da (media ± DS) 430±207 (baseline) a 663±670 (12 sett.), 418±407 (24 sett.) e 530±559 (28 settimana, 4 dopo la sospensione). In nessuna delle persone che hanno partecipato allo studio sono stati osservati effetti avversi o effetti collaterali. La popolazione considerata era certamente eterogenea (range CV alla baseline da 11.000 a 96.000; range CD4 da 144 a 847) e l’andamento dei risultati presenta una certa originalità ma, trattandosi di uno studio pilota, quanto è emerso consiglia ulteriori studi disegnati in modo da ottenere risultati più solidi. Studio realizzato da ricercatori del “Enwei Institute of Traditional Chinese Medicine, Chengdu New-Higth Tech Zone”, Chengdu, Sichuan.
Utilizzo terapeutico della Cannabis
By Williamson EM; Evans FJ. Cannabinoids in clinical practice. Drugs 2000 Dec;60(6):1303-14.
La Cannabis ha un proprio potenziale utilizzo clinico spesso oscurato da reports inaffidabili e puramente aneddotici. Il più importante cannabinoide naturale è il tetraidrocannabinolo psicoattivo (delta9-THC); mentre altri cannabinoidi sono il cannabidiolo (CBD) e il cannabigerolo (CBG). Non tutti gli effetti osservati possono essere attribuirsi al THC e alcuni altri costituenti possono modularne, come nel caso del CBD che riduce l’ansia indotta da THC. Un estratto standardizzato della pianta può quindi essere più benefico del singolo costituente. Proprio per valutare questa possibilità sono stati disegnati e attivati appositi studi clinici. Il meccanismo d’azione non è stato ancora completamente compreso, anche se i recettori dei cannabinoidi sono stati clonati e i leganti naturali identificati. La canapa viene frequentemente utilizzata dai pazienti con sclerosi multipla (SM) per il trattamento degli spasmi muscolari e del dolore e, in un modello sperimentale di SM, basse dosi di cannabinoidi hanno alleviato il tremito. La maggior parte degli studi controllati sono stati realizzati con THC, piuttosto che con la pianta. Piccoli studi clinici hanno confermato l’utilità del THC come analgesico; CBD e CBG hanno egualmente evidenziato effetti analgesici ed antiinflammatori, indicando che c’è uno spazio per lo sviluppo di sostanze che non presentano le proprietà psicoattive del THC. Pazienti che assumono il cannabinoide sintetico nabilone per il trattamento del dolore neurogeno hanno preferito la Cannabis, segnalando che questa allevia non soltanto il dolore ma anche la depressione e l’ansia collegate. I cannabinoidi sono efficaci nel trattamento dell’emetismo indotto da chemioterapia e il nabilone è stato autorizzato per questo utilizzo da parecchi anni. Attualmente, il cannabinoide sintetico HU211 viene sottoposto a studi clinici come agente protettivo dopo trauma cerebrale. Rapporti aneddotici riferiscono l’utilità della Cannabis nel trattamento dell’ emicrania, della sindrome di Tourette, dell’asma e del glaucoma. A parte i danni derivati dal fumo in generale, il profilo di sicurezza della canapa è da considerasi ragionevolmente buono. Non mancano comunque le reazioni avverse che includono possibili attacchi d’ansia o di panico. Anche se la psicosi è stata segnalata come conseguenza dell’utilizzo di Cannabis, un esame dei ricoveri ospedalieri psichiatrici non ha riscontrato evidenze di questo tipo, anche se è possibile che la Cannabis possa esacerbare sintomi già esistenti. L’eliminazione relativamente lenta dal corpo dei cannabinoidi può avere delle implicazioni sulla sicurezza relativamente ai compiti cognitivi, particolarmente per gli operatori di macchina e per la guida, anche se in questo caso il danno possibile da Cannabis è solo moderato, ma sono possibili interazioni significative con l’alcool. Gli estratti naturali hanno una composizione altamente variabile e i loro componenti devono essere standardizzati per ottenere effetti riproducibili. I componenti purificati e quelli sintetici non presentano questi svantaggi, ma non possono avere l’effetto terapeutico complessivo dell’intera pianta. Nell’articolo vengono prese in considerazione l’insieme di queste questioni.
Fitoterapia tradizionale contro l’herpes nelle persone con HIV
By Homsy J; Katabira E; Kabatesi D; Mubiru F; KwamYA L; Tusaba C; Kasolo S; Mwebe D; Ssentamu L; Okello M and King R. Evaluating Herbal Medicine for the Management of Herpes zoster in Human Immunodeficiency Virus-Infected patients in Kampala, Uganda. J Altern Complement Med 1999;5(6):553-565
Nel corso di questo studio è stata valutata l’efficacia di trattamenti a base di piante medicinali contro l’Herpes zoster in persone con HIV. Lo studio è stato condotto a Kampala in Uganda, presso la Clinica dei guaritori tradizionali indigeni del Dipartimento di Medicina dell’Ospedale di Mulago dell’Università Makerere e la Clinica della TASO, un’organizzazione di supporto delle persone con HIV e AIDS. Si tratta di uno studio osservazionale suddiviso in due fasi. I criteri di inclusione prevedevano la sieropositività all’HIV e la diagnosi di recenti episodi di herpes zoster. Nella prima fase dello studio (durata 3 mesi) sono state arruolate 52 persone che sono stata trattate con piante medicinali presso la clinica di guarigione tradizionale; mentre altre 52 sono state arruolate, come gruppo di controllo, presso la clinica della TASO e trattate con cure ambulatoriali convenzionali. Nella seconda fase dello studio (follow-up più lungo: 6 mesi), sono stati arruolati 154 pazienti non ospedalizzati trattati con piante medicinali e altri 55 come gruppo di controllo. In ambedue le fasi i pazienti che sono stati seguiti dai guaritori tradizionali hanno ricevuto trattamenti con piante medicinali, mentre i pazienti dei gruppi di controllo trattamenti sintomatici o acyclovir. Risultati. Rispetto il gruppo di controllo, i pazienti trattati dai guaritori presentavano lo stesso tasso di risoluzione dell’herpes zoster. Un numero minore di pazienti trattati dai guaritori, rispetto il gruppo di controllo, ha manifestato una superinfezione durante la fase 1 (18% versus 42%; p<0.02) e, sempre in questo gruppo, s’è vista una minore formazione di cheloidi, anche se la differenza non era statisticamente significativa. Nel gruppo trattato dai guaritori tradizionali in ambedue le fasi il dolore associato all’herpes zoster è migliorato con una particolare evidenza nella fase 2 dove il dolore è progressivamente e significativamente diminuito nel corso del trattamento. Nelle loro conclusioni gli autori dello studio affermano che nella situazione ugandese, e in contesti simili, le piante medicinali rappresentano un importante trattamento primario, sostenibile e disponibile localmente, per la gestione delle infezioni da herpes zoster nelle persone con HIV.
Ipericina di sintesi e HIV
By Gulick RM.; McAuliffe V.;Holden-Wiltse J.; Crumpacker C.; Liebes L.; Stein DS.; Meehan P.; Hussey S.; Forcht J.; Valentine FT. Phase I studies of Hypericin, the active compound in St. John’s Wort, as an antiretroviral agent in HIV infected adults. Ann Intern Med 1999 March; 130(6): 510-514
L’Ipericina, principio attivo dell’Hypericum perforatum, ha un’attività antiretrovirale in vitro e molte persone infette da HIV utilizzano questa pianta medicinale. L’Obiettivo di questo studio è stato quello di valutare la sicurezza e l’attività antiretrovirale dell’Ipericina in pazienti infetti da HIV. In questo studio di fase I, realizzato presso quattro unità di ricerca clinica, è stata utilizzata ipericina di sintesi. Lo studio ha coinvolto 30 pazienti infetti da HIV con conte di CD4 inferiori a 350 cellule/mm3. L’ipericina veniva somministrata per via endovenosa, 0.25 o 0.5 mg/kg del peso corporeo due volte a settimana o 0.25 mg/kg tre volte a settimana o ancora per via orale 0.5 mg/kg al giorno. La sicurezza è stata valutata attraverso visite settimanali; mentre l’attività antiretrovirale è stata valutata sulla base delle variazioni dei livelli dell’antigene p24, dalle copie di HIV-RNA e dalle conte dei CD4. Risultati. Dei 30 pazienti che sono stati arruolati, 16 hanno interrotto precocemente il trattamento a causa di effetti tossici. Grave fototossicità cutanea è stata osservata in 11 pazienti su 23 valutabili (48% [95% CI, da 27% al 69%]) e non è stato possibile eseguire l’intensificazione progressiva del dosaggio. I markers virologici e le cellule CD4 non hanno subito variazioni significative. Concludendo lo studio i ricercatori evidenziano che l’ipericina ha causato una fototossicità significativa e non ha avuto attività antiretrovirale nel limitato numero di pazienti studiati. E’ opportuno osservare che questo studio è stato realizzato con sola ipericina di sintesi e che quindi i risultati, pur essendo di una certa rilevanza e significatività, non possono essere automaticamente ricondotti ai possibili effetti del fitocomplesso titolato.
Viscum e infezione da HIV
By Gorter RW; van Wely M; Reif M; Stoss M. Tolerability of an extract of european misttletoe among immunocompromised and healthy individuals. Altern Ther Health Med 1999;5(6):37-48
Il Viscum album viene utilizzato per via parenterale da oltre 80 anni come terapia antitumorale con attività immunomodulante. Inoltre, dal 1984 esperienze cliniche hanno suggerito che possa essere utile nel contrastare l’evoluzione dell’infezione da HIV. Con questo studio i ricercatori hanno voluto determinare il profilo tossicologico e gli effetti biochimici dell’estratto di Viscum album Qu FrF. Si è trattato di uno studio di fase I/II ad incremento progressivo del dosaggio a cui hanno partecipato 32 persone con HIV e 9 sane. L’estratto, standardizzato in lectina e viscotossina, è stato somministrato sottocute due volte alla settimana con incremento graduale della dose dalla seconda alla 17sima settimana (da 0.01 mg a 10 mg). Sono stati registrati e controllati gli eventi avversi, i dati ematologici e biochimici. Risultati. Non sono stati registrati gravi effetti avversi. Durante l’incremento della dose sono stati registrati maggiori effetti avversi, rispetto i dosaggi più bassi. Il tasso di rischio relativo agli eventi avversi è stato maggiore fra le persone con HIV. Gli eventi avversi attribuiti al trattamento sono stati malesseri simil-influenzali ed inasprimento transitorio di gengiviti, eosinofilia e febbri. E’ stato registrato un incremento dell’azotemia urica e dei livelli di creatinina e una leggera diminuzione delle proteine totali. E’ stata rilevata una relazione dose-dipendente con infiammazione e febbre che, secondo i ricercatori, può essere o non essere dovuta agli effetti della preparazione. Secondo gli autori dello studio, il Viscum album Qu FrF può essere somministrato con sicurezza alle persone con HIV; può inoltre indurre immunomodulazione nelle persone sane e in quelle con HIV, potendo anche inibire la progressione dell’infezione.
Melaleuca, candida e AIDS
By Jandourek A; Vaishampayan JK; Vazquez JA. “Efficacy of melaleuca oral solution for the treatment of fluconazole refractory oral candidiasis in AIDS patients” AIDS 1998 Jun; 12 (9): 1033-7
Questo studio aveva come obiettivo valutare l’efficacia di una soluzione orale di Melaleuca a. in pazienti con AIDS e infezioni da candida orofaringea resistente al fluconazolo. Si tratta di una studio prospettico aperto, condotto presso un singolo centro, una clinica universitaria per il trattamento di HIV/AIDS. Tredici pazienti con AIDS e candidiasi orale clinicamente refrattaria al fluconazolo (fallimento nella risposta ad un minimo di 14 giorni di 400 mg e più di fluconazolo al giorno). Inoltre, i pazienti evidenziavano una resistenza al fluconazolo in vitro, determinata da concentrazioni inibitorie minime di 20 mcg/ml o più. Ai pazienti sono stati somministrati 15 ml di soluzione orale di Melaleuca per 2-4 settimane. La posologia giornaliera prevedeva quattro sciacqui con Melaleuca e successiva espulsione del medicamento. Il principale parametro di valutazione adottato è stato la risoluzione delle lesioni cliniche da candidiasi orale pseudomembranosa. Le valutazioni dei segni clinici della candidiasi orale sono state effettuate settimanalmente e alla fine della terapia. In occasione di ciascuna valutazione sono state effettuate colture quantitative dei lieviti. Un totale di 13 pazienti sono stati arruolati nello studio, 12 erano infine valutabili. Alla valutazione della settimana 2, su 12 pazienti, 7 erano migliorati, nessuno è risultato guarito e sei sono rimasti in condizioni invariate. Alla valutazione della settimana 4, su 12 pazienti, 8 hanno mostrato una risposta (2 guariti e 6 migliorati), quattro erano non-responders ed uno era peggiorato. Una risposta micologica è stata osservata in sette pazienti su dodici. Una valutazione di follow-up 2-4 settimane dopo la terapia ha rivelato che non vi erano state ricadute cliniche nei pazienti che erano guariti. In conclusione, la soluzione orale di Melaleuca appare efficace come regime alternativo per pazienti con AIDS e candidiasi orofaringea refrattaria al fluconazolo.
Echinacea e immunità
By Berman S, See DM, See JR, Justis JC, Tilles JG, Ma CB: “Dramatic increase in immune mediated HIV killing activity induced by Echinacea angustifolia”. XII Int Conf AIDS 1998; Abstracts Books, Abs 32309
L’eliminazione potenziale dell’infezione da HIV richiede con ogni probabilità sia la terapia antiretrovirale, sia la ricostruzione di una efficace risposta immunitaria. In uno studio in vitro E.a. ha indotto un marcato incremento nell’attività delle cellule natural killer (NK) contro le cellule HIV-transfette (cellule infettate con il DNA di HIV) sia in individui sieropositivi che sieronegativi. E’ stato condotto uno studio in vivo sugli effetti della E.a sulla funzione del sistema immunitario in individui sieropositivi. Progetto: studio in doppio cieco controllato con placebo e crossover. Tutti i pazienti erano o in regime di trattamento stabile o di nessun trattamento con farmaci antiretrovirali per almeno le precedenti 12 settimane; un cambiamento nella terapia durante lo studio era elemento di esclusione. I pazienti hanno ricevuto un placebo o E.a. 1 g. tre volte al dì per 16 settimane, seguiti da 4 settimane di depurazione e da altre 16 in cui avveniva il cambio del regime di trattamento. Sono stati fatti esami ogni 4 settimane per: carica virale HIV-1, conta dei CD4, campioni della lisi NK-mediata delle CEM transfette da gp-120 o cellule H9 dell’Herpes Virus umano 6 (HHV-6). I dati sono stati analizzati attraverso ANOVA (analisi della varianza) per misure ripetute. Risultati: Ad oggi 12 pazienti su un totale di 61 hanno completato lo studio. All’inizio ognuno presentava una attività di eliminazione delle cellule transfette con HIV fortemente ridotta; questo indipendentemente dalla carica virale iniziale (range<400-9122 copie/ml) o conta dei CD4 (range 45-45417mm3 , media=250) (p<0.001). Durante l’assunzione di E.a., l’attività media di distruzione NK-mediata specifica dell’HIV è aumentata da 3.7 ± 3.5 unita liriche (LU) a 23.1 ±11.7 LU (p<0.001). Dopo 16 settimane di placebo l’attività di distruzione non era significativamente differente dalla situazione iniziale (4.1 ± 3.2 LU; p=NS). Inoltre, attraverso l’E. a. è stato indotto in sei pazienti (sino ad oggi) un aumento marcato di distruzione delle cellule infette da HHV-6. Durante lo studio non sono stati riportati effetti collaterali o ritrovamenti di laboratorio anomali. Conclusioni: L’Echinacea angustifolia, ai dosaggi utilizzati in questo studio ha indotto un rilevante miglioramento nel funzionamento del sistema immunitario, come misurato attraverso un significativo aumento della lisi NK-mediata delle cellule transfette con HIV. Questi effetti sono stati riscontrati in 11/12 pazienti, anche in quelli che erano maggiormente immunosoppressi. Questo risultato può essere una indicazione che in pazienti con infezione da HIV, sia possibile una immunoricostruzione e che questa possa essere raggiunta utilizzando questo agente non tossico ed economico.
Buxus nell’infezione da HIV
By Durant J; Chantre P; Gonzalez G; Vandermander J; Halfon P; Rousse B; Guédon D; Rahelinirina V; Chamaret S; Montagnier L; Dellamonica P. “Efficacy and safety of Buxus sempervirens L. preparations (SPV30) in HIV-infected asymptomatic patients: a multicentre, randomized, double-blind, placebo-controlled trial.” Phytomedicine 1998; 5(1):1-8
Questo articolo riporta i dettagli dei risultati di uno studio sul Bosso i cui risultati sono già stati presentati nel 1996 all’undicesima Conferenza Internazionale AIDS di Vancouver. L’obiettivo di questo studio era di comparare l’efficacia e la sicurezza di due dosi di SPV-30 in pazienti HIV asintomatici. Lo studio è stato disegnato come trial multicentrico, in doppio-cieco, randomizzato a due dosi di SPV-30 (990 mg/d e 1980 mg/d) contro il placebo. Sono stati reclutati 145 pazienti mai trattati farmacologicamente in precedenza e con infezione da HIV asintomatica (gruppo IV CDC) e conte CD4 tra 250 e 500. E’ stata registrata una differenza statisticamente significativa nei fallimenti terapeutici tra i 3 gruppi (due dosaggi SPV-30 e placebo) a favore dei 990 mg di SPV-30, inclusa una diminuzione della conta delle cellule CD4 <200 e/o il numero di aggravamenti clinici (progressione in AIDS o ARC). Anche per quanto attiene al tasso di progressione della malattia si è assistito ad una migliore prestazione del dosaggio con 990 mg/d SPV-30. Rispetto gli altri gruppi sperimentali un numero minore di pazienti che avevano ricevuto 990 mg/d di SPV-30 hanno alla fine avuto un aumento della carica virale superiore a 0.5 log (P=0.029). Nei tre gruppi non sono stati riportati effetti collaterali gravi. Sulla base di questi risultati gli autori concludono che il dosaggio di 990 mg/d di SPV-30 ha effetti benefici in pazienti con HIV asintomatici e sembra ritardare la progressione della malattia da HIV.
Immunomodulazione e piante della MTC
By Borchers AT., Hackman RM., Keen CL., Stern JS, Gershwin ME. “Complementary medicine: a review of immunomodulatory effects of Chinese herbal medicines” Am J Clin Nutr 1997; 66: 1303-12
Negli utlimi anni sono aumentati considerevolmente domanda e interesse scientifico per la medicina complementare o alternativa, in particolare per le piante medicinali. Fra le piante medicinali con più antica tradizione e per cui sono disponibili maggiori dati vi sono quelle utilizzate dalla medicina tradizionale cinese e dalla medicina Kampo. Questa rassegna prende in esame gli effetti di alcune medicine tradizionali cinesi sui diversi aspetti della risposta immunitaria. Vengono considerate 29 piante medicinali fra cui Astragali, Glycyrrhizae, Magnoliae, Panax ginseng, Scizandrae, Scutellariae, Zingiberis etc. presenti in diverse formulazioni tradizionali (Shosaiko-to, Juzen-taiho-to, Saiboku-to etc). Vengono citati studi in vitro e in vivo, fra cui alcuni trials clinici. Nonostante la rassegna non sia esaustiva, evidenzia comunque effetti benefici specifici della Medicina Cinese a base di erbe. Sono meno frequenti gli studi che esaminano il meccanismo attraverso cui queste piante esercitano le loro azioni immunomodulanti. Il numero limitato di sperimentazioni presentate sottolinea la probabilità che molto altro ci sia da scoprire e che vari meccanismi possano essere coinvolti nelle diverse azioni, anche di una singola medicina. Secondo gli autori sarà l’identificazione di questi meccanismi a fornire la base scientifica per stabilire efficacia e sicurezza, non solo delle medicine cinesi a base di piante, ma anche di tutte le forme di fitoterapici
NON SU HIV, ma con qualche interesse
Contro l’herpes rabarbaro + salvia equivalenti allo zovirax (aciclovir)
By Saller R, Buechi S, Meyrat R, Schmidhauser C. Combined herbal preparation for topical treatment of Herpes labialis. Forsch Komplementarmed Klass Naturheilkd 2001 Dec;8(6):373-82
L’efficacia di molte preparazioni anti-herpes ad utilizzo topico è ancora molto contenuta e talvolta deludente. Lo sviluppo di nuovi trattamenti antivirali rimane quindi una priorità. Nel corso di uno screening su estratti vegetali le attività della radice di rabarbaro e di un estratto di salvia hanno evidenziato un’azione molto promettente. Con questo studio i ricercatori hanno voluto testare l’efficacia di due diversi trattamenti (un estratto di rabarbaro e salvia e uno a base di sola salvia), confrontandoli con un trattamento di riferimento nell’ambito di uno studio comparativo in doppio-cieco e randomizzato. Nello studio sono stati reclutati 149 pazienti e per 145 (111 donne, 34 maschi) è stata possibile la valutazione finale attraverso analisi intention-to-treat. 64 persone hanno ricevuto la crema a base di rabarbaro e salvia, 40 quella a base di sola salvia e 41 il trattamento attivo di controllo (Zovirax). L’estratto secco di rabarbaro (23 mg/g) impiegato nella sperimentazione derivava da un estratto acquoso-etanolico standardizzato secondo la farmacopea tedesca (DAB) con 4,0-6,0% di derivati idrossiantracenici. L’estratto secco di salvia (23 mg/g) era conseguente ad estrazione in acqua. Nello studio è stato utilizzato come controllo attivo la crema Zovirax con principio attivo aciclovir (50 mg/g). Risultati. Il tempo medio di cura dell’herpes labiale è stato di 7,6 giorni con la crema a base di salvia, di 6,7 giorni con la crema a base di rabarbaro e salvia e di 6,5 giorni con Zovirax. Sono state osservate alcune differenze statisticamente significative relativamente alla sintomatologia. Relativamente al parametro ‘tumefazione’, nel corso della prima visita di followup è stato registrato un vantaggio significativo per lo Zovirax rispetto alla crema di sola salvia; relativamente al parametro “dolore” nel corso della seconda visita di followup è stata registrata una differenza statisticamente significativa dell’azione della crema rabarbaro-salvia rispetto la sola salvia. Gli autori della ricerca concludono sottolineando che la crema a base di rabarbaro e salvia è risultata essere efficace quanto la crema a base di aciclovir e più attiva di quella a base di sola salvia. Studio realizzato da ricercatori del “Departement fur Innere Medizin, Naturheilkunde”, Universitatsspital Zurich.
Una review su Uncaria e Sangre de Grado
By Williams JE. Review of antiviral and immunomodulating properties of plants of the Peruvian rainforest with a particular emphasis on Una de Gato and Sangre de Grado. Altern Med Rev 2001
Da diversi anni vengono diffusamente utilizzate anche in Italia estratti vegetali a base di Uncaria tomentosa e Sagre de Grado (Croton lechileri). Si tratta di piante medicinali native dell’Amazzonia e utilizzate tradizionalmente per una serie di malattie. Numerose sono le piante amazzoniche conosciute per avere attività antimicrobica e antinfiammatoria ma, soltanto alcune di queste sono sono state studiate per le loro proprietà antivirali e immunomodulanti. Fra le piante studiate ci sono il Sangre de Grado (famiglia delle Euphorbiaceae) e l’Uncaria tomentosa, una pianta della famiglia delle Rubiaceae. In questa review vengono passate in rassegna le conoscenze e le ricerche condotte su piante medicinali amazzoniche, con particolare attenzione e approfondimento a quelle relative al Sangre de Grado e all’Uncaria tomentosa. La review comprende dati relativi alla composizione chimica, alle proprietà farmacologiche, all’attuale stato della ricerca preclinica e clinica relativamente alle attività antivirali e immunomodulanti.
Il Sangue de Grado è stato impiegato con successo nel corso di studi clinici contro la diarrea correlata all’assunzione di farmaci, alla chemioterapia e alla radioterapia; è stato inoltre utilizzato contro infezioni microbiche intestinali, diarrea del viaggiatore e diarrea in persone con AIDS. Viene inoltre impiegato nelle ulcere e più in generale coma agente naturale antibatterico e antivirale.
Nella review vengono riportati anche i dosaggi impiegati e indicati.
L’azione farmacologica dell’Uncaria tomentosa include l’attività antiossidante, anti-infiammatoria, immunomodulante, citoprotettiva, antimutagena e anti-ipertensiva con possibile azione preventiva sull’ischemia cerebrale.
L’azione immunomodulante comprende la soppressione di NF-kappaB, il miglioramento della risposta dei linfociti T e B e dell’interleuchina 1 (IL-1) e IL-6 e, infine, la stimolazione della fagocitosi. L’Uncaria viene utilizzata nelle malattie infiammatorie, per il trattamento di infezioni virali croniche, di co-infezioni virali e batteriche in persone con AIDS e tumore e per la prevenzione dei danni correlati alla radioterapia. Review realizzata da associati a: California Acupuncture College, San Diego, CA; Pacific College of Oriental Medicine; Encinitas, CA, USA.
Antinfiammatori vegetali attivi su NF-kB
By Bremner P, Heinrich M. Natural products as targeted modulators of the nuclear factor-kappaB pathway. J Pharm Pharmacol 2002 Apr;54(4):453-72
L’ utilizzo di estratti vegetali allo scopo di alleviare le malattie infiammatorie è antico di secoli. Questa review passa in rassegna le attuali conoscenza sull’utilizzo di queste piante e dei prodotti naturali da loro isolati in base alla loro azione contro NF-kappaB.
Come attivatore di molte citochine proinfiammatorie e come modulatore di molti processi infiammatori NF-kB è un importante target se si vogliono alleviare i sintomi di malattie come l’artrite, la colite e l’asma.
Dalla rassegna emerge che un ampio numero di composti sono normalmente conosciuti come attivi su NF-kB e fra questi possiamo ricordare gli isoprenoidi, più specificatamente il diterpene tetraciclico kaurene e la classe dei lattoni sesquiterpenici, numerosi fenolici come la curcumina e flavonoidi come la silibina.
Nella revisione vengono infine evidenziati i dati relativi alla tossicità cellulare, allo scopo di segnalare i composti che devono essere esclusi dall’utilizzo clinico. Infine vengono formulate una serie di considerazioni sulla correlazione tra struttura e attività, naturalmente dove esistono dati sufficienti. Revisione della letteratura realizzata da ricercatori di:
Centre for Pharmacognosy and Phytotherapy, School of Pharmacy, London, UK.
Tratto da: http://www.thinkfree.it/hiv/fitoterapia.htm