USURAI, Europei, AMERICANI, Ebrei, Cristiani, Cattolici, Protestanti – Usura nell’ Islam ?
Come l’Europa “moderna” si e’ formata ? vedi qui:
http://nexusedizioni.it/it/CT/esoterismo-e-politica-le-origini-segrete-delleuropa-unita-4368
vedi: La struttura della TRUFFA EUROPEA
….News sulla Banca d’Italia:
L’ultimo grande furto ai danni degli ignari italiani: BANKITALIA: “Ciò che sta accadendo senza che nessuno lo sappia” – Gennaio 2014
Riportiamo quanto pubblicato nel profilo facebook dell’europarlamentare Marco Scurria, già noto al nostro blog per essersi più volte battuto per la proprietà della moneta. Invitiamo pubblicamente tutti alla divulgazione di questo articolo e di tutti gli altri presenti sulla rete (tra cui questo post di Lucio di Gaetano nel blog beppegrillo.it) che informano sulla vicenda della svendita di Bankitalia.
L’ultimo grande furto ai danni degli ignari italiani.
By Marco Scurria
Nei prossimi giorni la Camera dei Deputati è chiamata a dare il parere definitivo al Decreto Legge di Letta e Saccomanni emanato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 Novembre, proprio mentre le telecamere dei media di tutto lo Stivale erano concentrate sulla decadenza da Senatore della Repubblica di Silvio Berlusconi. Il DL va a modificare l’assetto dei proprietari della Banca Centrale Italiana, oggi in mano ai maggiori cartelli finanziari operanti nel Belpaese, tra cui Intesa San Paolo, Unicredit e Assicurazioni Generali.
Continua QUI: Banca Italia
GUERRA al CONTANTE
DOVE STA SCRITTO CHE DOBBIAMO PER FORZA AVERE UN CONTO IN BANCA ?
Sei un lavoratore dipendente ? Sei un pensionato ? Hai una piccola impresa individuale ?
Per poter lavorare, e quindi vivere, devi per forza avere un conto in banca, altrimenti è impossibile avere lo stipendio. Lo Stato ha infatti abolito da anni il contante per l’accredito dello stipendio. Il problema è che tutto ciò è ILLEGALE.
– Art. 1277 Codice Civile
“I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”
– Art 693 Codice Penale
“Chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro”
Le leggi dello Stato italiano sono chiare: i pagamenti si effettuano con la MONETA A CORSO LEGALE e nessuno può rifiutarsi di ricevere la MONETA A CORSO LEGALE.
Ma cos’è la MONETA A CORSO LEGALE ?
Ce lo dice la Banca d’Italia:
“L’unica forma di moneta legale è la moneta CONTANTE emessa da una banca centrale – per l’euro la Banca Centrale Europea (BCE)”
Quindi la questione è molto chiara: l’unica moneta a corso legale è il CONTANTE e nessuno può rifiutarsi di ricevere denaro CONTANTE per i pagamenti.
Cos’è quindi la MONETA ELETTRONICA che lo Stato ci obbliga ad utilizzare ?
Leggiamo sempre dalla Banca d’Italia:
“La moneta scritturale bancaria [ovvero la moneta elettronica] è una forma di MONETA PRIVATA”.
(NdR: quindi qualsiasi privato la puo’ utilizzare….)
La moneta elettronica non è moneta a corso legale, è una moneta privata che porta LUCRO alle banche.
Come fa lo Stato ad abolire o limitare l’utilizzo del CONTANTE che è l’unica MONETA A CORSO LEGALE e costringere il cittadino ad utilizzare una moneta privata che per definizione porta lucro alle banche attraverso interessi e commissioni ?
Come ci siamo ridotti così ? La decennale propaganda mistificatoria contro il CONTANTE è stata portata avanti con grande forza dal circuito bancario e dai suoi camerieri (giornalisti, politici, boiardi di stato etc).
Quella dell’evasione fiscale è soltanto una scusa (la vera evasione la abbiamo proprio con la moneta elettronica e con le Banche che evadono 550 miliardi l’anno solo in Italia….), l’obbiettivo è quello di renderci ancora più schiavi controllando il nostro portafoglio, tracciando ogni spesa che facciamo e prelevando direttamente i soldi quando lo Stato ritiene di farlo. Le banche brindano e banchettano grazie ad una classe politica collusa e incapace.
Ma le leggi rimangono, e sfido i politicanti a modificare la definizione di MONETA A CORSO LEGALE. Il vero problema che abbiamo è quello dell’informazione: facciamo sapere a tutti come stanno realmente le cose, le persone devono capire come ci stanno togliendo ogni libertà.
Come disse Henry Ford: “È un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina.” È nostro dovere informare.
Causa CARIGE: Tribunale a Genova, sulla creazione di denaro – 18/08/2016
Tribunale di Genova: accertamento tecnico sulla creazione di danaro bancario
http://centralerischibanche.blogspot.it/2016/08/tribunale-di-genova-accertamento.html
Tribunale civile di Genova, 18 agosto 2016, udienza nella causa sulla mancata contabilizzazione della creazione di danaro da parte di Banca Carige. L’avvocato di Carige è Paolo Canepa (fratello del magistrato Anna Canepa, segretaria di Magistratura Democratica), dello studio legale Roppo e Canepa, che aveva assistito De Benedetti nella causa sul Lodo Mondadori…
L’avvocato chiede che la causa sia risolta subito per totale infondatezza, invocando la temerarietà della controparte.
Il Tribunale rimanda a prossima udienza, il 4 ottobre 2016 alle 10.15, davanti al Dott. Luigi Costanzo, presidente di sezione nonché presidente vicario del Tribunale, per decidere sulla nomina del CTU.
L’avvocato Marco Della Luna, che rappresenta la parte attrice, costituita da una società finanziaria britannica e da Marco Saba, sostiene che far emergere i ricavi da creazione di danaro da parte delle banche commerciali, nel caso di Carige oltre 25 miliardi, oltreché a risanare il sistema bancario italiano, porterebbe – attraverso la conseguente tassazione – alla messa in sicurezza del bilancio dello Stato.
Una domanda sorge spontanea: se tutto è in regola, perché il management della Cassa di Risparmio di Genova si oppone all’accertamento ?
In RISPOSTA all’INTERVISTA RADIO di ERIC JON PHELPS e BARRY CHAMISH del 21 AGOSTO 2012
GUERRA INFORMATICA, 11 SETTEMBRE, CITY of LONDON CORPORATION, il PAPA, PIRATI MERCANTI e il COMMERCIO d’OPPIO, OMICIDIO di LINCOLN e CONNESSIONI fra NEW AGE e TRANSUMANESIMO
Nuovo dollaro americano – Trump e il nuovo Dollaro sostenuto dall’Oro – 2017
Questo l’elenco delle Banche controllate dai Rothschild:
https://www.earth-matters.nl/11/13949/verborgen-nieuws/complete-list-of-banks-owned-or-controlled-by-the-rothschild-family.html
http://bloginfo.educate-yourself.eu/2013/03/list-of-banks-owned-by-the-rothschild-family/
http://humansarefree.com/2013/11/complete-list-of-banks-ownedcontrolled.html?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork&m=0
I ROTHSCHILD (il loro Impero) + I Bankers (banchieri) finanziarono anche Hitler !
Essi hanno sempre fatto enormi affari con la guerra, vendendo armi da una parte e dall’altra, ecco i documenti:
http://www.reformed-theology.org/html/books/wall_street/index.html
Comunque la SOLUZIONE a TUTTI i PROBLEMI del MONDO e’ GIA’ QUI – vedi: Padroni del mondo, e’ finita per voi !
SOVRANITA’ INDIVIDUALE (Dichiarazione)
https://youtu.be/lPjBgaKbq2E
vedi: QUESTI i SOCI delle VARIE BANCHE Centrali + BCE + FEDERAL RESERVE & C. (nei fatti tutte private)
vedi: La struttura della TRUFFA EUROPEA
USURA, definizione:
L’usura (parola latina per interesse) è la pratica consistente nel fornire prestiti di denaro a tassi di interesse considerati illegali, socialmente riprovevoli e tali da rendere il loro rimborso molto difficile o impossibile, spingendo perciò il debitore ad accettare condizioni capestro poste dal creditore a proprio vantaggio, come la vendita a un prezzo particolarmente vantaggioso per il compratore di un bene di proprietà del debitore, oppure spingendo il creditore a compiere atti illeciti ai danni del debitore per indurlo a pagare.
Precisazioni:
Ma cos’è esattamente l’usura ? È il denaro ricavato dal mero utilizzo del denaro.
Ed Ezra Pound, da annoverare tra i grandi uomini del ‘900, bollava impietosamente taluni governi di servilismo e di sottomissione alsignoraggio sulla moneta esercitato dal sistema bancario privato e dalle banche centrali da questo controllate.
Una ragnatela speculativa dove l’esclusivo interesse privato strangola la sovranità politica e monetaria degli stati nazionali e l’autodeterminazione dei popoli.
Tale sistema perverso nasce in Inghilterra ad opera dello scozzese William Paterson, mercante, avventuriero e banchiere.
Il 27 luglio 1694 Paterson ottiene dal sovrano protestante Guglielmo III d’Orange (al potere dal 1689 come re d’Inghilterra, Irlanda e Scozia dopo la deposizione di suo zio Giacomo II, cattolico.
Ancora oggi l’oppressione “orangista”, incentivata e protetta da Londra, contro i cattolici repubblicani d’Irlanda è oggetto di funesta cronaca quotidiana) l’autorizzazione ad operare come banchiere ufficiale del regno.
Fonderà la Banca d’Inghilterra, prima banca di emissione privata, che godrà così del privilegio di emettere moneta da prestare ad usura allo Stato (il primo prestito al governo inglese ammonterà a 1.200.000 sterline).
Nella sua memorabile sentenza: “La banca trae beneficio dall’interesse che pretende su tutta la moneta che crea dal nulla” vi è racchiuso il nucleo ideologico del significato di signoraggio sulla moneta.
È, quindi, a partire da tale data che i governi perderanno la loro sovranità economica e il potere di emettere moneta sarà delegato ad una banca privata.
Non faranno ovviamente eccezione gli Usa, che nonostante l’indipendenza dalla madrepatria proclamata con la famosa dichiarazione del 4 luglio 1776, saranno sempre soggetti all’usurocrazia monetaria della Federal Reserve, divenendo ben presto il braccio armato del liberismo mondialista.
Con due eccezioni, però, anche se di breve durata per la tragica sorte toccata a chi osò andare controcorrente: Abraham Lincoln eJohn Fitzgerald Kennedy (NdR: tutti e due Assassinati…..)
Tuttavia, ad onor del vero, già Thomas Jefferson, al tempo in cui ricopriva la carica di segretario di Stato durante la presidenza diGeorge Washington, si era fermamente opposto al progetto di fondazione di una banca centrale privata (la First Bank of the United States) caldeggiato dall’allora ministro del Tesoro Alexander Hamilton.
Personaggio ambiguo e contraddittorio (in origine sosteneva esattamente l’opposto, e cioè che la cosa pubblica non potesse essere delegata ad una banca privata poiché questa tutelava esclusivamente i propri interessi), l’Hamilton fu accusato di essere strumento dei banchieri internazionali, probabilmente in combutta con i Rothschild, che proprio in quel periodo, per bocca del fondatore della dinastia, l’ebreo askenazita Mayer Amschel, memore forse della succitata celebre frase del suo predecessore scozzese, aveva sentenziato:
“Lasciate che io emetta e controlli il denaro di una nazione e non mi interesserò di chi ne formula le leggi”.
Come siano andate poi le cose per il XVI e XXXV presidente Usa è cosa tristemente risaputa.
Lincoln sosteneva che il privilegio dell’emissione della moneta dovesse essere prerogativa esclusiva del governo e che il denaro da padrone sarebbe dovuto diventare servitore dell’umanità.
L’applicazione pratica di tali principi portò all’emissione di banconote non gravate dagli interessi da corrispondere ai banchieri privati. Il 15 aprile 1865 Lincoln veniva assassinato in un palco del teatro di Washington.
Stessa sorte, cento anni dopo, toccava a Kennedy, il quale, cinque mesi prima del suo assassinio, aveva firmato l’ordine esecutivo n. 11110 con il quale il governo aveva il potere di battere moneta dietro copertura argentea.
Anche in questo caso lo Stato non pagava più gli interessi alla banca di emissione privata.
Un duro colpo al signoraggio bancario che si infranse il 22 novembre 1963. Da allora nessun altro presidente Usa si è più arrischiato a sfidare i Signori del denaro.
By Salvatore Maiorca
Sovranita’ monetaria e Signoraggio bancario – “DEBITO PUBBLICO“
La competenza europea non è più Costituzionale. Possiamo rientrare, persino “legalmente”.
Ciò non toglie che le regole sono state costruite raggirando i popoli, e che quindi in ogni caso i popoli hanno la sovranità necessaria per ribaltare una qualsiasi legge elitaria.
SOLUZIONE:
Dovremmo per risolvere il problema della Sovranita’ monetaria, innanzi tutto nazionalizzare le Banche Centrali (FED + BCE, ecc.), togliendole dalle mani dei privati, cosi come la Banca Italia (NON d’Italia, perche’ anch’essa in mano ai privati), poi stampare carta moneta, come Stati uniti d’Europa (UE), pari al debito “pubblico” delle varie nazioni UE che gli uomini di governo dei vari stati hanno contratto (e’ tutto fatto di carta straccia, che i banchieri del mondo piazzando i loro uomini negli stati o comprandoseli…hanno fatto si che gli stati si indebitassero con loro….e quindi ci potessero tenere per le palle….ricattandoci con il debito stesso), ed inviare la carta moneta stampata (la parte che li compete) al Fondo monetario internazionale (il FMI e’ di proprieta’ dei banchieri…e’ una loro creatura)contemporaneamente, riscatta-ricompra i titoli statali emessi, che hanno acquistato i privati, gli altri stati e le banche) in modo da eliminare il debito, e cosi’ ci riapproprieremmo degli interessi che ogni anno paghiamo (in Italia c.a. 100 miliardi di euros l’anno) e li potremmo investire nell’industria, nel turismo, nei servizi…e cio’ per i vari stati indebitati…
CMQ ma sara’ una gara dura, perche’ gli USURAI del mondo hanno i loro uomini piazzati ovunque nel mondo e nei posti chiave….che faranno di tutto per impedirci di arrivare a farlo…!
Ma noi ce la possiamo fare !
Altra proposta per la soluzione-annullamento del cosiddetto falso Debito Pubblico:
in circa 30 anni l’Italia ha pagato interessi annui per il debito pubblico per un totale di circa € 3.400.000.000.000 (3 mila quattrocento miliardi), mentre il debito pubblico ammonta al 2014 a c.a. € 2.200.000.000.000 (duemila duecento miliardi) per cui sottraendo dal totale, la somma gia’ pagata, vi e’ una plus valenza di c.a. 1.200.000.000.000, che le banche dovrebbero ridarci…..ma anche se non ce li ridanno, noi possiamo cessare di pagarle immediatamente investendo la stessa cifra annuale di falsi interessi, nella nostra economia….
Le banche non prestano denaro, vendono debiti…!
il denaro che inseriscono nei conti correnti dei loro “clienti” e’ creato dalla vostra firma, quindi e’ vostro, infatti quel denaro non e’ nel bilancio della banca precedentemente alla vs firma….perche’ e’ vostro e non della banca, esso e’ creato per voi dalla banca proprio dal NULLA !…..non e’ suo !
……quindi NON dovete NULLA alla banca, ne’ capitale, ne’ interessi !
Il documento che vi fanno firmare e’ una TRUFFA !
…fatevi furbi sono dei CRIMINALI TRUFFATORI assieme allo…. stato mafioso che li protegge….sulla pelle dei sudditi SCHIAVI !
Inoltre le banche evadono enormemente il fisco perche’ immettono le cifre del denaro che hanno emesso dal NULLA nei loro bilanci come “debito” e non come credito, come dovrebbe essere, ed in questo modo non pagano le tasse sui capitali che sottraggono con l’inganno a chi ha firmato quel fatidico modulo, sulla cui firma hanno creato dal NULLA il denaro per il loro cliente che in realta’ e’ suo REGALATO dal NULLA.
QUINDI Sono anche dei LADRI ! ed EVASORI mostruosi ! e non pagano neppure I’VA sul servizio fatto….
Creazione del denaro dal nulla:
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1057521914001070
I mutui bancari sono una FRODE: come difendersi ?
http://marcodellaluna.info/sito/2015/07/26/i-mutui-bancari-sono-una-truffa-come-difendersi/
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L’USURA nel MEDIOEVO Europeo
Il nostro viaggio parte da due posizioni ben distanti e distinte: l’usurai e il banchiere. Secondo il deuteronomio, si potevano prestare soldi solo agli stranieri, e non agli amici. Così facevano gli ebrei sotto il precetto del: «mutuum date, nihil inde sperantes».
Se per Benjamin Nelson, eravamo tutti “fratelli”, in quanto tutti sono ugualmente “altri”, gli stranieri del deuterinomio, quindi diventano tutti, e quindi è perfettamente legittimo pretendere gli interessi. Tuttavia, questa disquisizione sul chi fosse un “fratello” o meno è alquanto irrisoria; alla fine, il limite tra usura e prestito era molto labile. Tutti infatti potevano applicare tassi che volevano, a farne usura o meno era il nome, il prestigio sociale, che agli “strozzini” era precluso.
Quando il ruolo di banchiere (Banchiere, proprietario o azionista di una Banca) e di usuraio (colui che pratica l’usura) non erano ancora ben definiti, infatti, in gioco veniva messa l’onorabilità e il prestigio sociale delle persone. In poche parole, a far lecito un tasso, erano le persone che lo promuovevano, e non come accade oggi, l’esatto contrario.
Fino al trecento, ogni utile ricavato dal creditore, che accedesse la sors (oggi “rendita”), cioè il capitale mutuato, era definito “usura”. E l’usura era lecita, secondo il Corpus iuris civilis (528-533) che ancora era in vigore, e studiata anche nelle università di Bologna a partire dalla fine del XII secolo. Nel codice di Giustiniano però non vengono dati tassi limite d’usura, ma dava una linea guida dove era sancito un tasso del 1% mensile, che diventava del 12% annuo.
Anche se, tassi maggiori non erano considerati illeciti se veniva stipulato un patto antecedente dalle due parti; il pactum usurarum. In linea di massima in quasi tutti gli statuti comunali, redatti nei primi del duecento, il tasso lecito di limite massimo di interesse lecito, oscillava tra il 10 e il 20% annuo.
Premessa
Se accettiamo l’idea che il capitalismo commerciale sia nato prima di quello industriale, stando bene attenti a non confondere le due formazioni economiche, allora dovremmo anche accettare l’idea che il cattolicesimo-romano dell’epoca basso medievale ha contribuito enormemente, nonostante in genere appaia il contrario, allo sviluppo della prima forma di capitalismo.
Infatti l’Italia cattolica della seconda parte del feudalesimo, quella che va dal Mille alla scoperta europea dell’America, fu caratterizzata, al pari delle Fiandre, da una fiorente attività commerciale, invidiata da tutta Europa, un’Europa che sarebbe diventata “protestante” solo molti secoli dopo.
Se le cose stanno così è forse riduttivo sostenere che l’etica economica medievale, qui gestita dalla sola chiesa romana nella parte occidentale dell’Europa, fu di tipo “concessivo”, nel senso che tendeva progressivamente ad adeguarsi alle spinte borghesi che emergevano “ad extra” del proprio perimetro d’azione, delle proprie concezioni e dei propri stili di vita.
In realtà l’etica economica basso medievale fu anche il risultato di determinate posizioni politiche e ideologiche che la chiesa romana assunse “ab intra”, posizioni orientate verso la rottura dei tradizionali legami comunitari (ereditati dal mezzo millennio dell’alto Medioevo), verso l’affermazione di un temporalismo teocratico e, all’interno di questo, verso la supremazia autoritaria, sempre più monarchica, del pontefice su ogni altra istanza ecclesiale.
Lo sviluppo dei rapporti mercantili-monetari, chiaramente di tipo borghese, in cui il denaro diventava equivalente universale di tutti gli scambi, fu conseguenza indiretta di un mutamento di mentalità e quindi di posizione politica che avvenne all’interno della chiesa di Roma a partire sostanzialmente dalla costituzione del Sacro Romano Impero e proseguita sino alla nascita dei Comuni, alla riforma gregoriana e alla lotta per le investiture, all’inizio delle crociate nel Vicino Oriente e nei paesi Baltici, alla riscoperta accademica dell’aristotelismo e allo sviluppo della scolastica, all’eliminazione del dissenso ereticale dei movimenti pauperistici e alla rottura definitiva nei confronti della tradizione greco-ortodossa e bizantina.
Se questa tesi è vera, la storia del basso Medioevo va in parte riscritta, poiché stando ai documenti ufficiali dell’epoca e in genere alle tesi principali dei maggiori medievisti, la chiesa romana non appare come un fattore propulsivo del mercantilismo, ma semmai come un freno. Ed indubbiamente è stato così nella maggior parte dei paesi euroccidentali di quel periodo storico.
Non tuttavia in Italia. Non a caso qui i grandi traffici commerciali fanno nascere quelle grandi rivoluzioni culturali che passano sotto il nome di realismo giottesco, di umanesimo nel pensiero e di rinascimento nelle arti.
Le Goff, Capitani ecc., sostengono che il mercantilismo, nato al di fuori delle tradizionali abitudini e competenze della chiesa romana, fu inizialmente tollerato in quanto non ritenuto particolarmente pericoloso per i criteri di vita della società feudale, tanto che l’etica economica medievale si configura come un’etica “concessiva”, disposta ad adeguarsi in maniera relativa al mutamento delle circostanze. Solo che ad un certo punto la situazione assunse degli sviluppi che sfuggirono al controllo della chiesa, e in questa incapacità politica delle gerarchie i medievisti laici vedono in genere un fattore di progresso per lo sviluppo dell’Europa, in particolare per quelle classi sociali che la stavano portando al di fuori dei cosiddetti “secoli bui”.
Qui sarebbe bene fare una puntualizzazione di metodo storiografico. Ci rendiamo conto che sarebbe ingenuo pensare di poter trovare un riscontro esplicito alla tesi che vogliamo sostenere nei documenti ufficiali dell’epoca, non foss’altro che per una ragione: le fonti storiche, specie quelle scritte, spesso servono non per svelare ma per nascondere la realtà.
Fa specie, in tal senso, vedere come Le Goff definisca il secolo XIII con l’espressione “secolo della giustizia”, solo perché i canonisti avevano equiparato “il furto usurario” a un “peccato contro la giustizia”.
Ormai dovrebbe essere ritenuta pacifica la tesi secondo cui un periodo storico non può essere interpretato sulla base della concezione che esso ha di se stesso (e questo ovviamente vale anche per una persona o per una classe sociale).
Il passato non è più comprensibile del presente solo perché è “passato”. Esistono sempre margini tali di ambiguità che nessuna fonte storica è in grado di colmare. Pensare di poter ricostruire delle vicende passate sulla base delle fonti storiche prodotte nello stesso periodo in cui sono avvenute quelle vicende, è pura illusione. Peraltro nel Medioevo i falsi elaborati dal clero, regolare e secolare (l’unico ceto in grado di poterlo fare), non sono pochi, per cui le fonti scritte meno di altre possono servire per ricostruire quelle vicende storiche e comprendere le motivazioni che ne hanno determinato lo svolgersi.
Lo stesso vale per il presente. Infatti, anche se è vero che la lettura e la scrittura riguardano la stragrande maggioranza delle persone (almeno nei paesi industrializzati), è però anche vero che nelle civiltà antagonistiche le opinioni dominanti sono soltanto quelle espresse dai poteri dominanti, politici ed economici, che tutelano interessi di una ristretta minoranza di persone.
Se fra mille anni gli storici che vorranno comprendere la realtà dell’attuale Terzo Mondo, si baseranno unicamente sulle fonti reperite nei paesi capitalisti, di quella realtà non capiranno assolutamente nulla, e non capiranno nulla neppure se useranno le fonti di quei potentati che in questo momento sono presenti nello stesso Terzo Mondo.
L’usura e l’etica economica medievale
Prima di procedere nella disamina dell’argomento in oggetto, è bene precisare che qui si ha intenzione di rispondere a quattro precise domande.
Nel Medioevo:
I – qual era l’atteggiamento che la chiesa aveva nei confronti dell’usura ?
II – l’usura quando è diventata un grave problema ?
III – quando si è cominciato a giustificarla ?
IV – l’usura ha davvero favorito la nascita del capitalismo ?
Concluderemo poi la trattazione con delle considerazioni finali.
I – CHIESA cattolica e cristiana ed usura
Periodo Alto Medievale
L’atteggiamento che ha avuto la chiesa cristiana nei confronti dell’usura teoricamente è sempre stato piuttosto netto, sicuramente più netto di quello della cultura ebraica, che poneva il divieto entro i confini del solo giudaismo, tra aderenti alla medesima confessione ebraica, ma lo tollerava tranquillamente nei rapporti con gli stranieri di religione pagana (cfr Dt 28,12; 23,20; Es 22,24; Lv 25,35 ss; Sal 15,5; Pr 28,8; Ez 18,13ss; 22,12 ecc.).
Sappiamo comunque che anche il divieto ebraico restava un lontano ideale, in quanto la Legge in più punti prescriveva dei limiti al creditore nell’esigere pegni (cfr Es 22,25; Am 2,8; Gb 24,3.9; Dt 24,6; 24,10), proprio per non far diventare il povero lo schiavo di un proprio connazionale (cfr Lv 25,39ss; Am 2,6; Ne 5,1-13).
D’altra parte i tassi praticati da Israele non superavano mai quelli delle civiltà ad essa coeve (p.es. nel codice Hammurabi si arriva fino a 50-70%).
Nel periodo ellenistico si arrivò (se si esclude l’Egitto dove rimase al 24%) a un tasso ragionevole dell’8-10%. Nel I secolo d.C. un decreto imperiale lo fissò al 12% nelle province d’Asia.
Nella legislazione giustinianea troviamo i primi “massimali” relativi all’usura su base annua: i senatori non potevano chiedere più del 4%, la maggior parte della popolazione non poteva chiedere più del 6%, gli uomini d’affari non potevano superare l’8%; ma per i prestiti marittimi, ad alto rischio, si poteva giungere sino al 12%.
Sotto l’imperatore Niceforo (802-811) si proibì ai sudditi di riscuotere interessi: solo lo Stato poteva farlo al 16,66%. Anche Basilio I (867-86) proibì l’usura.
E’ evidente che con queste misure si tentava di salvare capra e cavoli: da un lato si scoraggiava la partecipazione dell’aristocrazia al mercato dei capitali, dall’altro si permetteva che venissero richiesti interessi superiori al 6% generalizzato, al fine di incoraggiare le spedizioni a rischio.
Tuttavia nell’XI il tasso ufficiale d’interesse, ch’era andato aumentando progressivamente in base al corso della moneta, arrivò al 5,5% per le persone di alto rango, al 8,33% per la maggior parte della popolazione e al 11,71% per gli uomini d’affari.
Questo significa che, malgrado la condanna religiosa del prestito ad interesse, gli imperatori bizantini, realisti, non tentarono mai seriamente di proibirlo; piuttosto, scelsero di autorizzarlo per meglio controllarlo. Quanto alla chiesa, essa si limitava a condannare gli ecclesiastici che la praticavano.
Ostrogorsky afferma che “sebbene l’usura fosse contraria alla moralità medievale, la proibizione di prestare a usura era molto rara a Bisanzio. Le esigenze dell’economia monetaria, molto sviluppata nell’impero, ignoravano i precetti della morale e il prestito a usura era stato in ogni tempo molto diffuso a Bisanzio”(Storia dell’impero bizantino, Einaudi, p. 171).
Generalmente l’usura si forma quando si è in presenza di un’economia mercantile e di antagonismi sociali. Il fatto che l’usura avesse dei tassi ufficiali regolamentati dallo Stato può far pensare anche al fatto, oltre al mercantilismo e alle classi contrapposte, vi fosse da parte delle istituzioni il tentativo di far valere alcuni valori etico-religiosi volti a impedire che il fenomeno dilagasse.
Non c’è fonte patristica, latina o greca, che non condanni decisamente il fenomeno dell’usura. La prima condanna la troviamo in Clemente Alessandrino (Paedagogus, 1,10 e Stromata 2,19), ma subito dopo gli fanno eco Tertulliano (Adversus Marcionem, 4,17), Cipriano (Testimoniorum libri III ad Quirinum, 3,48), Commodiano (Instructiones 65), Lattanzio (Institutiones divinae, 6,18), Ilario (Tractatus in Ps XIV 15), Ambrogio (De Off. II,3, De Bono Mortis 12,56, De Nab. 4,15, Epistola 19 e De Tobia 42), Girolamo (In Ez. Commentarii 6,18), Agostino (Ennarationes in Ps. XXXVI, sermo 3,6; 38,86 e De baptismo contra Donatistas 4,9), Leone Magno(Ep. IV e sermo XVII).
In particolare Girolamo sosteneva che il divieto dell’usura tra “fratelli (ebrei)” (Dt 23,20) era stato “universalizzato” dai profeti e dal Nuovo Testamento, e tuttavia non si diffonderà mai in occidente un’interpretazione universalistica della parola “fratello”, poiché anche quando si comincerà a parlarne, nei secoli XII e XIII, lo si farà in maniera del tutto astratta e convenzionale, in riferimento ai cattolici-romani sparsi nel mondo, certamente non in riferimento ai cristiani ortodossi né tanto meno ai musulmani, nei confronti dei quali, proprio in quei secoli, sarà durissima la contrapposizione ideologica, politica e militare.
Per non parlare dei padri greci: Basilio (Homilia II in Ps XIV), Gregorio Nazianzeno (Or. 16,18), Gregorio Nisseno (Ep. ad Letoium, Contra usurarios, Homilia IV in Ecclesiastem), Giovanni Crisostomo (Homilia LVI in Mt, Homilia XVI in Gen, Hom. XIII in 1 Cor, Hom. X in 1 Tess.). E non si devono dimenticare il canone 20 del concilio di Elvira (300), Arles (314), Nicea (325) e Clichy (626).
Tra i padri latini bisogna spendere una parola per Ambrogio, il quale pur dipendendo da Basilio, se ne discosta su due punti fondamentali (nel suo De Tobia, a cura di M. Giacchero, Genova 1965): 1) accetta che l’usuraio faccia il prestito a condizione che il beneficiario possa disporre del denaro come vuole, possa cioè investirlo, restituendo la somma con gli interessi solo una volta ottenuta una rendita dal proprio investimento; 2) nei confronti dello straniero, nemico di guerra, egli permette che si esiga l’interesse sul debito quando lo straniero non può essere facilmente vinto in guerra o quando lo si potrebbe uccidere senza compiere un delitto, secondo il principio “dov’è il diritto di guerra, lì è anche il diritto di usura”: col che egli poneva un’adesione pressoché letterale, e certamente poco cristiana, al dettato veterotestamentario. Ambrogio non intenderà mai la parola “fratello” in senso universalistico.
Periodo Basso Medievale
Nell’età carolingia Rabano Mauro (784-856) proibisce l’usura fra cristiani, siano essi laici o ecclesiastici, ma nei confronti degli infedeli o dei criminali ritiene giusto l’interesse “spirituale” (il pentimento, la fede, la conversione…), come “compenso” per le spese sostenute per la predicazione loro rivolta della parola di dio.
Coll’inizio delle crociate si comincia a sostenere in Italia che si può chiedere usura ai musulmani, anche se questo avrebbe potuto voler dire per i musulmani impiegare i capitali ricevuti contro gli interessi dei cristiani. D’altra parte durante le crociate l’usura ebbe grande diffusione, tanto che già alla fine del XII sec. gli usurai cristiani erano di molto superiori a quelli di origine ebraica. Tra il Mille e il XIII secolo il tasso annuale che gli ebrei in Francia non devono superare era del 33,5%. Analogamente a Firenze, Milano, Pistoia, Lucca il tasso medio annuo si aggirava sul 30% (in Inghilterra invece andava dal 12 al 33%).
Anche nell’area bizantina nell’XI secolo si passa ad una scala diversa e più elevata dei tassi usurari: per i senatori il 5,55%, per la gente comune il 8,33%, per gli uomini d’affari l’11,71%, per i prestiti marittimi il 16,66%. I medesimi tassi resteranno in vigore nel corso del XII secolo.
Ma Catacolone Cecaumeno, duca di Antiochia caduto in disgrazia, militare e aristocratico, continua a tuonare contro il prestito a interesse. Il vecchio generale approvava soltanto il prestito finalizzato al riscatto dei prigionieri (che tra l’altro era l’unico motivo che giustificasse la vendita di beni ecclesiastici) e condannava tutte le altre forme di prestito: per ricavarne interessi; per ricavarne guadagni illeciti (quindi sono da evitare anche le associazioni d’affari); per guadagnare i favori di una donna; per favorire chi vuole appaltare un posto nell’amministrazione o chi vuole acquistare schiavi o terreni…
Per tutto il basso Medioevo schiere di teologi e canonisti favorevoli o contrari all’usura si dividevano sulla questione di sapere a chi essa fosse rivolta: infatti, quanti appoggiavano l’idea clericale di un’affermazione temporale della chiesa non avevano dubbi nel ritenerla lecita nei confronti degli stranieri, degli infedeli, dei nemici di guerra e della chiesa romana in generale; quanti invece affrontavano l’argomento in chiave puramente etica, erano in genere contrari a qualunque forma di usura, che veniva paragonata a una sorta di “furto” e a volte persino di “eresia”.
Tra i seguaci del primo atteggiamento si annoverano:
Graziano (1140), Pietro Comestore (m. 1179) e Guglielmo di Auxerre (m. 1230), che giustificavano in qualche modo l’usura praticata dai cristiani nei confronti degli stranieri o dei nemici, dicendo che anche il Vecchio Testamento aveva permesso la stessa cosa agli ebrei, al fine di evitare che la praticassero tra loro; Alessandro di Hales (m. 1249), per il quale non si può riconoscere il diritto di proprietà a chi può essere legittimamente ucciso, per cui l’usura non può essere considerata un furto; papa Alessandro III(1159); Bernardo da Pavia (m. 1213); Uguccione (1188); Giovanni Teutonico (1216); Enrico Bohic (1340).
Tra i seguaci del secondo atteggiamento troviamo:
Anselmo d’Aosta (1033 – 1109), Pietro Lombardo (1100-1160) che paragonano l’usura al furto; Pietro Cantore (m. 1197) che accusa principi e prelati cristiani di non avere scrupoli nel servirsi dei prestiti a interesse da parte degli usurai cristiani; Alberto Magno(1193-1280), Tommaso d’Aquino (1225-74), Raimondo da Peñafort (1234), Ostiense (1271) e Guglielmo Durand (1237-96), per i quali l’usura andava proibita anche agli ebrei.
Quanto ai concili ecclesiastici bisogna dire che mentre il Lateranense II (1139) è ancora fermo nel condannare teoricamente l’usura (l’usuraio cristiano non pentito è indegno dei sacramenti e del funerale religioso), il Lateranense III (1179), costatando che molti cristiani abbandonavano i loro mestieri per diventare usurai, condanna soltanto i veri e propri “professionisti” dell’usura, quelli che campavano facendo questo mestiere, non quindi gli usurai occasionali, mentre il Lateranense IV (1215) pone per la prima volta una netta distinzione tra “usura”, sempre vietata, e “interesse”, lecito entro tassi ragionevoli, impedendo però ai cristiani di commerciare con ebrei usurai. In questo concilio si riprendono termini più in uso nella giurisprudenza romana che in quella alto medievale.
Il II concilio di Lione (1274) e il concilio di Vienne (1311) ribadiscono la condanna dell’usura, anzi minacciano la scomunica a quei capi di Comuni o di Stati che la tollerano nei loro territori.
II – Il problema dell’usura ovvero quando l’usura diventa un problema
Situazione generale
Le condanne dell’usura cominciano a inasprirsi tra la metà del XII secolo e la metà del XIII. L’usura scoppia praticamente subito dopo il Mille, ma le premesse “ideologiche” non “materiali” per la sua affermazione erano già latenti nell’alto Medioevo, in concomitanza con la costituzione illegale del Sacro Romano Impero, in opposizione a quello del basileus di Costantinopoli, che determinò la corruzione del clero, lo smantellamento delle tradizioni bizantine, la revisione profonda di principi conciliari (il Filioque) e di prassi ecclesiali, sino alla rottura definitiva, con le reciproche scomuniche, del 1054, anticamera dello scatenamento delle crociate anche in funzione anti-ortodossa.
In questa situazione di lassismo etico e di revisionismo ideologico (cui si cercherà di porre rimedio con l’integralismo politico-religioso della riforma gregoriana), fu facile agli ebrei, soggetti già a molte discriminazioni, approfittare del fatto che la legislazione vigente non colpiva direttamente la loro categoria. Se fino ad allora l’usura non aveva attecchito in misura significativa, era stato semplicemente perché l’economia rurale basata sull’autosussistenza, in una neonata società cristiana, la rendeva assai poco praticabile. Certo, poteva accadere che durante un periodo di carestia, usuraio fosse anche chi non esitava a vendere i beni di prima necessità a prezzi esorbitanti, magari dopo aver tenuto la merce nascosta dolosamente, nell’attesa fiduciosa del rincaro dei prezzi.
Tuttavia anche dopo la riforma gregoriana la condanna dell’usura si porrà più che altro sul terreno delle enunciazioni teoriche (la proibizione di vendere il tempo o di far generare denaro dal denaro, sterile per definizione, ecc.), cui si riuscirà a dare un seguito pratico solo nei confronti degli ebrei, facilmente individuabili e legalmente poco tutelati. Gli ebrei venivano condannati anche perché erano visti dagli usurai cristiani come dei concorrenti. Non a caso già nel XIII secolo si afferma il principio che l’usura è semplicemente “un peccato contro il giusto prezzo”, quello di mercato, ovvero che è un interesse esagerato, dettato dalla personale cupidigia.
All’usuraio, che specula sul denaro, si tende sempre più a opporre il mercante, che guadagna legittimamente coi commerci.
Si accetta tranquillamente, nel XIII secolo, il fatto che il lavoro (quello ovviamente mercantile) sia a fondamento della ricchezza e si rifiuta l’usura in quanto guadagno senza lavoro.
L’antisemitismo apparso nei secoli XII-XIII è una conseguenza del fatto che alle contraddizioni del capitalismo commerciale non si sa opporre altra soluzione che quella di criminalizzare singole categorie di persone. Gli ebrei, pur essendo economicamente forti, erano politicamente molto deboli, per cui era molto facile far passare la loro situazione finanziaria come un privilegio ingiustificato. Tant’è che mentre gli usurai cristiani venivano processati in tolleranti tribunali ecclesiastici, quelli ebrei invece erano sottoposti ai più severi giudizi dei tribunali laici.
I sovrani infatti, che pur ricorrono abbondantemente a prestiti usurari, possono espropriare gli usurai come e quando vogliono, sicuri di non incorrere in sanzioni ecclesiastiche.
In generale tuttavia la condanna dell’usura, in tutto il basso Medioevo, è più teorica che pratica, anzi forse è tanto più teorica quanto meno è pratica.
Gli italiani in particolare erano dei grandissimi usurai, i toscani, i vicentini ma soprattutto i lombardi, che vivevano negli attuali Piemonte, Lombardia ed Emilia e che provenivano dai ceti dirigenti dei maggiori Comuni italiani. Costoro erano usi a frequentare i periodici incontri commerciali che dalla seconda metà del XII secolo si tenevano in quei centri della francese Champagne in cui confluiva la produzione francese e fiamminga. E lì cominciarono a praticare non solo il commercio delle mercanzie ma anche quello del denaro, finché ad un certo punto si specializzarono nella sola attività creditizia, che rendeva molto di più.
All’inizio la loro attività fu resa necessaria dal fatto che esistendo numerosissime monete, occorrevano esperti in grado di cambiarle, assegnando a ciascuna moneta il giusto valore. In seguito, nonostante i divieti canonici, essi si trasformarono in veri e propri usurai, dotati, a differenza degli ebrei, di ampi diritti civili e politici, in quanto cittadini di autonomi Comuni italiani.
Ed erano usurai legalizzati, in quanto detenevano il monopolio di un’attività permessa dalle autorità pubbliche.
L’attività del banco si esplicava principalmente nel prestito su pegno, fissato a scadenza settimanale e di solito prorogato per un anno. I tassi variavano a seconda del cliente e del tipo di pegno e non erano certo bassi, se è vero che in Borgogna nel 1390-91 i lombardi furono costretti dal sovrano Filippo l’Ardito a restituire tutti i pegni, annullando i debiti dei loro clienti.
I re francesi (p.es. Luigi IX nel 1258 e 1268, ma anche Filippo il Bello nel 1291) spesso li cacciavano dal regno, requisendo tutti i loro beni, ma poi, dietro pagamento di una forte tassa, li riammettevano tranquillamente. E se le tasse erano insostenibili, i lombardi preferivano trasferirsi altrove, sicuri di poter continuare meglio i loro affari. A Treviri, nel 1262, furono addirittura accolti dall’arcivescovo !
Nella seconda metà del XIII secolo, dopo aver largamente frequentato territori come la Borgogna, l’Alsazia e la Lorena, la valle della Sarre, il Brabante, il Lussemburgo e altri ancora, si insediano stabilmente, sino all’età moderna, nelle Fiandre, uno dei principali centri industriali e commerciali del Nord Europa. Ma bisogna dire che per tutto il ‘300 non c’è regione europea che non abbia conosciuto la frenetica attività degli usurai e cambiatori italiani.
Le prime serie misure contro questi usurai furono prese con l’istituzione dei Monti di Pietà, agli inizi del ‘500. Ma nelle Fiandre (Paesi Bassi) tali Monti furono istituzionalizzati solo nel 1618, dopo che s’era tentato, invano, di far abbassare i tassi degli usurai lombardi dal 33% al 22%. Qui infatti i lombardi erano diventati consiglieri di conti, ricevitori generali delle finanze pubbliche, abili precettori d’imposte e zecchieri, per non parlare dei titoli nobiliari ch’erano riusciti ad acquistare e a trasmettere alla loro discendenza.
Non dimentichiamo che le Fiandre furono all’origine della trasformazione dell’Inghilterra da paese feudale a paese capitalistico.
[Per la stesura di questo paragrafo ci si è avvalsi di un contributo trovato nel seguente sito: www.villaggiomondiale.it.
Trattasi di un estratto da una tesi di laurea della dr.ssa Daniela Capone, avente come tiolo “Profili dell’usura e della polemica antiebraica nel Rinascimento. Il mercante di Venezia di Shakespeare“. Le parti utilizzate sono state poste tra parentesi quadre.]
Situazione degli ebrei
[A partire dal XII secolo, si assiste, in Europa occidentale, a uno straordinario diffondersi dell’usura tra gli ebrei: l’usuraio è di norma un ebreo, e la parola “ebreo” acquista il significato di “usuraio”. Gli ebrei prestano denaro ai governi per i loro eserciti e le loro funzioni, ai nobili per i loro lussi, ma anche alle classi più modeste, artigiani e contadini e perfino alle abbazie e ai conventi.]
[In tutta Europa, la loro condizione sociale è quella di “servi della corte del re” (“servi camerae regis”); secondo la legge inglese sono considerati parte integrante dei beni del sovrano; in Germania gli imperatori del Sacro Romano Impero rivendicano sui loro averi diritto di proprietà assoluta, con la facoltà di espellerli, venderli o darli in pegno; mentre in Francia, a norma degli Statuti di San Luigi re (1270), i giudei sono di proprietà dei nobili nel cui territorio risiedono.]
[Per legge, gli ebrei potevano soltanto esercitare taluni mestieri manuali, quali quelli dell’artigiano (fabbro, sarto, muratore, tessitore, vasaio, ecc.), alcune occupazioni del settore terziario (osti, librai, scrivani, ecc.), ma non potevano svolgere alcuna libera professione, salvo quelle di medico, prestatore di denaro, coniatore di monete e importatore di spezie.]
[Anche se il mestiere di usuraio non era scevro da gravi pericoli, sia per l’incerto status sociale dei giudei, sia perché i debitori spesso tendevano a sottrarsi ai loro impegni contrattuali fomentando l’antisemitismo e le persecuzioni razziali, gli ebrei avevano buoni motivi per farsi usurai.]
[Anzitutto, non essendo cristiani, non erano toccati dal divieto della Chiesa e non avevano nulla da perdere; in secondo luogo, soggetti com’erano a persecuzioni, sopraffazione e soprusi d’ogni genere, erano naturalmente portati a scegliere un mestiere i cui profitti fossero facili a nascondersi e a trasferirsi; in terzo luogo, la strettezza dei rapporti che intrattenevano con i loro correligionari non solo in Europa ma anche nelle contrade islamiche rendeva loro più agevole procurarsi e scambiarsi la valuta occorrente per grosse operazioni finanziarie. Gli ebrei, esercitando l’usura, soddisfacevano un bisogno reale della società, in un’Europa che stava passando da un’economia di mera sussistenza a un’economia che richiedeva un maggiore uso di denaro, bene che allora era assai scarso.]
[Esposti a infamanti accuse d’avvelenamento e d’omicidio rituale, sempre minacciati di repentina espulsione, privati perfino del diritto alla vita, gli ebrei erano indotti a vedere nel denaro la sola arma di difesa, anzi, una cosa dotata di valore sacro. Era col prestito di questa cosa preziosa, il denaro, che gli ebrei si guadagnavano da vivere, anche se non è da credere che tutti accumulassero ingenti fortune.]
[I tassi applicati ai prestiti erano spesso alti, ma soprattutto variavano in modo considerevole da luogo a luogo. Allora come ora, l’entità del saggio d’interesse era indicativa dello stato dell’economia di un paese: per esempio, il tasso praticato nella Repubblica di Venezia, che oscillava tra il 5 e l’8 per cento, era prova della floridezza della Serenissima, mentre un tasso assai elevato, come quello massimo in uso in Austria verso la metà del XIII secolo denunciava il sottosviluppo di quel paese.]
[Essere usuraio era a quel tempo una cosa estremamente scomoda: l’usuraio si trovava costantemente tra due fuochi: la Chiesa e lo Stato.]
[La Chiesa si sforzò di cristianizzare la società e lo fece con metodi consueti ai potenti: il bastone e la carota. Il bastone fu satana e il diavolo fu razionalizzato e istituzionalizzato dalla Chiesa e cominciò a funzionare bene intorno all’anno Mille.]
[La carota fu il purgatorio; in altre parole, l’usuraio non aveva che una scelta: se sceglieva il profitto usuraio, che gli consentiva di vivere e prosperare, cadeva nelle grinfie del diavolo e optava per l’inferno e la dannazione eterna; se invece, anche solo in punto di morte, si pentiva sinceramente e restituiva il maltolto, la sua anima andava in purgatorio. La via del purgatorio, però, era tutt’altro che agevole; infatti, sovente l’usuraio moriva di morte improvvisa, ovvero perdeva la parola quand’era vicino alla resa dei conti con Dio, e comunque non riusciva a confessare i suoi peccati.]
[Tutto ciò quanto al destino della sua anima; quanto al suo corpo, ci pensava il potere temporale a sistemarlo a dovere. “Usurai ebrei e stranieri dipendevano dalla giustizia laica, più dura e repressiva. Filippo Augusto, Luigi VIII e soprattutto San Luigi emanarono una legislazione assai dura nei confronti degli usurai ebrei, contribuendo così a fomentare l’antisemitismo già assai diffuso fra la popolazione”.]
[Come ben sappiamo, la Chiesa aveva da tempo tassativamente proibito ai cristiani, religiosi e laici, d’esercitare l’usura, dando inoltre facoltà ai preti d’esimere i debitori dal pagare interessi, come pure d’indurre gli usurai, spesso in punto di morte, a rendere ai debitori le somme percepite come interessi sui mutui, ovvero a farne donazione alla Chiesa stessa.]
[Questa, intanto, rimaneva ferma sulle sue posizioni dottrinali; anzi, a partire dall’XI secolo, calcò sempre più la mano sui divieti e sulle pene da comminare ai trasgressori. Il divieto del prestito a interesse si fece assoluto in concomitanza con lo sforzo di attuare il progetto ierocratico dei papi, progetto che tendeva alla “clericalizzazione della società dei fedeli”, e che inevitabilmente produsse l’irrigidimento delle norme antifeneratizie.]
[Quale sia nei primi secoli dopo il Mille l’origine dello stereotipo dell'”ebreo usuraio”, quello stereotipo che si trasformerà poi in pregiudizio e sarà una delle giustificazioni dell’antisemitismo, è dunque il risultato di un contrasto, allora insanabile, tra la Chiesa e la comunità ebraica.]
[La Chiesa fra il Due e il Quattrocento fissò una netta distinzione fra usura e credito e identificò come usura solo il prestito a interesse su pegno gestito pubblicamente. Gli ebrei ebbero il ruolo di usurai non perché effettivamente monopolizzassero il mercato del denaro, ma per due ragioni principali:
– le loro attività economiche, qualunque fossero, erano identificate dal mondo cattolico come “usuraie” perché praticate da “infideles”, ritenuti incapaci in quanto tali di intendere il senso spirituale delle Scritture e, di conseguenza, ritenuti estranei, in quanto “carnales”, ossia non convertiti e ostinati nel proprio errore; inoltre l’effettiva presenza di prestatori su pegno ebrei nelle città italiane alla fine del Medioevo, anche se promossa e sollecitata dalle città stesse, confermò l’immagine precedente e consentì all’attenzione pubblica di distogliersi dal contemporaneo, forte sviluppo della banca cristiana, che nella realtà andava monopolizzando i circuiti del denaro in tutta Europa.]
[Si giunse così, nel 1215, in occasione del quarto Concilio Lateranense, alla descrizione dell’usura come di un comportamento tipicamente ebraico e specificamente mirato ad indebolire economicamente la società cristiana e le chiese.]
[Il Concilio Lateranense II (1139) confermava la scomunica degli usurai; nel III Concilio Lateranense (1179) il prestito a interesse veniva di nuovo condannato con la massima severità, mentre col IV Concilio di Lione (1214) papa Gregorio X chiamava i cristiani a fare ogni sforzo per porre termine alla pratica dell’usura; l’anno dopo, Innocenzo III imponeva ai giudei l’obbligo di portare sul petto il distintivo della loro condizione di emarginati o di mettere in capo un berretto giallo (disposizione che però non fu sempre rigorosamente applicata a Roma e, in genere, in Italia).]
[Questi severi provvedimenti delle somme autorità religiose, ovviamente supportate dal “braccio secolare”, rendevano pericoloso l’esercizio dell’usura da parte dei cristiani; mentre come si è detto per gli ebrei, popolo reietto e abbandonato dal Dio cristiano, non avevano nulla da perdere, né sulla terra né in cielo, essendo già, salvo il caso di pronte conversioni alla vera fede, predestinati alla dannazione eterna.]
[Accadeva così che gli usurai ebrei, ancorché odiati e disprezzati, fossero preferiti agli usurai cristiani, i quali, correndo rischi anche più gravi dei giudei, praticavano spesso tassi d’interesse più esosi.]
[Col progredire dei traffici, il numero dei cristiani che osavano praticare l’usura era andato crescendo di continuo.]
[A peggiorare la situazione si aggiungeva questa complicazione: i re di Francia, di Spagna, d’Inghilterra e così via, non solo pretendevano denaro a prestito dagli ebrei per le loro guerre, le sante crociate, le opere pubbliche, ecc., ma imponevano loro pesanti taglieggiamenti sotto forma di tasse sui proventi dell’usura.]
[C’erano, a disposizione dei monarchi, altri e più duri metodi, peraltro, di taglieggiare gli ebrei e rimpinguare i forzieri reali: si poteva emanare un editto per la cancellazione di tutti i debiti, o si potevano arrestare gli ebrei in massa, costringendoli a pagare un forte riscatto; si potevano applicare loro multe esorbitanti, o imporre “donazioni” per circostanze straordinarie (matrimoni regali, nascite di principi e così via); e infine- soluzione finale – si potevano espellere dal regno tutti gli ebrei, facendo loro pagare assai cara l’eventuale riammissione.]
[Uno dei primi a far ricorso a questo odioso mezzo fu Filippo Augusto, re di Francia, che nel 1182 cacciò dal paese tutti gli ebrei e ne confiscò i beni; di lì a pochi anni li riammise imponendo loro una pesante donazione.]
[Molti ebrei espulsi trovarono rifugio in Inghilterra, ma per essere espulsi un secolo dopo anche in questo paese.]
[In Europa, gravi avvenimenti fecero seguito alla cacciata degli ebrei dall’Inghilterra: l’espulsione delle importanti comunità ebraiche della Francia e in Germania. Molti dei giudei cacciati trovarono rifugio in Turchia, in Polonia e anche in Italia.]
[Nel XIII secolo, un fatto nuovo era sopravvenuto a complicare le cose: i primi banchieri italiani avevano cominciato a prendere il posto degli ebrei nella vita economica dei paesi. A volte il re, trovandosi indebitato con prestatori di denaro stranieri (non ebrei), e specialmente con italiani, concedeva ai suoi creditori la facoltà di rivalersi sugli ebrei, riscotendo in sua vece le imposte da loro dovute.]
[Infatti questo fenomeno aggravava la situazione economica e peggiorava la posizione sociale degli ebrei nell’Europa del nord: lo sviluppo e il rafforzamento delle iniziative finanziare dei lombardi cominciavano a spezzare quello che era stato un vero e proprio monopolio degli ebrei, l’usura, riducendo molti di costoro alla più umile professione di prestatori su pegno.]
[Lo stereotipo dell’ebreo usuraio e il marchio di usura attribuito all’intero popolo ebraico a partire dai primi secoli dopo il Mille e a causa della loro esclusione da quasi tutte le attività economiche ad eccezione di quella del prestito ad interesse, hanno determinato e sviluppato le radici dell’antisemitismo moderno.]
Commento alla tesi di Daniela Capone
Come si può notare la tesi sostenuta da Daniela Capone è in sostanza la seguente: la chiesa romana cominciò ad un certo punto ad emanare tante più sentenze antiusuraie quanto più diventava politicamente teocratica, nel senso che dette sentenze riflettevano l’inevitabile antisemitismo conseguente a quella ideologia integralistica.
La chiesa romana non si opponeva all’usura per motivi etici, ma perché, ambendo a un potere assolutistico, doveva necessariamente opporsi a tutte quelle realtà che la contestavano, che sfuggivano al suo controllo, che minavano la sua credibilità o che potevano servire per coagulare consensi: tra queste realtà sociali vi erano gli ebrei, per i quali fu facile trovare l’accusa d’essere usurai.
L’antisemitismo era dunque funzionale a esigenze politiche e la lotta contro l’usura rientrava in un piano strategico più generale di affermazione imperiale del papato.
Dove sta il limite di fondo di questa tesi, che pur presenta aspetti condivisibili? Il limite sta nel fatto che la chiesa cominciò a perseguitare gli ebrei nel momento stesso in cui cominciò a favorire i mercanti. Il suo progetto di affermazione teocratica andò di pari passo con l’affermazione del mercantilismo, e di quest’ultimo gli ebrei costituirono soltanto una componente limitata, che in nessun modo avrebbe potuto mettere in discussione l’evolversi dei processi ecclesiastici iniziati con la riforma gregoriana, né favorire in maniera decisiva l’evolversi dei processi mercantili iniziati con lo sviluppo del sistema comunale.
L’usura praticata dagli ebrei non favoriva infatti, direttamente, il mercantilismo, ma semmai minava le basi del feudalesimo. Il mercantilismo aveva bisogno di ben altre condizioni, strutturali e sovrastrutturali, per potersi diffondere. E in ogni caso l’usura era tanto più praticata dagli ebrei quanto più praticato dai cristiani era il mercantilismo. E l’antisemitismo, sempre e ovunque, diventa tanto più marcato quanto meno si riesce a porre un freno allo sviluppo delle contraddizioni antagonistiche del mercantilismo.
La chiesa romana non fu dunque contraria all’usura semplicemente perché contraria agli ebrei; anzi, l’antisemitismo fu indirettamente un favore che la chiesa romana fece al mercantilismo, il quale conosceva forme di usura praticate abbondantemente anche dai cristiani. Tale mercantilismo, per potersi sviluppare “legalmente”, aveva bisogno di una realtà da presentare come forma antitetica da superare, come negatività da reprimere, e quella ebraica veniva facilmente incontro a tale esigenza.
Se vogliamo, la chiesa romana favorì addirittura l’usura cristiana, riveduta e corretta coi concetti di “interesse”, “rischio”, “prestito su pegno”, “purgatorio” ecc., proprio opponendosi formalmente all’usura ebraica e venendo incontro alle nuove esigenze della classe borghese, e si opporrà nettamente al mercantilismo solo quando questo rivendicherà un potere politico, cioè sostanzialmente solo verso la prima metà del ‘500, quando il mercantilismo troverà nel protestantesimo il suo decisivo e definitivo puntello ideologico.
III – La giustificazione dell’usura
La giustificazione dell’usura avviene in maniera progressiva nell’ambito della chiesa romana. I fattori ideologici che l’hanno favorita sono stati i seguenti:
- l’introduzione dell’aristotelismo nella teologia scolastica, che pone (specie dopo il 1260) le basi di un affronto più “economico” che “etico” o più di “etica economica” che non di “teologia” del problema dell’usura e che in definitiva porterà alla distinzione di “usura” e “interesse”.
P.es. la proibizione scolastica dell’usura non si basa tanto su ragioni etiche di “charitas evangelica” (quella secondo cui bisogna prestare senza sperare nulla in cambio, stando a Lc 6,34 s.), quanto su ragioni giuridiche di “aequitas”, in quanto si riteneva fondato il principio aristotelico relativo alla sterilità del denaro, considerato come mera misura del valore dei beni e non come merce di scambio universale; sicché non si poteva pretendere un interesse su una cosa che in sé non valeva nulla.
Ma quando i teologici e i canonisti s’appellano alla “equità” s’era già perso il primato del valore d’uso su quello di scambio e, proprio in virtù dell’aristotelismo, essi arriveranno ben presto a premiare il rischio, cioè l’incertezza connessa a un prestito finanziario (mutuum), e quindi a ritenere legittima la “vendita del tempo”, che per tutto l’alto Medioevo fu cosa assolutamente inammissibile.
- Il concetto di peccato come “intenzione soggettiva”. Tra la fine dell’XI sec. e l’inizio del XIII la concezione del peccato e della penitenza si interiorizza, nel senso che si perde l’oggettività del peccato, che prima, nei casi più gravi, andava pubblicamente ammesso, affinché si assicurasse la riconciliazione comunitaria, e si finisce per farlo diventare un qualcosa di soggettivo, discrezionale, privato, basato sul rapporto segreto tra confessore e penitente o anche solo tra penitente e dio (come avverrà poi definitivamente nella riforma luterana). La gravità del peccato viene misurata solo sulla base dell’intenzione del peccatore, sicché si dà ampio spazio alla diversità delle interpretazioni. Questa morale dell’intenzione viene sostenuta da tutte le principali scuole teologiche del XII sec.
Tale forma di relativismo etico andava di pari passo con la progressiva affermazione della prassi e della mentalità borghese, la quale, a sua volta, si poneva come reazione alla mutata mentalità ecclesiastica, che sul piano politico stava diventando sempre più autoritaria.
Il concetto di peccato come “intenzione soggettiva” s’impone anche in quegli ordini mendicanti che, nel corso della lotta contro le eresie medievali, vengono istituzionalizzati dalla chiesa romana (francescani e domenicani in primo luogo).
Infatti, pur rivolgendo contro i mercanti e soprattutto gli usurai i loro strali ideologici, questi ordini finirono col legittimare la prassi mercantile, circoscrivendone gli abusi a una questione meramente personale, relativa ad atteggiamenti di smodata cupidigia.
Non a caso questi stessi ordini religiosi furono tra i più ferventi sostenitori delle crociate, cioè di quel fenomeno in cui confluirono al massimo grado le contraddizioni antagonistiche causate dalla crisi del sistema feudale carolingio e dallo sviluppo del mercantilismo; contraddizioni per le quali si cercò una soluzione “esterna” all’Europa occidentale, in una forma di tipo colonialistico.
- La differenza tra “usura” e “interesse”. L’interesse diventa un profitto moderato ma necessario: la differenza tra “usura” e “interesse” non è per il genere ma per l’intensità. Il prezzo di mercato diventa la base di riferimento per il “giusto prezzo” del prestito. Teologi e canonisti dapprima sostengono che l’indennità è giusta quando vi è ritardo nel rimborso, successivamente ch’essa è giusta anche quando il prestatore ha dovuto rinunciare ad altri investimenti che avrebbero potuto rendergli di più (lucrum cessans).
Prestare soldi può anche significare rischiare di perderli: l’interesse diventa una forma legittima di tutela, perfino una forma di salario legittimo, se il prestatore non ha altri introiti che questo. E generalmente si dà per scontato che il “giusto prezzo” sia tanto più basso quanto più un paese è economicamente sviluppato.
Ovviamente la teoria scolastica dell’interesse non era stata elaborata per giustificare l’attività professionale dell’usuraio, che risultava sempre moralmente riprovevole, quanto per legittimare l’attività di quel mercante che voleva praticare intenzionalmente il prestito senza per questo voler passare per un usuraio e, nel contempo, continuando ad effigiarsi del titolo di cittadino “cristiano” a tutti gli effetti.
Lo stesso cambiatore di monete fu sempre ritenuto colpevole di “usura mentale”, in quanto si rifiutava l’idea di attribuire al denaro l’attributo di “merce universale”.
- La definizione del “giusto prezzo”. Nei secoli XII e XIII i giuristi medievali (glossatori) riscoprono il valore del diritto romano mediato dalla compilazione voluta da Giustiniano a Costantinopoli nel VI secolo.
Sono questi “romanisti” che fanno fare alla teoria del “giusto prezzo” significativi passi in avanti in direzione dell’ideologia borghese.
Per determinare il “giusto prezzo” essi ripresero il termine della “libera contrattazione”, la quale trovava un limite solo nella “laesio enormis”, cioè nel fatto che “un venditore aveva il diritto di esigere la riparazione per un contratto di vendita se il prezzo risultava inferiore alla metà del giusto prezzo e il compratore poteva scegliere o di annullare la vendita restituendo la merce e ricevendo in cambio il prezzo originale, o di pagare il giusto prezzo” (cfr Etica economica medievale, a c. di O. Capitani, p. 72).
La laesio enormis nel Codex giustinianeo si applicava solo al venditore, semplicemente perché si dava per scontato, in un’economia prevalentemente rurale, che il compratore fosse economicamente se non addirittura politicamente più forte, mentre il venditore altri non era che un piccolo proprietario.
Ebbene i suddetti romanisti iniziarono ad un certo punto ad applicare la laesio enormis anche agli acquirenti, mettendo teoricamente le parti in causa sullo stesso piano.
Ora se il prezzo è troppo alto, è lo stesso acquirente che si può appellare alla laesio enormis, trascinando il venditore davanti al giudice, in una costosa e interminabile causa civile (fino a 30 anni!), alla fine della quale sicuramente otterrà la meglio. Tant’è che nei contratti di vendita (ch’era prevalentemente di beni immobili) l’acquirente cominciò a pretendere per iscritto, al fine di tutelarsi definitivamente, che il venditore aggiungesse almeno una delle tre seguenti clausole: che rinunciava espressamente a rivendicare in futuro qualunque forma di riparazione; che donava all’acquirente l’eventuale differenza di prezzo tra quello contrattato e quello giusto; che giurava di non contestare mai più la vendita.
Per determinare il giusto prezzo il giudice o notaio si serviva ovviamente di propri consulenti.
- Depositi bancari e operazioni di cambio. Per quale motivo nei confronti delle operazioni bancarie (depositi, cambi ecc.) teologi e canonisti mantennero quasi sempre un atteggiamento di benevola condiscendenza? Semplicemente perché chiunque poteva ricavare una rendita dai propri depositi, anche se il mercante-banchiere otteneva profitti molto più alti dai depositi dei propri clienti, se non addirittura tassi usurari dal credito che offriva ad uomini di stato o illustri personaggi. Le banche di Firenze erano le più ricche e famose e rimasero il centro finanziario d’Europa sino alla fine del XIV secolo.
La rendita è sempre stata un’operazione commerciale che la chiesa romana non ha mai condannato: che la si ottenesse dal lavoro del servo della gleba o da un deposito bancario cambiava poco.
I canonisti sapevano bene che un depositante che traeva un interesse fisso da un deposito, indirettamente praticava usura, ma se l’opinione pubblica accettava l’idea di una banca (che per di più veniva incontro alle esigenze degli orfani minori sotto tutela e delle vedove), era poi impossibile accusare d’usura i suoi clienti, il primo dei quali peraltro era lo stesso papato, che si serviva delle banche anche per raccogliere fondi a sostegno delle crociate. E forse l’Ordine dei Templari non era un’organizzazione bancaria internazionale?
Le stesse speculazioni mercantili sulle differenze di cambio monetario non sono mai state condannate in maniera risoluta dalla maggioranza dei teologi, semplicemente perché avvenivano al di fuori della visione della gente comune, che non poteva essere a conoscenza dei traffici internazionali dei potentati economici e politici, il primo dei quali, anche qui, era lo stesso papato.
Non a caso pochissimi teologici riuscirono a scorgere forme di usura là dove in luogo della moneta sonante si usavano lettere di credito o cambiali per operazioni finanziare sovranazionali. E in genere i canonisti non misero quasi mai in discussione il fatto che si potessero costituire delle società che investissero i loro depositi in attività lucrative comportanti un rischio potenziale.
In sostanza l’usura che si condannava era solo quella manifesta, cioè quella praticata da chi pubblicamente si metteva nella condizione di prestare denaro a interesse e che faceva del prestito la propria attività principale.
Le banche, ufficialmente, non svolgevano come prima operazione quella di prestare denaro a interesse, ma quella semmai di dare un interesse sui depositi dei clienti. Questa distinzione sofistica era sufficiente per sottrarle all’accusa di praticare l’usura.
- L’istituzione dei Monti di Pietà. L’usura praticata nei confronti del popolo minuto viene ostacolata attraverso i cosiddetti “Monti di Pietà”, nati alla fine del ‘400 su iniziativa dei francescani, guidati da Bernardino da Feltre (1439-94).
I montes pietatis, gestiti dallo stesso clero e da mercanti di buona reputazione, furono introdotti quando ci si accorse che il problema della povertà aveva ormai assunto dimensioni abnormi, e si cercò di giustificarli addossando agli ebrei usurai la causa principale di questa povertà.
Essi prevedevano all’inizio un tasso del 6%, contro quello usurario del 30-40%, e venivano finanziati da donazioni caritatevoli, che ovviamente non erano sufficienti per ripagare le spese, per cui dopo un certo tempo si decise di concedere credito (dall’8% al 12%) a uomini d’affari, trasformando così i montes in una sorta di piccole banche locali.
All’inizio si opposero alla loro istituzione teologi tradizionalisti in ambito agostiniano e domenicano, contrari al fatto che si chiedesse un interesse alla povera gente; poi le loro proteste vennero definitivamente messe a tacere dal concilio Lateranense V (1515) sotto il papa Leone X, ma già papa Paolo III li aveva approvati nel 1467. Intorno al 1509 in Italia ve n’erano 87.
Tutti i difensori dei Monti di Pietà (Alessandro Nevo, Celso da Verona, Annio di Viterbo ecc.) ritenevano che l’interesse richiesto, in rapporto all’importo concesso e alla sua durata, andasse considerato come una sorta di rimborso spese per il servizio prestato. Si giustificò l’interesse dicendo inoltre che i proprietari del Monte erano gli stessi fruitori!
Con l’istituzione di queste agenzie municipali di prestiti su pegno tende ad affermarsi l’idea che agli ebrei andava recisamente vietata qualunque forma di prestito a interesse. Ci si illudeva di poter ovviare alle contraddizioni del mercantilismo usando le armi dell’antisemitismo.
In sostanza quanto più i teologi si opponevano all’usura condotta in forma privata, tanto più la ufficializzavano in forma pubblica, giustificando in maniera sempre più decisa l’ideologia mercantile. La stessa istituzione specifica del Monte per il mutuo alla povera gente, in cambio di un pegno come garanzia e di un certo interesse per il servizio, era un altro segno del fallimento dei principi comunitari cristiani.
- Il concetto di “purgatorio”, che eredita la distinzione tra “usura vietata” e “interesse legittimo” e che permette all’usuraio, interiormente pentito, di salvare la propria anima nell’aldilà.
Ne parla estesamente Le Goff, il quale sostiene che il concetto di “purgatorio” (di origine pagana, cfr Eneide 6, 1100-1105) venne elaborato nel XII secolo (sulla base della distinzione scolastica tra peccati “veniali e “mortali”) proprio per attenuare la plurisecolare condanna ecclesiastica della pratica dell’usura. Parenti e conoscenti dell’usuraio potevano con le loro preghiere, offerte, intercessioni, suffragi, abbreviare il periodo di sofferenza del condannato, aprendogli le porte del paradiso.
Questo ovviamente a condizione che l’usuraio, almeno sul punto di morte, si pentisse e avesse intenzione di restituire il maltolto o quanto meno le eccedenze, visto ch’egli non poteva lasciare sul lastrico moglie e figli, i quali dovevano evitare di proseguire l’attività del congiunto.
Il purgatorio poteva evitare all’usuraio una condanna definitiva nell’aldilà, mentre nella vita terrena la distinzione tra “usura” e “interesse” poteva permettere a chiunque, quindi anche all’usuraio, di poter praticare legittimamente il prestito a interesse, a condizione che questo non fosse esoso.
Il concetto di “purgatorio” era l’ammissione di un’impotenza. Anche i concetti di “inferno” e “paradiso” lo erano, ma finché essi prevalsero, tendeva a dominare nella società cristiana una dura condanna morale di talune azioni antisociali.
Col concetto di “purgatorio” sparisce anche la condanna morale, in quanto tutto diventa opinabile, relativo ad atteggiamenti più che altro interiori, soggettivi, interpretabili solo da dio. Si era, con ciò, a un passo dalla riforma luterana.
IV – Capitale commerciale, usurario e industriale
“Gli iniziatori del capitalismo sono gli usurai”, dice Le Goff. E lo dice facendo così apparire la chiesa romana come una sorta di Pilato che ha dovuto adeguarsi, obtorto collo, a un fenomeno che non sentiva come proprio ma che ad un certo punto non era più in grado di controllare.
La tesi di Ovidio Capitani non è molto diversa. Egli infatti sostiene che l’etica economica medievale è “risonanza e indicazione di un comportamento” e non “causa” o “concausa” dello stesso. L’etica economica medievale non poteva promuovere il capitalismo ma soltanto ammettere la liceità di talune pratiche commerciali. Fu un’etica “concessiva” non “costruttiva”. Ed egli, al pari di Le Goff, vede nell’incapacità degli scolastici e dei canonisti di portare alle conseguenze più moderne le loro teorie proto-borghesi un limite di fondo, che poi verrà superato – aggiungiamo noi – dai teologi esplicitamente protestanti.
In realtà queste tesi sono deficitarie su alcune questioni controverse:
- anzitutto è molto difficile sostenere che la chiesa romana fu indotta ad accettare il mercantilismo e l’usura come una male inevitabile, esterno alla propria zona d’influenza o estraneo alla propria ideologia di vita. In realtà essa in qualche modo vi contribuì, se non direttamente, almeno indirettamente, col proprio atteggiamento politico di potenza terrena, ostile alle istituzioni laiche, contraddittorio alle premesse cristiane della propria missione (si pensi solo al fatto che gran parte delle maggiori cariche ecclesiastiche sono sempre state oggetto di “simonia” e che il commercio dei beni religiosi è sempre stato all’ordine del giorno di tutte le più importanti riforme ecclesiastiche medievali).
Capitani dice che il problema della reperibilità di denaro liquido si fece sentire con urgenza tra la fine del sec. XI e i primi decenni del XII, in concomitanza con le crociate.
Quindi bisognerebbe dire che in questo periodo esistevano già dei ceti economicamente in crisi, rovinati dallo sviluppo di una certa economia mercantile.
Lo sviluppo di questo tipo di economia dovette andare di pari passo con la crisi dell’economia rurale, che aveva trovato nel feudalesimo carolingio un sistema oppressivo, gerarchico-autoritario, colonialista, molto fiscale, legato alla chiesa romana da un rapporto clientelare, strettamente ideologico-politico.
Il mercantilismo basso medievale è una reazione individualistica alla crisi del collettivismo forzato del feudalesimo franco-cattolico. Ed esso ha trovato la sua legittimazione teorica nei teologici e canonisti della Scolastica.
- In secondo luogo è del tutto sbagliato sostenere che l’usura contribuì a far nascere il capitalismo. L’usura ha semplicemente contribuito alla distruzione del feudalesimo. L’usura tende a distruggere i sistemi economici vigenti, dominanti, non si pone un compito costruttivo, di alternativa sociale positiva. Infatti, anche quando (come oggi) noi vediamo che gli usurai investono i loro capitali (una parte di essi) in attività produttive, riciclando il denaro sporco, infinitamente di più o socialmente più importanti sono le attività produttive ch’essi hanno contribuito a smantellare. Ma su questo rimando ampiamente al commento del cap. 36 del III libro del Capitale di Marx.
- Più in generale bisogna dire che le idee borghesi non si sono formate al di fuori del feudalesimo ma al suo interno, sicché la chiesa romana non può averle costatate passivamente, cercando di adeguarvisi con rassegnazione, pur nel tentativo di salvare il salvabile.
La pratica e le idee borghesi sono troppo antitetiche a quelle della società rurale alto medievale perché si possa pensare che la stessa chiesa romana non abbia contribuito a promuoverle.
P.es. s. Bernardino da Siena (1380-1444) infrange per la prima volta il divieto di “vendere il tempo” quando permette al debitore che deve restituire una certa somma di denaro entro un certo tempo, di poter restituire una somma minore se riesce a farlo in un tempo minore. Lui stesso difendeva il prestito a usura ai nemici della chiesa in quanto fatto “per amore della fede”, mentre Pietro Gregorio (1540-97) sosteneva esattamente il contrario, e cioè ch’era insensato che il cristiano concedesse un prestito a un nemico che avrebbe potuto utilizzarlo contro i suoi interessi.
- Sin dai tempi carolingi la chiesa romana s’è andata configurando come società temporale, ampiamente dotata di poteri economici e politici, in competizione con quelli dei nobili laici, con quelli del basileus bizantino e ad un certo punto anche con quelli degli stessi sovrani cattolici da essa stessa consacrati (in opposizione al basileus).
- Certo, non è lecito aspettarsi da tale atteggiamento un impulso diretto, consapevole, a favore dello sviluppo del mercantilismo e del capitalismo, ma indubbiamente esso ne favorì la formazione iniziale, cioè esso fornì alla società mercantile i presupposti ideologici per futuri sviluppi, anche contro gli stessi interessi feudali della chiesa, strettamente legati al possesso della terra e alle rendite che da essa terra si volevano ricavare.
Non dimentichiamo che sino alla fine del XII secolo furono i monasteri a offrire il credito necessario, chiedendo in cambio un immobile da cui poter trarre delle rendite. Poi sarà la chiesa stessa a impedire questa forma di credito, che aveva già trasformato abbazie e conventi in organi così potenti da sfuggire al controllo dei vescovi, salvo poi permettere agli ordini che dipendevano direttamente dal papato, come p.es. i Templari o i Teutonici, di svolgere qualunque tipo di operazione finanziaria e commerciale nelle terre conquistate.
- Col proprio atteggiamento politico mondano la chiesa romana favorì, indirettamente, la nascita della moderna figura del mercante, la cui ideologia dualista (borghese nella pratica e cristiana nella teoria) si poneva come forma di reazione opportunistica all’integralismo politico-religioso del papato. Da una serie progressiva di concessioni (formali), che la chiesa stessa aveva in qualche modo contribuito a rendere inevitabili, ad un certo punto era nata una nuova qualità di vita economica, nei cui confronti la stessa chiesa romana necessitava di rivoluzionarsi in direzione del protestantesimo.
Considerazioni finali
I
Nel Medioevo una forte presenza dell’usura era già indice di una prevalenza dei rapporti mercantili-monetari su quelli naturali dell’autoconsumo. L’usura si sviluppa sempre là dove i commerci sono fiorenti, ma anche là dove i rapporti di classe sono molto antagonistici, dove l’individualismo dei proprietari (fondiari o di capitali) è molto accentuato.
L’usuraio infatti è un individuo che si pone contro dei legami comunitari indeboliti, insinuandosi nelle debolezze di un sistema sociale dominante e portandole a completa rovina. E’ come un virus in un corpo che si trascura, di un malato che s’illude di poter guarire senza medicine, che sottovaluta la gravità della propria patologia.
Non ha senso sostenere – come fa Le Goff – che gli usurai non diventavano capitalisti solo perché avevano paura dell’inferno nell’aldilà e che cominciarono a diventarlo quando si prospettò loro la possibilità di finire in paradiso passando attraverso il compromesso del purgatorio.
Il capitalismo nasce quando da un lato il borghese poteva chiaramente differenziare la propria attività da quella usuraria, facendola in un certo senso passare per un’alternativa legittima, convincente, adeguata, e dall’altro quando la pratica dell’usura, legalizzata nelle forme del moderno credito, si trasformava in un forma incentivante a sviluppare rapporti di sfruttamento di lavoro, in cui le parti contraenti erano giuridicamente e formalmente libere. Cosa che il cattolicesimo-romano, essendo una religione feudale, impostata sul rapporto personale di soggezione e quindi sulla rendita, non avrebbe potuto accettare sino in fondo, senza prima trasformarsi in una religione protestante, adatta a un credente di tipo borghese e imprenditoriale.
La teoria del “giusto prezzo” in tal senso è molto eloquente per spiegare i limiti di un’impostazione cattolico-romana in materia di economia politica. Detta teoria (anche nel teologo più “oggettivo” come Tommaso d’Aquino) ha sempre avuto per tutto il Medioevo uno sfondo prettamente moralistico, in quanto ci si affidava alla buona volontà dei contraenti (venditore ed acquirente), i quali avrebbero dovuto evitare iniziative commerciali intenzionalmente fraudolenti o tali da favorire forme di monopolio.
Dal canto suo la chiesa cercava di stemperare l’avidità del guadagno chiedendo al mercante di devolvere parte delle ricchezze ad opere di carità.
Un trend del genere avrebbe potuto funzionare al massimo nell’ambito di un mercato locale, dove tutti si conoscevano, ma proprio nel momento in cui tale teoria veniva formulata lo scatenamento delle crociate nel Vicino Oriente e nei Paesi Baltici faceva sì che i mercati diventassero internazionali e con essi le loro dinamiche e soprattutto i loro prezzi, che finivano inevitabilmente per influenzare quelli dei mercati locali.
La chiesa romana era convinta di poter controllare il fenomeno del mercantilismo in piena espansione perché sul piano politico imponeva a tutta la società una concezione piuttosto rigida della stratificazione sociale dei ceti e dei loro ruoli, e non aveva motivo di pensare, finché ognuno fosse rimasto nel posto che gli veniva conferito dalla gerarchia, che l’attività mercantile avrebbe col tempo scardinato sia la tradizionale ideologia cristiana che i consolidati poteri costituiti.
II
Sul piano metodologico – come indicazione per ulteriori ricerche storiografiche – occorrerebbe focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti per noi di fondamentale importanza:
- la storia del Medioevo non andrebbe vista come una linea evolutiva che va dall’economia naturale primitiva a quella urbana e mercantile, considerando quest’ultima come una forma più avanzata dell’altra. Il fatto cioè che lo fosse (secondo i parametri industriali odierni) sul piano tecnologico, produttivo o commerciale non dice nulla sull’effettiva democraticità di un determinato stile di vita, che va invece valutato per il suo grado di umanizzazione e di conformità alle esigenze della natura.
In tal senso si potrebbe anzi ipotizzare un percorso interpretativo inverso, in cui lo sviluppo dell’urbanesimo e del mercantilismo euroccidentali debbono essere visti come una sorta di processo involutivo verso forme sociali sempre meno democratiche.
Bisognerebbe in tal senso rileggersi tutte le opere dei teologi cattolici per cercare di individuare i momenti di passaggio dalla concezione greco-ortodossa della vita religiosa a quella cattolico-romana e, all’interno di quest’ultima, dalla concezione rurale della vita sociale a quella urbana e borghese.
- Le ricerche storiche andrebbero indirizzate verso una rivalutazione delle società rurali alto medievali di quei regni barbarici diversi dai Franchi e dai Sassoni, in entrambi i versanti europei, est e ovest. In particolare bisognerebbe cercare di capire il motivo per cui là dove era presente la chiesa ortodossa non si sono formate concezioni di vita borghese, ovvero il motivo per cui là dove il cristianesimo ortodosso s’è trovato a dover fronteggiare forme di vita mercantile (come p.es. nell’impero bizantino), la resistenza nei confronti dell’ondata musulmana è stata molto più debole.
- Bisognerebbe inoltre individuare i motivi per cui, nell’ambito del cattolicesimo-romano medievale, si sono formate idee borghesi in Italia e non anche in Polonia o in Spagna o in Ungheria. Naturalmente questo può essere spiegato alla luce del fatto che l’Italia, sino alla fine dell’impero romano, aveva conosciuto fiorenti commerci, ma questa motivazione non può essere sufficiente, poiché le invasioni barbariche sconvolsero completamente l’assetto socioeconomico anche della nostra penisola, ponendo l’economia naturale come del tutto prioritaria rispetto a quella mercantile.
Una spiegazione più convincente non può non tener conto del fatto che l’Italia era sede del papato, il quale in tutti i modi cercò di imporsi come realtà politica. La formazione della mentalità borghese (dualista per definizione, in quanto a una religione ufficiale, accettata formalmente in sede teorica, oppone una prassi arbitraria, dettata da interessi individualistici) si pone probabilmente come reazione a una prassi cattolica che ai livelli istituzionali della gerarchia era non meno dualista, in quanto i principi teorici venivano sistematicamente contraddetti dalla ricerca di un potere politico ed economico.
- Un’osservazione a parte va fatta sull’ermeneutica di Le Goff. Egli ritiene che nell’alto Medioevo la religione fosse vissuta solo molto superficialmente e più che altro dai soli chierici, essendo i laici, legati alla terra, rozzi e incivili. Il giudizio sui laici è molto duro: violenti, ignoranti, guerrieri… Nei loro confronti era inevitabile un forte dominio da parte delle istituzioni, laiche ed ecclesiastiche, le quali avevano bisogno più che altro di far regnare un ordine esteriore.
Successivamente intorno al Mille aumentano le ingiustizie e le ineguaglianze, ma anche il benessere per le popolazioni urbane. La chiesa romana cercò di spiritualizzarsi e di far diventare più cristiana la società.
Ora, che dire di questa interpretazione storica da parte di uno dei massimi medievisti viventi?
Anzitutto che uno storico del Medioevo dovrebbe sempre fare distinzione tra il cristianesimo vissuto dalle masse popolari, prevalentemente contadine e analfabete, e il cristianesimo vissuto dalla gerarchia ecclesiastica, l’unica in grado di elaborare delle fonti scritte.
Fonti del genere non possono essere considerate come “obiettive”, non solo perché molte di esse furono dei falsi patentati, ma anche e soprattutto perché esse riflettevano chiaramente interessi di parte.
Il fatto stesso che dopo il Mille si cominciasse a considerare la “povertà” come un “valore”, da parte dei movimenti ereticali, dovrebbe p.es. far pensare non solo che dopo il Mille essa veniva generalmente considerata dalla mentalità borghese come un “disvalore” (e su questo anche Le Goff conviene), ma anche che presso le comunità rurali alto medievali non c’erano situazioni di estrema povertà come quelle causate dal mercantilismo, che praticamente obbligava i contadini senza terra a emigrare nelle città per diventare operai salariati.
Questo per dire che i testi teologici basso medievali riflettevano una situazione socioeconomica molto più contraddittoria di quella alto medievale, in quanto ai problemi del servaggio si erano aggiunti quelli del mercantilismo.
La condanna teorica dell’usura (ribadita in tutti i concili Laterani) non sta di per sé a significare che la società fosse più cristiana e neppure che a quella condanna seguirono azioni effettivamente coerenti ed efficaci.
I fatti hanno piuttosto dimostrato il contrario, e cioè che l’adeguamento del cristianesimo istituzionale della chiesa romana alla prassi borghese avvenne nel basso Medioevo parallelamente alla condanna dell’usura.
La chiesa romana dopo il Mille continuava ad essere politicamente aristocratica e ideologicamente integralista, ma stava sempre più diventando socialmente borghese. Essa voleva tenere sottomessa la borghesia, impedendole di acquisire potere politico, ma nello stesso tempo la favoriva, proprio per aumentare le proprie ricchezze, il proprio prestigio di potenza terrena.
Per trovare una qualche forma di opposizione a questo evolversi della concezione cristiano-borghese della fede occorre rivolgersi a taluni movimenti pauperistici ereticali.
- Abbastanza curioso è il fatto che mentre i grandi usurai italiani venivano dalla Lombardia, dal Piemonte, dall’Emilia, e i grandi banchieri venivano da Firenze e dalla Toscana in generale, Venezia, che ha sempre ruotato nell’area bizantina fino al Mille e che aveva commerci molto fiorenti, rimase sostanzialmente estranea alle diatribe sull’usura, sulle banche e sui monti di pietà. A Venezia interessava avere privilegi commerciali da Bisanzio, finché, dopo il Mille, si pensa solo a come conquistarla.
Nel VII secolo i veneziani avevano preferito porsi sotto la dipendenza diretta di Bisanzio per non dipendere da quella dell’Esarcato. Grazie a Bisanzio riescono a opporsi al tentativo di conquista da parte dei Franchi. Nel IX secolo conquistano le coste istriane, dalmate e pugliesi. Nell’XI sec. vincono i Normanni che volevano prendersi l’Albania. Questo permette alla città di ottenere privilegi unici in tutto in Mediterraneo.
A partire dal 1171 iniziano a saccheggiare, senza molto successo, la costa della Beozia. Stringono alleanza coi Normanni siciliani in funzione antibizantina, finché nel 1204 partecipano alla quarta crociata occupando Costantinopoli: ottengono la quarta parte dell’impero bizantino e le loro navi sono praticamente ovunque. Bisanzio fu costretta a cercare un’alleata in Genova, che combatté, senza successo, contro Venezia; quest’ultima invece, proprio dopo aver sconfitto Genova, diventerà una delle potenze maggiori d’Europa, tanto che inizierà a occupare l’entroterra (Treviso, Bassano, Padova, Verona, Vicenza, Udine, Friuli, Brescia, Bergamo, Peschiera, Ravenna, Lodi, Piacenza). Insieme a Firenze e Milano, era diventata uno degli Stati più forti d’Italia.
Fece un errore clamoroso a indebolire Bisanzio contro i Turchi. Nonostante la grande vittoria di Lepanto (1571), il suo declino infatti sarà inevitabile, poiché i commerci per il Mediterraneo non potevano più essere quelli di un tempo (i Turchi erano incredibilmente esosi). Ma, quel che è peggio, Venezia viene tagliata fuori dai commerci portoghesi lungo le coste africane e da quelli spagnoli in America. La sua guerra contro i Turchi andò avanti sino alla fine del Settecento, ma senza risultati. E questo la indebolì anche nel confronto con le altre città conquistate nell’entroterra.
Sarà Napoleone a darle il colpo di grazia conquistando il Veneto e cedendolo segretamente all’Austria nel 1797 (Trattato di Campoformio); gli austriaci verranno cacciati dalla città solo nel 1866.
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– Storia d’Europa. Vol. 3: Il Medioevo (Secoli V-XV), Einaudi
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– Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale, Il Poligrafo
– Medioevo greco. Rivista di storia e filologia bizantina, Edizioni dell’Orso
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– Padoa Schioppa Antonio, Il diritto nella storia d’Europa. Vol. 1: Il Medioevo, CEDAM
– Reventlow Henning G., Storia dell’interpretazione biblica. Vol. 2: Dalla tarda antichità alla fine del Medioevo, Piemme
– Storia della filosofia. Vol. 2: Il Medioevo, Laterza
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– Gregorovius Ferdinand, Storia della città di Roma nel Medioevo, Einaudi
– Toniolo Giuseppe, Storia dell’economia sociale in Toscana nel Medioevo. Vol. 1, Vol. 2, Studium
– O. Nuccio, Il pensiero economico italiano, tomo I, ed. Gallizzi, Sassari 1987.
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– Marx e il capitale commerciale, usuraio e industriale
– Calvino e l’usura
– Il concetto di usura nel tempo
– Sul concetto di Purgatorio
– L. A. Muratori, Dissertazione sull’usura
– Monte di Pietà di Parma
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N.B. Per la parte relativa alla situazione dell’usura nell’area bizantina si ringrazia il sito www.imperobizantino.it
Tratto da: homolaicus.com
USURA nell’ISLAM ?
Nel 1997 un autore francese di origine siciliana, Alexandre Del Valle, pubblicò un libro eccellente (L’Islamisme et les Etats Unis[1]), nel quale egli espone l’alleanza, in funzione antieuropea, degli Stati Uniti (che in realtà includono l’Inghilterra e, in generale, tutto il mondo anglofono) con il mondo Islamico.
Il Del Valle ha tenuto delle conferenze anche in Italia, a Milano e a Torino, e adesso sta cercando di trovare un editore per che ci sia un’edizione italiana del suo libro. A tutti quanti, fra di voi, che siano in grado di leggere il francese, non posso se non raccomandare in massimo grado questo libro, che non solo espone certi sinistri legami fra America e Islam, ma che è anche una miniera di informazioni sull’Islam in generale (dal punto di vista storico, sociale, psicologico, geopolitico, ecc.) – non c’è aspetto del fenomeno “Islam” che sia sfuggito all’autore.
Le tesi dell’autore sono, più o meno, le seguenti:
(a) L’America strumentalizza l’Islam contro l’Europa;
(b) L’America appoggia la religione Islamica, per mantenere le popolazioni che a essa aderiscono in una situazione di abiezione e di arretratezza, che le rende e le renderà sempre tecnologicamente ed economicamente dipendenti;
(c) La scelta dell’Islam come alleato, da parte dell’America, non è accidentale. L’America è stata definita il luogo del protestantesimo fondamentalista, e fra protestantesimo e Islam ci sono delle straordinarie affinità strutturali – di base – per cui essi sono, per così dire, degli alleati naturali.
Tutti questi punti abbisognano di approfondimento – e io non mi troverò sempre in accordo completo con il Del Valle. Incomincerò dal punto (b), che può essere liquidato con relativa facilità. Quanto afferma il Del Valle potrà anche essere vero per quel che riguarda l’Islam europeo (Bosnia, Turchia europea, ecc. – forse addirittura l’Albania) – e, al limite, almeno in parte, per l’Iran e il Turchestan – ma non certo per la maggior parte dell’ecumene Islamico. Quelle popolazioni sono così scadenti che non c’era proprio bisogno dell’Islam per portarle e per mantenerle al livello in cui sono – in altre parole, non è che sia l’Islam a fare di loro quel che sono, ma hanno scelto l’Islam perché non valgono niente.
Su di questo si ritornerà più avanti, ma vale la pena di fare una parentesi per puntualizzare il fatto di quella cosiddetta civiltà “araba”, della quale si fa un gran parlare e che non è mai esistita. Si può forse parlare di una ‘civiltà musulmana’, durante il Medioevo, che usava l’arabo come lingua portante, e che si sviluppò in parallelo con la civiltà ‘cristiana’ – cioé europea – in quei medesimi tempi. Alla civiltà ‘musulmana’ – chiamiamola così – gli Arabi furono estranei. Colonne portanti di quella civiltà furono l’Andalucìa e il mondo indo-iraniano, zone a cui toccò la disgrazia dell’Islamizzazione ma che continuarono ad attingere a fonti culturali pre-Islamiche che l’Islam non riuscì a soffocare del tutto. A titolo di curiosità, nell’Andalucìa musulmana ci fu un’importante presenza persiana, almeno a livello di gente colta.
Passando al punto (a), bisogna vedere chiaro che cosa sia veramente l’America.
L’America non è un paese nel senso normale della parola – come non lo fu più l’Inghilterra dopo la svolta fra il Seicento e il Settecento: ma, l’abbiamo già detto, ormai l’Inghilterra fa parte degli Stati Uniti, di cui è la propaggine davanti alle coste dell’Europa.
Gli Stati Uniti sono una facciata, con l’aspetto e la struttura di un paese, dietro la quale manovrano interessi di tipo plutocratico e finanziario.
Il ‘paese’ America fa da braccio armato a quegli affaristi, finanzieri e usurai, senza avere una politica nazionale propria: gli interessi ‘americani’ sono gli interessi di quella classe usurocratica, della quale gli Stati Uniti ‘paese’ sono lo sciacallo.
Questo, il Del Valle non sembra vederlo – o al meno non lo rende del tutto esplicito -, come non sembra vederlo un altro acuto studioso delle interferenze americane in Europa, il Bugnon-Mordant, autore di un pregevole libro sull”America totalitaria’ (2).
Più in profondità ha visto lo storico italiano che scrive con lo pseudonimo di John Kleeves (3), che denuncia senza mezzi termini gli Stati Uniti come gigantesca azienda commerciale privata potentemente armata e che non risponde delle proprie azioni ad alcun tribunale: gli Stati Uniti sarebbero una dittatura dell’imprenditoria.
Ma anche il Kleeves vede negli imprenditori che dirigono l’Impresa America degli ‘Americani’. Quando si voglia invece andare più in fondo sull’argomento della strumentalizzazione dell’Islam da parte dell”America’, bisogna fare un passo più avanti. Quella classe finanziaria e imprenditoriale della quale gli Stati Uniti sono lo sciacallo è tanto poco ‘americana’ come di qualsiasi altra nazionalità o appartenenza – essa è l’usurocrazia finanziaria apolide internazionale; che si serve del mondo anglofono come strumento ormai da circa tre secoli e continuerà a farlo ancora per qualche tempo.
Ma allora si pone il quesito del perché il mondo anglofono – sia stato per così tanto tempo e si sia dimostrato tanto appropriato a fare da sciacallo all’oligarchia finanziocratica internazionale. Non è accidentale che proprio l’America sia stato il luogo appropriato per eccellenza per espletare quei tali servizi, mentre, viceversa, solo una società/un ‘paese’ all’americana sarà mai veramente appropriato per fare da braccio armato politico e militare alle attività dell’usurocrazia internazionale. Questa sua qualità il mondo anglofono la deve al fatto di essere in mondo protestante per eccellenza (4), con due conseguenze: (a) feticismo del denaro che, per dirla con Kleeves, fa da schermo fra la gente e la realtà; (b) carenza totale di cultura: di fatti, il livello culturale del mondo anglofono è praticamente nullo, al di sotto di quello di diversi paesi terzomondiali. Queste sono le due caratteristiche necessarie perchè un ‘paese’ possa e voglia essere sciacallo perfetto degli usurocrati, e l’America le ha tutte e due.
Nel contempo, il fatto di essersi fatti inserviente degli usurocrati non può non innescare nella società che abbia fatto quella scelta dei processi teratologici di dissoluzione sociale che la portano al disfacimento implosivo a più o meno lungo termine. Questo, sta succedendo a ritmo accelerato negli Stati Uniti (5), ed è mia tesi – documentata in dettaglio in altra sede (6) – che il disfacimento implosivo dell’America è prossimo, proprio come conseguenza del fatto di essersi fatta strumento degli usurocrati internazionali. I quali avranno bisogno di un altro punto d’appoggio; e la nuova ‘America’, da loro scelta, saranno gli “Stati Uniti d’Europa” – un’Europa denaturata, putrefatta, americanizzata.
Lo strumento-principe per denaturare l’Europa potrebbe essere l’Islam. Già adesso ci sono 5 milioni di musulmani nei Balcani e dai 12 ai 15 milioni di immigrati terzomondiali di religione musulmana. Se la Turchia dovesse diventare membro della comunità economica europea, è già stato previsto negli ambienti geopolitici turchi che entro circa dieci anni la metà dell’Europa sarà musulmana (immigrazione dalla Turchia e dall’Asia centrale musulmana, differenziale di natalità, matrimoni misti, conversioni più o meno ‘volontarie’) (7).
Alla lunga, gli ‘Stati Uniti d’Europa’ subirebbero gli stessi fenomeni di putrefazione culturale e sociale che stanno portando alla dissoluzione di quelli d’America; ma questo , sicuramente, non preoccupa i finanziocrati. Intanto, avranno guadagnato qualche decennio, poi si vedrà.
Al limite, e sapendo di che tipo di gente si tratta, forse si sentiranno paghi di avere commesso il crimine più grande di tutta la storia: quello di avere causato lo scioglimento della civiltà europea.
Riguardo ai punti (a) e (b) cui sopra (feticismo del denaro, mancanza di cultura), l’Islam copre ambedue i requisiti. Il Del Valle osserva acutamente come anche il ‘dio’ dell’Islam – in perfetta sintonia con ebraismo e puritanesimo – promette ai suoi cosiddetti ‘eletti’ il godimento della ricchezza a questo mondo, come anticipo alla beatitudine eterna in quell’altro (sulle analogie fra Islam e protestantesimo si riverrà in dettaglio più avanti). E l’Islam vale ancora di più come agente di imbarbarimento. Questa è una caratteristica che l’Islam condivide con tutti i monoteismi, ma è quello che, in sede storica, l’ha esplicitata in grado massimo.
Le spaventose distruzioni di beni artistici e culturali portate a termine dal cristianesimo nel momento del suo trionfo (8) furono niente in confronto a quanto fecero i musulmani.
Tutti conoscono quanto successe ad Alessandria d’Egitto, quando tutto il contenuto della sua biblioteca fu usato come combustibile per i bagni pubblici; ma meno sono quelli che sanno che lo stesso successe in Mesopotamia e in Iran, con quelle che erano state le biblioteche dell’impero persiano (9). Anche il Turchestan, che un tempo fu sede di una fiorente civiltà (10) – di tipo iraniano nella sua parte occidentale, di tipo tibetano in quella orientale – dopo l’Islamizzazione divenne (e rimane) parte del Terzo Mondo.
Non a caso l’estetologo Richard Eichler (11) indicava che l’ebraismo, l’Islam e il calvinismo sono le tre ideologie (‘religioni’) nemiche del bello e dell’arte, riconducendo poi questo fatto a certe caratteristiche psico-fisiologiche della razza desertica – o beduina – un tipo umano particolarmente problematico e involuto (12).
Cristianesimo + ebraismo = massoneria = bilderberg = trilaterale = aspen = occidente, licenziamenti e fallimenti.
Ma il regime sta per crollare. Amen ! – 14/05/2013
Se ci sono così tanti massoni nella magistratura, nelle Istituzioni, nella politica, nell’informazione, e insomma ovunque, e nessuno li disturba, è perché la società stessa è di indole massone.
La massoneria, il bilderberg, la trilaterale, l’aspen, eccetera, che da essa derivano, sono cioè così radicati e potenti perché hanno un profondo substrato culturale popolare.
Si può in sostanza dire che costituiscono quella elite economica, istituzionale, politica, mediatica e giudiziaria di cui tutti vorrebbero far parte.
Né d’altra parte si potrebbe spiegare altrimenti che addirittura sul dollaro, sotto gli occhi del mondo, c’è la piramide tronca dei massoni.
Una massoneria che – si osservi – pur avendo una diffusione enorme nel mondo intero e auto-rappresentandosi come un’organizzazione di alto valore morale, invece si occulta.
E si occulta anche quando è palese, come il Grande Oriente, che è in realtà un’organizzazione segreta così come vietato dalla Costituzione e dalla Legge Anselmi, ma si definisce «riservata», nel senso che dal sito si legge che «I Lavori di Loggia sono di natura strettamente riservata, ma non segreta».
Affermazione che costituisce una contraddizione in termini, e un’ammissione dei illiceità, perché significa che è segreta nei contenuti o in parte di essi: la parte che conta.
La parte che conta perché, così come al mero fatto di essere cattolico non consegue certo la possibilità di partecipare ai proventi delle attività dello IOR o di entrare nei giri mondiali del potere vaticanista, il fatto di essere meramente iscritto alla massoneria non serve ad altro che ad ingrossare quella base che serve poi a dare forza a quei vertici che ne traggono profitto.
Con la differenza che mentre la base cattolica o comunque religiosa è animata da moti spirituali (religiosi), la base massone è il suo braccio utilitaristico ed è animata dall’intento di esser parte di un’aggregazione potente con la speranza di ottenere qualcosa, far carriera eccetera.
Speranza non infondata tant’è che è massone, bilderberghina, trilaterina o aspenina tutta la dirigenza italiana in tutti i campi.
‘Carriere’ però non facili, per cui, di fatto, salvo pochi fortunati, anche in ambito massonico la base non riceve alcunché per la sua partecipazione, sicché, più si allarga, e più viene meno la possibilità di ottenere qualcosa.
Una base che serve ai vertici per espandersi in tutti i settori e ‘specializzarsi’ divenendo bilderberg, trilatere, aspen eccetera, che sono delle vere e proprie organizzazioni criminali profondamente integrate nel sistema bancario e finanziario planetario e dedite allo sfruttamento della società mediante l’influire sulla vita delle genti attraverso i sistemi mediatici.
Sistemi mediatici (cosca mediatica) di cui hanno il totale controllo, e usando i quali governano il mondo nominandone i ‘responsabili’ politici (uomini di paglia), come Obama, Monti, Letta eccetera, che sono praticamente tutti, formalmente o di fatto, bilderberghini o di una o l’altra di queste sette, che sono collegate ed esprimono le stesse cose.
Organizzazioni all’ombra delle quali, sotto la pressione dei fini utilitaristici che sono la loro ratio di fondo, si sviluppa ogni forma di criminalità, perché è ormai di dominio pubblico che il bilderberg è dietro la strategia della tensione e le stragi, come anche Imposimato ha dichiarato che è emerso dalle carte dei processi.
Forme di criminalità tra cui anche quelle più insensate, tipo le sette massonico\sataniche, anch’esse ispirate dal desiderio di dare in qualche modo forma al potere derivante dall’essere vertici di queste organizzazioni.
Ciò che più rileva però è che tutto questo avviene sotto gli occhi dell’intera società e della magistratura, che è a sua volta zeppa di massoni e di iscritti ai vari circoli criminali sopra indicati.
Società e magistratura che sono esse stesse globalmente colluse con questo regime oltretutto idiota, perché ormai sta rovinando il mondo.
Ragione per cui, nel mentre non si ha a chi rivolgersi per contrastarlo – perché lo sostengono tutti, e anche la gente – sta però crollando da sé.
Ho scritto tre o quattro anni fa che saremmo arrivati purtroppo a sette otto milioni di licenziati solo in Italia.
Quando cominceremo ad avvicinarci ai cinque, il sistema massonico-bilderberghino comincerà realmente ad oscillare, e di lì a poco cadrà, e tutti i problemi si risolveranno.
Amen (significa «Così sia !»). – By Alfonso Luigi Marra
Anche se un’Islamizzazione totale dell’Europa ha da considerarsi improbabile, agli usurocrati sarebbe sufficiente un’Europa dove gli Europei, ridotti a minoranza nella loro stessa terra e terrorizzati in continuazione – con minaccia di aggressione, stupro, ecc. – da masse Islamiche dappertutto presenti, sarebbero ridotti a manodopera intelligente per i padroni del denaro; i quali, in cambio, magari offrirebbero loro della ‘protezione’.
La sponsorizzazione degli usurocrati internazionali avviene, da parte degli Stati Uniti – e, nelle loro intenzioni, da parte dei futuri ‘Stati Uniti d’Europa’ – in due direzioni diverse: (a) facendo loro da braccio armato.
Adesso è la NATO che fa da ‘goon’ (13) agli usurocrati, aggredendo militarmente tutti quelli Stati che non si pieghino alle esigenze delle multinazionali e di organismi tipo il Fondo monetario internazionale, e comunque terrorizzando chiunque non si voglia lasciar derubare dai medesimi; (b) garantendo lo Stato d’Israele.
I finanziocrati sono certamente i più beceri materialisti che esistano e sono totalmente areligiosi (almeno se alla religione si vuole dare un significato superiore). Ma sono superstiziosi; e nello Stato d’Israele essi vedono la ‘garanzia magica’ del loro potere: solo finché quello Stato sussisterà essi manterranno e accresceranno il loro dominio (14).
Per il momento, la sopravvivenza dello Stato d’Israele è garantita dall’America. La presenza di quello Stato non manca di suscitare risentimenti fra le popolazioni arabofone e, in generale, nell’ecumene Islamico; ma, intanto, quel risentimento viene scaricato sull’Europa.
L’America – lo constata il Del Valle – non ha un passato coloniale (almeno nel Medio Oriente), mentre le masse Islamiche vedono nello Stato d’Israele una ripetizione degli Stati crociati della Palestina nei secoli XII e XIII, che erano promanazioni europee e con i quali l’Israele ha certamente delle affinità di tipo strutturale.
Il giorno che la tutela di quello Stato dovesse toccare all”Europa’ – un’Europa nella quale la popolazione europea sarebbe ridotta a subire il terrore Islamico – sarebbe facile per gli usurocrati mettere a tacere le proteste di una parte dei musulmani (quelli direttamente colpiti). Effettivamente, l’Islam non è qualcosa di monolitico – contrariamente a quanto sembra pensare il Del Valle – e la Turchia già adesso, con la benedizione degli Stati Uniti, ha un trattato di alleanza con l’Israele ai danni della Siria di altri paesi arabi limitrofi. In cambio, l’America dà mano libera alla Turchia nei Balcani, nel Caucaso, in Asia centrale, ai danni delle genti slave e dell’Iran (15).
A questo punto bisogna pur osservare che l’attrazione fra anglosassoni e musulmani è troppo viscerale per essere soltanto un calcolo geopolitico. Ci sono delle affinità obiettive di fondo fra protestantesimo e Islam che fanno di queste due ‘religioni’ degli alleati per così dire naturali (già quasi duecento anni fa il pensatore cattolico Joseph De Maistre [16] definiva il protestantesimo come “l’Islam d’Europa” – il Del Valle, che pure conosce bene e cita spesso De Maistre, non fa cenno di questa sua osservazione). Di questo fatto si darà adesso un esposto dettagliato.
Si può incominciare indicando certi conturbanti parallelismi fra la biografia e la personalità di Lutero e di Maometto (17). A tutti e due morì quasi tutta la numerosa prole in tenera età; e, in punto di morte, tutti e due si presentarono alla folla (Maometto alla Mecca, Lutero a Eisleben in Turingia) e domandarono se il loro operato riscuoteva la sua approvazione (manco a dirlo, in ambedue i casi ci furono apoteosici applausi). Ma esatto è il parallelismo fra la concezione di ‘dio’ in questi due personaggi: il despota semitico, crudele, lubrico e arbitrario, completamente ‘libero’ – fino all’arbitrarietà, quindi anche di contraddirsi, cosa che egli fa spesso nel corano – e che ha creato l’uomo per avere uno schiavo da terrorizzare e davanti al quale pavoneggiare la sua scellerata potenza (18). È il ‘dio’ di Abramo, quello veterotestamentario, nella sua forma più genuina. Dopo Lutero, ci sarebbe voluto Calvino per mettere a nudo un altro aspetto di questo ‘dio’, non più veterotestamentario, ma talmudico: egli è anche il ‘dio’-usuraio, il perfetto partner commerciale (come lo chiamarono, senz’ombra di ironia, i puritani inglesi del Seicento), che elargisce ai suoi ‘eletti’ ricompense in denaro. Il ‘dio’ dei musulmani ha in sé le caratteristiche di quelli di Lutero e di Calvino, che a loro volta si rifanno a una teologia di tipo veterotestamentario e poi talmudico puro.
Sia l’Islam che il protestantesimo sono, teologicamente, molto più vicini all’ebraismo che al cattolicesimo, quale esso poteva essere fino a una quarantina di anni fa. Questo è constatato e asserito dal Del Valle; ma già a fine Cinquecento il teologo cattolico spagnolo Sebastiàn Castellòn (19) aveva notato la virtuale identità fra giudaismo e calvinismo, e lo stesso è stato poi documentato in dettaglio da sociologi ed economisti come Max Weber e Werner Sombart. Max Weber – citato dal Del Valle – segnalò inoltre l’analogia fra la dittatura di Calvino a Ginevra e quella di Maometto a Medina.
Un altro campo – del quale poco si parla – nel quale Islam e protestantesimo si incontrano è quello delle mutilazioni sessuali. La pratica ebraico-Islamica (ma anche bantù e papuasica) della circoncisione è generalizzata presso i protestanti: oltre il 90% degli Americani sono circoncisi (20). Ma ancora più interessante è quanto riguarda la pratica dell’infibulazione, detta anche cliteridectomia.
In riguardo, sia i portavoce dell’Islamismo cosiddetto ufficiale e perbenista che tanti Islamofili nostrani – non esclusi Franco Cardini e Maurizio Blondet, dai quali ci si sarebbe potuto aspettare di meglio – ci assicurano che l’infibulazione non sarebbe una pratica Islamica ma pre-Islamica che, in certe regioni dell’Africa, sarebbe continuata dopo l’Islamizzazione.
Effettivamente, si tratta di una pratica che non è di tutti i musulmani, ma solo di una parte di loro (peraltro molto numerosa). E quelli, fra i musulmani, che la praticano, la considerano una pratica Islamica per eccellenza (21). Quindi, con buona pace di perbenisti e di Islamofili, l’infibulazione è una pratica Islamica – anche se, sia pure concesso, non di tutti i musulmani.
Ma sarebbe anche una pratica protestante – anche se non di tutti i protestanti. Questa informazione è desunta da un testo di un’autrice femminista americana (22), del quale c’è anche una traduzione in italiano. – La pratica, sembra, incominciò in Inghilterra verso la metà dell’Ottocento ma trovò il massimo di applicazione negli Stati Uniti dove, a voler credere a quell’autrice, viene massicciamente praticata anche adesso. Partendo dal presupposto che mai una donna per bene deve godere del proprio corpo – e che l’orgasmo femminile, secondo certi medici, è una malattia – migliaia e migliaia di donne sono state e sono sottoposte, negli Stati Uniti, a quell’operazione, che spesso veniva fatta per cauterizzazione. Particolarmente prese di mira erano quelle infelici che si dovevano guadagnare il pane come operatrici di macchine da cucire a pedale; e rispettabilissime autorità mediche raccomandavano l’infibulazione sistematica delle ragazzine.
Una volta constatate queste straordinarie analogie di tipo teologico e mutilazionistico fra protestanti e musulmani, non sorprende che fra di loro ci siano delle strettissime collaborazioni di tipo operativo.
Si citeranno tre esempi: i primi due si riferiscono a realtà locali limitate, ma sono comunque molto illustrativi; il terzo si riferisce a un processo gravido di possibili conseguenze geopolitiche sul piano internazionale.
(a) Afganistan. Nel nord-est dell’Afganistan, c’è una piccola zona montuosa, il cosiddetto Kafiristan, dove un’orgogliosa popolazione di origine indoeuropea ha resistito per oltre mille anni ai tentativi di Islamizzazione portati avanti dal governo afgano e proseguiti dai fondamentalisti telebani. Essa aderisce ancora a un sano paganesimo indoeuropeo e i loro altari sono generalmente ornati da immagini equine. Questi loro altari vengono segnalati ai telebani dai missionari protestanti basati nel vicino Pakistan – e dotati di elicotteri e di moderne tecnologie di telecomicazioni -; ed i telebani procedono a distruggerli.
(b) Nuova Guinea. Nel cosiddetto Irian occidentale – quella parte della Nuova Guinea che sottostà all’Indonesia musulmana – esiste un importante movimento indipendentista locale che si riconosce come pagano – quindi antimusulmano (e anticristiano). Le missioni protestanti annidate nella zona, che possiedono piste d’atterraggio proprie e ogni sorta di agevolamenti del governo americano, fanno da punti d’appoggio e di informazione per le truppe musulmane indonesiane che conducono la repressione contro gli indipendentisti.
(c) Iberoamerica. L’Iberoamerica (che varrebbe da ‘serbatoio della cattolicità’ a livello mondiale) sta incominciando, lentamente ma irreversibilmente, a Islamizzarsi (23); e a fare da portiere all’Islam in quelle terre è il protestantesimo. L’attività missionaria americana ha fatto sì che la popolazione di colore si stia massicciamente protestantizzando (cattolici, almeno nominalmente, rimangono i bianchi). Secondo dati pubblicati dalla stampa cattolica tradizionalista (24), forse fino alla terza parte dell’Iberoamerica è adesso protestante, e la proporzione cresce continuamente. Dietro ai protestanti, vengono i musulmani: anche in Iberoamerica Geova fa da battistrada ad Allah. – A titolo di curiosità, quando, nel 1616, i musulmani furono espulsi dalla Spagna, ci fu chi propose di spedirli in America. Questo non fu fatto perché si rischiava la formazione di uno Stato Islamico in America che, in combutta con i Turchi, chi sa quali problemi avrebbe suscitato. Questa prospettiva adesso si ripropone, con quattrocento anni di ritardo.
C’è un ultimo aspetto del fenomeno ‘Islam’ che secondo me è molto importante – il Del Valle, al solito, lo ha visto, ma non sembra dargli l’importanza che merita. Si tratta del fatto che negli ultimi 20 – 25 anni l’Islam è diventato il cavallo di battaglia del risentimento del Terzo Mondo verso la razza bianca. – I gruppi “rap”, negli Stati Uniti e in Francia, già inneggiano al futuro sterminio dei bianchi (25), senza che alcuno abbia alcunché da ridire. Questo, in fondo, non dovrebbe sorprendere: esso rientra nella logica dei monoteismi (26), secondo la quale agli abbietti, agli inetti, a coloro che non valgono niente si lancia un salvagente con il quale riscattare la propria ‘dignità’: basta che si collochino nel campo dei ‘giusti’ – degli ‘eletti’, per nascita o per conversione.
L’Islam, una forma particolarmente estrema e semplicistica di monoteismo, è la religione fatta su misura per i risentiti e gli abbietti del Terzo Mondo, incapaci e carenti di volontà per fare alcunché per migliorare la propria sorte e che in compenso hanno sviluppato un odio senza limiti per chi è irraggiungibilmente migliore di loro.
(L’Iberoamerica, popolata in massima parte da genti di colore, s’è visto come si stia Islamizzando nel modo più naturale.) A ciò aiuta molto la qualità di missionarismo aggressivo propria dell’Islam: il vero Islam (questo lo nota il Del Valle) – cioé quello più conforme agli insegnamenti originali di Maometto – è fanaticamente aggressivo. Una sfaccettatura di questa aggressività (prima di passare a misure più radicali) è l’impegno con cui i musulmani innalzano moschee dappertutto dove essi si vengano a trovare e siano in numero sufficiente per far sentire la loro voce.
Adesso, la costruzione di moschee è finanziata di massima dall’Arabia Saudita, pupilla dell’occhio destro dell’America, e a queste iniziative fanno da lenoni i ‘governi’ europei, anch’essi al servizio della finanza internazionale. Fra poco, a quanto si dice, una moschea sorgerà anche a Venezia.
Questo aspetto dell’Islamismo non manca di avere riflessi anche in America. Le masse bantù degli Stati Uniti – una volta protestanti, per l’esattezza battiste – si stanno Islamizzando a ritmo galoppante e hanno trovato come dirigente un elemento parecchio furbo, Louis Farrakhan. Questo, dovrebbe preoccupare le autorità ‘americane’, ma non sembra che lo faccia più di tanto. Qui si ha probabilmente da ravvisare un altro indizio del fatto che l’America, in fondo, è già stata ‘scaricata’ – per uno sconosciuto ma non lontanissimo futuro – dagli usurocrati, che già puntano sull’Europa – un’Europa denaturata, americanizzata, sottoposta al terrore Islamico, che servirà loro da strumento di potere fino a quando terrà (27). Dopo, Geova – o, magari, Allah – provvederà.
Sono consapevole che le tesi proposte sono provocatorie – ma sono basate su della documentazione ineccepibile. L’intenzione, comunque, era che queste tesi fossero provocatorie, perché attraverso la provocazione si riesce spesso a scuotere la gente e – in certo e qual modo – a costringerla a pensare con la propria testa.
La mia speranza è che questo esposto sia servito a che qualcuno si ricordi di avere una testa sulle spalle; perché chi pensa è il più grande nemico dell’imperante sistema.
Bibliografia:
(1) Alexandre Del Valle, L’Islamisme et les Etats Unis, L’age d’homme, Lausanne, 1997.
(2) MIchel Bugnon-Mordant, L’Amérique totalitaire, Favre, Lausanne, 1997.
(3) John Kleeves, Un paese pericoloso, Barbarossa, Milano, 1999; Vecchi trucchi, Il Cerchio, Rimini, 1991; Sacrifici umani, Il Cerchio, Rimini, 1993.
(4) L’Inghilterra è al 60% ‘anglicana’. Ma la storia di quell’isola dimostra che gli anglicani, pure maggioranza, furono sempre un elemento singolarmente passivo nel determinare il destino del loro paese, che fu invece conteso fra cattolici e calvinisti.
(5) Cfr. per es. John Kleeves, Un paese pericoloso, cit.
(6) Cfr. Silvio Waldner, USA, Iberoamerica, Sud Africa, tre messe a punto, di prossima pubblicazione.
(7) Conferenza del dott. Dragos Kalajic, presidente dell’Istituto di geopolitica di Belgrado, ad Altavilla (Vicenza) il 13.11.99.
(8) Si consulti, per es., Carlo Pascal, Dei e diavoli, I Dioscuri, Genova, 1988.
(9) Cfr. per es., Herman Varahmian, “La donna sole”, rivista “Federico Maria Ricci” di Milano, n.116, giugno 1996.
(10) Cfr. per es. l’introduzione di Giuseppe Tucci al Libro tibetano dei morti, UTET, Torino, 1972.
(11) Richard Eichler, Der Widerkehr des Schönen, Grabert, Tübingen, 1984.
(12) Cfr. L. F. Clauss, Rasse und Seele, Lehmann, München, 1941. Una traduzione italiana sarà prossimamente pubblicata dalle Edizioni di Ar (Padova).
(13) I ‘goons’ erano dei picchiatori a pagamento che, in America ai tempi della rivoluzione industriale, venivano utilizzati dagli imprenditori per sfasciare le manifestazioni, sindacali o di altro tipo, degli operai, a cui venivano pagati salari da fame.
(14) Di utile consulta il libro di Maurizio Blondet, I fanatici dell’apocalisse, Il Cerchio, Rimini, 1995.
(15) Già alla fine della prima guerra mondiale la Turchia era stata trattata con guanti di seta. Costantinopoli, promessa alla Grecia nel momento della sua entrata in guerra nel 1916, rimase turca.
(16) Nelle sue Soirées de Saint Pétersbourg.
(17) Cfr. Mircea Eliade, Histoire des croyances et des idées réligieuses, Payot, Paris, 1984.
(18) Una descrizione calzantissima di questo ‘dio’ è stata fatta dal Conte di Lautréamont nei suoi Chants de Maldoror.
(19) Citato da Georges Batault, Aspetti della questione giudaica, Ar, Padova, 1983.
(20) Cfr. John Kleeves, Un paese pericoloso, cit.
(21) A titolo informativo, in Italia ci sono quasi 40.000 donne di colore e di religione musulmana che sono infibulate.
(22) Marilyn French, The war against women, Summit, Nuova York, 1992; traduzione italiana edita da Rizzoli, Milano, 1993.
Un buon riassunto di questo libro è stato dato da Paolo Poggi nel numero di ottobre 1999 della rivista “Orion” di Milano.
(23) Dei dati interessanti sono esposti, per esempio, da Luiza Toscane nel suo L’Islam, un autre nationalisme ?, L’Harmattan, Paris, 1995. Ma qualche interessante articolo incomincia ad apparire sulla stampa quotidiana.
(24) Cfr. la rivista “Civitas Christiana” di Verona.
(25) Cfr. Guillaume Faye, L’archéofuturisme, L’Aencre, Paris, 1999.
(26) Lo sviluppo e la struttura del fenomeno monoteista non sarà qui affrontato, perché porterebbe troppo lontano. È intenzione del relatore quella di farlo in un suo futuro esposto.
(27) Forse il pubblico sarà a conoscenza che, oltre alla Turchia, anche la Tunisia e l’Israele sono candidati per entrare in ‘Europa’. In riguardo a quest’ultima candidatura, valgono due osservazioni: (a) una volta in ‘Europa’, l’Israele la utilizzerà per disfarsi dei Palestinesi, trasferendoli, appunto, in Europa; (b) erano decenni che si diceva che l’Israele avrebbe dovuto divenire l’ennesimo Stato dell’Unione americana, dopo di che sarebbe stato in una ‘botte di ferro’.
Invece non se ne fece niente, e adesso l’Israele vuole entrare in ‘Europa’, la quale, ovviamente, è considerata un posto più sicuro. Qui ha da ravvisarsi un altro indicatore del fatto che ‘chi di dovere’ ha già ‘scaricato’ l’America.
By WP – Tratto da: stormfront.org
Continua in: Denaro mondiale + Denaro Illegale + Sovranita’ monetaria + Sistema monetario + Raggiro del debito “pubblico”+ Schiavi delle banche
IMPORTANTE
La Banca d’Inghilterra conferma attraverso il documento (dettagliatissimo in lingua originale) raggiungibile al link sottostante, la creazione di denaro dal NULLA attraverso la riserva frazionaria e il signoraggio bancario in mano a banche private e autorizzate dalle banche centrali anch’esse di proprietà delle suddette banche in percentuale più o meno variabile:”
http://www.bankofengland.co.uk/publications/Documents/quarterlybulletin/2014/qb14q102.pdf
In più, quest’altro link come ulteriore, robusta conferma:
http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/mar/18/truth-money-iou-bank-of-england-austerity
AVVISATE TUTTA LA POPOLAZIONE CON QUESTO VIDEO, FATELO GIRARE ALL’INFINITO !!
Che sappiate o meno che cosa sia, il Fondo di Redenzione Europeo (E.R.F.) ci rovinerà la vita per i prossimi 20 anni !!
vedi e’ IMPORTANTE:
http://attivo.tv/player/documentari/i-media-stanno-censurando-allintera-popolazione-un-nuovo-trattato-europeo-sconvolgente.html#sthash.4QWK6rLY.dpuf
EURO FALSO: TUTTI I DEBITI CONTRATTI CON LE BANCHE SONO ANNULLABILI !
Nel contrato non è scritto chi è il proprietario della moneta….quindi: chi è il creditore ? chi il debitore ?…e per cui TUTTI i debiti sono nulli “tutti i debiti contratti con le banche sono infatti annullabili”.
“Il sillogismo è semplice: siccome le banche evitano di iscrivere in contabilità, a patrimonio netto, la quota annuale di denaro virtuale che creano dal nulla, è evidente che lo considerano esse stesse “denaro falso“.
I debiti contratti con denaro falso ovviamente non sono giuridicamente validi.”
Ecco quindi che, se non tutti in generale, almeno quei debiti che implicano come creditore o controparte una banca, devono essere considerati nulli dalla nascita !
In sostanza, parafrasando, se il denaro non risulta “battezzato” contabilmente alla nascita certificandone l’origine, non può godere dei diritti civili.
Tratto dal testo dell’economista Nino Galloni, IL FUTURO DELLA BANCA, da dove si impara che la contabilità bancaria attuale è completamente falsa.
INOLTRE
Interrogazione UE con richiesta di risposta scritta E-000302/2012 alla Commissione Articolo 117 del regolamento
Marco Scurria (PPE)
Oggetto: Natura giuridica della proprietà dell’euro
In risposta ad un’interrogazione scritta sul medesimo tema presentata dall’on. Borghezio fornita il 16 giugno 2011, la Commissione informa il collega che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Può la Commissione chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione ?
Risposta: Olli Rehn non fa altro che ribadire che dopo l’emissione, ossia dopo la creazione fisica delle banconote o più verosimilmente dell’apparizione in video delle cifre sui terminali dell’Eurosistema (totalmente a costo zero, se si esclude l’energia elettrica che mantiene accesi i computers…) la proprietà dei valori nominali appartiene al nuovo proprietario.
….e se uno e’ proprietario del denaro, non puo’ essere contemporaneamente debitore, dato che il denaro precedentemente all’emissione nei fatti apparteneva al NULLA…..e non alla banca ! e quindi e’ al NULLA che semmai va reso….
Guardate cosa afferma il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea – BCE – (Tratto dal sito ufficiale www.ecb.int) nel loro documento: “Decisione della Banca Centrale Europea del 6 dicembre 2001 relativo all’emissione delle banconote in euro”, al comma 3: “L’emissione delle banconote in euro non necessita di essere soggetta a limiti quantitativi o di altro tipo, visto che la immissione in circolazione di banconote è un processo indotto dalla domanda.”
Tratto da: http://www.ecb.europa.eu/home/html/index.en.html
Commento NdR: L’Eurosistema e’ nei fatti di proprieta’ di PRIVATI cosi come le varie Banche Centrali Nazionali dei paesi aderenti alla UE, quindi tutto il sistema bancario europeo e’ in mano ai privati cosi pure come l’emissione della moneta (denaro)
Ricordiamo a tutti che le Banche facendo sorgere dal “nulla” (che non esiste, per proprieta’ intrinseca) il denaro, esse lo “prendono” dal TUTTO presente ed esistente SOLO ed UNICAMENTE nell’INFINITO, e ce lo accreditano nel nostro conto corrente di cui siamo proprietari e non debitori;, se noi chiediamo ad esse di darci un credito, quindi trattasi di DONAZIONE dell’Infinito a tutti noi, che le Banche ci RUBANO e ci chiedono pure gli interessi, I banchieri e le banche, sono dei veri e propri CRIMINALI, protetti dalle leggi inique degli “stati” (a loro volta aziende private) loro servi, perche’ i Banchieri immettono, sponsorizzano o pagano, i “loro” uomini politici e non, nei posti chiave degli stati, per ottenere cio’ che vogliono… da questi ultimi, alla faccia del popolo che rimane in TOTALEschiavitu‘ !
Quindi:
Cari amici e lettori, dovete rendervi conto che quando andate a chiedere un “prestito” ad una banca…voi subite un FURTO da parte della banca, perche l’emissione del denaro viene effettuata dal NULLA (che e’ al massimo di proprieta’ dell’INFINITO), sul vostro NOME e COGNOME; la banca non lo emette/accredita sul suo proprio conto corrente e poi gira la cifra a Voi con un bonifico dal proprio conto, ma lo accredita direttamente sul Vs conto corrente, e quindi siete voi gli UNICI proprietari del denaro, cosi come ha confermato recentemente anche la UE, in una risposta ad una interrogazione fatta su: chi e’ il proprietario del denaro..?
Se il denaro viene emesso sul vs NOME e COGNOME, significa semplicemente che e’ VOSTRO e NON della banca, e siccome viene emesso dal NULLA (di proprieta’ dell’INFINITO e non della banca), quindi e’ a credito NON a debito ….. la banca non ha NESSUN titolo, ne’ diritto, per chiedervi di restituire il capitale, che non e’ mai stato suo, ne’ tanto meno di richiedere degli interessi su di un capitale che nei FATTI e’ SOLO VOSTRO all’atto della emissione fatta per mezzo del vostro NOME e COGNOME, infatti non puo’ mai dimostrare di aver avuta la proprieta’ del denaro che e’ stato emesso sul vs conto corrente !
Inoltre le leggi italiane e quelle dei vari paesi occidentali, sui “prestiti”, confermano che: se un soggetto non e’ proprietario di un bene non puo’ prestare nulla, anzi se viene attuato, diviene un’atto illegale.
Qui siamo alla totale follia illogica bancaria, per tentare di legalizzare un FURTO !
In piu’ le banche, una volta sottratto il VOSTRO denaro, con la vostra firma, su di un modulo prestampato e senza la firma dell’amministratore della banca …. essa lo immette nel proprio bilancio, nei debiti, e non nei crediti, come sarebbe se fosse tutto regolare oltre ad essere logico amministrativamente, (cosa che non e’, commettendo un falso in bilancio) ma e cosi, non solo non paga neppure l’iva sul servizio, ma non paga neppure le tasse allo stato…perche’ trattasi di un “debito”….ecco perche’ le banche dichiarano sempre un bilancio facilmente in passivo od a zero….