Impianti dentali o dentari
(Fate molta attenzione perché alle volte i materiali utilizzati possono essere anche radioattivi – Intossicazione da metalli in bocca)
In Medicina Naturale esiste un semplice Protocollo che il dentista ed il paziente DEVONO utilizzare per la rimozione dell’amalgama. Farsi seguire da personale qualificato, autorizzato e convinto alla rimozione delle amalgami !
Rifiutare di andare da dentisti che sono contrari alla loro rimozione e/o che mettono in dubbio il concetto della tossicita’ delle amalgami, sono dentisti poco seri ! – vedi: Metalli tossici
MINERALOGRAMMA = test per conoscere il livello ed il tipo di intossicazioni da minerali e metalli tossici
Intossicazioni ed infiammazione da metalli in bocca –
vedi: Materiali Dentari e denti tossici + Protesi + Rilascio metalli + Corrosione galvanica Elettrochimica + Elettrolisi
Il fallimento implantare può determinarsi non solo per l’azione prolungata di forze meccaniche.
Il fallimento implantare legato a perdita ossea e tissutale può svilupparsi a livello atomico ed in particolari corrispondenze della interfaccia impianti-tessuti biologici. I più comuni materiali utilizzati per la produzione di impianti sono il titanio e le sue leghe.
La principale caratteristica di questi materiali consiste nella proprietà di formare sulla loro superficie uno strato di ossidi resistenti alla corrosione dopo alcuni nanosecondi di esposizione all’ossigeno. L’ossido fondamentale è l’ossido di titanio che si forma per autopassivazione. Tale strato protettivo tende ad aumentare nel corso dei test di corrosione sperimentali e vi sono dati anche su un suo aumento quando viene a contatto con le leghe metalliche comunemente utilizzate per i manufatti protesici.
In questa situazione si determina una aumentata concentrazione di titanio nei tessuti perimplantari e negli organi parenchimatosi (fegato, polmoni, milza).
Inoltre i meccanismi di corrosione degli impianti possono evocare risposte sistematiche agli ioni metallici sia a breve sia a lungo termine. Senza trascurare l’importanza del disegno della protesi e del preciso adattamento del manufatto, il controllo della superficie impiantare appare quindi come un aspetto critico nel successo impiantare potendo influire sulla biocompatibilità nel tempo dell’impianto stesso. Questo articolo non vuole contestare l’utilizzo del titanio come materiale implantare ma piuttosto l’utilizzo, nella fase protesica, di leghe non adatte o di saldature che per loro composizione possono causare fenomeni di corrosione e mettere a rischio gli impianti sottostanti.
Per comprendere l’importanza del controllo della composizione della superficie implantare e delle sue interazioni con i tessuti duri e molli perimplantari è necessario riesaminare la struttura e le funzioni della cellula. Gli impianti sono circondati da tessuti duri e tessuti molli.
Tratto da: http://www.angeloaquilino.it/materiali/danni_dei_metalli.htm
IMPORTANTE: DENTI DEVITALIZZATI e CANCRO
Collegamento scioccante: il 97% di tutti i pazienti oncologici terminali, aveva fatto in precedenza una procedura dentale (denti devitalizzati)
vedere su:
http://humansarefree.com/2014/02/shocking-connection-97-of-all-terminal.html?m=0#sthash.YzBWXGrm.dpuf
Il Titanio, il Cromo Cobalto e la Zirconia sono tossici per la salute…….un report mondiale
http://www.mediavida.com/foro/off-topic/titanio-peligro-para-la-salud-533911/2
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L’implantologia cambia volto – 26/03/10
Odontotecnicanaturale propone il nuovo metodo di protesizzare con i nuovi impianti dentali in lega nobile bioinerte secondo il protocollo TTSVGEL.
Il titanio, il cromo-cobalto, la zirconia/o sono tossici, noi usiamo solo leghe nobili bioinerti !
L’Implantologia è quel ramo dell’odontoiatria che si occupa di ricostruire il patrimonio dentale perduto, nel modo più simile al reale, sia dal punto di vista estetico che funzionale. L’implantologia dentale, consiste nell’inserimento di pilastri nell’osso della mascella o della mandibola che dopo essersi integrati con l’osso stesso, potranno ospitare dei denti artificiali. Le protesi, non vengono più ancorate ai denti naturali adiacenti,come si faceva una volta ricorrendo ai “ponti mobili”,ma solo ai pilastri.
Di conseguenza tale tecnica è caratterizzata da minore invasività.
Gli impianti possono servire a sostituire: un dente singolo (corona su impianto), un gruppo di denti (ponte su impianti) oppure possono esser impiegati per stabilizzare una protesi totale (overdenture).Il materiale che di solito viene utilizzato per gli impianti dentali è il titanio, che non è biocompatibile, mentre invece noi utilizziamo leghe nobili bioinerti (secondo il protocollo TTSVGEL), quindi che non innesca il fenomeno del rigetto da parte del corpo umano perché è bioinerte, ossia consente il contatto diretto osso-impianto senza possibili attività bioelettriche elettrogalvaniche.
In Italia di implantologia si occupa l’operatore specializzato, che in base al modello di impianto da inserire effettuerà un intervento chirurgico in un’unica sessione oppure in due.
Nel primo caso, si lascerà al di fuori della gengiva parte dell’ impianto per poterlo poi connettere al dente. Nel secondo caso, invece, si effettuerà la seconda operazione dopo 3-6 mesi, a seconda della posizione degli impianti e della qualità dell’osso.
Il secondo mini-intervento prevede una piccola incisione gengivale per riportare “ a galla” l’impianto precedentemente sepolto e dopo un paio di settimane l’operatore procederà con la costruzione delle corone dentali definitive in ceramica.
Entrambi gli interventi avvengono in anestesia locale, con l’aggiunta di un blando sedativo e durano all’incirca 30 minuti.
L’implantologia ha indubbiamente numerosi vantaggi: permette di sostituire i denti mancanti in modo duraturo, conservando l’anatomia di ossa e gengive. Tuttavia, esistono delle controindicazioni a questo tipo di pratica odontoiatrica.
L’Implantologia è sconsigliata a quei pazienti che non possiedono un’ottima igiene dentale domiciliare, oltre ovviamente a quei pazienti affetti da malattie sistemiche, diabete scompensato, patologie circolatorie o sottoposti a radioterapia. L’osteoporosi di per sé non è una controindicazione assoluta, perché di solito la mandibola viene risparmiata da questa affezione.
Gli interventi d’Implantologia hanno successo nel 96-97% dei casi, considerando come successo la perfetta integrazione dell’impianto nell’osso e la stabilità della protesi. In queste circostanze si può aspirare ad una durata dello impianto di 15- 20 anni.
L’utilizzo in odontoiatria di materiali non biocompatibili è la causa scatenante di tantissime problematiche tecniche professionali e di patologie, lamentate sempre più spesso da molti pazienti e documentate dagli organi di informazione. Il potenziale elettrochimico legato agli ossidi dei metalli esistenti in tutte le leghe metalliche è responsabile del rilascio di ioni (i cosiddetti radicali liberi) causa di varie patologie e reazioni da parte dell’organismo, oltre che di problematiche estetiche.
Il nostro scopo
Lo scopo è quello di promuovere l’utilizzo di materiali concepiti con lo scopo di prevenire i danni derivanti da tale potenziale elettrochimico.
A tal fine abbiamo messo in cantiere, anche un ciclo di seminari con l’ausilio di professionisti del settore dentale ma anche di altri ambiti, come ad esempio quello chimico-ingegneristico.
La soluzione: “Gli ossidi non sono più un problema.”
Da alcuni anni è stato messo a punto in Italia TTSV.GEL, un prodotto per la stabilizzazione delle leghe a base aurea, in grado di eliminarne il potenziale elettrochimico e di conseguenza la formazione degli ossidi. Il trattamento è coperto da brevetto internazionale, con relativo protocollo d’uso, è stato testato e riconosciuto da ricerche a livello universitario ed è capace di ridurre a zero i problemi legati agli ossidi.
Si tratta dell’unico sistema in grado di inertizzare e rendere biocompatibili i dispositivi protesici in lega preziosa.
Il protocollo è l’unico in grado di rendere biocompatibile la protesi e di conseguenza prevenire una serie di patologie a noi tutti note. Si tratta di un trattamento che incide solo in piccola percentuale sul costo finale per il paziente, ma che garantisce un intervento protesico che non procuri danni di tale tipo alla salute.
Cosa può fare il paziente
Le informazioni essenziali per avere la sicurezza che il Vostro dispositivo protesico sia realizzato solo su lega metallica preziosa e che sia trattato secondo il Protocollo di Inertizzazione Cinetica Sotto Strato Vetroso:
Il network di laboratori odontotecnici aderenti a OdontotecnicaNaturale.it consiglia, prima di recarsi dal Vostro odontoiatra, di scaricare e stampare il Depliant reperibile in questa pagina, pretendere l’applicazione del protocollo in esso descritto ed accertarsi poi di ricevere la documentazione comprovante il rispetto dello stesso, firmata da entrambi i soggetti coinvolti, l’operatore tecnico responsabile (Odontotecnico) e il medico prescrittore (Odontoiatra), inclusi i materiali utilizzati, il tipo di lega e suoi componenti; documenti firmati da entrambi medico-tecnico. Questo documento è obbligatorio ai sensi delle norme di diritto europeo, in particolare la direttiva 93/42 CEE.
Sempre per la propria sicurezza, consigliamo di richiedere che per le proprie protesi non si utilizzino i seguenti elementi metallici: rame, ferro, nickel, zinco, cromo, cobalto, berilio e cadmio.
Si tratta infatti di elementi altamente tossici, ed è preferibile utilizzare una lega preziosa da 500 millesimi di oro. Difendere la propria salute è un diritto ed è meglio prevenire che curare.
Tratto da: odontotecnicanaturale.it
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LOCALIZZAZIONE con TECNICHE ATOMICHE e NUCLEARI di ELEMENTI POTENZIALMENTE TOSSICI RILASCIATI da DISPOSITIVI PROTESICI ed IMPLANTARI
http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_completo_prin-2004065535.htm
Università degli Studi di Padova
Abstract
Vari metalli con potenziali effetti tossici sono contenuti in materiali molto usati in campo odontoiatrico, per cure conservative, protesi e chirurgia implantare e maxillo-facciale.
Ricordiamo cromo, cobalto, titanio, nichel ed alluminio presenti in alcune leghe per protesi, e nella gran maggioranza degli impianti dentari endossei, nonché il mercurio contenuto nell’amalgama per restauri dentari.
Il crescente impiego clinico di impianti dentari, ha rivolto l’attenzione di numerosi ricercatori sul possibile rilascio nell’organismo ospite di componenti metalliche degli impianti, e della loro eventuale diffusione a distanza con accumulo in organi bersaglio. Tuttavia, le ricerche sin qui eseguite con varie tecniche di analisi, sia in pazienti che in animali, hanno condotto a risultati non concordi.
Avendo la disponibilità di sonde a protoni ed a raggi X ed una microsonda a protoni e raggi X dei Laboratori Nazionali di Legnaro, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ci si propone di eseguire studi che contribuiscano a chiarire le tematiche sopra illustrate, effettuando la ricerca, il dosaggio e la mappatura soprattutto del titanio, del cromo, cobalto e mercurio, metalli di vasto uso odontoiatrico.
Si faranno dosaggi del contenuto di questi elementi nei tessuti orali di pazienti portatori di protesi, impianti ed amalgama, in trattamento presso la Clinica Odontoiatrica di Padova, ed anche nella saliva, nelle urine e nel sangue.
Lo studio sarà condotto anche su pazienti di controllo, e nei due anni previsti avrà come oggetto almeno duecento casi. Analoghi esperimenti saranno condotti in animali da laboratorio, in cui si faranno innesti sottocute ed intramuscolari di metalli, presso il Centro Interdipartimentale di Chirurgia Sperimentale di Padova.
Per ciò che concerne il titanio e gli altri metalli costituenti gli impianti dentari, si prevede di eseguirne il dosaggio e la mappatura in alcuni reperti bioptici umani, concernenti sia impianti rimossi per fenomeni flogistici, che asportati dopo alcuni anni di funzione clinicamente valida, a causa di fratture delle componenti metalliche.
Alcuni di tali reperti, in attesa di essere analizzati, sono già in possesso dei gruppi di ricerca.
Analoghe analisi e mappature saranno eseguite su impianti inseriti in animali.
Le attrezzature utilizzate saranno l’apparecchiatura Precise per preparazioni istologiche di tessuti e corpi duri a mezzo taglio e molaggio, in possesso della Clinica Odontoiatrica di Padova, e le attrezzature esistenti presso i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Con la tecnica PIXE micro-beam sarà possibile eseguire scansioni dei campioni, disegnando mappe indicanti la distribuzione spaziale degli elementi in traccia diffusi nei tessuti. Ciò consentirà di porre in relazione le caratteristiche morfologiche di superficie dei manufatti (rugosità, forma filettata) la eventuale diffusione, attraverso l’interfaccia di separazione, dei componenti, ed anche per quanto concerne le biopsie orali nei portatori di amalgama permetterà di evidenziare la distribuzione spaziale dei metalli presenti.
Misure quantitative anche nella saliva, nel sangue e nelle urine saranno eseguiti con tecnica XRF, mentre si metteranno a punto linee di ricerca basate sulla sonoluminescenza (tecnica che promette interessanti applicazioni analitiche) e per la ricerca di elementi in ultratraccia (limite di rilevamento minore di 1ppb) con luce di sincrotrone presso i
Laboratori Nazionali di Frascati (per gli elementi ultraleggeri), con cui i componenti del gruppo di Verona sono da tempo in collaborazione. Analoghi rapporti di collaborazione sono previsti con i Sandia Laboratories di
Albuquerque, New Mexico, USA presso i quali lavora da circa due anni e lavorerà nei prossimi mesi uno dei componenti l’unità di ricerca.
Obiettivo del Programma di Ricerca
Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca Pietro Passi, Università degli Studi di Padova.
Riguardo gli impianti endossei, l’obiettivo è di verificare se, in che misura ed quali condizioni possa avvenire rilascio di componenti metalliche.
L’indagine microPIXE effettuata su sezioni ottenute con tecnica di taglio e molaggio, comprendenti impianto e tessuti adiacenti, consente uno studio ottimale dell’interfaccia impianto-tessuto, disegnando la mappa degli elementi presenti nel campo esaminato. Questa analisi consente di vedere le modalità di diffusione degli elementi, in base alla loro disposizione superficiale, e costituisce un prezioso ausilio nello studio del comportamento chimico-fisico della superficie degli impianti endossei.
Infatti, la morfologia di superficie, sia a livello microscopico che macroscopico, è una delle caratteristiche principali che differenziano i numerosi tipi di impianti utilizzati oggi.
Abbiamo infatti manufatti “di tornio”, mentre altri sono sottoposti a trattamenti che ne irruvidiscono la superficie, mediante sabbiatura, mordenzatura acida, rivestimento al plasma-spray e altri: la tendenza attuale va nella direzione di produrre impianti a superficie mossa, che sembrano produrre un legame con l’osso più veloce e tenace.
Tuttavia, la presenza di micronicchie superficiali, conseguenti alla ruvidità, può produrre fenomeni di corrosione differenziale a causa della diversa concentrazione di ossigeno, ed intensificare la diffusione anche dei metalli passivanti, come il titanio.
Pertanto, è necessario non solo individuare la presenza di componenti implantari nei tessuti, ma anche poter determinare da dove possono innescarsi gli attacchi chimici al materiale. Precedenti studi condotti da componenti di questo gruppo di ricerca, hanno indicato come la microanalisi con PIXE a raggio focalizzato sino a 2,5 micrometri sia uno strumento estremamente sensibile, che può evidenziare elementi a concentrazioni dell’ordine di 1 ppm.
Qualora a questo limite di rilevazione non si riscontri rilascio di componenti implantari, si prevede di utilizzare per elementi leggeri, un fascio di luce di sincrotrone, abbassando il limite di sensibilità di circa tre ordini di grandezza.
Dall’analisi XRF degli organi espiantati dagli animali sottoposti ad impianti e confrontati con i controlli, si potranno ricavare indicazioni sull’accumulo dei metalli a distanza, e se alcuni distretti possano fungere da serbatoi di accumulo di titanio, cromo, alluminio, nichel, vanadio ed altri metalli costituenti gli impianti.
Riguardo il problema della diffusione del mercurio dall’amalgama dentale, ci si propone di eseguirne il dosaggio nel sangue, nella saliva e nelle urine di soggetti portatori di restauri dentali e soggetti controllo.
L’ interesse della ricerca risiede nel fatto che l’amalgama d’argento è tuttora il miglior materiale plastico per otturazioni e ricostruzioni dentarie, e che i grandi vantaggi che esso offre come durata nel tempo dei restauri va attentamente raffrontato con gli eventuali effetti indesiderati, che sarebbero da ritenersi assai probabili qualora si confermasse un importante rilascio ed accumulo di mercurio, dotato di ben noti effetti tossici.
La determinazione con tecnica XRF del contenuto di mercurio nella saliva e nelle urine dei pazienti, che sarà messo in relazione con la quantità stimata di amalgama presente nel cavo orale, e raffrontata statisticamente con i soggetti controllo, eseguita su di un campione sufficientemente significativo, che si stima in almeno 200 soggetti + 100 controlli, potrà fornire utili indicazioni sul rilascio del metallo.
I dati ottenuti saranno raffrontati anche con il periodo di permanenza dei restauri nel cavo orale: infatti, per la formazione di pellicole di ossidazione superficiale, è da prevedersi che il rilascio del mercurio ed altri metalli possa decrescere col tempo.
L’esame con microsonda PIXE delle biopsie gengivali adiacenti a restauri in amalgama fornirà indicazioni sulle modalità del rilascio dei componenti metallici, a seconda che si riscontri una distribuzione tissutale uniforme, indice di un gradiente di diffusione, oppure che si rintraccino acccumuli localizzati di ioni metallici, nel qual caso si potrà ritenere trattarsi di fenomeni dovuti a microdistacchi di metallo per usura meccanica e chimica.
Negli animali da laboratorio, il dosaggio dei metalli negli organi fornirà indicazioni che si ritengono molto utili, soprattutto per confermare l’esistenza di serbatoi di accumulo del mercurio, che è stato segnalato concentrarsi nei reni e nelle gonadi maschili. Tale accumulo, tuttavia, è stato riscontrato in animali sottoposti a dosi massicce di Hg, e occorre stabilire se il fenomeno possa avvenire anche in condizioni più simili a quelle in cui si trova un paziente portatore di restauri dentari.
L’analisi con PIXE micro-beam dei preparati istologici, inoltre, permetterà di evidenziare il mercurio nelle sue sedi tipiche di localizzazione negli
organi, come avviene per i tubuli nel caso del rene. Ancora più importante potrà risultare negli animali la localizzazione di Hg nel cervello e nel tronco encefalico, considerati i ben noti effetti neurotossici tipici dell’intossicazione cronica da mercurio.
Ci si propone pertanto di portare avanti due linee di ricerca:
1) mediante l’unità A con sede a Padova si eseguiranno prelievi di saliva ed urine da pazienti portatori di restauri in amalgama e da soggetti non portatori. L’elevato numero di soggetti che si recano per visita e cure presso la Clinica Odontoiatrica renderà possibile valutare, nell’arco del biennio, non meno di 200 portatori e amalgama e 200 controlli. Si prevede anche di eseguire prelievi bioptici gengivali, nei quali si valuterà la presenza di metalli in traccia.
La disponibilità del Centro Interdipartimentale di Chirurgia sperimentale consentirà di eseguire sperimentazioni su animali, nei quali saranno inseriti impianti endossei di varia composizione, oltre a campioni di amalgama. Mediante l’apparecchiatura di taglio e molaggio, già in possesso della Cinica Odontoiatrica, si prepareranno sezioni in blocco degli espianti, comprendenti sia i metalli inseriti che i campioni adiacenti, che potranno essere sottoposti ad esame microscopico.
2) L’unità B, con sede a Verona, si occuperà delle analisi con tecniche XRF, PIXE e sonoluminescenza, sia dei reperti raccolti a Padova, che su campioni bioptici umani, contenenti impianti, ottenuti dalla locale Clinica odontoiatrica.
Si prevede anche di utilizzare un mezzo di analisi molto sensibile, la luce di sincrotrone, presso i Laboratori Nazionali di Frascati, che permetterà di abbassare di qualche ordine di grandezza i limiti di rilevazione delle tecniche XRF e PIXE, potendo rilevare quantità anche ridottissime di Hg (meno di 1 ppb), metallo che potrebbe avere effetti tossici anche questi livelli, poiché si accumula in alcuni organi e tessuti (soprattutto rene e gonadi).
Si prospetta di grande interesse l’impiego delle attrezzature PIXEdei Sandia Laboratories di Albuquerque,USA presso i quali lavorerànei prossimi mesi un componente del nostro gruppo che già si trova sul posto da circa due anni.
Risultati parziali attesi
Dalla prima fase ci sia attende soprattutto una messa a punto assai precisa della preparazione dei bersagli per le misure mediante le tecniche PIXE e XRF, che sarà resa possibile dal confronto con i risultati ottenuti mediante spettroscopia.
Da ricordare che la spettroscopia, specie con la tecnica FI-(VG)-ICP-MS ovvero Flow Injection-(Vapour Generation)-Inductively Coupled Plasma- Mass Spectrometer, che si intende utilizzare presso laboratori esterni, è molto collaudata ed affidabile; tuttavia è costosa, e consente di dosare un singolo elemento alla volta, mentre con PIXE ed XRF si può avere la rilevazione ed il dosaggio simultaneo di tutti gli elementi oggetto dell’indagine, oltre che la loro disposizione superficiale (PIXE microbeam).
Pertanto, queste ultime tecniche si prospettano assai idonee ad indagini anche su vasta scala e per un gran numero di elementi.
Ci si attende inoltre una prima valutazione sull’utilità del confrontotra quadri istologici e mappe degli elementi ottenuti con PIXE microbeam.
Si otterranno anche utili indicazioni se la saliva sia un mezzo idoneo per rilevare metalli rilasciati da restauri o protesi endorali, argomento che è tuttora oggetto di discussione.Si ritiene di poter raccogliere una quantità sufficiente di dati per stabilire:
-quali siano le migliori condizioni di impiego delle apparecchiature a fasci di particelle e raggi X utilizzati, ed i relativi limiti di rilevazione per gli elementi studiati.
– se avviene, ed in che misura, passaggio di metalli dai dispositivi protesici/restaurativi nei tessuti adiacenti, negli organi e nei fluidi biologici.
-in base ai risultati ottenuti, il rischio biologico correlato alle caratteristiche di tossicità dei metalli studiati ed alle relative concentrazioni.
– a mezzo della mappatura PIXE microbeam, se l’eventuale presenza di metalli sia dovuta a fenomeni di diffusione uniforme, oppure a distacchi più o meno parcellari di materiale dalla superficie. Ques’ultima indicazione potrà essere utile per suggerire quali rivestimenti e morfologie di superficie siano più affidabili per gli impianti endossei.
-se esista una correlazione tra alterazioni tissutali, evidenziabili in microscopia ottica, ed accumulo di metalli rilevato con le mappe PIXE microbeam.
Durata 24 mesi
Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
Sono stati descritti ed ipotizzati vari effetti avversi derivanti da metalli ampiamente utilizzati in campo odontoiatrico, in particolare dal mercurio contenuto negli amalgami, il nichel, il cromo, l’alluminio ed il vanadio presenti in numerose leghe per uso protesico ed implantologico. Per quanto concerne l’amalgama d’argento e i possibili effetti negativi del mercurio, le ricerche sin qui eseguite hanno portato a risultati discordanti.
In ratti sottoposti ad inalazione di limatura di amalgama per un’ora (proveniente dal fresaggio di un blocco dimateriale) si sono riscontrate alterazioni renali, ed accumulo del mercurio nel rene e nei testicoli (Musajo e Coll., 1988).
Seidler e Coll. (1996) hanno studiato oltre 1.000 pazienti affetti da morbo di Parkinson in Germania, analizzando le loro abitudini alimentari e l’ eventuale esposizione a sostanze tossiche. A detta di questi Autori, vi sarebbe una correlazione statisticamente significativa tra ricostruzioni dentarie in amalgama e malattia di Parkinson, nel gruppo di pazienti in esame.
Il contenuto di Hg nelle urine sembra essere un indicatore più attendibile rispetto al tasso ematico, in quanto il mercurio tende a concentrarsi nei reni.
Anche la valutazione quantitativa di questo elemento nella saliva è da ritenersi di estrema utilità. Alcune ricerche, infatti, hanno evidenziato una correlazione tra numero ed estensione dei reaturi dentali in amalgama e livelli di Hg salivare (Lygre et al., 1999); si è visto, inoltre, che alla rimozione di restauri in amalgama, dopo un breve transitorio periodo di aumento, segue un decremento dei valori di Hg salivare (Bjorkman et al. 1997).
Riguardo l’assorbimento di mercurio da otturazioni dentali, il quantitativo giornaliero è stato stimato in 4 – 19 mcg /die (Weiner e Nylander, 1995); tuttavia, misurazioni eseguite in un modello di bocca artificiale, hanno evidenziato che l’assorbimento giornaliero di Hg sarebbe valutabile in circa 0,03 mcg /die (Berdouses e Coll., 1995), valore irrisorio, soprattutto considerando che il TLV (Threshold Limit Value), ovvero valore soglia limite per il mercurio, secondo gli standard degli Stati Uniti, è pari ad 82,29 mcg /die.
Halbach (1995) stima che l’assorbimento di mercurio da amalgama non superi i circa 5 mcg /die, e ritiene che comunque un quantitativo almeno pari o superiore sia assunto quotidianamente con i cibi.
Schulte e Coll. (1994) hanno descritto che in un campione di giovani tra i 3 ed i 15 anni i portatori di amalgama hanno un’escrezione urinaria di Hg di circa 0,70 mcg /l al giorno, contro i circa 0,17 mcg /l dei non portatori.
Questi risultati sono in accordo con quelli di Begerow e Coll. (1994), i quali hanno constatato che con la rimozione di restauri in amalgama l’escrezione urinaria di mercurio si riduce di circa 5 volte, a distanza di un anno.
Tuttavia Ulukapi e Coll. (1994), che hanno valutato l’escrezione urinaria di Hg in bambini portatori di amalgami, concludono che il metallo è al di sotto del limite di rilevabilità.
E’ quindi certo che si liberi mercurio da ricostruzioni in amalgama, ma non vi sono conclusioni univoche sugli eventuali effetti che ciò potrebbe causare.
Nel ratto, si può indurre una stomatite da contatto, dopo aver sensibilizzato gli animali con cloruro mercurico (Warfvinge e Larsson,
1994).
Talora, non frequentemente, vi può essere ipersensibilità al mercurio contenuto nelle otturazioni.Un simile caso con reazione cutanea è stato descritto da Ulukapi nel 1995.
Reazioni lichenoidi della mucosa orale sono guarite in oltre il 60% dei casi dopo la rimozione di restauri in amalgama, addirittura nel 92% se il materiale era a diretto contatto con la lesione (Henriksson e Coll., 1995).
L’ amalgama è sospettato di essere un possibile agente eziologico della sclerosi multipla (Ingalls, 1983, 1986). Tale ipotesi era stata avanzata anche in base allo sviluppo, statisticamente non atteso, di qualche decina di casi di questa malattia in una località degli Stati Uniti, dove si riteneva vi fosse inquinamento ambientale da piombo e mercurio. Successive ricerche hanno segnalato che alcuni parametri clinici di soggetti colpiti da sclerosi multipla risultavano maggiormente deteriorati nei portatori di amalgama rispetto a non portatori, o malati in cui l’amalgama era stato rimosso (Siblerud e Kienholz, 1994).
Vi sono sospetti che il mercurio dell’amalgama sia implicato nella genesi della sclerosi laterale amiotrofica. Mano e Coll. (1994) hanno rilevato un più alto contenuto di questo metallo nei soggetti colpiti dalla malattia, avanzando l’ipotesi che come concausa vi fosse anche un basso contenuto di selenio, che riduce la tossicità del mercurio.
Alcuni Autori (Pleva, 1994; Lorscheider e Coll., 1995) sostengono, dopo aver esaminato la letteratura in materia, che l’amalgama non può essere ritenuto un materiale sicuro.
Tuttavia Levy (1995), anch’egli dopo disamina della letteratura, sostiene come i benefici dell’amalgama siano di gran lunga superiori rispetto ai potenziali, e secondo lui mai ben accertati rischi.
Anche la diffusione di componenti metallici da parte di impianti dentari endossei è tuttora oggetto di studi, che hanno portato a conclusioni non univoche. Questa tematica, oltre che per l’odontostomatologia, è di grande interesse anche per l’ortopedia, considerando l’elevato numero di protesi articolari metalliche che vengono inserite ogni anno.
Il titanio, componente primario degli impianti dentari e delle protesi ortopediche, è considerato un metallo dotato di tossicità trascurabile, ma non mancano segnalazioni su di una sua possibile azione cellulare mutagena (Driscoll e Coll., 1997;Hadfield e Coll. 1998), e viene anche descritto un suo effetto inibente lo sviluppo di cellule ossee e fibroblasti in vitro (Wang e Coll., 1997).
Altri metalli spesso contenuti nelle leghe per impianti sono il cobalto, l’ alluminio, ed il cromo; quest’ultimo possiede ben note proprietà tossiche ed oncogene, mentre l’alluminio ha effetti lesivi sulle cellule ematiche e del sistema nervoso centrale (Struys Ponsar e Coll., 2000; Mahieu e Coll., 2000). Il vanadio è un altro metallo spesso presente nelle leghe di titanio, che può avere effetti negativi sull’osteogenesi, segnalati anche per il titanio (Blumenthal e Cosma, 1989).
Sulla diffusione e presenza di metalli nei tessuti e negli organi di animali e pazienti portatori di impianti endossei, i risultati riportati in letteratura sono quanto mai contrastanti, Da un lato vi è chi ritiene tale diffusione trascurabile (Lugowski e Coll., 1991; Rodriguez e Coll., 1999; Bianco e Coll., 1996), dall’altro vi sono ricercatori che segnalano un’evidente presenza di Ti ed altri metalli nei tessuti e nei linfonodi adiacenti ad impianti (Jacobs e Coll.,1998; Ektessabi e Coll., 1996; Ducheyne e Coll., 1984).
Di particolare interesse è la segnalazione di un aumento di tre volte rispetto ai valori normali della concentrazione di titanio nel siero e nelle urine di pazienti portatori di protesi d’ anca, mentre soggetti che avevano ricevuto protesi analoghe in leghe al Cr-Co avevano i valori di questi metalli incrementati da cinque ad otto volte (Jacobs e Coll., 1998).
Ricerche di Schliephake e Coll. (1993) hanno evidenziato particelle di titanio nei tessuti adiacenti impianti sperimentali in animali, ed elevate concentrazioni del metallo nei polmoni.
Peraltro, ricerche di Rodriguez e Coll. (1999), Lugowski e Coll. (1991), e Bianco e Coll. (1996), condotte in animali, portano a risultati diversi, in quanto non si è evidenziato accumulo del titanio nei tessuti perimplantari, nè negli organi, ed i livelli del metallo del siero non si sono innalzati.
La discordanza dei risultati cui sono giunti gli autori che hanno studiato l’argomento, la chiara possibilità di danni biologici derivanti dalla diffusione di metalli nell’organismo, e l’elevato e sempre crescente impiego clinico di impianti dentari e protesi ortopediche, rendono le ricerche sull’argomento di grande interesse ed attualità.
Nostri recenti risultati preliminari di mappature elementali eseguite con PIXE microbeam su tessuti contenti impianti dentari, hanno indicato come si possa distinguere il differente comportamento dei metalli costituenti, riguardo il loro rilascio nei tessuti adiacenti (Passi et al., 2002).
L’immagine seguente, ad esempio, tratta da un nostro studio preliminare, suggerisce come la presenza di cellule giganti (frecce a sn) possa essere correlata all’accumulo di metalli (cromo nella mappa PIXE microbeam a dx) e che tale tema meriti di essere approfondito.
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Il piano è sempre lo stesso, il Genocidio di massa attraverso l’inquinamento chimico anche attraverso le protesi !
– 27/06/2017
Cancerogenicità delle protesi dentarie in metallo.
Ecco un nuovo modo di fabbricare le protesi dentarie in metallo.
Recentemente sono entrate in funzione le stampanti 3d che permettono di realizzare le protesi in metallo “cromo cobalto” tramite polvere sottile – (vedi scheda tecnica del cobalto – scheda tecnica del cromo)
La polvere che si utilizza in queste stampanti è cancerogena per Legge da poco tempo, ma alcune aziende continuano a realizzare centinaia di protesi al giorno, vendendole agli odontotecnici di tutta Italia.
Tesi dottorato Mariotti – AMS Dottorato PDF – 2012 – By A. Mariotti
Membrane cellulari (Langard e Costa, 2007).
In letteratura sono disponibili e per ora relativamente pochi studi che dimostrano la tossicità del cromo trivalente. Recentemente è stato descritto un caso di tossicità da cobalto e cromo, dovuta al rilascio da una protesi d’anca con ioni metallici misurati nel sangue intero, plasma e liquido. Vedi: Tossicita’ delle leghe metalliche
Il rilascio di particelle metalliche (cromo, cobalto) da protesi d’anca metallo / metallo è stato l’argomento di precedente lavoro svolto nel 2008 da Afssaps. (L’agenzia Afssaps e’ divenuta ora ANSM)
Da allora, il produttore DePuy ha rimosso le protesi da anca ASR nel 2010 a causa di un’alta frequenza di reazioni avverse che potrebbero essere correlate a detriti usura del metallo e accompagnato questo ritiro dal mercato da raccomandazioni di follow-up per i pazienti impiantato.
Inoltre, la Commissione europea ha richiesto il parere dello SCENIHR (Comitato scientifico dei rischi per la salute emergenti e nuovi) sulla sicurezza delle protesi dell’anca metallo / metallo.
I dati PMSI del 2012 indicano che 135,400 protesi totali di anca sono state installate in Francia, da altrove, i dati di una coorte di pazienti impiantati con una protesi d’anca mostrano che il 4,4% di le protesi posate tra il 1 aprile 2010 e il 31 dicembre 2011 avevano una coppia di attrito metallo /metallo
Nel dicembre 2014, l’ANSM in collaborazione con la SOFCOT (società francese di chirurgia ortopedica e Trauma) ha aggiornato le sue raccomandazioni per i portatori di protesi d’anca metallo / metallo indicando che le disposizioni di monitoraggio dovrebbero essere perfezionate sulla base della conoscenza della tossicità sistemica particelle di metallo.
Secondo l’ANSM, i rischi locali legati al rilascio di particelle metalliche sono identificati e caratterizzati nella relazione SCENIHR, ma rimane una valutazione dei rischi sistemici. Pertanto, l’attenzione dell’ANSM è focalizzata sui rischi sistemici legati al rilascio di particelle metalliche da protesi d’anca ma anche protesi in genere e gestione di pazienti con protesi in relazione a questi rischi.
Il CSST viene interrogato in merito all’identificazione dei rischi sistemici (effetti sulla salute) correlati al rilascio di particelle impianto di impianti e gestione di pazienti con impianti metallici (necessità di funzione dei risultati biologici)
Ecco alcune aziende che commercializzano protesi al cobalto:
Stryker, la Zimmer e la Biomet
Ecco come producono le polvere sottili di cromo cobalto:
– http://www.ilprogettistaindustriale.it/come-vengono-prodotte-e-da-chi-le-polveri-metalliche-per-la-stampa-3d/
– http://www.ing.unitn.it/~colombo/COBALTO D_AMATO/6.Leghe di cobalto per applicazioni biomedicali.htm
– http://www.lastruttura.it/Products/Laser_sinterizzato.aspxn
– https://www.comufficio.it/site_page_print.php?pgid=404&showTitle=1
Elenco di alcune aziende che commercializzano le polveri e le protesi dentali:
Nel mondo: Companies that market fine cobalt chrome powders
https://www.google.it/search?q=centro+fresaggio+dentale+laser+meltinh&oq=centro+fresaggio+dentale+laser+meltinh&aqs=chrome..69i57.9079j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8
Figura: prodotto commercializzato da: http://sinttech.com/
La polvere viene solidificata da un laser, ma il pezzo finito è ancora granuloso e con lo sfregamento per anni, possiamo solo immaginare che danno possa arrecare alla salute dei portatori di queste protesi.
Inoltre la protesi viene sabbiata con l’ossido di alluminio, per eliminare la rugosità.
Nella scheda di sicurezza della polvere e nel barattolo, ci sono le frasi h, e da poco sono state aggiunte le frasi:
– H350 / Può provocare il cancro.
E non solo, c’è anche:
– H360 / Può nuocere alla fertilità o al feto.
Oltre a quelle che c’erano in precedenza, per i problemi respiratori…