Un Pianeta Verde
Una molecola ci decontaminerà:
Spezzare il legame tra gli atomi dei pesticidi e degli agenti nervini: un nuovo metodo per bonificare siti e oggetti dagli Usa:
http://www.galileonet.it/news/9775/una-molecola-ci-decontaminara
Corrente elettrica dall’umidità dell’aria – 19/02/2020
Nanocavi proteici prodotti da un batterio possono essere sfruttati per creare, in modo rinnovabile ed economico, deboli correnti elettriche assorbendo l’umidità dell’aria: lo dimostra un nuovo dispositivo che potrebbe già trovare applicazione nelle piccole apparecchiature elettroniche
Creare elettricità dall’umidità presente nell’aria: è quanto riesce a fare un una nuova tecnologia basata su una proteina naturale, sviluppata da un gruppo di ricercatori dell’Università del Massachusetts ad Amherst, negli Stati Uniti guidati da Derek Lovely e Jun Yao.
Il dispositivo, battezzato Air-gen e descritto in un articolo apparso sulla rivista “Nature”, ha dalla sua numerosi vantaggi: funziona anche con bassi livelli di umidità atmosferica, non inquina, è rinnovabile ed economico, e potrebbe perciò avere implicazioni significative per il futuro della produzione di energia senza emissioni.
La realizzazione dell’Air-gen è frutto di una collaborazione interdisciplinare e arriva dopo una lunga serie di sperimentazioni. Lovley ha scoperto il batterio del genere Geobacter nel fiume Potomac, sulla costa atlantica degli Stati Uniti, più di 30 anni fa. In laboratorio, poi il suo gruppo ne ha verificato la capacità di produrre nanocavi proteici elettricamente conduttivi. Da qui l’idea di usarli per realizzare dispositivi elettronici.
“Abbiamo notato che se i nanocavi venivano messi in contatto con due elettrodi in un certo modo, si generava una corrente”, ha sottolineato Xiaomeng Liu, coautore dell’articolo. “Abbiamo poi scoperto che l’esposizione all’umidità atmosferica era essenziale e che i nanocavi proteici assorbivano l’acqua, producendo un gradiente di tensione attraverso il dispositivo.”
In pratica, spiegano i ricercatori, il dispositivo richiede solo un sottile film di nanocavi di meno di 10 micron di spessore, che viene posto a sandwich tra due elettrodi. Il film assorbe il vapore acqueo dall’atmosfera e, per effetto di una combinazione di chimica superficiale dei nanocavi, conducibiltà elettrica e porosità all’interno del film, si stabiliscono le condizioni per la generazione di una corrente elettrica tra i due elettrodi.
“Possiamo letteralmente produrre elettricità dal nulla”, ha aggiunto Yao. “L’Air-gen genera energia pulita 24 ore al giorno sette giorni su sette.
All’attuale stadio di sviluppo, Air-gen è in grado di alimentare piccoli apparecchi elettronici, e potrebbe trovare applicazione per esempio negli smartwatch o nei dispositivi indossabili che rilevano i parametri corporei, o ancora in orologi da polso o telefoni cellulari che funzionerebbero senza necessità di una carica periodica.
In progetto c’è però anche di sviluppare dispositivi di dimensioni maggiori per generare energia elettrica per diversi usi, anche in luoghi sperduti e con una bassa umidità, come i deserti. Rispetto ad altre fonti rinnovabili, Air-gen non necessità di condizioni ambientali favorevoli di insolazione e di vento, e può funzionare anche al chiuso. (red)
Tratto da: lescienze.it
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PIATTAFORMA ECOLOGICA (Italy):
http://www.asml.it/amb_piat.html
www.Greenplanet.net
Sito contro l’intossicazione dei bambini: http://www.ewg.org/
La SECONDA LEGGE dell’ECOLOGIA
”La legge sottolinea che in natura non esiste “lo spreco”. In ogni sistema naturale, ciò che viene eliminato da un organismo, come rifiuto, viene utilizzato da un altro come cibo. …
Niente scompare. Si ha semplicemente un trasferimento della sostanza da un luogo all’altro, una variazione di forma molecolare che agisce sui processi vitali dell’organismo del quale viene a fare parte per un certo tempo. …Una batteria contenente mercurio viene usata e quindi “gettata via”.
Ma dove va realmente a finire ? Prima trova ospitalità in una pattumiera, poi viene raccolta e bruciata in un inceneritore. Qui il mercurio si riscalda e si trasforma in vapori che raggiungono l’atmosfera. Supponiamo che questo mercurio finisca in un lago di montagna; esso si condenserà finendo sul fondo, dove verrà attivato dai batteri e convertito in mercurio metile, sostanza solubile che può essere ingerita dai pesci. Il pesce, non sapendolo metabolizzare, lo accumulerà nei propri organi e nella carne. Poi verrà pescato e mangiato dall’uomo, divenendo parte dannosa del suo organismo.
Una delle cause principali dell’attuale crisi ambientale è dovuta al fatto che grosse quantità di materia prima sono state sottratte alla terra, trasformate in nuove forme e scaricate nell’ambiente, senza tenere conto della legge che “ogni cosa finisce da qualche parte”.
Troppo spesso il risultato è l’accumularsi di quantità dannose di sostanze in luoghi non prescelti dalla natura come loro ultimo destino”
By Barry Commoner, Il cerchio da chiudere, Milano, 1977, pp 47-48
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SOLUZIONI LOCALI per un DISORDINE GLOBALE
Questo documentario di Coline Serreau non è solo un documentario “ecologista”, ma vuole mostrare le recenti ed attuabili soluzioni a un’appropriazione della catena alimentare che è una minaccia incombente oltre che per la salute ed il pianeta, anche per la libertà individuale e collettiva.
La regista incontra in tutto il mondo persone che si adoperano per mettere in pratica le proprie soluzioni ai disordini ambientali voluti dagli imperi finanziari dominanti.
Fra i protagonisti: Vandana Shiva, Pierre Rabhi, Lydiae Claude Bourguignon, il Movimento Lavoratori Senzaterra, Kokopelli, M. Antoniets , Ana Pradeshi, Philippe Desbrosses, Joao Pedro Stedile, Serge Latouche, Devinder Sharma, Laurent Marbot, ecc.
“Con questo film, mostro che ci sono in tutto il mondo, persone che, senza saperlo, fanno la stessa cosa, che hanno la stessa filosofia di vita e le usano le stesse pratiche con la Madre Terra.
Evidenziare l’universalità di soluzioni, così come la loro semplicità, questo è il vero scopo del film.” Coline Serreau
NOTE TECNICHE: attivare con il pulsante cc (captions) i sottotitoli in italiano realizzati per l’edizione.
Ripreso da:
http://www.oggitreviso.it/disordine-soluzioni-di-coline-serreau-85831
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STATO dei FIUMI Italiani
Pubblicato da Legambiente e Corpo Forestale il dossier 2006 sullo stato dei fiumi italiani, e sul controllo delle illegalità:
http://www.lanuovaecologia.it/documenti/fiumi e legalita.doc
(clicckare “annulla” alla richiesta di password)
Riassunto del Dossier e Commenti:
Sui nostri fiumi, ogni giorno, vengono commessi 4 illeciti: sono 5.000 i reati tra il 2003 e il 2005, 4.053 amministrativi e 991 penali.
Pesca illegale, captazioni, sversamento di sostanze inquinanti delle acque, mancata depurazione degli scarichi civili e industriali, furto di ghiaia e inerti dagli alvei e abusivismo edilizio lungo le sponde: ecco i principali nemici degli ecosistemi fluviali e delle tante economie locali eco-sostenibili che vi convivono.
Nel Lazio, in Abruzzo e in Toscana la situazione più pesante per i fiumi, con rispettivamente 870, 848, 476 illeciti accertati dal Corpo forestale dello Stato nell’ultimo triennio. Illegalità commesse da pochi che rischiano di pregiudicare per sempre un bene di tutti, ecosistemi fluviali che rappresentano luoghi di altissimo pregio paesaggistico e naturalistico. E parliamo soltanto di quegli illeciti che sono stati accertati dal Corpo forestale dello Stato, senza tenere conto di quelli accertati dalle altre forze di polizia che concorrono alla salvaguardia dei fiumi e senza contare le regioni autonome e a statuto speciale.
«I fiumi sono ancora troppo spesso considerati una terra di nessuno – spiega Roberto della Seta, presidente di Legambiente – a volte un vero e proprio far west dove cittadini incivili, amministrazioni poco attente, ma anche la criminalità organizzata, si accaniscono contro l’ambiente. Le tante illegalità lungo i fiumi – continua della Seta – confermano ancora una volta l’assoluta necessità di introdurre i reati contro l’ambiente nel codice penale, con l’inasprimento delle pene e delle sanzioni per le illegalità contro un ecosistema da troppi considerato secondario e sacrificabile. Il C.f.S. sta realizzando un lavoro importante di controllo del territorio e di repressione dei
reati – conclude della Seta – ma tutti devono fare di più, a partire dagli enti locali, con più puntuali ed attente istruttorie, controlli e verifiche sulle concessioni autorizzate, come ad esempio per le captazioni e per le escavazioni in alveo».
117.000 controlli sul territorio dal 2003 al 2005, più di 100 al giorno, e 67.836 su persone, quasi 2.000 ogni mese: sono questi i numeri dell’impegno del Corpo forestale dello Stato nel controllo dei territori fluviali. Un’opera complessa e gravosa visto l’immenso reticolo di fiumi, torrenti, laghi e ambienti lagunari che il nostro Paese conta, con tratti spesso difficilmente raggiungibili e lontani
dalle aree antropizzate. Grazie a questa meticolosa attività sono stati effettuati dal C.F.S. quasi 600 sequestri amministrativi e penali, sono stati identificati e denunciati più di 700 “criminali fluviali”, arrivando all’arresto di sette persone. Quasi un miliardo e quattrocentomila euro sono stati notificati per illeciti amministrativi lungo i fiumi e i laghi, con più di 4.000 multe effettuate dal Corpo forestale dello Stato nelle acque interne dal 2003 al 2005.
«Per la Forestale difendere i corsi d’acqua dalle continue aggressioni dell’illegalità – spiega Cesare Patrone, capo del Corpo Forestale dello Stato – non può che rappresentare una delle nostre priorità. Si tratta di ecosistemi tanto delicati quanto preziosi – continua Patrone – dove la dinamica delle acque porta lontano i problemi destabilizzando anche altri ecosistemi, spesso molto lontani come le coste e i mari. La Forestale quotidianamente effettua controlli sui fiumi, contrasta gli sversamenti abusivi, le discariche illegali e l’abusivismo edilizio in territori sensibili per proteggere la flora,
la fauna e gli ecosistemi nel loro complesso. Ma anche per garantire ai cittadini spazi recuperati al degrado per una piena e positiva fruibilità e per salvaguardare quelle economie locali eco-compatibili che sui fiumi vivono. Un’azione mirata ed efficace – conclude Patrone – che non può prescindere dalla collaborazione tra Istituzioni, cittadini e associazioni ambientaliste».
Lungo i fiumi italiani, ancora su un tratto, il 21%, si rileva uno stato di salute delle acque negativo. Nel Lazio la situazione più pesante, con solo la metà delle stazioni di monitoraggio che rilevano un stato di salute positivo, subito seguita da Sardegna e Sicilia (41%) ed Emilia Romagna (37%). Tra i 20 più grandi fiumi che attraversano l’Italia per quasi 5.000 chilometri, bollino rosso al Simeto in Sicilia, con solo il 20% delle acque qualitativamente positiva, al Reno che attraversa Toscana ed Emilia (66% negativo) e dell’Arno (44%). Grave anche la situazione in cui versa il Tevere con un terzo delle stazioni di monitoraggio che segnalano una qualità delle acque che non raggiunge la sufficienza.
Un monitoraggio della qualità delle acque dei nostri fiumi che conferma come ancora oggi gli ecosistemi fluviali siano messi a dura prova dagli scarichi non depurati delle case e delle attività produttive, se non addirittura, da sversamenti deliberati di sostanze e rifiuti tossici nelle acque interne.
Azioni che possono anche avere serie ripercussioni sulla salute umana e sull’economia zootecnica su cui molte comunità vivono, come è emblematicamente e drammaticamente accaduto nel Lazio sul fiume Sacco.
A questo si aggiunge il comportamento incivile di troppi cittadini che trasformano i nostri preziosi corsi d’acqua in vere e proprie pattumiere.
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I Termovalorizzatori uno SPRECO inutile e DANNOSO, vedi: YouTube – termovalorizzatori per morire
Il termine termovalorizzatore non esiste – Trattasi di Inceneritori: è stato coniato in Italia ma è un termine improprio in quanto un inceneritore produce energia in passivo (è più quella spesa per il processo che quella ottenuta) quindi non valorizza.
Il termine è stato coniato per non evocare la parola “cenere”.
L’Italia è una specialista in conio di parole DISINFORMANTI
Ecco dei video molto belli da visionare:
https://www.facebook.com/watch/?v=1524341394376558
https://www.facebook.com/argolands/videos/1524341394376558/
Alleluia, video musicale:
https://www.facebook.com/DanieleVitaleSax/videos/280658763134265
Sonori musicali degli indiani d’america:
https://www.facebook.com/watch/?v=3288894074519923&extid=GPtZLTCOhJxy8dQa
Soluzioni/consigli per la casa:
https://www.facebook.com/watch/?v=283960019502283&extid=fsM3wIoq7iTozFGM
Visionate questo Video, parla un magistrato italiano:
Leggete quanto trovate su questo sito: www.nocensura.com
L’Aids è la cosiddetta malattia chiamata Sindrome Da Immunodeficienza Acquisita, ma con che cosa ?
Al 99%, con le VACCINAZIONI effettuate negli anni 1970 nelle nazioni del Centro Africa, si sono indebolite immunitariamente milioni di persone che successivamente negli anni 1980 si sono ammalate di Aids, per via della sommatoria di cofattori ai Vaccini che sono immunosopressori = immunodepressione generata dai vaccini + malnutrizione + scarsa igiene !!
Il virus HIV (se esiste e se non esiste lo si crea…) è solo un depistaggio dalla realtà dei fatti e per avere guadagni dai brevetti sui test inaffidabili….e sulla vendita dei successivi farmaci…
Nel 2006 ormai nel mondo vi sono quasi 50 milioni di individui ammalati (dati OMS) ed il 75% è in Africa……ma altre nazioni dell’africa + quelle di altri paesi del sud del mondo (quelle occidentali sono state già vaccinate – in esse quelli piu’ a rischio sono coloro che utilizzano droghe, farmaci ecc. – ma la stragrande maggioranza della popolazione occidentale non ha problemi di malnutrizione, né di scarsa igiene, come le popolazioni dei paesi del terzo mondo e quindi la malattia (aids) produce meno casi, invece in Africa e nei paesi del terzo mondo, si è propagata nei soggetti per via delle difese immunitarie rese labili dai Vaccini delle campagna vaccinali della OMS & affiliate, in soggetti malnutriti e con scarsa igiene.
In quelle stesse nazioni negli anni 1980 – 1990 è “nata” anche Ebola, una malattia degenerativa MORTALE, ed altre ne continueranno a nascere..! Questa guerra batteriologica contro le popolazioni, che proliferano troppo rispetto alla razza bianca…..è stata studiata a tavolino, per mantenere i neri sotto il dominio delle multinazionali di Farmaci e Vaccini, in mano alla razza bianca……gestita da BIG PHARMA ?
Sperma inquinato…..
https://www.peacelink.it/ecologia/a/48242.html#.YAAhrz4jAGo.facebook
Video su l’EQUILIBRIO DELICATO del PIANETA e della SALUTE
IN 40 ANNI, DANNI IRREPARABILI al SISTEMA TERRA.
I VERTEBRATI RIDOTTI di un TERZO. A RISCHIO un QUARTO delle PIANTE
Italy, Roma, 11/05/2010: “Troppe persone si illudono che si possa fare a meno della biodiversità, o che comunque il problema possa attendere. Niente di più falso !”
Così l’On. Scilipoti (IDV), in riferimento ai sistemi naturali che sostengono l’economia globale. “Il sistema di supporto del nostro pianeta, che regge la vita di 6 miliardi di esseri umani (9 miliardi nel 2050), sta dirigendosi verso un punto di non ritorno: la deforestazione selvaggia, l’impoverimento dei suoli, la pesca eccessiva, la modifica degli habitat, la distruzione delle barriere coralline e, in generale, la dispersione del patrimonio biologico delle specie animali e vegetali, cominciano ad avere un peso considerevole nell’economia”. Continua il deputato di Italia dei Valori: “Aggiungiamo al tutto l’inquinamento, i consumi eccessivi, gli aumenti demografici, i cambiamenti climatici e avremo una ricetta davvero ben condita”.
Conclude l’On. Scilipoti (IDV); “Fermiamo questa vorticosa e pericolosissima estinzione. L’essere umano deve tornare ad essere ecocentrico”.
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“IL GENERE UMANO NON VUOLE GUARDARE AVANTI, VERSO QUEL BARATRO CHE LO STA PER INGHIOTTIRE”
“Poiché sono uno dei pochi che hanno avuto il privilegio di osservare questo piccolo, magnifico pianeta dal buio dello spazio, sento profondamente l’esigenza di unirmi a coloro che auspicano una nuova visione per il futuro e un rinnovato impegno per la gestione oculata del nostro pianeta. Stando al di sopra della fascia protettiva dell’atmosfera, si può osservare meglio il progressivo degrado dei sistemi ecologici dai quali tutte le specie dipendono per la loro sopravvivenza.
Da quella prospettiva, e con l’ausilio di dati ricavati da quattro decenni di attività spaziale, appare chiaro che la popolazione della Terra segue una rotta ormai insostenibile. Il genere umano, impegnato in una miriade di conflitti legati a questioni di scarsa importanza, si ostina a non voler guardare avanti, verso il baratro che sta per inghiottirci tutti.
Continuiamo a ragionare dal punto di vista dei nostri valori culturali tradizionali, rifiutandoci di considerare la nostra situazione da una prospettiva globale più ampia e di prendere le misure necessarie per creare una civiltà più tranquilla e armoniosa a nostro reciproco vantaggio, misure che prevedono alcuni cambiamenti difficili da accettare nel nostro stile di vita.
By Edgar Mitchell
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Iniziare a COMPRENDERE il NOSTRO RUOLO sulla TERRA e nell’UNIVERSO
Negli ultimi venti anni gli scienziati hanno formulato un numero significativo di concetti che, se collegati fra loro e applicati al metaproblema prospettato dalla teoria dell’evoluzione generale e dei sistemi, ci presentano una concezione radicalmente nuova della condizione umana e del posto che occupiamo nel cosmo.
Mi riferisco agli esperimenti della fisica quantistica che dimostrano la non-località (nel senso di interconnessione) a livello di particelle subatomiche; all’olografia quantistica, che estende questa concezione agli oggetti in macroscala; e agli studi sulla teoria del caos, che suggerisce la ripetizione di alcune strutture fondamentali in scala, dal microscopico al cosmico.
Inoltre, la teoria del caos e la teoria dei sistemi complessi suggeriscono la presenza di semplici anelli di retroazione che organizzano le strutture di base e i processi della natura nelle forme straordinarie che osserviamo nella materia vivente.
Mi riferisco al lavoro degli astronomi e dei cosmologici, che continuano a scoprire le meraviglie di mondi lontani, e a quello di Ilya Prigogine, il quale ha dimostrato che i processi più elementari che esistano in natura sono quelli non lineari, e non i semplici processi lineari e reversibili che gli scienziati studiano dai tempi di Newton.
Tratto da: noiegliextraterrestri.blogspot.it
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Zanzare e turisti, la trappola mortale per la biodiversità delle Galapagos
In alcuni giornali Italiani del 2009, vengono riferite delle notizie sulle “cause delle malattie” degli animali delle Galapagos attribuendole, falsamente, alle zanzare…mentre non si parla assolutamente dell’inquinamento degli umani nel mondo con le loro navi che sporcano il mare, industrie che veicolano nel mare e nei terreni i loro liquami e scarti tossici, turismo esagerato, insediamenti inquinanti…ecc., quali VERE cause in tutto il pianeta della moria delle specie animali e foriera di malattie nei esseri Viventi.
Questa è la semplice verità, l’inquinamento ambientale, farmacologico (Vaccini e farmaci di sintesi), chimico ed industriale, determinano negli animali, ma anche negli umani, intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni e mutazioni genetiche con i vaccini, che determinano sintomi = “malattie” le più disparate e quindi nel tempo la moria di animali e uomini…
Cio’ grazie all’industria, chimico, farmaceutica, ecc. quali VERI cancri del pianeta.
Questa è la semplice Verità che però NON si vuole comunicare.
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Un enorme oceano di plastica, localizzato nel Nord Pacifico tra le Hawaii e la California, il “settimo (7°) continente”, un immenso spazio di 3,5 milioni di km2 di rifiuti di plastica.
Questo “continente” è 6 volte più grande della Francia che è di 543.965 km2 x 6 volte = Km2 3.263.790 ! e questo continente, osservato per la prima volta nel 1997, continua a crescere.
Gli esperti hanno anche considerato che il trattamento di tale massa di scarto è quasi impossibile (troppo costoso e troppo rischioso)Si deve pertanto aspettare che con il tempo la plastica si disintegri da sola, e ciò avverrà al minimo fra i 500 e massimo 1000 anni, quindi non ne vedremo la fine e neppure i nostri figli o nipoti.
Se si vive lontano dal Pacifico questo problema può sembrare estraneo, ma vi è di più, occorre anche sapere che gli altri mari non sono da meno. Solo nel Mediterraneo, contiamo circa 250 miliardi di micro-plastica, mentre Greenpeace dice che alla scala della Terra, circa 1 milione di uccelli e 100.000 mammiferi marini muoiono ogni anno per ingestione di plastica nel mare. Irrimediabilmente, queste plastiche, si possono trovare anche sulle nostre tavole: ingerita da piccoli pesci che sono presi con il plancton e finiscono nel ventre dei grandi pesci che finiscono nei nostri piatti .
In questo immane disastro nascosto ai piu’, gli ingegneri statunitensi hanno sviluppato una pista interessante. Hanno trovato un modo per trasformare i sacchetti di plastica in carburante, tra cui “biodiesel” o gas naturale.
Lo studio è stato condotto dal Centre for Sustainable Tecnology (Illinois Sustainable Technology Center).
Secondo i ricercatori, l’operazione produce più energia di quanta ne costa e ricicla l’80 % dei prodotti in questione, se i sacchetti di plastica, imballaggi o di altre materie plastiche per uso domestico, vengono riciclati.
Nei soli Stati Uniti, secondo l’agenzia di protezione ambientale, di 100 miliardi di sacchetti di plastica vengono gettati via ogni anno e solo il 13 % viene riciclato. Il resto viene scartato in discarica od in natura e quindi finiscono in laghi, fiumi e mare . Lo studio condotto dal ISTC è una grande notizia, perché, se messo in atto, si riciclerebbe ogni anno miliardi di sacchetti di plastica per fornire l’energia. Tanto meglio !
Questo potra’ aiutare a limitare la crescita dello spaventoso “7 ° continente”.
Tratto da : institutprotectionsantenaturelle.eu
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CIBO, SPRECHI ed ENERGIE RINNOVABILI
– Università di Bologna – Italy, 12/04/2014
Per decenni, prima della crisi attuale, siamo stati così abituati alla crescita economica e allo spreco da non riuscire ad immaginare possibili alternative. Ma è scientificamente assurdo, oltre che in contrasto con il buon senso, pensare ad una crescita infinita in un sistema, come la Terra, che ha risorse «finite» e capacità limitate di accogliere rifiuti.
Fra le risorse di cui abbiamo bisogno, quella più importante è l’energia. Non solo usiamo energia in ogni azione della nostra vita, ma c’è energia nascosta in ogni oggetto che ci circonda. Per fortuna l’energia è anche l’unica risorsa che ci arriva dall’esterno, dal Sole che continuerà a splendere per più di 4 miliardi di anni. Oggi, però, gran parte dell’energia utilizzata viene dai combustibili fossili, una risorsa in via di esaurimento, il cui uso causa danni alla salute e all’ambiente. Quindi, bisogna agire rapidamente su tre fronti: risparmio (che significa non produrre cose inutili e non fare attività inutili), efficienza (che significa usare in ogni caso la minima quantità di energia possibile) e infine sviluppo delle energie rinnovabili (solare, eolica, idraulica e così via). Risparmio ed efficienza sono il contrario di spreco e sono strategie che devono essere messe in atto non solo con riferimento all’energia, ma riguardo l’uso di qualsiasi altra risorsa.
- La dieta.
Lo spreco alimentare non è legato solo al cibo che non viene utilizzato, ma anche, e forse di più, alla dieta. Un kg di grano ha un contenuto energetico di 3500 kcal, fornite per ¾ dall’energia del sole e per ¼, 800 kcal, dai combustibili fossili utilizzati nei lavori agricoli. Per ottenere 1 kg di carne bovina servono però non 800 kcal, ma 40 mila kcal di combustibili fossili. La differenza fra grano e carne, poi, non sta solo nella differente quantità di energia consumata per produrli, ma riguarda il terreno e l’acqua. Considerando che 1 kg di carne fornisce solo la metà delle calorie che fornisce 1 kg di grano, si stima che 1 kcal ottenuta dalla carne richiede circa 100 volte più energia, 15 volte più terreno e 20 volte più acqua rispetto a 1 kcal ottenuta dal grano.
E’ chiaro, quindi, che dovremo orientarci sempre più verso una dieta vegetariana. Negli Usa è in atto una campagna per sollecitare le persone a fare a meno della carne almeno un giorno alla settimana e anche in Cina il governo cerca di disincentivare l’uso di carne. - Competizione tra cibo e biocombustibili.
Per utilizzare al meglio l’energia solare dobbiamo considerare due punti fermi, due dati che non possiamo cambiare: la superficie di terra disponibile, 150 milioni di km2, e la quantità di energia che ci arriva dal sole, in media 170 W/m2.
Circa il 13% del suolo è terreno coltivabile; il resto sono pascoli, foreste, deserti. Il terreno coltivabile non si può ampliare più di tanto per vari motivi, fra i quali la necessità di conservare la biodiversità e gli ecosistemi che forniscono all’uomo servizi insostituibili per il mantenimento della vita sulla Terra.
Il terreno coltivabile è oggi oggetto di competizione fra produzione di cibo e di biocombustibili. Si tratta di un problema che, anzitutto, ha profondi risvolti etici: per riempire di biocombustibile il serbatoio di un Suv si utilizza una quantità di mais che sarebbe sufficiente a nutrire una persona per un anno.
I motivi per i quali si usa terreno fertile per produrre energia sotto forma di biocombustibili sono vari (dai sussidi agli agricoltori a particolari situazioni). Oltre al problema etico, bisogna riconoscere che dal punto di vista energetico usare terreno fertile per produrre biocombustibili non è una scelta giusta, perché il rendimento della fotosintesi naturale – il processo con cui le piante convertono l’energia solare in energia chimica – è bassissimo: 0.1-0.2%.
E’ più conveniente convertire quei 170W di energia solare che cadono in media su ogni metro quadrato di terreno in energia elettrica mediante i pannelli fotovoltaici, la cui efficienza è del 15-20%, cioè circa 100 volte più alta di quella della fotosintesi.
Con l’energia elettrica così prodotta si può ottenere, mediante elettrolisi dell’acqua, un combustibile: l’idrogeno. E’ però ancora più conveniente usare l’elettricità per alimentare direttamente motori elettrici, molto più efficienti dei motori a combustione interna.
I pannelli fotovoltaici, ovviamente, non dovrebbero essere collocati sui terreni fertili, che vanno riservati all’agricoltura, ma sui tetti dei fabbricati o su terreni non coltivati. Non è vero che dovremmo coprire gran parte dell’Italia di pannelli fotovoltaici per produrre energia. Si può calcolare che per fornire tutta l’energia elettrica utilizzata in Italia sarebbe sufficiente ricoprire di pannelli fotovoltaici lo 0.8% del territorio, una superficie poco superiore a quella dei tetti e dei cortili dei 700 mila capannoni industriali o commerciali.
Tratto da: lastampa.itMotori a Magneti per generare energia
Motore magnetico capace di generare 10 KW, vedi QUI:
https://infinitysav.com/ – già in vendita
https://www.youtube.com/watch?v=FAcK0-AcRrc
http://www.magnet4less.com/index.php?cPath=1_133
http://www.lessemf.com/mag-shld.html#274
La Stufa Pirolica (PDF per costruzione): riscaldamento e cucina a basso costo: Lucia Stove & Biochar
Italiano inventa sistema per dimezzare i consumi degli automezzi, ma all’Italia non interessa – 28.nov 2013
Il meccanico Leonardo Grieco ha messo a punto il Kinetic Drive System, che permette alle auto di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore dell’80 per cento. Il Kds, scartato dalle grandi case automobilistiche (tra cui la Fiat), viene montato in alcune carrozzerie svizzere
Si chiama Kinetic Drive System (Kds) e promette di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore dell’80 per cento. L’invenzione porta la firma di Leonardo Grieco, un meccanico di lungo corso di Saltrio (Varese), uno di quelli che si è “guadagnato i galloni in officina – come dice lui stesso -, in anni di lavoro”, sporcandosi le mani oltre ad usare la testa.
Oggi il suo Kds, dopo essere stato brevettato, ha ottenuto dalla motorizzazione svizzera l’autorizzazione ad essere montato sui veicoli e in un’officina del Canton Ticino è già possibile farselo installare per poco meno di 2 mila euro. Per un non addetto ai lavori non è semplice intuirne il funzionamento, ma in buona sostanza il Kds è composto da una centralina che interviene sul meccanismo della frizione. “Una volta accelerata la massa – spiega l’inventore – la macchina resta su un numero di giri ottimale e ad ogni cambio di marcia, grazie a questo sistema si risparmiano 700 giri motore.
Infatti, mentre normalmente si scende al minimo di giri, qui si utilizza il motore soltanto quando dà la coppia migliore, fra i 1700 e i 2300 giri. Praticamente a parte lo spunto iniziale, la macchina viaggia quasi sempre a basso regime, basta dare un colpo di gas ogni tanto e ci si mantiene a velocità di crociera. Il pedale della frizione non c’è e per cambiare si usa solo la mano”.
Il signor Grieco ha montato il sistema su una vecchia Skoda 1900 turbo diesel: “Ho già fatto 50 mila chilometri con questa macchina e i risultati sono sorprendenti. Questa auto, che oggi ha 290 mila chilometri, fa abitualmente attorno ai 500 chilometri con un pieno, da quando ho montato il sistema Kds sono stabilmente sopra i mille”. Al signor Grieco dobbiamo credere sulla parola. Oltre ad aver visto la centralina montata e ad aver percepito il suo vibrante entusiasmo, non abbiamo infatti a disposizione elementi empirici sufficienti ad avvalorare la sua scoperta, se non un breve viaggio di prova da cui effettivamente abbiamo potuto constatare che il pedale dell’acceleratore viene usato davvero poco.
Se quanto promesso fosse vero si tratterebbe di una innovazione sensazionale. Con macchine capaci di percorrere normalmente 50 km con un litro.
Di questa vicenda colpisce anche un’altra cosa: “Questa scoperta potrebbe valere metà del combustibile mondiale – dice Grieco – ci ho speso dieci anni di lavoro e tentativi. Soldi, tempo e impegno. Nessuno ha però voluto darci retta. Nessuno ha voluto vederlo e capirne il funzionamento. Abbiamo scritto alle case automobilistiche di tutto il pianeta: a Marchionne, a Montezemolo, negli Stati Uniti, in Corea, dappertutto. Abbiamo speso un capitale in lettere e raccomandate. Le risposte che ci sono arrivate sono tutte uguali. Hanno tutte lo stesso desolante tenore, ne ho un cassetto pieno”.
Insomma, Grieco ha scritto e presentato il suo Kds alle principali case automobilistiche che hanno sempre risposto alla stessa maniera:
“Ci dispiace tanto, ma la sua invenzione non ci interessa”.
Ma l’inventore del Kds non ci sta: “Questi signori dovrebbero scendere dalle loro scrivanie e toccare con mano, sedersi sulla macchina e provarla prima di dire che non gli interessa. Prima provi, studi, poi mi dici che non funziona. Una bocciatura motivata la posso anche accettare. Ma una chiusura a priori no. Nelle cose, per capirle, bisogna metterci il naso”.
Dal momento che nessuna casa automobilistica ha creduto nel progetto, Grieco ha stretto un accordo con un’officina elvetica che ha accettato di montare il sistema sulle auto svizzere: “Siamo andati alla motorizzazione del Canton Ticino, hanno provato il sistema, hanno verificato le caste e dopo dieci giorni avevamo in tasca l’autorizzazione a montarla. Una cosa simile in Italia, con tutta la burocrazia, sarebbe impossibile”.
Fonte: ilfattoquotidiano.it
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QUANTO COSTA la BIOEDILIZIA ?
Se dovessimo rispondere semplicisticamente dovremmo dire che i materiali della bioedilizia costano mediamente un po’ di più di quelli convenzionali ma, la risposta è necessariamente più articolata.
Una prima considerazione prende spunto da un paragone: la bioedilizia come il biologico alimentare, se è vero che l’alimento biologico costa un po’ di più di quello normale è anche vero che ha un valore nutritivo più elevato e generalmente suggerisce uno stile di vita più sano.
In questo senso anche l’edilizia naturale promuove scelte più essenziali e sostanziali dove vengono ricercate qualità come la traspirabilità di tutte le superfici, l’assenza di esalazioni tossiche dei materiali, il comfort termo-acustico, la gradevolezza al tatto e alla vista dei materiali impiegati.
Possiamo anche paragonare la casa costruita con le tecniche della chimica e del cemento armato ad una casa “malata” da guarire: se in generale si ritiene sia meglio prevenire che curare, prevenire significa costruire in modo sano con la bioedilizia.
Curare la nostra casa costerà di più e i risultati non saranno sempre facili da conseguire.
Non c’è dubbio che la bioedilizia costa meno sul lungo periodo per i danni risparmiati all’ambiente naturale, pensiamo al disastro ecologico di questi giorni sulle coste della Galizia: il petrolio è una delle materie prime più usate dall’edilizia convenzionale e le conseguenze nefaste di un uso eccessivo di questa materia prima sono sotto gli occhi di tutti.
By Enzo Princivalle – Tratto da: artimestieri.com
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Sulla neve con due ruote – Gen. 2014
Mentre si discute sull’inserimento del ‘ciclocross’ tra le specialità delle olimpiadi invernali, presso la base artica del Cnr si eseguono prove tecniche di “pedalata” su neve, a bordo di un prototipo di bicicletta con caratteristiche uniche nel suo genere.
“Il piccolo villaggio di Ny Alesund che ospita la base artica del Cnr ‘Dirigibile Italia’ è un esempio unico al mondo per l’attenzione che il personale scientifico e logistico pone nella difesa dell’ambiente.
Nonostante una rete stradale di pochissimi chilometri, i frequenti spostamenti tra le varie strutture e le condizioni climatiche estreme impongono l’uso di mezzi a motore non sempre ‘green’”, spiega Roberto Sparapani, del Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr e station leader della base artica di Ny Alesund.
“Le due biciclette elettriche a nostra disposizione da qualche tempo hanno permesso di ovviare a questi inconvenienti, consentendoci di raggiungere le postazioni esterne con maggiore facilità e riducendo l’uso della macchina praticamente a zero, anche nei periodi invernali”.
Varie particolarità rendono uniche questi prototipi di bici. “Un telaio progettato in una lega di alluminio resistente alle basse temperature, gomme chiodate e un motore elettrico che permette di raggiungere in pochi secondi la velocità di 25 km l’ora con la pedalata assistita; il tutto per un peso complessivo di circa 20 chili”, precisa Argeo Bartolomei della Argos Engineering, società che ha sviluppato lo speciale modello di bicicletta, in collaborazione con Rig-design e con altre aziende del settore. “Per quanto riguarda la batteria, 90 km di autonomia, stiamo testando un particolare guscio termico dotato di un sistema di preriscaldamento che permette l’utilizzo del mezzo per almeno tre ore in condizioni di temperature estreme, fino a -40 gradi”.
“Le prove sinora effettuate hanno dato risultati incoraggianti, anche nei giorni più freddi la bici ci ha consentito di raggiungere i nostri siti di campionamento mantenendo la carica sufficiente”, conclude Sparapani. “Inoltre, il capiente portabagagli rinforzato ci permette di trasportare comodamente sia le attrezzature da lavoro sia il fucile, necessario in queste zone per proteggersi da possibili incontri con gli orsi della zona”.
By Anna Capasso – Fonte: Argeo Bartolomei, Argos Engineering
– email: abartolomei@argosengineering.it
– Roberto Sparapani, Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr
– email: roberto.sparapani@cnr.it
Ma finalmente nel 2013 abbiamo la prima auto ecologica a celle a combustibile: HHO
La cella HHO è finalmente una realtà commerciale.
Con l’ultima versione del kit hydrogen fuel cells si apre per la nostra automobile (ma non solo) un nuovo capitolo fatto di consumi pressoché dimezzati ed emissioni prossime allo zero.
BREAKING NEWS.
Sappiamo già perfettamente quello che è destinato a succedere dalla pubblicazione di questo articolo in poi: la notizia fa il giro del web in un lampo e il video diventa uno dei più virali di sempre…
Per questo siamo orgogliosi di essere stati vicini a questo progetto, di averci creduto e di poter oggi annunciare da queste pagine un primo passo concreto nel futuro.
ORA.
Un passo che pressoché ognuno di noi potrà fare, poiché la politica dei prezzi scelta dai produttori è tale da far arrivare questa nuova possibilità tecnologica al grande pubblico.
Fig. 1- La cella HHO
Ma facciamo un passo indietro:
BLULAB, un produttore inglese con team ingegneristico italiano, dopo aver perfezionato per lungo tempo la tecnologia HHO Cell studiando kit per varie applicazioni del settore automotive, dalle automobili utilitarie alle ammiraglie, ai camion, alle macchie movimento terra, alle imbarcazioni a motore, ha ora presentato una versione ad alte prestazioni della cella e dell’elettronica di controllo che risolve brillantemente gli inconvenienti ed interrogativi che altri produttori, incamminatisi sulla promettente strada dell’HHO chiamato anche “Ossidrogeno” o “Gas di Brown”, hanno riscontrato nell’ottimizzazione dei parametri di funzionamento, in particolare riguardo al fuel consumption: l’abbattimento del consumo di carburante infatti è un aspetto di prima importanza, che in questo caso viene portato a risultati estremamente brillanti da una modulazione dinamica della miscela in funzione dei regimi, grazie ad una elettronica sofisticata.
Alla base della tecnologia vi è il gas Ossidrogeno che, ottenuto dall’acqua per processo di elettrolisi, ha delle proprietà stupefacenti che ne permettono applicazioni innovative in molti altri settori oltre a quello dei trasporti con veicoli a motore:
– nel riscaldamento degli edifici e nel settore cucina, grazie all’efficienza della fiamma, alla perfezione della combustione esente da fumi e al fatto che non è più necessario lo stoccaggio del gas, che viene infatti generato dall’acqua all’occorrenza.
– nel settore industriale dove i cannelli ad Ossidrogeno permettono saldature e lavorazioni altrimenti impossibili.
– nel settore medicale dove per elettrolisi si ottengono composti ionici con proprietà particolari.
Insomma, grazie alle sue ancora inesplorate proprietà, l’acqua sarà una delle nostre compagne nell’avventura tecnologica del futuro, e la sigla HHO sarà sempre più presente negli oggetti utili del nostro paesaggio quotidiano.
E questo futuro, lo ripetiamo ancora, parte da oggi, è già arrivato, è qui, con un kit di water car conversion di ultima generazione.
Sia che abbiamo una automobile a benzina, che a gasolio o a gas, il nostro meccanico di fiducia potrà sulla base delle specifiche del produttore, installare il kit sulla nostra autovettura, furgone, camion, trattore, mietitrebbia, scavatore, motoscafo.
Quattro argomenti irresistibili renderanno il kit BLULAB, nei diversi tipi per cilindrate crescenti, un componente obbligatorio della nostra mobilità:
– azzeramento delle emissioni inquinanti,
– molta più potenza al nostro veicolo,
– risparmio di carburante (fuel saver),
– recupero estremamente rapido del prezzo di acquisto del sistema.
Aspetti normativi
Per quanto riguarda un risvolto importante di questa applicazione tecnologica, l‘installazione dei kit ad idrogeno non richiede omologa.
Infatti essere installati come economizzatori sicuri ed a norma di legge, relativamente all’omologazione “tipo di autoveicoli alimentati a idrogeno” la modifica alla direttiva 2007/46/CE ha fissato norme armonizzate sulla fabbricazione degli autoveicoli al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno e, al tempo stesso, un elevato grado di tutela della sicurezza pubblica e dell’ambiente.
In sostanza nella normativa allegata al termine dell’articolo è specificato che NON esistono disposizioni che disciplinino il campo della proposta, in pratica non c’è nessuna legge !
Se in campo di trazione non c’è attualmente disposizione di legge, nel campo di generatori di energia elettrica vi hanno pensato; vi sono tantissime installazioni di celle ad idrogeno su generatori ad olio vegetale, tant’è vero che il GSE per detti potenziamenti rilascia i Certificati verdi, vedi D.M. 21/12/2007:
“Approvazione delle procedure per la qualificazione di impianti a fonti rinnovabili e di impianti a idrogeno, celle a combustibile e di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento ai fini del rilascio dei certificati verdi” (G.U. 19/01/2008, n. 16, S.O.)
I certificati devono corrispondere ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone ecc.) perché impiega “fonti rinnovabili”.
In Italia i certificati verdi sono emessi dal GSE su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili.
I Certificati Verdi sono stati introdotti dal decreto di liberalizzazione del settore elettrico noto come Decreto Bersani.
Il decreto di attuazione della direttiva 96/92/CE stabilisce che i produttori possano richiedere i certificati verdi per 8 anni (per impianti entrati in servizio o revisionati dopo l’aprile del 1999) e per 15 anni per impianti successivi al 31/12/2007 (norma in finanziaria 2008).
I certificati verdi permettono alle imprese che producono energia da fonti convenzionali (petrolio, carbone, metano, eccetera) di rispettare la legge che obbliga ogni produttore o importatore di energia a usare fonti rinnovabili per il 2%.
A partire dal 2004 e fino al 2006, la quota minima di elettricità prodotta da fonti rinnovabili da immettere in rete nell’anno successivo è stata incrementata dello 0,35% annuo. La Legge Finanziaria 2008 ha successivamente previsto che nel periodo 2007-2012, la quota fosse incrementata dello 0,75% annuo.
Secondo quanto disposto dalla legge 244/07, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in impianti entrati in esercizio o ripotenziati a partire dal 1° aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007, ha diritto alla certificazione di produzione da fonti rinnovabili (certificato verde) per i primi dodici anni di esercizio. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in impianti entrati in esercizio o ripotenziati a partire dal 1° gennaio 2008, invece, ha diritto alla certificazione di produzione da fonti rinnovabili per i primi quindici anni di esercizio.
Per gli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007 di potenza nominale media annua superiore a 1 MW e a 0,2 MW per gli impianti eolici, il GSE rilascia i CV per 15 anni, moltiplicando l’energia netta riconosciuta all’intervento effettuato per le costanti, differenziate per fonte, della Tabella 2 della Legge Finanziaria 2008 successivamente aggiornata dalla Legge 23/07/2009 n.99
L’Autorità per l’Energia ha approvato la delibera con la quale si determina il valore medio del prezzo di cessione dell’energia elettrica dell’anno 2012, ai fini della quantificazione del prezzo di collocamento sul mercato dei certificati verdi per l’anno 2013.
Prezzo fissato a 77 euro/MWh.
Video sulla cella a combustibile:
Conclusioni – Concludiamo quindi con una massima…
L’ORO BLU, energia a basso costo, risponde perfettamente alle esigenze della popolazione di quest’epoca, nella quale le persone aspirano ad essere liberi ed indipendenti dall’ORO NERO.
Beh, a questo punto ho da dire una sola cosa:
http://www.blulabresearch.org
By Jervé – Tratto da: iconicom.post.it
5000 Km con 5 litri di acqua
https://www.youtube.com/watch?v=ZrgxJqcAyvA
Da Pordenone la caldaia che non inquina – 16 Feb. 2011
Sono le emissioni da riscaldamento le principali colpevoli dell’inquinamento da polveri sottili.
Ora una giovane azienda di Pordenone, la STP, spin-off dell’AREA Science Park di Trieste, potrebbe avere la soluzione ideale per abbatterle: una caldaia che non richiede combustibili fossili e quindi non inquina.
I ricercatori della STP hanno realizzato una pompa di calore ad alta temperatura (PdC HT), che può produrre acqua calda superiore a 75 °C e può sostituire le attuali caldaie, senza che sia necessario rinnovare completamente il proprio impianto di riscaldamento.
Per valutarne le prestazioni, un primo prototipo funzionante è stato installato in un comprensorio scolastico di Pordenone. Risultato: la pompa di calore si è dimostrata in grado di riscaldare la palestra e gli spogliatoi dell’istituto, producendo circa 115 kW di potenza effettiva, superiori ai 100 kW preventivati dall’azienda prima della sperimentazione. Inoltre, il 70 per cento dell’energia necessaria è di tipo rinnovabile, con un forte impatto ecologico sul microclima urbano. I risultati ottenuti sembrano avvicinare l’obiettivo ultimo della STP: sostituire le caldaie degli impianti tradizionali, per esempio nei condomini, con pompe di calore ad alta temperatura.
La messa a punto della pompa di calore ad alta temperatura rientra nell’ambito del progetto ENERPLAN del parco scientifico triestino per la produzione e l’uso efficiente dell’energia, cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
By Massimiliano Razzano
Il respiro di Madre Natura, la Terra, video
Le pile del futuro saranno inesauribili
Su “Science” la realizzazione di un micro-ultracapacitatore tre volte più efficiente di quelli oggi disponibili. E sottile come un capello. Batterie tradizionali addio ? Magari non oggi, ma in un futuro non troppo lontano potrebbe essere possibile dimenticarci delle care vecchie pile.
Un gruppo di ricerca della Drexel University (Philadelphia, Usa) ha messo a punto un micro-ultracapacitore costituito da un sottile film di carbonio in grado di immagazzinare molta più energia rispetto ai materiali ultracapacitori oggi disponibili. Non si sono ancora raggiunti i livelli di una normale batteria, ma la vita di questi dispositivi è virtualmente illimitata e possono essere costruiti direttamente sulle superfici degli oggetti. Lo studio è stato pubblicato su Science.
Gli ultracapacitori sono batterie che possono essere ricaricate centinaia di migliaia di volte e in breve tempo. Ciò è possibile perché, per generare energia, non sfruttano reazioni chimiche destinate a esaurirsi. Tuttavia, al momento questo tipo di dispositivi riescono a immagazzinare quantità di energia molto limitate. Insufficienti, per esempio, ad alimentare un computer portatile.
Ora però, gli ingegneri statunitensi hanno trovato il modo di triplicarne l’efficienza grazie a un sistema simile a quello utlizzato per la realizzazione dei chip, brevettato dalla startup Y-Carbon.
Tale sistema sfrutta la deposizione chimica da vapore. In pratica, i ricercatori hanno depositato un sottile film di carburo di titanio (ovvero un composto di carbonio e metallo) su una superficie di silicio. Successivamente hanno rimosso il titanio ottenendo uno strato poroso di carbonio. “A questo punto del processo, il film è una spugna molecolare dove ogni atomo di metallo ha lasciato un buco”, ha spiegato l’ingegnere a capo del progetto Yuri Gogotsi, che in questo modo è riuscito ad aumentare la superficie in cui la carica può essere accumulata.
Gli studiosi hanno poi completato l’opera ponendo due elettrodi metallici sulle superfici della lamina di silicio e aggiungendo un liquido elettrolita per trasportare le cariche fuori e dentro il dispositivo. Il miglior risultato sembra raggiunto quando il film è sottile 50 micrometri, quasi come un capello umano.
Secondo Gogotsi, teoricamente non c’è alcun limite alla dimensione di questo tipo di ultracapacitori. Una considerazione importante se si pensa al loro potenziale impiego nel settore delle energie rinnovabili, dove il problema maggiore è avere dispositivi che permettano di immagazzinare energia in modo veloce, efficiente e a lungo termine. I nuovi ultracapacitori possono infatti essere costruiti direttamente sulle celle fotovoltaiche, per conservare l’energia in eccesso accumulata durante il giorno. Anche il vantaggio per l’ambiente è in teoria enorme: si riducono notevolmente gli stock di batterie che necessitano di essere smaltite. (m.s.)
Fonte: Science DOI: 10.1126/science.1184126
– Tratto da galileonet.it
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La IBM sta sviluppando un prototipo di batteria a litio-aria che fa a meno di metalli pesanti. Il nuovo tipo di batteria è attualmente in fase di sviluppo e potrebbe fornire l’alimentazione ad auto elettriche tanto da farle viaggiare per ben 800 chilometri prima di dover essere ricaricate, erogando circa 10 volte l’energia fornita dalle attuali batterie agli ioni litio.
La prospettiva di una fonte di energia ad aria, che sia leggera e di lunga durata per la prossima generazione di veicoli è allettante, se solo qualcuno riuscisse a costruirne un prototipo. Il fatto è che ci sono diversi “posti di blocco” sulla strada verso queste batterie a litio-aria, soprattutto per quanto riguarda la ricerca di elettrodi ed elettroliti che siano sufficientemente stabili per la chimica della batteria ricaricabile.
L’IBM prevede di adottare batterie a litio-aria con la costruzione di un prototipo funzionante entro la fine del prossimo anno. Venerdì la società ha annunciato di aver intensificato gli sforzi per il loro sviluppo grazie al coinvolgimento di due società giapponesi – l’azienda chimica Asahi Kasei Corp e il produttore di elettroliti Central Glass – nell’IBM Battery 500 Project, un consorzio creato dalla IBM nel 2009 per accelerare il passaggio delle case automobilistiche e dei loro clienti a veicoli ad alimentazione elettrica.
Le batterie agli ioni litio utilizzate negli attuali veicoli elettrici si basano su un catodo in ossido metallico o fosfato di metallo (generalmente cobalto, manganese o materiali ferrosi) che funge da un elettrodo positivo, su un composto a base di carbonio come anodo, o elettrodo positivo, e su un elettrolita per condurre gli ioni litio da un elettrodo all’altro. Quando la macchina va, gli ioni litio fluiscono dall’anodo al catodo attraverso l’elettrolita e una membrana di separazione. La carica della batteria inverte la direzione del flusso di ioni.
Attualmente le più efficienti batterie agli ioni litio per auto possono alimentare un veicolo per soli 160 chilometri prima di esaurirsi.
(La Nissan afferma che la sua Leaf, completamente elettrica, ha un’autonomia di circa 175 chilometri). Veicoli elettrici molto reclamizzati come la Chevy Volt hanno un’autonomia ancora più limitata, di soli 80 chilometri, prima che il entri in funzione il suo motore a gas.
Anche se tutto questo funziona bene in una simulazione al computer, le batterie a litio-aria hanno nella pratica esigenze specifiche, che gli scienziati stanno ancora cercando di soddisfare. Wilcke stima che le batterie a litio-aria possano essere pronte per la produzione non prima del 2020, «se non troviamo alcun intoppo tecnologico lungo la strada». E aggiunge: «L’unica cosa di cui sono certo è che non accadrà in questo decennio». By Fonte.
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INVENTATA una BATTERIA che FUNZIONA col CALORE dell’AMBIENTE
I ricercatori della Hong Kong Polytechnic University hanno recentemente dichiarato di aver sviluppato una batteria alimentata soltanto dal calore ambientale. La nuova batteria, a base di grafene, convertirebbe l’energia termica degli ioni diffusi in una soluzione acquosa per convertirla in elettricità.
Sembra la soluzione per tutti i problemi di energia delle più disparate periferiche elettroniche attualmente in circolazione, ma la nuova invenzione deve ancora passare dal necessario processo di peer-review per poter essere dichiarata effettivamente funzionante.
Questo, tuttavia, non ci impedisce di fornire una spiegazione di come la nuova batteria dovrebbe funzionare.
Gli ioni non sono materia esotica: si tratta sostanzialmente di particelle elettricamente cariche, che hanno perso o acquisito uno o più elettroni modificando la loro tradizionale configurazione atomica.
In una soluzione acquosa, gli ioni tendono a muoversi a qualche centinaio di metri al secondo in ogni direzione. In questa situazione di normalità, l’energia termica di questi ioni può raggiungere diversi kilojoules per chilogrammo per grado di temperatura; ma fino ad ora nessuno si era mai adoperato per trovare un modo di sfruttare questa energia.
Uno dei primi a farlo è stato Zihan Xu: assieme ai suoi colleghi, ha realizzato una batteria dotata di elettrodi d’argento e d’oro posizionati su una striscia di grafene. è proprio il grafene a fornire la “magia” necessaria per ottenere ciò che non era mai stato ottenuto: questo materiale, costituito da una pellicola spessa solo un atomo, entra in continua collisione con ioni di rame, dispersi in una soluzione acquosa e capaci di strappare un elettrone al grafene.
Gli elettroni scalzati dalle loro orbite si muovono nel grafene a velocità estremamente superiori a quelle registrabili in un normale materiale conduttore di elettricità. Tendono, quindi, ad incanalarsi naturalmente verso il percorso che offre meno resistenza, preferendo il grafene alla soluzione acquosa. Questo flusso di elettroni è ciò che crea il voltaggio della batteria, spiega Xu.
I ricercatori hanno eseguito sperimentazioni sostituendo il grafene con nanotubi di carbonio o grafite, ma i risultati sono stati decisamente scarsi, nell’ordine di qualche microvolt. La capacità del grafene di condurre elettricità decine di volte più efficacemente del rame consentirebbe di ottenere oltre 2 V da una sola soluzione acquosa ospitante sei strisce di grafene.
La tecnologia è sicuramente molto diversa dalle convenzionali batterie al litio. “L’energia emessa da questa batteria è continua e funziona soltanto accumulando l’energia termica degli ioni che ha intorno, teoricamente infinita” spiega Xu.
Il voltaggio prodotto dalla batteria può inoltre essere aumentato riscaldando la soluzione acquosa, o accelerando gli ioni di rame con gli ultrasuoni sfruttando la sonoluminescenza. Tutto ciò che aumenta l’energia cinetica degli ioni è capace di aumentare il voltaggio della batteria.
La batteria non si limita a sfruttare gli ioni di rame: può funzionare con ioni di sodio, di potassio o di carbonio, anche se il voltaggio prodotto è risultato inferiore a quello ottenuto con il rame.
“Il concetto è molto interessante” dichiara Bor Jang del Nanotek Instruments, esperto nella realizzazione di supercondensatori di grafene, “ma saranno necessari ulteriori studi per capire quale approccio possa fornire sufficiente energia o densità di potenza per utilizzi pratici” – Tratto da: antikitera.net
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Vedere nuovi generatori di energia PULITA a basso costo – Bloom Box, il futuro dell’energia verde ?
Una azienda statunitense mette in mostra la sua soluzione energetica per il futuro e preconizza celle a combustibile alla portata di tutti. Denso il segreto, tanti i soldi e qualche nome eccellente a dare credito alla cosa
Roma Apr. 2010 – Le promesse delle unità energetiche basate su celle a combustibile, batterie “verdi” a impatto zero sull’ambiente sarebbero finalmente in procinto di divenire realtà grazie alla ricerca e al business messi in piedi da Bloom Energy. In attesa della presentazione ufficiale della tecnologia, l’azienda californiana ha mostrato in anteprima i suoi “Bloom Boxes” in un recente episodio dello show televisivo della CBS 60 Minutes.
All’apparenza ogni Bloom Box è un oggetto non molto più grande di un mattone: all’interno ci sono l’ossigeno e un combustibile ecocompatibile come gas o bio-combustibile, opportunamente mescolati all’interno delle celle per produrre la reazione chimica necessaria a generare corrente elettrica.
Ogni Bloom Box, dice il CEO di Bloom Energy K.R. Sridhar, costa attualmente tra i 700mila e gli 800mila dollari ma con la produzione di massa si dovrebbe scendere fino ai 3.000 $ per unità.
A quel punto (entro 5-10 anni) ogni casa avrà il suo generatore di energia economico, sicuro e non inquinante, continua Sridhar, a concretizzare una rivoluzione da tempo attesa e sulle cui effettive ricadute la riservatissima società di Sunnyvale (nessuna insegna sull’edificio che la ospita, informazioni quasi inesistenti sul sito web ufficiale) ha sin qui totalizzato 400 milioni di dollari di fondi di investimento e l’interesse dei grandi nomi dell’hi-tech made in USA.
Nel servizio in esclusiva andato in onda sulla CBS, infatti, oltre a (di)mostrare per la prima volta l’esistenza di Bloom Box (e l’apparente conferma del fatto che le celle a combustibile stanno per trasformarsi in un business concreto) viene comunicato che i “mattoni energetici” sono già impiegati da mesi – in test che avrebbero avuto un ampio successo – presso 20 aziende inclusi giganti del calibro di FedEx, Wal-Mart, eBay e Google.
Google ha confermato l’esistenza del test, la sua durata estesa nel corso del tempo e il fatto che nei 18 mesi di funzionamento i Bloom Box impiegati sono stati attivi per il 98% del tempo e hanno generato 3,8 milioni di Kilowatt di elettricità. Sulla stessa lunghezza d’onda si trova anche eBay, secondo le cui dichiarazioni cinque Bloom Box sarebbero stati sufficienti a risparmiare 100mila dollari di costi energetici nel corso degli ultimi nove mesi.
Siamo dunque di fronte all’alba di una nuova rivoluzione ambientale, economica e tecnologica con la presentazione di quello che Sridhar non teme di definire il “Sacro Graal dell’energia pulita” ?
Allo scadere del countdown sul sito ufficiale di Bloom Energy si potrà forse avere qualche indizio.
By Alfonso Maruccia – Tratto da. Punto-informatico.it
Fonte:
http://www.cbsnews.com/video/watch/?id=6228923n&tag=related;photovideo
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La fine della seconda rivoluzione industriale
Il mondo che conosciamo sta cambiando in fretta. Il petrolio sta finendo. L’energia avrà due caratteristiche: sarà rinnovabile, come il sole e il vento, e distribuita.
Ognuno di noi potrà creare la propria energia e metterla a disposizione degli altri in rete.
“Ora, al tramonto [della seconda rivoluzione industriale] ci sono alcune situazioni davvero molto critiche. Il prezzo dell’energia sta drammaticamente salendo e il mercato mondiale del petrolio si è appena avviato al suo picco di produzione. I prezzi del cibo sono raddoppiati negli ultimi anni poiché la produzione di cibo è prevalentemente basata sui combustibili fossili. Appena raggiungeremo il picco della produzione di petrolio, i prezzi saliranno, l’economia globale ristagnerà, avremo recessione e ci saranno persone che non riusciranno a mettere in tavola qualcosa da mangiare. Il “picco del petrolio” avviene si è usato metà del petrolio disponibile.
Quando questo avverrà, quando saremo all’apice di questa curva, saremo alla fine dell’era del petrolio perché il costo di estrazione non sarà più sostenibile. Quando arriveremo al picco ?
L’ottimista agenzia internazionale per l’energia dice che ci arriveremo probabilmente attorno al 2025-2035. D’altra parte negli ultimi anni alcuni dei più grandi geologi del mondo, utilizzando dei modelli matematici molto avanzati, rilevano che arriveremo al picco tra il 2010 e il 2020.
Uno dei maggiori esperti sostiene che il picco è già stato raggiunto nel 2005. Ora, il giacimento del Mare del Nord ha raggiunto il picco 3 anni fa. Il Messico, il quarto produttore mondiale, raggiungerà il picco nel 2010, come probabilmente la Russia. Nel mio libro, Economia all’idrogeno, ho speso molte parole su questa questione. Io non so chi ha ragione, gli ottimisti o i pessimisti. Ma questo non fa alcuna differenza, è una piccolissima finestra. La seconda crisi legata al tramonto di questo regime energetico è l’aumento di instabilità politica nei Paesi produttori di petrolio.
Dobbiamo capire che oggi un terzo delle guerre civili nel mondo è nei Paesi produttori di petrolio. Immaginate cosa accadrà nel 2009, 2010, 2011, 2012 e così via.
Tutti vogliono il petrolio, il petrolio sta diventando sempre più costoso. Ci saranno più conflitti politici e militari nei Paesi produttori.
Infine, c’è la questione dei cambiamenti climatici.
Se prendiamo gli obiettivi dell’Unione Europea sulla riduzione della Co2, e la UE è la più aggressiva del mondo in questo senso, anche se riuscissimo a raggiungere quegli obiettivi ma non facessero lo stesso India, Cina e altri Paesi, la temperatura aumenterà di 6°C in questo secolo e sarà la fine della civilizzazione come la conosciamo. Lasciatemi dire che quello di cui abbiamo bisogno adesso è un piano economico che sia sufficientemente ambizioso ed efficace per gestire l’enormità del picco del petrolio e dei cambiamenti climatici. Lasciatemi dire che le grandi rivoluzioni economiche accadono quando l’umanità cambia il modo di produrre l’energia, primo, e quando cambia il modo di comunicare, per organizzare questa rivoluzione energetica.
All’inizio del XX secolo la rivoluzione del telegrafo e del telefono convergeva con quella del petrolio e della combustione interna, dando vita alla seconda rivoluzione industriale. Ora siamo al tramonto di quella rivoluzione industriale.
La domanda è: come aprire la porta alla terza rivoluzione industriale. Oggi siamo in grado di comunicare peer to peer, uno a uno, uno a molti, molti a molti. Io sto comunicando con voi via Internet. Questa rivoluzione “distribuita” della comunicazione, questa è la parola chiave: “distribuita”, questa rivoluzione “piatta”, “equa” della comunicazione proprio ora sta cominciando a convergere con la rivoluzione della nuova energia distribuita. La convergenza di queste due tecnologie può aprire la strada alla terza rivoluzione industriale. L’energia distribuita la troviamo dietro l’angolo.
Ce n’è ovunque in Italia, ovunque nel mondo. Il Sole sorge ovunque sul pianeta. Il vento soffia su tutta la Terra, se viviamo sulla costa abbiamo la forza delle onde. Sotto il terreno tutti abbiamo calore. C’è il mini idroelettrico. Queste sono energie distribuite che si trovano ovunque.
L’Unione Europea ha posto il primo pilastro della terza rivoluzione industriale, che sono le energie rinnovabili e distribuite. Primo, dobbiamo passare alle energie rinnovabili e distribuite. La UE ha fissato l’obiettivo al 20%.
Secondo, dobbiamo rendere tutti gli edifici impianti di generazione di energia. Milioni di edifici che producono e raccolgono energia in un grande impianto di generazione. Questo già esiste. Terzo pilastro: come accumuliamo questa energia ?
Perché il Sole non splende sempre, nemmeno nella bellissima Italia. Il vento non soffia sempre e le centrali idroelettriche possono non funzionare nei periodi di siccità. Il terzo pilastro riguarda come raccogliamo questa energia e la principale forma di accumulo sarà l’idrogeno. L’idrogeno può accumulare l’energia così come i supporti digitali contengono le informazioni multimediali. Infine, il quarto pilastro, quando la comunicazione distribuita converge verso la rivoluzione energetica generando la terza rivoluzione industriale. Prendiamo la stessa tecnologia che usiamo per Internet, la stessa, e prendiamo la rete energetica italiana, europea e la rendiamo una grande rete mondiale,
come Internet. Quando io, voi e ognuno produrrà la sua propria energia come produciamo informazione grazie ai computer, la accumuliamo grazie all’idrogeno come i media con i supporti digitali, potremo condividere il surplus di produzione nella rete italiana, europea e globale nella “InterGrid”, come condividiamo le informazioni in Internet.
Questa è la terza rivoluzione industriale. Io lavoro con molte tra le più grandi aziende energetiche del mondo, come consulente. Lasciatemi fare una considerazione in termini di business, non in termini ideologici. Non credo che l’energia nucleare sarà significativa in futuro e credo che sia alla fine del suo corso e qualsiasi governo sbaglierebbe a investire nell’atomo. Vi spiego le ragioni. Non produciamo Co2 con gli impianti nucleari, quindi dovrebbe essere parte della soluzione ai problemi climatici. Ma guardiamo ai numeri. Ci sono 439 impianti nucleari al mondo, oggi, che producono solo il 5% dell’energia che consumiamo. Questi impianti sono molto vecchi.
C’è qualcuno in Italia o nel mondo che davvero crede che si possano rimpiazzare i 439 impianti che abbiamo oggi nei prossimi vent’anni.
Anche se lo facessimo continueremmo a produrre solo il 5% dell’energia consumata, senza alcun beneficio per i cambiamenti climatici. E’ chiaro che perché ne avesse, dovrebbero coprire almeno il 20% della produzione.
Ma perché la produzione di energia sia per il 20% nucleare, dovremmo costruire 3 centrali atomiche ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Capito ? Duemila centrali atomiche. Tre nuove centrali ogni mese per sessant’anni.
Non sappiamo ancora cosa fare con le scorie. Siamo nell’energia atomica da 60 anni e l’industria ci aveva detto: “Costruite gli impianti e dateci tempo sufficiente per capire come trasportare e stoccare le scorie”. Sessant’anni dopo questa industria ci dice “Fidatevi ancora di noi, possiamo farcela”, ma ancora non sanno come fare.
L’agenzia internazionale per l’energia atomica dice che potremmo avere carenza di uranio tra il 2025 e il 2035, facendo così morire i 439 impianti nucleare che producono il 5% dell’energia del mondo. Potremmo prendere l’uranio che abbiamo e convertirlo in plutonio.
Ma avremmo il pericolo del terrorismo nucleare. Vogliamo davvero avere plutonio in tutto il mondo in un’epoca di potenziali attacchi terroristici ? Credo sia folle.
E infine, una cosa che tutti dovrebbero discutere col vicino di casa: non abbiamo acqua ! Questo le aziende energetiche lo sanno ma la gente no.
Prendete la Francia, la quintessenza dell’energia atomica, prodotta per il 70%. Questo è quello che la gente non sa: il 40% di tutta l’acqua consumata in Francia lo scorso anno, è servita a raffreddare i reattori nucleari. Il 40%. Vi ricordate tre anni fa, quando molti anziani in Francia morirono durante l’estate perché l’aria condizionata era scarsa ?
Quello che non sapete è che non ci fu abbastanza acqua per raffreddare i reattori nucleari, che dovettero diminuire la loro produzione di elettricità. Dove pensano di trovare, l’Italia e gli altri Paesi, l’acqua per raffreddare gli impianti se non l’ha trovata la Francia ?
Quello che dobbiamo fare è democratizzare l’energia. La terza rivoluzione industriale significa dare potere alle persone e per la generazione cresciuta con la Rete questo è la conclusione e il completamento di questa rivoluzione, proprio come ora parliamo in Internet, centinaia di persone sono in Internet, ed è tutto gratuito, e questi possono creare il più grande, decentralizzato, network televisivo, open source, condiviso…perché non possiamo farlo con l’energia ?
L’Italia è l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili ! Ci sono così tante e distribuite energie rinnovabili nel vostro Paese ! Mi meraviglio quando vengo nel vostro Paese e vedo che non vi state muovendo nella direzione in cui si muove la Spagna, aggressivamente verso le energie rinnovabili.
Per esempio, voi avete il Sole ! Avete così tanto sole da Roma a Bari. Avete il Sole ! Siete una penisola, avete il vento tutto il tempo, avete il mare che vi circonda, avete ricche zone geotermiche in Toscana, biomasse da Bolzano in su nel nord Italia, avete la neve, per l’idroelettrico, dalle Alpi.
Voi avete molta più energia di quella che vi serve, in energie rinnovabili ! Non la state usando…io non capisco.
L’Italia potrebbe. Credo che, umilmente, quel che posso dire al governo italiano è: a che gioco volete giocare ?
Se il vostro piano è restare nelle vecchie energie, l’Italia non sarà competitiva e non potrà godere dell’effetto moltiplicatore sull’economia della terza rivoluzione industriale per muoversi nella nuova rivoluzione economica e si troverà a correre dietro a molti altri Paesi col passare del XXI secolo. Se invece l’Italia deciderà che è il momento di iniziare a muoversi verso la terza rivoluzione industriale, le opportunità per l’Italia e i suoi abitanti saranno enormi.
Da anni seguo il tuo sito, vorrei che ci fossero voci come la tua in altri Paesi. Ha permesso a cosi’ tante persone di impegnarsi insieme…credo sia istruttivo rispetto alla strada che dobbiamo intraprendere.”
By Jeremy Rifkin
Tratto da: “Economia all’idrogeno” – vedi: Nucleare si o NO ?
L’acqua si purifica col legno, che elimina il 99% dei batteri ed è fatto di legno – 02/03/2014
Una soluzione innovativa ed ecologica per purificare l’acqua
Filtrare l’acqua non è mai stato così semplice, economico ed ecologico. Un team di ricercatori del Mit di Boston sostiene infatti di essere riuscito a eliminare il 99% dei batteri di E.coli presenti un una sorgente d’acqua passandola attraverso un filtro ottenuto dal ramo di un pino o altri tipi di alburno (la parte più giovane del legno degli alberi).
Il filtro messo a punto dai ricercatori, che presentano la loro proposta sulle pagine di Plos One, è in grado di produrre circa 4 litri di acqua potabile al giorno ed è stato pensato per le zone rurali in cui è difficile installare sistemi di filtrazione avanzata.
Infatti, come spiega Rohit Karnik, tra gli autori dello studio: “Le membrane di filtrazione di oggi hanno pori nanometrici che non sono qualcosa che si può produrre molto facilmente in un garage. L’idea qui invece è che non abbiamo bisogno di fabbricare una membrana, perché è facilmente disponibile. Basta prendere un pezzo di legno e farne un filtro”.
Ma difficoltà di realizzazione a parte, il sistema messo a punto dai ricercatori del Mit è anche economico ed ecologico, rispetto ai metodi che utilizzano i depuratori a base di cloro, le membrane di filtrazione o lo stesso bollire.
Il principio di funzionamento si ispira alla naturale capacità dell’alburno di filtrare le particelle più grandi di 70 nanometri, come racconta Nature World News. Abbastanza cioè per tener fuori i batteri ma non i virus.
Al momento il progetto dei ricercatori è solo agli inizi. L’idea infatti è sia quella di testare diversi tipi di legno, supponendo che alcuni abbiano capacità di filtro migliori di altre, che di trovare modi per evitare che lo stesso filtro si secchi, compromettendone le capacità.
Tratto da: Wired.it
Video straordinari, Zeitgeist
Temi trattati, problema monetario, problema sociale, problema energia, problema religioni:
qui i links con i sottotitoli in italiano:
Zeitgeist 2:
http://video.google.com/videoplay?docid=-922737582620416065
Zeitgeist 1:
http://video.google.it/videosearch?q=Zeitgeist&hl=it&emb=0#
Zeitgeist 1:
http://video.google.it/videoplay?docid=8843401698699797775&ei=uC_BSLeULI-c2wLFhOy4CQ&q=zeitgeist+sottotitoli
Per l’auto ad idrogeno dovremo ancora aspettare
Nonostante gli annunci ottimistici delle case automobilistiche, l’uso dell’idrogeno e delle celle combustibili per autotrazione è ancora un po’ lontano. Uno studio dell’Istituto giapponese Nomura, ha evidenziato come secondo le stime fatte in base alle proiezioni attuali, le auto a fuel cell nel mondo nel 2010, saranno tra i 5.000 e 100.000 esemplari.
I problemi per la produzione riguardano i costi ancora oggi doppi rispetto a quelli di veicoli a benzina o gasolio. Tuttavia in base all’evoluzione che si sta avendo nelle tecniche di stoccaggio dell’idrogeno qualcosa si sta muovendo. In particolare nella tecnologia della nanostruttura di carbonio in grado di conservare l’idrogeno in grande quantità, riducendo non solo i costi ma anche peso ed ingombro del veicolo.
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MERCURIO nelle LAMPADINE ‘VERDI’, ecco le REGOLE per MANEGGIARLE
Italy, 2008-03-22 – Attenzione alle lampadine a fluorescenza: anche se i vantaggi per l’ambiente sono indubbi vanno maneggiate con cautela perché contengono mercurio. L’allarme è stato lanciato dall’Epa, l’organismo federale statunitense per l’ambiente, con un vero e proprio decalogo su come comportarsi riportato dal sito della rete televisiva Nbc.
I primi a segnalare il problema sono stati i ricercatori dell’Università di Stanford sulla rivista ‘Environmental research’: “Anche una singola lampadina di quelle con un basso contenuto di mercurio – scrive la rivista – inferiore a un milligrammo, può contaminare 4 mila litri d’acqua”.
Il decalogo elaborato dall’Epa in seguito all’articolo ha in realtà undici regole, del tutto simili a quelle raccomandate nel caso di rottura dei termometri a mercurio.
Gli accorgimenti principali sono di aerare il locale mentre si ripulisce, di usare nastro adesivo per raccogliere i residui di mercurio e di sigillare bene i sacchetti dove si getta. Per lo smaltimento, l’agenzia ha invitato i singoli stati americani a dotarsi di norme proprie, che prevedano però una gestione separata rispetto ai rifiuti normali.
Accorgimenti sempre più necessari vista la campagna per la sostituzione delle lampadine tradizionali non solo in Usa ma anche in Italia e in Europa.
In particolare le lampadine a fluorescenza compatta durano 8 volte di più e consumano l’80% in meno delle tradizionali lampadine a incandescenza. Secondo gli esperti europei, se solo la metà dei 3,6 miliardi di lampadine più “sprecone”, come quelle tradizionali a incandescenza, che vengono accese ogni giorno in Europa venissero sostituite con lampadine a fluorescenza, si otterrebbe un risparmio di 23 milioni di tonnellate di CO2 e di sette miliardi di euro di consumi elettrici l’anno.
La lampada fluorescente è un particolare tipo di lampada a scarica in cui l’emissione luminosa visibile è indiretta, ovvero non è emessa direttamente dal gas ionizzato, ma da un materiale fluorescente (da cui il nome). Il funzionamento è dovuto alla presenza di vapori di mercurio. La lampada ad incandescenza, invece, è una sorgente luminosa in cui la luce viene prodotta dal riscaldamento di un filamento di tungsteno attraverso cui passa la corrente elettrica.
Tratto da: http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualizza_new.html_42052737.html
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VINACCE ANTIPARTICOLATO
Ecco come con un sottoprodotto del vino, un’azienda toscana è riuscita a dimezzare le emissioni di PM10 di motori datati. Presto, in Veneto, le prime applicazioni.
Usare il vino (o almeno i sottoprodotti della sua lavorazione) per ridurre l’inquinamento della automobili datate.
è questa la proposta di un’azienda pistoiese, la Magigas, operante nella distribuzione del Gpl in Toscana ed Emilia Romagna.
Il risultato delle ricerche della società toscana è il Magigas D7, un additivo che dimezza le emissioni di PM10 di motori vecchi, ante Euro 4 ed Euro 5. E che è stato testato nei mesi scorsi su motori di autobus Iveco Euro 0 e Euro 2 presso il Centro Ricerche europeo JRC di Ispra, in provincia di Varese.
I risultati sono stati buoni: l’emissione specifica di un autobus equipaggiato con motore Euro 2 che circola in area urbana – che è responsabile mediamente dell’emissione di PM10 pari a 0,55 grammi per chilometro – si riduce a 0,18 gr/Km.
L’efficacia della miscela D7-gasolio sarà ora verificata sul campo, nel corso di una sperimentazione voluta e finanziata dalla Regione del Veneto, che interesserà per un periodo di sei mesi, da marzo ad agosto, l’intera flotta di autobus dell’Actv in servizio al Lido di Venezia.
L’iniziativa è stata presentata dall’assessore alle politiche della mobilità del Veneto Renato Chisso, da Giovanni Torracchi amministratore delegato di Magigas, e da Stefano Biondi Presidente di Envicon, società che fornirà l’additivo e le apparecchiature di misurazione finalizzate a verificare in continuo la riduzione degli inquinanti nei gas di scarico.
La raccolta dei dati e la certificazione dei risultati ottenuti saranno affidate al Centro di Ricerca di Ispra e all’Arpav e alla sperimentazione collaborerà anche l’Università di Venezia. A metà del periodo di prova sarà presentata una relazione intermedia sui risultati ottenuti.
Il contributo regionale coprirà il costo dell’additivo e gli oneri concernenti l’analisi delle emissioni in campo e successive elaborazioni; le spese di comunicazione e presentazione della sperimentazione all’utenza; l’attività di divulgazione scientifica.
I controlli sulle emissioni saranno effettuati con apparecchiature mobili poste sui mezzi stessi, in modo da permettere un monitoraggio costante in tutte le situazioni operative in un periodo soggetto a numerose variazioni climatiche.
L’operatività circoscritta al territorio dell’isola permetterà un’analisi precisa del comportamento dei mezzi alimentati in una prima fase con gasolio commerciale e quindi, in seguito con gasolio miscelato con additivo D7.
La riduzione di PM10 attesa dalle prove è dell’ordine di 185 chili, ma è previsto un significativo calo anche per l’anidride carbonica (-30 per cento, 2.656 tonnellate), per gli ossidi di azoto (-5/-10 per cento) e per gli idrocarburi incombusti (-25 per cento).
La Regione ha finanziato la sperimentazione con 100mila euro e se avrà successo, vedrà la conversione di tanti altri motori inquinanti in auto ecologiche. I prossimi, come ha annunciato l’amministrazione locale, saranno i vaporetti. (f.f.)
Tratto da galileonet.it