La Psicosomatica è quella branca della scienza medica che pone in relazione la mente con il corpo, ossia il mondo emozionale ed affettivo con il soma (il disturbo), occupandosi nello specifico di rilevare e capire l’influenza che l’emozione esercita sul corpo e le sue affezioni.
vedi anche:
http://psychomedia.it + http://www.lupus-italy.org/spcsaluteartles.html
vedi:
Psicosomatica-2 + PsicoNeuroEndocrinoImmunologia + CONFLITTI SPIRITUALI IRRISOLTI + STRESS = MALATTIA + Come nasce la malattia ? + Memi – Engrams + Ego/IO + Mente + Anima + Sistema Immunitario + Stress + Stress e funzioni vitali
La psicosomatica è un ampio campo della patologia che si colloca a metà strada tra la medicina e la psicologia, in quanto indaga la relazione tra mente e corpo, ovvero tra il mondo emozionale ed affettivo e il soma. Nello specifico, ha lo scopo di rilevare e comprendere gli effetti negativi che la psiche, la mente, produce sul soma, il corpo.
I disturbi psicosomatici si possono considerare sintomi (che la medicina ufficiale chiama impropriamente malattie) veri e propri che comportano danni a livello organico e che sono causati o aggravate da fattori emozionali.
I sintomi psicosomatici coinvolgono il sistema nervoso autonomo e forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di Stress. Le emozioni negative, come il risentimento, il rimpianto e la preoccupazione possono mantenere il sistema nervoso autonomo (sistema simpatico) in uno stato di eccitazione e il corpo in una condizione di emergenza continua, a volte per un tempo più lungo di quello che l’organismo è in grado di sopportare. I pensieri troppo angosciosi, quindi, possono mantenere il sistema nervoso autonomo in uno stato di attivazione persistente il quale può provocare dei danni agli organi più deboli.
Disturbi di tipo psicosomatico possono manifestarsi nell’apparato gastrointestinale (gastrite, colite ulcerosa, ulcera peptica), nell’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), nell’apparato respiratorio (asma bronchiale, sindrome iperventilatoria), nell’apparato urogenitale (dolori mestruali, impotenza, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), nel sistema cutaneo (la psoriasi, l’acne, la dermatite atopica, il prurito, l’orticaria, la secchezza della cute e delle mucose, la sudorazione profusa), nel sistema muscoloscheletrico (la cefalea tensiva, i crampi muscolari, il torcicollo, la mialgia, l’artrite, dolori al rachide, la cefalea nucale) e nell’alimentazione.
Sintomi psicosomatici sono comuni nelle varie forme di depressione e in quasi tutti i disturbi d’ansia, ma esistono dei disturbi psicosomatici veri e propri in assenza di altri sintomi di natura psicologica, che rendono più difficile, per il soggetto, imputare il malessere fisico ad un problema psicologico piuttosto che ad un malfunzionamento organico.
L’importanza delle condizioni nervose è tanto grande che oggi dal gruppo delle cosiddette coliti spastiche, di moda fino a qualche anno fa, si è isolata e riconosciuta una malattia a sè, chiamata colon irritabile. Ne soffrono soprattutto le persone ansiose, e più aumenta la loro tensione, maggiori sono i disturbi. Questi sono rappresentati dalla solita alternanza di stitichezza e diarrea, con una certa maggior frequenza della prima. Sono presenti sempre irritabilità e instabilità dell’umore, per cui questi ammalati nel corso della giornata passano facilmente da fasi di depressione ad altre di eccitazione, da stati di serenità ad altri di malinconia. Tra i vari sintomi del colon irritabile sono da ricordare anche l’emicrania, i disturbi mestruali delle donne e tutti i disturbi a carico della colecisti o dello stomaco: inappetenza, nausea, digestioni lente e difficoltose, flatulenze, eruttazioni.
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Questa è una storia che ha dell’incredibile. Mostra la forza potenziale della mente sul corpo.
Da professionista in ipnoterapia, Lenkei si è auto-ipnotizzato in modo da trovarsi in una trance profonda in modo da non sentire il dolore dell’intervento chirurgico, facendo così a meno dell’anestetsia. Lenkei ha detto che gli sono serviti solo 30 secondi per entrare in trance. Alex Lenkei si è sottoposto quindi ad un intervento chirurgico alla mano destra e l’unica forma di anestesia è stata l’ipnosi. Era completamente sveglio e anestetizzato durante la procedura durata ben 83 minuti. Non è la prima volta che ci è riuscito infatti già nel 1996 fu operato di ernia seguendo la stessa procedura.
Articolo (in inglese) – Fonte CBS2, Chicago, USA – Febb. 2009
vedi: Uomo PsicoElettronico + Universo mentale
Bibliografia:
– Selye, Hans: The Stress of life; McGraw-Hill
– Pancheri, Paolo: Stress, emozioni, malattia; Mondadori 1983
– Bottaccioli, Francesco: Psiconeuro – Endocrino – Immunologia; RED 2006
Studio finlandese rivela come le Emozioni si manifestano nel corpo modificandolo
IMPORTANTE
Una delle regole della Medicina Naturale e’ questa: “una scopata al giorno toglie il medico di torno…”, cio’ significa che un buon e sano sesso, fatto con gioia nella coppia (meglio se maschio + femmina) e NON di nascosto, scaricando le tensioni emotive-mentali, evita lo stress intenso e quindi la salute ne trae beneficio, il contrario porta comunque facilmente verso la malattia, prima mentale e poi fisica !
Cancro e Pineale – vedi: BioElettronica
Dopo 25 anni di ricerche il dott. Paolo Lissoni, oncologo della divisione di Radioterapia del San Gerardo è riuscito nel suo intento. Infatti, il National cancer institute di Washington, l’istituto oncologico che divulga notizie scientificamente attendibili, ha corroborato la fondatezza dei suoi studi sulla ghiandola pineale.
Lissoni parte dalla teoria di Cartesio che a metà del ‘600 teorizzava il ruolo della ghiandola pineale (alla base del cranio) come collegamento tra il corpo e l’anima. Infatti, Lissoni si rifà agli antichi filosofi che parlavano di unità della persona tra corpo e anima, dai Magi a Platone, secondo cui la malattia era il distacco dall’universale. Dall’ipotesi filosofica, poi è passato a quella scientifica: la ghiandola produce quattro ormoni (fra cui la melatonina), in alcuni casi utili come antitumorali.
Secondo il dott.Paolo Lissoni non basta curare solo la parte fisica del tumore, ma bisogna occuparsi anche della psiche del paziente, perché la cura della malattia non è semplicemente organica, ma deriva anche da un malessere esistenziale. I quattro ormoni vengono prodotti nelle quattro diverse fasi della giornata, seguendo il ritmo del sole. Le teorie del medico monzese sono state a lungo derise, ma il National Cancer Institute di Washington le ha riconosciute come valide. Lissoni è stato chiamato dal National cancer institute di Washington, il tempio della scienza medica mondiale a cui venerdì riferirà dell’uso dei 4 ormoni prodotti dalla ghiandola pineale.
Nel frattempo, il tempio della ricerca internazionale sta compiendo gli stessi studi sugli animali, mentre a Monza Paolo Lissoni ha già una casistica di 2500 pazienti in 25 anni (circa il 15% dei pazienti del reparto).
Di conseguenza, il San Gerardo si ritrova ad essere l’unico centro al mondo con una tradizione di studio sulla ghiandola pineale.
«Non ho mai voluto spaccare il mondo degli oncologi come fece il professor Di Bella – dichiara il dottor Lissoni – ma auspico l’unione fra gli specialisti del settore, l’unità delle terapie per rendere, per esempio le chemioterapie sempre meglio accettate ed efficaci».
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Pensare positivo per stare meglio più a lungo, anche con l’artrite reumatoide
Studio da poco uscito sul Journal of Psychosomatic Research – I pazienti con convinzioni negative riguardo alla malattia hanno una maggior disabilità
MILANO – Nessuno dice che sia facile essere ottimisti con una diagnosi di artrite reumatoide in tasca. Riuscirci, però, può aiutare non poco a vivere meglio: secondo uno studio da poco uscito sul Journal of Psychosomatic Research, infatti, le convinzioni negative riguardo alla malattia peggiorano la qualità della vita dei pazienti e accelerano perfino la comparsa di disabilità.
STUDIO INGLESE – Il risultato arriva da una ricerca condotta da un gruppo di reumatologi del Guy’s Hospital di Londra, che hanno esaminato attentamente 125 malati di artrite reumatoide in cura presso alcune cliniche a Sud della capitale inglese.
I medici hanno da un lato misurato oggettivamente l’attività della malattia, dall’altro indagato attraverso una serie di questionari la qualità della vita dei pazienti, la loro disabilità e soprattutto ciò che essi pensavano della patologia: convinzioni e credenze sulla gravità della malattia, sulle sue conseguenze, sulle possibilità di cura e così via.
Gli inglesi hanno così scoperto che l’attività «oggettiva» dell’artrite reumatoide non dipende in alcun modo da ciò che pensano i pazienti (e fin qui il risultato può essere ovvio), mentre invece le opinioni e di conseguenza gli atteggiamenti dei malati hanno un peso non irrilevante sul grado di disabilità e sulla qualità della vita in generale. In sostanza i più ottimisti, quelli maggiormente fiduciosi di riuscire a tenere sotto controllo il loro problema, erano anche i malati che vivevano meglio e avevano meno limitazioni funzionali.
OTTIMISMO – Che i pensieri dei pazienti abbiano ripercussioni sul corso della malattia lo conferma Antonella Celano, presidente dell‘Associazione Nazionale Malattie Reumatiche: «Perdere l’atteggiamento positivo, credere che il mondo ci stia cadendo addosso e non riuscire a conservare nemmeno un minimo di ottimismo è molto pericoloso: porta i pazienti a chiudersi in casa, evitare i contatti con la società e perfino a perdere il lavoro.
Entrando in una spirale che sicuramente peggiora la qualità della vita e compromette pure le abilità funzionali». Mantenere il lavoro, tra l’altro, sembra uno dei metodi più potenti per stare meglio più a lungo: «Il lavoro rappresenta almeno il 50 per cento della vita di relazione di ciascuno di noi – spiega Celano –. Se la patologia viene curata bene e si riesce a mantenere il proprio impiego più a lungo possibile è più semplice conservare un atteggiamento giusto, positivo e consapevole.
Essere obbligati a uscire ogni giorno per andare al lavoro è un modo per continuare a sentirsi come tutti gli altri dopo la diagnosi di una malattia cronica, contro cui si dovrà combattere per il resto della vita. In Italia esistono alcune esperienze locali di supporto psicologico ai pazienti dopo la diagnosi, molto positive: quando arriva il verdetto cade il progetto di vita della persona, tutto cambia e la situazione non è certo facile da affrontare.
Chiedere aiuto per non sprofondare nella depressione è un buon modo per evitare gli atteggiamenti negativi tanto deleteri per la qualità della vita. Inoltre – prosegue Celano – per combattere le convinzioni errate che possono essere alla base del pessimismo è fondamentale costruire un rapporto di fiducia con il proprio medico, oltre che avere un atteggiamento positivo nei confronti delle terapie».
By Elena Meli – Tratto da corriere.it 16 marzo 2009
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Rapporto tra psiche e malattie autoimmuni – 04 Set. 2008
La nostra esperienza di ricerca e clinica all’interno del reparto di reumatologia di Prato, ci ha permesso di approfondire i determinanti rapporti tra psiche, comportamento, sistemi nervoso, neuroendocrino e immunitario. Per attività neuroendocrina si intende la capacità del sistema nervoso di secernere sostanze (ormoni) che, immesse nel circolo sanguigno andranno ad agire su organi e cellule di altre parti del corpo.
Le ricerche hanno evidenziato come la psiche e i grandi sistemi biologici (ormonale, nervoso, immunitario), lavorano in sinergia in influenzandosi a vicenda grazie a numerose vie di comunicazione bidirezionali.
Queste vie sono rappresentate sia dai nervi, sia da numerose sostanze prodotte e riconosciute dalle cellule dei diversi sistemi che costituiscono il linguaggio attraverso cui essi comunicano. Si notato infatti che le cellule del sistema immunitario hanno recettori per le sostanze prodotte dal sistema nervoso che in tal modo regola la funzione immunitaria. Le cellule immunitarie d’altra parte producono sostanze importanti nei fenomeni infiammatori (citochine) che una volta raggiunto il cervello, sono in grado di influenzare l’umore, il pensiero, il comportamento.
Varie molecole agiscono nei vari sistemi (nervoso ormonale e immunitario) venendo spesso solo artificiosamente assegnate all’uno o all’altro. Ad esempio alcune cellule del sistema immunitario non solo sono sensibili, ma anche producono una molecola importante per lo sviluppo e le funzioni del sistema nervoso (il fattore di crescita nervoso NGF) il quale ha importanti effetti anche sull’immunità, sulle infiammazioni e la riparazione dei tessuti.
Tutto ciò spiega i meccanismi che sono alla base di circostanze note da tempo come ad esempio il fatto che eventi stressanti, in particolare di perdita, deprimono la funzione immunitaria o che l’isolamento psicosociale è predittivo di una maggiore probabilità di contrarre malattie e di mortalità per tumore, malattia cardiovascolare e una moltitudine di altre cause. Di contro relazioni personali di supporto hanno un effetto benefico sull’immunità e la salute.
La depressione del sistema immunitario abbassa le difese contro le malattie infettive e lo sviluppo di tumori; una disregolazione dello stesso sistema indotta da traumi, emozioni, stress può favorire lo sviluppo di malattie autoimmuni di vario tipo; dati recenti indicano che la depressione dell’umore, attraverso la via neuroendocrina, favorisce l’insorgenza dell’aterosclerosi e che la disregolazione immunitaria può essere il meccanismo centrale per l’insorgenza di varie patologie associate all’invecchiamento come il diabete, l’osteoporosi, l’artrite ecc.. L’azione delle citochine sul cervello può avere un effetto su molte attività biologiche da esso regolate (fame, febbre) o psicologiche (ansia, depressione) con effetti sul comportamento e ciò spiega ad esempio la sintomatologia generale degli stati infiammatori.
Alla luce di queste ricerche interventi psicologici che favoriscano il ripristino di situazioni relazionali armoniche, consentendo un migliore adattamento alle sfide che pone la vita, sono destinati ad assumere una crescente importanza nelle strategie da adottare per il mantenimento e il recupero della salute.
Tratto da: psicologo-prato.com – vedi: PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
Le RICERCHE MOSTRANO un NESSO fra MICROBIOMA Intestinale (intestino) e CERVELLO – 09/01/2015
Chiamate collettivamente microbioma, le migliaia di miliardi di microbi che abitano il corpo umano vivono principalmente nell’intestino, dove ci aiutano a digerire il cibo, a sintetizzare le vitamine e a difenderci dalle infezioni. Ora, recenti ricerche sul microbioma hanno dimostrato che la sua influenza si estende ben oltre l’intestino, fino ad arrivare al cervello. Negli ultimi 10 anni, vari studi hanno collegato il microbioma intestinale a una serie di comportamenti complessi, come umori ed emozioni, appetito e ansia.
Il microbioma intestinale sembra contribuire al mantenimento della funzionalità cerebrale, ma non solo: potrebbe anche incidere sul rischio di disturbi psichiatrici e neurologici, fra cui ansia, depressione e autismo. Una delle modalità più sorprendenti con cui il microbioma influisce sul cervello è durante lo sviluppo.
“Esistono delle finestre evolutive critiche in cui il cervello è più vulnerabile poiché si sta preparando a rispondere al mondo circostante”, spiega Tracy Baie, docente di neuroscienze presso la facoltà di veterinaria dell’Università della Pennsylvania. “Così, se l’ecosistema microbico della madre si modifica – per esempio a causa di infezioni, stress o diete – ciò cambierà il micro bioma intestinale del neonato, e gli effetti possono durare tutta la vita.”
Altri ricercatori stanno esplorando la possibilità che il microbioma abbia un ruolo nelle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.
Fonte: MedicalXpress.com : http://tinyurl.com/kaa2j36
Commento NdR: ma cio’ puo’ accadere anche e non solo per i vaccini che il neonato subisce dai due, tre mesi in avanti…infatti se una madre ha delle amalgami dentali in bocca (contengono mercurio) il neonato potra’ subire delle conseguenze anche gravi.
Infine vi sono i Batteri detti “Psicobiotici” – vedi: Spirito
Cosa sono gli psicobiotici ?
Sono probiotici che alterano la mente, e i ricercatori affermano che possono migliorare l’umore, diminuire l’ansia e la depressione e apportano molti altri benefici. I probiotici sono microrganismi vivi che sono simbiotici con i batteri intestinali positivi e che riescono ad arrivare nell’intestino integri. Ad esempio i fermenti dello yogurt non sono considerati probiotici perché muoiono appena entrano in contatto con i succhi gastrici non sopportandone l’acidità.
Fino a qualche anno fa era difficile credere che alterando i batteri nell’intestino, si potesse gestire meglio lo stress, migliorare l’umore, e anche curare ansia o depressione. Eppure ci sono moltissime ricerche scientifiche pubblicate da vari ricercatori in tutto il mondo che riguardano la connessione intestino-cervello e che stanno dimostrando proprio questo.
Ora sappiamo che è possibile modificare i batteri intestinali in modo da influenzare positivamente l’umore e la funzione del cervello. Uno dei principali modi è quello di assumere gli psicobiotici.
Gli psicobiotici sono organismi vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, producono un beneficio per la salute nei pazienti affetti da malattie psichiatriche.[1] Questa definizione, coniata nel 2013, è troppo limitante se ci si basa sulla più recente ricerca che dimostra che non c’è bisogno di avere una depressione clinica, un disturbo d’ansia, o qualche altro disturbo psichiatrico affinché gli psicobiotici influenzino positivamente il cervello.[2] Chi soffre di stress cronico, depressione, o di ansia ha il potenziale per beneficiare di questa classe di probiotici.
Come gli psicobiotici agiscono sul cervello
1. Uno dei modi per cui questi probiotici “alterano la mente” è attraverso la loro capacità di produrre vari composti biologicamente attivi, come i neurotrasmettitori. Diverse molecole con funzioni neuroattive come l’acido gamma-amminobutirrico (GABA), la serotonina, le catecolamine e l’acetilcolina possono essere prodotti dai batteri intestinali.[3] Quando questi neurotrasmettitori sono secreti all’interno dell’intestino, possono attivare cellule all’interno del rivestimento epiteliale che a loro volta rilasciano molecole che stimolano la funzionalità cerebrale e influenzano il comportamento.
2. Una seconda modalità attraverso cui gli psicobiotici agiscono sul cervello è esercitando effetti sul sistema di risposta allo stress del corpo, che coinvolge il cervello e le ghiandole surrenali.[4] Questo sistema, noto come asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), diventa disfunzionale in caso di stress cronico o malattia. Quando si verifica una disfunzione dell’asse HPA, la produzione ritmica di cortisolo e di altri ormoni legati allo stress diventa perturbata. Questo potrebbe svolgere un ruolo centrale nel provocare disturbi dell’umore e problemi cognitivi.[5]
3. Un terzo modo per cui gli psicobiotici possono agire sul cervello è attraverso la loro azioni anti-infiammatoria.[6]
I livelli cronicamente elevati di infiammazione in tutto il corpo e nel cervello sono ormai noti essere una delle principali cause della depressione e di altri disturbi dell’umore e cognitivi. Questa infiammazione può derivare dall’intestino, e alcuni psicobiotici apportare i loro effetti benefici nel cervello abbassando l’infiammazione.
Quali probiotici sono psicobiotici ?
La ricerca sta cominciando a identificare quali probiotici abbiano effetti sul sistema nervoso e quali siano questi effetti.
Negli studi effettuati in persone sane, diversi psicobiotici hanno dimostrato di migliorare l’umore e la funzione cognitiva e di diminuire i sintomi di stress e ansia. Alcuni psicobiotici hanno anche dimostrato di curare la depressione, l’ansia, e altri problemi di salute mentale e cognitivi nei pazienti con disturbi psicologici e / o altre condizioni mediche.
Psicobiotici per la depressione e l’ansia
E’ stato effettuato uno studio clinico su pazienti con disturbi depressivi maggiori, in cui alcuni hanno assunto integratori prebiotici, altri un placebo per otto settimane.[7] L’integratore prebiotico era costituito da Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Bifidobacterium bifidum (2 miliardi di CFU ciascuno). Dopo otto settimane, i pazienti che hanno ricevuto il probiotico avevano diminuito in modo significativo i punteggi totali sulla Beck Depression Inventory, un test ampiamente utilizzato per misurare la gravità della depressione, rispetto ai pazienti che avevano assunto il placebo. Inoltre, avevano una significativa diminuzione della infiammazione sistemica come misurato dal hs-CRP, i livelli di insulina erano significativamente più bassi, si era ridotta la resistenza all’insulina, e si era verificato un significativo aumento di glutatione, un antiossidante.
Altri psicobiotici hanno conseguenze benefiche sull’umore e sui sintomi di ansia, ma anche in persone senza questi disturbi. In uno studio per analizzare i possibili effetti su ansia, depressione, stress in volontari sani, è stato utilizzato un probiotico che contiene Lactobacillus helveticus r0052 e Bifidobacterium longum R0175 (Probio’Stick®), ed è stato dimostrato che esso aveva alleviato lo stress psicologico, in particolare la depressione, la rabbia, l’ostilità, e l’ansia quando assunto per 30 giorni.[8] I ricercatori hanno concluso che L. helveticus r0052 e B. longum R0175 hanno effetti psicologici benefici nei soggetti sani. Possono contribuire a rafforzare l’umore e alleviare l’ansia nelle persone affette da varie malattie croniche.
Lo stesso probiotico studiato sopra (Lactobacillus casei ceppo Shirota) è stato utilizzato in un altro studio controllato con placebo nei pazienti con sindrome da stanchezza cronica.[9] I pazienti sono stati divisi in gruppi in cui uno ha ricevuto 24 miliardi di unità formanti colonie di Lactobacillus casei, ceppo Shirota e un altro un placebo al giorno per due mesi. Le persone che avevano assunto il probiotico avevano una significativa diminuzione dei sintomi di ansia. Molti psicobiotici supplementari hanno dimostrato di poter curare la depressione e l’ansia in studi su animali. Il Lactobacillus plantarum, ceppo PS128, per esempio, è noto per l’effetto di aumentare la dopamina e la serotonina e di diminuire i comportamenti di depressione nei topi.[10]
Nei topi depressi che sono stati sottoposti a stress precoce, questo stesso psicobiotico diminuisce il cortisolo, normalizza il sistema di risposta allo stress (HPA), e diminuisce la depressione.[11] Sia il Bifidobacterium longum e sia il Bifidobacterium breve riducono l’ansia e migliorano le prestazioni nei test cognitivi nei topi.[12] [13]
Psicobiotici per lo stress
E’ stato anche dimostrato che gli psicobiotici aiutano le persone e gli animali sottoposti a stress. Una bevanda di latte fermentato (kefir) contenente il Lactobacillus casei, ceppo Shirota, ha impedito un aumento di cortisolo ed ha aumentato i livelli di serotonina negli studenti di medicina stressati.[14] Inoltre, la bevanda probiotica ha diminuito i sintomi fisici legati allo stress come dolore addominale e sintomi del raffreddore.
Gli autori dello studio hanno concluso che l’assunzione di Lactobacillus casei, ceppo Shirota “può esercitare effetti benefici per prevenire l’insorgenza di sintomi fisici nei soggetti sani esposti a situazioni di stress.”
Il Lactobacillus helveticus NS8 è stato confrontato con l’SSRI (citalopram) nei ratti con depressione, ansia e disfunzioni cognitive a causa dello stress cronico.[15] Il prebiotico ha funzionato meglio del citalopram nel ridurre l’ansia indotta da stress, depressione e disfunzioni cognitive. Esso ha abbassato il cortisolo e riportato i livelli di serotonina e di altri neurotrasmettitori cerebrali alla normalità.
Altri probiotici contenenti Lactobacillus helveticus hanno anche dimostrato, in studi condotti su animali, di poter ridurre la depressione legata allo stress e all’ansia, influenzando la serotonina, il cortisolo, e altri composti neuroattivi.[16]
Ad esempio, il Lactobacillus helveticus r0052 combinato con il Lactobacillus rhamnosus R0011 ha normalizzato i comportamenti simili all’ansia e le carenze di apprendimento e di memoria nei ratti immuno-deficienti con disfunzioni dell’asse HPA.[17]
Alcuni prebiotici sono anche psicobiotici ?
I prebiotici possono anche agire come importanti regolatori dell’umore e della funzione del cervello. I prebiotici non sono organismi vivi come i probiotici, ma sono sostanze vegetali che stimolano la proliferazione dei batteri positivi intestinali.
In un recente studio è stato dimostrato che essi riducono la secrezione dell’ormone dello stress, il cortisolo, e migliorano l’elaborazione emotiva in volontari sani. I partecipanti hanno ricevuto uno dei due prebiotici (frutto-oligosaccaridi, FOS, o Bimuno-galactooligosaccharides, B-GOS) oppure un placebo (maltodestrine) al giorno per tre settimane. I livelli di cortisolo al mattino erano significativamente più bassi dopo l’assunzione B-GOS rispetto a chi aveva assunto il placebo. I partecipanti che avevano assunto B-GOS hanno anche mostrato aumenti positivi sulla vigilanza e attenzione, che è un’indicazione che il prebiotico ha avuto effetti anti-ansia. Nessun effetto è stato trovato dopo la somministrazione di FOS.[18]
Le persone con l’intestino irritabile spesso hanno l’ansia e / o depressione, condizioni correlate direttamente con la disbiosi e con la diminuzione dell’attività intestinale e della diversità microbica.[19] Uno studio ha trovato che una miscela prebiotica contenente galactooligosaccaride ha dato benefici sull’ansia nella sindrome dell’intestino irritabile.[20] Il trattamento giornaliero con questa miscela per 4 settimane ha ridotto i punteggi di ansia e ha avuto un notevole impatto positivo sulla qualità della vita.
Conclusione
Nel complesso, i risultati di questi studi dimostrano che gli psicobiotici hanno il potenziale di avere un impatto positivo sulla funzionalità del cervello, sul miglioramento dell’umore, sul trattamento della depressione e dell’ansia, e aiutano a gestire lo stress. I migliori psicobiotici ed i relativi dosaggi devono ancora essere determinati. In generale sono raccomandati almeno 10 miliardi di CFU al giorno per la maggior parte dei probiotici, tra cui gli psicobiotici, ma possono anche essere utili apporti superiori o inferiori. Basta fare una prova per almeno un mese prima di decidere se funzionano o meno.
La chiave della salute è nel nostro intestino e gli antichi di ogni tradizione lo sapevano benissimo. Ippocrate, padre della medicina moderna, ha detto 2400 anni fa: “Tutte le malattie hanno origine nell’intestino“.
Commento NdR: anche e pur rispettando gli autori dello studio, precisiamo: non e’ che un singolo batterio influisce sulla psiche, ma e’ l’insieme sinergico di TUTTI i batteri autoctoni della flora intestinale, il microbioma, che permette al soggetto di avere una psiche / mente lucida ed attenta, senza distrazioni dai malesseri causati dalle alterazioni della flora foriera di qualsiasi danni o ammalamento.
Riferimenti
[1] Dinan TG et al. Psychobiotics: a novel class of psychotropic. Biol Psychiatry. 2013 Nov 15;74(10):720-6.
[2] Tillisch K et al. Consumption of fermented milk product with probiotic modulates brain activity. Gastroenterology. 2013 Jun;144(7):1394-401, 1401.e1-4.
[3] Wall R et al. Bacterial neuroactive compounds produced by psychobiotics. Adv Exp Med Biol. 2014;817:221-39.
[4] Ait-Belgnaoui A et al. Probiotic gut effect prevents the chronic psychological stress-induced brain activity abnormality in mice. Neurogastroenterol Motil. 2014 Apr;26(4):510-20.
[5] Stuart Watson and Paul Mackin. HPA axis function in mood disorders. Psychiatry Volume 5, Issue 5, 1 May 2006, Pages 166–170
[6] Clin Ther. 2015 May 1;37(5):984-95.
[7] Nutrition. 2015 Sep 28. pii: S0899-9007(15)00391-3.
[8] Br J Nutr. 2011 Mar;105(5):755-64.
[9] Gut Pathog. 2009 Mar 19;1(1):6.
[10] Behav Brain Res. 2016 Feb 1;298(Pt B):202-9.
[11] Brain Res. 2015 Nov 24. pii: S0006-8993(15)00862-8.
[12] Neurogastroenterol Motil. 2014 Nov;26(11):1615-27.
[13] Behav Brain Res. 2015;287:59-72.
[14] Benef Microbes. 2015 Dec 21:1-12.
[15] Neuroscience. 2015 Dec 3;310:561-77.
[16] Psychoneuroendocrinology. 2013 Sep;38(9):1738-47.
[17] Am J Physiol Gastrointest Liver Physiol. 2014 Oct 15; 307(8): G793–G802.
[18] Psychopharmacology (Berl). 2015; 232(10): 1793–1801.
[19] Neuropsychiatr Dis Treat. 2015; 11: 715–723.
[20] Aliment Pharmacol Ther. 2009 Mar 1;29(5):508-18.
Tratto da dionideam.it
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Il fenomeno Psicosomatico: nuove ipotesi di lavoro
L’ambiguita’ nella psicosomatica : confusioni storiche
Per affrontare la questione del corpo tenendo adeguatamente in vista la sua specificita’ e’ indispensabile fare riferimento e approfondire le dimensioni teoriche che sottendono la psicosomatica che deve intendersi, fondamentalmente, come un orientamento delle scienze mediche, di quelle psicologiche e di quelle psicoanalitiche finalizzato a privilegiare l’aspetto della totalita’ psicofisica degli individui.
Purtroppo, pero’, questo vocabolo viene spesso usato impropriamente ed e’ stato anche molto inflazionato, cosa che ha dato luogo a confusioni che possono sfociare in un generico dire tutto e il contrario di tutto e magari, in alcuni casi, coprire atteggiamenti diagnostici poco scrupolosi e superficiali.
Il termine “psicosomatica” comparve per la prima volta nella medicina romantica con J. C. Heinroth nel 1818, nel 1922 K. Jacobi introdusse invece l’espressione “somatopsichico” e poi, per parecchio tempo non si fece più menzione di questi argomenti fino a che Felix Deutsch parlo’ di “medicina psicosomatica” ( nel 1919 fondo’ una clinica in cui si curavano le “nevrosi organiche”), introducendo, di fatto, quest’ultima nella scienza medica ufficiale.
Nel riferirsi al concetto della psicosomatica si va spesso incontro, a volte del tutto inconsapevolmente, ad una confusione, giacche’ il problema della divisione mente corpo e’, come dire, sempre in agguato e, inoltre, riferendosi a questa espressione, si puo’ intendere sia il concetto di medicina “olistica”, sia la questione dell’origine psichica delle malattie.
Di certo, pero’, si puo’ affermare che il problema della psicosomatica e’ antico quanto il mondo, tant’e’ vero, che gia’ Platone affermava che la mente risiedeva nel cervello e Aristotele nel cuore, come dire che gia’ da allora, ci s’interrogava sulla questione della guarigione e di dove questa avvenisse: nella mente o nel corpo ? E la mente e’ materiale oppure no? Ippocrate porto’ il suo “contributo” affermando che e’ nella natura stessa dell’uomo che e’ insito il processo del risanamento, cosa apparentemente risaputa e ovvia anche se non ci s’interroga mai abbastanza sul senso di quanto le ragioni di alcuni processi inspiegabili stiano in realta’ nell’individuo stesso: tutti sappiamo cosa succede quando ci si punge un dito, e, cioe’ che poi di fatto il sangue coagula e non si muore (generalmente!) dissanguati.
Determinismo culturale
La questione della guarigione rimanda poi al concetto di salute, che, essendo “cultural dipendente”, assume significati assai diversi a seconda della situazione di riferimento cui si appartiene. Sicuramente c’e’ un’enorme differenza nel modo di concepire la malattia in oriente e in occidente, così come sono diversi gli approcci terapeutici che si utilizzano.
Attualmente le scienze biologiche e mediche, in occidente, con il relativo campo di ricerca, derivano dalla visione cartesiana, per la quale, esiste una divisione tra “res cogitans” e “res extensa”: l’uomo e’ visto come una macchina, (Cartesio si riferiva appunto all’esempio dell’orologio mosso dal Grande Orologiaio), l’individuo sta bene quando tutti i pezzi funzionano a dovere e cio’ costituisce la base della visione meccanicistica.
L’impostazione fondamentale che sottende il modello della societa’ capitalistica deriva dunque dall’intendere la produttivita’ come il valore fondamentale da cui essere guidati, quello che conta e’ il buon funzionamento della macchina, ivi compresa la macchina uomo, e, in questo senso, ogni evento che si frapponga al raggiungimento di questo valore e’ visto come qualcosa di spiacevole e inaccettabile che non va compreso, ma solo eliminato in gran fretta.
In tutto cio’, chiaramente, rientra la questione della malattia, per non palare della morte, eventi ambedue che bisogna tentare o di risolvere in modo illusoriamente perfetto o, dove cio’ non sia possibile, negare, negare sempre tutto, quello che conta e’ il “rendimento”.
E’ evidente quanto quest’impostazione possa forse offrire da un lato garanzie di rigorosita’, ma, per altri versi possa invece rivelarsi assai pericolosa, poiche’ allontana il soggetto dall’assumersi realisticamente la responsabilita’ della propria vita e della malattia, che, se capita, rappresenta in ogni caso un evento che, inevitabilmente, deve inserirsi nel campo della propria esistenza.
Ho usato in precedenza il termine soggetto, che poi e’ il nucleo fondamentale della questione. Per l’appunto, un approccio alla malattia, di qualunque natura sia, non dovrebbe mai limitarsi a indagini anatomopatologiche specifiche sui vari organi, ma dovrebbe tener presente la necessita’ di operare un passaggio dal discorso del “disturbo”, sia esso fisico o psichico, riferito al concetto di “organismo”, a quello di “sintomo”, che introduce alla questione del “corpo”.
Infatti parlare di corpo significa porre il tema dell’amore, quello, per cui Freud introdusse l’argomento del narcisismo: il corpo e’ l’unificazione tra un organismo e l’immagine che di questo si ha.
Tornando alla psicosomatica, mi sembra importante, come si e’ detto, cercare di fare un po’ di chiarezza perche’ con questo temine s’intendono sia gli stati morbosi che possono creare situazioni depressive nel soggetto, sia il fatto che esistono delle possibili cause e concause psichiche nell’eziopatogenesi delle malattie organiche. Personalmente reputo sia più utile inquadrare la questione da quest’ultimo punto di vista e mi sembra utile a tal riguardo la seguente suddivisione in disturbi funzionali e disturbi psicosomatici veri e propri ( e’ evidente che inoltre esistano patologie organiche con eziologia del tutto diversa).
I disturbi funzionali sono quelli che in pratica sono dovuti ad un alterato funzionamento d’apparati ed organi e, rientrano in questa categoria, tutte quelle più o meno lievi patologie per le quali le persone, in genere, si rivolgono ai medici di base e sono ad esempio: il vomito, i rossori, alcuni casi d’enuresi, la tosse psicosomatica, alcuni disturbi della sfera sessuale maschile e femminile, alcuni disturbi gastrici, certe forme di paralisi, la cecita’ isterica ed altri. Tutte queste patologie sono in stretta correlazione con lo stato dell’umore e all’espressione, più o meno intensa, di determinate emozioni che le migliorano o le peggiorano.
I disturbi psicosomatici veri e propri sono invece quelli in cui vi e’ una compromissione d’organo riscontrabile e per questi riporto la classificazione che ne fece Alexander che fu poi riconosciuta dall’OMS negli anni quaranta, visto che la si puo’ ritenere ancora valida :
ulcera gastroduodenale, colite ulcerosa emorragica, artrite reumatoide, ipertensione arteriosa psicogena, tireotossicosi o morbo di Bassedow, psoriasi, asma bronchiale, cefalea emicranica.
Una sfida innovativa
Credo, quindi, che la sfida del futuro sia quella di cominciare ad inserire tra i disturbi psicosomatici veri e propri anche il cancro, le malattie cardiovascocircolatorie e la sclerosi multipla.
Questo, deve essere chiaro, non significa dire che l’eziopatogenesi di tali malattie sia solo ed esclusivamente d’ordine psichico; chi affermasse questo sarebbe completamente fuori strada; ma, e’ probabilmente importante, imparare a considerare che, quasi certamente, in ogni affezione somatica ci puo’ essere una concausa di tipo psicologico sia per quanto riguarda la genesi che per quello che e’ il decorso dell’evento della patologia stessa.
Del resto, rispetto ad esempio al cancro, l’ipotesi maggiormente credibile, per quel che riguarda il suo costituirsi, e’ sicuramente quella trifattoriale intendendo quindi che sicuramente vi sono cause collegabili alle questioni ambientali, altre di tipo familiare e genetico e poi quelle di natura psicologica.
La questione che mi sembra utile tener presente e’ che al momento poco si puo’ fare sul fronte dell’inquinamento dell’aria e dei cibi, specie nei centri industrializzati, poco si puo’ influire, almeno sino ad oggi, sulle questioni inerenti alle predisposizioni genetiche e alle familiarita’ : l’unico aspetto su cui si puo’ forse intervenire e’ proprio quello relativo agli aspetti psicologici, poiche’, in quest’ambito esistono delle effettive possibilita’ di cura.
Sembra tuttavia che, al momento, in Italia esista una certa diffidenza nei confronti di questo discorso. A mio avviso, non e’ ancora davvero attuale una specifica sensibilita’ rispetto alla considerazione degli aspetti psichici delle malattie ne’, a tutt’oggi, sembra essere presente , malgrado i discorsi apparentemente orientati in questa direzione, un’effettiva considerazione del malato inteso come unita’ somatopsichica. Tutti affermano nei vari ambiti che l’individuo e’ un insieme di psiche e corpo ma, nei fatti, la rigida divisione dei due elementi e’ ancora assai diffusa, tanto che, troppo spesso, nelle strutture sanitarie di vario tipo, le persone vengono viste ancora come solo degli organismi, per i quali la considerazione degli aspetti psichici e’ in pratica elusa.
Le ipotesi multifattoriali
Del resto della stretta interazione fra fattori psicosociali e cancro si sono occupati moltissimi autori, ricordiamo ad esempio C. B. Bahnson e M.B. Bahnson (1966) che hanno evidenziato come nella strutturazione della personalita’ degli individui che poi sviluppano un cancro ci sia un’utilizzazione massiccia di meccanismi difensivi quali la rimozione e il diniego; poi Le Shan che ha fatto notare come le persone che sviluppavano un cancro avessero subito, precedentemente, dei lutti significativi o in ogni caso delle separazioni particolarmente sofferte. Un importante contributo e’ stato prodotto dalla scuola francese, con gli psicoanalisti Marty e de M’Uzan che notarono come individui che sviluppavano disturbi psicosomatici presentassero una poverta’ fantasmatica e di “reverie” e una rigida separazione tra dimensioni consce e inconsce, avevano cioe’, in definitiva, quella che si puo’ esprimere come una mancanza di rappresentazioni.
Questi soggetti sono spesso persone che apparentemente sembrano totalmente ben adattate , quelle per la cui definizione verrebbe da usare il termine “normali”.
Utilizzano prevalentemente un pensiero operatorio, cioe’ concreto, in cui, sono quasi assenti, o poco sviluppati, gli aspetti emozionali.
Anche Biondi e collaboratori hanno portato un loro contributo e mi pare interessante citare una delle loro ricerche in cui e’ emerso come persone affette da mastopatia fibrocistica dessero delle risposte alle scale nevrotiche del M.M.P.I. che producevano un’elevazione ai questionari sull’ansia maggiore rispetto a quelle che presentavano un carcinoma mammario.
E’ poi indispensabile citare la ricerca longitudinale condotta da Caroline Bedell Thomas, iniziata nel 1946, su un campione formato da un cospicuo numero di studenti e da un gruppo di controllo, ricerca tutt’ora in corso.
La ricercatrice dimostro’ dopo quasi trent’anni di ricerche come il profilo dei soggetti che svilupparono un cancro fosse di fatto sovrapponibile a quello dei soggetti morti suicidi.
Il professor Gian Franco Tedeschi, in una tavola rotonda del terzo congresso mondiale del I.C.P.M. nel 1975, fece notare come gli psichiatri dell’era prekrepeliniana avessero gia’ scoperto che se degli psicotici gravi avevano degli attacchi di malaria o di tifo con dei conseguenti stati febbrili elevati, interrompevano, almeno transitoriamente, gli stati mentali patologici, inoltre, le terapie biologiche da shock, producevano lo stesso effetto , tanto e’ vero che per un certo periodo, in psichiatria, si cominciarono ad usare il coma insulinico e l’elettroshock per questo tipo di sintomatologie.
Sempre nella stessa sede il professor Claudio Modigliani affermo’ che in definitiva anche la psicosi e’ pur sempre un salvataggio della vita operato dalla natura, “quindi una difesa biologica, che , per quanto pesante necessita del massimo rispetto (….) e, d’altra parte, non tragga in inganno il fatto che il quadro psichico possa parallelamente apparire molto migliorato e sgombro dai sintomi più gravi. Si tratta infatti di pseudoremissioni temporanee che nascondono una fase critica consistente proprio nella compromissione delle difese psichiche e nella regressione al livelli somatici che sono inaccessibili.” (1)
La teoria di Modigliani : “nevrosi e psicosi come modello di salute”
Cerchero’ ora di spiegare meglio quale sia il pensiero di questo psicoanalista che da più di trent’anni si occupa di pazienti definibili come psicosomatici gravi.
Secondo Claudio Modigliani, la salute e la “salvezza” anche psichica dell’individuo, starebbero nella sua possibilita’ di sopportare coscientemente la sofferenza psichica, per cui, la nevrosi e anche la psicosi, con il loro carico di difese e regressioni, rappresenterebbero, paradossalmente, comunque “il modello della salute”. Le sofferenze non percepibili, cioe’ preconsce e inconsce, minerebbero al contrario, pericolosamente, l’integrita’ psicofisica del soggetto. Ci sarebbe pertanto un passaggio tra lo psichico, rappresentato dalle sofferenze inconsce o stress, al soma, rappresentato dal sistema immunitario: questo potrebbe costituire un aspetto importante nell’eziologia delle malattie organiche in genere e del cancro e di altre gravi patologie in particolare.
Mi sembra che le teorie di Modigliani sulla “nevrosi come modello di salute” siano di grandissima utilita’ nell’approccio alla questione psicosomatica e mi sento, dopo tanti anni di lavoro in questo campo, di confermare in pieno questa impostazione.
Solo lavorando con le persone che sviluppano gravi malattie fisiche si puo’ imparare a vedere come di fatto le difese psichiche possano più o meno proteggere dall’insorgere delle patologie somatiche, anche se, la consapevolezza, spesso, comporta il pagamento di prezzi molto elevati in termini di sofferenza psichica. Mai, come in questi soggetti, e’ necessario imparare a dubitare della veridicita’ della ricezione dello stato dell’umore; come diceva Lacan, “sentiment”: il sentimento mente.
Infatti, in genere, le persone affette da cancro, sono, dal punto di vista psicologico, apparentemente sagge e mature, si adattano con compostezza alle traversie della vita e si lamentano, in genere, abbastanza poco; come dire sembrano avere un atteggiamento stoico nei confronti del dolore fisico e morale: molto spesso questi soggetti non sembrano nemmeno troppo spaventati dalla malattia che hanno, ne’ dalle terapie cui dovranno essere sottoposti; di certo appaiono assai diversi, e sembrano lontani anni luce da quelli che invece producono atteggiamenti “sanamente” nevrotici in cui compaiono, al contrario, dimensioni fobiche o ipocondriache
E’ stato ormai riscontrato come il cancro e l’infarto siano le principali cause di morte delle societa’ industrializzate ed e’ ormai evidente la stretta correlazione tra stress e industrializzazione.
Questo e’ un dato importante su cui riflettere ma che puo’ significare cose diverse.
Da un lato e’ appunto sicuramente certo che l’incremento, come si diceva prima, dei fattori d’inquinamento ambientale e gli elementi legati alla familiarita’ e alla genetica abbiano un grosso peso nell’insorgenza di queste gravi patologie, ma, e’ anche vero che, nel nostro tipo di cultura, c’e’ sicuramente un innalzamento dei livelli di stress, che puo’ essere definito come sofferenza inconscia non percepibile.
Rapporto tra stress e sistema immunitario
Com’e’ noto, il termine stress, che di per se’ significa “sforzo”, fu introdotto nel 1936 da Hans Selye che, insieme a Walter Cannon scoprì quella che fu definita “sindrome generale di adattamento”. Tale quadro sintomatologico da’ luogo ad una risposta biologica fondamentale e aspecifica dell’organismo che consiste nell’attivazione dell’asse che lega l’ipofisi al surrene e che produce appunto, un’ipertrofia della corteccia della ghiandola surrenale. Questa, a sua volta, crea un’atrofia del timo, che peraltro e’ la ghiandola che svolge un importantissimo ruolo nel sistema immunitario. Inoltre Cannon spiego’, sulla scia di Freud, come l’organismo cerchi di mantenere quella che definì “omeostasi” e come questa venga appunto disturbata dagli agenti stressanti sia fisici che psichici.
Stimoli esterni o interni pericolosi o ritenuti tali, producono comunque delle conseguenze sull’organismo. Certamente per permettere il mantenimento dell’omeostasi e’ fondamentale il ruolo che svolge il sistema immunitario che e’ preposto alla difesa biochimica dell’organismo nei confronti delle malattie e delle infezioni.
Ormai, emerge sempre più chiaramente, come lo stato dell’umore influenzi il sistema immunitario e sono numerosissimi gli studi che confermano la stretta connessione, gia’ accennata, tra la depressione e l’abbassamento delle difese immunitarie. Cito un interessate studio, che mi pare confermi le ipotesi gia’ avanzate da Le Shan (1958) di un gruppo di medici australiani che effettuarono esami di laboratorio su ventisei persone che avevano perso il coniuge poco tempo prima.
Chiaramente i medici volevano evidenziare come il lutto producesse un’incidenza sfavorevole, con conseguente abbassamento delle dimensioni immunitarie: questo emerse chiaramente e, infatti, dall’esperimento risulto’ che le cellule preposte alla difesa biochimica dell’organismo dei soggetti che avevano subito un lutto, erano molto più deboli, e producevano, alle stimolazioni immunitarie, delle reazioni poco appropriate (Schedlowski.M.,1994).
Bisogna pero’ tener presente che non si deve criminalizzare lo stress in quanto tale, perche’ oltre a quello negativo ne esiste uno positivo.
Quello nocivo e’, come si diceva prima, quello rappresentato dalla sofferenza inconscia, quel dolore di vivere non percepito che puo’ portare alla costruzione di assetti difensivi troppo rigidi e patologici, per il mantenimento dei quali si pagano dei prezzi assai elevati.
Le difese psichiche servono per vivere ed e’ certo che e’ il tipo di strutturazione psichica che determina il modo in cui ci si relaziona alle varie questioni che la vita pone.
Nuove esperienze alla luce del pensiero di Lacan
I soggetti che sviluppano un cancro, almeno questa e’ la mia esperienza, sono persone disperate che non sanno di esserlo; sono individui che a causa di dimensioni narcisistiche esasperate vivono la vita ad un livello di insopportabilita’ di cui pero’ sono completamente inconsapevoli a causa dell’uso massiccio di meccanismi difensivi, quali appunto, la rimozione e il diniego.
A tal riguardo e’ bene ricordare che il narcisismo esasperato puo’ costituire una profondissima ferita che condanna il soggetto a non poter attuare, di fatto, delle modalita’ minime di separazione, indispensabili alla sopravivenza: la soggettivita’ e’ totalmente schiacciata dal desiderio dell’Altro, che diventa la dimensione che si e’ costretti a privilegiare, sempre e comunque, a discapito di se stessi.
La possibilita’ di sviluppare un desiderio individuale presuppone che il soggetto sia arrivato alla questione della Legge che e’ quello che permette quindi di scegliere, avendo potuto accettare la castrazione simbolica: questa e’ la condizione necessaria per diventare soggetti individuati che possono esistere al di la’ della schiavitù delle pulsioni e dell’assoluta necessita’ dell’economia del bisogno.
Una legge serve ad evitare, per quanto possibile, di far del male a se’ e agli altri, e non rappresenta quindi solo uno scopo ma, serve a tenere in piedi il livello del gioco, ivi compreso quello della vita, permettendo così l’esistenza di un legame sociale abbastanza umano. Quando si va “Al di la’”, come Freud (1920) ci ha detto, le cose cambiano e, senza peraltro saperlo, si rinuncia alla dimensione del piacere che e’ quella che presuppone l’economia del desiderio. Si va allora verso il godimento non articolato al significante che si attacca invece alla questione del bisogno, si perde quindi quel po’ di liberta’ cui puo’ tendere l’essere umano: il godimento di per se stesso cerca delle soddisfazioni altre che sono quelle che hanno a che vedere col dolore e con la morte.
I sintomi sono formazioni dell’inconscio che hanno una struttura di linguaggio e presuppongono quindi la possibilita’ della sostituzione e della metafora (come dire “c’e’ una cosa al posto di un’altra”) e inoltre hanno un senso che puo’ essere interpretato alla luce delle prime esperienze del soggetto. Nella “questione psicosomatica”, invece, si deve parlare di “fenomeni”, in cui sembra che nel corpo stesso sia scritto quel qualcosa che il soggetto non riesce a leggere.
L’argomento fondamentale della cura diventa percio’ come far leggere al soggetto cio’ che di fatto e’ scritto nel corpo .
Lacan sosteneva che i fenomeni psicosomatici sono appunto legati ad effetti di linguaggio ma che sono fuori soggettivazione; si e’, pertanto, in una situazione in cui non e’ possibile arrivare alla domanda e tanto meno al sintomo analitico, si e’, insomma, al livello di “olofrase”.
Le persone che sviluppano un cancro sono in genere distrutte psicologicamente anche se non ne sono consapevoli e il soggetto non riesce ad emergere, non sono quindi in grado di combattere per la vita vissuta come espressione di se’ contro le interferenze dell’ambiente; come si e’ gia’ detto, sono degli individui adattabili che pero’ di fatto esprimono invece un’incondizionata resa totale .
Si potrebbe quindi pensare che la struttura che sottende l’ammalarsi di cancro, o comunque di malattie psicosomatiche gravi, abbia a che vedere per qualche verso con il discorso della melanconia, in cui e’ presente la completa impossibilita’ di elaborare il lutto. Si pone pertanto la questione “dell’oggetto impossibile” quello cioe’ che non si puo’ relativizzare, l’oggetto inteso come un tutto che deve soddisfare in modo perfetto e non perfettibile. Come dire: “ o così o morte”.
Sembrerebbe quindi che per questi soggetti non esista la possibilita’ di giungere alla dimensione dell’oggetto parziale, che rappresenta poi la grande scoperta della psicoanalisi, per cui non si puo’ identificare una articolazione adeguata tra piacere e godimento.
Quello che sembra quindi importante per affrontare le gravi patologie psicosomatiche sembra essere l’offrire un intervento che prenda in considerazione con maggior forza gli aspetti psichici, oltre che organici, delle malattie, per cercare di permettere a questi pazienti di acquisire una posizione per cui, comprendendo un senso diverso che la loro vita potrebbe assumere, comincino in pratica a “temere” la morte e attivino le energie e le risorse personali per la costruzione di un progetto, così che la malattia possa diventare l’occasione per una rinascita.
Credo altresì che per giungere a questo sia indispensabile un approccio olistico al malato considerato come unita’ costituita da tre livelli: relazionali e sociali, biologici e biochimici, cognitivi ed emozionali. Non ci si deve riferire percio’ ad un discorso di mera causa effetto rispetto ad uno stress psichico che scarica sul corpo e lo fa ammalare, ma si deve pensare ad un sistema aperto in cui ci sono scambi tra l’ambiente e i sistemi di informazione dello psicosoma e cioe’ sistema nervoso, endocrino ed immunitario.
Dopo molti anni di lavoro individuale e di gruppo, sia in ambiti istituzionali che con persone affette da malattie psicosomatiche gravi, ho messo a punto un nuovo metodo che mette insieme, con alcune modifiche, le esperienze elaborate con il professor Modigliani, quelle compiute con lo psicodramma analitico e quelle relative alla tecniche di rilassamento psicofisico e di visualizzazione.
A questo proposito e’ importante fare un accenno al fatto che nell’ambito della cura delle malattie psicosomatiche si puo’ far ricorso anche all’utilizzazione dell’ipnosi e di alcune tecniche suggestive.
Mesner, nel 1773 scoprì, quello che denomino’, “magnetismo animale”, prendendo spunto dalla teoria gravitazionale di Isaac Newton.
Tecniche suggestive
Nel 1841 Sir Brad denomino’, poi, ipnosi (dal greco hypnos) sonno, le tecniche di fissazione dello sguardo e di suggestione. Charcot prima e Freud dopo, ripresero tutto questo e provarono a curare i disturbi isterici con l’ipnosi.
Come e’ noto, Freud e’ stato l’inventore della teoria della libido e dello sviluppo delle nevrosi e il modello che lui propose spiega i fenomeni isterici per via dell’articolazione tra aspetti somatici, psichici e sociali.
Fu Freud che introdusse il concetto di “conversione” che gli permise di spiegare il salto tra lo psichico e il somatico: il sintomo corporeo e’ il rappresentante dell’esperienza rimossa nell’inconscio, cioe’, l’espressione simbolica del conflitto tra desiderio sessuale rimosso e difesa
All’inizio quindi Freud utilizzo’ l’ipnosi per curare l’isteria ma poi si rese conto che le dimensioni nevrotiche non erano affrontabili con questo strumento e quindi l’abbandono’.
La suggestione e’ una situazione in cui si presenta un preciso stato di coscienza, una specifica modalita’ di ricezione del messaggio ( su cui di fatto viene operato un basso controllo cosciente) e, inoltre, lo sviluppo di una particolare modalita’ di apprendimento. Tutto questo crea una relazione, del tutto caratteristica, tra paziente ed ipnotizzatore.
e’ bene tener presente che, per molto tempo, la medicina ha utilizzato, senza saperlo, proprio la suggestione, e si sa benissimo quanti e quali effetti si possano ottenere utilizzando anche il placebo.
La suggestione in effetti e’ il supporre che esista un Altro, per giunta immaginato anche come pieno; un altro che sia, in definitiva, proprio un grande Altro. E’ appunto questo che determina la potenza della parola, come ad esempio, quella della madre al suo bambino, quella parola che a volte poi si inscrive, spesso indelebilmente, nell’essere stesso.
Quindi, come afferma Jacques Alain Miller (1991)“ il fattore chiave di ogni psicoterapia e’ che esiste un Altro, che possiamo scrivere con la A maiuscola, un Altro che dice quello che bisogna fare e al quale il soggetto che soffre obbedisce e da cui attende approvazione.”
La differenza tra psicoterapia e psicoanalisi sta proprio nella scoperta del transfert che e’ poi la messa in questione dell’analisi della suggestione, ma in analisi l’immagine dell’Altro si articola alla parola e cioe’ l’immagine si articola al simbolo.
Nella suggestione, così come in alcune psicoterapie, esiste il dominio dell’immagine dell’Altro sul soggetto, Altro che viene quindi interpretato come padrone. Questo produce poi un effetto di significazione e una identificazione all’Altro che, come dice Jacques Alain Miller (1991), “fa si che a questo livello la psicoanalisi abbia una base comune con la psicoterapia, e cioe’ un funzionamento attraverso l’identificazione, come punto di partenza”.
Esistono prove scientifiche che indicano come a volte si possano utilizzare tecniche suggestive sia nella cura dei disturbi psicosomatici che di quelli organici, oltre anche a volte interventi sul dolore.
Cito ad esempio quello che riferisce l’ipnologo X. Barber del Cushing Hospital di Framingham (1958) e che cioe’ si riesce a produrre la sensazione e i segni fisici delle ustioni attraverso la suggestione, inoltre questa ha un effetto immediato nel far scomparire ad esempio le verruche e vari altri fenomeni cutanei come ha dimostrato Ted Grossbart.
Lo stress, come si e’ gia’ sottolineato produce un abbassamento delle difese immunitarie attraverso la produzione di ormoni adrenocorticoidi e si e’ scoperto come sia possibile abbassare nel plasma il livello di questi ultimi utilizzando l’ipnosi e le tecniche di rilassamento psicofisico .
E’ necessario anche citare Carl e Stephanie Matthws Simonton (1980) che hanno creato, in California il Simonton Cancer Center. Questi due ricercatori, nel programma che attuano ai loro pazienti oncologici, applicano anche tecniche di “imagery” di cui e’ certa una qualche efficacia anche se i dati che si hanno al momento sono ancora da perfezionare.
Secondo Claudio Modigliani le persone che sviluppano malattie psicosomatiche gravi sono quelle in cui si puo’ individuare quello che lui definisce “omeostasi masochistica” intendendo con questo un tipo di situazione psichica in cui prevale l’egemonia di un Super io arcaico del tutto persecutorio e che in virtù di questa loro strutturazione hanno una grande difficolta’ a sottoporsi ad un trattamento psicoanalitico classico. In alcune circostanze, con questi soggetti, e’ possibile invece cominciare un trattamento iniziando ad insegnare loro le tecniche di rilassamento, quelle autoipnotiche e quelle di imagery: “La suggestione – come dice appunto il professor Claudio Modigliani – e’ spesso la lingua che il Super io puo’ comprendere, l’unica che i malati psicosomatici possono ascoltare, almeno all’inizio”. (2)
E’ importante sottolineare infatti che possono essere proposte delle pratiche che pur essendo terapeutiche, non costituiscono specificatamente l’applicazione del discorso analitico propriamente detto, ma, quel che conta, e’ tener presente le linee di forza dell’analisi e di conseguenza la conoscenza della struttura dell’inconscio che da questa deriva.
Il valore dello psicodramma per i “miei” pazienti
Il nuovo approccio da me proposto che si chiama N.M.P.M.P. ( Nuovo Metodo Psicoterapeutico Malattie Psicosomatiche) si pone l’obiettivo di potenziare le risorse psichiche, consce e inconsce, dell’individuo in modo tale che la conseguente modifica dello stato dell’umore e, ove possibile, un più profondo cambiamento di posizione soggettivo permetta di riappropriarsi della volonta’ di vivere in modo più desiderante con una conseguente riattivazione del funzionamento del sistema immunitario, e per quanto possibile l’emersione del soggetto dalle trappole di un immaginario troppo cristallizzato.
A tal riguardo e’ importantissimo l’uso dello strumento dello psicodramma analitico freudiano da me applicato sempre con particolari cautele e accorgimenti specifici, in quanto permette di “metter al lavoro” il soggetto del portatore di una malattia psicosomatica grave in un modo particolarissimo e assai proficuo ( e’ bene ricordare a tal riguardo che il soggetto e’ quello dell’inconscio e che quindi non coincide con l’Io).
Freud sapeva che il desiderio di giocare era il risultato del desiderio infantile di poter esprimere degli impulsi proibiti, o ritenuti tali, ma questo si puo’ attuare solo a patto che possa essere effettuato il mascheramento simbolico di questi. Nel gioco del rocchetto il piccolo Ernst impara a fare i conti con la separazione, impara che si puo’ scegliere di sopportare una perdita e non rimanerne necessariamente distrutti.
Fu la Klein che introdusse l’utilizzazione del gioco nella pratica analitica. Ella comprese che una scena interna puo’ svilupparsi, in modo proiettivo, su uno spazio esterno, uno spazio rappresentativo, in cui si chiama in causa innanzi tutto il proprio corpo
E’ fondamentale, con i pazienti psicosomatici gravi l’utilizzo dello psicodramma analitico precisamente perche’ consente al soggetto, attraverso il gioco, di assumere un po’ alla volta l’utilizzazione di una parola, unica e personale, che permette di spostare la propria posizione nei confronti di un piccolo altro, vissuto a volte come assoluto; il paziente quindi puo’ dirsi, un po’, e alla volta, delle verita’ così scomode da sopportare, per mantenere le quali, spesso sceglie di sopportare il prezzo di finzioni che mutilano e sviliscono.
Questo processo così doloroso e’ proprio quello da cui si difendono in tutti i modi, molto spesso, proprio le persone che sviluppano le gravi malattie organiche, in virtù, appunto, della loro specifica strutturazione. La mia esperienza mi ha mostrato specificatamente, come di fatto sia più praticabile, almeno all’inizio di un trattamento, proporre ai pazienti un lavoro in gruppo, piuttosto che uno individuale, considerato spesso da questi soggetti come troppo pericoloso, cosa questa che poi puo’ produrre delle fughe da un iter terapeutico.
Mi pare inoltre importare ribadire l’efficacia dello psicodramma analitico in quanto terapia in gruppo e non di gruppo, perche’ i soggetti di cui stiamo parlando, presentano la specifica necessita’ di individuarsi e poi interrogarsi sulla confusione che hanno con il loro Altro; le dimensioni immaginarie in cui sono immersi sono collettive ma il gioco e’ individuale e il poter rappresentare momenti cruciali del proprio discorso soggettivo permette sicuramente un’apertura di vitale importanza difficilmente realizzabile con altri tipi di intervento psicoterapico, ribadisco, almeno nelle fasi iniziali del trattamento.
Del resto, lo psicodramma analitico, e’ un lavoro che dovrebbe poter portare il soggetto a sopportare la castrazione dell’Altro e permettere quindi una apertura all’analisi.
Tutto cio’, consente al paziente, di accettare in modo più costruttivo la collaborazione con i medici e con le cure sanitarie di tipo chemioterapico, radioterapico o altro.
Ovviamente si deve immaginare anche una cooperazione più positiva con le figure mediche e infermieristiche per dar loro uno spazio, ove richiesto , nell’affrontare lo stress che l’attivita’ medica , con pazienti ad esempio neoplastici, comporta.
Anche se non sono in grado di fornire dei dati standardizzabili, posso affermare che i risultati del lavoro che svolgo con i pazienti psicosomatici gravi da diciotto anni, sono molto promettenti.
Nella quasi totalita’ dei casi ho verificato una remissione delle sintomatologie collegate alle malattie neoplastiche che i soggetti presentavano, pressoche’ completa e , a parte un caso, per me assai doloroso di una paziente deceduta, tutti gli altri sono ancora in vita.
Come dicevo, la persona, che purtroppo e’ morta, ha comunque potuto vivere un altro anno, rispetto alle previsioni che le erano state fatte sui tempi di sopravivenza, in modo del tutto “sereno” e senza sintomatologie che minassero un andamento di vita autonomo e soddisfacente, cosa apparsa miracolosa, a detta degli stessi medici che la seguivano.
Personalmente non posso quindi che affermare l’assoluta importanza e necessita’ che possa sempre più essere preso in considerazione un serio e mirato intervento psicologico nell’affrontare le malattie organiche, specialmente se gravi. Purtroppo, come ho accennato in precedenza, al momento non mi sembra che questo tipo di approccio sia valutato quanto meriterebbe, tant’e’ che io svolgo da anni, almeno per quel che riguarda il lavoro nelle istituzioni, la mia attivita’, in collaborazione col Servizio Sociale di un grande ospedale romano (attivita’ peraltro richiestami a gran voce dai pazienti e da alcuni medici), a titolo del tutto volontaristico e gratuito.Vengono spesi, e guai se non fosse così, miliardi, per le varie forme di sperimentazioni che riguardano le cure farmaceutiche per le neoplasie. Ma, almeno questa e’ la mia esperienza, quando si prova a far prendere in considerazione interventi a livello psicoterapeutico, le cose cambiano, come se ancora non si riconoscesse una reale dignita’ alle psicoterapie che ancora a volte vengono considerate come degli interventi piuttosto estemporanei e superficiali.
A tal riguardo mi preme sottolineare che l’intervento psicoterapeutico, per i soggetti con patologie organiche o psicosomatiche gravi, e’ comunque estremamente delicato e quindi e’ indispensabile che chi vuole lavorare in questo ambito abbia alle spalle un lungo ed efficace training personale e di formazione specifico. Infatti, come si e’ tentato di sottolineare in questo scritto, questi pazienti sono portatori, probabilmente, di un livello di patologia psichica molto elevato, anche se nascosto e apparentemente neutralizzato, e quindi necessitano di una capacita’ di ascolto e diagnostica da parte dello psicoterapeuta molto consolidata.
Note
(1) “La malattia psicosomatica come alternativa alla psicosi”. Tavola rotonda “Therapy in psychosomatic medicine” a cura di F. Antonelli, Atti del 3° Congresso Mondiale dell’ International College of Psychosomatic Medicine, Roma, sett. 1975.
(2) “The limits of the power of suggestion in psychosomatics” in “Giornale Italiano di Psicologia Clinica”, Carucci Editore, Roma, 1986 n°1
vedi: INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA – Campi MORFOGENETICI
Bibliografia
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(1950), Psychosomatic Medicine, New York, Norton; trad. it. Medicina Psicosomatica, Firenze Marzocco, 1951.
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Articolo pubblicato in CORPO e GRUPPO
“Quaderni di Psicoanalisi e Psicodramma Analitico” –
Anno I – n. 1 –2 Giugno-Dicembre 2002
By Fabiola Fortuna
Tratto da: psychomedia.it
ECCO perche’ OCCORRE ASSOLUTAMENTE il PROTOCOLLO ADATTO per TENTARE di RIABILITARE CONTEMPORANEAMENTE SPIRITUALMENTE ed ENERGETICAMENTE il MALATO, QUANDO lo si CURA fisicamente con le GIUSTE e NATURALI TERAPIE RISANATRICI.
Questa e’ l’enorme responsabilita’ che anche i tecnici che lavorano nella sanita’, debbono assumersi, ma che per ora latitano !
vedi Cure Naturali + Protocollo della Salute
Psicosomatica: l’unione e la interrelazione continua tra Mente e Corpo
Quando si parla di psicosomatica con dei profani, la mente vola facilmente a fantomatiche pratiche terapeutiche assimilabili a riti arcani, incomprensibili e meramente scenici, fatti di fumo, canti, balli e tanta fantasia. Quando però la conversazione riesce a scendere più in profondità, non tanto, giusto un poco più sotto del livello da social network che oggi va tanto di moda, ci si rende conto che c’è molto di più di quello che si pensa e si crede. Si può altresì concepire l’idea che la psicosomatica sia una faccenda tutta interna alla strana medicina cinese o indiana…orientale per così dire, ma anche se si lascia in disparte tutto il filone asiatico e più antico delle arti medicinali e ci si concentra solamente sul mondo e sulla cultura occidentale, si scopre con sorpresa che la psicosomatica è molto più di un qualcosa di remoto e recondito.
Se tutta la vita “psichica” umana può essere ridotta all’inconscio – cioè a un principio oscuro definibile solo negativamente come “non-conscio” -, perché non dovrebbe essere possibile ridurre a un sottofondo inconscio e oscuro anche la vita organica dell’uomo ?
Tra i discepoli di Freud, Ferenczi inventa la “bioanalisi“, “l’analisi dei regni della vita situati al di fuori della sfera puramente psichica“, e riduce la vita psichica e organica degli uomini, e in seguito di tutti i viventi, a un misterioso principio comune, il Bios (9).
Per Groddeck, amico e collaboratore per anni sia di Freud che di Ferenczi, il passaggio ferencziano al Bios non basta ancora: il sottofondo oscuro deve essere identificato come background non solo dell’uomo e dei viventi, ma di tutto l’universo. Il riduzionismo giunge alle conseguenze estreme: Groddeck vede in quello che chiama Es non soltanto l’inconscio dell’uomo, ma la trama del mondo, ciò a cui è possibile ridurre la vita degli uomini, psichica e organica, la vita dei viventi diversi dall’uomo e persino la non-vita. L’Es di Groddeck è certamente l’inconscio: ma è anche – panteisticamente – l’anima dell’universo.
La medicina di Groddeck consiste nella fusione fra la psicosomatica di Schweininger e la psicanalisi di Freud: tutte le malattie derivano dall’inconscio, sono modi di esprimersi dell’Es, che attraverso l’alterazione organica comunica un messaggio. Applicando una distinzione proposta da Sedlmayr per la storia dell’arte, si può dire che dopo il realismo banale della medicina positivistica Groddeck rovescia per diametrum il super-realismo medico medievale (dove la malattia non era solo un fatto, ma un significante morale e religioso) in un surrealismo medico che è sub-realismo, riferimento del male fisico non a influenze superiori, ma a forze infere.
Ogni malattia è un segnale psicosessuale che proviene dal mondo oscuro dell’universale inconscio. Talora il male ha un fine utilitaristico: una febbre che ci costringe a casa per evitarci un impegno indesiderato; la miopia ci evita di vedere cose sgradevoli; altre volte, la malattia è una punizione dell’Es: “chi si fa male a un braccio, ha peccato con esso o con esso intendeva peccare“, “chi è rauco ha un segreto che non osa rivelare ad alta voce” e cosi via. Ma, soprattutto, l’infermità ha un significato specificamente sessuale: l’espettorazione del tisico riproduce l’orgasmo e ne rivela il desiderio represso; il gozzo maschile (di cui soffrì lo stesso Groddeck) svela l’aspirazione segreta dell’uomo a essere donna e ad avere gravidanze; il cancro è da sempre collegato al granchio e al complesso simbolismo erotico di questo animale; la morte stessa, infine, è una fuga dal mondo, che le frustrazioni hanno reso angoscioso, giacché “in realtà muore solo chi vuole morire, colui per il quale la vita è divenuta insopportabile”.
GRODDECK nel CORPO – I SIMBOLI dell’ANIMA.
Per Groddeck l’inconscio non parla soltanto in sogno, si esprime anche per mezzo di un gesto, nel corrugarsi della fronte, nel battere del cuore. Ogni sintomo è un simbolo, un messaggio di un malessere più profondo che dovrebbe essere tradotto e portato alla coscienza razionale.
Genio sregolato, uomo di scienza e, a suo modo, filosofo: ecco un sintetico ritratto di George Walther Groddeck, uno dei personaggi più originali, inquietanti e autentici della storia della medicina moderna e della psichiatria dinamica. In realtà, dire che Groddeck sia stato uno psichiatra è limitativo, e probabilmente alle sue stesse orecchie suonerebbe come una svalutazione. Egli fu, infatti, medico nel senso più genuino del termine. Fu conscio dei limiti razionali della medicina, fu un guaritore e, nel contempo, un sottile
teorico. Ma fu soprattutto un medico, sensibile ai problemi posti dalla malattia e dalla sofferenza. Che abbia “inventato” un suo metodo di cura fondato sulle scoperte della psicoanalisi, che abbia adottato tecniche terapeutiche psicologiche, che abbia infine fondato una vera psicoterapia del corpo, sono fatti che appaiono del tutto incidentali nella sua vicenda biografica. Una vicenda che non può non incuriosire per le sue caratteristiche di spregiudicata originalità e di assoluto anticonformismo. Non stupisce il fatto che nella storia della medicina e della psichiatria il suo nome sia stato quasi del tutto dimenticato. Groddeck fu, infatti, un personaggio scomodo, che non si ricorda né facilmente né piacevolmente. Eppure, oggi, in un momento storico che vede l’affermazione della “psicosomatica” come disciplina autonoma e indipendente, con propri modelli e propri metodi terapeutici, ricordarne l’opera equivale a tracciare un profilo biografico di uno dei suoi indiscutibili pionieri.
George Walther Groddeck era in qualche modo “figlio d’arte”; suo padre era medico, ed educò il figlio (quarto e ultimo, nato nel 1866) secondo i parametri educativi prussiani, inviandolo, per ricevere l’educazione reputata necessaria, nel collegio di Pfurt, in Sassonia, noto sia per la qualità che per il rigore dell’insegnamento.
Groddeck non ne apprezzò probabilmente quest’ultima caratteristica, rivelando ben presto quel carattere insofferente, sempre teso ad una originalità spesso spregiudicata che lo avrebbe caratterizzato per tutta la vita.
Un dissesto economico gravissimo costrinse la famiglia a trasferirsi a Berlino, e il giovane George la raggiunse, dopo avere finito gli studi in collegio, iscrivendosi poi a medicina nel 1885, poco dopo la morte del padre. Laureatosi (nel frattempo era morta la madre) divenne ufficiale medico e per otto anni servì professione e patria contemporaneamente. Già allora, comunque, era assai poco ortodosso nelle sue scelte professionali.
Era un fervente ammiratore di Ernst Schweninger, medico personale del Cancelliere di ferro, Otto Bismark.
Schweninger era convinto che la terapia ideale dovesse essere naturale, basata su diete e massaggi, seguendo una tradizione comune all’antica tradizione medica occidentale e a quella orientale. Groddeck ne era tanto convinto sostenitore che, lasciato l’esercito nel 1897 (con un senso di profonda insoddisfazione) si trasferì a Baden-Baden per andare a dirigere una clinica nella quale Schweninger, che ne era proprietario, applicava i suoi eterodossi metodi di cura. Durò tre anni questa collaborazione con suo grande ispiratore, poi piantò tutto e si diede alla libera professione. Successivamente fondò una clinica a sua volta, nella quale applicava i metodi di Schweninger. Niente di originale, dunque, se si esclude forse un senso di innovazione che sembrò sempre essere il suo nume ispiratore. Mostrava però già una caratteristica che si sarebbe riflettuta anche nella sua successiva attività, e cioè una viva propensione verso la letteratura e la poesia. Non è un caso che le sue prime pubblicazioni non avevano nulla a che vedere con la scienza, in nessun senso: romanzi, raccolte di versi, persino un saggio critico sul teatro di Ibsen. In questa sua vocazione, però, Groddeck mostrava già un tratto caratteristico del suo pensiero che rimase sempre distante anni luce dalla filosofia scientifica allora imperante. Era infatti un romantico (e tale rimase sempre) confusamente convinto della sostanziale importanza del mondo irrazionale che domina l’essere umano e che ne condiziona le scelte, anti-positivista per definizione, tendenzialmente mistico. Già in questo differiva da quello che sarebbe diventò per lui un venerato e venerabile maestro di pensiero, Sigmund Freud, la cui opera cominciava allora ad imporsi sulla scena medica e psicologica internazionale.
Di Freud condivise la preparazione letteraria, la predisposizione alla filosofia, ma nient’altro. Tanto positivista fu Freud (“biologo dell’inconscio”, come è stato definito), tanto irrazionale e fuori da ogni schema di riferimento scientifico fu Groddeck. In ogni caso nessuno dei pionieri della psicologia dinamica ebbe in comune con lui la sua sfrontatezza nell’affrontare problematiche palesemente eretiche; Groddeck aveva le sue idee, di una originalità talvolta stramba e provocatoria. Le sue concezioni dottrinarie di quel primo periodo di attività clinica sono tutte riassunte nella sua prima opera scientifica, per quanto questo aggettivo sia difficilmente applicabile a tutta la sua opera, nel senso stretto del termine. Si tratta di un volume dedicato alle idee e al lavoro di Schweninger, dal titolo di Nasamecu, dalle lettere iniziali delle parole latine Natura Sanat, Medicus Curat, un titolo dallo stile tutto “groddeckiano”.
Nel libro espose candidamente quella che si potrebbe definire la sua teoria dell’ignoranza medica. Il medico, per Groddeck, sa poco e quello che sa è talmente incompleto da non essere assolutamente utilizzabile per un progetto terapeutico. Egli deve quindi evitare di lasciarsi prendere da un inutile “furore terapeutico”, ma deve agire con la sua sola presenza. Essa può suscitare nel malato le forze risanatrici della natura, insiste in ogni organismo, e che si attivano quando adeguatamente assecondate. E’ la natura, insomma, che può guarire, e il medico ne deve essere silenzioso tramite.
E’ chiaro che queste teorie, per quanto estremamente affini all’antica tradizione medica sia occidentale che orientale, erano già di per sé agli antipodi della medicina moderna. Si viveva in un periodo di straordinari progressi nella diagnosi di una infinità di malattie. Pasteur aveva già aperto la strada allo studio dell’infinitamente piccolo come causa di malattia, e Virchow aveva stabilito principi assiomatici inderogabili che costituivano ormai uno dei paradigmi che avrebbero dominato la medicina per anni: la stretta correlazione tra causa ed effetto nella patologia, la causazione meccanica e la concezione materialistica del nesso tra salute, malattia e guarigione. Il medico, per questa filosofia, era necessariamente momento attivo, e non passivo, come suggeriva Groddeck: la sua funzione era perfettamente adeguata alla filosofia positivista imperante. Groddeck, già allora, si era volto in una direzione diametralmente opposta.
GRODDECK, FREUD e la PSICOANALISI.
La svolta decisiva nella carriera scientifica di Groddeck avvenne comunque dopo il 1909. Secondo quanto lui stesso ha raccontato in un libro che è giustamente considerato il suo capolavoro (Il libro dell’Es), stava attraversando un periodo di profonda crisi. Costantemente inquieto, sempre alla ricerca di qualcosa che lo gratificasse autenticamente, si era reso conto di essere profondamente insoddisfatto dalla sua professione.
“Mi sentivo invecchiare, -scrive- uomini e donne non suscitavano più alcun interesse in me, ero stanco e disgustato delle cose che prima amavo, e, soprattutto, mi ero stufato della mia professione di medico, e la praticavo solo per guadagnare soldi”.
Fu in quel periodo che, attratta dalla sua fama di medico – guaritore, venne da lui una donna gravemente ammalata, che aveva già subito due interventi chirurgici. Non sappiamo che malattia avesse, ma Groddeck tiene a sottolineare che non si trattava di disturbi psichici, bensì di problemi organici. Rimase paziente di Groddeck per 14 anni, e il loro fu un rapporto stranissimo, quasi magico. Groddeck, che sino ad allora si era avvalso moltissimo della suggestione, tentando, come dice egli stesso, di cambiare l’atteggiamento e influenzare la personalità del malato per piegarlo ai suoi voleri terapeutici, si rese conto che tra lui e la paziente si era stavolta creato un rapporto totalmente diverso: erano gli atteggiamenti di lei ad influenzare lui, che tentava quindi inconsciamente di modificarsi per poterle recare inconsciamente sollievo, fisico e psicologico. Scoprì anche che la paziente descriveva il suo mondo, il suo corpo, i suoi disturbi mediante simboli, allusioni metafore, che coprivano un significato profondo, sfidandolo quasi a interpretarlo. Spesso in questo tentativo di interpretazione, cozzava contro un atteggiamento ostile, coartato della donna, che si opponeva a che venisse spiegato il senso dei simboli che impiegava.
Quando riusciva a superare queste barriere psicologiche, i sintomi organici miglioravano. Intuitivamente, Groddeck aveva scoperto il transfert, le resistenze e i meccanismi di simbolizzazione. Nello stesso tempo, proprio nel fare questo, aveva scoperto la psicosomatica. La mente, con le sue multiformi espressioni, poteva influenzare il corpo, determinarne la malattia, decretarne la guarigione. In fondo qualcosa che aveva sempre brillantemente intuito.
Groddeck aveva insomma fondato, indipendentemente da ogni altro, una sua “psicoanalisi del corpo”, parallelamente alla “psicoanalisi della mente” creata da Sigmund Freud. Nella sua clinica privata a Baden-Baden integrando queste nuove idee con quelle ereditate da Schweninger conduceva la sua attività terapeutica. Una attività nondimeno strana: utilizzava diete e massaggi, ma anche la sua psicoanalisi, la sua interpretazione dei simboli inconsci del paziente che si esprimevano attraverso il corpo. Di questa pratica faceva anche parte l’infliggere dolore (psichico) al paziente: dalla reazione di difesa contro il dolore, sorgeva, nei pazienti, la volontà di guarire. Era un modo per suscitare, insomma, quelle forze risanatrici dell’organismo che sonnecchiavano in ogni malato. Nello stesso tempo il dolore provocato con le sue indagini simboliche poteva anche dargli suggerimenti per la cura da effettuare.
Alla base della sua teoria stava la convinzione, tutta empirica, che l’inconscio avesse delle solide basi nell’organico: “…mi sono imbattuto per caso nell’idea – scrive – che, oltre all’inconscio del pensiero cerebrale, vi è analogamente un inconscio di altri organi, di cellule, tessuti e via dicendo, e che grazie all’intima connessione fra queste singole unità inconsce e l’organismo si può esercitare un influsso salutare sulle singole unità attraverso l’analisi dell’inconscio cerebrale”. Insomma, una “mente centrale” coordinava l’attività di tante menti calate nella materia, per cui poteva esistere una mente del cuore, una mente dello stomaco, una mente del rene, ognuna con un suo proprio psichismo strettamente interconnesso a quello centrale. Ogni malattia dell’organo esprimeva un disagio psichico che, simbolizzato, non poteva più essere tradotto in termini coscienti.
Come se, insomma, si creasse un “corto circuito” tra cervello e organo che fosse riparabile solo interpretando il messaggio simbolico che l’organo malato esprimeva con la malattia e reintegrandolo nella vita emotiva del paziente.
Il libro dell’Es, l’opera più universalmente notadi G. W. Groddeck, nell’edizione italiana. [foto 2]
Il suo approccio psichico alle malattie organiche non gli impedirono di essere caustico verso la psicoanalisi, alla quale rivolse alcune vibrate critiche nel suo Nasamecu. Successivamente, la lettura di Psicopatologia della vita quotidiana e dell’Interpretazione dei sogni di Freud lo convertirono alla psicoanalisi. “Questi libri – scrive – ebbero su di me un effetto così sconvolgente che, pur consapevole di privarmi di uno straordinario arricchimento delle mie conoscenze e della mia vita, non lessi fino in fondo né l’uno, né l’altro”. Poi, decisosi alla lettura, non gli restò altro da fare che scrivere personalmente a Freud.
La storia di August Muller, nell’unico “romanzo psicoanalitico” di G.W. Groddeck
Questo avvenne nel 1917, e inaugurò un rapporto di lavoro e d’amicizia che ha carattere di assoluta unicità nella stessa vicenda biografica di Freud. Senza che Groddeck avesse effettuato alcun training (lui stesso si definiva un “selvaggio”), Freud non ebbe problemi a considerarlo uno dei suoi seguaci e per giunta tra i più fedeli e ortodossi. Il fondatore della psicoanalisi lo considerava sicuramente uno studioso geniale, ed era affascinato dalla profondità del suo pensiero, dall’altezza delle sue intuizioni, e questo sin dall’inizio. Nella prima lettera del oro ricco carteggio, Groddeck chiese a Freud come potesse considerare la sua anomala posizione nell’ambito del movimento psicoanalitico.
“Le faccio un grosso favore – rispose Freud – se la respingo da me, là dove sono gli Adler, gli Jung e altri. Ma non posso farlo, io devo avanzare le mie pretese su di Lei, devo affermare che Lei è uno splendido analista, il quale ha afferrato irrevocabilmente la sostanza della questione”.
In qualche modo Freud aveva delegato a Groddeck quello che lui stesso aveva sconsigliato al movimento psicoanalitico, e cioè il trattamento delle malattie organiche, troppo difficile e incerto. Groddeck del tutto spontaneamente, aveva intrapreso questa strada irta di difficoltà.
Groddeck, da parte sua, venerava in Freud un inconsapevole maestro, il fondatore di una teoria dell’inconscio e di un trattamento ormai al centro della sua attività clinica.
L’ES ed il CORPO
La teoria di Groddeck era comunque piuttosto diversa da quella di Freud. Per Groddeck alla base della vita e di tutte le sue manifestazioni c’è un’entità misteriosa, che egli chiama Es. L’Es è impersonale, amorale, afinalistico in senso meccanicistico. Addirittura, i suoi confini non sono quelli del corpo, anche se la sua influenza si estende ampiamente ai processi organici. L’uomo è “vissuto” da questa forza cieca, impersonale e assurda, che si manifesta come una infinita fonte energetica, nella quale si ritrovano pulsioni aggressive e sessuali, soprattutto, in un equilibrio tale ad ogni pulsione corrisponde anche il suo contrario. L’Es governa sia la vita psichica che quella organica.
“L’Es, -scrive- che è un misterioso rapporto con la sessualità, con l’Eros, o comunque si voglia chiamare, plasma il naso e la mano dell’uomo così come ne plasma i pensieri e i sentimenti, e si esprime sotto forma di polmonite o di cancro non meno di quanto possa esprimersi in forma di nevrosi ossessiva o di isteria; e così come l’attività dell’Es che si presenta sotto forma d’isteria o di nevrosi è oggetto del trattamento psicoanalitico, lo è anche quella che si manifesta sotto forma di vizio cardiaco o di cancro”. La vita psichica e quella fisica per Groddeck sono solo modi in cui l’Es si può manifestare.
Non si pose mai il problema di verificare le basi scientifiche della sua teoria, bensì sostenne che questo non aveva alcuna importanza. La funzione della medicina, eminentemente arte pratica, doveva essere solo quella di constatare clinicamente gli effetti di una comprensione dei messaggi dell’Es sulla malattia. Doveva, cioè, stimolare l’Es ad agire. “Perché il vero e proprio verdetto di guarigione o di malattia non lo diamo noi medici: esso è affidato unicamente alle mani dell’Es, dell’inconscio”.
Na.sa.me.cu., il fondamentale testo teorico del Groddeck pre-psicoanalista
Freud rimase affascinato da questa teoria, tanto da prendere a prestito il termine Es da Groddeck, riconoscendo la paternità della definizione al bizzarro medico tedesco. Ma rimase pur sempre prudente e un pò perplesso nei confronti di certe estrapolazioni troppo ardite.
Fece in modo, però, che le nuove idee sulla “psicoanalisi del corpo”“ cominciassero a circolare nell’ambiente psicoanalitico. E in questo diede prova di coraggio e di anticonformismo, come quando decise di pubblicare Lo scrutatore d’anime, un volume del suo esuberante amico. Si tratta di un “romanzo psicoanalitico” il cui protagonista August Muller, si trova nella condizione, per una serie di incredibili circostanze (da una invasione di cimici alla scarlattina) di scoprire empiricamente l’esistenza dell’Es e di divenirne in qualche modo l’irrazionale, provocatoria incarnazione, trasformandosi nello scatenato Thomas Weltlein, in costante ricerca del godimento assoluto e della liberazione totale. Inutile aggiungere che questa ricerca è quella che muove l’Es, che vive in ogni uomo che “vive” l’uomo. Il romanzo, dal quale naturalmente non mancano piccanti osservazioni sulla sessualità (la copertina ideata dallo stesso Groddeck rappresentava la silhouette di un uomo che, seduto sul mondo, scruta con la lente d’ingrandimento il pube di una donna che tiene sul palmo della mano), fu pubblicato dalla International Psychanalitische Verlag, la casa editrice del movimento psicoanalitico. Il che scatenò un vero putiferio: il libro fu considerato osceno, persino pornografico, di cattivo gusto e tutt’altro che scientifico. D’altronde, una certa fama Groddeck se la portò sempre dietro. Anche Il libro dell’Es, la vera summa del suo pensiero, redatto in forma di epistolario tra un analista di nome Patrick Troll e una donna alla quale questi espone la sua teoria e narra diversi episodi biografici, stimolò la pruderie dell’epoca e in Inghilterra uscì in edizione sigillata…
Contrariamente a Freud, che parlava di sesso ma in termini talmente razionali da raggelare chiunque immaginasse chissà quali oscenità, Groddeck evitò sempre qualunque trattazione scientifica. Le sue opere sono povere di dati obiettivi, ma ricche di poesia. Espresse la sua creatività anche nell’attività clinica: per i pazienti della sua clinica non solo teneva delle conferenze di psicoanalisi, ma addirittura, dal 1925, pubblicò anche una rivista, Die Arche (L’arca), nella quale pubblicò un gran numero di articoli su questo stesso argomento. La sua attività vulcanica fu forse anche all’origine dell’attacco cardiaco che nel 1930 pose delle serie ipoteche sulla sua salute.
Non gli impedì però di continuare a lavorare alacremente, né di farsi “vivere” dal suo Es in maniera completa. Nel 1934 ebbe un secondo attacco. In quel periodo Hitler aveva già messo in atto la sua politica antisemita; Groddeck, che non era d’accordo, non ebbe migliore idea che quella di scrivere semplicemente a Hitler esprimendo la sua vibrata protesta. Hitler naturalmente ne ordinò l’arresto. Dovette rifugiarsi in Svizzera a 15 giorni di distanza dal suo secondo attacco di cuore. Ebbe il tempo di tenere a Zurigo, presso la Società Psicoanalitica, una conferenza. Poi fu ricoverato nella clinica di Kronau, dove si spense il 10 giugno 1934 a sessantasette anni.
Con la sua opera, Groddeck aveva inventato la psicosomatica clinica. Oggi che questo campo è in espansione, non si può che restare stupiti di certe sue intuizioni. Esse vanno senz’altro “rilette” in chiave scientifica, tradotte forse, ma restano pur sempre delle autentiche rivelazioni. Soprattutto, comunque, la sua grandezza va ritrovata nella sua concezione “olistica” della salute e della malattia, nella sua visione del rapporto inscindibile tra la mente e il corpo.
Per Groddeck l’uomo è una monade, nella quale fisico e psichico sono due aspetti di una stessa, misteriosa realtà. Fu un “saggio paradossale”, come lo ha definito Keyserling (che tra l’altro fu guarito da lui da una flebite) e nel contempo un romantico, erede di von Hartmann e di Novalis, con la sua concezione quasi nietzschiana di una forza inconscia che non ha limiti
alla propria possibilità espressiva. Nel contempo, la sua opera, così carica di intuizioni e ingiustamente dimenticata, fornisce una filosofia pratica che una medicina autenticamente terapeutica e rende forse più facile la comprensione di quel misterioso salto dalla mente al corpo che tuttora continua ad affascinare la ricerca scientifica.
By Giovanni Iannuzzo.
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Schema di Groddeck:
Questo schema chiarisce come lo sviluppo ontogenetico si intreccia con lo sviluppo filogenetico e come avviene l’integrazione tra pulsioni endopsichiche e relazioni sociali e la teoria correlata costituisce il punto d’arrivo finale delle speculazioni teoriche partite con Schopenhauer e proseguite poi con Nietsche e Freud.
La fine della morale individuale
Dalla negazione della nozione e della stessa parola “persona”, come soggetto dotato di libertà, deriva immediatamente l’amoralismo come negazione della responsabilità: se infatti “non esiste una libera attività, una libera scelta della coscienza“, non si può sfuggire alla conclusione che nessuno è responsabile dei propri atti, dei quali l’Es è l’unico soggetto. Ogni azione, a seconda dei capricci dell’Es (che detta anche i giudizi a chi la osserva), è insieme “buona” e “cattiva“, ogni uomo è insieme – e nello stesso momento – Cristo e Giuda: “il mito del bacio di Giuda simboleggia le nostre azioni ed esperienze quotidiane”. È impossibile quindi, secondo Groddeck, condannare la masturbazione, l’omosessualità, il voyeurismo, l’incesto e ogni sorta di perversioni: al massimo, “è una questione di gusti“, e anzi, di solito, “ciò che è oggetto di disprezzo, di biasimo da parte dell’uomo costituisce la sua natura più vera e più profonda”. Sono i divieti, semmai, a meritare una valutazione “morale” negativa, perché derivano dalla stupidità o dalla malafede (la proibizione dei rapporti prematrimoniali nasconde “l’invidia degli anziani verso i giovani“; l’interdizione della omosessualità cela “la volontà di potenza dei preti” e la antica trama cristiana per “colpire alla radice la cultura ellenica“, dove gli omosessuali erano numerosi), e diffondono una “angoscia” nociva alla salute.
E appunto la salute, nel sistema di Groddeck, sostituisce la morale: ma la salute, secondo l’ideale psicanalitico, è intesa come “non-resistenza“, capacità di abbandonarsi al flusso universale dell’Es senza frapporre a esso ostacoli nocivi. Questa tesi, che sarà abbondantemente sviluppata da Reich, conduce alla singolare conclusione che l’uomo più “morale”, cioè più in salute, è colui che è più capace di non ostacolare l’Es, è chi più pienamente si abbandona agli impulsi. L’educazione morale è una terapia, affidata ai medici: e ai suoi pazienti più aggrappati alla “resistenza” Groddeck consiglia la “liberazione” attraverso la pratica delle più bizzarre perversioni.
L’eroe psicanalitico, l’uomo che si è liberato definitivamente della resistenza, è il protagonista del romanzo di Groddeck Lo scrutatore d’anime, il borghese August Müller, che si lascia invasare dall’Es e diventa Thomas Weltlein (“Tommaso Microcosmo”), il folle saggio che insegna che “la morale più nobile è nella sensualità” e percorre la Germania dispensando al popolo scandalizzato la sua oscena sapienza (38). Forse, tuttavia, il più autentico eroe groddeckiano è Georg Groddeck stesso, che si sforza di fare della sua vita un romanzo psicanalitico, che vive – secondo la testimonianza di un amico – “sempre cosciente di trovarsi in balia di forze più grandi di lui, le forze dell’Es”; che, infine, merita, dopo la morte, questo singolare elogio funebre, pronunciato dall’amico Hermann Keyserling: “Nell’amoralità delle sue concezioni egli non era secondo a nessuno”.
In Italia una sua “discepola” ha intrapreso una nuova e più avvincente strada, la malattia si guarisce con il linguaggio imparando a riconoscere le informazioni che forniscono sempre i dei sintomi del malato.
La dottoressa Gabriella Mereu (medico rivoluzionario) https://www.gabriellamereu.it/
Nata a Quartu Sant’Elena (Cagliari) il 3 maggio del 1954.
Dopo essersi laureata in “Medicina e Chirurgia” a Sassari nel 1983, ha frequentato e si è diplomata in Medicina olistica ad Urbino, nella scuola diretta da Corrado Bornoroni. Sempre ad Urbino, nel 1992, ha ottenuto il diploma in Grafologia. Ha seguito il corso di Medicina omeopatica tenuto a Roma dal Prof. Antonio Negro.
Come Lei stessa afferma:
Sono convinta che la medicina e il medico siano dei veicoli e che il medico dovrebbe funzionare da guida, affinché la guarigione fisica si attui insieme alla consapevolezza e alla evoluzione del paziente.
La malattia è un’espressione che non fa altro che rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale che ha portato alla malattia stessa …
La mimica, l’espressioni figurate, i modi di dire e la grafia sono indicazioni preziose per svelare la vera natura dei vostri sintomi! Imparando a decodificare le metafore, potrete risalire all’origine dei vostri blocchi mentali e finalmente avviarvi verso la consapevolezza della guarigione.
Avete mai provato ad ascoltarvi mentre vi lamentate di dolori fisici?
Avreste mai pensato che le vostre parole potrebbero “spiegare” le vostre malattie?
Accostarsi alle persone che stanno male col criterio di poter dare un significato umano alla medicina che nella sua veste ufficiale e secondo un criterio meccanicistico non considera che la causa del malessere possa essere vista in maniera olistica ed a 360° e ricercata prima di tutto nel problema emozionale che crea un terreno malato. A tale fine rileva lo stesso linguaggio del malato come esprime i suoi sintomi per poterlo contestualizzare nella storia che gli appartiene e che lo ha fatto ammalare.