Esami RADIOLOGICI e..
Tomografia Computerizzata, fanno MALE ?
Le radiografie fanno male; come farle e quando evitarle. Ecco alcuni consigli per limitarne i danni.
Il grave rischio dei danni di ogni radiazione ionizzante esiste, ma potrebbe essere evitato al massimo se la radiografia venisse fatta solamente nel momento giusto e nel modo giusto.
Occorre usare apparecchi con schermi di difesa efficaci e pellicole sensibilissime per utilizzare bassissime potenze di irradiazione.
Oggi sistemi tecnologici avanzati per questo scopo, ve ne sono molti e portano a diminuire anche del 75% l’intensità delle radiazioni emesse.
Inoltre bisogna schermare le parti del corpo che sono le più intaccabili dalle radiazioni e cioè tutte le ghiandole esistenti nel corpo umano. No, quindi alle radiazioni radiografiche senza una vera e certa indicazione clinica e senza criterio come purtroppo assistiamo spesso nel settore sanitario.
I rischi ed i costi delle radiografie sarebbero minori se i medici non richiedessero troppo spesso ed inutilmente, radiografie a scopo preventivo, salvo le ipotesi a grave rischio e se nel nostro paese fossimo adeguati alle norme CEE.
Se i medici imparassero ad usare le tecniche diagnostiche della Medicina Naturale tipo: l’Iridologia, il Mineralogramma, laKinesiologia, l’Alitest, BEV, ecc., potrebbero fare a meno del 80% delle quantità di radiografie che invece, per ignoranza su una antica scienza, ordinano ai loro pazienti.
Pensate che il danno delle radiografie in età pediatrica c’è e può essere di natura genetica o somatica. Queste indicazioni sono state date in un convegno internazionale tenuto recentemente in Italia, ad Ischia.
Recentemente i raggi X sono ritornati sul banco degli imputati. Un biologo denuncia che sono responsabili dell’aumento dei casi di cancro, in particolare quello al seno. “Per tutti gli anni Sessanta milioni di donne furono sottoposte a frequenti radiografie. L’uso eccessivo di raggi X, per la diagnosi o la terapia delle più svariate malattie, sarebbe la causa di un aumento nell’incidenza del tumore al seno: sia per quanto riguarda i casi verificatisi negli ultimi 30 anni, sia per quelli previsti nei prossimi anni. A denunciare le conseguenze dell’abuso di raggi X è John Gofman, biologo molecolare all’università della California…
Oggi pubblica un libro, Nuclear milestones, che riassume le sue conclusioni: un atto d’accusa contro le radiografie”.
Visionare questo PDF = MENO radiazioni ionizzanti ! (Radiografie – TAC – Pet TAC)
vedi anche: Elettrosmog
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L’ecografia 4D può essere pericolosa per la salute del feto
Il Collegio nazionale di ginecologi e ostetrici francesi ha messo in allerta parlando di un vero e proprio scandalo in relazione alla diffusione di questa pratica. Gli esperti spiegano che le parti del corpo più a rischio sono gli occhi e il cervello del nascituro, esposti agli ultrasuoni emessi dal macchinario.
Per il momento non sono stati riscontrate prove evidenti di un collegamento tra l’emissione di certi ultrasuoni e lo sviluppo del feto ma si tratta di una tecnica recente, su cui molto è ancora in fase sperimentale, nonostante sia già boom negli Stati Uniti.
Intanto anche la Società internazionale degli ultrasuoni in ostetricia e ginecologia (Isuog) e la Federazione mondiale degli ultrasuoni in medicina e biologia (Wfumb), hanno espresso disapprovazione per l’uso di tecnologie 4D al di fuori di applicazioni prettamente mediche.
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Radiografia pericolosa per coloro che fanno dialisi…e per gli altri…? IDEM !
Per migliaia di pazienti in dialisi la notizia è uno shock: l’irradiazione derivata dalla TC o dalla radiografia potrebbe aumentare il rischio di cancro – 20/04/2011
Tra le tante notizie pubblicate nelle ultime settimane, la pubblicazione sul giornale specialistico Journal of the American Society Nephrology (JASN) è passata quasi inosservata. Ma vale la pena di leggere l’articolo, il cui contenuto è ancora valido ed interessante. Ciò in quanto, se si credesse ai fatti ivi riportati in modo assai minuzioso, i pazienti in dialisi sarebbero soggetti ad un rischio di cancro in media di 1,5 volte superiore rispetto alle persone che non sono soggette a questa terapia.
L’aumento significativo della probabilità di ammalarsi di cancro durante la dialisi si spiegherebbe, secondo i medici, in modo assai semplice: molti pazienti devono sottoporsi, nel corso degli anni, a degli esami radiologici. Tuttavia sembra che, nell’esercizio della loro attività quotidiana, i radiologi non posseggano una tale lungimiranza, come constata il Dott. Marco Brambilla dell’azienda ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara.
Gli scienziati hanno tenuto sotto osservazione un gruppo di 106 pazienti in dialisi per tre anni ed hanno calcolato l’esposizione d’irradiazione sulla base dei dati salvati nei files dell’ospedale.
Resümee dello studio:
La tomografia computerizzata è stata impiegata 248 volte, nella maggior parte dei casi i radiologi cercavano le cause di complicazioni neurologiche, emorragiche o respiratorie.
Complessivamente gli esami radiologici sono stati, nell’intervallo di tempo considerato, 1300, il che significa, da un punto di vista statistico, che ogni paziente in dialisi è stato sottoposto ad esame radiologico 4,3 volte.
Circa il 76% della quantità di radiazione derivava dalle analisi svolte con la tomografia computerizzata (TC), mentre le analisi radiologiche tradizionali hanno contribuito per il 19%. Solo 22 dei 106 pazienti sono stati esposti a dosi inferiori a 22 millisievert, mentre per oltre un terzo dei pazienti la quantità di radiazione complessiva risultava troppo elevata e superava abbondantemente i 50 millisievert. Il16% dei pazienti era stato esposto a 100 millisievert all’anno, una dose che viene associata ad un rischio alto di mortalità a causa del cancro. Ciò in quanto i medici hanno calcolato il cumulo di esposizione ad irradiazione rifacendosi a valori statistici consolidati sulla base delle analisi svolte sui sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima. Lì si è riscontrato che il cumulo di radiazioni di 100 millisievert all’anno nasconde un rischio enorme.
I medici David Pickens e Martin Sandler dell’americana Vanderbilt School of Medicine ritengono che il problema stia nella facilità con cui si ricorre all’esame radiologico nei pazienti in dialisi. “Vi sono procedimenti che vengono impiegati troppo spesso in quanto possono dare una grande quantità di informazioni al medico in poco tempo”, ecco la critica a TC & Co. che viene fatta in un loro articolo sul giornale.
Per l’American Society of Nephrology (ASN) i risultati provenienti dall’Italia costituiscono un valido indizio per un uso diverso delle analisi radiologiche nell’esercizio medico quotidiano, tuttavia, anche senza l’irradiazione dovuta alla radiologia, i malati di malattia renali rimangono particolarmente esposti al problema. Ciò in quanto, secondo la co-autrice Andreana de Mauri. vi sarebbero dei meccanismi finora sconosciuti che provocano l’insorgenza del cancro. Il trapianto di reni determina un rischio 5 volte superiore di cancro, nessuno però è in grado di spiegarne il motivo. Un’esposizione troppo alta alle radiazioni aumenta ulteriormente questo trend.
Il Bundesamt per la protezione dalle irradiazioni mette in guarda dalla TC
Ma gli italiani non sono soli in questa critica al ricorso troppo facile a procedimenti particolarmente gravosi per il paziente. Nel Luglio 2010, in Germania, anche il Bundesamt für Strahlenschutz (BfS) ammoniva che “in Germania si ricorre troppo spesso all’esame radiologico rispetto al contesto internazionale” e che “ciò riguarda in particolar modo la tomografia computerizzata, il cui uso è aumentato particolarmente. Lo scopo è di ridurre l’esposizio a radiazioni al minimo necessario”.
Il BfS ha pubblicato nell’Agosto 2003 dei parametri di riferimento diagnostici che sono stati poi corretti e resi attuali nell’estate dell’anno scorso. Il nuovo parametro di riferimento diagnostico tedesco per un esame radiologico del bacino è oggi diminuito del 40% rispetto al vecchio valore. Il Clou: il rischio derivato dall’irradiazione diminuisce della medesima percentuale. Si mostra così “un nuovo trend di riduzione del carico di radiazioni nelle singole analisi mediche”. Un ulteriore novità consiste inoltre nell’introduzione di parametri di 4 TC su pazienti bambini.
Il team del Dott. Brambilla ha considerato, nei pazienti in dialisi, un particolare aspetto come allarmante : ad essere particolarmente esposti alle radiazioni in quanto soggetti ad esami radiologici sono soprattutto i pazienti di età più giovane. Quantità accumulate di oltre 60 millisievert nei singoli organi sembrano essere la conseguenza normale degli esami radiologici. Un confronto: la quantità effettiva annuale di mSv nei pazienti non in dialisi è mediamente di 1,9.
By Vlad Georgescu
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Esami radiologici, troppi e dannosi: solo nel 2012 la legge UE per limitarli
ROMA – 23 Giu. 2008 – Doveva entrare in vigore quest’anno una legge della Ue per mettere freno agli esami diagnostici con la risonanza magnetica.
Di «abusi generalizzati» hanno parlato gli esperti che hanno deciso di estendere la limitazione delle prescrizioni a tutti i paesi. Ma, inspiegabilmente, l’entrata in vigore del nuovo protocollo è stata spostata al 2012. Quattro anni più in là perché, fanno capire gli addetti ai lavori, gli uffici sanitari della Ue sono stati inondati di pressioni.
Dall’altra parte dell’Oceano, Edward Mc Gaffigan, Alto Commissario per il controllo del nucleare, ha dichiarato che è «disgustato dalla cultura che imperversa nella comunità medica e che spinge verso un utilizzo sempre più esasperato degli esami basati sull’imaging». Che vuol dire Tac, risonanza, Pet, raggi x.
Da noi gli ultimi a lanciare l’allarme contro l’abuso di esami sono stati proprio i radiologi durante il loro congresso qualche settimana fa. I loro dati disegnano un mondo in cui i conti non sempre tornano. Soprattutto se si mettono a confronto le cifre degli esami, i risultati degli esami e l’alto numero delle volte che questi vengono ripetuti a distanza ravvicinata. Un mix che fa lievitare la spesa sanitaria, porta fuori strada la diagnostica ufficiale e, come si preoccupa l’Organizzazione mondiale della sanità, espone i pazienti ad un eccesso di radiazioni.
Sono circa 40-50 milioni le prestazioni radiologiche che ogni anno si effettuano in Italia. Quasi una per ogni abitante, bambini compresi. Sono stati proprio i radiologi ad avviare un’indagine firmata dalla Società italiana di radiologia medica, l’Associazione italiana di neuroradiologia e il Sindacato nazionale dei radiologi. I risultati preliminari si basano sulle rilevazioni in sei regioni e province autonome (Marche, Toscana, Sicilia, provincia di Trento, di Bolzano e della Valle d’Aosta). Un altro dato troppo alto, dicono gli esperti, rispetto alla popolazione: in dodici mesi, tra ambulatori e Asl, sono stati richiesti 8 milioni di prestazioni radiologiche.
Il 75% dei cinquanta milioni di esami che si contano ogni anno in Italia, per i camici bianchi sono da considerarsi appropriati. Gli altri, complici la tendenza dilagante della medicina difensiva e la non correttezza delle richieste, potrebbero essere evitati.
Un esame su quattro, dunque, sarebbe superfluo. L’8% della spesa sanitaria si deve proprio a queste indagini.
La Lombardia è stata una delle poche regioni che ha condotto un’indagine sugli esami specialistici: otto su dieci sono risultati inutili. Nel periodo 2001-2006 le richieste per la risonanza magnetica sono raddoppiate. «E’ esponenziale la crescita della domanda di esami – commenta Roberto Lagalla, presidente della Società italiana di radiologia medica – Esami per i quali si utilizzano radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. E’ praticamente impossibile fornire una tempestiva risposta ad una simile mole di richieste. Questo, nonostante gli sforzi di adeguamento delle risorse umane, delle tecnologie e dei modelli organizzativi».
Le conseguenze, oltre alla crescita incontrollata delle uscite: l’allungamento delle liste d’attesa, l’innalzamento del rischio di errore diagnostico e il possibile incremento della dose radiante ai pazienti. Un rapporto dell’Istituto superiore di sanità mostra un’Italia, come al solito, a tripla o doppia velocità: le donne del Sud si sottopongono ad una media di 6,2 esami radiologici durante la gestazione, quelle del Centro 5,5 e quelle del Nord 4,9.
Sul fronte dei gastroenterologi la situazione non è più rosea. Il 20-30% dei test che indagano su stomaco e dintorni non sarebbero necessari. «Abbiamo accertato l’inutilità soprattutto nei pazienti che hanno già una diagnosi – spiega Sergio Morini presidente dell’Associazione gastroenterologi ospedalieri che ha coordinato uno studio multicentrico sull’appropiatezza degli esami -. Occorerebbe seguire in modo più corretto le indicazioni delle linee guida quando, appunto, si prescrive una colonscopia. Sì se c’è sanguinamento, variazioni importanti delle funzioni intestinali, dolori addominali persistenti o anemie non spiegate.
Da evitare se il gonfiore è presente da dieci anni, se si soffre di stitichezza stabile se, insomma, non ci sono stati cambiamenti importanti. Inutile anche la continua ripetizioni di analisi».
Troppe le richieste dei medici di famiglia? Troppe quelle degli specialisti? Claudio Cricelli, che guida i medici di Medicina generale, non nega una diffusa «inappropiatezza diagnostica». Fa un rapido conto e individua anche il colpevole. «Si dà molta, molta attenzione sulle prescrizioni dei farmaci – spiega – e meno sulle analisi e gli esami. Perché ?
Perché il volume di spesa che riguarda le radiografie e simili è, per il servizio sanitario nazionale, di circa 4-5 miliardi di euro contro i circa 19 che escono per le medicine». Una prova, il numero dei corsi. Sono circa trenta, ogni anno, quelli previsti nel calendario dei medici per arrivare alla compilazione della ricetta corretta e non troppo costosa contro uno sulle indagini di laboratorio e le radiografie. «Non esistono forme di aggiornamento sulla razionalizzazione delle prescrizioni e sulle nuove tecniche – aggiunge Cricelli -. E’, comunque, più facile fare un piano di contenimento sui farmaci dal momento che vengono segnati dopo una diagnosi. Gli esami, invece, servono per costruire la diagnosi.
Quindi è più ampio il margine della non appropriatezza. Questo non significa che non si debba cominciare a pensare in modo fattivo a fare ordine e dare nuove linee guida». Per le casse del servizio sanitario e, soprattutto, per la salute dei pazienti.
By Carla Massi – Tratto da. ilmessaggero.it
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Tomografia computerizzata (TC) ed aumentato rischio di cancro – 12/06/2013
Dopo il recente studio australiano pubblicato sul British Medical Journal, che sottolineava un piccolo ma significativo aumento di rischio di cancro nei giovani esposti da bambini alla tomografia computerizzata è adesso la volta di Jama Pediatrics tornare sull’argomento con uno studio americano e un editoriale significativamente intitolato “Il danno del guardare”.
Dopo il recente studio australiano pubblicato sul British Medical Journal, che sottolineava un piccolo ma significativo aumento di rischio di cancro nei giovani esposti da bambini alla tomografia computerizzata è adesso la volta di Jama Pediatrics tornare sull’argomento con uno studio americano e un editoriale significativamente intitolato “Il danno del guardare”.
Uso TC raddoppiato in un decennio
Secondo uno studio condotto da Diana Miglioretti, del Group Health Research Institute e dell’Università di Davis, in California, a partire dai dati di sette sistemi sanitari degli Stati Uniti, l’uso di della tomografia computerizzata delle pelvi, del torace o della colonna nei bambini al di sotto dei 14 anni è più che raddoppiato nel decennio tra il 1996 e il 2005: «L’aumento dell’uso di Tc in pediatria, combinato con l’ampia variabilità nella dose di radiazioni ha fatto sì che molti bambini ricevessero esami ad alte dosi» si legge nello studio. Analizzando i sottogruppi di età, Miglioretti e colleghi hanno scoperto che la fascia di età più esposta a pericoli è quella compresa tra 5 e 14 anni, nei quali la frequenza d’uso della tomografia è triplicata, salvo poi assestarsi tra il 2006 e il 2007 e iniziare dopo di allora a declinare lentamente. Nella fascia di bimbi con meno di 5 anni l’aumento è stato appena meno drammatico – il dato è infatti circa raddoppiato nel decennio – ma l’effetto stimato in termini di aumento di rischio per un tumore solido risulta più alto (con una preferenza per le femmine rispetto ai maschi). Una differenza è stata anche osservata in funzione della sede: la tomografia di addome e pelvi o della colonna è risultata associata a un rischio più significativo rispetto ad altre sedi.
In cifre, Miglioretti e colleghi hanno stimato che per le femmine si manifesterà un tumore solido indotto dalle radiazioni ogni 300-390 tonografie di addome/pelvi, ogni 330-480 tomografie del torace e ogni 270-800 tomografie della colonna, con gran parte della variabilità legata all’età della bambina al momento dell’esame. Il rischio potenziale di leucemia è risultato più alto per le tomografie della testa nei bimbi di meno di 5 anni di età, con un tasso pari a 1,9 casi ogni 10.000 tomografie.
Complessivamente, i 4 milioni di esami compiuti ogni anno in età pediatrica negli Usa comporterebbero 4.870 futuri tumori, per quasi metà (43%) prevenibili – secondo gli autori – intervenendo sul 25% di esami con dosaggi più alti per riportarli in linea con la mediana attuale. In assenza di stime affidabili sull’entità dei benefici per la salute di queste tomografie, e sulla loro eventuale sostituibilità con esami meno pericolosi, i ricercatori invitano a centellinarle, limitandone l’uso ai casi in cui la prospettiva di un beneficio è provata.
Allo stesso invito è improntato anche l’editoriale cofirmato da Alan Schroeder, del Santa Clara Valley Medical Center di San Jose, in California, e Rita Redberg, editor della rivista Jama Internal Medicine: «Questo richiede una modifica della nostra cultura che renda più accettabile una diagnosi in assenza di immagini di conferma, e l’approccio dell’attesa vigile, e combatta la mentalità del “facciamo un altro esame che male non fa”. L’incertezza può essere destabilizzante, ma è un prezzo modesto da pagare per proteggere noi stessi e i nostri figli da migliaia di tumori prevenibili».
JAMA Pediatr. 2013;():1-8. doi:10.1001/jamapediatrics.2013.311
Tratto da: doctor33.it
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RADIOTERAPIA
La radioterapia è un particolare tipo di terapia fisica che utilizza le radiazioni, in genere i raggi X, nel tentativo di curare i tumori. Queste radiazioni sono dette radiazioni ionizzanti.
I raggi X sono noti in medicina da tempo: sono stati scoperti più di un secolo fa, e da allora sono utilizzati sia a scopo diagnostico, come nel caso delle radiografie, sia a scopo terapeutico, nel caso appunto della radioterapia.
Le dosi di raggi X utilizzate nei due casi e le modalità di somministrazione sono differenti:
– negli esami diagnostici permettono di “vedere” all’interno del corpo – per esempio per accertare se c’è una frattura di un osso – provocando danni minimi ai tessuti;
– nella radioterapia, invece, si utilizzano proprio per colpire e distruggere le cellule tumorali, cercando di risparmiare quelle sane.
La comparsa di effetti collaterali è molto variabile da un paziente all’altro. Alcuni manifestano solo effetti lievi, altri più fastidiosi, e ciò dipende sia dalle condizioni di salute generali, sia dalla sede del tumore e dal tipo di trattamento cui si è sottoposti.
In alcuni casi compaiono durante il trattamento, in genere verso la fine del periodo previsto (effetti a breve termine), in altri dopo qualche tempo (effetti a lungo termine).
In ogni caso, è bene chiedere in anticipo al medico quali saranno i disturbi più probabili nel proprio caso, e gli accorgimenti e le precauzioni da assumere per minimizzare i sintomi.
Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi gli effetti collaterali, sebbene fastidiosi, sono di lieve o modesta entità, e scompaiono in genere dopo qualche settimana, una volta terminato il trattamento. Solo in alcuni pazienti durano più a lungo, o richiedono terapie specifiche.
Principali effetti collaterali acuti
– Leucopenia; danneggiamento dei tessuti epiteliali (radiodermiti e mucositi precoci)
– Infiammazione ed edema della zona irradiata
– Affaticamento
Principali effetti collaterali cronici
Questi effetti possono risultare anche minimi, e dipendono dal tessuto che riceve il trattamento:
– Radiodermiti tardive e fibrosi
– Perdita dei peli o capelli nelle aree irradiate
– Secchezza delle fauci
– Secondi tumori radioindotti o chemioradioindotti
– Lesioni del midollo spinale (rare, e solitamente a livello cervicale e toracico)
– Infertilità
– Radionecrosi
Ecco cosa afferma il Radiologo dr. Massimo Pinto che ha lavorato negli USA e nel regno unito (UK) oltre all’Istituto nazionale di Metrologia delle radiazioni ionizzanti dell’Enea-Inmri, dove attualmente lavora:
Alle basse radiazioni ionizzanti, si possono notare nelle cellule comportamenti che no si osservano alle alte dosi (che causano un danno biologico) tale da compromettere la normale fisiologia cellulare e tissutale): una cellula colpita da radiazioni ionizzanti puo’ “comunicare” il danno alle cellule adiacenti (amplificando od attenuandone le conseguenze, l’effetto si chiama Bystander) oppure sottostimando il danno inflitto, senza reagire adeguatamente per correre ai ripari (ipersensibilita’ alle basse dosi) sebbene una piccola dose di radiazioni ionizzanti possa predisporre le cellule ad una risposta piu’ efficiente in caso di una seconda dose, piu’ alta (e’ la risposta adattiva).
Inoltre un effetto biologico puo’ manifestarsi solo dopo molto tempo, attraverso l’instabilita’ genomica che e’ associabile alla carcinogenesi. Questi fenomeni, scoperti di recente, hanno messo prima in crisi e poi arricchito le conoscenze sugli effetti biologici a basse dosi di radiazioni. Le conseguenze per le stime di rischio sono diverse ed ancora ipotetiche, perche’ questi fenomeni non sono ancora dimostrati nell’uomo….
Le radiazioni ionizzanti utilizzate in radioterapia sono in grado di danneggiare il DNA del tessuto bersaglio.
Le cellule tumorali sono, in genere, scarsamente capaci di riparare i propri danni e quindi vanno in contro a morte cellulare.
Per risparmiare tessuti sani, ad esempio pelle o organi che la radiazione deve superare per arrivare al tumore, i fasci delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni, intersecandosi nel centro della zona da trattare, dove perciò vi sarà un quantitativo di dose assorbita totale superiore che nelle parti adiacenti.
Quindi l’esposizione a irradiazioni ionizzanti come i raggi X e similari utilizzati anche nella Radioterapia, anche se a basso livello di intensita’, può indurre “stress” cronico ossidativo e nitrosativo e quindi danneggiare i mitocondri cellulari (mitocondriopatia).
Questo “stress” può causare danni irreversibili al DNA mitocondriale (esso è dieci volte più sensibile allo stress ossidativo e nitrosativo del DNA nel nucleo della cellula).
Il DNA mitocondriale non è riparabile a causa del suo basso contenuto di proteine istoniche, pertanto eventuali danni (genetici o altro) si possono trasmettere a tutte le generazioni successive attraverso la linea materna.
Commento NdR: come sempre, e come volevasi dimostrare, non sappiamo ancora nulla sugli effetti a lungo termine, quindi occorre assolutamente evitare di inquinarsi con queste radiazioni ionizzanri e con i CEM, anche in piccole dosi.
Cio’ significa che qualsiasi trattamento NON naturale, ha sempre delle controindicazioni che da soggetto a soggetto possono variare, ma che SEMPRE si somatizzano piu’ o meno intensamente, a seconda del soggetto che riceve quei trattamenti invasivi come questi !
Ricordarsi che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.