Cosa è ?
Idrossidoclorochina/Clorochina ( solfato ); uno dei nomi più noti del farmaco, è il Plaquenil della Sanofi farmaceutici.
L’idrossiclorochina è un farmaco autorizzato come antimalarico sin dalla metà del XX secolo.
L’Agenzia Europea del Farmaco, EMA (collusa con Big Pharma), dichiara guerra all’idrossiclorochina….
L’EMA invece di dedicare il suo tempo per monitorare in fretta i benefici di questo farmaco sponsorizza i vaccini che mutano il DNA e sono pieni di tossine, che stanno sfornando le star del settore farmaceutico, trova il tempo di attaccare uno dei pochi prodotti che – secondo parecchi esperti non nell’orbita di Big Pharma – può servire ad risolvere in fretta qualsiasi stato febbrile.
Il capo d’accusa di EMA è pesante. Clorochina e idrossiclorochina hanno grossi effetti collaterali, possono provocare pesanti disturbi psichiatrici.
In realtà essa è un derivato dal Chinino, a sua volta derivante dal macerato della corteccia della pianta Quina Quina, tipico rimedio per le febbri, delle popolazioni tribali antiche e moderne della Terra, specie quelle del sud America.
Conosciuta anche con il nome di corteccia peruviana, consiste di a alcaloide di origine naturale, di aspetto bianco e cristallino, che è prodotto da alcune specie appartenenti al genere china. Fondamentalmente è uno stereoisomero di chinidina.
Questa corteccia era molto usata dalle culture precolombiane del Perù, dell’Ecuador e della Colombia per i suoi effetti curativi e medicinali. Infatti, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, le sue proprietà furono riconosciute in Europa nel 1631, quando il gesuita Alonso Messia Venegas portò la corteccia di china a Roma.
Durante la seconda metà del XVIII secolo vennero effettuati vari studi botanici su diverse specie di cinchona
“Quando è incapace di difendersi con la spada, Roma può difendersi per mezzo della febbre”.
Sono parole del cronista medievale Goffredo da Viterbo che, nel 1167, raccontava di come Roma, ogni anno d’estate, fosse piagata dalla malaria.
Il chinino è divenuto uno dei principali composti del tonico, una popolare bevanda gassata in cui il chinino viene usato come aroma, grazie al quale fornisce il suo caratteristico sapore amaro. Tuttavia, dato che alte dosi possono causare effetti collaterali, la FDA americana ha limitato la sua concentrazione a un massimo di 83 ppm (circa quattro millesimi di quella utilizzata in medicina per diversi trattamenti medici).
Esso è diventato anche il Composto principale utilizzato nel trattamento medico della malaria, fino a quando non è stato sostituito da altre droghe sintetiche molto più efficaci, come ad esempio il caso di primachina, clorochina o chinacrina.
Tuttavia, Il chinino è ancora usato nel trattamento delle malaria resistenti.
I chimici del XIX secolo cercarono ben presto di isolare il principio attivo (la chinina), sia per curiosità sia per il suo grande valore commerciale e strategico.
Così i francesi Pelletier e Caventou, già nel 1820, ma successivamente altri chimici francesi famosi, tra cui anche Pasteur, cominciarono a “smontare” la chinina pezzo per pezzo per capirne la struttura. Cominciò così una grande sfida chimica che portò alla fine a comprenderne la struttura esatta.
Il principio attivo del chinino prende il nome di chinoline-metanolo.
La sintesi chimica dell’alcaloide chinina scoperto nel 1856 venne effettuata solo un secolo più tardi, 1929, dal chimico Ramos.
Vedi QUI la storia del Chinino/Clorochina:
https://www.scienzainrete.it/articolo/storia-della-clorochina-e-dei-suoi-antenati/adriano-zecchina/2020-04-07
Infine a questa sostanza, Idroossidoclorochina, ormai di sintesi chimica, la chinina, venne aggiunto il cloro/clorochina, che è un antibatterico.
Tutte Sostanze sintetizzate da decenni dalla Bayer ad un costo molto modesto
Il Chinino (formula chimica C20H24N2O2) è un alcaloide naturale originariamente ricavato dalla corteccia della pianta andina Cinchona già conosciuta ed adoperata come medicamento dagli spagnoli nel 17º secolo avente proprietà antipiretiche, antimalariche e analgesiche.
Il chinino può avere proprietà antipiretiche, antimalariche e analgesiche; la formula chimica bruta del chinino è: C20H24N2O2.
Il chinino prende il nome dalla pianta da cui è estratto e cioè la Cinchona calisaya, o China calisaia; questa è una pianta arborea diffusa originariamente sulle Ande e nota per l’utilizzo in farmacopea di questo alcaloide presenti nella corteccia. La C. calisaya era nota come corteccia peruviana ed è stata utilizzata, fino ai primi decenni del Novecento, per l’estrazione del chinino, sostanza impiegata nella prevenzione della malaria.
CHININA derivazione dal Chinino (sinonimo: metilcupreina; fr. quinine; sp. quinina; ted. Chinin; ingl. quinine). – C20 H24 O2 N2 + 3H2O. È uno dei più importanti alcaloidi delle cortecce di china (v.). Fourcroy (1792), Vauquelin (1809), Gomez (1811), Pfaff (1814) già cercarono di isolarne il principio attivo; però solo nel 1820 Pelletier e Caventou riuscirono a isolare la chinina insieme con la cinconina. Liebig (1838) e poi Regnault e Strecker ne stabilirono la formula. Molti autori proseguirono questi studî.
Non si può disgiungere la trattazione della chinina da quella degli altri principali alcaloidi delle chine, sia perché essi furono studiati contemporaneamente, sia perché hanno contegno chimico e azione terapeutica molto simile, conseguenza della loro analogia di costituzione.
vedi per altri particolari:
https://www.treccani.it/enciclopedia/chinina_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Il nome China/Quina, del genere deriva, secondo una leggenda, da Ana de Osorio, contessa di Cinchon e moglie del viceré del Perù, che avrebbe scoperto su se stessa le virtù della corteccia di china, guarendo da febbri malariche e decidendo così di importarla nel 1639 in Europa.
Linneo, dando fede a questa leggenda, storicamente però poco probabile, in onore della Chinchón, diede il nome di Cinchona al genere cui appartiene l’albero della china.
È invece più probabile che la storia del chinino sia legata al gesuita Bernabé Cobo (1582-1657), che esplorò Messico e Perù, che lo introdusse in Europa. Il gesuita portò le bacche di questa pianta da Lima fino in Spagna e poi a Roma ed in altre parti d’Italia nel 1632; da cui il nome con cui era conosciuto il chinino di “pulvis gesuiticus”.
La prima estrazione dalla corteccia dell’albero della china e l’isolamento di questo alcaloide avvenne nel 1817 ad opera dei ricercatori francesi Pierre Joseph Pelletier e Joseph Bienaimé Caventou, che lo chiamarono chinino. Risale invece al 1908 la prima sintesi chimica dell’alcaloide chinina, che fu scoperta nel 1856, ma venne effettuata solo in quell’anno dal chimico Paul Rabe. Il principio attivo del chinino prende il nome di chinoline-metanolo.
Dopo la prima introduzione in Italia, solo dopo un secolo più tardi, Federico Torti, avrebbe descritto ad avviato l’uso medico-terapeutico del chinino. La scoperta delle qualità del chinino fu riconosciuta nel 1906 dalla famosa rivista medica “Lancet” che diede merito all’importante azione svolta dai gesuiti.
L’Idrossidoclorochina, contiene questi eccipienti: lattosio monoidrato, povidone, amido di mais, magnesio stearato, opadry OY-L- 28900 (ipromellosa, macrogol 400, titanio diossido, lattosio monoidrato).
vedi bugiardino:
https://www.fogliettoillustrativo.net/bugiardino/idrossiclorochina-doc-30cpr200-046074011
Idroossidoclorochina:
C18H26ClN3O (Formula bruta o molecolare)
Viene usato nel 2019/2020 per la falsa epidemia del supposto virus Covid19:
I risultati non sono ritenuti statisticamente significativi, ragion per cui gli scienziati sono concordi nel dire che c’è bisogno di ulteriori studi per dire che l’idrossiclorochina è una cura efficace per il nuovo coronavirus (?).
Jun Chen, uno degli autori della ricerca cinese, ha definito interessanti i risultati dei due studi, ma allo stesso tempo ammette che questi hanno molti limiti. Ha detto il ricercatore: “L’idrossiclorochina non è un farmaco magico e non si è mai dimostrata efficace in nessuna malattia virale, nonostante la sua attività antivirale in vitro” (cioè quando il farmaco impedirebbe al supposto virus di “infettare” le cellule nel piatto, coltura).
L’idrossiclorochina non deve essere prescritta a soggetti con ipersensibilità nota ai composti derivati chinolinici.
Esistono diverse altre controindicazioni ed è necessaria cautela se i pazienti hanno determinate patologie cardiache, diabete, psoriasi ecc., non esiste bibliografia in merito.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali più comuni sono una lieve nausea e occasionali crampi allo stomaco con diarrea. Gli effetti avversi più gravi colpiscono gli occhi e possono causare una retinopatia dose-dipendente anche dopo l’interruzione dell’uso dell’idrossiclorochina.
Nel trattamento a breve termine della malaria, gli effetti collaterali possono includere crampi addominali, diarrea, problemi cardiaci, riduzione dell’appetito, mal di testa, nausea e vomito.
Nel trattamento prolungato del lupus o dell’artrite reumatoide, gli effetti avversi includono sintomi acuti, come pigmentazione oculare alterata, acne, anemia , decolorazione dei capelli, vesciche sulla bocca e sugli occhi, disturbi del sangue, convulsioni, difficoltà visive, riflessi ridotti, cambiamenti emotivi, eccessiva colorazione della pelle, perdita dell’udito, orticaria, prurito, problemi al fegato o insufficienza epatica, perdita di capelli, paralisi muscolare, debolezza o atrofia, incubi, psoriasi, difficoltà di lettura, tinnito, infiammazione e desquamazione della pelle, eruzioni cutanee, vertigini, perdita di peso e occasionalmente incontinenza urinaria. L’idrossiclorochina può peggiorare la psoriasi e la porfiria.
I bambini possono essere suscettibili allo sviluppo di effetti avversi da idrossiclorochina.
Retinopatia
Uno degli effetti collaterali più gravi dell’idrossiclorochina è la retinopatia (generalmente dovuta all’uso cronico).
Pazienti che assumono 400 mg di idrossiclorochina o meno al giorno hanno un rischio trascurabile di tossicità maculare, mentre il rischio aumenta quando il paziente assume il farmaco per oltre 5 anni o ha una dose cumulativa superiore a 1000 grammi.
La dose massima giornaliera sicura per gli occhi può essere calcolata in base all’altezza e al peso. La tossicità maculare è correlata alla dose cumulativa piuttosto che alla dose giornaliera. Quando ci sono dei fattori di rischio si effettuano degli screening oculari regolari, anche in assenza di sintomi visivi.
Riferimenti Bibloigrafici:
(EN) Hydroxychloroquine, su DrugBank.ca. URL consultato il 30 marzo 2020.
– EN) Hydroxychloroquine Sulfate Monograph for Professionals, su Drugs.com.
– (EN) World Health Organization, World Health Organization model list of essential medicines: 21st list 2019
– Michael F. Marmor, Ulrich Kellner e Timothy Y. Y. Lai, Revised recommendations on screening for chloroquine and hydroxychloroquine retinopathy, in Ophthalmology, vol. 118, n. 2, 2011-02, pp. 415–422,
DOI:10.1016/j.ophtha.2010.11.017.
– N. P. Hurst, J. K. French e L. Gorjatschko, Chloroquine and hydroxychloroquine inhibit multiple sites in metabolic pathways leading to neutrophil superoxide release, in The Journal of Rheumatology, vol. 15, n. 1, 1988-01, pp. 23–27
– Michael F. Marmor, Ulrich Kellner e Timothy Y. Y. Lai, Revised recommendations on screening for chloroquine and hydroxychloroquine retinopathy, in Ophthalmology, vol. 118, n. 2, 2011-02, pp. 415–422,
DOI:10.1016/j.ophtha.2010.11.017.
P.S. Questo farmaco “copia” anche le indicazioni brevettate da parte del dott. Ruffini:
https://mednat.news/cure_natur/ruffini_terapia.htm
e le “mescola con il chinino” creando il principio della formula chimica della Idroossidoclorochina
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“UN’INIEZIONE CONTENENTE DIOSSIDO DI CLORO IN APPLICAZIONI TERAPEUTICHE POTENZIA IL SISTEMA IMMUNITARIO, RIGENERA LE CELLULE STAMINALI, È ANTITUMORE, ANTI-CANCRO E“ ANTI-ETÀ ”.
CHE NON ESISTONO STUDI MEDICI O SCIENTIFICI CHE GARANTISCONO I VOSTRI BENEFICI ? PER FAVORE, NON MENTITE !!!
GARANTISCE CHE LE DOSI DI DIOSSIDO DI CLORO RACCOMANDATE DA KALCKER SONO SICURE NEGLI UMANI (NON LO DICO IO, LO DICE IL GOVERNO DEGLI STATI UNITI). Controllare le pagine da 30 a 67 del documento.
Buona riflessione….