La celebre equazione sarebbe stata anticipata nel 1903 da De Pretto Olinto
E=mc2: “Tutto merito dell’italiano Olinto”
La tesi di un docente di matematica dell’Università di Perugia, ripresa dal quotidiano britannico “The Guardian”.
L’equazione della relatività di Einstein non sarebbe, in realtà, di Albert Einstein, bensì di un matematico autodidatta italiano, Olinto De Pretto.
La sconcertante rivelazione arriva dal serissimo giornale inglese “Guardian” che già otto anni fa aveva raccontato la genesi della celebre formula della relatività (il tempo e il movimento sono relativi alla posizione dell’osservatore, se la velocità della luce è costante), altrimenti conosciuta come E=mc2 (l’energia è uguale al prodotto della massa per il quadrato della velocità della luce) e che nell’edizione di martedì scorso ha riproposto la controversa questione circa la primogenitura dell’equazione forse più famosa al mondo.
Stando a quanto si racconta, il 23 novembre del 1903 l’italiano De Pretto, un industriale di Vicenza con la passione per la matematica, avrebbe pubblicato sulla rivista scientifica Atte un articolo dal titolo “Ipotesi dell’etere nella vita dell’Universo”, in cui sosteneva che “la materia di un corpo contiene una quantità di energia rappresentata dall’intera massa del corpo, che si muovesse alla medesima velocità delle singole particelle”. Insomma, la celebre E=mc2 spiegata parola per parola, anche se De Pretto non mise la formula in relazione con il concetto di relatività, ma con la vita dell’universo.
Secondo la ricostruzione fatta dal professor Umberto Bartocci, docente di Storia della matematica all’Università di Perugia, questo difetto nell’impostazione di De Pretto sarebbe stato il motivo per cui inizialmente il significato dell’equazione non venne capito. Solo successivamente, nel 1905, lo studioso svizzero Michele Besso avrebbe avvisato Albert Einstein del lavoro svolto due anni prima da De Pretto e delle conclusioni alle quali era arrivato, che il geniale fisico e matematico avrebbe poi fatto sue, senza tuttavia attribuire alcun merito all’italiano.
Questa, ovviamente, è la tesi di Bartocci, alla quale il professore ha dedicato pure un libro, pubblicato nel 1999 da Andromeda: Albert Einstein e Olindo De Pretto – La vera storia della formula più famosa del mondo, dove viene appunto spiegata la teoria della “contaminazione einsteiniana” ad opera di De Pretto, morto nel 1921.
«De Pretto non scoprì la relatività – ha riconosciuto Bartocci – però non ci sono dubbi sul fatto che sia stato il primo ad usare l’equazione e questo è molto significativo. Sono anche convinto che Einstein usò le ricerche di De Pretto, sebbene questo sia impossibile da dimostrare». Nel corso degli anni ci sono poi state altre polemiche circa i contributi scientifici che avrebbero permesso ad Einstein di scoprire e rendere pubblica la rivoluzionaria formula nel 1905 e fra questi, particolarmente importanti si dice siano state le ricerche del tedesco David Hilbert.
Sembra, però, impossibile porre fine alla controversia e nemmeno Edmund Robertson, professore di matematica dell’Università di St.Andrew, è riuscito nell’intento: «Una grande parte della matematica moderna è stata creata da gente a cui nessuno ha mai dato credito, come ad esempio gli Arabi – ha raccontato Robertson al Guardian – Einstein può avere preso l’idea da qualcuno, ma le idee stesse arrivano da ogni parte. De Pretto merita sicuramente credito per gli studi che ha svolto e il contributo che ha dato, se queste cose si possono provare. Ma ciò non toglie, comunque, che la genialità di Einstein resti indiscutibile».
Il dubbio persiste, le polemiche pure, la sola certezza è proprio quell’equazione E=mc2, di cui tutti, almeno una volta, hanno sentito parlare.
By Simona Marchetti – 13 aprile 2007
vedi anche:
Tramonto della relativita’ + Teoria R3 – Una semplice Teoria dell’UniVerso – PDF – dell’Ing. Alberto Angelo Conti
Buchi neri dell’Universo simili a quelli atomici – vedi PDF studio-ricerca di fisici
Le Scienze Maggio 2009, n. 489 – 27 aprile 2009
Sfida quantistica alla relatività speciale di Einstein
Come molti effetti quantistici, l’entanglement viola alcune delle più radicate intuizioni sul mondo. E forse minaccia i fondamenti della relatività speciale di Einstein. Di David Z Albert e Rivka Galchen
Nell’universo, come lo percepiamo, possiamo interagire solo con oggetti con cui veniamo in contatto: quindi il mondo sembra locale. La meccanica quantistica, invece, contempla l’azione a distanza con una proprietà detta entanglement, in cui due particelle hanno un comportamento sincronizzato senza intermediari: è un fenomeno non locale. Questo effetto non locale non va solo contro l’intuizione, ma è un serio problema per la teoria einsteiniana della relatività speciale e fa vacillare i fondamenti della fisica.
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica.it
vedi: Relativita’ Ristretta By Rubino L.
Qumdi pare che Einstein abbia “rubato” la nota formula E= mc2 da un italiano De Pretto…
EINSTEIN si SBAGLIAVA – Il lato NASCOSTO della Fisica – Giugno 2015
In questo 2015 si celebra il centenario della relatività generale, tuttavia la relatività di Einstein continua a porre vecchi problemi mai risolti, nonostante le nuove trovate propagandistiche dei suoi sostenitori che per tutti questi anni lo hanno messo su un piedistallo a indicare una falsa direzione, dirottando tutto il mondo verso una linea di pensiero assurda.
Nel 1905, il Dott. Albert Einstein visse un anno miracoloso in cui avviò la sua presunta rivoluzione della fisica moderna fino alla teoria della relatività generale, che lo rese famoso nel 1919.
Quelli che seguono sono due punti di vista sul perché Einstein si sbagliava.
Il primo è di David de Hilster, regista del documentario Einstein Wrong – The Miracle Year, e il secondo è di Roger Anderton, recentemente ospite del programma Did Boscovich Discover A Unified Field Theoryì su Richplanet TV.
Entrambi sostengono che la fisica moderna ha preso una direzione del tutto sbagliata, e che oggi esiste anche una “fisica nascosta con una storia nascosta”.
Prima Parte di David de Hisler
Nel lontano 1992, conobbi un fisico argentino, il Dott. Ricardo Carezani, il quale sosteneva di aver dimostrato che la teoria della relatività speciale di Einstein era sbagliata e di aver corretto il problema, e chiese il mio aiuto per fare arrivare questa notizia al pubblico.
Negli anni che seguirono, scoprii altre informazioni sullo stato disfunzionale della fisica e della cosmologia moderna, dove c’è un establishment che impone un dogma basato su giochi politici e sulle proprie esigenze emotive.
Nel 1996, incontrai per la prima volta un gruppo di scienziati dissidenti, guidati dal Dott. John Chappell, che avevano iniziato a riunirsi a cadenza annuale e cercavano di affrontare attivamente i problemi della scienza moderna.
Decisi che per me questi scienziati erano sufficienti per provare a realizzare un documentario sull’argomento. Nel documentario si vede mia madre che incontra gli scienziati nel contesto della vita quotidiana, nella speranza che in questo modo il pubblico si senta meno intimidito dall’argomento del film. Ci sono voluti più di otto anni per completare la realizzazione del film.
Dato che alla prima proiezione davanti a un pubblico generico era stato accolto ottimamente, credevo di essere riuscito a realizzare un film adatto alle masse. Però, rimasi deluso quando presentai il mio documentario a vari festival del cinema. Il problema, secondo me, è che i documentaristi e i cineamatori si considerano al di sopra del livello di intelligenza medio del pubblico generale, e sono convinti che se Einstein si fosse sbagliato loro lo avrebbero già saputo attraverso i canali mediatici.
Come spiega anche Roger più avanti, i media bloccano quasi tutte le informazioni sugli errori di Einstein. Così, nella loro ignoranza, respingono un documentario del genere e non lo accolgono con imparzialità.
In base alle mie esperienze, sono giunto alla conclusione che nelle scuole ci sono dei “nerd” che vengono presi di mira dai bulli, come si vede nelle storie di Disney Channel in cui i “secchioni” sono sempre maltrattati. Questi nerd ostracizzati dal punto di vista sociale spesso si pongono l’obiettivo di diventare più intelligenti di tutti gli altri ed entrare nel mondo scientifico e li alimentano un sistema di bullismo in cui i nerd “al top” se la prendono con chi sta sotto.
Ecco, il mio documentario Einstein Wrong — The Miracle Year è diventato l’ennesima vittima di questo sistema.
Seconda parte: di Roger J. Anderton – Il falso fronte della fisica e della storia
Da molto tempo mi interesso di fisica e matematica, e come David de Hilster anch’io mi sono accorto della “bugia” di Einstein. Dopo un lungo e impegnativo studio della fisica moderna ispirata da Einstein e una laurea alla Open University, sono rimasto sconvolto nello scoprire quante bugie ci sono state dette sulla fisica e sulla storia della materia. Ho scoperto che c’era una teoria dei campi unificati già nel XVIII secolo, mentre la fisica moderna generalmente nega che esistesse una teoria simile (cfr NEXUS nr. 38).1
Dato che nella relatività di Einstein sono presenti molti elementi di matematica, ho sentito il bisogno di saperne di più prima di affrontare la materia, così ho studiato matematica e poi sono ritornato ai programmi di fisica. Rivedendo ciò che mi era stato insegnato quando studiavo gli scritti di Einstein sulla relatività, sono rimasto basito scoprendo che non avevano senso. Peggio ancora, ho scoperto che alcune persone intelligenti avevano già capito molto tempo fa che Einstein diceva cose insensate, ma erano state ignorate (le ho trovate nel gruppo a cui fa riferimento David).
Einstein, nell’immaginario popolare, è un genio assoluto, e al pubblico non piace che il suo eroe venga rappresentato come qualcosa di diverso. Dunque, l’establishment della fisica deve sforzarsi per mantenere il falso fronte di “Einstein il genio”. E per mantenere questo falso fronte, addirittura falsifica la storia, nascondendo il più possibile la storia vera. Ora mi rendo conto di quanto fosse geniale Tesla, il quale però non lavorava usando la fisica che viene insegnata oggi agli studenti, ma usava una fisica precedente, che non era ancora stata corrotta da Einstein
La storia della relatività dopo Einstein
Einstein di solito viene ritratto come scopritore della relatività generale e speciale che sostituì la relatività galileiana. Fra Galileo e Einstein ci furono altri che studiarono la relatività, ma tendenzialmente vengono ignorati, ad eccezione di pochi come Lorentz e Poincaré.
Dott. Robert Oppenheimer, noto come il “padre della bomba atomica”,2 disse questo di Einstein: “I suoi primi studi sono di una bellezza paralizzante, ma sono rovinati da errori onnipresenti…”3
Ciò fa pensare che non avesse una grande opinione dell’intelligenza di Einstein. Molti altri avevano una bassa opinione di Einstein, ma spesso si resero conto che ciò nuoceva alla loro reputazione quando incontravano persone che veneravano Einstein come un eroe. Oppenheimer proseguiva il suo discorso restando sul vago: “Ciò sta ritardando di quasi dieci anni la pubblicazione della sua raccolta di scritti. È decisamente un uomo, quello che fa errori che richiedono tanto tempo per essere corretti.” Quali dovrebbero essere questi errori è un mistero, e la raccolta degli scritti di Einstein non fu pubblicata nei dieci anni che si aspettava Oppenheimer.4
Lo scienziato che coniò i termini black hole (buco nero) e wormhole (“tana del verme”, ovvero cunicolo spaziotemporale) fu il Dott. John Wheeler,5 considerato colui che riportò in vita la relatività di Einstein6 in quello che viene definito “il Rinascimento della relatività generale”,7 che sarebbe in apparenza una revisione della relatività di Einstein volta a risolvere quegli errori.
Il Dott. Hans Ohanian, nel suo libro Einsteins Mistakes,8 evidenzia alcuni di questi errori ma non si spinge abbastanza a fondo. Con la scuola della relatività di Wheeler, è tutto molto confuso e non si capisce che cosa è stato cambiato e perché.
Secondo il Dott. C. Y. Lo,9 la scuola della relatività di Wheeler ha sbagliato molte cose: “… le errate interpretazioni che imperversano nella scuola di Wheeler sono dovute a un’inadeguatezza in matematica e fisica. In particolare, la loro distorsione del principio di equivalenza di Einstein mantiene gli errori iniziali e crea ulteriori errori. Oltretutto, gli errori sulle soluzioni dinamiche hanno conseguenze che vanno a incidere su altre aree della fisica.” Quindi, la confusione della relatività di Einstein è stata ulteriormente aggravata dalla scuola di Wheeler.
Eppure esiste una lunga storia di dissenso rispetto alla relatività di Einstein, come documenta The G. O. Mueller Research Project.10 Ogni tanto, l’establishment commette qualche errore cercando di tenere nascosto tutto questo.
Ne è probabilmente un esempio il discorso censurato del Dott. Rupert Sheldrake a una conferenza TEDx del gennaio 2013.11 Sheldrake è un biologo con idee anticonformiste, ma apparentemente l’establishment lo tollera e pare che gli abbia detto qualcosa di confidenziale che non si doveva sapere pubblicamente, e abbia poi reagito cercando di censurare il suo discorso quando invece lui lo rivelo’. Nel suo discorso censurato (n realtà solo in parte: gli occultatori della verità non sono riusciti a censurarlo completamente) dice molte o interessanti.
Una rivelazione riguarda un’aj fatta dal direttore di metrologia del Laboratorio Nazionale di fisica di Teddington, in Inghilterra: l’ammissione che gli scienziati erano in grado di misurare la velocita’ della luce come costante, dunque fissarono per definizione una costante della velocità della luce nel 1972.
Inoltre il metrologo ammise che non sarebbe comunque più possibile sapere se la velocità della luce non e’ una costante, dato che il metro come unità di misura della distanza, e’ stato definito in termini di velocità della luce.
Il contesto più semplice della velocita’ della luce (nel vuoto) è naturalmente nello scenario della relatività speciale e ciò significa che il laboratorio è mai stato in grado di misurare la velocità della luce, come costante per confermare la relatività speciale;
Cio’ che il capo di metrologia descrisse come un “imbarazzo” è proprio il tipo di cose che sono state omesse dai testi di fisica usati dagli studenti.
Dunque, la teoria che la vele luce (nel vuoto) sia una costante NON e’ stata verificata con esperimenti e NON e’ mai stata dimostrata come vera.
Altri spunti si trovano in un cui si parla di un fisico anticonformista il professore associato Reg Cahill 12: e’ ben conscio che le sue attivita’ non lo renderanno popolare nell’establishment della fisica, tuttavia è convinto che altri esperimenti che hanno prodotto dati che contraddicono le teorie di Einstein siano stati appositamente ignorati o, in alcuni casi, nascosti.
‘L’invenzione’ dello spazio-tempo di Einstein combinava i modelli geometrici dello spazio e del tempo, e si basava sui famosi esperimenti del XIX secolo di Michelson e Morley che intendevano mostrare che la velocità della luce era costante in qualsiasi direzione.
Quando, al posto del grande effetto previsto, ottennero solo un effetto molto lieve, i due fisici decisero di liquidare il risultato come un artefatto dell’esperimento, dichiarandolo non valido, e cosi la velocità della luce costante diventò parte della base teorica per le teorie einsteiniane della relatività speciale e della relatività generale.”
Cahill spiega che i fisici avevano sbagliato: “Come si suol dire, avevano buttato via il bambino con l’acqua sporca… L’effetto era reale: la velocità della luce è diversa in direzioni diverse.”
La teoria in cui la velocità della luce è definita come una costante è una teoria differente da quella in cui la velocità della luce è scoperta come costante, indipendentemente dalla definizione.
La prima teoria non è una teoria valida perché non è verificabile. All’improvviso, la fisica assume gli attributi di una religione basata sulla fede, vedendo come gestisce la confusione di Einstein.13
La storia della relatività prima di Einstein
Naturalmente, la relatività c’era già prima di Einstein, e possiamo farla risalire fino a Galileo, che prese in considerazione il principio.14
Nel tempo che separa Galileo da Einstein sono successe tante cose, molte delle quali sono andate perdute. Nel XVIII secolo, gran parte della fisica era scritta in latino, e nelle epoche successive fu prevalentemente ignorata. Per esempio, il prete-scienziato Padre Boscovich si occupò di relatività.15 Della parte della sua teoria che riguardava la teoria quantistica si occupò il chimico serbo Dragoslav Stoiljkovich nel suo libro Roger Boscovich: The Founder of Modem Science.16
Anche secondo la scuola della relatività di Wheeler la teoria di Boscovich è una teoria dei campi unificati.17 Tuttavia, la scuola ha preferito ignorarla perché si tratta di una teoria dei campi unificati del XVIII secolo e cercava qualcosa di più moderno, che si basasse sulla fede in Einstein. Tuttavia, per quel che mi riguarda Einstein commise molti errori, e se togliamo questi errori ritorniamo alla teoria di Boscovich.
La matematica della relatività generale
Ci sono troppi problemi con la relatività di Einstein, e gran parte degli aspetti matematici non ha senso. Il Prof. Roger Rydin ha trascorso parecchio tempo a verificare la matematica di Einstein nella relatività generale, e sostiene che anche dopo aver corretto gli errori continua a non avere senso; insomma, chiunque sia convinto che funzioni in qualsiasi esperimento si illude.18
Anche Stephen Crother ha tenuto discorsi molto illuminanti su questo tema.19
Conclusioni
Siamo stati ingannati davvero profondamente da Einstein. Le opere di Einstein contengono numerosi errori. Non è più nemmeno chiaro in cosa dovrebbe consistere ormai la teoria della relatività, e noi dissidenti abbiamo chiesto ai fedeli di Einstein di chiarircelo, nel nostro comuni’ “An Open Letter to thè Physics Community: The Twin Paradox”
L’aver ritratto Einstein come un eroe, rende difficile per chiunque correggere gli errori delle sue teorie della relativita’.
Coloro che provano a correggere errori rischiano gli insulti dei sue adoratori.
L’establishment ha punito molti dissidenti, rendendoli dei moderni Galileo. Ai tempi di Galileo, l’establishment aveva reagito minacciandolo, ma non ottenne molto con questo metodo.
L’establishment di oggi è diventato più astuto nel soffocare il dissenso. Il suo metodo è ricompensarti con dei premi (esempio il Nobel) e finanziare tue ricerche se eviti di dissentire.
E’ l’approccio del “bastone e carota”. E l’establishment ha capito che usare una carota più grande (con la minaccia di toglierla) è più efficace che un bastone più grande per controllare il dissenso.
By Roger J. Anderton e David de Hilster
Roger J. Anderton è un ex ingegnere pe comunicazioni. Recentemente è stato osp gramma di Richplanet TV “Did Boscovich Unified Field Theory?” (parte 1 di 4, su ht com/qa4dtx4). Maggiori informazioni si tr suo sito http://www.einsteinconspiracy.ct essere contattato per posta elettronica al R.J.Anderton@btinternet.com.
– David de Hilster è ingegnere informatic regista, nonché fondatore del World Scie base, Il trailer del suo documentario Eins – The Miracle Kear è visibile sul suo sito steinwrong.com.
Riferimento
Il sito di The John Chappell Naturai Philc Society propone forum di discussione ec di incontro di molti scienziati dissidenti: naturalphilosophy.org.
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Forse abbiamo risolto il più grande errore di Einstein
Costante cosmologica: sì, no, forse? Ecco l’ultimo tentativo per risolvere uno dei principali rompicapo della fisica moderna
C’è una grossa incognita nella fisica e si chiama costante cosmologica. Serve o non serve? Se serve, perché? E poi, qual è il suo valore? Domande a cui da più di un secolo – cioè da quando Albert Einstein la introdusse nelle sue equazioni di campo che descrivono la teoria della relatività generale – gli scienziati tentano di dare una risposta. Ma nessuna teoria finora sembra coerente con le osservazioni sperimentali. Oggi nel dibattito interviene Lucas Lombriser dell’università di Ginevra, che con un articolo sulla rivista Physics Letters B ha esposto un nuovo metodo di calcolo, che sottintende un Multiverso con una costante gravitazionale variabile.
L’errore di Einstein
Tutti possono sbagliare. Anche i geni come Einstein, che al tempo della formulazione della teoria relatività generale credeva, come la maggior parte dei suoi colleghi fisici e astronomi, che l’Universo avesse dimensioni fisse e che fisso fosse lo spazio tra le galassie. Nel 1916 Einstein sviluppò la teoria della relatività generale, descritta da quelle che oggi sono note come equazioni di campo di Einstein, che spiegano come la materia e l’energia modifichino lo spazio-tempo generando la gravità. I conti però non tornavano e la teoria sembrava descrivere un Universo instabile, in espansione o in contrazione. Perciò Einstein introdusse nelle equazioni la costante cosmologica, forzando la sua stessa teoria.
Non passarono nemmeno dieci anni, però, che Edwin Hubble verificò che davvero il nostro Universo è in espansione. E quindi – ops! – la costante cosmologica sparì dalle equazioni di campo, definita dallo stesso Einstein il suo più grande errore.
Fine della storia ? Se così fosse non saremmo qui a parlarne.
Nel 1998, infatti, i fisici realizzarono che non solo l’Universo è in espansione ma che le galassie hanno un moto accelerato e si allontanano come spinte da una qualche forma di energia sconosciuta. Un’ipotesi che conosciamo come energia oscura e che – ironia della sorte – ha rimesso in gioco la costante cosmologica.
In questi trent’anni ci sono stati diversi tentativi di calcolo sperimentale della costante, che dovrebbe rappresentare il 70% dell’energia dell’Universo, ma puntualmente i risultati a cui si arriva non sono soddisfacenti, sono discutibili e differiscono troppo dalle previsioni teoriche – tanto che qualcuno è anche arrivato a mettere in discussione la teoria della relatività generale.
Un nuovo metodo
La teoria però regge e anzi continua a raccogliere prove, segno che la strada non è quella di ripensare la gravità. Ed è ciò che sostiene anche Lucas Lombriser, che nel suo approccio di calcolo alla costante cosmologica non modifica le equazioni di campo di Einstein, ma ne aggiunge una che assume l’ipotesi per cui la costante gravitazionale possa cambiare.
Un cambio di paradigma tutt’altro che banale: la costante gravitazionale è una delle costanti fondamentali della fisica, invariata dall’inizio dell’Universo. Per Lombriser invece la costante gravitazionale rimane la stessa nel nostro Universo, ma al di fuori può variare, sottintendendo che non esista un Universo ma un Multiverso, con regioni a noi invisibili in cui le costanti fondamentali cambiano.
Da questo presupposto, l’equazione aggiuntiva del fisico mette in relazione la costante cosmologica con la somma media della materia nello spazio-tempo, e una volta risolta fornisce un valore della costante cosmologica che si avvicina molto a quello stimato dalle osservazioni sperimentali.
Ma poi, insomma, perché è così importante? Non è il numero in sé e per sé, quanto il suo significato. Conoscerlo, secondo gli esperti, ci aprirebbe le porte verso un più alto grado di comprensione del Cosmo.
By Mara Magistroni – Tratto da: wired.it
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Einstein e la morte della Fisica (Francais)
Nel 1905, dopo aver confermato l’idea di Newton che la luce è composta da particelle, Einstein dovette resistere a una tentazione: se fosse tornato all’idea contraria, di moda all’epoca, che la luce dovesse essere concepita come un campo ondulatorio, sarebbe stato l’autore di una teoria miracolosa, ma la fisica avrebbe finito per morire: A. Einstein, “La Relativite”, Petite Bibliotheque Payot, Parigi (2001), p. 205:
“Quando la teoria della relatività ristretta ha dimostrato l’equivalenza fisica di tutti i sistemi d’inerzia, l’ipotesi dell’etere a riposo è diventata insostenibile.
Fu così costretto a rinunciare all’idea che il campo elettromagnetico deve essere concepito come un supporto materiale. Con questo il campo diventa un elemento irriducibile della descrizione fisica, irriducibile nello stesso senso della nozione di materia nella teoria di Newton”.
Einstein alla fine della sua carriera (lettera all’amico M. Besso, 1954): “Ritengo che sia abbastanza possibile che la fisica non possa basarsi sulla nozione di campo, cioè su strutture continue. In questo caso, non rimane nulla di tutto il mio castello in aria, compresa la teoria della gravitazione, e il resto della fisica moderna”.
A quanto pare prima di morire confidandosi ad un amico disse che: “e’ possibile che la fisica non possa essere basata sulla nozione di campo, cioe’ sulle strutture continue: In questo caso, non resta nulla del mio castello in aria, compresa la teoria della gravitazione ed il resto della fisica moderna”.
Tutto cio’ avviene pur di evitare e/o cancellare in concetto di “Etere”! Enstein stesso però alla fine della sua vita, ha ammesso che forse era più logico parlare di Etere che non della teoria del campo…
Forse nel 1954 la morte delle fisica era ancora irreversibile; ma ora non è più il caso. Questa “civilizzazione” appare come suicida.
By Pentcho Valev
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Einstein si era sbagliato
Il matematico italiano che corresse Einstein – 18/11/2016
Quando ho visto che Lei rivolge la sua obiezione contro la dimostrazione più importante della teoria, che mi è costata fiumi di sudore, mi sono spaventato non poco poiché so che Lei padroneggia queste cose matematiche molto meglio di me». È un allarmato Einstein quello che il 5 marzo 1915 così risponde a Tullio Levi-Civita, il matematico padovano che gli ha comunicato un errore nella dimostrazione di un teorema che lo stesso Einstein riconosce essere fondamentale per la teoria della relatività generale che sta elaborando. Nondimeno, «dopo un’attenta riflessione – continua fiducioso Einstein – ritengo tuttavia di poter mantenere in piedi la mia dimostrazione».
Di che si tratta ? Dopo la pubblicazione nel 1905 del celebre articolo sulla teoria della relatività, ristretta ai soli moti relativi uniformi, da diversi anni Einstein ha cominciato a riflettere sul modo di estendere la sua teoria a qualunque moto generico. «L’idea decisiva», dirà in seguito, gli è stata suggerita dall’«analogia tra il problema matematico della teoria [della relatività generale] e la teoria gaussiana delle superfici». Lasciata Praga per Zurigo nel 1912, con l’aiuto di Marcel Grossmann, amico e collega al locale Politecnico, si familiarizza con la geometria differenziale di Gauss e Riemann e studia il calcolo tensoriale, o calcolo differenziale assoluto come si chiama all’epoca il calcolo elaborato da Ricci-Curbastro, maestro di Levi-Civita a Padova.
Nel 1913 appare il primo frutto del lavoro comune di Einstein e Grossmann, un abbozzo (Entwurf) di una teoria della relatività generale e della gravitazione, in cui Grossmann fornisce l’apparato matematico, ossia le definizioni e gli elementi essenziali del calcolo differenziale assoluto, a sostegno delle idee fisiche di Einstein. I metodi e le applicazioni di quel calcolo sono stati presentati da Levi-Civita e Ricci-Curbastro in un articolo del 1901 che ha fatto epoca. Poincaré ha scritto una volta che nelle scienze matematiche una buona notazione ha la stessa importanza filosofica di una buona classificazione nelle scienze naturali, ricordano Ricci e Levi-Civita in apertura del loro lavoro. «A maggior ragione, si può dire altrettanto dei metodi» che «hanno origine e ragion d’essere negli intimi rapporti che li legano alla nozione di varietà a n dimensioni che dobbiamo al genio di Gauss e di Riemann».
Quell’articolo è un sistematico compendio di metodi, accompagnati dalle numerose applicazioni alla fisica matematica che Levi-Civita padroneggia in maniera magistrale. Professore di meccanica razionale a soli 24 anni, delle sue grandi qualità il matematico padovano ha dato prova in una serie di contributi nei campi più diversi – dalla teoria degli infinitesimi alla teoria degli invarianti, alla meccanica analitica al problema dei tre corpi – che, a neppure trent’anni, ne fanno uno dei più geniali e poliedrici matematici del tempo.
Sono queste le «cose matematiche» cui allude Einstein in quella sua prima lettera a Levi-Civita, che segna l’inizio di una fitta corrispondenza tra Padova e Berlino, dove nel frattempo si è stabilito il grande fisico. «Una corrispondenza così interessante non mi era ancora capitata» confessa Einstein al matematico italiano il 2 aprile. «Dovrebbe vedere con quale ansia aspetto sempre le sue lettere». E ne ha ben donde. Einstein cerca infatti ogni volta di controbattere con nuovi argomenti, e di mettere così la sua dimostrazione al riparo dalle reiterate critiche di Levi-Civita («mi accorgo dalla sua cartolina del 2 aprile che Lei insiste nella sua obiezione… cercherò di confutarla» o ancora il 21 aprile «Lei ritiene ancora che il Teorema non sia valido. Io spero però che la lettera che Le ho inviato ieri La convinca») finché il 5 maggio, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, in una lettera che chiude quell’intenso carteggio Einstein è costretto a riconoscere che Levi-Civita ha ragione: «la mia prova è incompleta» e una proprietà essenziale è solo congetturata ma «non è dimostrata».
Inizia allora per Einstein il periodo di duro, solitario lavoro che nel giro di qualche mese lo porta a stabilire la forma corretta delle equazioni gravitazionali che egli presenta all’Accademia delle Scienze di Berlino in una nota del novembre 1915. «Le equazioni gravitazionali rappresentano un vero trionfo dei metodi del calcolo differenziale assoluto», riconosce allora Einstein. «La nuova relatività fu costruita un po’ a tentoni fra il 1913 e il 1915», dirà Levi-Civita anni dopo scrivendo al fisico Augusto Righi, che gli chiede lumi sulla teoria einsteiniana. «Come Ella ben sa, lo strumento analitico essenziale di questa teoria è il calcolo differenziale assoluto del Ricci». Levi-Civita tace sul proprio ruolo decisivo. Ma altrettanto decisivo, e stavolta pubblico, è un articolo scritto nel novembre 1916 destinato ad esercitare un’enorme influenza sugli sviluppi della teoria della relatività generale e della moderna geometria differenziale, nel quale egli definisce il significato di parallelismo e di «trasporto parallelo» in uno spazio a n dimensioni, mettendo in luce le intime connessioni tra parallelismo in una varietà e tensore di curvatura di Riemann.
Con quel lavoro si chiude il periodo padovano, la stagione più originale e feconda di Levi-Civita, ma non si esaurisce certo il suo interesse per la teoria della relatività generale oggetto di una quarantina di suoi scritti. Chiamato all’Università di Roma nel dicembre 1918, Levi-Civita è un’autorità riconosciuta a livello internazionale, che le leggi razziali del 1938 costringono al silenzio minandone in maniera fatale la salute e lo spirito, fino alla morte nel 1941.
A cent’anni di distanza dalla redazione di quel fondamentale lavoro sul trasporto parallelo l’Università di Padova ha deciso di onorare il suo antico studente e geniale maestro intitolando a Tullio Levi-Civita il Dipartimento di matematica con una cerimonia che e’ svolta la il 25 novembre nell’Aula Magna del Palazzo del Bo (PD)
– vedi: http://www.math.unipd.it/it/news/?id=1929
By Umberto Botazzini – Tratto da ilsole24ore.com
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Gli errori di Einstein – 02/11/2015
Nonostante la sua immensa intuizione, Einstein più di una volta non afferrò il significato delle sue idee più rilevanti o non ne colse l’importanza. Come risultato, sottovalutò l’importanza della deflessione gravitazionale della luce, dubitò in un primo momento dell’esistenza delle onde gravitazionali e non riuscì ad anticipare la scoperta dell’espansione dell’universo. Esaminare gli errori di Einstein permette di esplorare i suoi processi mentali e offre una nuova prospettiva sulla storia di tre delle più appassionanti aree della cosmologia moderna.
Bt Lawrence M. Krauss – Tratto da: lescienze.it