La natura biologica della “senescenza” (dal latino senectus, è sinonimo di invecchiamento).
Essa è il processo di invecchiamento di un organismo, accompagnato da fenomeni involutivi di tipo fisiologico e funzionale: la s. delle cellule, infatti l’acidosi è la madre delle malattie e base per l’invecchiamento precoce.
vedi: Acidosi metabolica + Acidosi + Acidosi nel cancro + Iperacidosi + Acidosi organiche
Continua QUI: Biofotoni + Bioelettronica + Cellule
Il concetto di vecchiaia nella storia della medicina
Nel cammino ultra millenario dell’umanità la maledizione della vecchiaia non era stata prevista né da un dio crudele, né da una natura malvagia; essa è semplicemente un accidente provocato dalla nascita della socialità nella nostra specie.
Difendere i deboli, procacciare il cibo a chi non è più in grado di procurarselo, saranno pure comportamenti degni di lode, ma, uniti ai continui progressi della medicina, hanno partorito una mostruosità.
L’uomo delle caverne, al pari di tutti gli animali, non era destinato ala vecchiaia, non l’avrebbe mai conosciuta, se i suoi simili non l’avessero aiutato quando il suo percorso terreno era biologicamente concluso.
Allungandosi la vita nessuno uomo può sfuggire alla vecchiaia, una condizione ineluttabile ed irreversibile. La longevità dell’uomo è superiore a quella di tutti i mammiferi, ma inferiore a quella di altri animali, dalla tartaruga all’elefante. In tutte le specie le femmine vivono più a lungo, nel mondo civilizzato le donne sette anni più degli uomini.
La medicina si è sempre interrogata sulle cause che portano l’uomo al disfacimento fisico e fino ad oggi non è stata in grado di fornire una risposta soddisfacente e definitiva.
Presso i popoli antichi il sapere medico si confondeva con la metafisica ed alla speculazione filosofica. Soltanto con Ippocrate cominciò a divenire una scienza ed un’arte. Il sommo pensatore riteneva che si diventasse vecchi a cinquantasei anni ed osservò e descrisse molte manifestazioni dell’ultima età dell’uomo. Paragonava le tappe della vita allo scorrere delle stagioni, dalla primavera all’inverno, similitudine che ebbe successo per secoli.
Aristotele dava molto risalto alla speculazione e poco all’esperienza. Riteneva che la vita fosse legata al calore interno, il quale, quando scemava, dava luogo a senescenza.
Nel II secolo Galeno, nell’operare una sintesi delle conoscenze mediche precedenti, collocava la vecchiaia a metà tra la malattia e la salute. Cercò inoltre di conciliare la teoria degli umori con quella del calore interno e credeva che il corpo fosse il contenitore dell’anima. Le sue conclusioni furono accettate acriticamente a lungo non solo dai padri della Chiesa, ma anche dagli Ebrei e dal mondo islamico.
Gli Scolastici paragonavano la vita ad una fiamma che diveniva lentamente sempre più fioca, un’immagine mistica che perdurò per tutto il medioevo.
La Scuola di Salerno, culla della medicina occidentale, elargiva consigli per conservare la salute e vivere a lungo, insegnamento non dissimile da quello impartito dalla Scuola di Montpellier, anche essa prodiga di regimi salutari.
Nel Quattrocento vede la luce il primo libro dedicato alle malattie della vecchiaia ”Gerontocomia”, ma un vero passo avanti nelle conoscenze si avrà solamente con le scoperte dell’anatomia grazie a Leonardo da Vinci, che seziona circa trenta cadaveri, molti di vecchi, dei quali ci descrive con precisione gli intestini e le arterie; purtroppo le sue osservazioni furono note solo dopo molto tempo.
L’Umanesimo cerca disperatamente di contrastare la metafisica, che ancora impregna e rallenta i progressi della scienza, la quale si avvale delle scoperete anatomiche di Vesalio, mentre Paracelso riteneva la vecchiaia il prodotto di un’autointossicazione.
Per secoli continuavano ad avere seguaci le teorie meccanicistiche dell’antichità, di Democrito e di Epicuro, basate sulla concezione del corpo umano paragonato ad una macchina soggetta all’usura.
Il Morgagni, grande anatomo patologo, grazie ai risultati di innumerevoli autopsie riscontrò uno stretto rapporto tra sintomo e danno organico. Tra i suoi scritti vi è un capitolo dedicato alla vecchiaia.
Nell’Ottocento nella popolazione europea comincia ad aumentare il numero degli anziani e mentre la Scuola di Montpellier continua a credere nel vitalismo, in Francia, presso l’ospedale Salpetriere viene a crearsi il primo ospizio forte di circa tremila vecchi su di un totale di ottomila ricoverati. Fu così sempre più agevole osservare patologie legate alla senescenza e in quegli anni il celebre Charcot, le cui lezioni tanto influenzarono Sigmund Freud, tenne numerose conferenze sulla vecchiaia, le quali, una volta pubblicate, ebbero notevole risonanza.
Su finire del secolo si profilano le prime ipotesi sulla genesi della vecchiaia: Brown-Sequard credeva che fosse legata ad un’involuzione delle ghiandole sessuali ed a settantadue anni, speranzoso, si iniettò estratti di testicoli di cavia e di cane con risultati modesti e transitori; Voronoff pensò di trapiantare agli anziani ghiandole di scimmia, ma senza esiti favorevoli ed inconcludenti furono anche tutti i tentativi di altri scienziati con sieri a base di estratti ormonali.
Il Novecento si apre con l’affermazione di Cazalis: ”L’uomo ha l’età delle sue arterie”, un assioma ancora ritenuto valido, anche se come effetto e non come causa ed identificò nell’arteriosclerosi il fattore scatenante del decadimento fisico.
Il padre della moderna geriatria è comunemente ritenuto l’americano Nasher, che passò una vita a studiare il problema, a cui dedicò una specifica branca della medicina. Nello stesso tempo si sviluppò una scienza parallela detta gerontologia, la quale, più che i processi patologici, cercò di indagare i processi ancora sconosciuti della senescenza.
Mentre ancora famosi studiosi come Carrel riproponevano l’ipotesi che la vecchiaia fosse dovuta ad un’intossicazione provocata dal metabolismo cellulare, negli Stati Uniti venivano pubblicati numerosi trattati dedicati all’argomento.
Attualmente la medicina non pretende di identificare una causa dell’invecchiamento, considerata una fase della vita alla pari della nascita, della crescita, della riproduzione e della morte. Si tratta di un processo comune a tutti i viventi anche se solo gli uomini e gli animali in cattività sono condannati a sopportarlo.
Se osserviamo infatti gli animali in libertà, senza dimenticare che anche noi lo siamo, ci accorgiamo che non conoscono né vecchiaia, né lunghe malattie ed invece, con il nostro incauto comportamento, abbiamo condannato a queste maledizioni anche gli animali domestici.
La natura nella sua infinita saggezza, o Dio se vi fa più piacere, non aveva previsto per l’uomo che si potessero superare i trenta, quaranta anni: la menopausa per le donne, la calvizie per gli uomini, la presbiopia per entrambi sono aberrazioni non programmate.
L’uomo viveva nel vigore della giovinezza e moriva nel pieno delle proprie forze, non conosceva l’umiliazione del degrado fisico e la morte per consunzione. Poi la civiltà, la prosperità e la scienza hanno aggiunto anni alla vita senza aggiungere vita agli anni, dando luogo ad una maledizione tra le più difficili da tollerare.
Per alcuni anni si è creduto che le cellule prese isolatamente fossero immortali e che soltanto quando si assemblavano a costituir tessuti ed organi erano sottoposte a fenomeni di deterioramento. Al momento l’unico dato certo è che col trascorrere degli anni la porzione degli organi funzionalmente attiva, soprattutto il parenchima, viene progressivamente sostituita da tessuto fibro sclerotico, con una diminuzione irreversibile nei processi di rigenerazione. Alla base di queste osservazioni morfologiche vi sono una serie di continue scoperte di meccanismi molecolari a livello genico con l’interessamento di loci predisposti alle riparazioni cellulari, che nel tempo tendono a funzionare in maniera difettosa. Un parere in contrasto con l’orientamento generale degli studiosi era quello della celebre geriatra rumena Aslan, l’artefice del Gerovital, un prodotto che per decenni ha fatto passare la cortina di ferro a migliaia di ricchi ed attempati occidentali.
Mancano ancora, per la rarità della malattia, studi sulla progeria, un’affezione su base genetica che provoca un invecchiamento precocissimo degli organi di chi ne è colpito senza incidere sull’età mentale. Alla base di questa patologia si suppone l’esistenza di un agente sconosciuto, per quanto specifico. Una sua maggiore conoscenza potrebbe permettere di arrestare o rallentarne l’azione con conseguenze sconvolgenti ed imprevedibili su destino dell’umanità.
By Achille della Ragione – 07/1/2009 – Tratto da: napoli.com
vedi: Acqua del Corpo + Acidosi + Calcio: Pochi sanno che il cavolo crudo contiene il doppio di calcio del latte intero. Il Calcio è un antiacido per eccellenza.
Un inciso:
Il glucosio (zucchero) è un alimento nobile soprattutto per le cellule nervose, ma non per le cellule degli altri tessuti, muscoli, ecc., perche queste ultime si nutrono di lipidi (grassi).
La vecchiaia è una perdita della capacita di produrre la melanina (vedi BioElettronica), assieme alla lenta acidosi progressiva che si accumula negli anni con la perdita dei bicarbonati (pH basico).
Alimentazione, minerali e vitamine nella terza età
La malnutrizione nella terza età è un fenomeno molto più diffuso di quanto si possa ritenere. Alterazioni del metabolismo, uso di farmaci (NdR: e Vaccini) e scarso appetito possono determinare carenze vitaminiche e indurre un peggioramento del quadro di salute generale.
La ricetta della longevità ?
Ogni anziano è in gran parte frutto della sua storia: fondamentale è l’influenza genetica ma più di tutto conta lo stile di vita adottato negli anni. Se è vero che grazie alla ricerca scientifica e all’introduzione di nuove terapie l’aspettativa di vita è notevolmente cresciuta, è anche vero che terza età non è sempre sinonimo di qualità di vita.
Il processo di invecchiamento è un fenomeno multidimensionale nel quale hanno un ruolo ugualmente importante fattori biologici, psicologici, sociali ed economici. Tra questi, vanno considerati i cambiamenti nella sfera alimentare e nutrizionale che possono complicare il quadro di salute generale.
A partire dalla menopausa per le donne e dall’andropausa per gli uomini, si innesca infatti una serie di alterazioni metaboliche che determinano un decremento del fabbisogno energetico, causa principale di malnutrizione. Gli anziani mostrano generalmente indifferenza e indolenza verso il cibo senza considerare che con il tempo l’apparato digerente diventa meno efficiente nell’utilizzare le proteine, le vitamine e i minerali presenti negli alimenti. vedi Disbiosi
Ad aggravare la situazione, il ricorso di molti anziani a farmaci che possono interferire nello stato nutrizionale, modificando il senso dell’appetito, influendo negativamente sull’assorbimento dei principi nutritivi e variando il tempo di transito.
L’insieme di questi fattori può determinare dunque carenze nutrizionali e vitaminiche importanti che possono provocare a loro volta patologie anche gravi. Integrare l’alimentazione con le vitamine (NdR: e sali minerali) più importanti per la terza età, sempre sotto controllo medico, è quindi la strategia più consigliabile per migliorare la qualità di vita e vivere al meglio la vecchiaia.
Tra le sostanze più importanti per contrastare i processi di invecchiamento cellulare ci sono le vitamine antiossidanti (A, C, E), in grado di proteggere dall’azione dannosa dei radicali liberi: queste molecole «di scarto», prodotte a seguito di varie reazioni chimiche che avvengono all’interno dell’organismo, sono «instabili» in quanto prive di un elettrone e tendono a legarsi con cellule sane provocandone la degenerazione.
A questo riguardo, uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition ha dimostrato che una supplementazione con vitamina C, E, beta-carotene e zinco è indicata nei pazienti colpiti da degenerazione maculare senile, mentre un’altra indagine pubblicata sul «Cochrane Database of Systematic Reviews» ha rilevato che supplementazioni di vitamina C possono migliorare le condizioni di anziani affetti da polmonite.
Anche l’apporto di vitamina D è fondamentale per preservare lo stato di salute delle ossa degli anziani. In questi ultimi, infatti, spesso costretti a casa e poco esposti alla luce del sole, si osserva una riduzione della sintesi di questa vitamina a livello epiteliale, che può indurre stati di carenza con ripercussioni sulla struttura ossea e sulle performance fisiche.
Non va infine trascurata l’influenza delle vitamine sulle funzioni cognitive degli anziani.
Secondo un recente studio pubblicato anch’esso sull’American Journal of Clinical Nutrition, acido folico e vitamina B12 svolgono un’azione sinergica per preservare le performance cognitive delle persone più avanti con l’età.
By AA.VV. – Tratto da:
http://a0548.gastonecrm.it/newsletter/public/art_83.htm
Dopo una tecnica di disintossicazione, deionizzazione, disinfiammazione e’ opportuno fornire all’organismo, Fermenti lattici multibatterici, prodotti dell’Alveare (miele, pappa reale, propolis) ed aceto di mele con miele (1 cucchiaino di uno e dell’altro)
Ricordiamo che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.
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Il mantenimento di uno stabile giusto rapporto acido-base è una componente vitale dell’omeostasi corporea.
Oltre cento diagrammi, nomogrammi, equazioni e regole sono state introdotti per rappresentare il rapporto acido-base: lungi dal semplificare le cose, queste diverse rappresentazioni hanno contribuito a complicarle a causa dell’introduzione di diversi nuovi termini e definizioni.
Terminologia e definizioni
Molta gente sperimenta difficoltà a capire il rapporto acido-base.
Molte di queste difficoltà derivano dall’assenza di familiarità con la terminologia impiegata. Se noi abbiamo una scarsa comprensione dei comuni termini come neutro, pH, acidosi metabolica, eccesso di basi, ecc., non deve sorprendere che abbiamo anche difficoltà a capire, i concetti, i modelli, le sindromi descritte.
Indicatore acido-base del pH: Piaccametro
Vedi: Terminologia e definizioni dell’equilibrio acido-base
Continua nel sito:
http://www.unipa.it/~lanza/gtai/acido-base/abindexit.html#Rep
vedi anche:
http://digilander.libero.it/itisaltamura/arizona/acqua/acidibasi.htmi
Introduzione alla Medicina Naturale
L’aspettativa di vita degli Stati Uniti è di circa 78 anni – una delle più basse aspettative di vita tra le nazi, che coinvolgono grandi masse di persone di tutte le età che praticano tai-chi, aerobica, giochi e persino balli all’aperto.
L’esercizio quotidiano è diffuso e intessuto nella cultura cinese, offrendo più di un modo per bruciare calorie. Esso rafforza anche l’interazione sociale, limitando l’isolamento che così spesso viene con la vecchiaia negli Stati Uniti.
Tratto da: LiveScience.com October 16, 2007
Ma sopra tutto mangiano riso e non pasta e pane !
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Invecchiamento bloccato grazie ad un enzima – 30 Novembre 2010
L’invecchiamento può essere arrestato, secondo recenti ed importanti studi, da un enzima: la telomerasi.
L’azione di quest’ultimo è stata evidenziata da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute e dell’Harvard Medical School di Boston (Usa).
Da questa ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, si è scoperto che l’enzima telomerasi ha un’azione di ricostruzione dei telomeri. Cosa sono ?
Questi sono delle sequenze di DNA (codice genetico) che proteggono i cromosomi (elementi che appaiono nel nucleo della cellula durante la divisione cellulare).
Quando le cellule si dividono i telomeri si accorciano, questo meccanismo porta alla fine ad una riduzione talmente drastica, da arrivare all’impossibilità di ulteriori divisioni, fino alla morte cellulare.
Dallo studio condotto sui topi, e seguito dal dottor Ronald DePinho, l’enzima telomerasi riesce ad allungare la vita cellulare e quindi ad inibire l’accorciamento drastico dei telomeri. Questo porta all’interruzione del processo di invecchiamento.
Com’è stato condotto lo studio sui topi ?
I ricercatori hanno privato gli animali dell’enzima telomerasi, provocando loro un invecchiamento precoce.
Dopo di che gli studiosi hanno riattivato l’enzima, notando con grande stupore, che alcuni organi, come i testicoli, che si erano raggrinziti con l’inibizione dell’enzima, sono tornati alla normalità.
Oltre ai testicoli, il “ringiovanimento” si è visto anche in altri organi: milza, intestino, fegato ed anche il cervello. E’ uno studio molto importante che continuerà per essere approfondito e per ottenere risultati sempre migliori.
By Daniele88 – Fonte: tantasalute.it
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DIETA, evoluzione ed invecchiamento
– Giornale Europeo di Nutrizione 4O: 200-213 (2001) ©SteinkopffVerlag2001
CONTRIBUTO ORIGINALE L. Frassetto R. C. Morris, Jr. D. E. Sellmeyer K.Todd A. Sebastian
Ricevuto: 1O maggio 2001 Accettato: 23 maggio 2001
Anthony Sebastian, M. D. (0) – Box 0126 – University of California – San Francisco, CA 94143, USA – E-Mail: sebastia@gcrc.ucsf.edu
Gli effetti fisiopatologici dell’inversione post-agricola dei rapporti potassio-sodio e base-cloruro nella dieta umana
Riassunto
Teoricamente, noi per noi umani dovrebbe essere meglio adattato fisiologicamente alla dieta i nostri antenati sono stati esposti a durante milioni di anni di evoluzione ominide che alla dieta che abbiamo mangiato da quando la rivoluzione agricola a soli 10,000 anni fa, e dall’industrializzazione solo 200 anni fa.
Tra i molti problemi di salute derivanti da questa mancata corrispondenza tra i nostri requisiti nutrizionali geneticamente determinati e la nostra dieta attuale, alcuni potrebbero essere una conseguenza in parte della carenza di sali alcalini di potassio (K-base), che sono ampiamente presenti nei cibi vegetali che i nostri antenati mangiavano in abbondanza, e lo scambio di questi sali per il cloruro di sodio (NaCl), che è stato incorporato copiosamente nella dieta contemporanea, che allo stesso tempo è scarso di K-base ricchi di alimenti vegetali.
La carenza di K-base nella dieta aumenta il carico acido sistemico netto imposto dalla dieta. Sappiamo che l’acidosi metabolica cronica clinicamente riconosciuta ha effetti deleteri sul corpo, compreso il ritardo della crescita nei bambini, la diminuzione della massa muscolare e ossea negli adulti e la formazione di calcoli renali, e che la correzione dell’acidosi può migliorare queste condizioni. È possibile che una vita di diete alimentari che forniscono carichi evolutivamente su-perfisiologici di acido al corpo contribuiscono alla diminuzione della massa ossea e muscolare, e la secrezione di ormone della crescita, che si verificano normalmente con l’età? Cioè, gli esseri umani contemporanei soffrono delle conseguenze dell’acidosi metabolica sistemica cronica di basso grado indotta dalla dieta?
Il nostro gruppo ha dimostrato che le diete contemporanee che producono acido netto producono effettivamente in modo caratteristico un’acidosi metabolica sistemica di basso grado in soggetti adulti altrimenti sani, e che il grado di acidosi aumenta con l’età, in relazione al normale declino legato all’età della capacità funzionale renale.
Abbiamo anche scoperto che la neutralizzazione del carico acido netto della dieta con supplementi dietetici di bicarbonato di potassio (KHCO3) ha migliorato gli equilibri di calcio e fosforo, ridotto i tassi di riassorbimento osseo, migliorato l’equilibrio dell’azoto, e mitigato la declinazione normalmente legata all’età nella secrezione dell’ormone della crescita – tutto senza limitare il NaCl alimentare. Inoltre, abbiamo scoperto che la co-somministrazione di un sale alcalinizzante di potassio (citrato di potassio) con NaCl ha impedito NaCl di aumentare l’escrezione urinaria di calcio e il riassorbimento osseo, come si è verificato con la somministrazione di NaCl da solo.
Studi precedenti hanno stimato il carico acido della dieta dalla quantità di proteine anormali nella dieta, in quanto il metabolismo delle proteine produce acido solforico come prodotto finale. In studi epidemiologici interculturali, Abelow (1) ha trovato che l’incidenza della frattura dell’anca nelle donne anziane è correlata all’assunzione di proteine animali, e ha suggerito una relazione causale con il carico acido delle proteine. Questi studi non hanno considerato l’effetto di potenziali fonti di base nella dieta. Abbiamo ritenuto che l’estimazione del carico acido netto della dieta (cioè, acido meno base) sarebbe da leggere considerando anche l’assunzione di alimenti vegetali, molti dei quali sono ricche fonti di K-base, o più precisamente base precursori, sostanze come anioni organici che il corpo metabolizza in bicarbonato. Nel seguire i risultati di Abelow et al., abbiamo trovato che l’assunzione di cibo vegetale tendeva ad essere protettivo contro la frattura dell’anca, e che l’inci¬denza di frattura dell’anca tra i paesi correlati inversamente con il rapporto di planto animale assunzione di cibo. Questi risultati sono stati confermati in una popolazione più omogenea di donne bianche anziane residenti negli Stati Uniti.
Questi risultati supportano le risposte affirmative alle domande che abbiamo chiesto sopra.
Possiamo fornire linee guida dietetiche per il controllo dei carichi acidi netti nella dieta per ridurre al minimo o eliminare l’acido metabolico cronico di basso grado indotto dalla dieta e amplificato dall’età e le sue sequele fisiopatologiche.
Discutiamo l’uso di algoritmi di algo-evoluzione e invecchiamento per prevedere l’acido netto della dieta e fornire ai nutrizionisti e ai clinici metodi relativamente semplici e affidabili per determinare e controllare il carico acido netto della dieta. Una questione più difficile è quale livello di acidosi sia accettabile.
Noi sosteniamo che qualsiasi livello di acidosi forse inaccettabile da un punto di vista evolutivo, e anzi, che un alcalo metabolico di basso grado: sis può essere lo stato acido-base ottimale per gli esseri umani.
Parole chiave Acido-base-Nutrizione ed evoluzione – Carico acido netto della dieta – Proteine – Anioni organici
Introduzione
I requisiti nutrizionali degli esseri umani sono stati stabiliti dalla selezione naturale durante milioni di anni in cui gli esseri umani e i loro antenati ominidi consumato alimenti esclusivamente da un menu di animali selvatici e piante incolte [2,3]. Al contrario, gli ultimi 10,000 anni – meno di un per cento del tempo evolutivo ominide – ha permesso la selezione naturale tempo insufficiente per gen¬erare adattamenti ed eliminare disadattamenti alla profonda trasformazione della dieta umana che oc¬curò durante quel periodo conseguente alle invenzioni di agricoltura e allevamento, e più recentemente, per lo sviluppo di tecnologie di produzione alimentare moderna e distribuzione [2-5].
Rispetto alla dieta abitualmente ingerita dall’Homo sapiens pre-agricolo che viveva nel periodo paleolitico superiore (da 40.000 a 10.000 anni fa), chiamato anche tarda età della pietra, la dieta dell’Homo sapiens contemporaneo ha una sovrabbondanza di grassi, zuccheri semplici, sodio e cloruro, e una carenza di fibre, calcio e potassio [2]. Da un punto di vista nutrizionale evolutivo, gli esseri umani contemporanei sono Stone Agers che ingeriscono abitualmente una dieta discordante con il loro macchinario metabolico geneticamente determinato e la fisiologia degli organi integrati [6]. Questo articolo discute alcune delle conseguenze potenziali di questi cambiamenti.
La dieta moderna eccesso di NaCI e carenza di K + e precursori HCOJ
Da ampi dati sulle diete delle società di cacciatori-raccoglitori esistenti, e da deduzioni sulla natura dell’ambiente paleolitico, Eaton e Konner hanno ricostruito analiticamente la dieta paleolitica e stimato le probabili assunzioni giornaliere di nutrienti degli uomini del Paleolitico [21. In una dieta stimata di 3000 chilocalorie, la carne costituiva il 35% della dieta in peso e gli alimenti vegetali il 65%.
L’assunzione totale di proteine era stimata in 251 grammi al giorno, di cui le proteine animali erano 191 grammi, e le proteine vegetali, 60 grammi al giorno. Al contrario, gli esseri umani moderni consumano meno della metà di quella quantità di proteine animali, e solo un terzo di quella quantità di proteine vegetali, per chilocaloria di dieta consumata [7]. L’assunzione di sodio è stata stimata a circa 29 meq al giorno, e l’assunzione di potassio, in eccesso di 280 meq al giorno. Al contrario, gli esseri umani moderni consumano tra 100-300 meq di sodio al giorno, e circa 80 meq di potassio al giorno.
Cioè, nel passaggio alla dieta moderna, il ratio K/Na è stato invertito, da 1 a 10, a più di 3 a 1. Poiché il sodio alimentare è in gran parte sotto forma di sali di cloruro, e il potassio alimentare in gran parte sotto forma di sali di bicarbonato-genere acido organico, il rapporto C1/HCO3 della dieta è diventato corrispondentemente invertito. Inoltre, la misura in cui il rapporto K/Na della dieta è invertito aumenta con l’età [8], e presumibilmente anche il rapporto CI/HCO3. Eppure, il macchinario biologico che si è evoluto per elaborare questi elettroliti alimentari rimane in gran parte immutato, geneticamente fissato nel Paleolitico [2]. Così, il mix di elettroliti della dieta moderna è profondamente disadattato al suo macchinario di elaborazione e l’entità del disadattamento aumenta con l’età. Come conseguenza della discrepanza tra dieta e reni, gli esseri umani contemporanei non solo sono sovraccarichi di Na+ e Cl~ ma anche carenti di K+ e HCO3~.
Fig. 1 dimostra questo scambio di ioni monovalenti.
Effetti negativi dell’eccesso di cloruro di sodio nella dieta
Un’eccessiva assunzione di sodio nella dieta è nota soprattutto per essere associata a un’elevata pressione sanguigna.
Studi su individui [9-11] e popolazioni [12-15] hanno dimostrato correlazioni tra l’assunzione di sodio nella dieta e la pressione sanguigna sistolica e diastolica. Buon controllo della pressione sanguigna è stato collegato con miglioramento in funzione cardiaca, cerebrale e renale e in riduzioni di morbilità e mortalità da cardiovascular e malattie renali [16-19].
Il sodio dietetico è un determinante meno noto dell’escrezione urinaria di calcio. È ben documentato che l’escrezione urinaria di calcio varia direttamente con quella di Na+ [20]. Anche una moderata riduzione del sodio alimentare, da 170 a 70 mmol/giorno, potrebbe attenuare non solo l’ipertensione ma anche l’ipercalciuria, e quindi prevenire sia i calcoli renali che l’osteoporosi. Che l’effetto ipercalciurico di un eccesso di sodio alimentare può essere una causa prevenibile di osteoporosi sembrerebbe supportato dai risultati di recenti studi in entrambe le donne in post-menopausa e ragazze adolescenti [21,22}. Con demineralizzante effetto di NaCl-indotta ipercalciuria sarebbe anche in linea con le numerose osservazioni fatte da Nordin [23, 24] e Goulding ei loro collaboratori [25, 26], sia negli esseri umani e ratti.
Mancanza di potassio nella dieta
L’aumento evolutivamente recente dell’assunzione di sodio nella dieta è stato ricambiato da una diminuzione dell’assunzione di potassio nella dieta. È stato stimato che i nostri antenati paleolitici mangiavano una dieta contenente oltre 200 meq di potassio al giorno [2]. Quali effetti potrebbe generare questa mancanza di potassio nella dieta?
Già nel 1928, Addison riferì che la somministrazione di potassio poteva abbassare la pressione sanguigna elevata negli esseri umani [27], e circa 40 anni dopo, Dahlet al. dimostrò che l’aumento del rapporto tra potassio e sodio nella dieta dei ratti ipertesi sensibili al sale abbassava la pressione sanguigna in modo graduale [28].
Negli esseri umani normotesi, Morris e colleghi hanno recentemente dimostrato che gli aumenti della pressione sanguigna indotti dal carico di sodio potrebbero essere progressivamente attenuati aumentando l’assunzione di potassio nella dieta da 30 mmol/giorno a 120 mmol/giorno. In questo studio, il potassio è stato dato come sale di bicarbonato. È interessante notare che questa declinazione della pressione sanguigna era significativamente maggiore nei 24 maschi afro-americani che nei 14 maschi caucasici nello studio [29], suggerendo non solo una dieta, ma una componente ge¬netica alla risposta della pressione sanguigna al bicarbonato di potassio irtgestion.
In questo stesso studio, KHCO3 supplementare può anche annullare l’effetto ipercalciurico della dieta NaCl-carico, anche se tale integrazione aumenta ulteriormente l’escrezione urinaria di sodio. In uno studio metabolico recentemente riportato su uomini normali di mezza età alimentati con una dieta marginalmente carente di K+, 30 mmol/d, e di calcio, 14 mmol/d, l’aumento di NaCl nella dieta da 30 a 250 mmol/d ha indotto un aumento del 50% del calcio urinario che il KHCO3 supplementare ha invertito o abolito, a seconda che sia stato integrato a 70 o 120 mmol/d, rispettivamente a metà e ad alta assunzione normale [29]. Come conseguenza apparente del suo effetto natriuretico dimostrato, KHCO3 supplementare ha anche invertito e abolito, rispettivamente, gli aumenti della pressione sanguigna indotti da NaCl in questi uomini con tale “sensibilità al sale” normotensiva (Fig. 2), un precursore dell’ipertensione [30,31], Nelle donne alimentate con una dieta normale K+, il K-citrato supplementare ha impedito non solo l’ipercalciuria indotta dal carico di NaCl della dieta, ma ha anche impedito un aumento dei marcatori biochimici del riassorbimento osseo (Sellmeyer, D., et al, osservazioni non pubblicate).
Fig.2 L’aumento del potassio dieiaiy diminuisce la pressione arteriosa media (MAP) anche nelle diete ad alto contenuto di sale.
Effetti avversi specifici dell’eccesso di cloruro alimentare Anche se molto lavoro è stato fatto sugli effetti avversi del cloruro di sodio alimentare sulla pressione sanguigna, molto poco è stato fatto per esplorare il ruolo specifico del cloruro alimentare eccessivo. Eppure, il contenuto di cloruro della dieta moderna è almeno pari al contenuto di sodio [32]. Lo scambio del bicarbonato che mangiavamo prima con il cloruro che mangiamo attualmente ha qualche effetto negativo? Morris e colleghi dimostrarono per la prima volta in ratti non refrattari somministrati con deossicorticosterone che mentre il trattamento con sodio come combinazione di bicarbonato e sale acetato aumentava la pressione sanguigna, il trattamento con sodio come sale di cloruro aumentava la pressione sanguigna a un livello significativamente più alto [33]. Luft et al. hanno dimostrato che il sodio come sale di cloruro ha aumentato la pressione sanguigna nei ratti spontaneamente ipertesi inclini all’ictus [34] e il sodio come sale di bicarbonato ha abbassato la pressione sanguigna negli esseri umani leggermente ipertesi [35].
Più recentemente, Morris et al. hanno fatto studi che indagano gli effetti di KC1 e KBC (potassiumbicarbonato) sulla pressione sanguigna, la frequenza di ictus e la gravità delle lesioni renali nel SHRSP [36]. I ratti trattati con KCI avevano una PRA significativamente più alta rispetto ai ratti trattati con KBC. In ogni gruppo e in tutti i combinati, la gravità dell’ipertensione era altamente cot correlata con i livelli di PRA (log trasformato). Il carico di KCI ha indotto maggiori aumenti di BP rispetto ai ratti di controllo o KBC (Fig. 3)
L’incidenza di ictus era significativamente più alto con KCI che con KB/C (Tabella 1). Nei tassi KC1/KBC, gli ictus si sono verificati solo negli animali con SBP > 248 mmHg e con PRA > 26.5 ng/ml/h (logPRA=1.42).
L’esame al microscopio ottico dei reni ha rivelato lesioni glomerulari, tubolari, interstiziali e vascolari (classificate istologicamente in combinazione) simili per qualità ma significativamente più frequenti e più gravi con l’integrazione di KCI rispetto a KB/C o CTL [36]. Indipendentemente dai supplementi dietetici, le lesioni renali erano rare nei ratti con SBP < 200 mmHg* La gravità complessiva delle lesioni renali era altamente correlata al livello di PRA (trasformato logicamente) (R2= 0,67, p < 0,0001). La proteinuria era significativamente maggiore con KCI rispetto a KB/C o CTL (tabella 1). La clearance della creatinina era significativamente maggiore in KB/C che in KCI o CTL (Tabella 1). Morris e colleghi hanno concluso che l’entità del danno renale e la probabilità di ictus sono determinati dalla gravità dell’ipertensione.
Dieta e acido-base
In contrasto con il suo contenuto di cloruro in eccesso, la dieta moderna manca di bicarbonato e precursori di anioni che generano bicarbonato sul metabolismo. Di conseguenza, il carico acido netto della dieta moderna è più alto di quanto sarebbe altrimenti. Il resto di questo articolo discuterà questo eccesso di acido alimentare mediato dalla carenza di bicarbonato.
Fig. 3 Cambiamento della pressione sanguigna sistolica (SBP) e diastolica (DBP) con l’età in ratti ipertesi spontaneamente inclini all’ictus (SPSHR) trattati con una dieta abituale di ratto (CTL), o integrato con KCI o bicarbonato di potassio. I dati sono presentati come mediana e 95% Cl.
Produzione endogena di acido
La produzione di acido endogeno può essere considerata come composta da tre componenti: 1) acidi organici prodotti durante il metabolismo che sfuggono alla combustione completa per
Tabella 1 Effetti di KCI vs KB / C in SHRSP prima e 15 settimane dopo l’inizio di integratori alimentari.
Age 9 Weeks (baseline) | Age 25 Weeks (15 weeks after assignment) | |||||
xa | KB/C | CTL | KCI | KB/C | CTL | |
SBP (mmHg) | 173(169/185) | 176(173/181) | 178(174/184) | 248(230/258)* | 204(197/217)** | 226(212/235) |
DBP (mmHg) | 124(115/130) | 124(117/129) | 125(118/132) | 179067/186)* | 144(140/156)** | 161 (149/171) |
PRA(ng/ml/hr) | 17.4(&6/30.8)’-+ | 62 (4.7/1 U) | 13.6(6.8/26.9) | |||
Strokes total | 6/17* | 0/15 | 1/20 | |||
Renal lesions (overall rank) | 37(13)* | 17(13) | 24(13) | |||
UV-protein (mg/d) | 64(53/70) | 59(51/66) | 53(51/62) | 251 (179/301)* | 108(96/153) | 147(111/172) |
Creatinine clearance | 0.46(0.13) | 0.65(0.19)** | 0.48(0.14) | |||
UV-Na (mEq/d) | 1.17(054) | 139(036) | 1.60(055) | 134(0.45) | 1.57(0.22) | 130(030) |
BW(g) | 218(23) | 222(22) | 218(21) | 319(24) | 326(18) | 331(13) |
SBP, DBP, PRA, UV-Proteina: mediana e (95% CIJ
Lesioni renali, clearance della creatinina, UV-Na, BW: media (±SD)
1 Dati non disponibili da 2 ratti che erano morti per ictus.
*p < 0,05; KCI vs. KB/C o CTL, **p < 0,05; KB/C vs. KCI o CTL, +p < 0,05; KCI vs. KB/C.
Produzione di acido endogeno
La produzione di acido endogeno può essere considerata come composta da tre componenti: 1) acidi organici prodotti durante il metabolismo che sfuggono alla combustione completa in anidride carbonica e acqua; 2) acido solforico (H2SO4) prodotto dal catabolismo di metionina e cistina, gli aminoacidi contenenti zolfo nelle proteine alimentari; e 3) bicarbonato di potassio (KHCO3) prodotto dal metabolismo dei sali di potassio degli anioni organici negli alimenti vegetali della dieta, per esempio citrato di potassio e malato di potassio. Il bicarbonato di potassio così prodotto titola l’acido solforico e organico e quindi riduce la produzione netta di acido endogeno (NEAP).
La NEAP viene quindi calcolata come la somma della produzione di acido organico e dell’acido solforico meno i sali di potassio degli anioni organici assorbiti nel testina che vengono metabolizzati in bicarbonato di potassio.
Tutti gli alimenti contengono aminoacidi contenenti zolfo, anche se la frutta in generale ne contiene molto poco; i prodotti animali e i cereali contengono pochissima o nessuna base potenziale – questa proviene principalmente dalla frutta e da altri alimenti vegetali non cereali. La produzione di acidi organici è guidata in parte dalla quantità di precursori di base nella dieta, quindi l’aumento dei precursori di base nella dieta non produce riduzioni equivalenti in NEAP. Maggiore è la quantità di acidi ororganici e solforici prodotti dal metabolismo, e minore è la quantità di sali di potassio metabolizzabili in bicarbonato, maggiore è la NEAP.
Stima del carico acido netto della dieta
È possibile quantificare il NEAP in soggetti normali che seguono diete alimentari integrali mediante misurazioni della quantità dei costituenti inorganici della dieta, delle urine e delle feci, e del contenuto totale di anioni organici nelle urine [37]. Tuttavia, tali studi sono estremamente lunghi e laboriosi. Kurtz et al. hanno utilizzato l’escrezione acida netta renale (RNAE) come indice quantitativo di NEAP, poiché in condizioni di stato stazionario c’è una relazione prevedibile tra queste due variabili [37,38], e poiché l’escrezione netta aggiuntiva è più facile da misurare. Quasi il 90% della varianza nell’escrezione netta di acido tra i soggetti è stata spiegata dalle differenze nella produzione netta di acido endogeno (Fig. 4).
La misurazione dell’RNAE per stimare la NEAP di diete alimentari intere è stata utilizzata per la prima volta circa 90 anni fa [39]. I volontari mangiavano grandi quantità di un particolare alimento per circa una settimana, mentre facevano raccolte sequenziali di 24 ore di urina, che venivano poi analizzate per l’ammoniaca, gli acidi titolabili e l’anidride carbonica totale – i costituenti della RNAE. Questo approccio ha una serie di svantaggi; non solo è noioso e richiede tempo, ma come Blatherwick ha scritto nel suo articolo che discute gli effetti di una dieta di cavolfiore bollito, “è diventato molto sgradevole dopo il terzo giorno, in modo che l’esperimento è stato interrotto”.
Fig. 4 Stretta corrispondenza tra la produzione di acido endogeno e l’escrezione netta di acido a livello renale in soggetti normali (r=0,94, p <0,01).
Sono stati sviluppati anche metodi per stimare il carico acido netto della dieta solo dall’assunzione di cibo. Remer e Manz hanno sviluppato un algoritmo per calcolare l’escrezione netta di acido usando una formula che stima l’assorbimento intestinale netto di cationi e anioni, acidi organici e solfato. In questo studio, RNAE come determinato dalla formula I (Cl- + P1-8- + SO4 + OA – Na+ – K+ – Ca2+ – Mg2+) correlazione ragionevolmente bene con il misurato NAE [40]. Utilizzando una formula simile, Remer e Manz hanno anche calcolato il carico acido potenziale per i singoli alimenti [41].
Frassetto et al. hanno sviluppato un metodo un po’ meno coinvolto ma quasi altrettanto preciso, utilizzando un algoritmo per predire il carico acido della dieta a partire da due soli componenti della dieta: proteine della dieta e contenuto di potassio [42].
Sono stati analizzati i dati di soggetti sani allo steady-state, che mangiavano una delle 20 diete integrali come parte di studi sull’equilibrio metabolico che misuravano l’RNAE; sia le proteine alimentari che l’assunzione di potassio nella dieta hanno dimostrato di essere predittori indipendenti dell’RNAE, quando valutati dall’analisi delle regressioni multiple. Poiché proteine e potassio non erano correlati tra loro, è stato valutato il rapporto tra proteine alimentari e potassio. Questo rapporto era correlato in modo significativo con la differenza tra lo zolfo (cioè, acido potenziale) e il contenuto di base potenziale delle diete (Fig. 5 A & B), e rappresentava il 70-75% della variazione di RNAE delle diete studiate.
Fig. 5 Confronto della capacità predittiva dello zolfo dietetico meno la base potenziale e il rapporto tra proteine e potassio sull’escrezione renale netta aggiuntiva allo stato stazionario (RNAE) per le 16 delle 20 diete studiate per le quali erano noti i contenuti di zolfo e base potenziale. Le proteine sono espresse come g/giorno/2500 kcal; RNAE, zolfo, base potenziale e potassio sono espressi come meq/giorno/2500 kcal.
Equilibrio acido-base negli esseri umani normali
Tre fattori sono stati trovati come predittori indipendenti del set point per la concentrazione di ioni idrogeno e bicarbonato nel sangue: la pressione parziale dell’anidride carbonica, il NEAP e l’età. Madias et al. [43] sono stati i primi a proporre che le differenze interindividuali nell’acidità plasmatica nei soggetti normali possono essere spiegate in parte da differenze corrispondenti nel livello al quale la PCO2 plasmatica è regolata dal sistema respiratorio in risposta a fattori diversi da quelli trascinati dai cambiamenti dell’acidità plasmatica stessa. Nei soggetti normali hanno osservato una correlazione positiva tra plasma [H+] e PCO2 plasmatica tra i soggetti.
Kurtz et al. [44] furono i primi a considerare se i fattori “metabolici” potessero anche giocare un ruolo nel determinare le differenze interindividuali nell’acidità del plasma e nel plasma [HC03″] nei soggetti normali. Allo stato stazionario, c’era una significativa relazione diretta tra l’acidità del plasma e l’RNAE, e una significativa relazione inversa tra il plasma [HCCV] e l’RNAE, dopo l’adattamento per gli effetti della differenza interindividuale nel set-point respiratorio per la PCO2. Successivamente, Frassetto et al. [45] hanno esteso questi risultati a un maggior numero di soggetti e a una più ampia varietà di diete. L’aggiunta di bicarbonato alla dieta sufficiente a ridurre RNAE quasi a zero ha ridotto significativamente il sangue [H+] e aumentato il plasma [HCCV] [46].
Frassetto et al. hanno successivamente condotto un’analisi sistematica delle misurazioni di [H+] e PCO2 nel sangue, [HCCV] nel plasma, RNAE e velocità di filtrazione glomerulare (GFR, stimata come clearance della creatinina nelle 24 ore) in 64 uomini e donne adulti sani in un’ampia gamma di età, in stato stazionario con una dieta controllata e residenti in un centro di ricerca clinica [45]. Questi studi hanno identificato l’età come un determinante significativo della composizione acido-base del sangue negli esseri umani adulti. Dalla giovane età adulta alla vecchiaia (17-74 anni), uomini e donne altrimenti sani sviluppano un aumento progressivo dell’acidità del sangue e un aumento del plasma [HCCV], indicativo di un’acidosi metabolica di basso grado sempre peggiore (Fig. 6 A & B). L’effetto dell’età era significativo anche quando gli effetti delle differenze tra i soggetti nel carico acido netto della dieta sono stati aggiustati. Infatti, l’età e il carico acido netto della dieta (riflesso nell’RNAE allo stato stazionario) erano co-determinanti indipendenti del grado di acidosi metabolica. Confrontando l’impatto relativo dell’età e del carico acido netto della dieta, nei loro rispettivi intervalli (17-74 anni, 15-150 meq/giorno), l’età ha avuto un effetto -1,6 volte maggiore sul sangue [H+] e sul plasma [HCCV] rispetto al carico acido netto della dieta. L’aumento dell’età amplifica quindi sostanzialmente l’acidosi metabolica cronica di basso grado indotta dalla dieta.
L’età e il GFR erano altamente correlati e non erano predittori in-dipendenti dell’acidità del sangue o del bicarbonato del plasma.
Una spiegazione può essere che la funzione di regolazione acido-base renale tende a diminuire con l’aumentare dell’età [47,48]. Così, con l’età, la funzione di regolazione acido-base renale diminuisce e il grado di acidosi metabolica indotta dalla dieta aumenta.
Fig. 6 Il contenuto di ioni idrogeno nel sangue allo stato stazionario aumenta e la concentrazione di bicarbonato nel plasma diminuisce in modo indipendente con l’aumentare dell’età e dell’escrezione acida netta renale.
Conseguenze fisiopatologiche di una grave acidosi metabolica nell’uomo
Prima di discutere i possibili effetti della lieve acidosi metabolica prodotta dall’età e dalla dieta, rivediamo brevemente alcuni degli effetti sul corpo di un’acidosi metabolica più grave, come quella associata a un’insufficienza renale avanzata o in studi sperimentali di carico con cloruro di ammonio. È ben riconosciuto che l’acidosi metabolica grave può causare conseguenze fisiopatologiche nell’uomo. È stato dimostrato che gli aumenti a lungo termine dei carichi acidi influiscono su più sistemi.
Acidosi cronica e ossa
La perdita di sostanza ossea è una ben nota conseguenza fisiopatologica di una grave acidosi metabolica [49,50]. L’osso è un grande serbatoio di base sotto forma di sali alcalini di calcio (fosfati, carbonati), e questi sali sono mobilitati e rilasciati nel circuito sistemico in risposta all’aumento dei carichi di acido [51-54]. La base liberata attenua la gravità dell’acidosi sistemica che la accompagna, contribuendo all’omeostasi acido-base sistemica. Il calcio e il fosforo liberati vengono persi nelle urine, senza aumento compensativo dell’assorbimento gas-trointestinale, e riducono il contenuto minerale osseo [51,53,55,56]. La riduzione del contenuto minerale osseo si verifica come uno svantaggio inevitabile della partecipazione dell’osso alla normale risposta omeostatica acido-base del corpo al carico acido.
La risposta dell’osso all’acidosi acuta è stata studiata più estesamente da Bushinsky e collaboratori utilizzando una varietà di modelli in vitro. L’acidosi metabolica acuta provoca immediatamente il tamponamento dell’idrogeno da parte del carbonato osseo, con conseguente rilascio di sodio, potassio e calcio [57-59].
Quando il carico acido continua per giorni o settimane, l’osso continua a partecipare all’omeostasi acido-base sistemica, rallentando lo spostamento verso l’acido nell’equilibrio acido-base sistemico, a proprio discapito [51-53].L’equilibrio acido esterno netto rimane positivo, indicando un continuo tamponamento interno del carico acido netto. La mobilizzazione della base ossea persiste, e i minerali ossei (calcio e fosforo) che accompagnano quella base continuano ad essere sprecati nelle urine, senza aumenti compensativi nell’assorbimento intestinale [60]. Con la cronicizzazione dell’acidosi, il contenuto minerale osseo e la massa ossea diminuiscono progressivamente [61,62] e si sviluppa l’osteoporosi [61,63,64].
Il processo distruttivo non è solo una dissoluzione fisi-chimica passiva del minerale osseo da parte del fluido extracellulare acido, ma anche un processo attivo che coinvolge il riassorbimento e la formazione ossea mediata dalle cellule, segnalato dall’aumento del fluido extracellulare [H+] e dalla diminuzione di [HCO3-]1 [65-67]. L’acidificazione extracellulare aumenta l’attività degli osteoclasti, le cellule che mediano il riassorbimento osseo [65-67], e sopprime l’attività degli osteoblasti, le cellule che mediano la formazione ossea [65].
Non solo la fase minerale, ma anche la fase organica dell’osso viene persa durante l’acidosi cronica. Il rilascio del minerale osseo da parte degli osteoclasti è accompagnato dalla degradazione osteo-dastica della matrice ossea [50, 61, 63, 64].
In studi di carico acido cronico nell’uomo, l’escrezione urinaria di i-drossiprolina aumenta [46,51], e i livelli sierici di os-teocalcina diminuiscono [46], suggerendo che il riassorbimento della matrice è aumentato e la formazione è diminuita.
Acidosi cronica ed escrezione di calcio
Anche lievi riduzioni del plasma [HCO3′] e del pH arterioso a valori ancora nel loro range normale inducono anche un aumento del calcio urinario, un bilancio negativo del calcio [46] e una riduzione del citrato urinario [68].
È stato suggerito che una ridotta escrezione urinaria di citrato può essere utile per identificare tale acidosi metabolica di basso grado (vide infra).
1 L’acidosi respiratoria cronica, in cui si verifica acidemia ma non ipobicar-bonatemia, non è accompagnata da un aumento dell’escrezione urinaria di calcio e fosforo [100]
Infatti, la supplementazione di KHCO3 in quantità tali da indurre solo un modesto aumento della concentrazione plasmatica di bicarbonato, ma che comunque attenua l’acidosi metabolica di basso grado (vide infra) [46], può sia indurre un bilancio positivo del calcio, riducendo l’escrezione urinaria di calcio, sia ridurre la formazione di calcoli renali, apparentemente correggendo anche l’ipocitraturia [69]. L’integrazione di K-cit-rate e KHCO3 è efficace nel ridurre l’escrezione urinaria di calcio e nell’aumentare l’escrezione urinaria di citrato presumibilmente perché entrambi i sali alcalini inducono uguali aumenti del bicarbonato plasmatico [68].
Nei pazienti con RTA classica, la terapia con bicarbonato che sostiene la correzione dell’acidosi metabolica franca non solo riduce la formazione di calcoli renali contenenti calcio, ma induce anche un bilancio positivo del calcio [70, 71] e può indurre la guarigione dell’osteomalacia [72].
Inoltre, la terapia con bicarbonato nei bambini con RTA classica può correggere l’ipercalciuria e migliorare la crescita somatica, anche quando si è già verificato un grave arresto della crescita [73, 74]. La terapia con bicarbonato è stata trovata per indurre questi effetti solo quando fornita in quantità sufficienti a mantenere il bicarbonato plasmatico a concentrazioni ben all’interno del range normale. Queste quantità devono essere abbastanza grandi sia per compensare lo spreco di bicarbonato renale che caratterizza la classica RTA nei bambini in rapida crescita, sia per titolare l’acido non volatile prodotto endogenamente [73]
Acidosi cronica e metabolismo dell’azoto del muscolo scheletrico ed escrezione renale dell’azoto
Nei disturbi che causano acidosi metabolica cronica, la degradazione delle proteine nel muscolo scheletrico è accelerata [75-77], il che aumenta la produzione di prodotti finali azotati che vengono eliminati nelle urine, inducendo così un bilancio azotato negativo [77]. Questo disturbo del metabolismo dell’azoto sembra derivare direttamente dall’acidosi, non dalla sua causa, né da altre conseguenze del disturbo sottostante che produce l’acidosi, perché si verifica con condizioni di produzione di acidosi molto diverse [77-79] e perché è reversibile con la somministrazione di alcali [80-82], che corregge l’acidosi ma non la sua causa.
La proteolisi indotta dall’acidosi sembra essere un meccanismo omeostatico acido-base. Rilasciando maggiori quantità di aminoacidi, compresi la glutammina e gli aminoacidi che il fegato può convertire in glutammina, che è la principale fonte di azoto usata dal rene per la sintesi dell’ammoniaca, il rene può aumentare l’escrezione di acido (come ione ammonio) nelle urine, mitigando così la gravità dell’acidosi [76, 77, 83].
L’acidosi metabolica induce il deperimento dell’azoto in parte aumentando direttamente il tasso di degradazione delle proteine nel
muscolo scheletrico, senza aumentare proporzionalmente il tasso di sintesi proteica [75,76].
Acidosi cronica e ormone della crescita
Forme più gravi di acidosi metabolica da acidosi tubulare renale e insufficienza renale cronica nei bambini sono associate a bassi livelli di ormone della crescita, e la loro altezza e il loro peso sono spesso al di sotto del 5° percentile per l’età. In 6 soggetti pediatrici con insufficienza renale cronica e 6 soggetti con acidosi tubulare renale, Caldas e colleghi hanno dimostrato che il trattamento con abbastanza bicarbonato per correggere il pH e i livelli di bicarbonato plasmatico alla normalità fa raddoppiare l’ormone della crescita medio delle 24 ore e l’IGF-1, un ormone legato alla crescita, da 2,7±0,2 a 4,8±0,2 e da 156±17 a 271±19, rispettivamente (p < 0,001) [84]. Come menzionato sopra, il trattamento con citrato di potassio di bambini con RTA, che sono bassi e hanno ossa deboli, li fa iniziare a crescere ad un ritmo normale e a raggiungere una statura normale [73]. Brunnger et al. [85] riferiscono che l’acidosi metabolica cronica indotta sperimentalmente nell’uomo provoca una resistenza epatocellulare all’ormone della crescita e una conseguente riduzione dei livelli sierici di IGF-1, e Mahlbacher ha dimostrato in seguito che guidare la produzione di IGF-1 con ormone della crescita esogeno potrebbe correggere il deperimento di azoto indotto dall’acidosi [86].
Conseguenze fisiopatologiche dell’acidosi metabolica cronica di basso grado indotta dalla dieta e amplificata dall’età nell’uomo
È comprensibilmente difficile pensare ad una “acidosi metabolica” quando i valori della composizione plasmatica acido-base sono nel range tradizionalmente considerato normale, anche se i clinici sono abituati a considerare l’acidosi metabolica in queste circostanze nel contesto della diagnosi dei disturbi acido-base “misti”.
Il termine “acidosi metabolica” implica sequele fisiopatologiche. Se tali sequele non fossero presenti con carichi acidi netti della dieta normale, si potrebbe rimanere scettici sull’appropriatezza del termine. Ma, come discusso nella prossima sezione, tali condizioni fisiopatologiche indotte dall’acidosi, come l’equilibrio negativo di calcio e fosforo, il riassorbimento osseo accelerato e il deperimento renale dell’azoto, sembrano essere conseguenze del normale carico acido della dieta, in quanto vengono significativamente migliorate dalla “normalizzazione” della composizione acido-base del sangue, neutralizzando il carico acido netto della dieta con piccole quantità di basi esogene [46,87,88].
Sebbene il grado di acidosi metabolica indotta dalla dieta e amplificata dall’età possa essere lieve, come giudicato dal grado di perturbazione dell’equilibrio acido-base nel sangue rispetto alle norme attualmente accettate, la sua importanza fisiopatologica non può essere giudicata esclusivamente dal grado di tale perturbazione. Gli adattamenti dello scheletro, del muscolo scheletrico, dei reni e dei sistemi endocrini che servono a mitigare il grado di tale perturbazione impongono un costo in danni d’organo cumulativi che il corpo paga per decenni di vita adulta [89,90].
Prove che l’acidosi metabolica indotta dalla dieta mobilita la base scheletrica
Negli studi citati nella sezione precedente, gli effetti dell’acidosi metabolica sono stati studiati in risposta a grandi carichi acidi esogeni. Qual è la prova che l’osso contribuisce all’omeostasi acido-base nei soggetti con acidosi metabolica cronica di basso grado che risulta dal consumo di una normale dieta che produce acido netto?
Per qualsiasi livello di carico acido, se l’osso contribuisce all’omeostasi acido-base, anche se l’equilibrio acido-base nel sangue sembra essere stabile, non tutto il carico acido netto giornaliero dovrebbe essere recuperabile nelle urine [51,52], cioè l’acido dovrebbe sembrare accumularsi nel corpo su base giornaliera. Come discusso in precedenza, è stata dimostrata una continua retenzione dell’acido in soggetti normali con carichi netti di acido nella norma.
La stabilità dell’equilibrio acido-base nel sangue è di fatto la prova dell’esistenza di un serbatoio interno di base che fornisce costantemente base alla circolazione sistemica in una quantità pari alla frazione del carico acido netto che i reni non riescono ad espellere. L’osso è il principale serbatoio interno di base conosciuto.
Un altro modo per verificare se persistente perdita ossea oc¬curs in risposta a basso livello cronico dieta indotta acidosi metabolica è quello di esaminare l’effetto di neutralizzare il carico acido netto dieta con l’aggiunta di base esogena. Tali studi sono stati effettuati in donne in postmenopausa [46]. bicarbonato di potassio, quando somministrato in dosi che neutralizzano quasi completamente il carico acido netto della dieta, riduce lo spreco urinario di calcio e fosforo, migliora i preesistenti equilibri negativi di calcio e fosforo, e come indicato da marcatori biochimici, riduce il tasso di riassorbimento osseo e stimola il tasso di formazione ossea [46]. Anche Lemann [91] ha dimostrato un miglioramento significativo degli equilibri di calcio e fosforo quando il carico acido netto della dieta è stato neutralizzato durante la somministrazione di bicarbonato di potassio nell’uomo.
Quindi, due linee di prova indicano che l’acidosi cronica indotta dalla dieta a basso livello impone un drenaggio cronico sull’osso: a) la stabilità dell’equilibrio acido-base del sangue di fronte alla continua ritenzione di acido e, b) il miglioramento degli equilibri negativi di calcio e fosforo, la riduzione del riassorbimento osseo e la stimolazione della formazione ossea che partecipano alla neutralizzazione del carico acido della dieta.
Prove che l’acidosi metabolica indotta dalla dieta è un fattore nella patogenesi dell’osteoporosi clinica
Se l’acidosi metabolica cronica a basso livello indotta dalla dieta im¬pone un cronico, scarico clinicamente significativo sulla massa ossea, potrebbe essere possibile spiegare in parte le differenze nella massa ossea tra gli individui dalle differenze nel carico acido netto dalle loro diete abituali. Purtroppo, le misure di produzione netta di acido o tassi di escrezione necessari per testare questa possibilità direttamente non sono attualmente disponibili. E ‘possibile, tuttavia, per ottenere stime indirette, ma ancora realistico delle differenze nel carico acido netto dieta tra gruppi selezionati di individui, e di mettere in relazione con le differenze nel tasso di massa ossea tra questi gruppi.
In particolare, è possibile stimare le differenze nel carico acido netto della dieta tra i residenti di diversi paesi. Questo può essere realizzato utilizzando i dati internazionali di consumo alimentare compilati dalla Food and Agricultural Organization (FAO) delle Nazioni Unite. Per ognuno dei circa 130 paesi, le tabelle della FAO riportano il consumo di alimenti vegetali e animali in unità di proteine vegetali e animali consumate quotidianamente pro capite. Molti alimenti vegetali sono ricchi di sali di potassio di anioni organici [92] che possono essere metabolizzati alla base, bicarbonato, che a sua volta riduce il tasso netto di produzione di acido endogeno per un dato tasso di produzione di acido da alimenti animali [39,93, 94]. Gli alimenti animali hanno un contenuto relativamente più basso di potassio e anioni organici. Per unità di proteine, il contenuto di potassio di molti alimenti vegetali supera quello degli alimenti animali di più di un ordine di grandezza. Poiché il contenuto di anioni organici degli alimenti è simile a quello del potassio, il contenuto di precursori di base è anche sostanzialmente maggiore in quegli alimenti vegetali che negli alimenti animali. Per un dato apporto proteico totale, quindi, il rapporto tra proteine vegetali e animali consumati può fornire un indice approssimativo per il confronto della base-acido potenziale di generazione della dieta tra i diversi paesi.
È anche possibile approssimare le differenze nella massa ossea tra i paesi, basandosi sui rapporti pubblicati dell’incidenza delle fratture dell’anca nelle donne di età superiore ai 50 anni. L’incidenza delle fratture dell’anca è un buon indice della massa ossea perché la massa ossea è un importante determinante dell’incidenza delle fratture ossee negli individui più anziani. Quindi, se l’acidosi metabolica cronica indotta da una dieta di basso livello im¬pone un drenaggio cronico e clinicamente significativo sulla massa ossea, potrebbe essere possibile spiegare in parte le differenze nell’incidenza delle fratture dell’anca tra i paesi attraverso le differenze nel rapporto di proteine vegetali/animali consumate.
La Fig. 7 mostra i risultati di un’analisi di questo tipo per i 33 paesi in cui erano disponibili dati sull’incidenza delle fratture dell’anca e sul consumo alimentare pro capite nel 1999 [95]. Si noti che c’è una forte relazione non lineare tra l’incidenza delle fratture e il rapporto tra proteine vegetali e animali consumate.
Fig. 7 L’incidenza delle fratture dell’anca aggiustata in base all’età nelle donne in 33 paesi diminuisce all’aumentare del rapporto tra alimenti vegetali e animali nella dieta (p <0.001).
Più di due terzi (r2=0,70) della variabilità totale dell’incidenza delle fratture dell’anca tra i paesi può essere spiegata dalla sua correlazione con il rapporto tra alimenti che generano basi (vegetali) e alimenti che generano acidi (animali) consumati. I paesi con il più basso rapporto di assunzione di proteine vegetali-animali hanno la più alta incidenza di frattura dell’anca, e viceversa.
Questa scoperta fornisce la prova che la carenza di base dietetica rispetto al carico acido è un fattore nella patogenesi del declino della massa ossea che si verifica con l’età. Dato che l’acidosi metabolica di basso grado di gravità proporzionale al carico acido netto della dieta è da aspettarsi, questa scoperta supporta l’ipotesi che l’acidosi metabolica cronica di basso grado indotta dalla dieta è un fattore nella patogenesi dell’osteoporosi clinica.
Recentemente Sellmeyer et al. hanno riesaminato la relazione tra il rapporto tra l’assunzione di cibo vegetale e animale e i tassi di frattura dell’anca in una popolazione più omogenea (donne bianche anziane residenti negli Stati Uniti), e hanno trovato un risultato simile [96]. Inoltre, hanno trovato, con misure ripetute di densità minerale ossea dell’anca, che il tasso di perdita ossea nei soggetti era maggiore in quelli con il più basso rapporto di assunzione di cibo vegetale-animale. Questi studi sono significativi perché eliminano gli effetti confondenti dei fattori razziali e culturali sul rischio di frattura dell’anca inevitabili nello studio cross-cul¬turale [95], e sostengono l’ipotesi che l’acidosi metabolica cronica indotta da una dieta di basso livello accelera i tassi di perdita ossea nell’uomo.
Utilizzando un indice meno indiretto del carico acido netto della dieta, vale a dire il rapporto tra proteine alimentari e potassio [42], New e soci hanno recentemente riportato le loro osservazioni sulla salute delle ossa in donne scozzesi anziane per includere le es¬time del carico acido netto della dieta [97]. I valori per la massa della colonna vertebrale lombare erano più bassi e i valori di escrezione urinaria di marcatori di riassorbimento osseo erano più alti in quelle donne nel quartile più alto di carico acido netto, rispetto a quelli nel quartile più basso. Inoltre, il carico acido netto era significativamente più alto nel gruppo di soggetti che avevano sostenuto fratture durante il periodo di osservazione, rispetto a quelli che non avevano.
La prova che la dieta indotta acidosi metabolica effetti escrezione renale di azoto negli esseri umani
Frassetto e colleghi hanno anche esplorato la possibilità che lo spreco di azoto possa verificarsi anche con l’acidosi metabolica di fondo “tonica” di basso grado che accompagna il consumo di una tipica dieta a produzione netta di acido [87]. In donne in postmenopausa, la correzione dell’acidosi metabolica di basso grado indotta dalla dieta con bicarbonato di potassio in quantità che neutralizzava appena il carico acido netto giornaliero della dieta, riduceva l’escrezione urinaria di ammonio, che tornava al controllo quando l’acidosi poteva ripresentarsi interrompendo l’integrazione di KHCO3 (Fig. 8). Ma, oltre alla riduzione dell’escrezione di azoto ammoniacale durante la somministrazione di KHCO3, si è verificata anche una riduzione sostenuta dell’escrezione di azoto ureico, suggerendo che i più alti tassi di escrezione di azoto ureico prima del trattamento stavano contribuendo al deperimento dell’azoto indotto dall’acidosi (Fig. 8). Le riduzioni dell’escrezione di urea e ammoniaca hanno contribuito circa allo stesso modo all’effetto di risparmio di azoto.
L’interpretazione più diretta di questi risultati è che la somministrazione di KHCO3 ha ridotto il NEAP e ha corretto la preesistente aci¬dosi metabolica di basso grado, riducendo il tasso totale di produzione renale di ammoniaca e, aumentando il pH delle urine, riducendo l’intrappolamento intraluminale dello ione ammonio. Di conseguenza, sia l’escrezione di ammoniaca nelle urine che la consegna di ammoniaca alla circolazione sistemica attraverso la vena renale sono diminuite. La riduzione dell’ammoniaca nelle urine ha contribuito direttamente al miglioramento del bilancio dell’azoto.
La riduzione della consegna di ammoniaca alla circolazione sistemica attraverso la vena renale ha contribuito indirettamente al miglioramento dell’equilibrio dell’azoto limitando la disponibilità del substrato (cioè l’ammoniaca) per la produzione di urea epatica [98], riducendo così la perdita esterna di azoto come urea urinaria. E correggendo la preesistente bassa acidosi metabolica, il KHCO3 ha diminuito il tasso di proteolisi muscolare pre-trattamento, contribuendo ulteriormente al miglioramento del bilancio dell’azoto. L’entità dell’effetto di risparmio dell’azoto indotto dal KHCO3 era potenzialmente sufficiente sia a prevenire la continua perdita di massa muscolare che a ripristinare i deficit accumulati in precedenza.
Fig. 8 Diminuzione dell’escrezione urinaria di azoto solo durante il periodo in cui la dieta in queste donne normali in postmenopausa viene integrata con una base sufficiente ad abbassare la loro escrezione netta di acido a quasi zero.
Prove che l’acidosi metabolica indotta dalla dieta ha effetti sull’escrezione dell’ormone della crescita nell’uomo
Frassetto e colleghi hanno anche esplorato la possibilità che l’escrezione dell’ormone della crescita possa essere influenzata da questa stessa acidosi metabolica di fondo “tonica” di basso grado [87]. In donne in postmenopausa, la correzione dell’acidosi metabolica di basso grado indotta dalla dieta con bicarbonato di potassio in quantità tali da neutralizzare il loro carico acido netto giornaliero, è stata accompagnata da un aumento della secrezione media dell’ormone della crescita nelle 24 ore.
La secrezione sierica totale media di GH, calcolata come concentrazione di GH sierico integrato nelle 24 ore, è aumentata da 826±548 pg/ml prima di KHCO3 a 915±631 pg/ml dopo l’integrazione di KHCO3 (p <0.05), circa un aumento dell’11% rispetto al basale. Questo era fisiologicamente significativo? Coerentemente con l’effetto dell’ormone della crescita sul metabolismo osseo, anche i livelli di osteocalcina sono aumentati in quasi tutti i soggetti dopo l’integrazione di KHCO3, e sono stati più alti in quasi tutti i punti temporali. Il livello medio di 24 ore di osteocalcina è aumentato da 7.0±0.9 a 8.3±1.2 ng/ml dopo il trattamento con KHCO3 (p <0.005).
Diete dell’età della pietra per il 21° secolo?
Sempre più spesso, i nutrizionisti stanno rivolgendo l’attenzione ai potenziali effetti dannosi per la salute della grande trasformazione della dieta umana che si è verificata relativamente recente nel tempo evolutivo [99], vedendoli come gli effetti di un conflitto dell’incontro di vecchi geni con nuovi carburanti [3]. Il nostro gruppo sta enfatizzando il potenziale conflitto tra i nostri vecchi geni e i nuovi livelli di K-base e NaCl nella nostra dieta, un’insufficienza del primo e un’ipersufficienza del secondo. In questo sforzo, molto rimane da capire, e molte domande interessanti possono essere formulate. Il sottotitolo qui sopra è una di queste domande. Qual è l’assunzione ottimale di NaCl per gli esseri umani in circostanze ordi¬narie? L’aggiunta di NaCl alla dieta fa davvero molta differenza se l’assunzione di K-base è ottimale? Quali sono gli apporti ottimali di K-base? La dieta paleolitica produceva basi nette?
Lo stato acido-base sistemico ottimale degli esseri umani è un’alcalosi metabolica cronica di basso grado indotta dalla dieta senza carenza di potassio?
Dovremmo aumentare le nostre assunzioni di proteine e bilanciare gli effetti acidi con un aumento del K-base?
Prospettive
Sulla base degli studi e degli argomenti qui recensiti, sembra ragionevole spendere ulteriori sforzi per indagare l’entità dell’effetto modulante del NaCl alimentare e del K-base sull’espressione dell’osteoporosi, del declino legato all’età della massa muscolare, dei calcoli renali, e forse del declino legato all’età della funzione renale.
Ri-scambiare il NaCl nella nostra dieta attuale per il K-base che il nostro Homo ancestrale e pre-Homo specie ominide mangiato in abun¬dance può essere dimostrato di correggere dieta indotta a basso grado di acidosi metabolica, e le conseguenti ev¬idenze biochimiche di diminuzione della secrezione di ormone della crescita, in¬creased riassorbimento osseo con formazione ossea diminuita e catabolismo proteico aumentato. Oltre a ciò, la sup-plementazione della dieta con K-base può annullare gli effetti del carico di NaCl sulla pressione sanguigna e l’escrezione urinaria di calcio.
Pertanto, aumentando la dieta K-base a livelli che si avvicinano a quelli dei nostri antenati dell’età della pietra, sia con frutta e non cereali alimenti vegetali, o con supplemento K-base, sarebbe vedereift per tenere particolare promessa per prevenire o ritardare l’espressione di questi età e dieta malattie correlate e le loro conseguenze.
Acknowledgments Questo lavoro è stato sostenuto dal UCSF/Moffitt General Clinical Research Center (NIH sovvenzione MOl RR-00079) e da NIH sovvenzioni RO1-AG/AR0407 e RO1-HL64230.
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