Antroposofia – Anthroposophy – “Scienza dell’uomo”, scienza che si basa su di un rigore scientifico e matematico correlato ad una intensa spiritualità.
Questo tipo di medicina è un sistema terapeutico introdotto da Rudolf Steiner che considera l’essere umano nella sua globalità di corpo, anima, mente e relazioni con l’ ambiente. L’antroposofia ha come obiettivo il ripristino dell’armonia tra corpo e spirito mediante cambiamenti nello stile di vita, modificazioni nel comportamento alimentare, esercizi motori (euritmia) e medicinali naturali. L’antroposofia, letteralmente “scienza dell’uomo”, è quindi un metodo olistico e intuitivo il cui scopo è la comprensione sintetica e dinamica degli oggetti e degli esseri nei loro ambienti specifici.
Definizione della medicina Antroposofica
La medicina antroposofica è un ampliamento della medicina convenzionale. Venne sviluppata a partire dal 1920 dal Dott. Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, in collaborazione con la Dott.ssa Ita Wegman e con altri medici. L’antroposofia inaugura un metodo conoscitivo, fondato su una propria epistemologia, che guida la ricerca delle leggi che stanno a fondamento delle manifestazioni della vita, dell’anima e dello spirito nell’uomo e nella natura.
Frutto di tale ricerca è un’immagine integrata dell’uomo che permette di valutare tutti gli aspetti in cui la vita umana si realizza. Ciò rende possibile, tra l’altro, una concezione unitaria, razionale e inevitabile di fisiologia, patologia e terapia.
Il medico che orienta la sua professione in senso antroposofico si sforza di cogliere, assieme al paziente, il significato della malattia riguardo alla sua evoluzione corporea, psichica e spirituale, tenendo conto delle leggi intrinseche alla biografia dell’uomo.
Strettamente connessa alla medicina antroposofica è la pedagogia curativa, in cui ci si accosta in modo nuovo ed efficace ai problemi dei bambini bisognosi di cura dell’anima e dei portatori di handicap.
I rimedi vengono trovati prestando attenzione da un lato all’aspetto individuale dei fenomeni patologici e dall’altro alla stretta connessione evolutiva tra l’uomo e gli altri regni della natura.
Nell’ambito della medicina antroposofica sono stati elaborati dei criteri specifici per:
1. particolari processi di preparazione farmaceutica, così come sono codificati anche nella Farmacopea Omeopatica Tedesca (HAB);
2. punti di vista razionali per la somministrazione dei medicamenti per via orale, parenterale ed esterna;
3. terapia artistica sotto forma di euritmia curativa, arte della parola, musicoterapia, pittura e modellaggio, con indicazioni fornite, in collaborazione con i medici curanti, da terapisti professionalmente qualificati.
Tratto da: http://www.medicinaantroposofica.it
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Rudolf Steiner in anticipo di decenni, ha indicato anche l’interferenza del cosmo nelle variazioni biologiche; il dott. Kolisko, ha dimostrato nei suoi studi sulla dinamolisi caillare, le continue ed intense interferenze dei ritmi cosmici; Barbara Mac Clintock ha dimostrato che le sequenze del DNA mutano con le variazioni astronomiche del cosmo ecc.
Steiner ha effettuato studi su: cronobiologia, bioritmi, indicazioni fitoterapiche, consigli pediatrici ecc. ed ha effettuato una allarmante denuncia sugli effetti secondari dei farmaci e delle patologie determinate da un errato uso di questi ultimi, malattie oggi chiamate Iatrogene; è noto che il 20% delle ospedalizzazioni, hanno all’origine malattie iatrogene provocate dal dottore o dal farmaco e questa percentuale è in continuo aumento.
Pertanto occorre ritornare con urgenza ad una nuova Medicina Olistica che comprenda e tratti l’uomo con terapie atossiche e Naturali per non continuare ad inquinare i corpi umani ed il loro DNA con le medicine tossiche degli attuali prodotti farmacologici di sintesi.
Da genitori dell’Austria Inferiore, in un luogo lontano della sua terra d’origine, a Kraljevec, il 27 febbraio 1861, nacque Rudolf Steiner.
Aveva un anno e mezzo quando suo padre venne trasferito a Mödling presso Vienna dove la famiglia restò per 6 mesi, dopodiché gli venne affidata la direzione di una stazioncina della Ferrovia Meridionale: Pottschach, nell’Austria Inferiore, presso il confine della Stiria, dove visse dai due agli otto anni, in un paesaggio meraviglioso.
Nel libro intitolalo LA MIA VITA Steiner scrive: “Il fatto che fosse possibile vivere con l’anima nell’elaborazione di forme percepite in modo puramente interiore, senza impressioni dei sensi esterni, mi dava somma soddisfazione; vi trovavo conforto allo stato d’animo, risultato dal non trovare risposte a tutte le domande. Poter afferrare una cosa puramente nello spirito mi dava un senso di felicità interiore. So che al contatto con la geometria conobbi per la prima volta la gioia.
Nel mio rapporto con la geometria debbo vedere il primo germogliare d’una mia concezione che s’è andata poi sviluppando gradualmente e che viveva in me più o meno inconscia sin dall’infanzia, ma solo verso il mio ventesimo anno assume forma definita e pienamente cosciente.
Mi dicevo: gli oggetti e gli avvenimenti percepibili ai sensi sono nello spazio; ma, come questo spazio esiste fuori dell’uomo, così nell’interiorità umana si svolgono gli avvenimenti spirituali.
Nei pensieri non potevo vedere mere immagini che l’uomo si forma delle cose bensì rivelazioni d’un mondo spirituale sulla scena interiore dell’anima.
E la geometria mi appariva come una conoscenza che apparentemente scaturisce dall’uomo, ma che ha un’importanza affatto indipendente da lui. Naturalmente, da bimbo, non me lo dicevo con chiarezza, ma sentivo che, nel modo stesso in cui si porta in sé la geometria, bisogna portare in sé la conoscenza del mondo spirituale.
Poiché la realtà del mondo spirituale era per me altrettanto certa come quella del mondo fisico; ma avevo bisogno di giustificare questo che per me era un fatto. Volevo poter dimostrare a me stesso che l’esperienza del mondo spirituale è tanto poco illusione, quanto poco lo è quella del mondo dei sensi.
Nella geometria – mi dicevo – è lecito aver conoscenza di qualcosa che l’anima sola sperimenta per forza propria.
In questo sentimento trovavo la giustificazione del mio modo di parlare del mondo spirituale, ch’era per me reale esperienza. Ne parlavo infatti come si parla del mondo fisico. Vivevano in me, sebbene non ancora ben chiare, due rappresentazioni, che già prima del mio ottavo anno, erano una parte importante nella vita della mia anima; distinguevo cioè esseri e cose “che si vedono” ed esseri e cose “che non si vedono”.….Devo soltanto aggiungere che in quel mondo vivevo volentieri; perché avrei sentito come tenebra tutto il mondo sensibile circostante se questo non avesse ricevuto luce da quello”.
In mezzo alle esperienze di studio gli avvenne di trovare, in uno dei bollettini annuali della scuola, un articolo del preside intitolato:
La forza d’attrazione considerata come effetto del movimento in cui si citava un altro scritto del preside : Il movimento generale della materia come causa primordiale di tutti i fenomeni. Egli si mise a fare economia finché riuscì a comprarsi questo libro.
Per lui divenne una specie di ideale quello d’imparare al più presto tutto quanto avrebbe potuto portarlo alla comprensione sia dell’articolo sia del libro.
Il preside sosteneva una astrusa teoria sulla gravitazione universale basata sulla differenza degli effetti degli urti tra le facce prospicienti dei corpi e le restanti.
Tale concezione non veniva minimamente accettata, ma per lui era importante arrivare a capire ciò che così era enunciato e le formule di matematica e di fisica che venivano portate a sostegno. Ciò lo costrinse a procurarsi testi di matematica superiore e di fisica.
Verso i quindici anni si avvicinò al medico di Wiener-Neustadt, conosciuto a Neudörfl, che gli mise a disposizione la sua biblioteca, iniziando con il dargli in prestito la Minna von Barnelm di Lessing. In quel periodo studiò geometria analitica, trigonometria e il calcolo differenziale ed integrale grazie alle opere matematiche, ad uso degli autodidatti, di Lübsen, molto prima di impararle a scuola.
Con ciò poté riprendere lo studio degli scritti del preside sul Movimento generale della materia come causa primordiale di tutti i fenomeni della natura.
Nel frattempo, all’insegnamento di fisica s’era aggiunto quello di chimica, aggiungendo in lui nuovi problemi accanto ai vecchi.
Il professore impartiva un insegnamento quasi esclusivamente sperimentale, presentando una quantità di fenomeni tale che la sua anima, tendente allora alla sintesi, poteva appena contenerli.
In una libreria antiquaria di Wiener-Neustadt scoprì la Storia universale di Rotteck leggendo la quale fu affascinato dalla calda vivezza con cui l’autore coglie gli avvenimenti storici; senza scorgerne ancora l’unilateralità. Attraverso Rotteck fu condotto ad altri due storici Johannes von Muller e Tacito, che per il loro stile e le loro vedute lo colpirono vivamente. Con ciò poté ravvivare quanto appreso a scuola. Trascorse così gli ultimi tre anni della scuola tecnica. Dai quindici anni in poi, proposto dai professori, diede ripetizioni ai compagni di classe e a quelli delle classi inferiori, contribuendo alle spese sostenute dalla famiglia per la sua istruzione, date le loro modestissime entrate.
Il giovane Steiner, al quale il mondo spirituale era aperto come realtà, si era tormentato per trovare dei concetti per i fenomeni della natura, partendo dai quali fosse possibile trovarne uno per l’”io”; ora, al contrario, partendo dall’io, voleva penetrare nello spirito della natura.
Nella sua autobiografia, intitolata “La MIA VITA” egli scrive: “Spirito e natura stavano allora davanti alla mia anima in tutta la pienezza del loro contrasto. Per me esisteva un mondo di esseri spirituali; il fatto che l’io, che è spirito, vive in un mondo di spiriti, era per me percezione immediata. La natura però non voleva trovar posto nel mondo spirituale ch’era per me viva esperienza.”
Con tale sentire egli si immerge nella lettura di Fichte e di altri filosofi tra cui Kant, Traugott Krug e il suo Sintetismo trascendentale, l’herbartiano Thilo e la sua Storia della filosofia, Schelling e Hegel. Immerso in questi studi filosofici trascorse l’estate del 1879, dalla fine delle scuole tecniche fino all’entrata al Politecnico.
La filosofia che Steiner sentiva esporre non arrivava fino alla percezione del mondo spirituale. Ciò lo portò ad elaborare per sé una specie di “teoria della conoscenza”. A tal proposito egli così si espresse: “Sperimentare i pensieri era per me vivere in una realtà così interamente e intensamente vissuta, che nessun dubbio poteva sfiorarla. Il mondo dei sensi non mi sembrava altrettanto sperimentabile. Esiste, sì, ma non lo si afferra nell’intimo, come si afferra il pensiero: in esso o dietro di esso potrebbe celarsi un’esistenza ignota. Ma l’uomo è situato in questo mondo. Da ciò nasce la domanda: è il mondo dei sensi una realtà completa ?
E quando l’uomo, al contatto con esso, trae dalla propria interiorità i pensieri che portano luce in questo mondo dei sensi, vi aggiunge egli effettivamente qualcosa di estraneo ? Ciò non si accorderebbe affatto con la esperienza che si ha quando il mondo dei sensi sta dinanzi all’uomo e questi vi penetra coi propri pensieri; anzi i pensieri appaiono allora il mezzo attraverso il quale il mondo dei sensi esprime se stesso.”
Per evitare il pericolo di una propria concezione filosofica prematura, intraprende lo studio accurato di Hegel restando insoddisfatto che egli, pur pervenendo al pensiero vivente, non arrivi alla percezione di un mondo spirituale concreto.
Gli studi obbligatori non soffrirono per il tempo dedicato alle ricerche filosofiche in quanto aveva precedentemente molto studiato il calcolo differenziale e la geometria analitica.
A proposito della matematica egli così si espresse: “La matematica conservò per me tutta la sua importanza anche come base della mia ricerca filosofica: essa dà infatti un sistema di concetti, acquistati indipendentemente da ogni esperienza sensibile esterna eppure – mi ripetevo a quel tempo – queste vedute e questi concetti si possono applicare alla realtà sensibile; anzi, per loro mezzo troviamo le leggi che la governano. Attraverso la matematica si impara a conoscere il mondo, ma bisogna prima di tutto far sorgere la matematica dall’anima umana.”
Cercava aiuto nella matematica per superare le proprie difficoltà nella rappresentazione dello spazio in connessione anche con quella del tempo. Queste sue aspirazioni conoscitive venivano rese difficili dagli obblighi degli studi regolari che lo soddisfacevano poco in connessione alla sua sete di conoscenza.
Si dedicava a ciò che veniva insegnato ma, nel fondo dell’anima, nutriva la speranza che un giorno la connessione tra la scienza naturale e la conoscenza spirituale gli si sarebbe rivelata. Con questa sua aspirazione contrastava quanto si sviluppava, in campo scientifico, sotto l’influsso del darwinismo, che gli appariva un’assurdità scientifica.
Come si vede Steiner raccoglie tutto il materiale conoscitivo possibile per poter conseguire la realizzazione del suo profondo anelito di armonizzare la sua chiara visione del mondo spirituale con la conoscenza della natura materiale, mirando anche a dimostrare che vi potrà essere una vera conoscenza di essa solo partendo dalla natura spirituale dell’io, che, attingendo alle conoscenze spirituali potrà portare luce nel mondo delle esperienze sensibili.
Egli si stava così decisamente preparando a mettere a punto una propria autonoma concezione del mondo, che in seguito prenderà corpo nella sua opera fondamentale, intitolata LA FILOSOFIA DELLA LIBERTÀ, avente per sottotitoli:
Tratti fondamentali di una concezione moderna del mondo
Risultati d’osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali.
Iscrittosi al Politecnico, dove studiava chimica e le teorie della scienza naturale. In tale atmosfera materialistica – in contrasto col suo più intimo essere – non poteva partecipare al mondo di Steiner, con il quale dibatteva animatamente costringendolo a raccogliere il materiale per ribattere a tutti gli argomenti che la scienza materialistica oppone ad una visione spirituale del mondo.
A tal proposito Steiner in seguito scrisse: “L’Io era per me un’esperienza, interiormente abbracciabile, e non meno sicura di qualsiasi altra riconosciuta dal materialismo, di una realtà esistente in se stessa, nella quale però non c’era nulla di materiale. Questa sicura conoscenza interiore della realtà e della spiritualità dell’io mi ha sostenuto in tutti gli anni seguenti contro ogni tentazione del materialismo. Sapevo che l’Io nulla può toccarlo. E mi era chiaro che chi lo concepisce come una forma di manifestazione, come un prodotto di altri processi, semplicemente non lo conosce”.
Nella biblioteca-studio del suo Professore egli si sentiva in una benefica atmosfera spirituale e, accanto a lui, era pervaso da grande calore spirituale, nelle lunghe ore che il Maestro gli concedeva di stargli accanto, con la sensazione della presenza dello spirito di Goethe.
Steiner accoglieva con la massima simpatia tutto quanto gli proveniva dall’idealismo di Schröer, ma continuava ad elaborare autonomamente le sue intime aspirazioni spirituali. Per Schröer le idee erano la forza propulsiva della storia, mentre, per Steiner, l’essenziale era la vita dello spirito che stava dietro alle idee e queste erano solo la sua manifestazione nell’anima umana, e gli premeva di evidenziare l’inerenza tra le idee e lo spirito da cui nascono, come il colore è inerente ad un oggetto sensibile.
Questo egli lo chiamava “idealismo oggettivo”.
Schröer si avvicinava molto a ciò che Steiner intendeva, quando parlava dell’”anima del popolo”, come di un’entità spirituale reale, uscendo dall’aspetto astratto delle idee.
Ben presto si avvicinò a Goethe, con la sua teoria dei colori, e alle sue opere sulle scienze naturali.
Nelle concezioni cui era giunto sull’ottica fisica gli parve di veder costruirsi un ponte fra le sue conoscenze del mondo spirituale e quelle della scienza naturale. Condusse degli esperimenti che lo portarono sempre più verso la teoria di Goethe.
Egli si diceva: “Non è vero, come dice Newton, che il colore scaturisca dalla luce; il colore si manifesta quando al libero sviluppo della luce si frappongono degli ostacoli”. I
n quel periodo si occupò anche di anatomia e fisiologia, contemplando le diverse parti dell’organismo umano, animale e vegetale, nelle loro forme, giungendo. a modo suo, alla teoria goethiana della metamorfosi. Gli divenne sempre più evidente che l’immagine della natura, che si presenta ai sensi, conduce da sé a quell’altra immagine che a lui era percepibile in modo spirituale.
A tal proposito egli poi nella sua autobiografia scrisse: “Quando, in quel modo spirituale, rivolgevo lo sguardo all’attività animica dell’essere umano, al pensare, sentire e volere, l’uomo spirituale prendeva forma dinanzi a me, fino ad essere percepito in immagine. Non potevo fermarmi alle astrazioni a cui si pensa generalmente quando si parla di pensare, sentire e volere: io vedevo, in queste manifestazioni interiori di vita, delle forze operanti che ponevano dinanzi a me, spiritualmente, l’uomo quale spirito.
Rivolgendo poi lo sguardo alla sembianza fisica dell’uomo, questa, alla mia contemplazione, veniva integrata dalla forma spirituale che compenetra la forma visibile ai sensi.
Giunsi così alla figura “sensibile-soprasensibile” di cui parla Goethe; e che, tanto per una vera concezione della natura, quanto per una vera concezione dello spirito, s’introduce tra ciò che è afferrabile dai sensi e ciò ch’è visibile spiritualmente”.
Poi aggiunge: “A quel tempo non trovavo nessuno a cui avessi potuto parlare di queste mie vedute. Se qua o là vi accennavo, apparivano frutti di un’idea filosofica, mentre io ero certissimo che a me si erano rivelate attraverso una spregiudicata conoscenza sperimentale anatomica e fisiologica”.
Steiner era convinto che il fanciullo avesse grandi facoltà spirituali nascoste e questo rendeva il suo compito molto soddisfacente.
In breve riuscì a stabilire un legame d’affetto con l’allievo e si dedicò a tale compito con grande impegno arrivando a dedicare due ore di preparazione per lezioni di una sola mezz’ora per non stancarlo.
Nel suo libro intitolalo La mia vita scrisse: “Questo lavoro pedagogico divenne per me una ricca fonte d’apprendimento.
Il metodo educativo che dovetti applicare mi palesò il nesso tra l’elemento animico-spirituale e quello corporeo nell’uomo. Qui feci i miei veri studi di fisiologia e psicologia; e riconobbi che l’educazione e l’istruzione devono diventare un’arte che abbia le sue basi in una conoscenza vera dell’uomo.”
Durante un certo periodo si occupò della filosofia di Eduard von Hartmann con la sua teoria dell’”incosciente” ed il suo pessimismo. Steiner non condivideva la posizione di Hartmann sulla teoria della conoscenza ed a proposito del suo pessimismo magistralmente scrisse:
Il pessimismo di Eduard von Hartmann mi appariva il risultato di un’erronea interrogazione di fronte alla vita umana.
“L’uomo – pensavo – tende alla meta di attingere alla sorgente della sua interiorità ciò che può dargli pienezza e appagamento.
Se, fin dal principio, la Provvidenza del mondo avesse dato all’uomo “la miglior vita possibile”, come potrebbe egli far scaturire in sé questa sorgente? L’ordinamento esterno del mondo arriva a uno stadio del suo sviluppo, nel quale esso ha trasmesso il bene e il male alle cose e ai fatti. Solo qui l’essere umano si desta alla coscienza di sé, e porta avanti l’evoluzione senza che questa riceva altre direttive dalle cose e dai fatti, ma unicamente, in libertà, dalla sorgente dell’essere “.
Già il porre la questione del pessimismo o dell’ottimismo mi sembrava ledere la libertà umana. Spesso mi domandavo:
“Come potrebbe l’uomo essere il libero artefice della sua somma beatitudine, se l’ordinamento esterno del mondo gli avesse assegnato una certa misura di felicità ? “. Ma poiché costantemente cercavo di apprezzare un’opera umana nel suo lato positivo, la filosofia di Hartmann mi divenne preziosa nonostante fossi contrario al suo indirizzo fondamentale e alla sua concezione della vita; in quanto essa illuminava acutamente molti lati dei fenomeni stessi
Nel 1884, a 24 anni, su raccomandazione di Schröer, fu invitato da Joseph Kürschner a curare l’edizione delle opere scientifiche di Goethe, con introduzione e note, per la “Collezione della Letteratura nazionale tedesca”, da lui iniziata. A tal proposito egli scrisse:
“Per me questo compito implicava la necessità di prendere posizione, da un lato, di fronte alle scienze naturali e, dall’altro, di fronte a tutta la concezione goethiana del mondo. E trattandosi ormai di presentarmi al pubblico, dovevo portare ad una certa conclusione la concezione del mondo che mi ero venuto formando.
lo vedevo in Goethe una personalità che, per la speciale posizione spirituale che aveva dato all’essere umano di fronte al mondo, era in grado d’inserire giustamente anche la conoscenza della natura nel complesso della produzione umana. Il pensiero dell’epoca, ch’io m’ero assimilato, mi sembrava atto a formarsi delle idee solo sulla natura inanimata; lo consideravo impotente ad accostare, con le forze della conoscenza, la natura vivente.
Per dare una spiegazione della visione goethiana della natura, cercavo di mostrare come, nello spirito di Goethe, le idee avessero preso vita, come fossero divenute forme ideali.
Trovavo che la meccanica appaga il bisogno di conoscenza, perché forma razionalmente nello spirito umano dei concetti che poi trova realizzati nell’esperienza sensibile dell’inorganico. Goethe stava dinanzi alla mia anima quale fondatore di una scienza dell’organico, la quale si comporta nello stesso modo di fronte agli esseri viventi.
Ciò che Galileo ha fatto per l’inorganico, Goethe ha cercato di farlo per l’organico. Goethe divenne per me il Galileo dell’organico.
Per l’organico è necessario far sì che i concetti si sviluppino l’uno dall’altro, in modo che, nella loro progressiva vivente trasmutazione, sorgano immagini di ciò che in natura appare nell’aspetto di esseri formati. Goethe cercò di farlo, tentando di fissare nello spirito l’immagine-idea della foglia, che non è un concetto rigido privo di vita, ma un concetto suscettibile di essere rappresentato nelle forme più svariate. Si arriva così, sviluppando nello spirito queste forme l’una dall’altra, a costruire tutta la pianta; si ricrea nell’anima, idealmente, il processo reale per cui la natura ha formato la pianta.
Ci si rende conto che la natura, producendo l’organico, porta ad efficienza in se stessa un’essenzialità affine allo spirito”.
Nell’introduzione alle opere botaniche di Goethe volli mostrare come, con la sua teoria della metamorfosi, egli abbia preso la giusta direzione per pensare i processi organici della natura, in modo affine allo spirito
Riguardo alla natura animale-umana, Goethe prese le mosse dal riconoscimento d’un errore ch’egli osservava tra i suoi contemporanei: questi volevano attribuire al sostrato organico dell’essere umano una speciale posizione nella natura, cercando singoli segni caratteristici diversi nell’uomo e nell’animale. Trovarono uno di tali segni nell’osso intermascellare in cui sono inseriti i denti incisivi e di cui sono forniti gli animali; quest’osso pareva invece mancare nella mascella superiore dell’uomo, apparentemente fatta d’un solo pezzo.
Ciò appariva a Goethe un errore. Per lui la torma umana era una metamorfosi della forma animale, portata ad un grado superiore di sviluppo. Tutto quanto appare nella formazione animale deve trovarsi anche in quella umana, ma in forma superiore, in modo che l’organismo umano possa diventare il portatore dello spirito autocosciente.
In tale concezione goethiana dell’organismo umano mi appariva già anticipato tutto ciò che di giustificato era stato detto più tardi, sulle basi del darwinismo, riguardo all’affinità dell’uomo con gli animali; mi sembrava anche confutata !a parte ingiustificata.
L’interpretazione materialistica delle scoperte di Darwin conduce a formarsi sulla base dell’affinità tra l’uomo e l’animale delle rappresentazioni che rinnegano lo spirito proprio là dove nell’esistenza terrestre esso si manifesta nella sua forma più alta, cioè nell’essere umano. La concezione goethiana conduce a riconoscere invece la conformazione animale come una creazione dello spirito, la quale però non ha ancora raggiunto quel grado di sviluppo in cui lo spirito possa vivere come tale. Ciò che nell’uomo vive come spirito, opera nella forma animale, a un gradino precedente di sviluppo; e, nell’uomo, modifica questa forma sino al punto di manifestarsi non solo quale spirito operante ma quale spirito che sperimenta se stesso.
Vista così, l’osservazione goethiana della natura, seguendo di grado in grado l’evoluzione naturale dall’inorganico all’organico, conduce la scienza naturale al trapasso verso una scienza spirituale
Come si debba conoscere, per penetrare nelle manifestazioni della vita; questo io volevo mostrare a proposito degli studi goethiani sulla scienza dell’organico. Ma presto mi resi conto che una simile trattazione abbisognava di una solida base.
L’essenza del conoscere veniva rappresentata allora, dagli uomini del mio tempo, in una forma che non poteva accostarsi alla concezione di Goethe.
I teorici della conoscenza avevano dinanzi agli occhi la scienza naturale quale era in quel momento; quel ch’essi dicevano sulla natura della conoscenza valeva solo per la comprensione dell’inorganico: nessun accordo era possibile fra le teorie della conoscenza allora in voga e quanto io avevo da dire sulla conoscenza praticata da Goethe.
Dalla mia trattazione dell’opera scientifica di Goethe fui dunque di nuovo condotto ad occuparmi di teoria della conoscenza, scopersi che, per il modo di conoscenza goethiano, non esisteva una teoria della conoscenza, e ciò mi spinse a tentare di tracciarne una, almeno nelle sue linee fondamentali. Scrissi allora la mia Teoria della conoscenza della concezione goethiana del mondo, spinto da un bisogno interiore, prima di accingermi al lavoro intorno ai volumi seguenti delle opere scientifiche di Goethe.
Questo volumetto fu ultimato nel 1886.
By Nicolò Giuseppe Bellia
vedi: Ayurvedica + Lavaggio Energetico + Coppettazione + Riposizionamento asse Cranio-Atlante-Epistrofeo
Ben noto nel mondo e’ il massaggio Ayurvedico, che utilizzando i punti dell’agopuntura Cinese + i punti ove vi e’ dolore, risolve in molti casi diversi tipi di problemi.
Il Lavaggio energetico e’ un particolare tipo di massaggio che apre i chakra del corpo, eliminando in genere la memoria della sofferenza di vissuti dolorosi.