La parola “Placebo” deriva dalla parola latina “io Piacero’ “, infatti è proprio dal e con il “piacere” che lo spirito-psiche fa inviare, dal cervello alle cellule del corpo, le famose “endorfine” tanto utili alla buona e Perfetta Salute.
Ogni suggestione che induce piacere o speranza di esso e quindi anche la speranza del recupero della salute, induce immediatamente la produzione di endorfine che stimolano i processi di Guarigione e per di piu’ bloccano i recettori del dolore e quindi la percezione del dolore stesso.
L’effetto Placebo è un fenomeno ben noto alla Medicina Naturale e cio’ fin dalla antichita’ piu’ remota.
Platone stesso nell’antica Grecia disse: “la menzogna non e’ utile agli dei, ma utile agli uomini come farmaco”.
L’influsso dello Spirito-Psiche, sul cervello e quindi sul corpo intero veniva gia’ utilizzato nella medicina popolare, Naturale.
Le varie religioni dsella terra, hanno sfruttato e sfruttano questo potere della mente sul soma, il corpo.
La moderna Psicologia tende, anche senza riuscirci, di guarire attraverso i poteri della mente perche’ essa non riesce a fornire tutte le info adatte al paziente per incutergli la fiducia nella guarigione che al contrario nella Medicina Naturale sono da sempre ben note.
Il 30% dei cancerosi guarisce senza fare nessuna cura, perche’ ? proprio per il motivo sopra descritto.
L’effetto consiste proprio nell’induzione della mente-spirito-psiche a creare reazioni del cervello (riscontrate ed osservate attraverso una PET (Tomografia a emissione di Positroni) alla di produzione di endorfine.
Quindi niente autosuggestione: e’ un meccanismo chimico a far guarire i malati !
La produzione di un effetto placebo la si ottiene somministrando ad uno o piu’ pazienti pillole di zucchero o di acqua fresca, illudendolo di avergli fornito un certo farmaco, rimedio, ecc.; questo effetto di induzione mentale, puo’ dare dei benefici importanti anche pari ad una guarigione completa.
Il fenomeno e’ stato descritto gia’ nel 1955 e comparve sul Journal American Medical Association, con un’articolo dal titolo:
“il potente Placebo”, by henry Beecher, di Boston USA) il quale attraverso l’induzione psichica ed un bicchiere di acqua fresca, riuscì ad ottenere effetti benefici evidenti sul 35% dei soggetti sottoposti alla sostituzione dei loro farmaci abitualmente utilizzati.
Comunque occorre ricordare che le risposte all’effetto Placebo non sono sempre uguali in ogni soggetto, vi sono quelli poco reattivi ed altri molto reattivi.
Esiste anche un effetto “nocebo”, influsso che determina la possibilita’ di “sentire” gli effetti collaterali d un farmaco mai assunto.
Esiste anche l’effetto “dolorebo” (da dolore + nocebo) che determina la creazione di sostanze tossiche che ammalano, sempre presente nello stress cronico, paura gravi, attacchi di panico, malattie inventate dalla propria mente, ecc. + Stress ossidativo
Nell’anno 2005 all’Universita’ del Michigan il dr. Jon-Kar Zubieta ed i suoi assistenti hanno pubblicato l’esperimento al quale hanno sottoposto 14 giovani volontari sani, precedentemente sottoposti ad uno stimolo di dolore attraverso l’iniezione nella mascella di una soluzione salina, generando cosi’ un forte dolore. Poi li hanno ingannati, dicendo di avergli somministrato un’antidolorifico; ma il cervello ha reagito come se un farmaco fosse stato assunto per davvero. Il tutto sotto controllo di una PET, che registrava passo per passo tutte le reazioni del cervello.
Nel momento nel quale i medici comunicavano ai pazienti di avergli somministrato un’antidolorifico, il cervello reagiva ed induceva alla produzione di endorfine, sostanze oppiacee che hanno anche la funzione di inibire i recettori del dolore e quindi la percezione del dolore.
Questa e’ la dimostrazione che l’effetto placebo NON e’ un fenomeno solo psichico-spirituale, ma anche e sopra tutto fisico.
Questo e’ quanto successivamente affermato anche da quei ricercatori.
Nella ricerca si e’ evidenziato anche che l’effetto Placebo riduceva l’attivita’ dei una zona del cervello detta “talamo”, l’insula e la corteccia cingolata anteriore; questa e’ la prima volta al mondo che tali fenomeni vengono osservati in diretta.
La connessione spirito-psiche-mente con il cervello-organi-corpo e’ quindi evidente e provata in via definitiva.
vedi Conflitti Spirituali + PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
La Medicina Naturale insegna che i rimedi e/o gli infusi NON bastano da soli per instaurare i processi di guarigione corporea, ma occorre effettuare varie tecniche naturali, da essa insegnata, e ciò contemporaneamente e/o successivamente all’assunzione dei rimedi e/o infusi.
NON è il farmaco, rimedio e/o infuso che guariscono, ma è solo l’insieme di varie tecniche che obbligatoriamente debbono essere messe in pratica su se stessi (anche l’effetto Placebo auto indotto o condizionato da terzi = medici, terapeuti, guaritori) , ciò che serve per ottenere l’effetto sperato, e/o per mantenere la salute !
vedi Protocollo della Salute
Importante: perche’ l’effetto Placebo dovrebbero utilizzarlo solo i medici e non i terapeuti e/o i “guaritori”….e chi l’ha detto ?…perche’ nella realta’, e cio’ nel mondo soprattutto occidentale, pe3rche la sanita’ mondiale e’ in mano ai certi individui senza scrupoli…cioe’ ai prePotenti del mondo, la medicina ufficiale che e’ nelle loro mani, PERSEGUITA i non medici, ma terapeuti, per paura di perdere il potere (commerciale e psicologico) sulle coscience+mente+corpi degli esseri viventi, per cui ha generato e cerca di mantenere la sua DITTATURA SANITARIA con OGNI MEZZO; come nel periodo dell’Inquisizione, essa accende i fuochi e cerca di “bruciare” chi non e’ all’interno della “CASTA” e quindi della forma di “monopolio” che essi stessi hanno generato e gestito fino ad oggi…ma il tempo fara’ cadere e sparire queste “caste” che dovranno, all’evidenza dei FATTI scomparire ed essere sostituite dall’amore per la guarigione dei malati, fornendo loro le indicazioni ed i fondamenti della Medicina Naturale.
L’effetto PLACEBO – 1
Un mistero della medicina: i placebo, farmaci privi di qualsiasi principio attivo, alleviano i sintomi di alcune malattie su pazienti all’oscuro della loro inefficacia – (By ASCA) – Roma, 31 Dic. 2010
I ricercatori di Harvard sono andati oltre e hanno condotto una nuova sperimentazione: avvisare pazienti affetti da Sindrome da intestino irritabile che il farmaco loro prescritto era un placebo. Persino la confezione che li conteneva riportava l’indicazione in etichetta.
Il risultato, pubblicato su PLoS One, e’ che il 59% dei pazienti ha davvero avvertito un miglioramento dei disturbi, contro il 35% del gruppo di controllo che ha ricevuto una pillola inattiva, ma a sua insaputa.”
vedi: Placebo 2 + Mente, Coscienza, Cervello + Conflitti Spirituali + Legge di Guarigione + Mangiare crudo = Crudismo
In un Gene il Segreto dell’Effetto Placebo
Per la prima volta un gene è stato collegato a uno dei più grandi misteri della medicina – Roma, 4 dic. 2010 (Adnkronos Salute) : l’effetto placebo, ossia l’incredibile capacità di alcune persone di trarre beneficio dai medicinali ‘fasulli’, privi cioè di principi attivi, quando pensano che si tratti di farmaci veri. Finora si credeva che fosse tutto merito della forza della mente.
Ma ora il team di Thomas Furmark dell’università di Uppsala (Svezia), pubblicato su ‘New Scientists‘, spiega che il segreto – almeno in alcuni casi – è in un gene. La ricerca ha coinvolto un piccolo gruppo di persone, e “a quanto sappiamo è la prima volta in assoluto che qualcuno collega un gene all’effetto placebo”, rileva Furmark.
Al centro della scoperta c’è il gene che regola la produzione dell’enzima triptofano idrossilasi-2, chiave nella sintesi di serotonina, l’ormone del benessere, nel cervello. Il team di Furmark ha studiato 25 persone, tutte preda di un disordine noto come ansia sociale, cioè la paura esagerata di umiliazioni in pubblico.
I volontari dovevano tenere due discorsi pubblici, uno prima e uno dopo un periodo di “trattamento” con un farmaco anti-ansia, senza sapere però che si trattava di pillole fasulle. Ebbene, la metà dei volontari si è sentita molto meglio dopo la ‘cura’: per la fine del periodo di osservazione il loro punteggio relativo ad ansia e nervosismo era dimezzato. E anche lo scanner cerebrale ha mostrato un calo del 3% nell’attività dell’amigdala, il centro della ‘paura’ nel cervello.
Per capire se in qualche modo i geni avessero un ruolo, i ricercatori hanno indagato sulle differenze tra il Dna dei beneficiati dal placebo e quello degli altri. In particolare, si è visto che otto volontari sui dieci che hanno risposto positivamente al placebo avevano due copie della variante G del gene per il triptofano idrossilasi-2. Una mutazione assente negli altri, collegata in precedenza ad un’ansia ridotta nei classici test sulla paura. I pazienti, dunque, senza saperlo erano geneticamente meglio preparati a risolvere da soli il loro problema, tanto che il placebo non ha fatto altro che indurli a utilizzare quest’arma segreta.
Un effetto che, secondo Furmark, potrebbe essere esteso anche ad altri disordini che coinvolgono l’amigdala, come fobie, dolori e depressione. In ogni caso, solo dopo ulteriori studi si capirà se il gene influenza l’effetto placebo in modo più generale.
Una cautela rilanciata da Fabrizio Benedetti dell’Università di Torino. “Sappiamo che non c’è un singolo effetto placebo, ma ce ne sono molti – dice lo studioso italiano su ‘New Scientist’ – Alcuni possono lavorare attraverso la genetica, altri attraverso l’attesa di una ricompensa”.
Tratto da: http://it.notizie.yahoo.com/7/20081204/thl-medicina-in-un-gene-il-segreto-dell-6a24347.html
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
La frode anche del placebo fa vacillare il fondamento stesso della “scienza medica” moderna.
Migliaia di test clinici invalidati….
Sapete di tutte quelle migliaia e migliaia di test clinici, che vengono condotti da qualche decina d’anni, che comparano i nuovi farmaci con dei placebo ?
Bene, i risultati di quei test non possono essere considerati validi perchè gli studi non possono essere considerati scientifici. E perché ? Perché i placebo usati nei test non erano incontrovertibilmente “placebo”, rendendo così gli studi scientificamente non validi.
Questa è la conclusione a cui sono giunti alcuni ricercatori dell’Università della California, che hanno pubblicato le loro scoperte nel numero di ottobre 2010 di Annals of Internal Medicine.
Hanno revisionato 167 test basati su placebo pubblicati su riviste mediche peer-reviewed tra il 2008 e il 2009, trovando che il 92% di essi non ha mai descritto gli ingredienti dei placebo utilizzati.
E perché questo è importante ?
Perché si suppone che i placebo siano sostanze inerti. Ma nulla è inerte, …
… a quanto è dato sapere. Anche le cosiddette “pillole di zucchero” contengono zucchero, ovviamente. E lo zucchero non è una sostanza inerte. Se stai conducendo un test clinico su persone diabetiche, per testare l’efficacia di un farmaco anti-diabete rispetto a un placebo, è ovvio che nel tuo test le pillole di farmaco risulteranno più efficaci di un placebo se il placebo che usi è una pillola di zucchero.
Alcuni placebo sono pillole di olio d’oliva, che potrebbero avere qualche ricaduta sull’apparato cardiaco. Altri placebo usano olii parzialmente idrogenati, che nuociono alla salute del cuore.
Soltanto l’8% dei test clinici si sono presi la briga di elencare gli ingredienti costitutivi dei placebo usati !
Seguitemi in questa puntata sui placebo. perché sta per diventare ancor più bizzarra.
– Non esistono regole della FDA riguardanti i placebo nei test clinici
La FDA (Federal Drug Administration – l’ente statunitense che approva i farmaci, NdT) non ha mai stabilito delle norme che riguardano la composizione dei placebo usati nei test clinici.
Tecnicamente, chi dirige un test clinico potrebbe usare occhi di tritone o zampe di lucertola come placebo, e non sarebbe obbligato a far menzione di tali nefasti dettagli nelle conclusioni del suo test. Perchè questo causerebbe un bel po’ di problemi.
Sappiamo già che nei test clinici le frodi abbondano.
Molti dei test utilizzati dalle aziende farmaceutiche per ottenere l’approvazione della FDA per i loro farmaci, per esempio, sono finanziati dalle stesse aziende farmaceutiche. Ed è un fatto verificabile che molti test clinici tendono ad ottenere risultati che favoriscono gli interessi finanziari dell’organizzazione che li finanzia.
Quindi cosa mai potrebbe far desistere Big Pharma dal progettare il placebo perfetto che nuoce ai pazienti giusto quel tanto che basta per far apparire il proprio farmaco migliore nel test comparativo?
Fatto: I placebo vengono di solito forniti dalla stessa azienda che finanzia il test clinico ! Intravedete un qualche spazio per la frode in questa equazione ?
– Come le aziende farmaceutiche possono falsare i test clinici con placebo selezionati ad hoc
Il comportamento del placebo influenza in modo significativo l’approvazione o meno da parte della FDA. In quanto informazione-chiave per le sue decisioni di approvazione, la FDA vuole sapere se un farmaco funzioni meglio del placebo. Questa è la prima richiesta !
Se il farmaco è migliore del placebo anche solo del 5%, viene considerato “efficace” (il che significa che “funziona”). E questo è vero anche se il placebo è stato selezionato specificamente per far apparire il farmaco migliore nel test comparativo.
Come vedete, se non esistono norme o regolamentazioni riguardanti i placebo, nessuno dei test clinici fondati su placebo sono scientificamente validi.
E’ stupefacente constatare come i ricercatori in campo medico diventino intransigenti quando attaccano l’omeopatia, enfatizzando come la loro medicina sia basata sullo “scientificamente provato!” e quando però questo fatto viene meno, le loro prove scientifiche sono solo chiacchiere condite con un po’ d’illusione e un tocco di gergo pseudoscientifico, il tutto incorniciato nel linguaggio dello scientismo dai membri della FDA che non riconoscerebbero la vera scienza se inciampassero e cadessero in un otre pieno di essa.
Big Pharma e la FDA hanno fondato l’intero loro sistema di prove scientifiche (fasulle) su una frode inerente anche i placebo ! E se il placebo non è un placebo, la prova scientifica non è scientifica.
Oh, ma aspettate. Loro la chiamano scienza perché desiderano che il placebo sia un placebo.
Già. I ricercatori clinici oggigiorno sono medium, sensitivi e cartomanti che semplicemente decretano che quella pillola di olio d’oliva “sia un placebo !” mentre compiono con le mani un gesto degno di David Copperfield.
James Randi può non aver mai visto un sensitivo trasmutare del piombo in oro, ma ha senza dubbio visto dottori trasmutare sostanze biochimicamente attive in materie totalmente inerti, soltanto desiderandolo ! Strabiliante !
E questo mi porta alla parte, veramente interessante, del “come fare per.”
– Come creare il tuo placebo proprio come fanno i ricercatori…
Stai cercando di capire come creare il tuo placebo scientificamente valido, approvato dalla FDA ? E’ più facile di quanto pensi.
1 – Trova qualcosa che abbia una forma di pillola. Può essere una pillola ripiena di olio d’oliva, o di zucchero, o di olio di palma, o di acqua fluorizzata, o di gesso da lavagna, o di una sostanza chimica di sintesi o qualunque altra cosa tu possa immaginare.
2 – Chiudi gli occhi e concentrati.
3 – Questa è la parte fondamentale – Ripeti almeno 5 volte mentre ruoti su te stesso in senso antiorario: “Sono un ricercatore scientifico che sta praticando la medicina basata su prove !”. Devi ripeterlo fino a che tu sia veramente e sinceramente convinto di esserlo. Se non ci credi abbastanza, l’effetto placebo non si realizzerà.
4 – Avvicina i tuoi palmi aperti verso le tue pillole di placebo e grida con quanta voce hai in gola: “Ora tu sei un placebo !”.
Puoi sentire un brivido di energia correre lungo il tuo corpo. Questo è il potere del placebo che si sprigiona dalle pillole.
Il processo è concluso. Ora puoi utilizzare queste pillole di placebo in qualunque test clinico e aspettarti la piena approvazione per questo dai tuoi colleghi, da celebri riviste mediche e dai burocrati della FDA. (Non è uno scherzo. Questo è lo stato dell’arte oggi come oggi nella medicina convenzionale).
Anche la speranza ha un ruolo essenziale in tutto questo. Quanto più speri che i tuoi placebo siano realmente placebo, tanto migliori saranno i risultati che otterrai.
Di fatto, nel riportare questo fiasco totale, il direttore dello studio che ha messo in luce tutto questo, dr. Beatrice Golomb, sostiene: “Possiamo solo sperare che questo non abbia seriamente e sistematicamente colpito i trattamenti medici.”
E invece, certamente lo ha fatto. (E a proposito: nessuna mancanza di rispetto per la dr. Golomb. Merita rispetto per essere stata disposta ad affrontare questo argomento, che senza dubbio la renderà molto impopolare fra i cultori dello scientismo come è praticato oggi dai ricercatori medici convenzionali.)
– Come perfezionare i risultati del tuo test clinico
Per risultati migliori, prova ad utilizzare la sostanza placebo più dannosa che puoi. Per esempio, in un test clinico che coinvolge malati di AIDS -che tendenzialmente sono intolleranti al lattosio- i ricercatori hanno usato pillole contenenti… indovinate un po’? Lattosio !
Questo è un po’ come condurre un test clinico su eroinomani utilizzando l’eroina come placebo, no ? Beh, in un modo o nell’altro il nostro farmaco funzionerà “meglio del placebo”. Divertente come funziona, vero ?
E se anche non ottenessi i risultati che speri, basta inventarti i tuoi dati, come fanno altri ricercatori clinici.
Ricordate il dr. Scott Reuben ? Questo rispettabilissimo ricercatore clinico falsificò almeno 21 test per Big Pharma. I suoi test clinici fraudolenti vengono ancora citati per vendere farmac i!
Diamine, a chi serve un placebo se puoi inventarti i dati ?
Provate a riflettere su questo, a chi serve la scienza se si può usare qualunque cosa e chiamarla placebo, in primo luogo ?
La medicina convenzionale opera test clinici nello stesso modo in cui banche e società di intermediazione finanziaria gestiscono i documenti per i mutui !!!
Si inventano man mano i dati che gli servono, commettendo crimini ogni giorno sperando che nessuno se ne accorga. A riguardo, leggete questa sorprendente storia intitolata “The Perfect No-Prosecution Crime” :
http://usawatchdog.com/the-perfect-no-prosecution-crime/
– Dove sono gli scettici quando la frode scientifica viene da Big Pharma ?
Seriamente, devi semplicemente amare la situazione odierna della scienza medica. Non ho mai osservato un gruppo più divertente di idioti assicurarsi l’un l’altro di essere tutti così scientifici mentre praticano gli imbrogli più inimmaginabili.
Quel che avviene oggi in nome della sperimentazione clinica di Big Pharma rende in confronto sensitivi e cartomanti decisamente più portati per la scienza.
Fanno davvero stupire questo cosiddetti “scettici”, vero ?
Se sono scettici sull’omeopatia, sui tarocchi, sui medium psichici e sulla gente che sostiene di poter levitare, posso almeno capire il bisogno di porre domande difficili su tutte queste cose. Anch’io faccio domande difficili, specialmente quando la gente mi dice di aver visto fantasmi o spiriti ritornare dal regno dei morti o altri fenomeni inesplicabili. (E ho appena pubblicamente denunciato la cosiddetta “chirurgia psichica” che è evidentemente poco più che destrezza di mano unita a un po’ di sangue animale.)
Ma scettici più convenzionali non sono mai usciti dai confini della loro “zona di sicurezza” di argomenti popolari per i quali lo scetticismo si può esprimere in tutta sicurezza.
Non osano fare domande scettiche riguardo la scienza ciarlatana a sostegno dell’industria farmaceutica, giusto per fare un esempio. Né faranno domande difficili sui vaccini, o sulla mammografia, o sulla chemioterapia. E ti sarebbe difficile trovare qualcosa di più ricco di vera e propria ciarlataneria fraudolenta che l’industria farmaceutica com’è oggi gestita (e la branca che si occupa del cancro in particolare).
Ecco perché sono scettico riguardo gli scettici. Se uno scettico non pone domande sulla pseudoscienza facilona praticata da Big Pharma, non ha alcuna credibilità come scettico. Non si può essere scettici selettivamente su alcune cose, ma poi fare finta di niente riguardo altre truffe solo perché sono sostenute da aziende farmaceutiche.
Ma torniamo un attimo su quello studio.
Abstract dello studio:
“What’s in Placebos: Who Knows? Analysis of Randomized, Controlled Trials” ?
http://www.annals.org/content/153/8/532.abstract
(“Cosa c’è nei placebo: chi lo sa ? Analisi di test controllati randomizzati”)
Background: Nessuna regolamentazione disciplina la composizione dei placebo. La composizione dei placebo può influenzare i risultati di un test e merita di essere riportata.
Scopo: Valutare quanto spesso i ricercatori specificano la composizione del placebo in test randomizzati basati su placebo.
Sintesi dei dati: gran parte degli studi non esplicitano la composizione del placebo utilizzato. La dichiarazione della composizione risulta meno comune per le pillole rispetto alle iniezioni e altri trattamenti (8,2% contro il 26,7%).
Conclusioni: I placebo sono stati raramente descritti in studi randomizzati e controllati di pillole o capsule. Poiché la natura del placebo può influenzare i risultati dei test, la formulazione dei placebo dovrebbe essere dichiarata nella documentazione dei test basati su placebo.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Mostrare immagini rilassanti della natura, insieme a suoni armoniosi puo’ abbassare la percezione del dolore nei pazienti sottoposti a trattamenti invasivi. Lo dimostra un esperimento condotto da ricercatori della Johns Hopkins University.
I ricercatori hanno organizzato due gruppi di pazienti sottoposti alla biopsia del midollo osseo:ad un gruppo sono state mostrate immagini e suoni delle Cascate Vittoria, ad un altro di citta’ affollate: per questi ultimi la percezione del dolore era maggiore.
ANSA – Roma, 22 Ott. 2010
“Il più vecchio e spettacolare episodio di alternanza, nella stessa persona, di un effetto placebo e del suo contrario nocebo, pubblicato nella letteratura scientifica, è quello descritto nel 1957 da Bruno Klopfer, psicologo tedesco.
Un signore di nome Wrigth, affetto da un tumore a uno stadio avanzato, chiese al suo medico curante di essere trattato con un farmaco sperimentale. Dopo un’unica iniezione “il tumore si sciolse come una palla di neve su una stufa bollente” scrisse il medico nella cartella clinica.
Poco tempo dopo, il signor Wright, ormai ristabilito, lesse casualmente un articolo che parlava dell’inefficacia di quel farmaco nei tumori. Wright peggiorò di lì a pochi giorni. Agli esami presentò metastasi. A quel punto il medico iniettò al paziente dell’acqua raccontandogli di aver ricevuto una nuova versione del farmaco stavolta efficace. Le metastasi scomparvero !
Non sappiamo come andò a finire la storia di Herr Wright, ma sappiamo che negli ultimi cinquant’anni sono stati pubblicati più di cento lavori clinici e sperimentali per cercare di comprendere ciò che è incontrovertibile: il manifestarsi di effetti positivi o negativi nella fisiologia di una persona che ha ricevuto acqua fresca credendo fosse un farmaco, oppure che è stato oggetto di buone o cattive parole….”
Nelle stesse pagine si possono leggere altri interessanti articoli tra i quali quelli che riguardano le dichiarazioni rilasciate dal neuroscienziato Jack Gallant, dal prof. Fabrizio Benedetti, massimo esperto di placebo, docente di fisiologia all’Università di Torino e direttore del laboratorio dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze situato situato al Plateau Rosa ecc. – dalle pagine Neuroscienze –
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/genetica-epigenetica/
“Nocebo di massa”: una volta le chiamavano isterie collettive.
La più recente è quella descritta da universitari cinesi che ha riguardato la contea di Heishn interessata nel 2005 dal fenomeno dell’influenza aviaria.
Dopo la diffusione della notizia, nel giro di tre giorni, il 100% aveva la febbre. Ma le analisi hanno escluso che fosse aviaria e che quell’epidemia dipendesse da un microorganismo. Un effetto nocebo di massa.”
By dr. Francesco Bottaccioli – sito simaiss.it
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/vaccinazioni/
“E’ universalmente noto che in circa il 98% dei pazienti, ai quali viene eseguita una radiografia, nel giorno della diagnosi di cancro non si riscontra alcuna “metastasi polmonare”. Ma in quel giorno al paziente viene anche detta tutta la presunta “verità”.
Per la maggior parte di loro si tratta, come essi stessi dicono, di un terribile shock. Alcuni si riprendono perché, ad esempio, hanno delle persone care vicine. Nel 30-40% dei casi con la medicina classica troviamo degli adenocarcinomi polmonari già a partire da tre a quattro settimane più tardi….
Negli animali non vediamo simili “metastasi polmonari” Il primario di Klagenfurt in una conferenza a cui ero presente nel 1991 disse: “Il dott. Hamer dice che gli animali hanno la fortuna di non capire quanto dicono i primari (qui si intende la prognosi) e per questo motivo non hanno metastasi”
La mia risposta fu: “Professore, per la prima volta oggi lei mi ha citato correttamente. Sembra che lei stia per capire la Nuova Medicina” (R.G. Hamer – “Testamento per una Nuova Medicina” ed. 2003 – pag. 397)
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/medicina-nuova-medicina/
By Paola Botta Beltramo – meil: rebelt1@fastwebnet.it
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Placebo senza inganno – 23 Dic. 2010
L’effetto placebo, come è noto, gioca sull’inganno. Eppure, secondo uno studio pubblicato su PloS One e condotto da Ted Kaptchuk dell’Harvard Medical School (Usa), agisce anche quando il paziente sa che non ha alcun effetto terapeutico.
In medicina si parla di effetto placebo quando la risposta dell’organismo a una terapia non dipende dai principi attivi della terapia medesima, bensì dalle attese del paziente. I placebo sono utilizzati come farmaci di controllo nei test clinici per provare l’efficacia di nuove medicine, ma i loro effetti possono essere importanti.
Per scoprire se l’efficacia terapeutica di un placebo si preservi anche quando il paziente è a conoscenza della sua vera natura, i ricercatori statunitensi hanno condotto una sperimentazione con 80 persone affette da sindrome del colon irritabile, un disordine della funzionalità intestinale.
Metà del campione non ha ricevuto alcuna cura, l’altra è stata trattata con una terapia placebo che consisteva in due pillole zuccherate da prendere due volte al giorno. Nonostante i medici abbiano chiaramente detto ai pazienti che le pillole non contenevano alcun principio attivo, i risultati raccolti dopo 3 settimane di studio si sono rivelati interessanti.
Il 59% dei pazienti “curati” con placebo riportava un alleviamento dei sintomi, contro il 35% dei pazienti appartenenti all’altro gruppo. Inoltre, il placebo ha migliorato le condizioni generali del paziente con la stessa velocità di una reale terapia. Il risultato dovrà essere verificato con altri trial; lo studio suggerisce, però, che l’effetto placebo non si debba alla convinzione del paziente, ma al rituale medico di per se.
By Martina Saporiti – Fonte: Plos One
Tratto da galileonet.it
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Pillole di zucchero che cancellano colite o mal di testa, acqua distillata antidolore, finta agopuntura – con aghi retrattili che non lasciano il segno – efficace quanto quella vera: e se l’effetto placebo fosse una terapia ?
Se potesse ispirare un modo nuovo di fare medicina ?
A lanciare il sasso è un’ampia rassegna pubblicata su “Lancet“, in cui un gruppo di ricercatori, tra cui Damien Finniss dell’Università di Sidney e il neurofisiologo italiano Fabrizio Benedetti, suggeriscono che il “niente” possa davvero curare.
Come sembra oggi confermare uno studio realizzato da Carlo Porro dell’Università di Modena e Reggio Emilia – oggetto di un articolo di prossima pubblicazione – dal quale emerge che l’effetto placebo riduce la percezione del dolore intervenendo direttamente sui circuiti cerebrali che ne stanno alla base.
“Abbiamo cominciato da poco a studiare le basi neurali dell’effetto placebo”, spiega Porro. E molti ricercatori non amano sentirsi ricordare che ogni farmaco, anche il più efficace, può agire almeno in parte grazie all’effetto placebo. “Anche se spesso nelle sperimentazioni i ricercatori tengono conto di questa possibilità”, spiega Benedetti. Che all’argomento ha dedicato un saggio pubblicato da Oxford Università Press, “Placebo Effects. Understanding the mechanisms in health and disease”.
Ma l’impatto vero del placebo emerge quando si esce dal mondo dei laboratori e delle sperimentazioni. Per valutarne – come negli studi di cui si rende conto su “Lancet” – l’effetto sui pazienti. “Che nasce da una contraddizione intrinseca, dato che per definizione”, osserva Benedetti, “il placebo è un elemento inerte”. Rappresentato da una sostanza – pillole di zucchero o fiale di acqua distillata – una manovra chirurgica, un finto ago da agopuntura. Ma anche, o soprattutto, dallo scenario che si costruisce intorno al trattamento, e dal rapporto medico paziente.
“Le interazioni psico-sociali sono fondamentali per l’evoluzione della modulazione cognitiva del dolore, e quindi per l’esito clinico”, spiega Porro: “Non possiamo pensare che un distributore automatico di farmaci funzioni come un medico attento e premuroso in camice bianco”.
A confermarlo, una serie di studi che mostrano come una terapia antidolorifica somministrata all’insaputa del paziente risulti molto meno efficace della stessa terapia, ma assunta con il supporto e la presenza attenta del personale sanitario.
Non solo: durante alcune sperimentazioni è stato detto ai pazienti che la sostanza che assumevano avrebbe potuto essere indifferentemente un placebo o un farmaco, e si è visto che questa informazione ha condizionato la risposta alla terapia. “Sappiamo che più il paziente riceve spiegazioni convincenti, più la terapia è efficace. Anche quando si tratta di un vero farmaco”, ricorda Porro.
“Oggi la medicina tende a concentrarsi sulle cause molecolari e biochimiche della malattia, guarda meno all’aspetto umano e psicologico. Ma stiamo cominciando a capire che la psiche gioca un ruolo importante sulla malattia”, prosegue Benedetti. Secondo Ellen Langer, docente di psicologia ad Harvard e un’autorità degli studi sulla mente e la consapevolezza, il placebo è “un meccanismo che, convincendoci che staremo meglio, attiva le potenzialità del nostro organismo”.
Gli studi sul dolore aiutano a capire come questo possa accadere.”L’analgesia da placebo mostra come aspettative o credenze possono influenzare la percezione del dolore”, spiega Porro:”Abbiamo visto chiaramente che l’assunzione del placebo riduce l’attività di aree cerebrali che rispondono agli stimoli dolorosi, in modo coerente con la riduzione di dolore riportata dal soggetto”. È la prima volta che da uno studio emerge così chiaramente il parallelo tra riduzione del processo sensoriale che genera i segnali alla base del dolore (effetto del placebo), e riduzione dell’intensità percepita del dolore stesso”.
Altri studi mostrano che il niente che cura funziona anche attraverso l’apprendimento sociale, grazie a un meccanismo neuronale che i ricercatori definiscono “specchio”: se vediamo qualcuno che trae beneficio da una terapia, quando ci viene somministrato qualcosa di apparentemente identico ci sentiamo meglio, anche se si tratta di un placebo. E gli scienziati hanno osservato che questo accade grazie all’attivazione delle stesse aree della corteccia cerebrale che si è scoperto essere responsabili dell’effetto placebo. Per questo, spiega Porro, “la seduta del dentista o le medicazioni in ambulatorio sono più dolorose se mentre aspettiamo in sala di attesa sentiamo che qualcuno urla o si lamenta. Un dato di cui medici e personale
sanitario dovrebbero tenere conto”.
By Simone Fanti – Tratto da: Espresso
Commento NdR: tutto a dimostrazione di quanto sia potente la nostra mente quando è utilizzata anche ai fini della salute e/o della malattia….
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Uno studio choc dimostra che infusi, pillole (farmaci) e Placebo, hanno lo stesso effetto terapeutico !
L’erba di s. Giovanni (iperico) è utile contro la depressione
Lo studio sull’iperico è stato pubblicato su “Jama”, dal quale si evince che quel rimedio erboristico fa passare completamente il malumore ad un quarto (25%) di coloro che l’assumono, come la sertralina (farmaco) che è un noto antidepressivo di “ultima generazione”, molto utilizzato con il quale è stato paragonato !
Lo studio però comprendeva parallelamente anche il “placebo” che fornito MIGLIORI risultati sui depressi, addirittura il 32%, ancor più del farmaco e del rimedio erboristico !
Le cosa cambiano anche a seconda del tipo di farmaco-rimedio, del colore della pillola, o della grandezza della stessa.
Si e’ controllato questo effetto (positivo) persino per le operazioni chirurgiche (finte, ma preparate con cura come scenografia esterna, presenza di operatori, macchinari, attrezzi chirurgici ecc. – vedi lo studio fatto ed ancora in essere a Vancuver (Canada).
Per cui si evince e dimostra anche la GRANDE e Preponderante azione – presenza – del “guaritore”, terapeuta, medico, nel condizionamento = induzione all’azione del placebo, del soggetto.
NON si vede quindi, se non per paura di perdere “il posto” ed il controllo=potere delle coscienze dei cittadini…da parte dei medici e della medicina allopatica ufficiale, l’accanimento contro coloro che pur non essendo medici operano (senza truffare e/o spillare molto denaro ad un soggetto, salvo chiedere le tariffe giuste per le consulenze) con l’effetto Placebo, se non con il voler perpetuare la Dittatura sanitaria nel mondo…!!
Comunque questi studi la dicono lunga su quanto sia difficile discernere la realtà dell’efficacia dei “rimedi e farmaci” rispetto ai poteri di auto guarigione (consci od inconsci) del soggetto malato, cioe’ desiderio di guarigione + auto convincimento od induzione=condizionamento, da parte del medico, del terapeuta, del “guaritore” = recupero della salute ! mediante meccanismi psico biologici ben precisi:
Il pensiero (Spirito) dell’Ego/IO condiziona la mente (esempio: cambiare Etica =Comportamenti) ed essa il cervello il quale crea un’azione biochimica = produzione di Endorfine + Dopamina che a caduta innesta tutti gli altri processi chimici per arrivare fino all’eliminazione del dolore e/o della malattia.
Di fatto si tratta di vedere e controllare come il malato si sente nella propria pelle, anche dopo anni dall’effetto Placebo.
Cosa che è già stata fatta, dimostrando che l’effetto e’ duraturo e ciò anche con malattie molto gravi.
Da studi di controllo e’ stato verificato che l’effetto Placebo ha un’efficacia attorno al 30 % !!
La convinzione o l’induzione da parte del medico e/o del terapeuta e/o del “guaritore”, che basta una pillola od un rimedio, fa scattare il meccanismo della guarigione in tutti i soggetti malati!
L’azione di marketing industriale farmaceutico, con le campagne pubblicitarie bugiarde….che hanno per decenni reclamizzato ……che basta la pillola per guarire….., ha prodotto la perdita dell’effetto placebo nel 68% in coloro che non rispondono più a questo naturale meccanismo, il potere di auto guarigione, con l’effetto Placebo.
L’effetto placebo (che genera l’auto convincimento – indotto o meno – di aver “assunto” qualche cosa per guarire) è stato anche controllato nelle sue azioni cerebrali con apposite apparecchiature (in genere Tac), ed ha dimostrato che esso modifica profondamente gli stessi centri – malati – che dovrebbero essere bersaglio dei farmaci/rimedi.
Questo studio dimostra come è impossibile dimostrare l’efficacia dei farmaci antidepressivi e dei rimedi contro la depressione, inficiando ovviamente la credibilità dell’utilità dei farmaci e dei rimedi.
La depressione ha cause fisico e psichiche (mal di vivere od ansia del vivere) che comunque vanno ricercate e rimosse e che in genere partono da problemi fisici legate all’utilizzo di Vaccini, farmaci, amalgami dentali ed alimentazione inadatta, che alterando la flora batterica generano a loro volta gravi problemi di malNutrizione intestinale e cellulare e quelli immunitari.
Ricordiamo che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.
vedi: Nutrizione cellulare
Sull’ effetto placebo, che gioca un ruolo importante anche nella medicina allopatica.
“Non è, come molti sostengono, un fenomeno psicologico” spiega Jon Kar Zubieta, docente di psichiatria e radiologia all’ University of Michigan.
“E’ un fenomeno fisico scientificamente dimostrato e documentato dalle tecniche di diagnostica per immagine, come la PET (tomografia a emissione di positroni) e l’MRI (risonanza magnetica), che fotografano in tempo reale l’attività cerebrale”.
La ricerca ha dimostrato che la trasmissione delle sensazioni spiacevoli. che in medicina spesso corrispondono ai malesseri, è una staffetta chimica che, dalle terminazioni nervose presenti nel corpo e sugli organi, passa l’informazione di cellula in cellula fino al cervello, dove le sensazioni vengono etichettate come “dolore”, “prurito”, “nausea”, “freddo”, “caldo” ecc.
Questo sistema è detto sistema nocicettivo, cioè della percezione delle sensazioni sgradevoli. Parallelamente, però, ne esiste un altro, detto antinocicettivo, che contrasta le sensazioni sgradevoli. Qui gli attori sono le endorfine, sostanze simili all’oppio prodotte naturalmente dal cervello nelle zone deputate alla percezione delle sensazioni sgradevoli, che si inseriscono nella staffetta chimica nocicettiva riducendo o addirittura bloccando la diffusione dei messaggi negativi. In particolare alcuni recettori sono gli stessi sui quali agiscono i farmaci antidolorifici le droghe.
Insomma, non importa molto che cosa s’inserisce in questi recettori, l’effetto è sempre stesso: le sensazioni spiacevoli riducono.
Indagine Usa, 45% medici ha curato con placebo
3 gen. 2008 (Adnkronos Salute)
Sono interventi medici da cui non ci si attende alcun effetto, perchè non dovrebbero scatenare nessun meccanismo fisiologico. Ma sono in grado di mettere in moto reazioni psicologiche da parte del paziente. A utilizzare almeno una volta i “placebo” nella pratica clinica è stato il 45% degli internisti di Chicago (Usa), 466 dei quali sono stati intervistati da ricercatori dell’ateneo della Capitale del Midwest per un’indagine pubblicata sul ‘Journal of General Internal Medicine’.
Il placebo viene impiegato in medicina fin dai tempi antichi e oggi è impiegato per sperimentazioni sui farmaci, ma anche nella pratica quotidiana. All’interno del campione di “camici bianchi” americani che ha confermato di farne uso, il 34% considera il placebo “una sostanza che può aiutare senza nuocere al paziente”; per il 19% si tratta comunque di “un farmaco”, mentre il 9% è convinto sia “un medicinale senza specifici effetti”.
Fra chi invece non ammette di utilizzare questa soluzione, il 12% è convinto che bisognerebbe addirittura vietarla categoricamente, soprattutto perchè certo del fatto che la reazione psicologica di un paziente possa ripercuotersi sulla sua salute. Proprio per questi motivi, suggeriscono i fautori del no, una valida alternativa all’uso del placebo potrebbe venire da meditazione, yoga, tecniche di rilassamento e preghiera.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Effetto PLACEBO tra scienza e mistero
Intervista a Fabrizio Benedetti sullo strano effetto e sulle sue implicazioni
Tredici fatti incomprensibili che resistono alle spiegazioni degli scienziati. Tredici strane osservazioni a cui è dedicata la copertina del numero del 19 aprile 2005 di New Scientist. Ad aprire l’elenco, prima dei messaggi alieni, della fusione fredda o degli oggetti giganti ai limiti del sistema solare, c’è l’effetto placebo: l’acqua che cura (o lo zucchero, secondo i casi).
In primo piano nel racconto di New Scientist, insieme al placebo, è Fabrizio Benedetti, neurofisiologo dell’Università di Torino. Come raccontato da Tempo Medico nel numero 736 dell’11 aprile 2002, già da molto tempo lo scienziato italiano si dedica a capire perché in alcuni esami clinici le sostanze farmacologicamente inattive possono avere la stessa efficacia terapeutica dei farmaci di cui rappresentano il controllo negativo. Tempo Medico ha chiesto al protagonista di raccontare i misteri e le novità sull’effetto placebo.
Tredici misteri scientifici e in prima fila l’effetto placebo: cosa c’è di così enigmatico nell’oggetto del suo lavoro di ricerca ?
In realtà non si tratta di un lavoro tanto misterioso. Il mio gruppo di ricerca si occupa da dieci anni dell’effetto placebo. Insieme ad altri gruppi che se ne interessano nel resto del mondo sono stati chiariti molti aspetti di questo fenomeno. Forse quello che c’è di suggestivo nell’effetto placebo è che si sta rivelando un modello ideale per studiare il rapporto mente-cervello. Questa è la vera sfida dal connotato un po’ misterioso: come può accadere che un’aspettativa mentale umana si traduca in un meccanismo cerebrale fisiologico e misurabile?
E a che punto siete in questa “sfida” ?
La domanda è ancora senza risposta, noi però continuiamo a occuparci dell’effetto placebo da almeno tre punti di vista distinti: ne studiamo i meccanismi neurofisiologici di base, cerchiamo di mettere a punto protocolli sperimentali per verificare l’efficacia dei farmaci che non ne contengano il vizio di forma (e così indirettamente studiamo quello che si potrebbe definire “effetto placebo senza placebo”) e proviamo ad applicarne i vantaggi terapeutici nella pratica clinica. L’articolo di New Scientist riprende il primo punto della nostra ricerca, le cui ultime novità sono pubblicate su Nature Neuroscience, nel numero di giugno 2004.
In particolare gli studi riguardano la terapia del dolore e la cura del morbo di Parkinson.
Le sue ricerche hanno mostrato l’effetto placebo anche su alcune malattie neurodegenerative.
Quali in particolare ?
Nel caso del Parkinson abbiamo provato a trattare alcuni pazienti per diversi giorni con farmaci che riducono sintomi come la rigidità e i tremori. Si tratta di sostanze (per esempio L-Dopa e apomorfina) che imitano l’azione della dopamina, il neurotrasmettitore dall’azione calmante carente in questi malati. Senza avvertire i pazienti, a un certo punto abbiamo sostituito queste sostanze con una soluzione salina priva di farmaci e nello stesso tempo misurato l’attività di alcuni neuroni del nucleo subtalamico, la regione iperattiva nei pazienti affetti da Parkinson. Con il placebo i pazienti mostravano sia il miglioramento motorio sia la riduzione dell’attività neuronale: la soluzione salina produce davvero qualcosa a livello cerebrale.
E a proposito della terapia del dolore ?
Abbiamo dimostrato che nella terapia del dolore con morfina il placebo induce la produzione di oppioidi endogeni, le endorfine. Infatti il trattamento con un antagonista degli oppioidi, il naloxone, produce gli stessi effetti di annullamento dell’efficacia della terapia indipendentemente dal fatto che il paziente stia assumendo la morfina o il placebo. Dunque una base biochimica del fenomeno esiste, ma come la mente la attivi resta un mistero.
Nel frattempo però possiamo sfruttarla per migliorare le cure. Da qui la terza linea di ricerca che citavo prima: approfittare dell’effetto placebo per diminuire le dosi dei farmaci e quindi ridurne gli effetti collaterali e la probabilità di assuefazione.
Se il placebo funziona quanto la morfina, si può immaginare una terapia in cui a giorni alterni si somministrano il farmaco e il placebo, riducendo del 50 per cento le dosi di morfina.
Relativamente al secondo filone di cui si occupa il suo gruppo di ricerca: può spiegarci cosa significa studiare l’effetto placebo senza il placebo ?
Gli ultimi dati che abbiamo raccolto sono pubblicati sul numero di Lancet Neurology di novembre 2004.
Abbiamo provato a trattare alcuni pazienti, affetti da varie forme di dolore, da ansia o dal morbo di Parkinson, con farmaci attivi in due modi: avvertendo il paziente o somministrandogli il farmaco a sua insaputa, automaticamente attraverso un computer.
Il principale risultato ottenuto è che il farmaco è meno efficace quando il paziente è totalmente all’oscuro del trattamento, mentre aumenta la sua efficacia quando è somministrato in modo consapevole, seguendo la pratica medica tradizionale.
Riteniamo che le differenze nei due protocolli terapeutici siano determinate dall’effetto placebo, un effetto che in questo caso si produce senza che alcuna sostanza placebo sia somministrata al paziente.
L’uso della somministrazione nascosta dei farmaci può rappresentare la base per mettere a punto protocolli di sperimentazione privati della componente psicologica. Inoltre i risultati confermano che il solo fatto di sottoporsi a una forma qualunque di terapia giova ai pazienti. Recarsi dal medico, essere visitati, ottenere una prescrizione, seguire le indicazioni ricevute, ha un effetto psicologico sul malato che ne rafforza le capacità di guarigione.
La minore efficacia dei trattamenti nascosti indica che la consapevolezza della cura ne influenza la possibilità di successo e riporta in primo piano l’importanza del rapporto medico-paziente.
By Anna Piseri – Tempo Medico n. 794 – 17 maggio 2005
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
La guarigione psicologica. Il riscontro sul reale, testimonia la validità dell’effetto placebo
Insomma: medicine non convenzionali, o no ? Viene tirato in ballo il diritto del paziente a curarsi come preferisce, ma di certo nessuna società può permettersi il lusso di lasciar morire i suoi membri: le mode vanno e vengono, le responsabilità civili e penali restano, oltre ai costi sociali inaffrontabili che ciò comporta.
Le evidenze scientifiche, allo stato attuale delle conoscenze, sono tutte contro i farmaci e le terapie non convenzionali, anche se, valutate secondo un doverosamente rigido metro di giudizio, anche le terapie convenzionali abbracciano un ampio spettro che va dal salvifico all’assolutamente letale, passando attraverso vari gradi di inutilità. In ambo i casi ci sono da considerare enormi interessi commerciali: chi trae profitto da questi mercati vuole sopravvivere, e quindi cerca di inclinare la bilancia a proprio favore. Se poi non gioca in tutti e due i campi, per sicurezza.
Il Royal London Homoeopathic Hospital di Londra effettua quasi 30.000 visite l’anno, in esclusivo regime omeopatico, ed è sponsorizzato dalla Corona: non sembrano esservi problemi, anzi, la spesa a carico del S.S.N. britannico si è rivelata molto contenuta.
Effetto placebo ? Può essere. Intanto, però, la gente guarisce davvero, e se un effetto placebo a conti fatti guarisce quasi tanti pazienti quanti i farmaci, forse sarebbe il caso di studiarne meglio i meccanismi.
E’ ormai assodato, ad esempio, che non si tratta solamente di immaginazione: il corpo del paziente, sia esso un adulto, un bambino, un animale o addirittura una pianta (non si sa in che modo), reagisce alle cure quando si accorge, si convince di essere curato. E si attiva un processo, spesso efficace, di autoguarigione.
Commento NdR: La Medicina Naturale insegna che i rimedi e/o gli infusi NON bastano da soli per instaurare i processi di guarigione corporea, ma occorre effettuare varie tecniche naturali, da essa insegnata, e ciò contemporaneamente e/o successivamente all’assunzione dei rimedi e/o infusi.
NON è il farmaco, rimedio e/o infuso che guariscono, ma è solo l’insieme di varie tecniche oltre all’aspetto Psicologico=Spirituale (la ricerca della via della guarigione) che obbligatoriamente debbono essere messe in pratica su se stessi, ciò che serve per ottenere l’effetto sperato, e/o per mantenere la salute !
Consiglieremmo anche di controllare e ricercare le possibili ed eventuali Nanoparticelle esistenti che possono influire sui processi dell’effetto placebo !
Comunque una cosa e’ assodata e DIMOSTRATA l’efficacia dell’effetto Placebo e’ una certezza !
vedi Protocollo della Salute + Uomo PsicoBioelettronico
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Anche i Medici allopati utilizzano l’effetto Placebo
21 Gennaio 2007. Una giovane studentessa di medicina dell’Universita’ di Chicago, Rachel Sherman, si e’ impegnata in un’indagine per valutare la frequenza delle prescrizioni di placebo, ossia di medicine inattive, e i motivi che spingono i medici statunitensi a usarle. Con l’aiuto di un suo professore, ha inviato un questionario a 466 specialisti di medicina interna dei tre maggiori centri ospedalieri universitari del Michigan. I risultati sono su “Journal of General Internal Medicine” di gennaio 2008.
La cosa sorprendente e’ che il 45% dei medici ospedalieri interpellati utilizza le virtù del placebo.
Lo fanno quando le lamentele dei pazienti sono imprecise o le richieste di medicine “ingiustificate”, oppure per controllare il dolore.
E’ evidente la capacità di autoguarirsi delle persone, il che spiega tanti fenomeni di guarigione attribuiti ai cosiddetti miracoli.
By Primo Mastrantoni, segretario Aduc.
Rachel Sherman, a 4th year medical student at the University of Chicago’s Pritzker School of Medicine, and Dr John Hickner, a professor of family medicine, at the University of Chicago and University of Chicago Medical Center.
http://www.medicalnewstoday.com/articles/93003.php
Commento NdR: e perché dovrebbero utilizzarlo solo i medici e non i terapeuti e/o i “guaritori”….e chi l’ha detto ?…perché nella realtà, e ciò nel mondo soprattutto occidentale, la medicina ufficiale PERSEGUITA i non medici, per paura di perdere il potere (commerciale e psicologico) sulle coscience+mente+corpi degli esseri viventi, per cui ha generato e cerca di mantenere la sua DITTATURA SANITARIA con OGNI MEZZO, come nel periodo dell’Inquisizione, essa accende i fuochi e cerca di “bruciare” chi non e’ all’interno della “CASTA” e quindi della forma di “monopolio” che essa stessa ha generato e gestito fino ad oggi…ma il tempo farà cadere e sparire queste “caste” che dovranno, all’evidenza dei FATTI scomparire ed essere sostituite dall’amore per la guarigione dei malati, fornendo loro le indicazioni ed i fondamenti della Medicina Naturale.
Importante: ….pur segnalando in questo portale https://mednat.news le gravi anomalie (anche criminali) della Sanità Mondiale gestita dalle Lobbies farmaceutiche e dei loro “agenti-rappresentanti” inseriti a tutti i livelli, Politici e Sanitari nel Mondo intero, vogliamo anche ricordare e spendere per Giustizia delle parole per gratificare e ringraziare quei centinaia di migliaia di medici (quelli in buona fede) che, malgrado le interferenze degli interessi di quelle Lobbies, incessantemente si prodigano ogni giorno aiutare i malati che a loro si rivolgono e che con i progressi delle apparecchiature tecnologiche per la diagnostica e delle tecniche interventive, stanno facendo notevoli progressi e raggiungono per essi risultati ed effetti benefici, che fino a qualche anno fa erano impensabili.
Vediamo ogni giorno progressi in tal senso, ma la terapeutica indicata dalla direzione della Sanità ufficiale Mondiale = OMS (che è legata alle linee guida di dette Lobbies che la finanziano), non segue, salvo rari casi, quella curva progressiva di benessere per i malati.
Se questi bravi medici che operano giornalmente sul campo, conoscessero anche la Medicina Naturale, potrebbero migliorare e di molto le loro tecniche terapeutiche, con grande beneficio per tutti i malati.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Se il Placebo costa di più è più efficace…..
Ricercatori della Duke University hanno appurato che un paziente è più propenso nel consumare un farmaco più o meno costoso. Un atteggiamento che potrebbe influire in maniera incisiva sul risultato finale della terapia.
La ricerca dimostra che una pastiglia da 15 centesimi sarebbe meno apprezzata di una che costa 3 dollari, almeno se in entrambi i casi si tratta di placebo.
Per la ricerca, condotta dal dottor Ariel e colleghi del Massachusetts Institute of Technology, sono stati convocati 82 volontari. Essi sono stati sottoposti ad un protocollo standard che ha previsto l’impiego di una scossa elettrica per constatare le variabili della sensibilità soggettiva alla sensazione di dolore prima e dopo l’assunzione del placebo.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: ad uno è stata data una spiegazione scritta sui vantaggi di un nuovo farmaco antidolorifico il cui costo si aggirava sui 3 dollari; all’altro gruppo però la medesima spiegazione scritta menzionava un nuovo antidolorifico il cui prezzo per ogni dosaggio era solamente di 10 centesimi, senza ulteriori spiegazioni sul perché di un così basso costo.
Dal risultato del test è emerso che la riduzione dei sintomi di dolore dopo l’assunzione del placebo è stata monitorata nell’85 per cento dei partecipanti appartenenti al primo gruppo, e nel 61 per cento dei partecipanti appartenenti al secondo gruppo.
Fonte: “Journal of the American Medical Association” (JAMA) – Marzo 2008
Nota bene NdR: Tutti i “miracoli” attribuiti dai religiosi ai santi, madonne, dio, cristo ecc, sono gli effetti del Placebo !
vedi: chi è Dio dov’è e cosa è ? + Autoguarigione
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
La SOMMINISTRAZIONE di un “placebo” al posto di un farmaco è entrata nella pratica clinica.
Lo ha accertato una ricerca, la prima di questo genere, condotta da Rachel Sherman della Pritzker School of Medicine dell’università di Chicago e da John Hickner, professore di medicina della famiglia del Chicago Medical Center della stessa università. La ricerca è pubblicata sull’ultimo numero del Journal of General Internal Medicine.
L’indagine si è basata su un questionario mandato a 466 medici internisti che lavorano alle università di Chicago, dell’Illinois e alla Northwestern. Hanno rimandato il questionario completo e valido per la raccolta dei dati la metà dei medici.
La somministrazione di un placebo (una pillola, una iniezione o uno sciroppo non contenenti alcun principio farmacologico, n.d.r.) è stata giudicata una pratica medica “da proibire assolutamente” solo dal 12 per cento degli internisti.
Tutti gli altri invece hanno dichiarato di usarlo nella pratica clinica. Tra questi, solo il 4 per cento informa il paziente che gli sta precrivendo un placebo. Nella maggior parte dei casi (34%) invece viene presentato al paziente come “una sostanza che la potrebbe aiutare, ma sicuramente priva di effetti collaterali”.
Il 19 per cento invece presenta il preparato come “una medicina”, il 9 per cento “una medicina senza effetti particolari” mentre il 33 per cento dice, di fatto, la verità presentando il placebo come “qualcosa che sicuramente le darà dei benefici anche se non sappiamo come e perché funziona”.
Gli autori dell’indagine ricordano che nella letteratura bioetica la somministrazione di placebo nella pratica clinica di tutti i giorni e non solo nella ricerca farmacologica è molto controversa.
Alcuni esperti sottolineano il contrasto col diritto del paziente ad esprimere il consenso informato da parte del paziente, visto che nella maggior parte dei casi non viene dichiarato esplicitamente che si tratta di un placebo. D’altra parte, il placebo è in grado di mettere in moto quei meccanismi psicologici che alla fine determinano dei benefici concreti proprio grazie al fatto che viene ritenuto un farmaco a tutti gli effetti da parte di chi lo prende.
Altri bioetici invece fanno notare che l’effetto placebo è presente in numerosi altri contesti terapeutici dove è difficilmente distinguibile dall’effetto farmacologico. Come il rapporto che il medico riesce a stabilire col paziente e il modo in cui propone e descrive il farmaco prescritto.
By Marco A.
Domanda importante
E’ giusto che un medico inganni il paziente, anche se a fin di bene ?
La questione interpella gli eticisti, soprattutto dopo i risultati di una ricerca condotta dall’Istituto statunitense di Sanità (NIH) e pubblicato dal British Medical Journal. Esso indica che la metà dei medici intervistati prescrive regolarmente -e scientemente- dei farmaci placebo. Magari non medicine totalmente prive di principio attivo, ma, per esempio, vitamine, sedativi, magnesio, pasticche contro l’emicrania, tutte senza nessun rapporto diretto con la patologia del paziente.
Altri studi, realizzati in Danimarca, Israele, Gran Bretagna e Svezia, confermano questa tendenza. I medici generici giustificano la strategia sia con l’efficacia dimostrata dal trattamento placebo, sia con il numero elevato di “malati immaginari”, che vanno dal medico per problemi di depressione o disturbi chiaramente psicosomatici. Difficile dargli torto.
Esperimenti rigorosi hanno mostrato che i placebo hanno un effetto benefico nel 30%-40% dei casi di persone depresse, una quota molto più alta di quanto si ottenga di solito con gli antidepressivi.
Vedi: Psicofarmaci
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Effetto placebo: non solo cervello – Sulla rivista “Neuron”
Una ricerca dimostra che nel controllo del dolore l’effetto placebo mobilita alcune vie di trasmissione dei segnali presenti nel tronco cerebrale ed evolutivamente molto antiche.
L’effetto placebo mobilita delle vie di controllo del dolore presenti nel tronco cerebrale ed evolutivamente molto antiche.
Lo afferma una ricerca condotta presso la Clinica universitaria di Hamburg-Eppendorf e pubblicata sull’ultimo numero della rivista “Neuron”. Lo studio fornisce nuove prospettive sui meccanismi grazie ai quali la semplice aspettativa di un trattamento può agire da efficace analgesico.
Per spiegare l’effetto placebo è stata invocata l’azione degli oppioidi endogeni (encefaline, endorfine e dinorfine), che vengono naturalmente prodotti dal cervello in piccole quantità e che hanno un ruolo chiave nell’alleviamento del dolore e dell’ansia.
Studi di brain imaging hanno mostrato che l’analgesia da placebo stimola la produzione di questi oppioidi da parte delle regioni cerebrali superiori associate alla modulazione del dolore ed è correlata a una diminuzione dei segnali provenienti dalle aree sensibili al dolore. Tuttavia, l’ipotesi non era mai stata verificata sperimentalmente, spiega Falk Eippert, che ha diretto la ricerca.
Eippert e colleghi hanno sfruttato sofisticate tecniche di visualizzazione cerebrale per esaminare sia le risposte corticali superiori, sia quelle del tronco cerebrale in due gruppi di soggetti: uno che aveva ricevuto del naloxone, un farmaco che blocca i segnali degli oppioidi, e un gruppo con uno stato degli oppioidi normali. In entrambi i gruppi l’aspettativa della diminuzione del dolore è stata quindi indotta secondo un canonico protocollo per i placebo.
I ricercatori hanno riscontrato da un lato la diminuzione delle risposte cerebrali correlate al dolore indotte dall’effetto placebo, e dall’altro che il naloxone riduceva gli effetti comportamentali del placebo.
Ma, cosa più importante, hanno anche osservato che sotto l’effetto del placebo, le aree corticali interagiscono con strutture del tronco cerebrale implicate nel controllo del dolore e che questa interazione era dipendente dagli oppoidi endogeni e correlata all’intensità dell’effetto placebo sperimentato.
“Sarebbe interessante vedere se l’attivazione dipendente dagli oppioidi del sistema di controllo discendente del dolore è una caratteristica comune di differenti forme di modulazione del dolore, come l’ipnosi e la distrazione attenzionale, che condividono alcune caratteristiche neuroanatomiche”, ha concluso Eippert.
Tratto da lescienze.espresso.it
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Svelato il segreto dell’effetto placebo – Roma, Ago. 2009
Non è tutta una questione “di testa”. Se una pillola di zucchero presentata come un potente farmaco riesce a spegnere il dolore, questo accade perché entrano in ballo una serie di complessi e antichissimi meccanismi neurali.
A svelare il segreto dell’effetto placebo contro il dolore è uno studio condotto dai ricercatori del Centro medico universitario di Hamburg-Eppendorf (Germania), pubblicato su “Neuron”.
L’equipe ha scoperto che, quando si tratta di controllare la sofferenza, l’effetto placebo coinvolge una rete di reazioni a catena, che hanno luogo nella parte del cervello collegata più strettamente al midollo spinale. Lo studio fornisce un’affascinante visione di come e perché molto spesso basta aspettarsi che una cura sia in grado di ridurre il dolore, per vederla agire davvero come un analgesico efficace.
Finora si credeva che il misterioso effetto fosse tutto nella mente del paziente, convinto di prendere una medicina potentissima. Gli oppioidi endogeni, naturalmente prodotti dal cervello in piccole quantità (e che giocano un ruolo chiave nell’alleviare dolore e ansia), sono stati tirati in ballo spesso per spiegare l’effetto analgesico da placebo.
Si ipotizzava che le medicine “fasulle” ritenute efficaci «stimolassero il rilascio di oppioidi endogeni e attivassero allo stesso tempo un meccanismo che inibisce l’elaborazione del dolore nel midollo spinale, riducendo le risposte correlate nel cervello, e dunque la sensazione dolorosa», spiega Falk Eippert, primo autore dello studio.
Ma si tratta di una teoria finora non dimostrata. Il team tedesco si è servito di sofisticate tecniche di scanner per esaminare la risposta corticale e cerebrale al dolore in due gruppi di persone sotto placebo, tutte convinte di assumere un potente medicinale antidolorifico. Solo una parte era stata trattata con un farmaco chiamato naloxone (che blocca il canale degli oppiodi).
I ricercatori hanno visto che il naloxone riduceva l’effetto del placebo e anche le risposte cerebrali collegate. Non solo. I ricercatori sono riusciti a fotografare le interazioni delle strutture cerebrali coinvolte nel controllo del dolore legato al placebo. Meccanismi che sono risultati strettamente dipendenti dagli oppioidi endogeni e collegati a doppio filo con la forza dell’effetto placebo sperimentato da ciascun soggetto.
Insomma, quando si assume un placebo entrano in campo una serie di meccanismi complessi, che modulano la reazione al dolore.
Tratto da lastampa.it
Commento NdR: come volevasi dimostrare, la mente utilizza il cervello come suo muscolo per ottenere dei risultati efficaci per l’organismo nel quale risiede.
Questo studio rivela inoltre che i farmaci utilizzati inibiscono le capacita’ della mente e le grandi ed efficaci possibilita’ di reazione naturale dell’essere-organismo per mezzo della biochimica cerebrale.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
NOCEBO: il fratello cattivo del placebo – 05.10.2012
Con le loro parole i medici sono in grado di aiutare il malato a guarire e ad alleviare il suo dolore, ma possono anche aumentarne l’intensità e ferire. In un lavoro di revisione alcuni medici hanno esaminato quali sono le frasi che possono confondere i pazienti e nuocere loro.
Il rovescio della medaglia dell’effetto placebo (placebo significa in latino, “Io piacerò”), il fenomeno nocebo (latino nocebo “Io nuocerò”) solo in tempi recenti ha focalizzato l’attenzione della scienza di base e della medicina clinica.
Una ricerca nella banca dati PubMed, effettuata il 4 Settembre 2012 ha prodotto solo 178 risultati su “nocebo”, contro i 157.120 facenti riferimento a “placebo”. Per il suo articolo sui meccanismi neurobiologici dell’effetto nocebo, i medici Winfried Häuser, Emil Hansen (Clinica universitaria di Regensburg) e Paul Enck (Clinica universitaria di Tübingen) hanno effettuato una ricerca su PubMed utilizzando le parole chiave “nocebo” o “effetto nocebo” in lavori che sono stati pubblicati tra il 1960 e dicembre 2011.
Definizione e ricerca sperimentale sul nocebo
Il termine “nocebo” veniva originariamente utilizzato per designare la controparte negativa dell’effetto placebo e differenziare gli effetti indesiderati da quelli desiderati del placebo (trattamento fittizio). Entrambi i termini oggi sono utilizzati in un senso più ampio: gli effetti non specifici di un trattamento medico sono indicati come effetto placebo, se sono utili, e come effetto nocebo se sono dannosi. Con “effetto nocebo” ci si riferisce a quei sintomi ed a quelle riacutizzazioni dei sintomi che si verificano a seguito di un trattamento fittizio e/o di suggestioni deliberate o involontarie e/o aspettative negative.
Anche gli stessi medici, spesso, ne sono responsabili: spiega il professor Paul Enck, esperto di psicosomatica, alla rivista “Bild der Wissenschaft” criticando i medici che emettono “sospetti diagnostici con leggerezza”. “Per risposta nocebo” si intendono quei disturbi indotti dalle aspettative negative del paziente e/o dalle suggestioni(involontariamente negative) del medico curante e non attribuibili ad uno (pseudo-) trattamento. Dagli studi esaminati si evince che le risposte nocebo possono essere indotte da ogni tipo di informazione acquisita. Al contrario si deve presumere che quando tali reazioni si verificano nella prassi clinica sono frutto d’ informazioni o di aspettative che il paziente ha ricevuto ed avuto modo di sviluppare in precedenza.
Trovare le parole giuste
La comunicazione medica e le aspettative terapeutiche del paziente possono influenzare significativamente, sia in modo positivo che negativo, il trattamento medico. “In medicina si parte dal presupposto che la paura e il dolore sono meno intensi se una manipolazione dolorosa viene comunicata in anticipo e se ci si mostra compassionevoli quando il paziente dice di provare dolore”, afferma Winfried Häuser della Clinica di Saarbrücken e della Clinica per la medicina psicosomatica e psicoterapia, dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera. Uno studio sulle punzioni ha però dimostrato che nei pazienti la paura e il dolore aumentavano se, descrivendo la procedura, venivano utilizzate parole negative come “bruciare”, “pungere”, “fare male”, “grave” o “doloroso”.
In un’altro studio, effettuato su donne in gravidanza, l’anestesia locale veniva comunicata ad un primo gruppo di gestanti con le seguenti parole: “Adesso le faremo un’anestesia locale che renderà insensibile la zona dove eseguiremo l’anestesia epidurale spinale in modo che le risulti gradevole”. Al secondo gruppo venivano dette le seguenti parole: “ora sentirà una puntura ed una sensazione di bruciore sulla schiena, come se venisse punta da un’ape, e questa è la parte peggiore di tutta la procedura”.
La sensazione di dolore era significativamente maggiore nelle donne del secondo gruppo (mediana dell’intensità del dolore di 5 contro 3 su una scala di 11 punti). “Le informazioni riguardo alle possibili complicanze della terapia e le aspettative negative dei pazienti fanno aumentare l’incidenza degli effetti collaterali” sottolinea Häuser.
I medici si trovano di fronte ad un dilemma etico: da un lato sono obbligati ad informare il paziente riguardo al trattamento ed i possibili effetti collaterali ad esso correlati, dall’altro il medico deve anche minimizzare i rischi della procedura per il paziente, compresi quelli che una spiegazione esaustiva comporta.
Gli studi sopra citati dimostrano però che le suggestioni negative derivanti da un colloquio informativo possono indurre una risposta nocebo. Soprattutto in situazioni pericolose in cui la sopravvivenza è a rischio, come un intervento chirurgico, o una malattia grave acuta o un incidente, i pazienti sono particolarmente recettivi ed hanno un rischio maggiore di incorrere in questo effetto.
Strategie per risolvere il dilemma
Per risolvere questo dilemma l’equipe del Prof. Winfried Häuser consiglia le seguenti strategie:
Dare spiegazioni in modo che vengano ben recepite dal paziente: le informazioni relative alla frequenza dei possibili effetti indesiderati possono essere formulate in modo positivo (“La maggior parte dei pazienti tollerano la terapia molto bene”) o negativo (“il 5% dei pazienti riferisce […] effetti collaterali”). Uno studio sulle strategie d’informazione per la vaccinazione antiinfluenzale dimostra che le persone vaccinate presentano meno effetti collaterali dopo la vaccinazione se nel colloquio preliminare viene comunicato il numero delle persone che tollerano bene il vaccino, piuttosto che quello delle persone in cui si verificano effetti collaterali.
Servirsi del così detto “permesso di tacere”: prima di prescrivere un farmaco si chiede al paziente se questi acconsente a non essere messo a conoscenza degli effetti collaterali minori e/o passeggeri. Gli effetti secondari gravi e/o irreversibili gli verranno in ogni caso comunicati.
Educazione del paziente:
una revisione sistematica (4 studi, 400 pazienti) ha dimostrato che con la frequentazione di corsi di informazione per pazienti affetti da dolore cronico effettuati da un farmacista – in cui si forniscono al paziente, per esempio, informazioni generali sulla terapia del dolore basata o meno su farmaci – la quota degli effetti indesiderati dovuti a farmaci è passata da 4,6 a 1,6.
I corsi di comunicazione (comuncation training) con attori-pazienti o giochi di ruolo effettuati durante lo studio della professione medica conferiscono la capacità di utilizzare la forza delle parole in modo mirato ed utile per il paziente. “La capacità di trasmettere suggestioni positive e di evitare quelle negative, devono essere parte integrante della formazione di assistenza al paziente”, raccomanda Häusler.
Effetto nocebo nei Farmaci
L‘effetto nocebo relativo all’uso di farmaci e la comparsa di effetti collaterali è ampiamente diffuso. Ad alcuni pazienti volontari, prima della somministrazione del farmaco, venivano comunicati i possibili effetti collaterali e molti di essi sviluppavano i sintomi di tali effetti anche quando avevano ricevuto soltanto una preparazione a base di zucchero, priva di principi attivi. Secondo le stime degli esperti i costi dell’effetto nocebo per i farmaci ammonterebbero, nella sola Germania, a due o tre miliardi di dollari all’anno.
Suggestioni negative involontarie nella prassi clinica
I seguenti esempi sul tema: “Quello che i medici non dovrebbero di dire”, sono stati raccolti da Hausler e dai suoi colleghi durante un congresso medico:
Frasi che generano insicurezza:
“Forse questo farmaco la aiuterà.”
“Stavolta proveremo questo farmaco.”
“Provi a prendere regolarmente le medicine.”
Gergo ospedaliero:
“Adesso l‘attacchiamo.” (Collegare il paziente ad un monitor di controllo)
“Poi la taglieremo in tante fettine sottili.” (risonanza magnetica)
“Ora le mettiamo un naso artificiale.” (respirazione assistita con maschera)
“Abbiamo verificato la presenza di metastasi –il referto è negativo.”
Doppi sensi:
“Ora la sistemiamo noi.” (preparazione all’intervento chirurgico)
“Adesso la facciamo dormire e non si sveglierà.” (Anestesia)
“Un’attimo che prendo ancora qualcosa dall’armadietto dei narcotici (anestetici), e poi possiamo cominciare.”
Suggestioni negative:
“Lei è un soggetto a rischio.”
“Questo è sempre dolorosissimo.”
“Lei non deve mai più sollevare dei pesi, ci mancherebbe solo che si ritrovasse paralizzato.”
“Il canale del midollo spinale si è ristretto. Il midollo spinale sta venendo spiaccicato.”
Focalizzare l‘attenzione:
“Ha la nausea ?” (sala di risveglio postoperatoria)
“Si muova un po’se le fa male.” (sala i risveglio postoperatoria)
Inutilità di negare o minimizzare:
“Non deve avere paura.”
“Ora sanguinerà un pò.”
By Mag. Michael Strausz
Se vuoi conoscere il tuo stato di Benessere e migliorarlo con queste speciali apparecchiature modernissime, che neppure gli ospedali hanno, prenota via mail la consulenza QUI. Esso permette anche di analizzare qualsiasi prodotto esistente e la sua compatibilità o meno, con il soggetto analizzato….
vedi anche: Medicina Quantistica
Quindi se volete fare un Test di Bioelettronica (test di controllo del livello di Salute, benessere)….
– scrivete QUI: info@mednat.news