DNA, Amminoacidi, Cromosomi, Geni (descrizione sintetica)
Gli Amminoacidi, sono composti organici che contengono la funzione acida e quella amminica, essi costituiscono un importantissimo gruppo di sostanze in biologia, perché entrano a formare le molecole dei protidi; molti di essi si ottengono per scissione biochimica dei protidi.
Essi sono degli acidi organici in cui uno o più atomi di idrogeno sono stati sostituiti da uno o più gruppi di amminici primari o secondari; essi rivestono una grande importanza nella costituzione biochimica dei tessuti dell’organismo umano ed animale e di conseguenza nella alimentazione, che DEVE fornire tutte le sostanze necessarie (giusti fattori vitali Nutrizionali alle cellule) al nostro fabbisogno energetico, in quanto essi sono i mattoni dell’impalcatura delle complesse molecole delle proteine che rappresentano il materiale “plastico” di costruzione di cui sono formate le cellule viventi dei vari tessuti ed organi del corpo; fra di essi ve ne sono alcuni chiamati “essenziali” ed altri detti “secondari”.
Le proteine sono sostanze organiche di origine vegetale od animale contenenti sopra tutto i 4 elementi essenziali alla vita: Azoto, Idrogeno, Ossigeno, Carbonio; a questi si mescolano a seconda del tipo di proteina, i minerali; le proteine entrano nelle combinazioni enzimatiche, nell’architettura dei cromosomi del DNA e gli amminoacidi si combinano per fornire delle molecole proteiche particolari e complesse e dei peptidi.
Un esempio pratico: nei casi di “Piorrea”, forte infiammazione alle gengive, gli amminoacidi possono essere iniettati in loco e riordinare quel Terreno infiammato e quindi non perdere i denti. – vedi Disintossicazione
Ma molte altre sono le applicazioni pratiche di questi elementi vitali indispensabili agli organismi degli esseri viventi.
Tutti i viventi lasciano tracce di se stessi ovunque si recano:
https://vm.tiktok.com/ZNecbN9a7/
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La doppia elica del DNA vista per la prima volta al microscopio – 11 Dic. 2012
(I) Milano – È la prima «fotografia» dei filamenti del DNA: aperta la strada a studi sull’interazione tra Dna e proteine, Rna (e’ solo una ipotesi) e altre biomolecole.
La tecnica messa a punto dai ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia (LIT) di Genova ha permesso di distendere i filamenti di Dna, senza danneggiarli, sopra una particolare superficie di silicio che ha fatto da supporto per “fotografare” la doppia elica così come non era mai stato possibile fare. E la rivista internazionale Nanoletters non si è lasciata sfuggire l’occasione di essere la prima pubblicazione a divulgare l’immagine e la ricerca sotto il titolo “Direct Imaging of DNA Fibers: The Visage of Double Helix”.
Nel Cuore della Cellula
I ricercatori italiani hanno così aperto la strada a uno studio diretto dell’interazione tra Dna e proteine, Rna (è solo una ipotesi) e altre biomolecole. In altre parole, poter “fotografare” tutto ciò che avviene nel microcosmo del cuore di una cellula. Svelando segreti finora ipotizzati o verificati tramite altre vie. Spesso virtuali. Nel 1953, quando la doppia elica fu scoperta, c’erano i raggi X.
Oggi si lavora con i fasci di elettroni, ma finora era complesso fissare l’immagine senza un metodo che avesse consentito lo srolotamento della doppia elica evitando che i filamenti di Dna venissero danneggiati. È riuscito ai dipartimenti di Nanostrutture e di Nanochimica dell’Lit, in collaborazione con l’università della Magna Grecia. Il regista dell’operazione è stato Enzo Di Fabrizio.
Lo studio diretto di singole molecole, o di piccoli quantitativi di molecole, è importante per comprendere a livello della nanoscala importanti meccanismi biologici. «La nostra ricerca muove dalla consapevolezza che per approfondire la conoscenza del funzionamento del Dna, è ormai necessario disporre di nuovi strumenti che ci permettano di svelarne in modo diretto la struttura e le funzioni, sia nella parte codificante che in quella non codificante», dice Di Fabrizio.
L’immagine
L’intero esperimento richiede una procedura molto complessa: racchiudere i filamenti di Dna in una goccia di soluzione; appoggiare la goccia sul dispositivo che, grazie a micro-colonne, la sosterrà nella sua forma lasciando intatto il filamento al suo interno; fare evaporare lentamente la soluzione e attivare il microscopio elettronico. In particolare, durante l’evaporazione si stendono i filamenti di Dna disponendoli sulle micro-colonne; al termine dell’evaporazione il Dna risulta quindi sospeso nel vuoto e pronto per essere irradiato dai fasci elettronici del microscopio.
Il risultato è stato ottenuto per filamenti costituiti da sei molecole avvolte attorno a una settima che funge da nucleo.
Nel prossimo futuro, lo sviluppo di rivelatori più sensibili di 10-100 volte gli attuali, consentirà di vedere singole e doppie eliche di Dna e di studiare direttamente sia i fenomeni epigenetici (il guscio che avvolge e con cui interagisce la doppia elica) sia le informazioni contenute nei filamenti che in apparenza non codificano nulla, sono “silenti”. Ma che forse hanno un ruolo importante.
By Mario Pappagallo – Tratto da: corriere.it
Oggi (2013) alcuni ricercatori affermano che vi sono vari tipi di RNA: mRNA, tRNA, gli rRNA, i snoRNA, gli snRNA e via dicendo… all’infinito, perché trattasi probabilmente di funzioni proprie del DNA, che questi esperti interpretano come altre “cose” e che rinominano con nuovi nomi….questo per essere “qualificati” dalla cosiddetta “comunità scientifica”, come ricercatori che hanno scoperto qualcosa di nuovo sul DNA; molti ricercatori affermano però che lo RNA è una invenzione e che trattasi di funzioni diverse dello stesso DNA….
Cosa sono i microRNA ?
Per comprendere l’importanza dei microRNA bisogna considerare che ogni cellula del nostro corpo contiene lo stesso patrimonio genetico. Tuttavia, le cellule muscolari e quelle nervose, ad esempio, svolgono funzioni molto diverse. Questo è possibile grazie alla regolazione genica che permette a ogni cellula di attivare solo i geni necessari per il suo funzionamento nel tessuto specifico. Qui entrano in gioco i microRNA.
Ambros e Ruvkun, studiando l’organismo modello Caenorhabditis elegans (un piccolo verme) negli anni Novanta, scoprirono un particolare tipo di Rna, il microRna, che non codifica per proteine ma agisce regolando la produzione di altre proteine a livello post-trascrizionale. La loro ricerca si concentrò su due geni, lin-4 e lin-14, osservando che il microRna prodotto da lin-4 bloccava la sintesi della proteina lin-14 legandosi al suo Rna messaggero (mRna). Questa scoperta ha aperto la strada a una nuova dimensione della biologia molecolare.
(A) C. elegans è un organismo modello utile per comprendere come si sviluppano i diversi tipi cellulari. (B) Ambros e Ruvkun hanno studiato i geni mutanti lin-4 e lin-14. Ambros aveva dimostrato che lin-4 sembrava agire come un regolatore negativo di lin-14. (C) Ambros scoprì che il gene lin-4 codificava per il microRna, che non era destinato alla produzione di proteine. Ruvkun clonò il gene lin-14 e i due scienziati si resero conto che la sequenza del microRna lin-4 era complementare a una sequenza nell’mRna di lin-14.
© The Nobel Committee for Physiology or Medicine. Ill. Mattias Karlén.
Qual è la loro utilità ?
All’inizio, la comunità scientifica accolse questa scoperta con scetticismo, ritenendola forse limitata a Caenorhabditis elegans.
Tuttavia, nel 2000, Ruvkun scoprì un secondo microRna, let-7, presente in numerose specie animali, inclusi gli esseri umani. Da quel momento, l’importanza dei microRna divenne innegabile.
Oggi sappiamo che il genoma umano contiene oltre mille microRna, e che questi piccoli regolatori sono cruciali per processi come lo sviluppo embrionale, la risposta immunitaria e la protezione contro infezioni.
Il costrutto di Rna di 33 nucleotidi che imita il complesso let-7 miRna con il 3’-UTR of the lin-41 mRna (LCS 2; fonte https://www.rcsb.org/structure/2jxv).
I microRna sono ora riconosciuti come regolatori chiave di reti complesse di geni. Un singolo microRna può influenzare più geni contemporaneamente, coordinando così interi programmi cellulari. Al contrario, un singolo gene può essere regolato da diversi microRna, permettendo un controllo fine delle attività cellulari. L’alterazione di questo meccanismo può portare a gravi malattie, come il cancro o disordini genetici.
La scoperta di Ambros e Ruvkun ci ha offerto un nuovo strumento per comprendere la vita a livello molecolare, e i microRna stanno emergendo come bersagli promettenti per nuove terapie. Questo Nobel celebra dunque una ricerca che non solo ha ampliato i confini della biologia, ma ha anche creato nuove prospettive per la medicina del futuro.
Commento NdR: questi biologi. come qualsiasi biologo di laboratorio di biologia, pare non tengano conto che qualsiasi cellula o molecola contengono degli atomi i quali hanno SEMPRE una propria Chiralità, cioè il senso di rotazione del vortice di spazio centromosso dalla propria singolarità, infatti è un microbuco nero,
di ciò che chiamiamo “atomo”, che in natura ha sempre un senso preciso e che è l’imprinting del perché si trova in quella posizione spaziale con quella forma, in quanto esse determinano le funzioni dell’atomo stesso all’interno della molecola attivando o meno nel collegamento atomico le informazioni che lo stesso atomo porta in se, perché collegato al Vuotoquantomeccanico (InFinito intelligente), per attuare le modifiche o la creazione dell’energia/materia con atomi che hanno SEMPRE una chiralità “OPPOSTA” a quella dello stesso atomo presente in natura.
Ricordiamo quindi che, tutta la chimica quando lavora per preparazioni di sintesi, crea molecole simili ma non identiche dello stesso atomo in natura. Ecco perché ad esempio nei farmaci, essi hanno tutti quanti controindicazioni ed effetti collaterali anche gravi !
Riferimenti bibliografici:
- Ambros, G. Ruvkun, “Recent Molecular Genetic Explorations of Caenorhabditis elegans MicroRnas”, Genetics, 209, 3, 2018, pp. 651-673.
- Cevec, C. Thibaudeau, J. Plavec, “Solution structure of a let-7 miRNA:lin-41 mRna complex from C. elegans”, Nucleic Acids Research, 36, 7, 2008, pp. 2330-2337.
Tratto da: saperescienza.it
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Bimbo salvato dagli aminoacidi
I genitori battono i medici: “Così abbiamo salvato nostro figlio”
Il ricorso agli aminoacidi ha salvato Rueben, 8 anni. I sanitari erano scettici, il padre e la madre hanno trovato la soluzione: un trattamento anticonvenzionale si è rivelato efficace a tal punto da spingere medici e ricercatori, inizialmente scettici e poi stupefatti, a studiarlo e a considerarlo come un serio rimedio contro un certo tipo di disturbi. Come l’Olio di Lorenzo: gli aminoacidi sono riusciti a curare Rueben, 8 anni, i sanitari erano scettici poi hanno ammesso l’effetto positivo degli integratori.
Londra, 11 Feb. 2009 – C’è già chi parla di un “miracolo”. E chi preferisce chiamarlo “amore materno e paterno”. In ogni caso l’ostinazione dei genitori, insieme al caso e a un pizzico di fortuna, hanno apparentemente salvato un bambino inglese da un male finora giudicato incurabile: una vicenda che ricorda un caso celebre, diventato un film di Hollywood, “L’olio di Lorenzo”, avvenuto alcuni anni or sono in America. In entrambe le situazioni, un trattamento anticonvenzionale si è rivelato efficace a tal punto da spingere medici e ricercatori, inizialmente scettici e poi stupefatti, a studiarlo e a considerarlo come un serio rimedio contro un certo tipo di disturbi.
La storia descritta ieri dal Daily Telagraph di Londra riguarda Reuben Grainger-Mead, un ragazzino di otto anni, che soffriva di un male semisconosciuto simile all’anemia di Diamond-Blackfan: problemi al midollo osseo, che portano ad avere un numero di globuli rossi troppo basso e a un sistema immunitario troppo debole. Il bambino, che vive a Gomersal, nello West Yorkshire, doveva ricevere una trasfusione di sangue al mese per sopravvivere, aveva gravi complicazioni al cuore, si affaticava soltanto a parlare e il suo sviluppo fisico si era fermato, lasciandolo indietro rispetto ai coetanei. L’unica speranza, secondo i sanitari, era un trapianto di midollo, intervento tuttavia delicato e carico di controindicazioni, tanto che i medici temevano che non lo avrebbe superato. Dopo anni di ricerche e dopo essersi rivolti a ogni genere di specialisti, Michelle e Peter Grainger-Mead, i suoi genitori, hanno tuttavia scoperto che il figlio non possedeva certi amminoacidi e certe proteine, e lo hanno sottoposto a un intenso trattamento a base di integratori. Con meraviglia dei medici, il numero di globuli rossi del piccolo Reuben è aumentato e il ragazzo ha ripreso a crescere in maniera normale.
“Siamo sbigottiti dal successo di questa cura”, ha raccontato la madre al quotidiano londinese, “visto che i medici continuavano a ripeterci che non c’era più nulla da fare”. E invece qualcosa da fare, evidentemente, c’era ancora. Il “miracolo di Reuben” ha spinto alcuni specialisti a lanciare uno studio approfondito per cercare di scoprire in che modo terapie simili possano rivelarsi utili anche in altri casi. “Reuben ha assunto amminoacidi nell’ambito di un trattamento di integratori e questo sembra avere un effetto positivo su di lui”, osserva il professor Jose Delafuente, un ematologo dell’Imperial College di Londra.
La vicenda ricorda da vicino quella dell’americano Lorenzo Odone, morto nel maggio 2008, all’età di trent’anni: i medici avevano previsto che sarebbe morto bambino, prima di compiere dieci anni, ma i genitori non si diedero per vinti e alla fine trovarono una singolare cura, un trattamento a base di olio di oliva e di colza, del quale ora viene riconosciuta l’efficacia contro la aldrenoleucodistrofia, la rara malattia neurologica di cui Lorenzo soffriva. La sua storia nel 1992 ispirò il film “L’olio di Lorenzo”, con Nick Nolte e Susan Sarandon, e nel ’96 una canzone di Phil Collins.
dal nostro corrispondente Enrico Franceschini – Tutti gli articoli di esteri
Tratto da: larepubblica.it
Ricordiamo anche che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo.
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Genetica:
Il DNA è un acido organico ad alto Peso Molecolare ed ad alta ripetitività che permette, tramite una sequenza variamente combinata di basi: adenina, guanina e timina, citosina, di immagazzinare la sequenza di aminoacidi di una proteina, ma è anche una antenna ricetrasmittente.
Il codice di lettura del DNA è composto da triplette di basi che corrispondono ad Aminoacidi, questo è il Codice Genetico.
La sequenza di basi che corrisponde alla proteina è una ORF.
Nel Genoma sono presenti diversi geni che codificano per diverse proteine.
Nel Genoma umano sono presenti circa 30.000 geni che codificano le proteine dell’organismo uomo. Nelle varie specie di animali variano la quantità e la tipologia.
Il Genoma dell’uomo è organizzato in 46 cromosomi = 23 coppie di cromosomi presenti nel nucleo di ciascuna cellula. I cromosomi sono spesso presenti in coppie, 23 nella specie umana, di cui 22 coppie sono cromosomi omologhi (cioè simili) detti autosomi ed 1 coppia di cromosomi diversi che sono i cromosomi sessuali.
Se si sostituisce un cromosoma di scimmia ad una cellula umana non si ottiene NULLA.
Nell’ambito del 1000 Genomes Project – 28.000 varianti genomiche dietro le patologie umane
La conoscenza dell’esatta sequenza genetica delle varianti potrebbe consentire di spiegare l’insoergenza di patologie in giovane età
Sono 28.000 le varianti strutturali – ampie porzioni del genoma umano che differiscono da individuo a individuo – individuate grazie a una dettagliata analisi del DNA di 185 soggetti svoltasi nell’ambito del 1000 Genomes Project dai ricercatori dello European Molecular Biology Laboratory (EMBL) di Heidelberg, in Germania, in collaborazione con il Wellcome Trust Sanger Institute di Cambridge, con la Università di Washington e la Harvard Medical School.
Lo studio, i cui risultati sono ora pubblicati sulla rivista Nature, potrebbe aiutare a capire per quale motivo alcune parti del genoma umano cambiano più di altre.
Nel corso della ricerca sono state individuate oltre un migliaio di varianti strutturali che interrompono la sequenza codificante di uno o più geni. Si ritiene che tali mutazioni possano essere collegate all’insorgenza di alcune patologie e che di conseguenza conoscere l’esatta sequenza genica di tali variazioni possa essere utile a restringere il campo alla ricerca di quelle effettivamente dannose.
“La conoscenza dell’esatta sequenza genetica delle varianti potrebbe per esempio consentire di spiegare perché alcune persone vengano colpite da patologie anche in giovane età mentre altre si mantengono in salute fino alle vecchiaia”, ha spiegato Jan Korbel, che ha guidato la ricerca.
Questo catalogo senza precedenti delle varianti su larga scala getta anche luce sul perché alcune parti del genoma mutino più frequentemente di altre. Si è scoperto infatti che le delezioni, in cui il materiale genetico è mancante, e le inserzioni, in cui le sequenze di coppie di basi sono in sovrappiù, tendono a presentarsi in loci differenti del genoma e in seguito a diversi processi molecolari.
Per esempio le delezioni su larga scala avvengono con maggiore frequenza in regioni in cui il DNA si “rompe” e deve essere “ricucito”: nel processo vanno perduti pezzi di materiale genetico.
“Abbiamo individuato 51 ‘punti caldi’ in cui alcune varianti come le ampie delezioni sembrano avvenire con particolare frequenza”, ha aggiunto Korbel. “Sei di questi sono regioni note per essere correlate alla sindrome di Miller-Dieker, una patologia cerebrale congenita che può causare la morte infantile”.
Precedenti ricerche avevano collegato le varianti – note anche come variazioni nel numero di copie – a molti disturbi e patologie genetici, come il daltonismo, la shizofrenia e alcune forme di tumore. Tuttavia, a causa delle loro ampie dimensioni e della complessa sequenza di geni, le varianti erano difficili da identificare. Tali difficoltà sono state superate grazie a nuovi approcci computazionali che hanno permesso di individuare le esatte posizioni delle variazioni su scala più ampia. (fc)
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica.it
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Mappe genetiche: Big Farma fa ricerca. A spese vostre...
La grande promessa della ricerca sul DNA e sulle cellule staminali – come ci ripetono continuamente i Veronesi e i radicali – è che si possa arrivare alla «medicina su misura» individuale. Non ci siamo ancora. Ma molto, molto presto, ci promettono, basterà farsi mappare il proprio DNA per scoprire, prevenire, e curare le malattie che vi colpiranno sicuramente in base al vostro personale profilo genetico. Vi costruiranno i farmaci su misura, arriva la medicina personalizzata, è la soluzione di malattie incurabili, eccetera, eccetera.
Ciò che non vi dicono, è che il 98% delle patologie e cause di morte non dipende dai vostri geni, ma dai vostri comportamenti, dalla vostra condizione economica e sociale e dall’ambiente (microbi, inquinamento, clima). Il vostro medico potrà prevedere i vostri disturbi se gli dite che fumate 40 sigarette al giorno, o bevete un litro di vino, meglio che la mappa scientifica del vostro DNA. Proprio perchè le malattie sono per lo più ambientali, sociali e comportamentali, la prevenzione è possibile.
La mappa serve solo in alcune, rarissime malattie dette «monogenetiche», quelle in cui una singola variazione genetica porta necessariamente ad una specifica patologia. E in questo caso, farvi mappare il DNA non serve: la patologia si mostra da sè, conclamata, come il mongolismo.
E invece, con enorme grancassa pubblicitaria, sta crescendo in USA un nuovo mercato: centinaia di ditte di bio-ingegneria offrono «direttamente al consumatore» kit per test genetici a pagamento che vi promettono di dirvi tutto – o qualcosa – sulla vostra salute.
Per esempio, la Consumer Genetics vi offre una mappatura semplice che vi dirà in quanto tempo metabolizzate la caffeina. Utilissimo, se già non l’avete scoperto da un’insonnia alle 3 del mattino per aver ceduto a un espresso dopo-cena.
La GeneLink vi offre di mappare il vostro DNA a pagamento per scoprire «la varianza di geni responsabili delle rughe e dell’invecchiamento della pelle»; essenziale se il test davanti allo specchio, poco tecnologico, non vi ha già informato.
La GeneLink vi offre anche, dopo, specifici cosmetici tagliati sulla vostra misura – così sostiene almeno – per un ridicolo migliaio di dollari.
NicoTest è un’altra offerta speciale: una goccia del vostro sangue vi dirà quanto siete dipendenti dal fumo (il vostro tabaccaio lo sa già, e anche la vostra bronchite). Salugen Inc promette la mappa genetica dei geni che sono colpevoli dei «disordini nutrizionali», e vi vende poi un prodotto-miracolo per la perdita di peso, battezzato GenoTrim. La Cygene Direct vi offre la possibilità di sapere il vostro potenziale atletico, che avete iscritto nei geni – e forse già nei muscoli doloranti dopo la partitella «scapoli contro ammogliati».
Come si vede, l’altissima ricerca medico-scientifica che promette (domani, molto presto) di consegnarvi il segreto della salute immacolata e della longevità quasi eterna, tende per ora a quello che alcuni scienziati hanno chiamato «Genomica Ricreativa»: che non serve a niente, ma è divertente.
La IBM insieme al National Geographic offre di mapparvi il DNA, onde possiate sapere – pagando dollari 99,95 – dove abitavano i vostri antenati 40 mila anni orsono. Un’altra ditta fa il suo marketing per i negri: per 349 dollari, promette di metterli a conoscenza della loro «african ancestry».
Costa alquanto di più il test fai-da-te offerto dalla ScientificMatch.com (lo comprate su internet): dollari 1.995; ma per una mappatura ripetibile a vita, e poi chi non spenderebbe per una vita sessuale felice? La ditta infatti comparerà la vostra mappa genetica con quella del vostro partner del momento, e vi dirà se la coppia «funziona»; inoltre, scannerizzando dei geni responsabili dell’immunità, vi dirà se avrete figli, sani con forte sistema immunitario. Naturalmente non dovete chiedervi come mai, se il partner è geneticamente «giusto», vi fanno pagare per una vita?
Oggi i partner, anche «giusti», si cambiano spesso: malattia socio-ambientale-comportamentale del mondo post-moderno, su cui la genetica può far poco.
I prezzi di questi kit variano da 99,95 ai 2.500, con una media di 600 dollari. Ma c’è gente che spende di più per un telefonino.
E infatti, nella pubblicità, la mappatura del vostro personalissimo DNA è magnificata come qualcosa «che dovete essere i primi ad avere», l’ultima moda del consumismo scientifico per chi ha già tutto. E questo I-Pod biologico avanzato viene presentato – secondo uno scientismo riduzionista fra i più rozzi – come la mappa certa del destino, il vostro oroscopo «vero», che vi determina necessariamente.
Uno degli slogan proclama: «I miei geni. La mia salute. La mia vita. La mia guida». Basta con lo psicanalista, la cartomante, o men che meno il confessore: adesso «la mia guida» è il laboratorio determinista Genentech.
La cosa si sta diffondendo tanto che il professor Richard Lifton, presidente del dipartimento di genetica a Yale, si allarma: «Entro vent’anni ognuno avrà la sua mappa del DNA personale, da cui apprenderà che ha il 5% di rischio di sviluppare dieci malattie, e il 2% di sviluparne altre venti. Tutto questo non migliorerà la salute, ma aumenterà i malati immaginari e le nevrosi».
Il che è un altro modo per dire che la relazione tra la sanità e i geni è così vaga o ancora poco conosciuta, che la mappatura del DNA significa, per l’uomo della strada, pressochè nulla. Ma significa qualcosa per le aziende che propongono i kit.
Lo ha scoperto il gruppo canadese ETC (Action Group on Erosion, Technology and Concentration), fatto di scienziati che sorvegliano volontariamente le novità scientifiche potenzialmente pericolose (1). Ora che la prima fase degli studi sulla «variazioni genetiche» è quasi completata nel gran mondo degli specialisti, le ditte sono passate alla fase ulteriore: associare determinati profili genetici (genotipi) con determinati «profili sanitari» (fenotipi clinici), sperando di scoprire la relazione – che evidentemente continua a sfuggire – fra caratteristiche di un DNA e certe patologie da, eventualmente, prevenire o almeno scoprire in fase precoce. Per poi brevettare il tutto, naturalmente.
Per questo, le ditte hanno bisogno di raccogliere i dati di centinaia di migliaia di persone in carne ed ossa, con la loro storia clinica: proprio perchè una singola mappa genetica dice poco o nulla di significativo, hanno bisogno di milioni di mappe, per elaborarle statisticamente e vedere se ne risulta una «tendenza». Uno screening di massa di tali proporzioni costerebbe un occhio della testa.
A volerla fare in modo veramente scientifico, la sequenza genetica completa di una persona costa sui 350 mila dollari (tanto chiede la Knome, una ditta «for-profit» creata congiuntamente da Harvard e dal MIT); e anche più costose sono le difficoltà giuridiche e politiche di una simile impresa, che dovrebbe garantire a milioni una «privacy» sui propri dati, ben lungi dall’essere garantita in ogni caso.
Così, le aziende hanno ripiegato su esami più semplici e sommari, che identificano solo alcune varianti genetiche di ciascuno; e per scaricarsi anche da questa spesa, li hanno messi in commercio. Invece di pagare le loro cavie umane perchè si sottopongano ai test, stanno ottenendo che siano le cavie a chiedere e pagare volontariamente il grande esperimento clinico in corso, e a dare il loro consenso dis-informato al «trattamento dei dati». L’operazione di marketing che ha imposto la moda della mappa genetica dev’essere costata un po’, ma si ripaga da sè e con profitto.
Secondo ETC, se tutti coloro che nel mondo hanno un telefonino ultimo modello si facessero fare la mappa DNA, il «mercato» globale per questo genere di «prodotto» sarebbe di 730 milioni di dollari; e sta crescendo del 20% l’anno. Presto arriverà anche in Italia.
Non è bellissimo ? Corriamo a comprare il kit prima che se lo procuri il collega: siamo uomini o consumatori ? Cavie, ma lo sapevamo già.
By Maurizio Blondet – 16 Giu. 2008 – Tratto da: effedieffe.com
Prelievo del DNA
1) «Direct-to-Consumer DNA Testing and the Myth of Personalized Medicine: Spit Kits, SNP Chips and Human Genomics», ETC Group, 3 marzo 2008. La maggior parte dei kit in commercio richiede un po’ di saliva del cliente o della cavia, da cui il titolo «psit kits» (kits dello sputo), per mezzo di un “tampone”.
L’ETC ironizza sulle «grandi aspettative» (great expectations) relative alla medicina genetica, che si traducono per ora in «great expectorations».
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CHIMERISMO: sm. (da chimera, con rif. al polimorfismo del mitico mostro).
In genetica, fenomeno per cui in uno stesso individuo si ha la presenza di cellule derivate anche da un altro individuo. Il caso più noto di chimerismo è quello dei gruppi sanguigni per cui in un individuo che sia gemello dizigotico è possibile trovare cellule del sangue che appartengono alla linea ematopoietica del co-gemello.
Ciò è dovuto al fatto che durante la gestazione si verificano degli scambi vascolari tra i gemelli dizigotici ed è quindi possibile una specie di “colonizzazione” crociata da parte di cellule ematiche primordiali dei due co-gemelli.
Il chimerismo non va confuso con il fenomeno del mosaicismo, dove pure si ha la contemporanea presenza di cellule con diverso patrimonio genetico (DNA), ma tutte derivate dallo stesso zigote.
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FOTOGRAFATE le MOLECOLE – Vedere l’invisibile, ecco una molecola – 14 Settembre 2012
Somiglia a un nido d’ape visto con una lente di ingrandimento. In realtà in questo caso la lente, o meglio l’occhio, è la punta nanoscopica di un microscopio a forza atomica, e il nido d’ape è una molecola di nanografene. In questo modo gli scienziati guidati da Leo Gross dell’Ibm Research – Zurich, sono riusciti a vedere l’invisibile: i singoli legami chimici che tengono insieme gli atomi, apprezzandone le differenze di forza e lunghezza. Un traguardo, come spiegano i ricercatori su Science, che potrebbe avere ripercussioni importanti nel campo delle nanotecnologie.
Per osservare le molecole e i loro legami, gli scienziati le hanno prima fatte assorbire su una superficie di rame, e successivamente le hanno analizzate attraverso il microscopio a forza atomica (Afm). Semplificando, l’immagine del campione in esame viene ricostruita a partire dalle interazioni che avvengono tra il campione stesso e la punta della leva (che ha un raggio di curvatura di pochi nanometri) di cui è dotato il microscopio che sonda il materiale. Senza toccarlo. Infatti, le forze rivelate dalla sonda a distanze nanoscopiche forniscono informazioni preziose, grazie a cui è possibile tracciare una mappa dettagliata del campione esaminato.
E così ha fatto il team di Gross, mettendo sotto il microscopio molecole come fullereni e idrocarburi policiclici aromatici, dimostrando che oltre la lunghezza dei legami è possibile distinguere anche l’ordine di legame, ovvero la forza che tiene insieme gli atomi.
Tutto grazie a una piccola modifica della punta di metallo dell’Afm, ricoperta con una molecola di monossido di carbonio (CO).
In particolare gli scienziati hanno osservato come all’aumentare dell’ordine di legame aumentasse anche la repulsione di Pauli (una forza repulsiva a corto raggio), di fatto traducendosi in una maggiore brillantezza dell’immagine al microscopio.
Per quel che riguarda la lunghezza dei legami, invece, questa diminuisce all’aumentare dell’ordine di legame.
Oltre a permettere la caratterizzazione geometrica delle molecole, di studiarne la stabilità e la reattività, il traguardo raggiunto dai ricercatori capeggiati da Gross – commenta Ruben Perez della Universidad Autonoma de Madrid in una perspective sullo stesso numero di Science – ha anche altre applicazioni. Conoscere i dettagli riguardo la lughezza e la forza dei legami chimici è infatti fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie che vanno dall’ elettronica molecolare al fotovoltaico.
By Anna Lisa Bonfranceschi – Tratto da galileonet.it
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Il ritmo circadiano anomalo del cervello depresso – 14 maggio 2013
Dimostrato sperimentalmente per la prima volta nell’essere umano che anche i geni delle cellule cerebrali seguono specifici ritmi di attivazione circadiani. Nelle persone che soffrono di depressione, tuttavia, fra questi ritmi viene a mancare la corretta sincronizzazione, con uno sfasamento che ha un impatto significativo sulla regolazione di numerosi processi neurali, e quindi sui comportamenti
Nei pazienti affetti da depressione maggiore i cicli giornalieri di espressione genica nel cervello sono interrotti. A dimostrarlo è uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Michigan e dell’Università della California a Irvine, che firmano un articolo su “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Uno dei classici sintomi della depressione maggiore sono i disturbi del sonno, espressione della rottura dei ritmi circadiani, che si ritengono collegati ai cicli di espressione dei geni.
Finora, tuttavia, la ritmicità circadiana dell’espressione genica era stata però documentata solo nell’animale e, per quanto riguarda l’uomo, solamente in tessuti periferici e ma non nel cervello, poiché richiede il prelievo di tessuti per la valutazione del trascrittoma (ossia il complesso dei fattori di trascrizione relativo ai diversi geni).
Per il presente studio – che fornisce la descrizione più completa finora realizzata del trascrittoma cerebrale di una specie diurna, definendo circa 12.000 trascritti nella corteccia dorsolaterale prefrontale, corteccia cingolata anteriore, l’ippocampo, amigdala, nucleo accumbens, e nel cervelletto – sono stati prelevati post mortem campioni di tessuto cerebrale di 34 pazienti depressi e di 55 controlli non affetti da problemi psichiatrici o malattie neurologiche.
L’analisi dei dati ha permesso di dimostrare una fondamentale coerenza delle relazioni di fase nelle attivazioni geniche tra mammiferi, confermando gli schemi di attivazione ciclica della maggior parte dei geni circadiani noti.
In particolare, il modello di attivazione dei ritmi circadiani usato dai ricercatori ha permesso di risalire dal profilo di espressione dei geni all’ora del decesso dei 55 soggetti di controllo, confermata dalle cartelle cliniche. I profili dei soggetti depressi sono invece risultati sfasati di alcune ore, evidenziando alterazioni nella ritmicità circadiana in sei regioni.
Queste alterazioni possono interrompere le relazioni fra le fasi di attivazione tra i singoli geni circadiani e avere un impatto significativo sulla regolazione di numerosi processi neurali e quindi dei comportamenti, coerentemente con la vasta gamma di sintomi depressivi.
I ricercatori hanno utilizzato modelli di espressione genica per prevedere il momento della morte dei soggetti dello studio (cerchi interni), che hanno confrontarlo con l’ora del decesso registrata nelle cartelle cliniche (cerchi esterni).
I due momenti sono strettamente vicini nelle persone sane, come mostrano le brevi linee tra i due punti nel diagramma di sinistra.
Ma nelle persone depresse sono fuori sincrono, come si vede a destra. (immagine avuta per Cortesia da parte dell’Università del Michigan/PNAS)
In complesso, sono state identificate alcune centinaia di geni che mostravano un chiaro ritmo circadiano, alcuni noti, ma molti altri no, come per esempio il gene per il recettore per la lipoproteina a bassa densità e il gene INSIG1, noti per essere coinvolti nella sintesi dei lipidi e metabolismo, o ancora il gene per il recettore per l’ipocretina, HCRTR2, importante per la regolazione del sonno e della veglia.
La scoperta del ritmo circadiano di questi geni, osservano i ricercatori, apre le porte alla possibilità di identificare nuovi biomarcatori per la depressione, ossia molecole che segnalano il disturbo e che possono essere rilevate nel sangue, nella pelle o nei capelli.
Resta ora da capire perché l’orologio circadiano sia alterato nella depressione. “Abbiamo bisogno di imparare di più sulla natura dell’orologio stesso, e capire se, resettando l’orologio, sia possibile aiutare le persone a stare meglio”, ha detto note Huda Akil, uno degli autori dello studio.
Tratto da: lescienze.it