TRAUMI e FRATTURE – vedi: Diagnostica Naturale
Traumi: vi sono quelli Spirituali-Psicologici e quelli Fisiologici.
Spirituali-Psicologici: possono essere innumerevoli, ne citiamo solo alcuni, es. quelli subiti alla nascita, per quelli subiti nell’infanzia tipo stupri, Violenza, mancanza di alimentazione adatta, e poi vi sono quelli dovuti alle esperienze della vita:
vedi Stress + Conflitti Spirituali + Corpo di Dolore
Fisiologici: anche in questo caso possono essere moltissimi e derivanti da cause le piu’ disparate.
Violenze fisiche, Sport, Incidenti stradali, cadute, in casa, ecc. – Occhio ai passi falsi; circa un terzo degli infortuni è dovuto a cadute; cadere non é una bella cosa. Ma accade, di tanto in tanto; l’importante e’ saper cadere.
Fratture: Rottura di un osso, che spesso viene provocata da una caduta. Generalmente l’osso si rompe in senso trasversale, ma può succedere che avvenga una frattura anche longitudinale, in direzione obliqua o a spirale.
Ci sono vari tipi di fratture: chiuse e ed esposte. Nella prima ipotesi le estremità fratturate non lacerano la pelle e di solito viene danneggiata una quantità minima di tessuto, in quella esposta invece le estremità dell’osso lacerano anche la pelle.
Assumere silicio ed arnica, quando si rompono le ossa. vedi: http://www.alinet.it/andromeda/ComA04.pdf
vedi: TECNICHE per il mal di Schiena + Chiropratica + Infiammazioni + Dolori + Riposizionamento dell’asse Cranio-Atlante-Epistrofeo + Sistema Muscolare + DOLORI derivanti da infiammazioni e/o Traumi (senza ferite) + Asse inclinato + Medicina Alternativa + Malocclusioni dentali + DIGITOPRESSIONE + Decalogo della Vita Sana + Idro Colon Terapia + Acidosi=riordino del pH
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Un PALLONCINO RISOLVE le FRATTURE VERTEBRALI da TRAUMA
Il rimedio rapido e mini invasivo offerto dalla cifoplastica con palloncino, e dal nuovo cemento biologico con essa impiegato, potrebbe evitare ai pazienti di frattura vertebrale da trauma, in un numero elevato di casi, mesi di immobilità forzata a letto, inattività, busto o assunzione importante di farmaci.
La colonna vertebrale è formata da una pila di segmenti ossei, chiamati vertebre, articolati tra loro tramite una serie di dischi cartilaginei interposti. Sostegno del corpo e fondamentale “custodia” del midollo spinale, la ramificazione del sistema nervoso centrale passante al suo interno, la nostra colonna è spesso vittima di eventi traumatici di varia entità. La conseguenza che ne potrebbe derivare è una frattura vertebrale.
Contrariamente a quanto si pensi, circa nel 90% delle volte tale frattura non porta con sé alcun deficit neurologico, (ovvero una conseguenza per il per il midollo spinale), in quanto si tratta di fratture prevalentemente da schiacciamento del corpo vertebrale. Peraltro, sono fonte di intenso dolore, e si accompagnano ad una limitata funzionalità della colonna vertebrale, quindi vanno necessariamente trattati.
La cifoplastica con palloncino è una tecnica chirurgica messa a punto per risolvere gli inconvenienti determinati da una frattura da compressione del corpo vertebrale che, nel caso di un’origine traumatica del crollo, sono soprattutto costituiti da dolore intenso alla schiena e difficoltà motorie e posturali. Della durata inferiore a un’ora, l’intervento è eseguito in anestesia locale o generale, in base al quadro clinico del paziente trattato, e vede nel palloncino utilizzato per risollevare la vertebra fratturata la sua principale caratteristica. Inserito per via percutanea, sotto continuo controllo fluoroscopico da parte dello specialista, il palloncino è gonfiato in modo da riportare il corpo vertebrale collassato quanto più possibile vicino all’altezza originale.
Solo quando la vertebra è stata sollevata al meglio, si procede con l’inserimento di un innovativo cemento osseo, biologico e completamente riassorbibile, recentemente messo a punto proprio per i casi di frattura vertebrale di origine traumatica.
Dopo l’intervento, il paziente rimane in osservazione per qualche ora, ma vede risolti immediatamente i suoi sintomi dolorosi.
Una frattura vertebrale da trauma può essere curata altrimenti con trattamento conservativo (immobilità forzata a letto o busto) o chirurgico (con l’inserimento di placche e viti che stabilizzano il segmento interessato).
Ciò determina che il paziente, spesso giovane e nel pieno della sua vita attiva, debba stare per mesi, nel primo caso, o settimane, nel secondo, assente dal lavoro, e impossibilitato a svolgere la sua vita normale. Nel primo caso, inoltre, non esistono neanche garanzie di recupero della vertebra che, solidificandosi in maniera scorretta, determina nel paziente una cifosi potenzialmente in grado di provocare nuovi crolli vertebrali in futuro.
I vantaggi correlati alla cifoplastica con palloncino sono innumerevoli e nel caso dei crolli causati da trauma, particolarmente evidenti per la rapidità con cui la tecnica restituisce alla vita attiva il paziente trattato.
Tratto da: italiasalute.it – 27/12/2008
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Le FRATTURE degli ARTI INFERIORI
Gli incidenti stradali in Italia sono moltissimi. Cifre da bollettino di guerra. A rimanerne coinvolti soprattutto i ragazzi ed i giovani adulti. Spesso la strada è l’anticamera della sala operatoria.
«Chi ha un incidente con la bicicletta – spiega Michel Oransky, Direttore UOC Chirurgia Ortopedica “S.Camillo” di Roma e Presidente del Congresso per la sessione “Fratture complesse dell’arto inferiore”- solitamente riporta un trauma alla testa, alle spalle, ma spesso anche al femore. I motociclisti, grazie al casco, hanno sempre meno traumi alla testa ma, sempre più, riportano gravi danni agli arti inferiori. E poi ci sono gli automobilisti che con la cintura proteggono la parte superiore del corpo ma niente possono per le gambe che, dai piedi fino al bacino, subiscono l’impatto e la pressione dello scontro».
Nel 2003, in Italia, secondo i dati SDO del Ministero della Salute sui della Salute sui ricoveri ospedalieri, emerge che sono stati 107.415 gli italiani che hanno subito una frattura degli arti inferiori e hanno avuto bisogno di giorni di degenza.
Sono più gli uomini (61.178) che le donne (46.237), soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni (ciò coincide con la fascia d’età più interessata dagli incidenti stradali). A seguire quella tra i 45 e i 64 anni. Alto anche il numero degli anziani con fratture degli arti inferiori. Se tra gli uomini la fascia d’età più colpita è quella tra i 25 e i 44 anni, tra le donne è quella tra i 45 e i 64 seguita immediatamente dopo da quella delle over 75. Il fattore osteoporosi, evidentemente, gioca un ruolo determinante.
“Ormai gli ortopedici – dice il professore Michel Oransky, si avvalgono delle moderne tecnologie per eseguire interventi sempre più complessi con strategie operatorie sempre più mirate. E questo per raggiungere l’obiettivo che è quello della salute del paziente”. “Gli ortopedici – aggiunge Oransky si avvalgono delle metodiche più moderne in modo particolare nel caso della frattura del bacino, purtroppo non raro nelle vittime di incidenti della strada ad alta energia e cioè quando l’impatto è stato molto violento.
Il chirurgo ortopedico e il radiologo si pongono davanti alla TAC e seguono tutta l’opera della macchina che esamina la frattura.
Con questa visione il chirurgo ha un’idea chiara dell’area operatoria. A questo punto il chirurgo e il radiologo utilizzando i dati forniti dalla TAC elaborano un modello che viene fatto ruotare su un monitor in varie posizioni e proiezioni.
Con queste informazioni e con la visione sempre più chiara del danno riportato del paziente, il chirurgo ortopedico può meglio pianificare l’intervento e individuare la strada migliore da percorrere per l’operazione”.
«Dopo un trauma trattato con un intervento chirurgico – dice professore Michel Oransky – talvolta possono residuare deformità ossee oppure danni irreversibili alla cartilagine. Al Congresso della SIOT, in un’apposita sessione, si affronta la problematica della ricostruzione progressiva. Se anche il chirurgo ortopedico ha compiuto correttamente l’intervento si può rendere necessario, in un tempo successivo, eseguire dei ritocchi. Questi possono avvenire con osteotomie. In pratica si taglia l’osso e si riorienta secondo l’effetto desiderato. Questo tipo di intervento può essere molto sofisticato. E’ di uso corrente l’utilizzo dell’osso e di una parte di articolazione o dell’intera articolazione prelevati da un cadavere.
Esistono da tempo apposite banche dei tessuti anche in Italia. L’osso, l’articolazione, o una parte di essa, vengono trapiantati in un paziente che ha avuto un danno pesante. Da anni esiste il trapianto di osso che ha avuto come pioniere il professore Ottolenghi a Buenos Aires nel lontano 1936. Il trapianto di articolazione può riguardare, limitandoci agli arti inferiori, la caviglia, il ginocchio e la rotula. In questo campo anche in Italia ci sono studi avanzati addirittura più di quelli compiuti negli Stati Uniti.
Mentre tutti noi ortopedici siamo in grado di sostituire parte della articolazione, c’è chi ha fatto un passo avanti migliorando la tecnica.
A questo proposito vorrei ricordare gli studi del professor Giannini del “Rizzoli” di Bologna”. “E’ possibile anche – aggiunge Oransky – a distanza dall’intervento eseguire una ricostruzione dell’articolazione. In pratica, dopo l’intervento messo in atto nell’immediato del trauma, il chirurgo ortopedico può procedere sull’articolazione colpita con una ricostruzione non protesica».
Tratto da: italiasalute.it – 13 Dic. 2008
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Addio al gesso: in caso di frattura, arrivano le “ossa liquide” – 27/12/2008
Rompersi un braccio o una gamba ? Una vera tragedia, almeno fino a oggi. Ma le cose potrebbero cambiare in meglio, grazie ad alcuni ricercatori inglesi che hanno inventato nientemeno che delle “ossa liquide”, in grado di rinsaldare le fratture senza controindicazioni e lunghi mesi di convalescenza. In pratica, un’iniezione al posto del gesso.
La notizia è di quelle succose, e arriva dall’università di Nottingham. Una scoperta in grado di rivoluzionare il mondo della medicina e migliorare nettamente la qualità della vita di milioni di persone ogni giorno alle prese con stampelle e affini.
In effetti, quante volte nel bel mezzo di una partita, di un allenamento o semplicemente per una brutta caduta capita la fatidica frattura ? E sono dolori, oltre che nel verso senso della parola, anche per colpa dei lunghi tempi di recupero, tra visite, ingessature e conseguenti difficoltà motorie. Per non parlare di tutte quelle persone affette da osteoporosi o che devono ricorrere a vari tipi di protesi ossee. Insomma, l’”osso liquido” potrebbe diventare la soluzione a molti problemi.
Qual è il trucco ?
In realtà si tratta di uno speciale polimero messo a punto in laboratorio e che agisce in modo simile al cemento.
Questo materiale innovativo, di consistenza gelatinosa, iniettato nei tessuti si solidifica e produce una struttura di sostegno tridimensionale (detta scaffold) sulla quale le cellule possono aderire favorendo in breve tempo la rigenerazione dell’osso fratturato. Controindicazioni ? A quanto pare nessuna (NdR: per ora).
Questa sostanza, a differenza di altri tipi di cemento, non emette calore durante il processo di solidificazione e quindi non provoca la morte dei tessuti circostanti. In più sarebbe completamente biodegradabile e può essere iniettata solo dove serve, senza bisogno di ricorrere ad un intervento chirurgico. Insomma, un prodotto “miracoloso”.
A detta degli studiosi, il suo utilizzo potrebbe evitare per molti pazienti anche l’uso delle protesi. Di fronte a queste ottime premesse c’è però da chiedersi se questa nuova tecnica sarà veramente affidabile. I presupposti ci sono tutti, e il valore scientifico dello studio britannico alimenta ulteriormente le speranze. Per noi, anche quella di affrontare una frattura più a cuor leggero…e buttare il caro vecchio gesso alle ortiche.
By Deborah Moleri – Tratto da: affaritaliani.it