Microbioma ed obesità
Individuato in uno studio sui topi un meccanismo metabolico cruciale per l’accumulo di tessuto adiposo
– 04/09/2017.
E’ legato a una proteina, chiamata NFIL3, che controlla il programma circadiano del metabolismo dei lipidi e la cui azione è influenzata dal microbioma, l’insieme dei microrganismi presenti nell’intestino(red) In tutto il mondo si contano circa 2,1 miliardi di persone obese o sovrappeso, e ogni anno si verificano 3,4 milioni di decessi per malattie correlate all’obesità.
Per affrontare questa emergenza globale, è necessario identificare i fattori individuali e ambientali che regolano il metabolismo umano e l’immagazzinamento delle riserve energetiche nell’organismo. Uno da Yuhao Wang, dell’Università del Texas a Dallas e colleghi va in questa direzione. Gli autori hanno individuato un meccanismo metabolico cruciale per l’accumulo di tessuto adiposo che fa capo a una proteina, chiamata NFIL3.
Negli ultimi anni, la ricerca biomedica ha dimostrato che tra i fattori ambientali collegati all’obesità c’è il microbioma intestinale, l’insieme dei microrganismi, per la maggior parte batteri e in misura inferiore lieviti, che danno un contributo fondamentale alla digestione degli alimenti e quindi influenzano la composizione dei tessuti nell’organismo. Alcuni studi hanno già evidenziato per esempio che topi di laboratorio in cui il microbioma intestinale è stato eliminato artificialmente hanno meno grasso corporeo rispetto alla norma.
Questo perché il microbioma intestinale determina sia un incremento dell’introito calorico sia l’immagazzinamento dell’energia nel tessuto adiposo. Inoltre, come per molti altri cammini metabolici e processi cellulari, l’azione del microbioma sembra sincronizzata con i ritmi circadiani, cioè con l’alternanza delle ore di luce e di buio durante il giorno, anche se i dettagli di questa azione sono rimasti un mistero.
Wang e colleghi, grazie a uno studio sui topi, hanno scoperto che la proteina NFIL3 media questa sincronizzazione. Si tratta di un fattore di trascrizione, cioè di una molecola che regola l’espressione di specifici geni. Nelle cellule epiteliali dell’intestino, che hanno la funzione di assorbire le sostanze nutritive assimilate con i processi digestivi, NFIL3 controlla il programma circadiano del metabolismo dei lipidi e il loro assorbimento.
E sempre nelle cellule epiteliali intestinali, l’espressione del gene che codifica per NFIL3 è influenzato proprio dal . Secondo gli autori, il risultato è di estrema importanza soprattutto perché contribuisce a spiegare il motivo per cui negli esseri umani l’alterazione dei ritmi circadiani, evidente per esempio in chi lavora su turni o cambia spesso fuso orario per viaggi frequenti, ha un maggior rischio d’insorgenza di malattie infiammatorie, metaboliche, e malattie cardiovascolari.
studio pubblicato su “Science”
http://microbioma.it/neuroscienze/asse-intestino-cervello-memoria-a-rischio-se-la-dieta-e-scorretta/
Quindi l’alimentazione adatta è indispensabile per poter godere di ottima salute o per recuperarla se persa.
La flora batterica autoctona, contiene i batteri e funghi antagonisti a quelli chiamati impropriamente “patogeni” che sono batteri endogeni che hanno mutato forma e quindi funzione.
Anche perché questa “scienza” medica, non ha ancora compreso fino in fondo che, senza i batteri ed i virus, la vita sulla Terra non sarebbe possibile e la loro strettissima correlazione con il loro habitat: il Terreno.
I batteri sono sempre e semplicemente batteri, ma a secondo del tipo di Terreno/habitat, nel quale si trovano o si recano, magari anche inviati dal sistema immunitario presente in tutti gli organismi viventi, la loro “forma” e quindi la loro “funzione” varia, per poter sopravvivere in quel tipo di Terreno alterato, e quindi essi per sopravvivere e non avendo antagonisti che li controllano (specie i funghi) cambiano forma e quindi funzione, in quanto i batteri sono comunque i nostri angeli custodi assieme ai virus/esosomi.
Quindi quando si parla di batteri, detti impropriamente “patogeni”, occorre capire in quale zona essi si trovano e se possono implementare l’ammalamento, ma nei fatti è il Terreno che li “ospita” che ne è la causa, solo se esso è alterato rispetto alla Perfetta Salute: intossicato, e quindi “malato”, ciò genera successivamente e sempre le infiammazioni dei tessuti e quindi l’ammalamento.
Ecco perché la Flora batterica autogena, DEVE essere ben conservata e preservata da qualsiasi aggressione con Vaccini, Farmaci, Conflitti Spirituali stress, infiammazioni, alimentazione inadatta, droghe
NON esistono batteri “patogeni” o batteri “buoni”, esiste solo un buon Terreno od un Terreno alterato che produce gli ammalamenti.
Una ricerca ha scoperto come i batteri abbiano uno spiccato senso del tatto – 30/10/2017
I non hanno dei veri e propri organi sensoriali, ma sono imbattibili nel percepire in che ambiente si trovano, perché interpretano i segnali chimici, ma anche perché hanno uno spiccato “senso”, del tatto. I ricercatori Usa della Universita’ dell’Indiana, in uno studio pubblicato sulle pagine di “Science”, descrivono in che modo i sono in grado di riconoscere le superfici e rispondono a stimoli bioelettronico-meccanici in pochissimi secondi.
I ricercatori sono riusciti a comprendere in che modo i batteri sono capaci di innescare la formazione di quel sottile strato di microrganismi che aderisce a una matrice/superficie solida.
La formazione di un biofilm inizia con l’ancoraggio di microrganismi a una superficie: i microrganismi che si attaccano per primi alla superficie, aderiscono alla superficie inizialmente attraverso deboli legami elettro-chimici, ovvero le forze di e successivamente, possono ancorarsi più stabilmente utilizzando molecole di adesione cellulare, che si organizzano in strutture ultrasottili definite e cominciando così a costruire lo strato di biofilm, lungo la parete/superficie che hanno individuato ove creare la loro colonia e poter svolgere le loro funzioni riordinanti, nel caso degli autoctoni/riparatori.
Più precisamente, i pili si muovono finché non rilevano una superficie adatta e ricercata a seconda delle loro funzioni, e solamente dopo i microrganismi iniziano a produrre una sostanza estremamente appiccicosa, bioadesiva, che servirà per la formazione di biofilm, cioe’ della loro colonia.
Per capire come i batteri utilizzano i pili e creare così il biofilm, il team di ricercatori si è servito di coloranti fluorescenti, che hanno rivelato il movimento di queste appendici microscopiche. Spiega l’autore della ricerca il dr. Brun: “Utilizzando coloranti fluorescenti per etichettare queste strutture microscopiche, siamo stati in grado di osservare la prima prova diretta del ruolo che giocano nel rilevare le superfici”.
Il team di ricercatori Usa infatti, spera di riuscire a svelare con più precisione i meccanismi che collegano il movimento dei pili e la produzione della sostanza bioadesiva che li ancora maggiormente alla superficie da colonizzare, questo per arrivare così a una migliore e più completa comprensione.
Sintesi tratta da: science.itI batteri hanno il senso del “tatto”, ecco la scoperta americana
vedi: batteri – batteri – biofilm – Van der Waals – pili
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Cosa sono gli psicobiotici ?
Sono probiotici che alterano la Psiche / Mente
Questi sono i – Batteri detti “Psicobiotici”, ed i ricercatori affermano che possono migliorare l’umore, diminuire l’ansia e la depressione ed apportano molti altri benefici.
I probiotici sono microrganismi vivi che sono simbiotici con i positivi e che riescono ad arrivare nell’intestino integri. Ad esempio i fermenti dello yogurt non sono considerati probiotici perché “muoiono”, si disgregano, appena entrano in contatto con i succhi gastrici non sopportandone l’acidità.
Fino a qualche anno fa, era difficile credere che alterando i microorganismi endogeni , si potesse gestire meglio lo spirito, migliorare l’umore, e anche curare ansia o depressione. Eppure ci sono moltissime ricerche scientifiche pubblicate da vari ricercatori in tutto il mondo che riguardano la connessione e che stanno dimostrando proprio questo. Ora sappiamo che è possibile modificare i probiotici, in modo da influenzare positivamente l’umore e la funzione del cervello. Uno dei principali modi è quello di assumere gli psicobiotici.
Gli psicobiotici (microbi) sono organismi vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, producono un beneficio per la salute nei pazienti affetti da malattie psichiatriche.[1]
Questa definizione, coniata nel 2013, è troppo limitante se ci si basa sulla più recente ricerca che dimostra che non c’è bisogno di avere una depressione clinica, un disturbo d’ansia, o qualche altro disturbo psichiatrico affinché gli psicobiotici influenzino positivamente il cervello.[2]
Chi soffre di stress cronico, depressione, o di ansia ha il potenziale per beneficiare di questa classe di probiotici. Come gli psicobiotici agiscono sull’umore e la psiche 1.
Uno dei modi per cui questi probiotici “alterano la psiche ” è attraverso la loro capacità di produrre vari composti biologicamente attivi. Diverse molecole con funzioni neuroattive come l’acido gamma-amminobutirrico (GABA), la serotonina, le catecolamine e l’acetilcolina possono essere prodotti dai batteri intestinali.[3] Quando questi neurotrasmettitori sono secreti all’interno dell’intestino, possono attivare cellule all’interno del rivestimento epiteliale che a loro volta rilasciano molecole che stimolano la funzionalità cerebrale e influenzano il comportamento e quindi la psiche. 2.
Una seconda modalità attraverso cui gli psicobiotici agiscono sul cervello è esercitando effetti sul sistema di risposta allo stress del corpo, che coinvolge il cervello e le ghiandole surrenali.[4] Questo sistema, noto come asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), diventa disfunzionale in caso di stress cronico o malattia. Quando si verifica una disfunzione dell’asse HPA, la produzione ritmica di cortisolo e di altri ormoni legati allo stress diventa perturbata. Questo potrebbe svolgere un ruolo centrale nel provocare disturbi dell’umore e problemi cognitivi.[5]
Un terzo modo per cui gli psicobiotici possono agire sul cervello è attraverso la loro azioni anti-infiammatoria.[6] I livelli cronicamente elevati di infiammazione in tutto il corpo e nel cervello sono ormai noti essere una delle principali cause della depressione e di altri disturbi dell’umore e cognitivi. Questa infiammazione può derivare dall’intestino, e alcuni psicobiotici apportare i loro effetti benefici nel cervello abbassando l’infiammazione e/o dalle amalgami dentali (contengono mercurio) ceh vanno sempre rimosse.
Quali probiotici sono psicobiotici ?
La ricerca sta cominciando a identificare quali probiotici abbiano effetti sul sistema nervoso e quali siano questi effetti. Negli studi effettuati in persone sane, diversi psicobiotici hanno dimostrato di migliorare l’umore e la funzione cognitiva e di diminuire i sintomi di stress e ansia. Alcuni psicobiotici hanno anche dimostrato di curare la depressione, l’ansia, e altri problemi di salute mentale e cognitivi nei pazienti con disturbi psicologici e / o altre condizioni mediche.
E’ stato effettuato uno studio clinico su pazienti con disturbi depressivi maggiori, in cui alcuni hanno assunto integratori prebiotici, altri un placebo per otto settimane.[7] L’integratore prebiotico era costituito da Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Bifidobacterium bifidum (2 miliardi di CFU ciascuno).
Dopo otto settimane, i pazienti che hanno ricevuto il probiotico avevano diminuito in modo significativo i punteggi totali sulla Beck Depression Inventory, un test ampiamente utilizzato per misurare la gravità della depressione, rispetto ai pazienti che avevano assunto il placebo. Inoltre, avevano una significativa diminuzione della infiammazione sistemica come misurato dal hs-CRP, i livelli di insulina erano significativamente più bassi, si era ridotta la resistenza all’insulina, e si era verificato un significativo aumento di glutatione, un antiossidante. Altri psicobiotici hanno conseguenze benefiche sull’umore e sui sintomi di ansia, ma anche in persone senza questi disturbi.
In uno studio per analizzare i possibili effetti su ansia, depressione, stress in volontari sani, è stato utilizzato un probiotico che contiene Lactobacillus helveticus r0052 e Bifidobacterium longum R0175 (Probio’Stick®), ed è stato dimostrato che esso aveva alleviato lo stress psicologico, in particolare la depressione, la rabbia, l’ostilità, e l’ansia quando assunto per 30 giorni.[8] I ricercatori hanno concluso che L. helveticus r0052 e B. longum R0175 hanno effetti psicologici benefici nei soggetti sani. Possono contribuire a rafforzare l’umore e alleviare l’ansia nelle persone affette da varie malattie croniche.
Lo stesso probiotico studiato sopra (Lactobacillus casei ceppo Shirota) è stato utilizzato in un altro studio controllato con placebo nei pazienti con sindrome da stanchezza cronica.[9]
I pazienti sono stati divisi in gruppi in cui uno ha ricevuto 24 miliardi di unità formanti colonie di Lactobacillus casei, ceppo Shirota e un altro un placebo al giorno per due mesi. Le persone che avevano assunto il probiotico avevano una significativa diminuzione dei sintomi di ansia.
Molti psicobiotici supplementari hanno dimostrato di poter curare la depressione e l’ansia in studi su animali.
Il Lactobacillus plantarum, ceppo PS128, per esempio, è noto per l’effetto di aumentare la dopamina e la serotonina e di diminuire i comportamenti di depressione nei topi.[10] Nei topi depressi che sono stati sottoposti a stress precoce, questo stesso psicobiotico diminuisce il cortisolo, normalizza il sistema di risposta allo stress (HPA), e diminuisce la depressione.[11] Sia il Bifidobacterium longum e sia il Bifidobacterium breve riducono l’ansia e migliorano le prestazioni nei test cognitivi nei topi.[12] [13]
Psicobiotici per lo stress
E’ stato anche dimostrato che gli psicobiotici aiutano le persone e gli animali sottoposti a stress.
Una bevanda di latte fermentato (kefir) contenente il Lactobacillus casei, ceppo Shirota, ha impedito un aumento di cortisolo ed ha aumentato i livelli di serotonina negli studenti di medicina stressati.[14] Inoltre, la bevanda probiotica ha diminuito i sintomi fisici legati allo stress come dolore addominale e sintomi del raffreddore.
Gli autori dello studio hanno concluso che l’assunzione di Lactobacillus casei, ceppo Shirota “può esercitare effetti benefici per prevenire l’insorgenza di sintomi fisici nei soggetti sani esposti a situazioni di stress.”
Il Lactobacillus helveticus NS8 è stato confrontato con l’SSRI (citalopram) nei ratti con depressione, ansia e disfunzioni cognitive a causa dello stress cronico.[15] Il prebiotico ha funzionato meglio del citalopram nel ridurre l’ansia indotta da stress, depressione e disfunzioni cognitive. Esso ha abbassato il cortisolo e riportato i livelli di serotonina e di altri neurotrasmettitori cerebrali alla normalità.
Altri probiotici contenenti Lactobacillus helveticus hanno anche dimostrato, in studi condotti su animali, di poter ridurre la depressione legata allo stress e all’ansia, influenzando la serotonina, il cortisolo, e altri composti neuroattivi.[16] Ad esempio, il Lactobacillus helveticus r0052 combinato con il Lactobacillus rhamnosus R0011 ha normalizzato i comportamenti simili all’ansia e le carenze di apprendimento e di memoria nei ratti immuno-deficienti con disfunzioni dell’asse HPA.[17]
Alcuni prebiotici sono anche psicobiotici ?
I prebiotici possono anche agire come importanti regolatori dell’umore e della funzione del cervello. I prebiotici non sono organismi vivi come i probiotici, ma sono sostanze vegetali che stimolano la proliferazione dei batteri positivi intestinali.
In un recente studio è stato dimostrato che essi riducono la secrezione dell’ormone dello stress, il cortisolo, e migliorano l’elaborazione emotiva in volontari sani. I partecipanti hanno ricevuto uno dei due prebiotici (frutto-oligosaccaridi, FOS, o Bimuno-galactooligosaccharides, B-GOS) oppure un placebo (maltodestrine) al giorno per tre settimane. I livelli di cortisolo al mattino erano significativamente più bassi dopo l’assunzione B-GOS rispetto a chi aveva assunto il placebo. I partecipanti che avevano assunto B-GOS hanno anche mostrato aumenti positivi sulla vigilanza e attenzione, che è un’indicazione che il prebiotico ha avuto effetti anti-ansia.
Nessun effetto è stato trovato dopo la somministrazione di FOS.[18] Le persone con l’ormone dello stress basso, spesso hanno l’ansia e / o depressione, condizioni correlate direttamente con la e con la diminuzione dell’attività intestinale e della diversità microbica.[19]
Uno studio ha trovato che una miscela prebiotica contenente galactooligosaccaride ha dato benefici sull’ansia nella sindrome dell’intestino irritabile.[20] Il trattamento giornaliero con questa miscela per 4 settimane ha ridotto i punteggi di ansia e ha avuto un notevole impatto positivo sulla qualità della vita.
Conclusione
Nel complesso, i risultati di questi studi dimostrano che gli psicobiotici hanno il potenziale di avere un impatto positivo sulla funzionalità del cervello, sul miglioramento dell’umore, sul trattamento della depressione e dell’ansia, e aiutano a gestire lo stress.
I migliori psicobiotici ed i relativi dosaggi devono ancora essere determinati. In generale sono raccomandati almeno 10 miliardi di CFU al giorno per la maggior parte dei probiotici, tra cui gli psicobiotici, ma possono anche essere utili apporti superiori o inferiori. Basta fare una prova per almeno un mese prima di decidere se funzionano o meno.
NdR: anche e pur rispettando gli autori dello studio, precisiamo: non è che un singolo batterio influisce sulla psiche, ma è il microbioma,nel suo insieme che permette al soggetto di avere una buona e serena psiche , senza distrazioni dai malesseri causati dalle alterazioni della flora, foriera di qualsiasi danno, ammalamento.
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Ciò che succede nel nostro intestino può influenzare profondamente quello che accade nella nostra mente.
A confermare l’esistenza di questo filo rosso, che unisce intestino e cervello, un nuovo studio della Northeastern Universitydi Boston, secondo cui una particolare specie di batteri del microbioma intestinale dipende per la propria sopravvivenza dal consumo di Gaba, una molecola cruciale nel modulare l’attività cerebrale.
Secondo Philip Strandwitz e i suoi colleghi che hanno presentato lo studio nel corso dell’incontro annuale dell’American Society for Microbiology tenutosi a Boston (USA) lo scorso mese, la scoperta potrebbe aiutare a spiegare perché il microbioma intestinale sembra influenzare l’umore.
Tentando di coltivare in laboratorio alcuni ceppi di batteri intestinali ancora poco conosciuti, i ricercatori hanno notato che potevano crescere una particolare specie, denominata con la sigla Kle 1738, solo grazie al supporto di molecole di Gaba. “Nessun composto tra quelli da noi testati ha sortito lo stesso effetto del Gaba. E l’analisi genomica suggerisce un metabolismo insolito basato sul consumo di un singolo nutriente, il Gaba”, ha spiegato Strandwitz presentando i suoi risultati. L’attività di questi batteri intestinali nel modulare i livelli di Gaba potrebbe avere un impatto sulla salute mentale, dal momento che ridotti livelli di questo neurotrasmettitoresono associati ad ansia e depressione. Di conseguenza, ipotizzano i ricercatori, l’introduzione di batteri che producono Gabao, l’eliminazione di quelli che lo consumano, comeKle 1738, potrebbero rivelarsi utili nella terapia di questi disturbi mentali. (NdR: è esattamente ciò che la medicina naturale insegna da migliaia di anni che l’intestino è un secondo cervello che influenza quello superiore nella testa = la disbiosi è un danno-anomalia che puo’ generare qualsiasi sintomo di malessere e ne è responsabile di qualsiasi ammalamento !)
Bibliografia utile su Microbioma, Flora
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Nel microbioma, queste popolazioni batteriche hanno un numero di geni espressi di 1.200.000, ed hanno un metabolismo pari a quello del fegato e un peso di circa 1200/ 1400 g per cui possiamo dire, senza tema di smentite, che è un organo sovranumerario del nostro corpo, di cui ignoriamo praticamente quasi tutte le funzioni.
Ciò di cui tratterò ora è di quel quasi, cioè di quel poco che sappiamo delle interazioni tra il Microbiota e il corpo umano, attraverso l’interfaccia dell’ nelle sue due componenti principali: il tenue e il crasso. I batteri che verranno presi in considerazione sono i probiotici che, nel loro complesso, sono numericamente intorno al 15% di tutto il Microbiota presente nell’intestino.
I Bifidobatteri, nelle loro varie specie (bifidus, longum, brevis, infantis e lactis), hanno un trofismo specifico per substrati proteici, soprattutto carnei, ed estrinsecano la loro attività probiotica in una protezione dai residui tossici come le amine eterocicliche aromatiche (2-amino-1-metil-6-fenil-imidazol(4,5-b)piridina o la 2-amino-3-8-dimetilimidazol(4,5-f)chinoxalina) o riducono la produzione di ptomaine (aminoacidi decarbossilati) o di nitrosamine derivanti dalla reazione di trasformazione di nitrati in nitriti.
I Lattobacilli, dal punto di vista metabolico, hanno la capacità di idrolizzare la caseina, con il vantaggio che non si produce la Interleuchina 4 (IL-4), che è la citochina attivante la reazione allergica, oltre a proteggere le cellule enterocitarie da un azzeramento della resistenza di 1000 Ohm, data dallo strato di molecole d’acqua ordinato, che avvolge le cellule per uno spessore di 8/11 Ångstrom. Gli isoflavoni della soia devono subire una idrolisi da parte dei Lattobacilli, soprattutto dell’Acidofilo e del Ramnoso GG, per poter essere utilizzati con profitto nella menopausa. L’intolleranza al lattosio, che è una finta intolleranza, visto che arda il 91% della popolazione mondiale, è gestita dall’enzima lattasi (beta-galattosidasi) del Lb. Acidofilo, come anche un farmaco, la Salazopirina, che è attivata dalla idrolisi fatta dall’acidofilo, utilizzando l’enzima Azoreduttasi.
I Lattobacilli e i Bifidobatteri probiotici, essendo etero fermentanti, producono grandi quantità di acidi carbossilici a catena corta come il formico, acetico, lattico, propionico e isobutirrico. Questi acidi organici hanno la funzione di nutrire energeticamente sia gli enterociti che i colociti, ma hanno anche la funzione di attivare secondi messaggeri come il cAMP. In questo caso il meccanismo è quello di stimolare la produzione di Adenilato-ciclasi che a sua volta aumenta la quantità di cAMP che è un attivatore specifico della PKA (protein-chinasi A). Questo enzima attiva a sua volta un numero elevato di enzimi che agiscono sulla glicogenolisi e sulla attivazione del ciclo di Krebs, stimolando la produzione energetica cellulare.
Esistono poi Lattobacilli come il Fermentum LF31 che producono grandi quantità di Glutatione, un potente antiossidante, che protegge dalla ossidazione le giunzioni serrate. Questa funzione aiuta il corpo a proteggersi dalle così dette “intolleranze alimentari”, perché riduce l’assorbimento di sostanze non correttamente digerite. Una ipotesi che il Prof Fasano, dell’università di Baltimora (USA), ha formulato sull’insorgenza della malattia celiaca, grave intolleranza alimentare, è che l’uso di alcuni tipi di antibiotici in età pediatrica facciano scomparire in modo definitivo dei ceppi specifici, non ancora identificati, di batteri. Soprattutto in età adulta, questi batteri sono in grado di fare un lavoro di supplenza sulla digestione del glutine.
Ricordiamoci che nel genoma umano non ci sono geni per la digestione dei cereali per cui ci dobbiamo avvalere obbligatoriamente del patrimonio genico batterico, che assomma a 1.200.000 di geni. Oltre a questa funzione metabolica diretta sulle proteine del cereale, il Lattobacillo Fermentum LF31 sottrae glucosio, di provenienza amidacea, all’utilizzo da parte di batteri saprofiti che lo trasformano in metano, acqua e anidride carbonica. Questa trasformazione porta ad aumentare la produzione di gas intestinale, con riduzione delle tensioni addominali che portano fatalmente ai sintomi classici della colite. Il contrasto alla proliferazione dell’Eschericchia Coli abbassa l’insulinoresistenza, con vantaggi sulla gestione dello zucchero e dell’insulina.
Nella flora intestinale, il disequilibrio tra ceppi batterici, può interferire anche con la capacità adesiva dell’ovulo fecondato, impedendone l’impianto. Questa interferenza tra sistema intestinale è apparato genito-urinario è poco studiata, ma merita tutta la nostra attenzione. La capacità di ceppi specifici di proteggere le vie urinarie da infezioni ricorrenti da E. Coli o la possibilità di curare una prostatite infettiva dovrebbe spingere lo studio dei batteri probiotici verso uno studio più approfondito. Sul fatto poi che molte infezioni vaginali riconoscano della flora del Doderlin la causa primaria di insorgenza dovrebbe spingere gli operatori, Ginecologi e Ostetrici, a studiare con molta più attenzione questo mondo e a non a banalizzarlo. Uno dei problemi maggiori che si affrontano, quando si parla di disbiosi, è la diagnosi.
Oramai quasi più nessuno osserva il W.C. , che devono essere di colore marrone scuro e affiorare. Un metodo alternativo molto pratico è quello di osservare le gengive, che sono lo specchio della mucosa del retto, sia dal punto di vista anatomo-funzionale, sia dal punto di vista della colonizzazione batterica. Ricordiamoci che un intestino sano lo si può vedere osservando le gengive, che sono lo specchio di mucose che hanno lo stesso foglietto embrionale di origine.
MICROBIOMA e PROBIOTICI – 2013/07/10
Da diversi anni siamo costantemente bombardati da messaggi commerciali ci spingono a combattere i germi e liberarci dei batteri. Ma quando essi sono viventi nei posti adatti e nei giusti rapporti della flora, i batteri sono in realtà molto preziosi per la nostra salute ed il benessere. In circostanze normali, i batteri presenti nel nostro corpo vivono con noi in simbiosi, ma fattori come la dieta povera, adulterata da prodotti chimici, ecc., ma e soprattutto i Vaccini, possono sconvolgere questi giusti rapporti di equilibrio e portare ad una serie di difficoltà anche gravi. Ora sappiamo questi microrganismi vivi protettivi nei confronti di qualsiasi ammalamento.
Ecco i piu’ importanti motivi.
Tutti i tipi di sintomi digestivi, reazioni avverse alla terapia, stipsi e alimentari possono essere alleviati e/o guariti dai Fermenti lattici. Un esempio: i probiotici riducono il rischio di diarrea associata agli antibiotici del 42 per cento, secondo un’analisi di 82 studi pubblicati nel Journal of American Medical Association.
Un altro studio ha trovato che puo’ prevenire e/o curare la durante la gravidanza – in effetti, le evacuazioni intestinali aumentano da una media di tre volte a settimana per 6,7 a settimana.
Tutto ciò che migliora la digestione, tra cui come assorbire e utilizzare gli elementi nutritivi, può avere un forte impatto sulla salute – nonostante i vari livelli di colesterolo, che comunque quando la dieta e la flora sono adatti al soggetto, rimangono nei giusti valori.
Dosi giornaliere di un probiotico (es.: Lactobacillus reuteri) abbassano le molecole chiave di colesterolo, come indicato in uno studio presentato presso l’American Heart Association Scientific Sessions 2012.
Lo studio ha coinvolto 127 pazienti adulti con colesterolo alto. Circa la metà dei partecipanti hanno preso il probiotico due volte al giorno, mentre il resto è stata data capsule di placebo. Dopo nove settimane, il gruppo che integrava, aveva i livelli di LDL (colesterolo “cattivo”) inferiori del 11,6 per cento, mentre gli esteri del colesterolo sono stati ridotti del 6,3 per cento e esteri del colesterolo acidi grassi del 8,8 per cento, rispetto a quelli che avevano assunto il placebo. I risultati dello studio indicano che il probiotico ha rotto una parte dei sali biliari ed ha portato a ridurre l’assorbimento del colesterolo ed i grassi nel e dall’intestino.
La Ricerca completata presso il Dipartimento di Scienze Genomica presso l’Università di Washington ha trovato minore deposito di grasso nei topi che mancavano probiotici. Il corretto equilibrio della flora intestinale sembra limitare il reprimendo l’espressione di una proteina indotta chiamata fattore di digiuno di adipociti.
L’Università di Turku in Finlandia, ha presentato i risultati degli studi al Congresso Europeo sull’Obesità 2009, i quali suggeriscono che le donne che assumono probiotici durante il primo trimestre di gravidanza hanno meno probabilità di sperimentare problematiche; questa condizione associata alla gravidanza, è una delle forme più importanti dell’obesità femminile.
Rafforzare il sistema immunitario.
Se avete trascorso la maggior parte della stagione combattere raffreddori ed infiammazioni, batteri estranei, si consiglia di costruire la vostra immunità con i probiotici.
Un gruppo di ricercatori ha esaminato – un grande gruppo di studenti universitari, per raccogliere dati, dal momento che questi ultimi sono spesso privati del sonno, ed ha sottolineato, che vivono in quartieri vicini e sono particolarmente vulnerabili ai raffreddamenti.
Lo studio ha trovato che mentre tutti gli studenti coinvolti aventi raffreddori o meno allo stesso ritmo, gli studenti che hanno preso la supplementazione di probiotici: ha una durata di raffreddore che è stata due giorni più corta (quattro giorni contro sei giorni), ed i sintomi che erano il 34 per cento meno gravi e una migliore qualità della vita, che ha provocato un minor numero di giorni di scuola perse (15 verso il 34, cioè rispetto agli studenti del placebo).
Prendere probiotici ogni giorno – contro e non solo i malanni stagionali – serve per mantenere il benessere senza intoppi. Proteggi il tuo intestino Per chiunque che ha una frenetica diarrea od è bloccato nel suo transito intestinale, lasciandolo stitico per giorni i fermenti possono migliora e/o eliminare quei disturbi.
I probiotici possono aiutare anche a ridurre i sintomi intestinali causate da stress a lungo termine, secondo uno studio sulla rivista Gut.
Lo Stress cronico è noto per essere implicato nello sviluppo della sindrome dell’intestino irritabile e nel peggioramento dei sintomi della malattia infiammatoria intestinale, come il morbo di Crohn e colite ulcerosa. Dopo tutto, il vostro stomaco ed il vostro intestino non sono per nulla chiamati il “secondo cervello”, ne consegue dove lo stress va, i probiotici possono aiutare.
Prevenire le infezioni da lieviti/funghi.
Se sei una donna con lievito/candida con infezioni ricorrenti o infezioni del tratto urinario, il giusto apporto dei batteri autoctoni nel vostro intestino, è probabilmente compromesso, ma può essere ulteriormente compromessa con l’uso di antibiotici e/o antimicotici.
I probiotici possono prevenire le infezioni e la crescita-proliferazione eccessiva dei lieviti (funghi) bloccando i batteri nocivi (NdR: batteri autoctoni che mutano forma e quindi funzione) nell’aderire alle pareti intestinali, la mucosa e contribuendo a mantenere l’appropriato intestinale. Il Trattamento probiotico ha dimostrato di beneficiare le vaginosi batteriche, infezioni da lieviti, e infezioni del tratto urinario.
Tutti i probiotici sono uguali ?
Acquistare la giusta selezione di probiotici adatta per se stessi, in un qualsiasi negozio di alimentari, può essere un compito difficile. Per la maggior parte di coloro che vogliono fare il riordino della flora, si consiglia l’assunzione di un probiotico con 10-15.000.000.000 CFU per capsula; assumeteli la mattina appena alzati e prima di dormire prima di mangiare od stomaco vuoto.
Assicurarsi di seguire dopo una qualsiasi terapia con, con una supplementazione di “acidophilus e bifidi” per un periodo di tempo di almeno 45 gg.
Nel nostro sono presenti un numero estremamente elevato di batteri suddivisi tra commensali patogeni e probiotici che vengono riuniti sotto il nome di Microbiota
Elenchiamo qui i motivi per cui i batteri sono molto buoni ed adatti per la vostra Salute
AZIONE PROTETTIVA
la Flora intestinale rappresenta una barriera per gli eventuali agenti patogeni introdotti dall’esterno (in minimissima parte) che cercano di colonizzare l’intestino e dalle mutazioni endogene che possono derivare dalle mutate condizioni del digestivo, prodotte da vari cofattori.
IMMUNITARIA:
l’intestino contiene il 60% delle del corpo umano e la sua flora incrementa la produzione di IgA. La microflora ha un ruolo importante poiché ha la funzione di evitare che batteri intestinali possano attraversare la mucosa ed arrivare ai tessuti. La risposta immunitaria ai micro organismi è a livello delle dove i linfociti migrano e maturano e si diffondono in tutto l’organismo. La flora batterica contribuisce anche ad attivare l’azione difensiva di fagociti e di linfociti mediante sostanze prodotte da lattobacilli durante il processo di fermentazione.
TROFICA:
la Flora intestinale ha una propria attività enzimatica (glicosidasi e deidrogenasi agiscono su cellulosa e polisaccaridi non cellulosici con formazione di acidi grassi a catena corta che fungono da supporto energetico per gli enterociti del tratto più distale dell’intestino, ileo e colon); – sintetizza la vitamina K (NdR: naturale tipo 2), numerose vitamine del gruppo B (B 1, B2, B5, B6, B 12), vitamina PP, vitamina H, acido folico, ecc. La microflora comincia a svilupparsi nel neonato non appena viene a contatto con i microbi provenienti dal tratto genitourinario della madre (utero/vagina).
I micro organismi, inizialmente lattobacilli e streptococchi, compaiono nelle feci già dai primi giorni di vita. Progressivamente si sviluppa poi un complesso ecosistema costituito da diverse specie di microrganismi aerobi ed anaerobi la cui concentrazione massima viene raggiunta entro i primi quattro anni di vita e permane fino all’età adulta.
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Il meeting che si è svolto il 23 ottobre 2013, ecco i risultati dell’incontro che ha visto la partecipazione di gastroenterologi, pediatri, medici di famiglia e anche di esperti di microbiota, genetica dei microrganismi e immunologia – sono stati da poco pubblicati.
“Dopo aver valutato attentamente le ricerche pubblicate negli anni sull’argomento, siamo arrivati alla conclusione che la precedente definizione di probiotico deve essere rivista e aggiornata, e che il termine può essere applicato solo ad alcune specie microbiche ben studiate e “conosciute” spiegano gli autori del documento, convinti che una definizione più precisa del termine potrà essere di grande aiuto non solo per i ricercatori, i medici e il personale sanitario, ma anche per le aziende produttrici, gli enti regolatori e i consumatori.
Come ricordano gli autori, non si tratta di partire da zero per arrivare a una definizione del termine ed a linee guida per l’utilizzo: definizione e linee guida ufficiali esistono già, ma risalgono rispettivamente al 2001 e al 2002 quando gli esperti Fao/Oms si sono riuniti per discutere di probiotici, un settore emergente della scienza a quei tempi. Ed ecco la definizione cha ha ormai compiuto 13 anni: “I probiotici sono microrganismi vivi che, quando somministrati in dosi adeguate, conferiscono un benefici di salute a chi li assume”.
Questa definizione ha preso presto piede ed è oggi diffusa e accettata in tutto il mondo assieme alle linee guida pubblicate l’anno seguente. “Da allora sono stati effettuati moltissimi studi sui probiotici e sono anche stati immessi in commercio numerosi prodotti che li Contengono” spiega Colin Hill del Alimentary Pharmabiotic Center in Irlanda, che poi prosegue: “Sfortunatamente, negli anni sono aumentati anche i casi di utilizzo scorretto del termine e sono stati immessi sul mercato come probiotici molti prodotti che in realtà non superano i requisiti minimi per essere definiti tali”.
Nasce anche da qui la necessità di riprendere in mano i documenti Fao/Oms ed aggiornarli tenendo conto dei progressi della scienza e della tecnologia e delle nuove possibili applicazioni.
Ed anche se le autorità regolatorie si sono dimostrate sempre più interessate al settore probiotici, soprattutto al fine di proteggere i consumatori da etichette e claim pubblicitari poco corretti, secondo gli autori era giunto il momento di rivedere il materiale disponibile, utilizzare definizioni corrette e fornire indicazioni chiare per tutte le persone coinvolte. “Lo scopo del nostro lavoro è di fornire a tutti – consumatori, legislatori, ricercatori, personale sanitario e industriali – linee guida chiare per definire e utilizzare i probiotici, un passo importante verso il miglioramento della salute e del benessere” prosegue Hill che assieme ai suoi colleghi ha valutato tutti gli aspetti del sempre più vasto settore dei probiotici, dalla ricerca genetica al commercio e alla pubblicità. “E per completare il lavoro abbiamo anche proposto una serie di standard per differenziare i diversi prodotti probiotici in base alle prove scientifiche oggi, disponibili”, conclude. – Tratto da: Nat. Rev. Gastroenterol.
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Ecco i benefici di questi microrganismi nel promuovere la salute umana ed animale – 16/04/2014
L’importanza della Flora per la salute umana
La flora intestinale “anomala” dei cacciatori-raccoglitori
Le popolazioni di cacciatori-raccoglitori hanno una intestinale differente da quella delle popolazioni occidentali: è più varia, differisce fra uomini e donne, contiene batteri in grado di demolire fibre indigeribili ed è carente di ceppi solitamente considerati buoni e ricca di ceppi “cattivi”.
Poiché fra quelle popolazioni sono assenti malattie tipicamente associate a squilibri della flora intestinale, la scoperta richiede una ridefinizione del concetto di flora batterica “normale”.
La flora batterica delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori e di quelle occidentali sono radicalmente diverse. La scoperta – che conferma il ruolo chiave dell’ecosistema intestinale nell’adattamento a nuovi stili di vita nel corso dell’evoluzione umana, costringendo a rivedere il concetto di flora microbica “normale” – è di un gruppo di ricercatari del Max Planck Institut per la biologia evolutiva a Lipsia, dell’Università di Bologna e dell’Istituto di tecnologie biomediche del CNR a Segrate, che firmano .
Nel loro studio Stephanie L. Schnorr, Marco Candela e colleghi hanno confrontato la flora intestinale di un gruppo di soggetti appartenenti alle tribù di cacciatori- raccoglitori Hadza, della Tanzania, con quella di un campione della popolazione italiana, preso come rappresentativo delle popolazioni occidentali.
Dall’analisi è emerso che la composizione del microbiota intestinale degli Hadza è molto diversa dalla nostra; è infatti più diversificato e adatto alla demolizione di fibre indigeribili, di cui abbonda la loro dieta, permettendo così di ottenere più energia dagli alimenti fibrosi che consumano. La transizione neolitica dalla caccia e raccolta alle società agricole – osservano Candela e colleghi – ha comportato cambiamenti drammatici nella dieta e nello stile di vita, ai quali sia gli esseri umani sia i loro partner microbici hanno dovuto adattarsi.
Sorprendentemente, fra gli Hadza il tipo e la quantità di flora intestinale di uomini e donne differiscono in modo significativo, una circostanza mai osservata prima in nessun altra popolazione umana. Secondo i ricercatori questa differenza è legata alla divisione sessuale del lavoro: anche se maschi e femmine condividono tutti gli alimenti, ciascun sesso mangia un po’ di più di quelli che ha procurato: le donne tuberi e altri vegetali, gli uomini carne e miele. Inoltre, nella flora batterica degli Hadza sono presenti alti livelli di alcuni batteri capaci di degradare fibre particolarmente indigeste, come il Treponema, ma che nelle popolazioni occidentali sono invece spesso considerati un segno di malattia. Per contro, sono molto bassi i livelli di altri batteri, come Bifidobacterium, che nelle popolazioni occidentali sono considerati “sani”.
Questo, osservano i ricercatori, mette in discussione la definizione di flora batterica normale, soprattutto alla luce del fatto che fra gli Hazda sono pressoché assenti le malattie autoimmuni, che si ritiene siano in buona parte associate a squilibri nelle popolazioni di batteri intestinali.
Tratto da: lescienze.it
(NdR: ….nell’ultimo paragrafo si dice…..”si ritiene…..siano in buona parte associate a squilibri nelle popolazioni di batteri intestinali”, in realtà è perché quelle popolazioni non sono cosi vaccinate come le popolazioni del mondo occidentale…. che sono anche mangiatrici di prodotti industriali e quindi alterati….)
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Il corpo umano è abitato da migliaia di miliardi di microrganismi che acquisiamo fin dalla nascita e che si mantengono per tutta la vita.
Questo microbioma, anche se per lo più tendiamo a dimenticarcene, costituisce una parte intima ed essenziale della nostra persona. E coinvolto in numerosi processi biologici vitali, come la nutrizione, il sistema immunitario e persino la salute mentale. E oggi si stanno accumulando sempre più prove di una relazione fra microbioma e . Negli ultimi cinque anni, è stato creato un catalogo completo dei microrganismi che vivono sulle superfici e all’interno delle varie cavita’ del nostro corpo. Ciò ha rivelati che il microbioma è una comunita’ eterogenea di oltre 1.500 specie cui la stragrande maggioranza risiede nell’intestino.
Nell’uomo, la prova più convincente del potenziale rapporto fra microbioma e cancro proviene dagli studi sul colon-retto (CRC), la terza forma tumorale più comune negli Stati Uniti, nonché seconda principale causa di morte oncologica. Le ricerche recenti su pazienti con questo tipo di cancro rivelavano delle differenze.
Per esempio, confrontate con quelle di soggetti sani, le feci dei pazienti CRC contengono una quantità minore di batteri di certi gruppi e ed una sovrabbonda di altri batteri come e Streptococcus.
Perché è importante la tipologia di microrganismi presenti nel tratto gastrointestinale ?
Il microbioma gioca semplicemente un ruolo protettore nel nostro organismo, ma produce anche il 10% delle nostre energie e fa fermentare i carboidrati introdotti con la dieta in vari metaboliti quali gli acidi grassi a corta catena acetato, proprionato e butirrato. Fonte: NewScientist.com, 281, 2014
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Alcuni microbioloiologi stanno dimostrando che possono adescarne molti di più dalle rocce e dal fango marino tentandoli con un pò di “succo elettrico” – USA, 20/09/2014.
Esperimenti di crescita di batteri sugli elettrodi della batteria dimostrano che queste nuove straordinarie forme di vita essenzialmente mangiano ed espellono elettricità.
I biologi dell’Università della California del Sud (USC) hanno rilevato che la nuova scoperta abbraccia anche altri 10 o più tipi specifici di batteri differenti che si nutrono di elettricità, sebbene tutti in modi piuttosto diversi. Intervistato dalla rivista New Sdentisi, il Dott. Kenneth Nealson dell’USC ha spiegato il processo tramite il quale funzionano questi batteri. “Noi mangiamo zuccheri che hanno elettroni in eccesso, e respiriamo ossigeno che li accetta volentieri”, ha detto. Le cellule umane scompongono gli zuccheri per ricavare gli elettroni: in questo senso i batteri che assorbono direttamente gli elettroni sono molto più efficienti. “E in questo modo che produciamo tutta la nostra energia, e lo stesso vale per ogni organismo del pianeta”, ha aggiunto.
Alcuni dei batteri hanno persino la capacità di creare dei “biocavi”, una sorta di insieme di fili microbici in grado di condurre elettricità tanto quanto il rame, che è noto per la sua elevata conduttività elettrica. Annette Rowe, dottoranda di ricerca e allieva del Dott. Nealson, ha identificato circa otto tipi diversi di tali batteri.
Fonte: RussiaToday.com, 19 luglio 2014
SCOPERTI BATTERI che “MANGIANO” ELETTRONI
Commento NdR: NON si possono “mangiare” gli Elettroni, perche’ non appartengono a questo “lato” della materia in questa dimensione, ma si possono “utilizzare” per nutrirsi della energia/luce/in-fom-azione (fotoni) che Essi hanno e donano ai vari livelli della “materia-energia”.
L’intestino umano ospita circa 100 trilioni di batteri e nel colon sono presenti più di 500 do, la concentrazione batterica globale pungere 9xl013 unità. L’insieme di queste cellule batteriche, che formano un “tessuto nell’organo”, è definito Microbioma, e comprende tutti i BATTERI intestinali.
Esso si trova nell’intestino dell’ospite stabilendo un rapporto reciprocamente vantaggioso e modulando, attraverso le sue attività metaboliche, lo stato di salute dell’ospite (ì).
Ogni adulto ha nel suo intestino oltre 2 kg di batteri, che sono altamente organizzati e lavorano nel nostro interesse, a condizione che la loro popolazione sia adeguata: essi, infatti, giocano un ruolo cruciale per una digestione sana, regolano la motilità intestinale, sono responsabili della produzione di vitamine (acido folico, vitamina K, vitamine del gruppo B), di acidi grassi a catena corta (cibo per le cellule intestinali), dell’assorbimento di nutrienti (in particolare di calcio, magnesio e ferro), disintossicano il nostro organismo da muffe e farmaci e influenzano il nostro sistema immunitario, di cui sono il braccio destro: ricordiamoci che oltre l’80% del sistema immunitario risiede nell’intestino.
Il microbiota esercita diverse funzioni fisiologiche come inibizione di batteri patogeni e sintesi degli acidi grassi a catena corta, stimolazione dell’assorbimento delle sostanze nutritive e minerali, rinnovamento della mucosa intestinale e della decomposizione di composti proteici (2, 3).
La maggior parte dei batteri che compongono il non sono patogeni, ma sono anche presenti specie patogene (NdR: che sono batteri autoctoni che mutano forma e quindi funzione), ad esempio clostridi o Colibacillacea.
Un equilibrio strettamente controllato tra patogeni e batteri non patogeni è essenziale per il mantenimento di uno stato fisiologico (4).
L’alterazione della composizione del microbioma (ad es, un’espansione anormale di una specie batterica rispetto ad altre) che può essere causata da psicofisico, alimentare od ambientale, è definita come e può portare a condizioni patologiche (5, 6). – vedi: Esistono prove sperimentali che mostrano un’associazione tra (vale a dire, disfunzioni intestinali) e (Inflammatory Bowel Diseases,”IBD”) – reazione Tra le varie ipotesi eziopatogenetiche proposte, si postula che un cambiamento nella possa essere considerato il primum movens che causa danni alle (7, 8), (: per le alterazioni in contemporanea della disbiosi, e del pH nell’intestino tenue, che diviene sempre meno basico a seconda dei casi, fino a divenire acido, nei casi di alterazione di essi, si possono modificare i legami intercellulari responsabili della corretta struttura dello strato epiteliale della e ciò porta inevitabilmente a un aumento della Permeabilità mucosale. (9).
Di conseguenza, avviene la penetrazione di antigeni nello spazio intercellulare che porta all’attivazione del associato alla mucosa (MALT), con reclutamento e attivazione della cascata (ad esempio, attivazione della produzione di citochine, e danno al (7). Inoltre, dati recenti hanno fornito la prova della capacità di alcuni elementi del di attivare le cellule nella lamina propria dell’ (10,11,12). Un’alterata stimolazione ed intossicazione del Tessuto linfoide. È stato proposto che negli obesi e nei diabetici di tipo 2 una dieta ricca di grassi, genera lo in modo complesso, in particolare diminuendo Bifidobacterium spp.
Questo fenomeno è associato a livelli più elevati di lipopolisaccaridi (LPS) nel plasma (endotoxemia metabolica) e a una secrezione di citochine proinfiammatorie dipendente dai LPS. Una dieta ricca di grassi e i LPS promuovono l’infiammazione di basso grado indotta da disturbi metabolici (insulino-resistenza, diabete, obesità, steatosi, e l’infiltrazione del tessuto adiposo da parte dei macrofagi) (13, 14). Il collegamento tra composizione del microbiota e i disturbi metabolici si estende anche alle malattie cardiovascolari (CVD). La somministrazione di un probiotico, contenente Lactobacillus plantarum (Lp299v) e Bifidobacterium lactis (Bi-07), ha ridotto l’infarto del miocardio nei ratti, e questo è stato associato con una diminuzione dei livelli circolanti di leptina (15).
Questo ha anche suggerito che modificare la flora batterica intestinale con probiotici per ridurre i livelli di leptina in circolo può mitigare l’ipertrofia cardiaca e migliorare il rimodellamento cardiaco dopo infarto miocardico. Una spiegazione del legame tra la composizione della microflora intestinale e le malattie cardiovascolari potrebbe essere la capacità del microbiota di metabolizzare la fosfatidilcolina (PC) alimentare producendo trimetilammina che è convertita nel fegato in trimetilammina N-ossido (TMAO) (16). E’ interessante notare, infine, che sono state trovate associazioni tra malattia coronarica, malattia vascolare periferica, e storia d’infarto del miocardio e metaboliti della colina, TMAO, e betaina (17).
Poiché una modifica della composizione del microbiota può determinare manifestazioni patologiche sia intestinali sia extra-intestinali, non sorprende che per quasi cinquant’anni l’industria farmaceutica abbia proposto probiotici come agenti terapeutici per ripristinare l’omeostasi batterica dell’intestino umano.
Recentemente Bravo et al. (18) hanno dimostrato una specifica, mai prima dimostrata, modificazione neurochimica indotta attraverso la modulazione del Microbiota intestinale utilizzando un probiotico, il Lactobacillus Rhamnosus.
L’evidenza sperimentale ha dimostrato che esso riduce l’espressione RNAm del GABAaa2 nella corteccia prefrontale e nell’amigdala mentre alza il GABAaa2 nell’ippocampo. Il Lactobacillus Rhamnosus ha migliorato gli effetti neurochimici e comportamentali nel ratto non vagotomizzato rispetto al ratto che ha subito vagotomia, dimostrando che il vago può essere una via di comunicazione modulatrice fra i batteri intestinali e il cervello.
L’esperimento condotto da Bravo et al. (18) evidenzia l’importante ruolo dei batteri nella comunicazione bi-direzionale dell’asse e che taluni microrganismi possono essere un valido presidio in aggiunta alle classiche terapie dei disordini dell’umore.
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– Editore Ludes University Press. By 1,2, Massimo Cocchi, 1, Lucio Tonello, 1, Fabio Gabrielli, 1,3,4, Francesco Cappello, 1,5, Mark M. Rasenick 1, lstituto “Paolo Sotgiu” per la Ricerca Quantitativa e Quantistica in Psichiatria e Cardiologia Università L.U.de.S. 2, Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Università di Bologna 3, Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Università di Palermo 4, lstituto Euro-Mediterraneo di Scienza e Tecnologia, Palermo 5, Biomedical Neuroscience Training Program U. Illinois, Chicago College of Medicine
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PNAS 25 giugno 2019 116 (26) 12584-12586;
Le varie “Funzioni” dei Batteri:….Come i batteri causano dolore e cosa rivela sul ruolo del sistema nervoso
https://www.pnas.org/content/116/26/12584
I batteri mangia-carne impiegano una strategia subdola.
Quando il batterio, noto come Streptococcus pyogenes, si trova sotto la pelle per un piccolo taglio o una puntura di insetto, essi mangiano via il tessuto sottostante, causando una condizione chiamata fascite necrotizzante.
Uno dei primi sintomi che definiscono è che una lieve ferita o abrasione diventa intensamente dolorosa, molto più dolorosa di quanto dovrebbe sentirsi.
Risulta che queste infezioni sono incredibilmente dolorose perché i batteri dirottano i neuroni che percepiscono il dolore del corpo. Nessuno sapeva perché questo tipo di infezione facesse così male fino a quando il neuroimmunologo Isaac Chiu e colleghi della Harvard Medical School di Boston dimostrarono che S. pyogenes dirotta i neuroni che percepiscono il dolore del corpo, componendo la sofferenza.
Questi neuroni, a loro volta, comunicano con il sistema immunitario, riducendo notevolmente la risposta all’infezione, secondo una ricerca pubblicata lo scorso maggio su Cell ( ).
Questa comunicazione crea un doppio smacco per l’ospite: intenso dolore e una dura battaglia per combattere l’insetto. Circa 700 – 1200 persone negli Stati Uniti ottengono la fascite necrotizzante da Streptococcus ogni anno; un terzo di loro muore e molti altri soffrono di cicatrici e persino di amputazioni.
Negli ultimi anni, Chiu e altri ricercatori hanno iniziato a costruire un quadro di come alcuni batteri, funghi e virus (?), possono aumentare il dolore, o in altri casi intorpidire i loro ospiti.
Queste interazioni sono complesse: a volte avvantaggiano i microbi, a volte l’ospite. Ma questo lavoro ha già chiarito una cosa: ci sono tre, non due, i principali protagonisti dell’infezione. C’è il “patogeno” stesso, il sistema immunitario e il sistema nervoso. Ed è il cross-talk tra i membri di questo trio che spesso può determinare la risposta del corpo alle infezioni.
I ricercatori stanno appena iniziando a capire quelle conversazioni. Ma le loro scoperte sulle tattiche batteriche suggeriscono già nuovi approcci per il trattamento delle infezioni microbiche.
Cambio di Gioco
La squadra di Chiu ha “fatto enormi scoperte nel comprendere cosa sta accadendo in prima linea nella difesa dell’ospite contro le infezioni”, dice Kevin Tracey, neurochirurgo e presidente dell’Istituto Feinstein per la ricerca medica a Manhasset, New York, che studia le interazioni neuroimmuni. “Questo è un punto di svolta”.
Il lavoro ha comportato un grande cambiamento nel modo in cui i ricercatori pensano all’infezione/infiammazione.
Un decennio fa, la saggezza convenzionale sosteneva che il sistema nervoso opera separatamente dalle interazioni tra i patogeni e il sistema immunitario. I biologi credevano che le infezioni facessero male a causa dell’infiammazione, una risposta del sistema immunitario e un richiamo alle braccia, che causava arrossamento e gonfiore. “Questo era letteralmente ciò che il libro di testo diceva, e quello che tutti pensavano, fino a quando Isaac lo testò direttamente”, dice Clifford Woolf, un neurobiologo al Boston Children’s Hospital di Boston e l’ex consigliere post-dottorato di Chiu.
In una serie di esperimenti descritti nel 2013, Chiu e Woolf hanno rivelato non solo che i batteri interagivano direttamente con i neuroni per provocare dolore, ma anche che l’interazione aveva l’effetto di smorzare l’infiammazione ( ). 2
Ribaltamento del Dogma
Questi primi esperimenti di Chiu e Woolf si sono concentrati su Staphylococcus aureus, che causa (NdR: ? cosi dicono) diverse infezioni/ nella pelle, nelle ossa e nei polmoni.
L’iniezione della zampa di un topo con S. aureus meticillino-resistente (MRSA) ha indotto l’animale ad agire come se fosse ipersensibile al dolore: tirando indietro la zampa quando viene esposta al calore, al freddo o al colpo con un filo sottile. Ma i casi in cui i topi mostravano la massima sensibilità al dolore non erano correlati a caratteristiche infiammatorie come il gonfiore. Invece, gli animali erano più sensibili al dolore quando il carico batterico era più alto.
Chiu ha provato lo stesso esperimento in topi privi di geni chiave nel sistema immunitario, così come nei topi mancanti di cellule immunitarie come neutrofili, cellule T e cellule B. L’MRSA era ancora doloroso. Il sistema immunitario non era necessario affinché i microbi producessero dolore.
Allora, cosa stava causando il dolore ?
Normalmente, quando i neuroni sensibili al dolore chiamati nocicettori incontrano qualcosa di nocivo come il calore o l’acido, aprono i canali nelle loro membrane. Gli ioni positivi penetrano, cambiano il potenziale di membrana della cellula e fanno incendiare il neurone. Questo invia un segnale doloroso al midollo spinale e al cervello. Chiu ha scoperto che la S. aureus α-hemolysin, una tossina che forma pori, buca i fori nelle membrane nociceptor. Quei pori lasciano entrare ioni positivi, imitando il processo attraverso il quale i neuroni depolarizzano e provocano il fuoco delle cellule.
Scoprì anche che i nocicettori avevano recettori che riconoscevano direttamente le molecole batteriche chiamate formil peptidi come segnali di dolore nocivo e cotti in risposta. Inoltre, quando Chiu infettava topi privi di nocicettori, le loro zampe si gonfiavano di più con neutrofili in arrivo e altre cellule immunitarie, indicando una risposta immunitaria più forte.
I ricercatori hanno formulato una spiegazione: i nocicettori, quando attivati, rilasciano normalmente composti che soffocano il sistema immunitario. Senza quella soppressione, le cellule immunitarie si stavano allagando per fare il loro lavoro. “Ciò che abbiamo trovato è stato molto sorprendente”, ricorda Chiu. “Suggerisce che i nervi in realtà sono molto simili alle cellule immunitarie … sono pronti a rilevare i batteri o le molecole dannose dai batteri”.
Chatter a tre vie
Nello stesso periodo in cui Chiu si stava concentrando su questi intriganti fenomeni nelle infezioni di S. aureus, altri scienziati hanno iniziato a riferire le interazioni tra diversi agenti patogeni e il sistema nervoso e immunitario. Gruppi multipli, ad esempio, hanno scoperto che il comune lipopolisaccaride del componente batterico può attivare i nocicettori molto come fanno i peptidi formilici di S. aureus ( – ).3 5
Tuttavia, gli effetti sull’ospite variano a seconda del microbo.
Quando i nocicettori rilevano infezioni fungine causate da Candida albicans, il riconoscimento induce i nocicettori dell’ospite a rispondere in modo difensivo. Rilasciano un neuropeptide chiamato CGRP che può essere pro – o antiinfiammatorio, a seconda delle circostanze ( ). Con la Candida, CGRP amplifica la risposta immunitaria dell’ospite, aiutando a resistere al fungo ( ). 6 7
Ma l’interazione di un altro microbo con i neuroni può anche attenuare il dolore, piuttosto che causarlo, forse comprando l’intruso tempo extra per infettare inosservato.
Lesioni cutanee causate da Mycobacterium ulcerans, chiamate ulcere di Buruli, sono notoriamente indolori, specialmente durante le prime fasi dell’infezione. I medici avevano ipotizzato che una tossina di M. ulcerans, mycolactone, distruggesse i nervi sensibili al dolore. Ma i ricercatori di Inserm ad Angers e Lille, in Francia, hanno stabilito nel 2014 che mycolactone modifica effettivamente il potenziale della membrana nocicettiva in modo che le cellule non possano sparare ( ). 8
Concentrarsi sui batteri che mangiano la carne
Basandosi su questi risultati, Felipe Ribeiro, il postdoc di Chiu, ha deciso di indagare su S. pyogenes, lavoro che avrebbe portato all’articolo Cell 2018 ( ). Ribeiro ha scelto S. pyogenes perché provoca una sensazione di bruciore ben prima che abbia mangiato i tessuti. “Era, per noi, un indicatore che ci fosse un’enorme attivazione neuronale lì”, dice Ribeiro. 1
Lavorando nei topi, Ribeiro scoprì che la tossina dei pori di S. pyogenes, la streptolisina S, nocicettori attivati.
I batteri che mancavano della tossina non causavano lesioni cutanee dannose e scomparivano da soli. Allo stesso modo, i topi privi di nocicettori hanno sviluppato piccole lesioni e si sono ristabiliti rapidamente.
La spiegazione, ha scoperto Ribeiro, era che i nocicettori attivati dalla streptolisina S rilasciano CGRP, che in questa circostanza attenua le risposte immunitarie. Senza la tossina, o senza nocicettori per l’azione della tossina, i batteri non potevano reprimere l’infiammazione e la risposta immunitaria dell’ospite ha vinto il giorno.
Ma la posizione era importante quando si trattava di interferire con i meccanismi che causano dolore del microbo, come ha scoperto Ribeiro tramite esperimenti utilizzando la neurotossina botulinica A.
La tossina impedisce ai neuroni di rilasciare vescicole piene di CCRP e altre molecole di segnalazione, ma non impedisce ai neuroni di sparare. Quando Ribeiro ha iniettato la neurotossina sotto la pelle, i topi hanno avuto ascessi più piccoli; il blocco di CGRP ha prodotto un effetto simile. Ma i topi si comportavano ancora come se stessero soffrendo. Se, tuttavia, Ribeiro ha iniettato la neurotossina direttamente nel midollo spinale, ha bloccato i segnali di dolore trasmessi dal rilascio di vescicole. I topi non erano più infastiditi, ma hanno sviluppato grandi lesioni cutanee, indicando che i batteri erano ancora in grado di soffocare la risposta immunitaria. “E ‘stato davvero potente. Il QX-314 ha praticamente completamente bloccato il dolore”. – Isaac Chiu I risultati separano nettamente i due effetti della streptolisiina S: provocare il dolore direttamente facendo esplodere i neuroni vicini e reprimere l’immunità promuovendo il rilascio di molecole immunosoppressive come CGRP ( ). 1
Assunzione di tattiche microbiche
Sono i primi tempi di ricerca sulla comunicazione tra patogeni, neuroni e sistema immunitario, ma già il lavoro ha accennato a nuovi approcci terapeutici. Per le persone con fascite necrotizzante, ad esempio, il trattamento ideale bloccherebbe il dolore consentendo al tempo stesso alla risposta immunitaria di inseguire i batteri. Chiu spera che la botulino neurotossina A od i farmaci che agiscono su CGRP possano trattare non solo il fascite necrotizzante raro ma anche le infezioni cutanee più comuni.
Chiu e la sua studentessa laureata Kimbria Blake hanno anche sperimentato lo sfruttamento delle tattiche batteriche per trattare il dolore correlato alle infezioni. Pensavano che se i batteri stavano creando ulteriori fori nei nocicettori, i ricercatori potevano usare quegli stessi pori per inserire un anestetico.
Lo hanno provato con QX-314, un derivato della lidocaina che può colpire in modo specifico i nocicettori senza intaccare altri neuroni. Woolf ei suoi colleghi hanno lavorato per sviluppare il farmaco come antidolorifico mirato dal 2007, quando hanno dimostrato che l’uso della capsaicina derivata dal pepe nocivo per aprire canali nei nocicettori consentiva al QX-314 di spremere in quegli stessi canali al dolore intorpidito ( ). Il QX-314 non si adatta ai canali più piccoli di altri tipi di neuroni – e una volta che il farmaco si trova all’interno di un nocicettore, rimane bloccato, causando la durata degli effetti antidolorifici per ore. 9
In uno studio pubblicato l’anno scorso (10), Blake ha dimostrato che il QX-314 potrebbe anche entrare nei nocicettori sfruttando i fori punzonati dai batteri. Nei topi con S. aureus, la droga di Woolf funzionava molto meglio della lidocaina o dell’ibuprofene. “E ‘stato davvero potente”, dice Chiu. “Il QX-314 fondamentalmente bloccava completamente il dolore.” E mentre alcuni antidolorifici possono interferire con le risposte immunitarie alle infezioni, Blake non ha visto alcuna prova del fatto che il QX-314 lo abbia fatto. 10
Microbi come Staphylococcus e Streptococcus, Candida e Mycobacterium possono essere solo la prima ondata di agenti “patogeni” che si trovano a parlare direttamente sia al sistema nervoso che a quello immunitario. Chiu sta ora indagando su altri, inclusi virus come l’influenza. E Tracey nota che le tossine coinvolte nella modulazione microbica del dolore dell’ospite sono fatte da un’ampia varietà di batteri. Ciò gli fa pensare che ci saranno ben più di pochi agenti patogeni che modificano il dolore e le risposte immunitarie interagendo con i neuroni. “Prevedo che saranno molti”, dice. “Molti.”
Tratto da: Pnas.org
FINALMENTE la VERITA’ VIENE a GALLA – Intervista al virologo tedesco dott. Lanka
http://neue-medizin.com/lanka2.htm
I virus non esistono come tossine….perché sono esosomi creati dalle stesse cellule per riordinare quelle in stress ossidativo, essi sono i nostri angeli custodi della perfetta salute, altro che pericolosi, sono indispensabili per stare sempre bene.
il covid19, è l’ultima Cospirazione, dell’apparato medico, ed è la teoria del contagio (inesitente) che continua ad essere propagandata dal “moderno” sistema medico, al servizio di Big Pharma, il cui prestigio, i cui profitti e il cui potere dipendono largamente dalla fiducia in questa assurda teoria. In sostanza, la popolazione crede a ciò che l’establishment medico vuole che creda. La teoria del contagio serve a tenere alta la domanda di farmaci e di cure mediche e ospedaliere e soprattutto di Vaccini tossici….
Nel sito sopra indicato, ecco la RIVOLUZIONARIA SENTENZA di TRIBUNALE TEDESCO – 2016
La sentenza della Cassazione Tedesca RIVELA le Falsità della cosiddetta “pseudoSCIENZA o FALSA SCIENZA
Sindrome chiamata “Asia”infiammatoria (vedi qui per piu’ particolari) scatenata dai vaccini
ASIA_Sindrome infiammatoria-dai-vaccini-Riassunto.pdf … ed e’ noto che le infiammazioni sono foriere di qualsiasi tipo di sintomi, che i medici chiamano erroneamente “malattie”….
http://www.assis.it/wp-content/uploads/2014/12/ASIARiassunto.pdf