La Medicina Funzionale è validamente spiegata con il rapporto effettuato con la Medicina Clinica convenzionale.
Quest’ultima si preoccupa sopra tutto dei mutamenti morfologici negli organi e tessuti del corpo, con metodologie diagnostiche appropriate al principio ideologico allopatico.
La Funzionale al contrario cerca di scoprire, diagnosticare e riordinare i disturbi energetici e quelli regolatori, che nella terminologia Medica Universitaria si possono definire “funzionali”.
Questi disturbi possono essere scoperti precocemente fin dal loro apparire, ancor prima che se ne manifestino i sintomi patologici con danni tangibili. I disturbi funzionali possono comunque essere valutati anche quando il danno si è già evidenziato morfologicamente. – vedi: BioElettronica
Ecco dei Principi che occorre ricordare:
Individualità biochimica determinata dall’intreccio tra unicità genetica e influenze ambientali
Il concetto di individualità biochimica è assolutamente centrale nella pratica della Medicina Funzionale, in quanto su di essa è focalizzata la ricerca diagnostica, la valutazione clinica e la prescrizione terapeutica.
L’individualità biochimica si esprime concretamente nelle modalità di metabolizzazione dei nutrienti, nei meccanismi di reazione alle tossine, esogene (ambientali, alimentari) ed endogene, nella capacità di elaborare le informazioni a livello cellulare, nei sistemi di comunicazione tra organi ed apparati dell’organismo.
L’individualità biochimica si fonda sull’unicità del patrimonio genetico (genotipo) e sulla possibilità di modularne l’espressione (fenotipo) in risposta alle influenze esercitate dai fattori ambientali e dalle scelte nutrizionali.
L’individualità biochimica determinata dalle interazioni tra patrimonio genetico e ambiente, e la localizzazione a livello molecolare della causa della malattia, hanno avviato la medicina moderna verso un nuovo modello di riferimento, basato sulla comunicazione ai più svariati livelli.
Comunicazione che si attua a livello atomico, a livello molecolare, a livello sopra-molecolare, e via via procedendo verso le dimensioni macroscopiche a livello di tessuto, e poi di organo, di sistema di organi, di organismo nella sua globalità, ed ancora a livello di individui, di famiglie, di società, di nazioni e di pianeta.
Questo modello di sistema di comunicazione si fonda sull’interazione tra strutture trasmittenti e strutture riceventi. La trasmissione avviene tramite molecole dette “mediatori”, e la ricezione si esplica attraverso i siti recettoriali della membrana cellulare o dello spazio endocellulare, che raccolgono l’informazione e la traducono in modificazione dell’espressione e della funzione genica.
Noi possiamo manipolare la comunicazione in entrambi i suoi versanti attraverso i gesti quotidiani, le abitudini di vita e di pensiero, le emozioni, l’alimentazione, (NdR: e la Bioelettronica) i rapporti con l’ambiente che ci circonda.
Modificare la comunicazione significa modificare la modalità attraverso cui i geni esprimono il fenotipo, creare un nuovo messaggio e trasmetterlo all’ambiente, sia interno che esterno.
La medicina convenzionale tende a considerare la malattia come un’entità astratta, indipendente dal paziente che ne è colpito.
È un fenomeno che interessa uno o più organi o tessuti singolarmente considerati, dove l’alterazione dei processi fisico-chimici propri dell’organo o del tessuto si traduce in un insieme di sintomi e segni, la cui rimozione tende a coincidere con la risoluzione dell’evento morboso. Rimozione da perseguire con schemi rigidi e prefissati, con “protocolli terapeutici”.
Nell’ottica funzionale, la malattia è l’alterazione dei meccanismi deputati al controllo e all’equilibrio delle reazioni biologiche dell’organismo, e nel contempo l’espressione dei tentativi messi in atto dall’organismo stesso per difendersi e autocurarsi.
Le reazioni biologiche sono quelle previste dal patrimonio genetico individuale, modulate nel loro svolgimento dagli effetti prodotti dai fattori ambientali e alimentari, dall’esperienza personale (compresi gli stati emozionali e i processi cognitivi).
È evidente che la malattia è costruita su misura sulla persona nella sua individualità genetica e biochimica, nell’interazione tra ambiente esterno ed interno individuale. Quindi, diagnosi e trattamento centrati sul paziente, e non sulla malattia.
Secondo l’impostazione codificata dal dr. Leo Galland, la diagnosi centrata sulla persona.
(PCD: Patient-Centered Diagnosis) si fonda su tre nozioni-chiave:
Gli Antecedenti o Diatesi
La diatesi è rappresentata dalla somma di tutti i tratti, congeniti o acquisiti dopo la nascita, biologici e psicosociali, che predispongono quel particolare individuo alla malattia. Sono tutti quei fattori di rischio, congeniti o acquisiti, che normalmente si annotano nel raccogliere la storia clinica del paziente, allargati anche a quelli demografici, genetici, ambientali, nutrizionali, farmacologici, sessuali, come pure a quelli correlati a malattie o terapie pregresse, e ai potenziali di reazione allo stress (tipologie ipo- o iper-adrenergiche).
I triggers o fattori scatenanti
Sono i fattori, intrinseci o estrinseci, in grado di provocare la liberazione o l’attivazione dei mediatori. Ne sono esempi i traumi, le infezioni, i farmaci, le tossine, gli allergeni, i cibi, l’attività fisica, pensieri o ricordi particolari e le interazioni sociali.
I mediatori
Sono gli agenti biologici che determinano direttamente l’insorgenza di una condizione patologica. Ne fanno parte sostanze come i prostanoidi, le citochine, i leucotrieni, i lipoperossidi, che provocano la risposta infiammatoria, come anche alcuni neurotrasmettitori, la melatonina (ormoni), (NdR: e la melanina) radicali dell’ossigeno e altre specie reattive.
Omeodinamicità o equilibrio dinamico dei fattori interni ed esterni
Il pensiero medico tradizionale annette grande importanza al concetto di omeostasi, cioè alla capacità dell’organismo di mantenere costanti i più importanti parametri fisici e chimici.
La Medicina Funzionale predilige per contro il concetto di omeodinamicità, cioè la reciproca influenza e quindi l’equilibrio dinamico tra fattori esterni (ambiente, alimentazione, stile di vita, relazioni sociali e relativi stati emozionali ) ed interni (genetici), responsabile del mantenimento dell’individualità biochimica.
L’interazione tra fattori interni ed esterni, e l’equilibrio dinamico che ne consegue, si traduce nella sintesi di un’infinita serie di molecole-messaggero e di mediatori, che a loro volta determinano il susseguirsi di reazioni, di comportamenti e di esperienze che nel loro insieme costituiscono ciò che normalmente chiamiamo “vita”.
Jeffrey Bland, ideatore della Medicina Funzionale come metodologia clinica, precisa che l’omeodinamicità è costituita dall’interazione dei fattori esterni non solo coi geni, ma anche con le proteine da essi sintetizzate (ossia, per dirlo con le sue parole, con la “funzione cellulare post-traslazionale”). Dopo che i geni si sono espressi e il loro messaggio si è tradotto nella produzione di proteine e di altri materiali destinati a regolare le reazioni fisiologiche e metaboliche, la funzione di queste sostanze può essere a sua volta influenzata e modificata dai fattori esterni, con effetti significativi sulla funzione cellulare (post-traslazionale, cioè successiva alla traduzione del messaggio genetico).
L’azione combinata dei fattori esterni sull’espressione genica e sulle sostanze da questa prodotte porta all’insorgenza di fenomeni di invecchiamento cellulare.
L’omeodinamicità così intesa dà conto del comportamento biochimico individuale, sia fisiologico che patologico.
La presenza di fattori ambientali e alimentari ostili può alterare la funzione delle molecole indotte dall’espressione genica, e quindi dar luogo alla comparsa di fenomeni di aging.
Un’alimentazione troppo ricca di carboidrati raffinati può portare a processi di glicazione delle proteine sintetizzate secondo espressione genica, e quindi alla perdita della loro funzione e all’invecchiamento cellulare anticipato.
Abitudini di vita (es. fumo) e fattori ambientali (es. inquinamento) dannosi possono portare a un eccesso di radicali liberi e quindi all’ossidazione delle proteine prima citate, con induzione di aging precoce.
Salute intesa come vitalità positiva, e non solo come assenza di malattia
Il pieno benessere di una persona non può consistere solo nell’assenza di malattia, ma deve essere caratterizzato dalla completa efficienza delle funzioni fisiche strutturali, metaboliche biochimiche, cognitive e mentali, emozionali e psichiche, che si traducono in uno stato di vitalità positiva unico per ogni individuo.
I progressi della scienza medica, nel campo della diagnosi e della terapia, in questi ultimi decenni hanno determinato un importante allungamento della vita media, senza però un corrispondente incremento dell’aspetto qualitativo.
Le nostre aspettative non si limitano al puro e semplice allungamento della durata della vita, ma si estendono all’esigenza di mantenersi attivi e vitali, in grado di continuare a cimentarsi in numerose attività, di girare il mondo, di restare in buona forma fisica e mentale, di partecipare positivamente alla vita sociale e di relazione.
La vitalità positiva è strettamente connessa al mantenimento della “riserva d’organo”. Durante la giovinezza, le capacità funzionali degli organi sono largamente superiori alle necessità essenziali, cioè esiste una “riserva d’organo”, che con il progredire dell’età tende a ridursi. Esiste una correlazione inversa tra riserva d’organo ed età biologica. Man mano che diminuisce la riserva d’organo, aumenta l’età biologica e la suscettibilità alle malattie.
È possibile modificare la velocità con cui si perde riserva d’organo e si innalza l’età biologica attraverso cambiamenti nello stile di vita, nella qualità dell’ambiente in cui si vive e nell’alimentazione. Dopo i 40 anni di età, questi cambiamenti possono incidere sulla qualità e sull’aspettativa di vita nella misura del 75%.
Tratto da: functionalpoint.it
Nonostante la medicina allopatica abbia raggiunto standard diagnostici buoni nelle malattie morfologiche, non è ancora in grado, per mancanza di studi Universitari appropriati, di avere tutti gli elementi necessari per una valutazione funzionale dei malanni.
Tutti i pazienti soffrono di disturbi funzionali. La mal funzione è un disturbo regolato e questi ultimi sono reattivi, cioè essi si presentano come impossibilità a compensare adeguatamente lo stato di irritazione dell’organismo.