“dio” era un extraterrestre (Jawéh il condottiero sanguinario del popolo di Israele) ? – 28/09/2010
L’ultima frontiera della propaganda antireligiosa nel mondo contemporaneo sembra voler tirare in ballo gli alieni !
Non si tratta di una boutade o di uno scherzo: da anni, oramai, pullulano in libreria o in rete, libri, documentari e pubblicazioni sostenenti l’ipotesi di un’origine “aliena” del genere umano.
Si afferma cioè che l’apparente “miracolo” dell’apparizione dell’uomo sulla terra –giustamente ritenuto “inspiegabile” a partire dall’ipotesi casualista darwiniana- sarebbe il risultato di un intervento “esterno” da parte di esseri extraterrestri.
Sarebbero gli extraterrestri, dunque, i nostri veri creatori – o meglio, manipolatori genetici, avendo, secondo tali ipotesi, mescolato il loro superiore DNA con quello delle scimmie terrestri – e gli stessi Testi Sacri, in primis la Bibbia, non sarebbero altro che narrazioni “ingenue” e “primitive” di antiche visite da parte di esseri alieni sul nostro pianeta.
Queste visioni, bizzarre quanto accattivanti, hanno conquistato negli anni un pubblico molto vasto, ma stanno solo negli ultimi tempi un esplosivo successo grazie all’opera di un curioso scrittore di origine ebraico-azera, Zacharia Sitchin, autore di una riuscitissima serie di saggi pubblicati in tutto il mondo.
– “Come padre un alieno…”: cenni di eziologia “extraterrestre”.
In realtà, c’è da dire che le celebri tesi dello scrittore azero non sono così “nuove” come qualcuno sarebbe tentato di credere; è da più di 50 anni, infatti, che queste ipotesi a metà tra religione, scienza e fantascienza conquistano, ogni tanto, la notorietà.
Il primo ad ipotizzare un intervento alieno nella storia umana, infatti, fu, già nei primi anni ’50, il matematico sovietico Matest M. Agrest, che dalle pagine della rivista moscovita Literaturnaja Gazeta, con l’evidente appoggio dell’allora nomenclatura comunista che ne intuiva il potenziale in chiave di propaganda antireligiosa, affermava che molti degli eventi miracolosi presenti nei testi biblici potevano in realtà riferirsi ad ingenue testimonianze dei nostri “sprovveduti” antenati venuti a contatto con antichi visitatori extraterrestri.
Negli anni ’60, poi, è lo svizzero Eric Von Daniken a proporre al grande pubblico l’ipotesi, ancor più radicale, dell’origine aliena del genere umano. In verità, la tesi di Von Daniken era, in questa prospettiva, ancor più estrema: egli adombrava infatti l’ipotesi che la stessa vita sulla terra fosse il risultato di un esperimento (mediante inseminazione) da parte di creature extraterrestri: questo, al fine di spiegare il mistero dell’apparizione della vita, apparentemente insolubile a partire dal meccanismo caso/necessità proposto dal darwinismo dominante.
E’ curioso, d’altronde, ricordare come il Von Daniken abbia trovato un’insperata sponda “ufficiale” nelle speculazioni dello scienziato Francis Crick, co-scopritore della funzione del DNA e ateo militante, che in un articolo del 1973, ipotizzava una versione radicale dell’ipotesi della Panspermia, da lui definita Directed Panspermia (Panspermia Controllata).
Il Crick, in sostanza, pur di rimuovere certe imbarazzanti aporie nella visione materialistica dell’origine della vita – che potevano pericolosamente aprire la porta alla possibile esistenza di un Progetto Divino – era disposto a sostenere l’ipotesi che la vita venisse “inseminata” di pianeta in pianeta da intelligenze extraterrestri in una sorte di “creazione programmata”: ipotesi questa che avrebbe permesso di fare a meno – o perlomeno di rimandare alle proverbiali calende greche – la sgradita domanda inerente l’esistenza di un “dio” creatore…
– Nibiru, Annunaki e Nephilìm: la “saga” extraterrestre di Zacharia Sitchin.
Zakaria Sitchin, ultima “star” in ordine di tempo della letteratura alienofila, non arriva, bontà sua, a tanto. Senza voler appaltare ad un “seminatore extraterrestre” il merito della presenza della vita nell’universo, egli si limita prudentemente a tirarlo in ballo solo per quanto riguarda l’origine dell’Homo Sapiens. Studioso autodidatta di lingue e mitologie mesopotamiche, Sitchin si distingue dai suoi predecessori anche per una certa erudizione che conferisce ai suoi saggi un aspetto a prima vista più “credibile” rispetto ad altre opere del settore. Questa erudizione, intelligentemente esibita, maschera con grande abilità le aporie e gli improbabili voli pindarici contenuti nelle tesi dello scrittore azero, permettendogli di vendere al pubblico un’appetibile contro-storia dell’umanità, al tempo stesso dotta come una tesi di laurea e intrigante come un romanzo di fantascienza.
L’ipotesi di Sitchin è essenzialmente basata su un’interpretazione sui generis degli antichi testi mesopotamici e biblici, i cui punti cardine sono:
1) L’interpretazione in chiave “astronomica” dell’epopea babilonese della creazione (Enuma Elish);
2) L’idea che le antiche popolazioni della Mesopotamia fossero a conoscenza, dell’esistenza di Dodici corpi celesti del nostro sistema solare, tra i quali figurerebbe un pianeta di nome Nibiru caratterizzato, secondo Sitchin, da un’orbita eccentrica che lo porterebbe periodicamente nelle vicinanze della Terra;
3) L’idea che gli abitanti di Nibiru, che Sitchin chiama Annunaki dal nome delle divinità mesopotamiche, o col termine biblico Nephilim, abbiano generato l’homo sapiens mescolando i propri geni a quelli degli esseri primitivi già esistenti sulla Terra.
Il primo testo antico a cui Sitchin afferma di rifarsi è, come detto, il poema babilonese della creazione, in cui è presente il mito di Marduk e Tiamat.
Il leif motiv della storia di Marduk e Tiamat, peraltro, ha numerose analogie con altri miti antichi: Marduk, divinità guerriera e maschile, uccide il mostro Tiamat rappresentante le acque del l’oceano primordiale e dal suo corpo “forma” la terra e il cielo.
Alla luce della scienza delle religioni, d’altronde, il mostro delle acque, Tiamat, rappresenta evidentemente la “materia indifferenziata”, la realtà ancora oscura e indivisa precedente alla Creazione dove sono contenuti “in potenza” i germi del futuro Universo; Marduk, principo maschile, è colui che differenzia questa materia inerte, liberando “le forme” del creato in un processo che, anche presso altre tradizioni, è spesso rappresentato come un “combattimento” [2].
Zacharia Sitchin, al contrario, afferma che i nomi di queste divinità dovrebbero essere identificati con quelli dei pianeti orbitanti intorno al Sole: in particolar modo, Marduk il guerriero altro non sarebbe che un pianeta dall’orbita eccentrica non ancora scoperto dagli astronomi moderni e Tiamat sarebbe invece il ricordo mitico di un grande corpo celeste esistito miliardi di anni fa.
Dallo scontro di Marduk con Tiamat (simboleggiato secondo Sitchin dal “combattimento”), quest’ultimo corpo celeste avrebbe dato origine da una parte alla nostra Terra, dall’altra alla Fascia degli Asteroidi, mentre Marduk, catturato nell’orbita del sole sarebbe divenuto Nibiru, il Dodicesimo Pianeta dall’orbita eccentrica che solo a intervalli di millenni sarebbe visibile dalla Terra.
A dispetto d’ogni inverosimiglianza, è solo dopo questo improbabile preludio astronomico che lo scrittore azero giunge al cuore della sua epopea fantarcheologica. Il pianeta Nibiru, infatti, altro non sarebbe che l’astro da dove sarebbero giunti sulla Terra gli Annunaki – i “figli del cielo: parola con cui i Sumeri indicavano i loro dei.
Queste creature, che Sitchin immagina alla ricerca di metalli nobili come l’oro, avrebbero sfruttato le risorse della Terra servendosi, pur a fronte della loro tecnologia straordinaria, di altri Annunaki utilizzati come servitori. Ed è qui, che Sitchin introduce la sua personalissima interpretazione di un altro monumento della letteratura mesopotamica, l’epopea dell’Atrahasis, che narra tra l’altro una versione del mito della creazione.
Nell’Atrahasìs, infatti, si narra di come gli Annunaki utilizzassero per i lavori umili delle divinità minori dette Igigi. Proprio a causa di una rivolta degli Igigi, stanchi di faticare per nutrire i loro superiori, gli Annunaki avrebbero deciso di creare un essere che potesse lavorare al posto loro: l’uomo.
Per crearlo, tuttavia, gli Annunaki avrebbero sacrificato una divinità minore – il demone Kingu – allo scopo di mescolarne il sangue con l’argilla tratta dalla terra.
Questo mito, che se da una parte è fondamento archetipico del rapporto angoscioso e terrificante che le popolazioni della Mesopotamia mantenevano con il mondo del sovrannaturale –l’uomo è visto come schiavo degli dei- d’altro, tuttavia, mette anche in luce la natura al tempo stesso terrestre e celeste che differenzia l’essere umano da tutte le altre creature, viene naturalmente interpretato da Sitchin in chiave tecnologico-aliena: l’uomo, infatti, null’altro sarebbe (come avrete già capito…) che il frutto di una mescolanza genetica fra il DNA dell’homo erectus e quello degli Annunaki (leggere extraterrestri) allo scopo di generare uno schiavo da poter utilizzare nelle estrazioni minerarie.
Naturalmente, Sitchin non si sofferma punto a spiegare per quali motivi i presunti Annunaki, capaci di viaggiare nello spazio e di inventare nuove specie, avessero bisogno di umili schiavi per estrarre minerali dalle miniere, né perché avessero scelto questa complicata soluzione piuttosto che ripiegare su più semplici e servili robot privi d’intelligenza, ma in compenso indica con precisione la zona del mondo dove questo evento fatale sarebbe avvenuto, ovvero l’Africa Australe, nella regione del fiume Zambesi.
Sitchin, peraltro, pretende di superare anche lo scoglio della possibile “incompatibilità genetica” fra esseri di mondi diversi, ricorrendo alla sua personale interpretazione della nascita della Terra, che avrebbe ricevuto i “germi della vita” al momento del presunto crash col pianeta Marduk/Nibiru: l’evoluzione poi avrebbe fatto il resto, generando esseri simili, e quindi compatibili geneticamente, a partire da una genetica simile.
– L’Eden e i Giganti: esegesi ufologica della Bibbia.
Una panoramica del Sitchin-pensiero, tuttavia, non é completa senza un collegamento con la tradizione biblica. Lo scrittore azero, ad esempio, identifica il giardino dell’Eden con la regione della bassa Mesopotamia dov’era Sumer[3], ma per risolvere l’apparente contraddizione fra un Eden mediorientale e la presunta culla africana del genere umano, l’autore è costretto ad un altro dei suoi funambolici voli, immaginando una precedente missione-annunaki nel Golfo Persico allo scopo di ricavare oro dalle acque del mare. In quel luogo, gli extraterrestri avrebbero trasferito dall’Africa un certo numero di schiavi umani per aiutarli nel lavoro, come indicherebbe, a parere di Sitchin, il versetto della Genesi biblica in cui si dice che YHWH “pose l’Adamo nel giardino dell’Eden”[4], segno secondo Sitchin che il nostro progenitore fu “preso” da un’altra parte e portato lì.
Nell’esegesi biblica di Sitchin non poteva mancare, naturalmente, il riferimento ad uno dei passi più discussi dell’Antico Testamento –particolarmente “gettonato” fra gli ufologi- ovvero al celebre incipit del capitolo 6 di Genesi in cui si parla dei “figli di dio” che, unendosi alle “figlie dell’uomo”, avrebbero generato i Nephilim (in ebraico “i Caduti” o “Coloro che fanno cadere”[5]), che la versione greca dei CXX traduce col termine Gìgantes, assimilandoli in tal modo a quelle protervie ed empie figure presenti anche nella mitologia ellenica. Sulla scia della comune interpretazione diffusa negli ambienti ufologici, Sitchin afferma naturalmente l’identità fra questi misteriosi “figli di dio” e gli extraterrestri di Nibiru, che accoppiandosi con le donne terrestri avrebbero dato origine ad una stirpe ibrida.
La ragione del promiscuo accoppiamento, secondo Sitchin, sarebbe stata la mancanza di individui femminili nella colonia che gli Annunaki avevano creato sulla Terra, penuria che avrebbe costretto i colonizzatori a “passare tempo” con le terrestri[6].
Ancora una volta, tuttavia, Sitchin sembra completamente ignorare la regola aurea che consiglia di interpretare un testo innanzitutto a partire dal contesto culturale in cui esso trae origine. Completamente a digiuno di simbolismi e di metafisica tradizionale, peraltro, il Sitchin probabilmente ignora l’esistenza stessa di “interpretazioni tradizionali” del famoso versetto biblico.
Ricordiamo, ad esempio, che nella tradizione giudaico-cristiana questo versetto ha dato origine a interpretazioni affascinanti –e certamente più “in sintonia” con la visione del mondo propria agli scrittori biblici- già dagli ultimi secoli prima dell’era volgare; e questo, senza dover tirare in ballo gli ET.
Una corrente antica del giudaismo, identificava i “figli di dio” con degli angeli caduti che avrebbero generato una prole con le donne umane, insegnando loro anche la magia e le arti nefaste che porteranno alla degenerazione spirituale punita col diluvio.
Questa idea, che ai nostri occhi potrebbe sembrare bizzarra e persino blasfema, di un accoppiamento fra creature “spirituali” e terrene, và comunque letta alla luce di un’idea del rapporto tra “visibile” e “invisibile” molto più complesso e sfumato di quel che normalmente si crede: una visione che è presente fino all’età classica e al Medioevo e, in qualche caso, si trasmette fino in età moderna[7].
Nella tradizione più “ortodossa”, tuttavia, i “figli di dio” e le “figlie dell’uomo” sono identificati con le due discendenze del “giusto Set” (il figlio avuto da Eva al posto di Abele) e dei Caino: dalla mescolanza tra queste due stirpi avrebbe avuto origine la razza maledetta dei Nephilim, che significativamente la traduzione greca della Bibbia identifica coi Giganti -terribili figure della mitologia ellenica condannati da Zeus per aver voluto “scalare l’Olimpo”- divenute il simbolo dello spirito luciferino nella sua ribellione al Divino.
Quel che è più importante da rilevare, infatti, è che, al di là delle varie interpretazioni, il capitolo 6 di Genesi così’ caro a Sitchin e ai cultori del mito extraterrestre, é soprattutto la spiegazione mitica della nascita di quella interpretazione perversa del sacro che, senza mezzi termini, potremmo definire satanica.
Non a caso, una delle interpretazioni più credibili del famoso numero della bestia 666 contenuto nell’Apocalisse è proprio quella in cui questa cifra è considerata come il valore numerico del termine greco Tèitan: Gigante[8]
– …per mandare in pensione Domineiddio !
L’opera di Sitchin, naturalmente, ha potuto conoscere un tale successo presso il pubblico di tutto il mondo anche grazie alla pressoché totale disinformazione esistente a livello di massa sui temi storico-religiosi. D’altronde, è davvero improbabile immaginare che la maggior parte della gente possa avere conoscenze sufficienti di esegesi biblica – o men che meno di letteratura e mitologia mesopotamiche…- al punto da possedere quegli strumenti minimi che soli garantirebbero una lettura critica di libri come quelli di Sitchin.
La causa del successo di questa fantaepopea, tuttavia, non sembra risiedere soltanto in una certa (e comprensibile) impreparazione del pubblico, ma anche e soprattutto nel fascino che certe tesi indubbiamente veicolano indipendentemente dalla loro credibilità. Nell’epopea fantascientifica degli Annunaki, infatti, il lettore stanco di una scienza “ufficiale” sempre più dogmatica e di una religione sempre più orizzontale e secolarizzata, può riscoprire il brivido del mistero e la gioia dello stupore. Inoltre, opere come quella di Sitchin sembrano strizzare l’occhio a quella “cultura del sospetto”, violentemente caratterizzata in chiave antireligiosa e soprattutto anticristiana, che da tempo culla il sogno di mandare definitivamente in pensione Domineiddio …magari, se necessario, sostituendolo persino coi Marziani !
Bibliogafia
[1] F. Crick, L. Orgel, “Directed Panspermia”, in Icarus n°. 19, London 1973
[2] Il nome Tiamat, è analogo all’ebraico Tehòm, indicante le “acque primordiali” (ovvero la materia informe e indifferenziata) sulle quali in principio si librava lo Spirito di “dio” (Genesi 1, 2).
[3] Cfr. Z. Sitchin, La Bibbia degli dei, Milano 2007, pp. 34-36
[4] Genesi 2, 1
[5] Dalla radice ebraica nafal, cadere. Il nome può riferirsi sia all’origine dei Nephilim dagli “angeli caduti”, sia al “far cadere”, poiché questa stirpe è vista come causa di un’ulteriore degenerescenza dell’uomo dopo la cacciata dall’Eden.
[6] Z. Sitchin, La Bibbia degli dei, cit. pp. 94-95
[7] L’idea che vi possa essere un connubio sessuale fra esseri umani e creature “immateriali” è antica come l’uomo.
Nel Medioevo persino un San Tommaso D’Aquino ha parlato di Incubi (entità demoniache di genere maschile capaci di avere rapporti nel sonno con donne e persino di “concepire” grazie allo sperma sottratto ad altri uomini) e Succubi (controparte femminile). Innumerevoli sono i racconti – anche piuttosto recenti- relativi a presunti rapporti fra donne e creature come Elfi o Fate (con concepimento di una prole “ibrida”), di cui ad esempio è ricchissimo il folklore delle regioni di lingua celtica (cfr. P. Narvez, The Good People: New Fairylore Essays, University of Kentucky 1997).
E’ dunque possibile che l’episodio narrato da Genesi 6 possa inquadrarsi in questo contesto di credenze universalmente diffuse e condivise da molte culture tradizionali.
[8] Tra i Padri della Chiesa, sostengono quest’interpretazione Ireneo di Lione e Ippolito Romano (cfr. G. Marletta/M. Polia, Apocalissi. La fine dei tempi nelle religioni, Milano 2008, pp. 62-63.
By Gianluca Marletta – Tratto da: libertaepersona.org
Commento NdR: la teoria di Sitchin è affascinate e non è assolutamente campata in aria, dato che le falsificazioni e le errate traduzioni dell’antico testamento della Bibbia, scritto in ebraico presinaitico (shardano, fenicio ed aramaico)… sono ormai note.
Però con le nuove e precise traduzioni della parola “YHWH” il tetragramma della Bibbia, tratte sempre dall’antico ebraico, di cui vi abbiamo edotti nel paragrafo precedente in questa stessa pagina, si evidenzia che occorre anche fare distinzioni fra i veri significati della parola in questione e la narrazione “storica” della Genesi, che potrebbe invece assumere i contorni descritti da Sitchin, dato che la narrazione “storica” biblica è tratta dagli scritti e dalle scritture cuneiformi impresse su tavolette di argilla dai Sumeri che sono ben antecedenti alla scrittura della Genesi e sono stranamente simili….anche se quella biblica è meno densa di particolari di quella dei Sumeri.
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La Scommessa di Pascal
Pascal, negli anni 1662, è stato un matematico, fisico, filosofo e teologo francese; qui viene illustrato il suo pensiero, che in sintesi afferma, che credere o meno in “dio” e/o nella religione, è un concetto di mera utilità.
Schema sintetico della scommessa:
– “dio” esiste ed io ci ho creduto: + (mi è convenuto);
– “dio” non esiste ed io ci ho creduto: x (non ci ho perso né guadagnato);
– “dio” esiste ed io non ci ho creduto: – (ci ho perso);
– “dio” non esiste ed io non ci ho creduto: x (non ci ho perso né guadagnato).
In definitiva, se non altro, mi conviene credere (un + ed un x contro un – ed un x).
Il ragionamento, sottile, anticipa quella che sarà la teoria dell’utilità in matematica, e se vogliamo, la teoria dei giochi.
Commento NdR: In quest’ ultimo paragrafo, è descritto il pensiero di un soggetto, pur valevole dal punto di vista del ragionamento, ma carente di informazioni sulla fisica atomica, sub atomica e quella quantistica, la cosmologia, e la filosofia moderna.
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Il CAMPO UNIFICATO, dell’INFINITA‘ dell’UNICO e VERO “dio” = INFINITO – Fonte: The Living Spirits
By Michael Tellinger che si presenta sinteticamente:“Il mio campo di intervento è quello della ricerca sulle origini dell’umanità, facendo dei collegamenti con la cultura africana e quella sumerica; ma anche di indagare ciò che hanno tramandato alcuni “detentori della conoscenza” del Sud Africa per poter trarre conclusioni da ciò che gli antichi avevano compreso, per usare questa conoscenza a beneficio dell’umanità ora.
Di recente, ho scritto il libro del movimento “Ubuntu Contributionism, un progetto per la prosperità umana”, anche se il mio ultimo libro è “Temples of African Gods” (Templi di déi africani).
Ubuntu, è una filosofia di vita e di comunità senza denaro, che trae spunto dalle antiche civiltà presenti in Sud Africa e che Tellinger ha studiato e ricercato (le sue esperienze archeologiche) essendone nativo e residente.
Se ogni cosa non entra in risonanza con il Primo Campo Unificato dell’InFinità (“dio”), inizia la sua autodistruzione.
Con Ubuntu possiamo dire che ci sia “l’imposizione” di questa armonia di creazione, per poter vivere in armonia assoluta con il nostro pianeta, con gli altri esseri umani e rompere la struttura che ci ha imposto la dissonanza.
Certamente credo nell’InFinità, ma bisogna prima definire cosa/chi è “dio”. È da qui purtroppo che arrivano le divisioni fra gli uomini.
Ricordatevi che l’umanità è governata da principi di divisione, e le religioni organizzate sono il mezzo principale per imporre questa divisione, che è probabilmente il maggior distruttore dell’anima umana e dello spirito umano.
È fondamentale che le persone prendano coscienza che siamo tutti Uno con l’InFinito.
State lontani da queste divisioni della religione. Guardate dentro di voi, nel vostro cuore e vedrete che siamo tutti aspetti dell’InFinità, diversamente non saremmo qui.
Noi stessi siamo alieni: abbiamo un DNA alieno nel nostro sangue. Siamo Uno con l’InFinità che è in noi e chiunque si frapponga tra l’individuo e l’InFinità, si sta imponendo sul libero arbitrio dell’individuo.
Può darsi che Gesù non fosse un alieno, ma certo era un Maestro con molte migliaia di vite sulle spalle, che è venuto per insegnarci come sfuggire al controllo dragoniano (luciferiano=il grande drago=il rettile=rettiliano) dei nostri controllori e come uscire da questa trappola, da questi Quattro Livelli di Schiavitù Umana:
1) quella fisica, con la manipolazione genetica;
2) quella mentale, perché non capiamo che succede;
3) quella emozionale, perché il non capire chi siamo e da dove veniamo ci rende confusi ed instabili;
4) quella spirituale: le religioni organizzate ci confondono su ciò che siamo, come esseri divini, cioé parte della manifestazione dell’InFinità.
Credo che Gesù sia stato un profeta e un Maestro, un Essere avanzato con grande conoscenza, ma non è stato il solo, né prima né dopo di lui.
Il Karma non è di natura universale. C’è una manipolazione forzata che può accadere, uno scudo sullo Spirito, che viene imposto e che impedisce di ricordare chi siamo e crea questa griglia che è sul pianeta.
Se siano stati gli Annunaki a porla o altri, il punto è che c’è evidenza di questa griglia, messa sul pianeta Terra, perché agisca come una trappola karmica, che impedisce alle anime di allontanarsi dal corpo e riunificarsi con la Sorgente e quindi esse sono costrette a tornare a causa di questa stessa trappola karmica, fino a che non sopraggiunga l’illuminazione.
Ma le persone non sanno cosa significa illuminazione, tuttavia possiamo riunirci alla fonte e sfuggire alla trappola karmica o al karma solo se ci illuminiamo.
E quando cominciate a leggere ciò che Gesù il nazareno ha insegnato e più volte detto, chiunque egli fosse, comincerete ad avere le chiavi per liberarvi.
– vedi: Sovranità Individuale
Il SUONO e la RISONANZA: La COSA PRIMORDIALE
Il suono è la cosa primordiale del tutto, ma la sua causa e’ la vibrazione/movimento, che genera anche il suono.
Lo OM-AUM primordiale, il suono dell’INFINITA’. Tutte le civiltà antiche credevano che il suono e la risonanza fossero la fonte di tutte le cose, quindi con esse si può fare tutto: manifestare una forma fisica, distruggerla, levitare e guarire. Ne è prova il fatto che i cerchi di pietra delle antiche culture (come le ho potute studiare in Sud Africa), fossero degli amplificatori giganti, che usano le frequenze, vibrazioni della Madre Terra e le convertono in un campo estremamente potente di energie, che scorrono orizzontalmente e verticalmente creando vari vortici. Si trattava di Tecnologie delle Leggi di Natura, per usare il suono di Madre Terra.
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Considerazioni:
Ovviamente il dio delle religioni Non può essere scientificamente provato, perché questi è pura concezione ed interpretazione personale dei testi che non hanno una valenza reale !
Verosimilmente gli autori dei testi (ritenuti da alcuni sacri) hanno messo per iscritto la personale concezione del divino. Quindi rifarsi a tali testi e volerli a tutti i costi dare per “ispirati” come se detenessero la verità assoluta.
Tale pretesa, decade clamorosamente per via delle multiformi concezioni che vi sono costruite sopra…
Cioè, se il testo fosse veramente ispirato dalla divinità, questi sarebbe univoco nella esposizione e nella sua concezione…
L’alibi della fede che riesce a far comprendere la visione di una determinata istituzione religiosa, decade clamorosamente in vista delle parole di colui che reputano “signore”.
“conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. (Giov. 8:32)
Conoscere, implica di aver assimilato totalmente una verità in cui si pone fiducia…..
Conoscere significa avere totale padronanza di ciò che si comunica, senza cadere nei numerosi contraddittori in cui le varie professioni religiose puntualmente cadono….. giustificandosi con il mistero o la fede cieca !
La fede NON è cieca ! La fede ci vede benissimo… Il fatto è che per giustificare le personali concezioni, i religiosi inventano alibi e scusanti per cercare di tenere a galla la loro baracca !
Il Gesù il nazareno/Yashùé/Giosuè, narrato nei vangeli, che oramai appartiene alla sfera del mito, per quante aggiunzioni postume e gesta miracolose gli sono state attribuite, non aveva nessuna volontà ad istituire una nuova religione fondata su un clero che attraverso la paura verso un dio vendicativo, iracondo e geloso, bisognava dare muta e incondizionata asserzione…..
Gesu’/Yashùé verosimilmente, proclamava un dio diverso da ogni concezione… Bisognerebbe vedere Gesu’/Yashùé come uomo, fuori dal mito che gli è stato costruito dalle religioni e dai suoi apostoli stessi…..
Gesu’/Yashùé sicuramente era un uomo con una sensibilità diversa ed una percezione della divinità fuori dai canoni comuni di quel tempo, che ad oggi sono stati richiamati….
Gesu’/Yashùé, conduceva l’uomo ad un rapporto diretto con il divino senza intermediari…. divino che non è da intendersi come le religioni lo propinano….
Quindi un rapporto diretto, per essenza intrinseca, non dettato dalla paura di incombere nella dannazione, privo di qualsivoglia status elitario o di mete extra corporee paradisiache….
Un richiamo al rispetto del principio vitale (NdR: la Legge dell’AmOr) che si evince chiaramente nella vita di tutti i giorni… Principio da estendersi a qualsiasi forma vivente che è permeata dalla medesima fonte….
By Tony Frenda – https://www.facebook.com/antonino.frenda.31
Video IMPORTANTE, sullo “SFIDANTE”, il parassita, “satana” l’avversario, il diavolo, il guardiano della soglia…ecc.,
cosa è, dov’è e chi è ?
Altre info sulle varie traduzioni della parola “d’IO”: La BOCCA di dio
I nomi utilizzati per indicare questa entità superiore dotata di potenza straordinaria sono numerosi tanto quanto numerose sono le lingue e le culture, con le loro origini facciamone un riassunto esplicativo:
• Nelle lingue di origine latina come l’italiano (dio), il francese (Dieu) e lo spagnolo (Dios), il termine deriva dal latino Deus (a sua volta collegato ai termini, sempre latini, di divus, “splendente”, e dies, “giorno”) proveniente dal termine indoeuropeo ricostruito *deiwos.
Il termine “dio” è connesso quindi con la radice indoeuropea: *div/*dev/*diu/*dei, che ha il valore di “luminoso, splendente, brillante, accecante”, collegata ad analogo significato con il sanscrito dyáuh. Allo stesso modo si confronti il greco δῖος e il genitivo di Ζεύς [Zeus] è Διός [Diòs], il sanscrito deva, l’aggettivo latino divus, l’ittita šiu.
• Nelle lingue di origine germanica come l’inglese (God), il tedesco (Gott), il danese (Gud), il norvegese (Gud), lo svedese (Gud), sono relazionati all’antico frisone, all’antico sassone e all’olandese medievale Got; all’antico e al medievale alto germanico Got; al gotico Gut; all’antico norvegese Guth e Goth nel probabile significato di “invocato”. Maurice O’C Walshe[2] lo relaziona al sanscrito -hūta quindi *ghūta (invocato). Quindi forse da relazionare al gaelico e all’antico irlandese Guth (voce) e all’antico celtico *gutus (radice *gut)[3].
• Nella lingua greca, antica e moderna, il termine è Theós (Θεός; pl. Θεοί Theoí). L’origine è incerta[4]. Émile Benveniste, tuttavia, nel suo Le Vocabulaire des institutions indo-européennes[5] collega theós a thes- (relazionato sempre al divino)[6] e questo a *dhēs che si ritrova nel plurale armeno dikc (gli “dèi”, -kc è il segno plurale). Quindi per Émile Benveniste: «è del tutto possibile -ipotesi già avanzata da tempo- che si debba mettere in questa serie Theós ‘dio’ il cui prototipo più verosimile sarebbe proprio *thesos. L’esistenza dell’armeno dikc ‘dèi’ permetterebbe allora di formare una coppia lessicale greco armena[7]».
• In ambito semitico il termine più antico è ʾEl (in ebraico אל), corrispondente all’accadico Ilu(m) (cuneiforme accadico ) e al cananaico ʾEl o ʾIl (fenicio ), la cui etimologia è oscura anche se sembrerebbe collegata alla nozione di “potenza”[8].
• Nell’ambito della letteratura religiosa ebraica i nomi con cui viene indicato dio sono: il già citato ʾEl; ʾEl ʿElyon (ʿelyon nel significato di “alto” “più alto”); ʾEl ʿOlam (“dio Eterno”); ʾEl Shaddai (significato oscuro, forse “dio Onnipotente”); ʾEl Roʾi (significato oscuro, forse “dio che mi vede”); ʾEl Berit (“dio dell’Alleanza”); ʾEloah, (plurale: ʾElohim , meglio ha-ʾElohim il “Vero dio” anche al plurale quindi; ha per distinguerlo dalle divinità delle altre religioni o anche ʾElohim ḥayyim, con il significato di “dio vivente”); ʾAdonai (reso come “Signore”). Il nome che appare più spesso nella Bibbia ebraica è quello composto dalle lettere ebraiche י (yod) ה (heh) ו (vav) ה (heh) o tetragramma biblico (la scrittura ebraica è da destra a sinistra): traslitterato quindi come YHWH, il nome proprio del dio di Israele[9]. Gli ebrei si rifiutano di pronunciare il nome di dio presente nella Bibbia, cioè י*ה*ו*ה (tetragramma biblico) per tradizioni successive al periodo post-esilico e quindi alla stesura della Torah.
L’Ebraismo insegna che questo nome di dio, pur esistendo in forma scritta, è troppo sacro per essere pronunciato. Tutte le moderne forme di Ebraismo proibiscono il completamento del nome divino, la cui pronuncia era riservata al Sommo Sacerdote, nel Tempio di Gerusalemme. Poiché il Tempio è in rovina, il nome non è attualmente mai pronunciato durante riti ebraici contemporanei.
Invece di pronunciare il tetragramma durante le preghiere, gli ebrei dicono Adonai, cioè “Signore”. Nelle conversazioni quotidiane dicono HaShem (in ebraico “il nome”, come appare nel libro del Levitico XXIV,11) quando si riferiscono a dio.
Per tale ragione un ebreo osservante scriverà il nome in modo modificato, ad esempio come D-o. Gli ebrei oggi durante la lettura del Tanakh (Bibbia ebraica) quando trovano il tetragramma (presente circa 6000 volte) non lo pronunciano.
• Nell’ambito della letteratura religiosa arabo musulmana il nome di dio è Allāh (الله) riservando il nome generico di ilāh ( إله; nel caso del dio unico allora al-Ilāh il-dio) per le divinità delle altre religioni. Il termine arabo Allāh viene probabilmente dall’aramaico Alāhā[10]). Nel Corano, il libro, sacro dell’Islam, l’Essere supremo rivela che i suoi nomi sono Allāh e Rahmān (il “Misericordioso”).
La cultura islamica parla di 99 “Bei Nomi di dio” (al-asmā‘ al-husnà), che formano i cosiddetti nomi teofori, abbondantemente in uso in aree islamiche del mondo: ‘Abd al-Rahmān, ‘Abd al-Rahīm, ‘Abd al-Jabbār, o lo stesso ‘Abd Allāh, formati dal termine “‘Abd” (“schiavo di”), seguito da uno dei 99 nomi divini.
• Nella lingua sumerica il grafema distintivo della divinità è (dingir), probabilmente inteso come “centro” da cui la divinità si irradia[11].
• Nella cultura religiosa sanscrita, fonte del Vedismo, del Brahmanesimo e dell’Induismo, il nome generico di un dio è Deva ( देवता) riservando, a partire dall’Induismo, il nome di Īśvara (ईश्वर, “Signore”, “Potente”, dalla radice sanscrita īś “avere potere”) alla divinità principale[12]. il termine Deva è correlato, come ad esempio il termine latino Deus, alla radice indoeuropea già citata richiamante lo “splendore”, la “luminosità”. In tale alveo la divinità femminile si indica con il nome di Devī, termine che indicherà con la Mahādevī (Grande Dea) un principio femminile primordiale e cosmico di cui le singole divinità femminili non sono che manifestazioni[13].
• Nella cultura religiosa iranica preislamica il termine utilizzato è l’avestico Ahura (“Signore”) che corrisponde al sanscrito Asura[14]; acquisendo il nome di Ahura Mazdā (“Signore Saggio” persiano اهورا مزدا) l’unico dio del monoteismo zoroastriano[15].
• Il carattere cinese per “dio” è 神 (shén). Esso si compone al lato sinistro di 示 ( shì “altare” oggi nel significato di “mostrare”) a sua volta composto da 丁 (altare primitivo) con ai lati 丶 (gocce di sangue o di libagioni). E a destra 申 (shēn, giapp. shin o mōsu) sta per “dire” “esporre” qui meglio come “illuminare”, “portare alla luce”.
Quindi ciò che dall’altare conduce alla chiarezza, alla luce, dio. Rende il sanscrito deva e da questo deriva sia il lemma giapponese di carattere identico ma pronunciato come shin sia quello coreano 신 (sin) e il termine vietnamita thân.
Anche il tibetano lha. Quindi 天神 (tiānshén, giapp. tenjin, tennin, coreano 천신 ch’ŏnsin vietnamita thiên thần: dio del Cielo) dove al già descritto carattere 神 si aggiunge 天 (tiān, giapp. ten) col significato di “cielo”, “celeste”, dove si mostra ciò che è in “alto” è “grande” (大 persona con larghe braccia e grandi gambe ad indicare ciò che è “largo”, “grande”).
Tutte sicuramente etimologie interessanti ma che non spiegano la vera natura del termine, dove i due aggettivi più frequenti a cui si fa riferimento come nascita del termine dio nelle varie lingue risultano essere i termini LUCE e POTENZA.
Vediamo ora una nuova etimologia, o meglio una etimologia non considerata
Il termine italiano dio deriva dal termine latino DEUS Dal precedente Devos, dal vecchio latino deiuos, dal proto-italiche deiwos, dal proto-indo-europeo deywos a sua volta il termine deywos deriva dalla radice * dyew- (“cielo, cielo”).+ os che deriva dal proto-indo-europeo héh (o) s (“bocca”).
QUINDI
Il termine “dio” ha quindi anche il significato di: BOCCA del CIELO, il vuotoquantomeccanico dell’INFINITO.
By Agostino De Santi Abati
(NdR:ovvero il Vuotoquantomeccanico la bocca di “dio”, il TUTTO dal quale si manifesta il contenuto nel e dell’INFINITO).
Ed ora analizziamo nella Bibbia, all’inizio della Genesi, anche le prime parole in shardano, Fenicio, aramaico, ebraico antico – scritte non con i caratteri cuneiformi del tempo degli Assiri, ma quello scritto in – Ebraico antico Sinaitico-Fenicio-Samaritano e vediamo di scoprire meglio il pensiero Mosaico, non solo quello Parlante e Letterale, ma anche quello Significante e Nascondente.
Questi versi della Bibbia contengono “anticipazioni” molto importanti di:
Cosmologia – fisica quantistica – la fisica attuale d’avanguardia ed infine l‘aritmetica binaria.
Infine ecco una bella disamina sul tema, ma visto dal punto di vista sperimentale della Fisica Quantistica:
La BUFALA del dio-CREATORE: QUANDO L’UOMO CREÒ “dio” SENZA SAPERE di ESSERLO
La domanda che ha da sempre tormentato l’umanità:
Chi siamo ? Da dove veniamo ? Cosa c’è dopo la morte ?
Domande apparentemente senza risposta che le religioni hanno cercato di risolvere attraverso un dio-Creatore. Ma se la realtà che percepiamo non è oggettiva, ma una mera illusione che noi creiamo come la mettiamo ?
La fisica quantistica ha dato prova di questa mia asserzione attraverso esperimenti che pochi conoscono.
In questo primo articolo ci occuperemo di un esperimento, datato al 1920, chiamato delle due fessure che portò Einstein a dire che non poteva credere che se chiudeva gli occhi la luna non era più lì dove la vediamo. Un’affermazione apparentemente ineccepibile, purtuttavia Einstein fu sconfessato dal suddetto esperimento che ha avuto nuove conferme da un’altro più avanzato chiamato esperimento delle due fessure ad azione ritardata condotto dal fisico Wheleer nel 1990 e da Mandel con uno ancora più avanzato successivamente.
Nel 1920 i fisici condussero il primo esperimento. Nella fisica classica se noi spariamo dei proiettili attraverso due fori, mentre gli altri verranno fermati dalla maschera, i proiettili che colpiranno il bersaglio formeranno due rettangoli stretti e lunghi sul rilevatore rettangolare posteriore, che saranno la “proiezione” sul bersaglio dei due fori della maschera.
Se ripetiamo l’esperimento con delle onde al posto dei proiettili, queste colpiranno il bersaglio non soltanto in corrispondenza dei due fori, ma anche in altre parti del muro, facendoci vedere una tipica figura a frange detta figura di interferenza.
Vediamo cosa succede invece se al posto dei proiettili facciamo passare attraverso le due fenditure degli elettroni, cioè particelle e non onde, che dovrebbero far ripresentare la stessa figura dei proiettili. La sorpresa è che invece otteniamo una figura di interferenza come nel caso delle onde, nonostante gli elettroni siano particelle dotate di solidità. Gli scienziati, davanti a questa situazione, provarono ad inviare un singolo elettrone alla volta, facendolo giungere sul rilevatore posteriore prima di far partire il successivo, ma nonostante questo accorgimento si formava ugualmente la figura di interferenza tipica delle onde come nella figura sottostante.
Gli scienziati non sapevano darsi una risposta, come era possibile che un singolo elettrone si comporti come un’onda e faccia interferenza con se stesso? E da quale dei due fori passa il singolo elettrone? Per poter produrre l’interferenza, esso deve essere un’onda e passare contemporaneamente dai due fori, il che non è possibile per una particella singola.
A livello quantistico le leggi della fisica classica non sono più valide, questo sebbene noi siamo formati da atomi che sono formati a loro volta da queste particelle subatomiche. La spiegazione è che finché l’elettrone non viene rivelato sul bersaglio, esso non si trova mai in un punto preciso dello spazio, ma in uno stato potenziale astratto descritto da una funzione d’onda, che si propaga appunto come un’onda e non secondo una traiettoria definita. Per capire cosa succedeva gli scienziati inviarono sull’elettrone una debole sorgente luminosa dietro uno dei due fori, per vedere da quale foro l’elettrone passava, ma così facendo la figura di interferenza scompariva e l’elettrone diventava particella reale. Wheeler ripropose l’esperimento facendo la rilevazione dopo che la particella era passata dalla fessura, ad azione ritardata, ma questo vuol dire che l’onda ha già imboccato anche l’altro foro e lo ha oltrepassato.
Ora mentre nel primo foro l’onda collassa diventando particella, nel secondo foro l’onda è comunque passata, eppure scompare svanendo nel nulla. Come è possibile ?
Per fare questo esperimento Wheleer inserì il rivelatore non lontano dal primo foro, ma neanche tanto vicino, per assicurarsi che nel frattempo tutto il fronte d’onda passasse attraverso il secondo foro per osservare il fotone come particella, però dopo che esso è transitato da entrambi i fori come un’onda. Inserendo il rivelatore dopo che l’onda è transitata dalla maschera, esso individua il fotone come particella e perciò la figura di interferenza non si crea, ma la parte dell’onda già transitata dal secondo foro scompare nel nulla nonostante l’onda era già transitata. Infatti se non si inserisce il rivelatore la figura di interferenza si forma e questo vuol dire che l’onda transita da entrambi i fori. Come può accedere?
L’unica soluzione è che prima della misura il fotone rimane in uno stato indefinito di potenzialità o di non-oggettività o di irrealtà. Solo quando inseriamo il rivelatore, possiamo dire con certezza che il fotone era passato solo dal primo foro e non dal secondo foro, e infatti non c’è interferenza. Quando invece non inseriamo il rivelatore, e riveliamo dei fotoni sul bersaglio che formano la figura di interferenza, allora possiamo dire che ciascun fotone ha fatto interferenza come se fosse un’onda transitata da entrambi i fori; ma questo lo possiamo dire solo dopo che il fotone viene rivelato sul bersaglio e in un punto raggiungibile solo da un’onda ma non da una particella, cioè dopo la misura. Il fatto che il fotone ha deciso di passare da un foro solo o da entrambi dipende quindi da una scelta successiva al transito stesso, facendo sì che che ciò che è successo prima non è definito.
Se continuiamo a considerare “oggettivo” l’universo, l’esperimento in questione, se considerato su scala astronomica, può produrre risultati sbalorditivi, come nel caso dei quasar, la cui luce per giungere a noi impiega miliardi di anni essendo lontanissimi. Se la luce di un quasar durante il suo percorso incontra una grande galassia, questa può funzionare come una lente gravitazionale, facendo divideve il fascio di luce del quasar il fascio in due fasci che aggirano la galassia da due parti opposte.
Se il quasar si trova a dieci miliardi di anni luce di distanza dalla terra e la galassia a otto miliardi e noi vogliamo osservare il quasar, possiamo scegliere di far produrre interferenza ai due fasci, oppure di rivelare i singoli fotoni di ciascun fascio. Ma se otto miliardi di anni fa il singolo fotone è passato da entrambi i lati della galassia comportandosi come un’onda, oppure da un lato solo comportandosi come una particella, dipende da come decidiamo di osservarlo noi oggi.
Se scegliamo di rivelare la figura di interferenza, allora otto miliardi di anni fa il fotone ha deciso di percorrere entrambi i cammini, mentre se scegliamo di vedere il singolo fotone su un singolo cammino, allora otto miliardi di anni fa il fotone ha scelto di comportarsi come una particella; in pratica i fotoni devono aver avuto una sorta di premonizione, per sapere come comportarsi in modo da soddisfare una scelta che sarebbe stata fatta da esseri non ancora nati su un pianeta che ancora non esisteva.
Questo porta a considerare l’UniVerso in uno stato non oggettivo, e la sua oggettività è determinata dall’osservatore cosciente, senza il quale esso non esisterebbe.
Bisogna quindi riformalizzare l’UniVerso in termini di “informazione” piuttosto che di “materia”, bit d’informazione che arrivano ai nostri sensi per essere infine decodificati dal nostro cervello che ci fa passare per oggettiva una realtà che è tutt’altro.
Affronteremo questa tematica nella seconda parte di questo articolo, consapevoli ormai che non esiste nessun dio-creatore ma che siamo noi i co-creatori della realtà che vediamo.
By Alessandro De Angelis ricercatore di antropologia delle religioni – https://www.facebook.com/alessandro.deangelis.330
Scopi dell’esistenza:
Osservare all’INFINITO la continua trasformazione del pensiero che si tramuta in immagine ologrammatica e quindi in materia sensibile-informata, facendosi che tutti noi possiamo imparare partecipandovi direttamente, a modificare-trasformare e sempre più perfezionare il pensiero, cioè lo Spirito personale e quello dell’UniVerso e/o degli infiniti UniVersi possibili, ciò per mezzo del vuotoquantomeccanico che è la “casa infinita” dell’InFinito, cioè di tutti noi Viventi !
Il senso della Vita eterna che viviamo tutti quanti, è l’osservazione e la partecipazione al godimento dell’osservazione, per l’accumulo all’infinito dell’In-Form-Azione, per il TUTTO…in modo che la mente del TUTTO si perfezioni e si ampli sempre più Godendo della Vita nella pratica del’AmOr, base delle Leggi Cosmiche !
Leggete ora:
Chi è, cosa è, dov’è il diavolo ? + Ego/IO, chi sono ? + Chi siamo noi ? + VuotoQuantoMeccanico + IO SONO CRISTO + Cosa è anche il Cristo + Gesù il nazareno + Gesù NON è morto che per se stesso + Gesù l’Illuminato + Gesù è esistito ? + Gesù = Budda ? + Gesù il Nazareno NON di Nazareth + Gesù cristo ritorna ? + Cattolicesimo + Ebraismo e sue origini + Gesù il Serpente + Gesù NON è morto di Venerdi di Pasqua + GESU’ NON è NATO il 25 DICEMBRE + Gesù la Vera Storia + Cristiani-Cattolici e Trinità + Conclusione sul senso della Vita + Sintesi + Sovranità individuale + le prime 7 parole della Genesi