ESSENI, chi erano ?
Esseni: Termine derivato dall’aramaico “asayya”, medici dell’essere, dello spirito (insegnavano proprio la Medicina Biologico Naturale).
Setta ebraica di oscura origine, di cui è documentata l’esistenza dal II° secolo avanti era volgare.
Secondo Filone, Flavio Giuseppe e Plinio il Vecchio, ne vivevano circa 4000, specie nella zona del mar Morto (en gedi).
La Bibbia non ne parla affatto, anche se per numerosi studiosi è molto probabile, anzi quasi certo, che Giovanni Battista e Gesù abbiano subito una forte influenza delle loro dottrine; di Gesu’ si pensa che sia stato un loro iniziato/rabbino, che poi e’ fuoriuscito da essi.
Nella loro dottrina si trovano diversi elementi della successiva mistica ebraica e cabalistica.
Setta degli antichi ebrei/giudei; al tempo del Gesù il nazareno, non accettavano l’autorità dei farisei/saducei “padroni” e controllori del tempio di Gerusalemme; non effettuavano sacrifici di animali perché vegetariani; vivevano in comunità sulle colline che si trovano lungo il deserto che fiancheggia il mar morto in Palestina; scomparvero per opera dei romani; una delle loro comunità Masada, è rimasta nota per il suicidio di massa degli abitanti la comunità, i quali si suicidarono tutti quanti, pur di non cadere vivi nelle mani dei romani. che li assediavano da anni.
Nelle grotte di Qmran (zona mar morto) sono stati trovati dei rotoli (scritti in fenicio/aramaico/antico ebraico) da loro nascosti, dai quali si possono intravedere alcune loro credenze.
Essi (i figli della Luce = figli dell’Aor) erano parte di una lunga discendenza spirituale dei “puri ebrei”, seguaci del Mosé che fù membro della casa del faraone e quindi sacerdote (colui che conosce il sacro, l’occulto, il nascosto) e che erano con lui usciti (i loro padri spirituali) dall’Egitto; la loro ideologia originale (leggermente dissimile da quella degli Esseni che conosciamo attraverso i rotoli di Qmran), si trasmise di generazione in generazione e quindi di secolo in secolo fino ad arrivare agli anni contemporanei al nascente nuovo ebraismo messianico, (Gesù il nazir) ovvero il giudeo-cristianesimo, che come gli Esseni, erano distaccati dal farisaismo dei giudei ufficiali (sinedrio di Gerusalemme) i quali furono poi quelli che, secondo ciò che troviamo scritto nei 4 vangeli Mt.Mc.Lu. Gio., condannarono assieme ai romani il “cospiratore” Gesù il nazareno – da nazir – (NON di Nazareth) alla morte per crocifissione sul Golgota, collinetta fuori le mura di Gerusalemme proprio situata lungo la circonvallazione, vi è una grotta che appare come un teschio d’uomo ove vi è un sepolcro con una grossa pietra che si rotolava davanti all’ingresso….
Gli Esseni come i successivi giudeo-cristiani, utilizzavano anche la medicina naturale: frizioni fredde, abluzioni, fangoterapia, idroterapia, (in Masada si sono trovate le vasche a caduta, per questi riti di idroterapia fatti all’alba ed al tramonto come vuole la regola maestra della medicina naturale) clisteri, digiuni, vegetarianesimo, fruttarismo, fitoterapia, imposizione delle mani (prano terapia), meditazione nel deserto, confessione pubblica e privata, urino terapia, mangiavano in comunità, festeggiavano il giorno di riposo (il 7° giorno della settimana, il sabato = come giorno di riposo), non effettuavano sacrifici animali perché anche vegetariani, ecc., ecc.
Secondo Giuseppe Flavio, gli esseni usavano la “medicina naturale” per curare la “malattia”, ammalamento.
Leggiamo in Bellum iudaicum II,136 (traduzione di Luigi Moraldi): «Hanno una cura straordinaria degli scritti degli antichi, scegliendo specialmente quelli che riguardano il profitto dell’anima e del corpo. E qui studiano come guarire le malattie, le radici che preservano da esse e le proprietà delle pietre (minerali)».
Uno dei libri più importanti dell’essenismo è il Libro dei Giubilei, che risale alla seconda metà del secondo secolo a.C.
Leggiamo in Giub. X,12-13 (traduzione di Luigi Fusella): «Affinché Noè curasse con le piante della terra, noi [gli angeli] gli dicemmo, insieme con l’inganno, il rimedio di ogni malattia. E Noè, così come glielo avevamo insegnato, scrisse ogni specie di rimedio in un libro».
È dunque possibile che il contenuto del passo precedente di Giuseppe Flavio sia collegabile a questo passo del Libro dei Giubilei.
vedi anche: http://www.capurromrc.it/cristo/sette.htm
Siamo ormai a vari decenni dalla clamorosa scoperta dei Manoscritti dei rotoli del Mar morto, fiumi e fiumi di parole sono state dette, scritte e pensate. Noi pensiamo sia stato scritto troppo e a volte male.
La “nota” che ci ha sempre contraddistinto rispetto ai testi antichi e alle antiche tradizioni è la solita: dare la possibilità ad ognuno di “leggere” e “vivere” l’esperienza senza quella cattiva abitudine umana di “interpretare”.
G. Cangemi scrive:
“..E mentre entrano nel patto, i sacerdoti ed i leviti benediranno il Salvatore e tutti i suoi atti si adempiano di promesse, e tutti coloro che entrano nel Patto diranno dopo di loro: Amen, Amen. (Amen non è da intendersi con “così sia”, ma come dal’l’Apocalisse, inteso come il “testimone verace”.
Quanto sopra, ovviamente, per ciò che concerne gli Esseni del Mar Morto. Tuttavia la stessa parola “Amen” nella comunità degli Esseni del nord (i Nazareni del Monte Carmelo), aveva un significato diverso, essendo essa una contrazione della parola “Aumen”. Tale parola, di probabile origine egiziana (Kaumen) o mesopotamica, significava “il Dio Nascosto o il Dio Vivente. (spesso abbreviato ne “Il Vivente”, come si incontra spesso nel Vangelo gnostico di Tomaso o in altri gnostici).
Presso i Nazareni l’espressione “B’ney Amen” significava, appunto, “Figli di Dio”: ESATTAMENTE COME SI DEFINIVA GESU’ il quale faceva parte della comunità Nazarena, da cui, tuttavia, si era in un certo qual modo differenziato aderendo (o fondando insieme) alla comunità degli Ebioniti – Nazareni di suo fratello Giacomo.
Una “piccola” osservazione. Il nome completo del “Vivente” era: Aumen El, (Il Dio Nascosto o il Dio Vivente). E’ sin troppo ovvio che il nome “Emanuel”, attribuito a Gesù, NON DERIVAVA AFFATTO dall’EBRAICO “IMHA’NU EL”, che significa “Dio è con noi”, ma proprio da AUMEN EL, termine TIPICO della setta dei NAZARENI !
A causa della evidente CENSURA OPERATA nei confronti della comunità ESSENO-NAZARENA, da parte degli “evangelisti” e delle gerarchie ecclesiastiche, le quali seguivano PRECISE strategie tese ad obliare certi aspetti che intendevano mantenere nascosti, i furbastri fondatori hanno lasciato credere che “Emanuel” (Aumen El) derivasse dall’ebraico e che significasse “Dio è con noi” !
MA PERCHE’ tutta questa “censura” all’insegna dei NAZARENI ?
Censura che è arrivata persino alla risibile e falsa affermazione che “Nazareno” significasse “abitante di Nazareth” !, si possono fare varie ipotesi: tuttavia, a mio avviso, la spiegazione risiede nel fatto che la fede dei Nazareni si identificava con quella giudaica solo in parte. Ed è solo in parte che AUMEN EL si identificava con Yahweh !
Infatti, Aumen El, a differenza di Jawé, era un Dio “androgino”, più vicino alle deità del mondo pagano-gentilizio che a quello ortodosso ebraico !
I nazareni, rigidamente vegetariani, contestavano la legge dei sadducei, affermando che tale legge era menzognera, in quanto Mosè diede agli israeliti (e quindi ai nazareni) un’altra Legge, successivamente “armonizzata” (per usare un termine cattolico !) dalla protervia dei sadducei !
Un forte motivo di contrasto era rappresentato dai sacrifici degli animali sull’altare del Tempio !
A prescindere dall’aspetto etico, secondo il quale i nazareni ritenevano che anche la vita degli animali, al pari di quella degli uomini, andasse rispettata, c’è anche un’altro aspetto importante: tali sacrifici riconducevano direttamente alle usanze dei pagani, per cui i nazareni ritenevano inammissibile il fatto che Mosé potesse aver dato tale legge ! (Considerando che gli animali sacrificati finivano nelle cucine dei sadducei, si può anche capire l’avversione che costoro provavano nei confronti dei Nazareni !)
Gli ESSENI del MAR MORTO.
Chi erano costoro ? Innanzitutto va chiarito, una volta per tutte, che la parola “esseno” (nel linguaggio dei primi nazareni, ESSAYY) non identificava l’adepto ad una particolare setta, ma solo le CARATTERISTICHE degli adepti a determinate sette, in quanto “esseni” significava “guaritori”.
Nello stesso linguaggio, anche i “medici” egiziani sarebbero stati chiamati a loro volta “esseni”, senza tuttavia avere nulla in comune per ciò che concerne l’aspetto religioso delle sette palestinesi !
Dunque, Esseni come “guaritori”, in generale. Gli esseni del Mar Morto avevano, rispetto agli esseni-nazareni, una connotazione decisamente più “giudaizzante”.
Molto probabilmente gli altri Esseni presenti nel nord dell’Egitto, e che furono chiamati dai greci “therapeuti” (medici o guaritori), avevano caratteristiche intermedie tra i nazareni e gli esseni del Mar Morto.
Il nome con il quale questi esseni erano identificati dalla popolazione non greca era “Jesseani” (o Jessaeni): nome dal quale sicuramente derivò “Ossaeni”, cioè gli ESSENI del MAR MORTO, (con tale nome li identificò Epifanio di Salamina)
Dal momento che lo stesso Eusebio di Cesarea affermò che i primi “cristiani” vennero chiamati “jesseni” (solo gli sciocchi, i disinformati e gli accademici della Mira Lanza possono credere che i primi cristiani venissero chiamati “cristiani”), e che altri padri “fondatori” affermarono che il cristianesimo nacque in Egitto, tra la comunità dei terapeuti, si può ben capire l’effettiva presenza di Gesù in Egitto, e NON CERTO IN TENERA ETA’ !
By Elio
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QUMRAN: Nelle COMUNITA’ PALEOCRISTIANE (Esseni) le DONNE ERANO SACERDOTESSE !
Eccezionale scoperta dalle giare che contenevano i rotoli del mar morto, in cui si capisce come la comunità Essena avesse integrato negli ordini sacerdotali ANCHE le DONNE, come aveva precedentemente fatto anche Gesù ” ERA ASSISTITO da MOLTE DONNE”.
Le grotte di Qumran, dove nel 1947 furono ritrovati i famosi rotoli del Mar Morto, furono, nel I secolo d.C., un importante centro di spiritualità e di culto del gruppo ebraico degli Esseni, una sorta di monastero non solo maschile ma aperto anche alle donne, come dimostrerebbe il recente studio di una serie di antichi contenitori utilizzati per conservare gli unguenti e i profumi ed anche piatti e brocche.
Se i rotoli negli ultimi 65 anni sono stati studiati a fondo, finora non era mai stato compiuto un’indagine approfondita sulle ceramiche di Qumran, ritrovate nelle grotte vicino al Mar Morto, tra cui anche le giare (diverse decine) che contenevano proprio quei manoscritti.
Questo studio è stato compiuto adesso da un’equipe di studiosi italiani guidata dai professori Marcello Fidanzio e Riccardo Lufrani nei sotterranei del museo Rockfeller di Gerusalemme.
La Facoltà Teologica dell’Italia Centrale ha partecipato a questo progetto in collaborazione con l’Ecole Biblique et Archeologique Française di Gerusalemme ospitando due sessioni preparatorie nella propria sede di Firenze e inviando due dei suoi studenti di teologia biblica, Diletta Rigoli e don Bledar Xhuli, che oggi hanno riferito, in una conferenza stampa nel capoluogo toscano, dei risultati emersi durante il ”Qumran Seminar”.
– Le ”giare-manoscritto”, hanno spiegato Rigoli e Xhuli, sono cilindri di ceramica alti circa un metro, di fattura molto raffinata, che vanno dal II secolo prima dell’era volgare. al 70 d.C., anno della distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei romani.
La ‘lettura’ delle giare, e dell’altro materiale ceramico ritrovato nel sito archeologico (molti piatti, che probabilmente servivano per la offerte votive, ma anche brocche, vasi, unguentari) secondo i due ricercatori potrebbe confermare che Qumran (su cui esistono ancora molti misteri e punti di controversia tra varie correnti di pensiero) sia stato un importante centro di spiritualità e di culto esseno, di cui le grotte (in cui le giare sono state ritrovate) costituivano una specie di ”biblioteca” per la conservazione del testo sacro nella sua purezza, anche per difenderlo da eventuali saccheggi da parte dei soldati Romani.
I nuovi studi sulle giare sembrano confermare molte delle ipotesi avanzate da Roland De Vaux, domenicano dell’Ecole Biblique di Gerusalemme, che condusse gli scavi delle grotte di Qumran e dell’insediamento adiacente. Fu De Vaux a formulare la celebre teoria che interpreta il sito archeologico come un ”monastero esseno”.
De Vaux propose nel 1959 la sua teoria: Qumran era il sito comunitario degli Esseni, una setta che intorno al 150 a.C. si era staccata da Gerusalemme, in opposizione all”’empia” ellenizzazione dell’ebraismo, per praticare il lavoro, la preghiera e l’osservanza della purità rituale; e i rotoli erano la loro ”biblioteca”, nascosta nelle grotte per metterla in salvo, al tempo della rivolta antiromana culminata nella distruzione del Tempio, nel 70 d.C.
Nel periodo successivo la prematura morte di De Vaux nel 1971, gli studi si approfondirono e la teoria dell’archeologo subì le prime forti critiche: si constatò che solo una parte dei documenti rimandava agli Esseni, gli altri attestavano tendenze religiose diverse e anche divaricanti.
Tuttavia mentre i manoscritti furono completamente pubblicati negli anni ’90, i materiali di scavo, rimasti ‘dormienti’ dalla metà degli anni ’50, nel 1987 furono affidati dall’Ecole Biblique all’archeologo domenicano Jean-Baptiste Humbert, sotto la cui supervisione ha operato la squadra italiana nelle ultime settimane.
Tratto da: antikitera.net
Gli Esseni erano membri di una corrente ebraica dedita alle pratiche dell’ascetismo e diffusa in Palestina, soprattutto sulle rive del mar Morto, fra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. Il nome deriva dall’Aramaico e significa “i puri”.
Ignoti alla Bibbia e alla letteratura rabbinica, gli Esseni sono citati nelle opere di Filone di Alessandria, dello storico romano Plinio il Vecchio e di Giuseppe Flavio.
Caratteristiche essenziali del movimento erano la comunità dei beni e la stretta osservanza delle norme di purificazione rituale, con la pratica scrupolosa delle abluzioni; ai fedeli, inoltre, era proibito fabbricare e utilizzare armi, dedicarsi ad attività commerciali e prestare qualsiasi forma di giuramento differente da quello di fedeltà ai principi della comunità, pronunciato dopo un breve periodo di noviziato.
Gli Esseni erano tenuti al vincolo della segretezza e all’osservanza di una rigorosa disciplina che comportava punizioni per ogni infrazione. L’atteggiamento rigoristico del movimento portò, nel corso II secolo, all’opposizione nei confronti dell’ellenizzazione dell’ebraismo condotta dai sommi sacerdoti di Gerusalemme, considerati impuri e corrotti.
Gli Esseni si fecero tuttavia portavoce anche di espressioni di dissenso a riguardo di alcune prescrizioni tradizionali della legge ebraica, come la pratica rituale dei sacrifici di animali o l’accettazione della schiavitù, di fronte alla quale alcune fonti attestano la consuetudine di acquistare schiavi per poi restituire loro la libertà.
Nuova luce gettò sugli Esseni la scoperta, avvenuta dal 1947, di una serie di antichi manoscritti – vedi Manoscritti del mar Morto – custoditi in alcune grotte nei pressi della località di Qumran. Essi sembrano essere opera dei membri di una comunità, attiva fino al I secolo d.C., con pratiche e principi molto vicini a quelli attribuiti dalle fonti antiche agli Esseni.
Tratto da: http://www.riflessioni.it/enciclopedia/esseni.htm
vedi: ESSENI 1 + ESSENI 3 + Ebioniti + Vangelo aramaico + Vangeli + Apocrifi + Esseni e Vangeli + Giudeo cristiani + GNOSI fra i primi Cristiani + Falsificazioni della Bibbia + Falsificazioni Storiche + Origini Cristiane + Cattolicesimo + Giuseppe Flavio + Gesu’ l’Illuminato + INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA-Campi MORFOGENETICI
Esseni e Giudeo-Cristiani
http://mikeplato.myblog.it/2013/11/23/7q5-il-frammento-della-discordia/#respond
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Gli Esseni erano una delle tre principali sette religiose nella Palestina del primo secolo e si ritiene che Gesù fosse un membro del gruppo essenico settentrionale, localizzato intorno al Monte Carmelo. Erano conosciuti anche come Nazareni, essendo Nazareth divenuta più tardi, una delle loro roccaforti, anche se va notato che il termine Nazareno è antecedente al nome della località. I membri della setta vestivano di bianco e seguivano un’alimentazione vegetariana, come l’ordine carmelitano dei monaci cristiani, conosciuti anche come “frati bianchi” a causa della tonaca bianca da loro indossata.
E’ interessante notare come gli attuali membri di tale ordine originario del Monte Carmelo affermino apertamente che Gesù era un Esseno (Rabbino fuori uscito NdR) cresciuto sul Monte Carmelo, malgrado le scritture esseniche siano escluse dalla Bibbia normalmente divulgata dalla Chiesa.
Le Leggi degli Esseni di Qumaran
“Nel Consiglio della Comunità ci sono 12 uomini e 3 sacerdoti, perfetti in tutto ciò che è stato rivelato dell’intera Legge per praticare la verità, la giustizia, il giudizio, l’amore misericordioso e la condotta umile di ciascuno con il suo prossimo.
[…] Essa sarà la muraglia provata, la pietra d’angolo preziosa, le cui fondamenta non vacilleranno e non temeranno nel loro luogo”
Tratto da: “Testi di Qumran”, di F. Garcia Martinez, Paideia Editore, 2003, pag. 86.
Questo segmento è una parte del luogo 1-Q-S, col. VIII, della Regola della Comunità.
Lette con attenzione ci fa subito notare alcune interessanti analogie con determinati elementi dei Vangeli… questi:
a) …ci saranno 12 uomini (12 come gli apostoli dei giudeo-cristiani)
b) …ci saranno 3 sacerdoti (3 come Padre, Figlio e Spirito, che rappresentano simbolicamente l’ Io Sono, la mEnte ed il corpo fisico, lo Spirito)
c) …la pietra d’angolo (come “sarà la testata d’angolo”, come disse Gesù, che rappresenta simbolicamente la singolarità dell’UNIONE fra Io Sono, Corpo/mente, e Spirito all’unisono quando sono fecondati dall’olio sacro = cristo, base sulla quale si posa l’intero edificio dell’Essere manifestato nel suo corpo ormai a disposizione dell’InFinità e del Progetto Vita nell’UniVerso e nei possibili Universi)
I protagonisti dei Vangeli centravano qualcosa con la Comunità di Qumran ?
Il principale testo sacro essenico è il Vangelo dei Dodici Santi, riscoperto nel 1888 e tradotto dall’Aramaico dal Reverendo Gideon Jasper Ouseley. Questa versione del Nuovo Testamento differisce in modo notevole dalle versioni generalmente accettate in quanto ritrae Gesù come un rigoroso vegetariano, attorno a cui si adunavano le altre creature:
“E gli uccelli si radunarono intorno a lui e lo accolsero con il loro canto, e le altre creature viventi vennero ai suoi piedi, ed egli le nutrì ed esse mangiarono dalle sue mani.”
Viene inoltre descritta l’alimentazione degli esseri umani il cui cibo è costituito da pane ed uva. In merito agli animali il testo afferma: “Queste sono le creature vostre compagne della grande casa di Dio, sono vostri fratelli e sorelle e condividono lo stesso respiro di vita nell’Eterno. E chiunque si prenda cura di una delle ultime di queste donandole da mangiare e da bere secondo le sue necessità è come se lo facesse a me.”
Gli Esseni credono nella santità e nell’unità di tutte le vite e molti passaggi nel vangelo essenico fanno riferimento alla dottrina dell’amore illimitato verso Dio, verso l’umanità e verso tutta la creazione:
“Prima di tutte le cose c’è l’amore, amatevi gli uni con gli altri e amate tutte le creature di Dio, e da questo tutti gli uomini sapranno che siete miei discepoli.”
Tratto da: http://www.ivu.org/italian/news/1-96/essenes.html
Vedi anche http://utenti.lycos.it/maximusmagnus/gnosi/ebioniti.htm
http://www.123point.net/001topzine/formazio/arform40.htm
http://www.specchiomagico.net/esseni.htm
http://utenti.lycos.it/maximusmagnus/gnosi/simo.htm
http://old.lapadania.com/2000/marzo/28/28032000p12a1.htm
http://www.daltramontoallalba.it/speciali/esseni.htm
Un pò più di luce seria sul personaggio Gesù il nazareno, vedi anche qui: http://www.donninidavid.it
http://www.donninidavid.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=3 : la citta’ di Nazareth esisteva al tempo di Gesù ? NO !
Un’altra versione sulla vita su Gesù il rivoluzionario: http://coscienza.tv/?p=28
vedi anche: LUNARIO EBRAICO + EQUINOZIO di PRIMAVERA – La Festa di PASQUA + La vera storia di Gesù + l’Albero delle Vite + Rotoli di Qumran e Gesù
L’essenismo fu un movimento nato all’interno del giudaismo intorno alla metà del II sec. a.C. e costituito molto probabilmente da un insieme di comunità sparse nelle città o nei villaggi o isolate, tra le quali quella di Qumran.
Secondo alcuni testi provenienti dalle fonti indirette che possediamo su questo movimento, gli esseni non si sposavano: Apologia pro Iudaeis, di Filone Alessandrino, 14-17 (questo testo di Filone ci è pervenuto da Eusebio, Praeparatio evangelica VIII,11,1-18); Bellum iudaicum, di Giuseppe Flavio, II,120; Naturalis historia, di Plinio il Vecchio, V,15,73; Kata pason aireseon élenchos o Refutatio omnium haeresium, di Ippolito Romano, IX,18.
Ma già nella stessa Guerra giudaica di Giuseppe Flavio vi sono due passi in cui lo storico ebreo afferma che gli esseni non hanno abolito il matrimonio e la propria discendenza (II,121) e che esiste un gruppo di esseni sposati (II,160-161). E quest’ultima affermazione si trova anche in Ippolito (Élenchos IX,18).
Inoltre, da Filone Alessandrino (Quod omnis probus liber sit 85) e da Giuseppe Flavio (Bellum II,124) apprendiamo che gli esseni avevano case private che mettevano anche a disposizione per eventuali ospiti esseni provenienti da altri luoghi. è verosimile che in queste case gli esseni (quando non si trovavano nel luogo comune di riunione per la preghiera mattutina, per i due pasti quotidiani e per gli incontri del sabato e quando non erano al lavoro) dimorassero con i loro familiari, compresi moglie e figli.
In terzo luogo, sia Giuseppe Flavio che Ippolito dicono che gli esseni mettono alla prova le loro mogli per tre anni. Per capire meglio, occorre riportare i due testi, che sono molto simili, ma non identici. Scrive Giuseppe Flavio: Mettono alla prova le loro mogli per tre anni; e dopo che hanno superato una triplice purificazione, dando prova che possono partorire, allora le sposano (Bellum II,161). E scrive Ippolito: Mettono alla prova per tre anni le mogli (tas gametas). E dopo che si sono purificate per tre volte, dando prova che possono partorire, allora le conducono (ágontai) con sé (Élenchos IX,28).
Molti autori hanno sostenuto che non si possono riferire le tre volte della purificazione ai tre anni della prova. Purificate per tre volte significa che hanno avuto tre cicli mestruali regolari. Secondo l’ebraismo, infatti, le donne durante le mestruazioni erano in stato di impurità (cfr. Lv 15,19-31; 18,19; 11QTemple XLVIII,14-17); e secondo la saggezza popolare dell’epoca tre cicli mestruali regolari dimostravano la fecondità della donna (cfr. Filone, De specialibus legibus 3,33). Per cui i tre anni di cui parlano nella frase precedente sia Giuseppe Flavio che Ippolito devono riferirsi al periodo di prova triennale richiesto a tutti gli esseni.
Cio’ e’ confermato dal fatto che altrimenti vi sarebbe una contraddizione nel testo di Giuseppe Flavio tra la prima frase, in cui si dice che mettono alla prova per tre anni le mogli, e la seconda, in cui si dice che dopo che si sono purificate per tre volte le sposano. Il referente della prima frase dev’essere diverso da quello della seconda. Come scrive G. Boccaccini, il riferimento iniziale alle “mogli” (e non alle donne in generale) sembra rivelare come Giuseppe e Ippolito (o meglio la loro fonte comune) avessero in mente non tanto la messa in prova di promesse spose, ma delle attuali consorti di membri del gruppo (o postulanti)ť (G. Boccaccini, Oltre l’ipotesi essenica, Morcelliana, Brescia, 2003, pag. 91; ed. or. 1998).
Del resto, non si conoscono gruppi giudaici in cui era in uso un fidanzamento di tre anni, o documenti che ne parlino. Il periodo di fidanzamento presso gli ebrei durava circa un anno. Una ulteriore conferma di tale interpretazione viene, a mio avviso, dal fatto che l’ultimo verbo usato da Ippolito nel suo passo è agein, che significa propriamente “condurre” e non “sposare”.
Il verbo greco che significa “sposare” è gamein. Il verbo agein significa “sposare” solo quando è seguito da gynaika (“una donna”)
Questa costruzione si trova per esempio in Lc 14,20. Qualche volta agein significa “sposare” anche se non è seguito da gynaika, però tale sostantivo è sottinteso. Nel passo di Ippolito in esame, invece, il verbo agein si riferisce alle gametas (“mogli”) della frase precedente. E non può tradursi con “sposare”, perché sarebbe “sposare le mogli”. Deve tradursi con “condurre”.
Il senso del passo sembra essere dunque il fatto che le mogli venivano condotte nella comunità. Ciò vuol dire che per entrare nella comunità le mogli degli esseni non solo dovevano superare la prova di tre anni riservata anche ai mariti, ma dovevano dar prova di poter partorire, in modo che non vi fosse il sospetto che i maschi se le portassero solo per il piacere.
E questa interpretazione è confermata da ciò che viene subito dopo sia nel testo di Giuseppe Flavio che in quello di Ippolito.
Cito solo il secondo, essendo il primo praticamente identico: Non si uniscono con quelle incinte, dimostrando che non si sposano per il piacere, ma per la necessità dei figli (Élenchos IX,28). Una ulteriore conferma del fatto che in questi passi sia Giuseppe Flavio che Ippolito stanno parlando dell’ammissione delle donne nelle comunità essene viene dalla frase che in entrambi segue subito dopo l’ultima citata: Le donne prendono il bagno con una veste addosso, mentre gli uomini indossano un perizoma (Bellum II,161); Le donne si lavano indossando una sopravveste di lino, mentre gli uomini usano il perizoma (Élenchos IX,28). In un passo precedente della Guerra Giuseppe Flavio aveva detto che a chi chiede di entrare in una comunità essena, dopo un anno di prova viene data una cintura di lino (Bellum II,137; cfr. II,129) e può fare i bagni purificatori, ma entra a pieno titolo nella comunità solo dopo ulteriori due anni di prova (Bellum II,138-139).
Tra l’altro in Bellum II,138 è usato lo stesso verbo, “mettere alla prova” (dokimazein) che sarà usato in Bellum II,161 (e da Ippolito in Élenchos IX,28). Sembra evidente che quelli che si lavano il corpo con acqua fredda e non entrano nel refettorio che dopo essersi purificati (Bellum II,129) sono sia uomini che donne. Anche per le mogli degli esseni, dunque, vi era una procedura di ammissione che durava tre anni.
Se esaminiamo poi le fonti dirette che possediamo sugli esseni, cioè i testi ritrovati a Qumran e il Documento di Damasco, appare innegabile che gli esseni, o almeno molti di loro, si sposavano e vivevano con le loro mogli e i loro figli.
Numerosi sono i passi in cui si dice che i membri che hanno aderito al patto hanno una moglie (CD-A VII,6-7; CD-B XIX,3; 4Q268 fr. 1,I,12-13; 4Q269 fr. 12,4-5; 4Q270 fr. 11,I,12-14; 11QTemple XLV,11-12), o hanno una propria donna (CD-A IV,21; XII,1; XVI,10-12; 4Q270 fr. 9,I,18; 4Q502 fr. 1-3,3.7). In altri passi si afferma esplicitamente che gli esseni hanno rapporti sessuali (4Q269 fr. 12,4-5; 4Q270 fr. 9,I,17-18; fr. 11,I,12-14; 1QSa I,9-10; 11QTemple XLV,11-12; CD-A XII,1) e generano figli (CD-A VII,7; XV,5; CD-B XIX,3; 4Q270 fr. 10,I,21). In altri passi ancora leggiamo che tra gli esseni vi sono donne (1QSa I,4; 4Q270 fr. 8,1; 1QM IV,3-4; 4Q502 fr. 19,2-3; fr. 24,4), madri (4Q270 fr. 11,I,14), padri (CD-A XVI,12), bambini (1QSa I,4.8; CD-A XI,11; 4Q267 fr. 18,IV,10; 1QM IV,3-4; 4Q502 fr. 7-10,6; fr. 19,2) e famiglie (1QSa I,9.21).
Tutti questi dati non lasciano alcun dubbio sul fatto che nelle comunità essene fossero accolte e vivessero famiglie, con uomini, donne e bambini.
Ma vi sono tre passi, uno di Giuseppe Flavio, uno di Ippolito e uno di Filone, che fanno pensare che alcuni esseni si separavano dalle mogli e dai figli e abbandonavano la vita coniugale per entrare nelle comunità. Giuseppe Flavio afferma nelle Antichità giudaiche non che gli esseni non si sposano, ma solo che né introducono mogli nella comunità, né tengono schiavi (Ant. XVIII,21; da Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, a cura di Luigi Moraldi, 2 voll., UTET, Torino, 1998, vol. II, pag. 1108); Ippolito scrive che gli esseni non ricevono le donne nella comunità (Élenchos IX,18); e Filone che le comunità essene erano composte da uomini maturi, già sulla china della vecchiaia, non più dominati dai cambiamenti del corpo né trascinati dalle passioni (Apologia 3). Quest’ultima descrizione di Filone fa pensare che nelle comunità essene entravano anche vedovi, oltre a uomini che avevano lasciato le loro famiglie. I suddetti tre passi di Giuseppe Flavio, di Ippolito e di Filone, non possono significare, per quanto visto sopra, che nelle comunità essene non entravano donne. Il loro riferimento non può che essere al fatto che entravano nelle comunità molti esseni senza donne, o perché vedovi, o perché avevano lasciato a casa le mogli.
E’ probabile, inoltre, che tra gli esseni vi fossero anche celibi, persone che volontariamente non si sposavano.
Questa ipotesi sembra confermata dal ritrovamento, nei tre cimiteri intorno al Khirbet Qumran (uno principale a est e due secondari a nord e a sud) di cadaveri di donne e bambini, ma in numero molto inferiore a quello degli uomini (anche se l’esiguo numero di tombe scavate, 53 su 1200 circa, non autorizza conclusioni definitive). Sembra che a Qumran vivessero in gran parte o uomini che si erano separati dalle famiglie, o uomini vedovi, o uomini celibi. Questa diversità di Qumran potrebbe essere dovuta al clima inospitale, e/o al fatto che lì si producevano, a partire dalle pelli degli animali, i rotoli di cuoio che servivano per scrivere, servendosi anche dell’edificio della vicina oasi di Ein Feshkha (cfr. H. Stegemann, 1993).
E proprio una di queste due possibilità o entrambe presuppone l’ipotesi (della maggioranza degli studiosi) che la comunità di Qumran era una delle comunità dell’essenismo. Secondo altri autori, invece, la diversità di Qumran era dovuta a una radicalità ideologica dei qumraniani e/o a uno scisma tra loro e gli esseni (F. Garcia Martinez, 1989; J. Maier, 1990; G. Boccaccini, 1998). e’ una questione tuttora aperta e dibattuta.
Un’osservazione di cui non si può non tener conto, relativamente all’aspetto di cui stiamo parlando, è che non esiste un solo documento qumranico in cui si afferma che i componenti della comunità dovevano essere esclusivamente celibi, o vedovi, o separati dalle mogli. Se a Qumran vigeva una tale norma e se il documento che illustra le norme per la comunità, cioè la “Regola della Comunità” (1QS), valeva solo per Qumran, in esso, cosi pieno di norme e regole, dovremmo senza dubbio trovare almeno una menzione di tale norma. Ma la Regola della Comunità non ne fa cenno.
Non solo, ma nel documento che è stato trovato nello stesso rotolo in cui si trovava 1QS e immediatamente dopo di esso (1QSa, o Regola della Congregazione) si afferma che gli esseni hanno rapporti sessuali (1QSa I,9-10), che tra di loro vi sono donne (1QSa I,4), bambini (1QSa I,4.8) e famiglie (1QSa I,9.21). Sembra, dunque, che a Qumran non vigeva la norma per cui gli adepti dovevano essere celibi, o vedovi, o separati dalle mogli; e dunque non c’era, o era minima, la diversità ideologica rispetto alle altre comunità essene (almeno per questo aspetto).
La scelta celibataria di alcuni esseni sembra confermata non solo da alcuni dati delle fonti indirette (Filone Alessandrino, Giuseppe Flavio, Plinio il Vecchio, Ippolito Romano) e dai dati archeologici provenienti dai cimiteri di Qumran, ma anche da un passo non qumranico né degli autori sopra citati, bensì del Vangelo di Matteo: Vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda (Mt 19,12). Chi potrebbero mai essere questi che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli, se non esseni ? Gesù sta constatando una situazione esistente (Vi sono).
E non conosciamo alcun altro gruppo ebraico del suo tempo in Palestina al quale si possa riferire la frase di Mt 19,12.
Si potrebbe anche pensare che Gesù si stia riferendo a quegli esseni, di cui abbiamo parlato sopra, che avevano lasciato le famiglie per entrare nella comunità. Ma il termine usato (eunouchoi) e il fatto che Gesù sta rispondendo ai discepoli che avevano affermato che se tale è la condizione dell’uomo rispetto alla moglie, non conviene sposarsi (Mt 19,10), fanno senz’altro pensare che Gesù stia parlando di alcuni che volontariamente non si sposavano.
La motivazione della scelta del celibato, sia a Qumran che nelle altre comunità di esseni, non la troviamo nelle fonti dirette, dove anzi non si dice mai esplicitamente che alcuni sceglievano il celibato, e in un solo passo si parla di esclusione delle donne e dei ragazzi; ma è un passo che si riferisce agli accampamenti militari: quando escono da Gerusalemme per andare in battaglia (1QM VII,3-4); per cui appare scontata e normale la presenza delle donne e dei ragazzi in tempo di pace all’interno delle comunità. La motivazione del celibato la possiamo solo dedurre: o dai testi di Filone Alessandrino, di Giuseppe Flavio e di Ippolito Romano, in cui si parla di enkrateia o padronanza di sé estesa alle passioni (Filone Alessandrino, Apologia 14; Giuseppe Flavio, Bellum II,120; Ippolito Romano, Élenchos IX,18), o si parla della necessità di non essere schiavo di fronte agli altri (Filone Alessandrino, Apologia 17); oppure dal fatto che gli esseni considerassero la loro vita come una liturgia permanente, come una ricerca continua di un contatto con Dio, e dunque alcuni estendessero a tutta la vita la purità cultuale, anche sessuale, richiesta agli ebrei prima della teofania sul Sinai (Es 19,14-15), ai sacerdoti officianti (Lv 22,4) e ai partecipanti a una guerra (Dt 23,10-12; 24,5; 1 Sam 21,5-6; 2 Sam 11,11), tanto che due volte si parla di astensione dai rapporti sessuali nella città del tempio (CD-A XII, 1-2; 11QTemple XLV,11-12). Per lo stesso motivo legato a un’esigenza cultuale prescritta dalla Legge, gli esseni escludevano dalla loro congregazione gli uomini che avevano un qualche difetto fisico, ciechi, sordi, zoppi, mutilati, paralitici (1QSa II,3-9; CD-A XV,15-17). Uno che legga per la prima volta questi due passi della Regola della Comunità e del Documento di Damasco potrebbe rimanere sconcertato da questo rifiuto degli esseni di stare insieme a queste sfortunate categorie di persone, soprattutto perché viene subito in mente il diverso atteggiamento verso di loro tenuto da Gesù.
Ma gli esseni avevano un loro ben preciso motivo per comportarsi in questo modo. Infatti, in un passo del Levitico, Dio, per bocca di Mosé, vieta a chiunque abbia un difetto fisico di fare offerte come sacerdote (Lv 21,16-23). E nel Deuteronomio si legge che non potevano partecipare alle assemblee cultuali gli evirati e i castrati (Dt 23,2). Il divieto del Levitico riguardava solo i sacerdoti, i discendenti di Aronne. Ma vi sono due passi dell’Antico Testamento in cui si afferma che Israele è considerato da Dio un popolo di sacerdoti (Es 19,6; Is 61,6). E nei testi di Qumran si afferma che gli esseni consideravano loro stessi [il resto di] Israele (4QpIsa (4Q161) fr. 1,I,23), casa della comunità per Israele (1QS IX,6) e tempio spirituale (4Q174 III,6-7); e che Dio consacrerà (alcuni) come un santuario eterno e purificherà gli eletti; e saranno sacerdoti, suo popolo giusto (4Q511 fr. 35,3-4). Ritenendosi un popolo sacerdotale, gli esseni escludevano dalle proprie fila quelle categorie di persone che il Levitico aveva espressamente escluse come sacerdoti. Ma detto questo, occorre anche dire che tra le categorie che gli esseni escludevano dalla loro congregazione nei due passi citati non c’erano le donne. Come abbiamo visto, esse potevano entrare in una comunità essena, dopo i tre anni di prova. Tuttavia, erano certamente escluse dalle assemblee del sabato e dai due pasti cultuali quotidiani durante le mestruazioni, perché in stato di impurità (cfr. Lv 15,19-31; 18,19; 11QTemple XLVIII,14-17).
Gli esseni, infatti, ritenevano che durante il loro culto a Dio fossero presenti gli angeli che servono Dio (1QS XI,8; 4Q400 fr. 1,I,2-10) e che non c’è impurità nelle loro offerte sante (4Q400 fr. 1,I,14). Se qualcuno era in stato di impurità, dunque, non poteva partecipare al loro culto a Dio.
La conclusione che viene da tutti questi dati, a mio avviso, e’ che esistevano quattro tipi di esseni: 1) i celibi, che volontariamente non si sposavano; 2) gli uomini sposati che si erano separati dalle proprie mogli e dalle proprie famiglie per entrare in una comunità; 3) i vedovi non risposati; 4) le coppie di sposati, che vivevano in una comunità nelle proprie case.
Secondo alcuni autori (G W. Buchanan, 1964; A. Guillaumont, 1971; G. Boccaccini, 1998), vi erano due ordini distinti di esseni: il primo ordine comprendeva comunità in cui vivevano i primi tre gruppi visti sopra (celibi, separati e vedovi); il secondo ordine comprendeva comunità in cui vivevano gli esseni sposati del quarto gruppo. Questo significherebbe che vi erano comunità di esseni senza donne, come quella di Qumran descritta da Plinio (Nat. hist. V,15,73), e comunità di esseni in cui vi erano uomini e donne. Ma io non escluderei la presenza di comunità “miste”, cioè in cui vivevano esseni di tutti e quattro i tipi visti sopra. Anzi, credo che pressocché tutte le comunità essene fossero “miste”. E questo per due motivi.
In primo luogo, i dati archeologici dei tre cimiteri di Qumran, quello principale e i due secondari, ci dicono che i cadaveri di donne, seppur in forte minoranza rispetto a quelli di uomini, non sono assenti. Non solo, ma a Qumran sono stati trovati anche cadaveri di bambini piccoli sepolti accanto alle loro madri. L’ipotesi, da molti avanzata, che si tratti di mogli e bambini che venivano a visitare i mariti e padri non è convincente, sia perché il presupposto è che questi mariti e padri si erano separati da loro, sia perché è improbabile che queste donne e bambini siano morti proprio durante la loro visita a Qumran, che doveva essere molto breve.
In secondo luogo, recentemente è stato scoperto a Gerusalemme (in occasione dei lavori per l’apertura di una nuova strada) quello che sembra essere il cimitero della comunità essena di Gerusalemme, perché le tombe sono, come a Qumran, con direzione nord-sud e individuali, mentre gli altri ebrei usavano sepolture collettive (B. Zissu, Field Graves at Beit Zafafa: Archaeological Evidence for the Essene Community, in A. Faust, New Studies on Jerusalem, in Ramat Gan, 1996, pp. 32-40; Id., ŤQumran typeť Graves in Jerusalem: Archaeological Evidence of an Essene Community?, in Dead Sea Discoveries, 5, 1998; Id., Odd tomb out: Has Jerusalem’s Essene cemetery been found?, in Biblical Archaeological Review, marzo-aprile 1999, pp. 50-55,62). Questa scoperta, dopo l’identificazione nelle vecchie mura della “porta degli esseni”, delle latrine subito fuori le mura e delle vasche per le purificazioni, non lascia più dubbio sul fatto che a Gerusalemme esisteva una comunità di esseni che viveva nel quartiere sud-occidentale della città. Nel cimitero esseno di Gerusalemme sono presenti cadaveri di donne, e in numero quasi uguale a quello degli uomini. Poiché nella città del tempio erano vietati agli esseni i rapporti sessuali (CD-A XII,1-2; 11QTemple XLV,11-12), si può pensare che nella comunità essena di Gerusalemme vivessero sia celibi, sia separati dalle famiglie, sia vedovi e vedove, sia coppie che convivevano ma si astenevano volontariamente dai rapporti sessuali, almeno dentro Gerusalemme. Come è noto, quest’ultima pratica (convivere senza rapporti) fu praticata nel II – IV sec. d.C. da molti sacerdoti cristiani (agapetismo).
La presenza all’interno della stessa comunità di esseni celibi o separati e di esseni sposati pone il problema del ruolo che le donne avevano all’interno delle comunità essene. Era simile a quello, assolutamente marginale, che esse avevano nel restante giudaismo, o era in qualche modo diverso ? Un libro molto interessante di una studiosa che vive all’interno della comunità monastica di Bose, Laura Gusella, getta nuova luce sull’argomento. Da questo libro (“Esperienze di comunità nel Giudaismo antico. Esseni, Terapeuti, Qumran”, Nerbini, Firenze, 2003) riporto tre passi.
Nel primo la Gusella si sofferma su 1QSa I,9-11: Non si (avvicinerà) a una donna per conoscerla carnalmente fino a che non abbia compiuto vent’anni e conosca [il bene] e il male. Allora essa sarà convocata per testimoniare riguardo a lui (sui) precetti della Legge e per prendere posto per la proclamazione dei precetti. Scrive la Gusella: Il problema principale è rappresentato dalla forma verbale al femminile che per molti risulta poco convincente, dal momento che sarebbe indicativa di una situazione singolare: la donna può testimoniare nei confronti di o contro il marito, nel caso in cui questi abbia violato i precetti della Legge e può partecipare alla proclamazione dei medesimi. Questo dato appare estraneo alla condizione della donna nel giudaismo antico, poiché non vi è alcuna notizia circa il suo eventuale intervento in questioni giudiziarie (pp. 242-243).
Dopo aver discusso e respinto le proposte avanzate per superare l’apparente problema (intendere essa come la comunità anziché la donna; mettere il verbo alla forma maschile e sostituire riguardo a lui con secondo), la studiosa afferma che il senso letterale è di per sé pienamente accettabile. L’ipotesi sostenuta da altri autori [cita in nota D. Barthelemy; E. M. Schuller; L. B. Elder; P. R. Davies e J. E. Taylor] è quella di rispettare il testo così come si presenta, senza emendamenti e di intendere la proposizione come un’attestazione della responsabilità della donna nel rispetto delle norme della Torah da parte del marito e un riconoscimento dell’opportunità per lei di offrire la sua testimonianza. [.]
La donna, una volta sposata, aveva il diritto di essere convocata in giudizio per testimoniare circa il comportamento del marito, molto probabilmente per questioni non tanto generali, quanto private e specifiche, di cui lei sola poteva essere testimone, quali potevano essere le questioni di ambito sessuale. La moglie vigilava perciò che i loro rapporti coniugali non fossero resi impuri dalla “fornicazione”, intendendo con questa categoria tutti quei rapporti senza possibilità di procreazione (rapporti durante la gravidanza, durante il periodo mestruale, durante la menopausa, ecc.). In questo senso, il ruolo della donna nella congregazione risulta autorevole e tutt’altro che passivo (pp. 243-244).
Il secondo passo preso in esame dalla Gusella si trova nel Documento di Damasco: Sul giuramento della donna. Poiché è detto: Tocca al marito annullare il di lei giuramento, non annulli nessuno un giuramento se non sa se deve confermarlo o annullarlo. Se è per trasgredire il patto lo annulli e non lo confermi. E la norma vale anche per suo padre (CD-A XVI,10-12). Scrive la Gusella: Viene ripresa la normativa di Nm 30,11-16, per cui il marito può annullare il giuramento della moglie, ma l’interpretazione settaria restringe questa possibilità di annullamento, sia da parte del marito sia da parte del padre, solo al caso in cui il giuramento impegni la donna a trasgredire il patto.
La menzione del patto e la centralità datagli assicurano che il contesto è quello di una regola settaria. L’elemento interessante è la dignità riconosciuta alla donna, dal momento che né il padre né il marito sono autorizzati a sciogliere il suo giuramento se non sa se deve confermarlo o annullarlo, ossia probabilmente senza il parere e il consenso di colei che l’ha pronunciato, condizione non contemplata nel testo biblico (pp. 248-249).
Il terzo testo preso in esame dalla Gusella è 4Q502, dove si nominano, nell’ambito di quella che verosimilmente era una cerimonia che si ripeteva (una festa per la nostra gioia, fr. 7-10,10), una serie di categorie femminili corrispondenti a quelle maschili: [il maschio] e la sua donna (fr. 1-3,3); la sua compagna (fr. 1-3,7); figlia di verità (fr. 1-3,6); [figli della verità] (fr. 16,2.4); figli e figlie (fr. 14,6); anziani e anziane, fanciulli e fanciulle, ragazzi e ragazze (fr. 19,2); si dice che ella starà in un’assemblea di anziani e anziane (fr. 24,4); e si afferma che vengono fatte lodi a Dio (fr. 1-3,5; fr. 7-10,2.5.12) e che tutti benedicono Dio (fr. 7-10,4-5.9-10.14.16). Scrive a proposito di 4Q502 la Gusella: Il sorprendente parallelismo tra uomini e donne, la continuità e varietà dei gruppi femminili, il ruolo attivo che la donna sembra avere all’interno della liturgia, prendendo parte alle benedizioni e alle lodi, danno una prospettiva inaspettata alla fisionomia della setta (pp. 252-253).
Se consideriamo che nelle assemblee cultuali giudaiche (e nelle prime assemblee cristiane, almeno nelle Chiese paoline o postpaoline) le donne si limitavano ad ascoltare (cfr. Dt 31,9-13; Gios 8,34-35; Ne 8,1-12; Filone, De somniis II,126-127; Legatio ad Gaium 156; 1 Cor 14,33-35; 1 Tm 2,11-12), questa prassi degli esseni, come quella della proclamazione dei precetti da parte di donne di cui parla 1QSa I,11, sembra davvero nuova e sorprendente.
Ma oltre a questi aspetti evidenziati dal libro della Gusella, vi è ancora un aspetto relativo al rapporto tra uomini e donne in cui l’essenismo costituisce un progresso rispetto all’ebraismo tradizionale e al resto del giudaismo del tempo, cioè il rifiuto del ripudio della moglie da parte del marito. Leggiamo nel Documento di Damasco, scritto intorno al 100 a.C., che alcuni prendono due donne nella loro vita, nonostante il principio della creazione sia: “maschio e femmina li creò”.
E quelli che entrarono nell’arca, entrarono a due a due nell’arca (CD-A IV,21 – V,1). E di seguito nello stesso documento si dice che del principe è scritto: “Non si moltiplichi le donne” (CD-A V,1-2). Affermazione, quest’ultima, che si trova anche nel Rotolo del Tempio: il re non prenderà un’altra moglie oltre a quella, perché solo lei sarà con lui tutti i giorni della sua vita (11QTemple LVII,17-18). Poiché in CD-A IV,21 il pronome loro ha un suffisso maschile, si riferisce agli uomini e non alle donne, è evidente che si sta parlando della proibizione non solo della poligamia, ma anche del ripudio e del divorzio, perché un maschio che ripudia una donna e ne prende un’altra rientrerebbe tra quelli che prendono due donne nella loro vita.
E ciò è confermato dalle affermazioni di CD-A V,1 (entrarono a due a due nell’arca), cioè che Dio ha voluto salvare coppie di maschio e femmina (cfr. Gn 6,18-20), e di 11QTemple LVII,18 (solo lei sarà con lui tutti i giorni della sua vita), cioè che dev’esservi una donna per tutta la vita.
Forse noi oggi non cogliamo pienamente la valenza di tale proibizione, che per quei tempi doveva essere enorme. In Israele, infatti, la donna era una proprietà prima del padre, che aveva su di lei il diritto di venderla come serva (Es 21,7) e di darla in moglie (Gn 29,19; 38,14), e poi del marito (Gn 20,3; Es 21,22; Lv 21,3; Dt 24,2; 2 Sam 11,26); e in alcuni passi dell’Antico Testamento il termine ebraico per indicare il marito o l’uomo sposato è addirittura ba’al, che significa “padrone” (Gn 20,3; Es 21,3; Lv 21,14; Dt 22,22; 2 Sam 11,26; Prov 12,4). La moglie poteva essere ripudiata dal marito in qualunque momento (Dt 22,19.29; 24,1.3; Is 50,1; 54,6; Ger 3,1.8; Ml 2,16) semplicemente dandole il libello del ripudio (Dt 24,1.3; Is 50,1; Ger 3,8) e semplicemente perché non trova più favore ai suoi occhi (Dt 24,1).
Il divieto del ripudio e del divorzio vigente tra gli esseni costituiva, dunque, un enorme progresso sociale per le donne, che non erano più una semplice proprietà degli uomini, ma avevano riconosciuta una loro dignità.
Questo divieto del ripudio delle donne e del divorzio sarà anche la posizione di Gesù (Mt 5,32; 19,3-9; Mc 10,2-11; Lc 16,18), che per giustificarlo ha peraltro usato la identica motivazione degli esseni tratta da Gn 1,27 e 5,2: Dio li fece da principio maschio e femmina (Mt 19,4; Mc 10,6).
Quest’ultima considerazione mi porta a una notazione marginale relativa a Marcione. Come è noto, secondo Marcione il Dio dell’Antico Testamento è diverso dal Dio del suo “canone”, costituito dalle lettere di Paolo e dal Vangelo di Luca.
Quello è un Dio della giustizia, questo è un Dio dell’amore ed è stato rivelato da Gesù. Uno degli esempi che egli adduce per giustificare questa diversità è che il Dio dell’Antico Testamento permette il divorzio, mentre il Dio del nuovo “canone” non permette il divorzio. Ma da quanto fin qui visto, si potrebbe dire che il Dio del nuovo “canone” si è rivelato prima del nuovo “canone”; ed è rivelato dagli esseni prima che da Gesù. In realtà, è estremamente problematico il tentativo di Marcione di dimostrare una diversità fra un Dio e un altro fondandola sulla diversità fra due gruppi di scritti.
Pur con la dovuta prudenza, si potrebbe concludere che l’essenismo ha dato alle donne un ruolo e un’importanza che esse certo non avevano nel giudaismo antico e nelle altre correnti del giudaismo del II sec. a.C. – I sec. d.C.
Le possibilità date alle donne di testimoniare, di proclamare i precetti della Legge, di avere un ruolo attivo all’interno di una cerimonia liturgica, di non avere annullato un giuramento dal marito o dal padre, di non vedersi ripudiate dai mariti, cioè di non essere una loro semplice proprietà, costituiscono tutte degli enormi passi avanti rispetto al giudaismo tradizionale e assumono una valenza fortemente innovativa.
Come ho sostenuto nel mio intervento “Gli esseni, Gesù e gli esseno-cristiani”, è molto probabile che Gesù abbia frequentato alcuni membri delle comunità essene, in particolare a Gerusalemme, a Betania e a Cana.
Ricordiamo che le comunità essene, una delle quali era a Qumran, erano numerose ed erano presenti in diversi villaggi e città (Filone Alessandrino, Quod omnis probus liber sit 76; Apologia 1; Giuseppe Flavio, Bellum II,124; CD-A XII,19; 4Q267 fr. 6,II,15; fr. 18,V,20; 4QMMT B,31; 11QTemple XLVII,3) e che gli esseni erano più di quattro mila (Filone Alessandrino, Quod omnis probus liber sit 75; Giuseppe Flavio, Ant. XVIII,20).
By Salvatore Capo
Un pò più di luce seria sul personaggio Gesù il nazareno vedi qui: http://www.donninidavid.it
….la città di Nazareth esisteva al tempo di Gesù ? NO !
Esseni e Giudeo-Cristiani
http://mikeplato.myblog.it/2013/11/23/7q5-il-frammento-della-discordia/#respond