GESU’, gli ESSENI ed i Giudei-Cristiani
https://www.academia.edu/4489606/I_Vangeli_erano_e_sono_racconti_allegorici
Negli scritti degli Atti degli Apostoli, di Giuseppe Flavio, di Filone Alessandrino, dei manoscritti di Qumran, del Documento di Damasco e degli scritti rabbinici cercherò di ricostruire storicamente, per quanto è possibile, prima i rapporti tra gli esseni (di Betania, di Cana e di Gerusalemme) e Gesù e poi il legame tra gli esseni di Gerusalemme e i giudeo-cristiani.
– La misteriosa comunità degli Esseni, la scoperta dei Rotoli del Mar Morto e il loro sterminio a Qumran – il Dolomiti
–https://www.ildolomiti.it/blog/riccardo-petroni/la-parola-di-gesu-coincideva-con-quella-degli-esseni-ecco-la-conferma-analizzando-fonti-e-documenti
– Il Vangelo della moglie di Gesù è autentico
Partiamo da un passo del Vangelo di Giovanni. In Gv 12, 1-3 leggiamo che prima dell’ultimo ingresso a Gerusalemme Gesù si recò a Betania, a casa di Lazzaro, Marta e Maria, dove durante un pranzo fu unto con olio profumato.
Lazzaro era fratello di Marta e Maria (Gv 11, 19.21.23.32.39). Questo episodio ha un parallelo in Mt 26, 6-7 e in Mc 14, 3, dove si dice che l’episodio avvenne nella casa di “Simone il lebbroso”.
Ma com’è possibile che Gesù e i suoi siano stati ospiti a casa di un lebbroso ?
Secondo Lv 13, 46 i lebbrosi dovevano vivere segregati e secondo 2 Re 7, 3-4 dovevano stare presso la porta d’ingresso di una città. Non è dunque neanche possibile che i lebbrosi di Gerusalemme stessero a Betania, che ne distava circa tre chilometri. E il lebbroso che osava entrare in un centro abitato veniva punito con la flagellazione (Talmud babilonese, Pesahim 67a).
Anche Giuseppe Flavio afferma che era vietato ai lebbrosi di risiedere in una città o in un villaggio (Contro Apione 1, 31). Dunque, se Simone era un lebbroso, non poteva assolutamente risiedere a Betania. Del resto, se fosse stato un lebbroso, Gesù lo avrebbe guarito, come aveva guarito tanti altri. E allora ?
La soluzione a questo dilemma sta molto probabilmente in un errore di traduzione dal primitivo Vangelo aramaico di Matteo al Vangelo greco di Matteo e al Vangelo di Marco. Nel testo aramaico originario vi era “ha-Zanua”, che significa “l’umile, il pio”, che è stato decifrato come “ha-Zarua”, che significa “il lebbroso”. L’errore è forse dovuto al fatto che le lettere nun e resh si somigliano molto. Col termine “Zenua” il Talmud babilonese designa gli esseni (bKidd 71a; bBQ 69a; bNidd 12a). Dunque, Simone di Betania non era un lebbroso, ma un esseno. Ed esseni dovevano essere anche Lazzaro, Marta e Maria, che erano molto probabilmente i suoi figli, perché la stessa casa viene indicata nel Vangelo di Giovanni come casa di Lazzaro, Marta e Maria e nei Sinottici come casa di Simone. Questa ipotesi è confermata dal fatto che nella letteratura rabbinica viene menzionato un “Simone l’esseno”, uno scriba vissuto nei dintorni di Gerusalemme prima del 70 d.C. (Tosefta Kelim 1, 6). E un’aggiunta slava a Giuseppe Flavio parla di un “Simone, uno scriba di origine essena” che era contemporaneo di Giovanni Battista (aggiunta fra Ant. Giud. 110 e 111).
Vi è un altro elemento che sostiene questa ipotesi. Nel passo parallelo ma ampliato di Luca, Simone, che qui è chiamato “fariseo” (Lc 7, 36), viene quasi rimproverato da Gesù: “Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato” (Lc 7, 46).
Ora, ci è noto da Giuseppe Flavio che gli esseni non si ungevano mai con olio e se qualcuno accidentalmente ne veniva a contatto subito si lavava (Guerra Giud. 2, 8, 3). Né deve stupire che l’esseno Simone fosse sposato e avesse dei figli, perché secondo Giuseppe Flavio alcuni esseni si sposavano (Guerra Giud. 2, 8, 2.13); e questo è deducibile anche da alcuni passi dei manoscritti di Qumran, dove si afferma che gli aderenti potevano avere rapporti sessuali, previsti solo all’interno del matrimonio, solo dopo i venti anni di età (1QSa 1, 9), che nella comunità vi erano donne e bambini (1QSa 1, 4-5), che non si deve divorziare dalla moglie (11Qtemple 57); ed è deducibile anche dal Documento di Damasco, scoperto nel 1896 nella geniza della sinagoga di Esdra al Cairo, dove si condanna la pratica di avere più di una moglie (CD 4, 20 – 5, 2).
Vi è un altro elemento che farebbe supporre che Lazzaro era un esseno.
Nel cosiddetto “Vangelo segreto di Marco”, di cui parla Clemente Alessandrino in una Lettera a Teodoro pubblicata da Norton Smith nel 1973 (anche se ancora si discute sulla sua autenticità), si legge che Lazzaro indossa una veste di lino (folio 2, recto). Gli esseni indossavano vesti di lino (1 QM 7, 9s; Giuseppe Flavio, Guerra Giud. 2, 129.131.137).
Che a Betania vivessero degli esseni è confermato anche da una scoperta archeologica fatta nel 1950: alla periferia di Betania (l’attuale El Azarieh) fu scoperto un antico santuario cristiano, che in origine era stato un bagno rituale ebraico (quindi usato da esseni) e a cui più tardi era stato annesso un sacrario in onore di Lazzaro.
Nel Vangelo di Luca viene descritto l’episodio della visita di Gesù a casa delle sorelle Marta e Maria (Lc 10, 38-42), quindi a Betania. Appare chiaro che si conoscevano da tempo, perché Maria si mette subito ad ascoltarlo sedendosi ai suoi piedi (Lc 10, 39) e perché la risposta di Gesù a Marta ha un tono di familiarità: “Marta, Marta.” (Lc 10, 41).
Che Gesù conoscesse Lazzaro, Marta, Maria e Simone e frequentasse la loro casa già da prima dell’inizio della sua vita pubblica si può evincere sia dal fatto che Gesù amava Marta, Maria e Lazzaro (Gv 11, 5) e definisce Lazzaro “il nostro amico” (Gv 11, 11), sia da un altro episodio, raccontato nel Vangelo di Giovanni. Due discepoli di Giovanni Battista seguono Gesù che passava e gli chiedono: “Dove abiti?” (Gv 1, 38). Egli risponde: “Venite e vedrete” (Gv 1, 39).
Uno di questi due discepoli di Giovanni Battista era Andrea, fratello di Simone Pietro (Gv 1, 40). L’altro era quasi certamente Giovanni di Zebedeo, molto probabilmente lo stesso autore del Vangelo, che non chiama mai se stesso per nome. Il racconto prosegue dicendo che i due discepoli “andarono e videro dove abitava e quel giorno rimasero presso di lui. Era circa l’ora decima” (Gv 1, 39). A parte l’interpretazione teologica di quel “venite e vedrete”, su cui giustamente si è tanto insistito, rimane il fatto che Andrea e Giovanni “videro dove abitava”. Dunque, abitava in un
luogo ben preciso, anche perché “rimasero presso di lui”. E che il racconto sia storico è confermato dal fatto che Andrea e Giovanni sono rimasti così colpiti e trasformati dall’incontro con Gesù che ricordano esattamente che era “circa l’ora decima”. Ed è confermato anche dal fatto che secondo la tradizione fra Andrea e Giovanni c’era una particolare affinità e vicinanza: nel Canone Muratori, risalente alla fine del secondo secolo, si afferma che il Vangelo di Giovanni fu scritto dall’apostolo Giovanni in seguito a una rivelazione divina avuta da Andrea. Ma se l’episodio è storico, qual era
questo luogo dove Gesù abitava? La mia ipotesi è che fosse la casa di Simone, Lazzaro, Marta e Maria a Betania. Betania si trovava infatti a circa tre chilometri a est di Gerusalemme, sulla strada per Gerico e sul versante orientale del Monte degli Ulivi. Giovanni Battista operava nel deserto di Giuda (Mt 3, 1; Mc 1, 4; Lc 1, 80; 3, 2), la cui parte settentrionale si trova tra Gerusalemme, Gerico e il Mar Morto. Da questa parte del deserto di Giuda non si doveva impiegare molto a raggiungere Betania. Gli stessi Vangeli di Matteo e di Marco dicono che molti da Gerusalemme accorrevano da Giovanni Battista (Mt 3, 5; Mc 1, 5).
È molto probabile che Giovanni Battista fosse un esseno e un ex membro della comunità di Qumran. Questa ipotesi, avanzata da diverso tempo e da diversi autori, è suffragata da numerosi dati:
1 – Giovanni Battista esortava “alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio” (Giuseppe Flavio, Ant. Giud. 18, 116). Secondo lo stesso Giuseppe Flavio, i primi due giuramenti pronunziati dai novizi esseni erano “di condursi con pietà verso Dio e con giustizia verso il prossimo” (Guerra Giud. 2, 139);
2 – Giovanni Battista operava nel deserto già prima di cominciare a battezzare (Lc 1, 80; 3, 2). Il Vangelo di Giovanni mette sulle labbra di Giovanni Battista un passo del Deutero-Isaia: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: raddrizzate la via del Signore” (Gv 1, 23; cfr. Is 40, 3).
Questo stesso passo (Is 40, 3) era utilizzato a Qumran per giustificare il ritiro nel deserto (1QS 8, 13s);
3 – Il battesimo per immersione di Giovanni Battista ricorda i riti di immersione completa in acqua a Qumran (1QS 3, 4 9; 5, 13-14; 4Q514; CD 10, 10-13; Giuseppe Flavio, Guerra Giud. 2, 8, 5);
4 – Giovanni Battista riteneva che il battesimo servisse a “certificare” una precedente conversione e purificazione (Mt 3, 8; Lc 3, 8; Giuseppe Flavio, Ant. Giud. 18, 117). Anche l’immersione rituale in acqua a Qumran aveva questa funzione (1QS 2,25 – 3, 12);
5 – Giovanni Battista affermava che colui che viene dopo di lui “brucerà la pula con fuoco inestinguibile” (Mt 3, 12; Lc 3, 17). Anche a Qumran si affermava che per i malvagi vi sarà un abisso di fuoco inestinguibile (1QH 3, 27-32);
6 – Giovanni Battista affermava che colui che verrà dopo di lui battezzerà “in Spirito Santo” (Mt 3, 11; Mc 1, 8, Lc 3, 16). A Qumran si riteneva che i figli della luce sarebbero stati purificati mediante lo Spirito di santità (1QS 4, 13.21)
7 – Secondo Giuseppe Flavio, colui che si separa da Qumran “non ha libertà di prendere il cibo che si incontra fuori della comunità, ma è forzato a mangiare erba” (Guerra Giud. 2, 8, 8). Giovanni Battista, dopo l’inizio della sua predicazione, si cibava di miele selvatico e locuste (Mt 3, 4; Mc 1, 6).
Una studiosa, l’australiana Barbara E. Thiering, si è spinta fino ad affermare che il Maestro di Giustizia, di cui parlano alcuni manoscritti di Qumran e il Documento di Damasco, era Giovanni Battista. Ma questa ipotesi è insostenibile, perché nessuno dei documenti in cui si parla del Maestro di Giustizia o che possono essere attribuiti a lui (1QpHab, 4QpPs 37, 1QS, 1QH; 4QMMT; CD) è stato datato al primo secolo d.C. con il metodo del carbonio C 14, o con il metodo paleografico.
L’ipotesi dunque più probabile è che Giovanni Battista, prima di iniziare a predicare e a battezzare, era un membro della comunità di Qumran, forse uno dei sacerdoti.
Ma perché egli lasciò l’insediamento di Khirbet Qumran ? Un passo del Vangelo di Luca e uno del Vangelo di Giovanni sembrano rispondere a questa domanda:
“Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, [.] la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3, 1-2). Dunque, su Giovanni a un certo punto scese la parola di Dio.
E qual era il contenuto di questa parola ? Lo rivela lo stesso Giovanni Battista: “Chi mi mandò a battezzare con acqua mi disse: colui sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e testimoniato che lui è il Figlio di Dio” (Gv 1, 33-34). In un manoscritto aramaico di Qumran si parla di un personaggio che regnerà in eterno e si dice: “Sarà detto Figlio di Dio e lo chiameranno Figlio dell’Altissimo” (4Q 246, 2, 1).
Se Giovanni Battista conosceva i testi di Qumran, è possibile che abbia avuto la rivelazione che battezzando nel Giordano avrebbe visto il Figlio di Dio.
Il Gesu’ della storia
“..La conclusione essenziale fu che il Gesu’ della storia in alcun modo può essere ritenuto uguale o coesistente al Gesu’ della fede. Infatti, il Gesu’ della storia è stato trasformato nel Gesu’ della fede da persone semplici, al meglio; da ingannatori, al peggio. Insieme a questo recupero del vero Gesu’ della storia, la “Vecchia Questione” porta con sè l’implicito assunto che la teologia della Chiesa dovrebbe cambiare per correggere se stessa, alla luce delle nuove rivelazioni storiche. La fede in Cristo, passata attraverso tutte le età, nella Chiesa è stata costruita su un’impropria conoscenza storica. Alla luce di ciò, io credo che essa dovrebbe ora cambiare..”
Tratto da: “A Survey of Historical Jesus Studies: from Reimarus to Wright”, di Michael Burer
La vera storia di Gesu’ + La vera genealogia di Gesù + Gesù il Samaritano nazareno/esseno
Abbiamo fin qui visto che Gesù era amico di una famiglia di esseni di Betania e che i suoi due primi discepoli, Andrea e Giovanni, erano stati discepoli di Giovanni Battista, anche lui esseno ed ex qumraniano. È dunque normale che Gesù conoscesse le usanze degli esseni, le loro concezioni e la loro teologia e che ne condividesse molte, anche se non tutte. Una vastissima letteratura ha ampiamente dimostrato ciò che distingueva Gesù, la sua predicazione e il suo comportamento dagli esseni. Gesù non rispettava alla lettera le norme di purità relative alla mensa (pranzava con pubblicani e peccatori, non si immergeva in acqua prima dei pasti), aveva contatti continui con lebbrosi, con donne mestruate e con cadaveri, contatti che gli esseni aborrivano, non aveva formato una comunità chiusa, tra i suoi discepoli non c’era una rigida organizzazione gerarchica, i suoi insegnamenti non erano segreti, predicava l’amore per i nemici e i peccatori, verso i quali gli esseni predicavano l’odio; e il passo del Vangelo di Luca in cui Gesù invita a pranzare con storpi, zoppi e ciechi (Lc 14, 12-14.21) sembra una diretta critica agli esseni, che escludevano dalla loro mensa tutte queste categorie (1QS 6, 16-17.20-21; 1QSa 2, 3-10; 4QCD).
Gli esseni, inoltre, non credevano nella risurrezione dei corpi, ma nell’immortalità dell’anima che dopo la morte si separava dalla prigione del corpo. Questa loro concezione, come risulta da Giuseppe Flavio (Guerra Giud. 2, 8, 11), è di derivazione chiaramente platonica.
In effetti, tra gli ebrei la credenza nella risurrezione dei corpi è attestata solo in epoca piuttosto tardiva. Ne ritroviamo traccia, infatti, solo nel Libro di Daniele (Dn 7, 27; 12, 2) e nel secondo Libro dei Maccabei (2 Mac 7, 9.11.14.23; 12, 43-44;14, 46), entrambi composti nel secondo secolo a.C. Nella risurrezione credevano i farisei, ma non i sadducei e gli esseni.
Non mi pare azzardato ipotizzare che uno dei motivi della risurrezione di Lazzaro da parte di Gesù sia stato quello di mostrare ai suoi amici esseni la possibilità della risurrezione del corpo.
Tale ipotesi parrebbe confermata dalle parole di Gesù a Marta: “Credi tu questo?” (Gv 11, 26); “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” (Gv 11, 40).
Nel Vangelo di Giovanni vi è un altro episodio da cui si può supporre che Gesù frequentava famiglie essene. Egli con i suoi discepoli viene invitato a una festa di nozze a Cana e a un certo punto viene a mancare il vino.
L’evangelista afferma che “c’erano là sei giare di pietra per le abluzioni dei giudei, capaci da due a tre metrete ciascuna” (Gv 2, 6). La metreta era una misura corrispondente a circa trenta litri.
Vi erano dunque in tutto circa cinquecento litri di acqua per le purificazioni.
Un po’ troppi per il rituale lavaggio delle mani dei pii ebrei abitanti in una casa. Poiché gli esseni praticavano invece il bagno completo prima del pasto (1QS 3, 4-9; 5,13-14; 4Q514; CD 10, 10-13; Giuseppe Flavio, Guerra Giud. 2, 8, 5), è probabile che le nozze di Cana siano avvenute in una casa essena. Se questi esseni invitarono alle nozze Maria e Gesù, dovevano essere loro amici.
Il fatto che vi fossero esseni in diverse città e villaggi è affermato da Giuseppe Flavio (Guerra Giud. 2, 8, 4; Ant. Giud. 18, 21), da Filone Alessandrino (Quod omnis probus liber sit 75 e 76) e dallo stesso Documento di Damasco, che parla di “città” in cui abitavano i membri del gruppo (CD 10, 21; 11, 5s; 12, 19).
Da un altro episodio raccontato dai Vangeli si può inferire che Gesù conosceva anche gli esseni di Gerusalemme. Prima dell’ultima cena Gesù invita Pietro e Giovanni ad andare a Gerusalemme per preparare la Pasqua e aggiunge: “Appena entrati in città vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà” (Lc 22, 10; cfr. Mc 14,13).
Questo episodio appare strano, perché tra gli ebrei erano le donne a portare le brocche d’acqua, o sulla testa o sulla spalla (cfr. Gn 24,11-20). Se lo faceva un uomo, quasi certamente non era sposato. Nel Documento di Damasco leggiamo che non sono consentiti rapporti sessuali nella “città del santuario”, cioè a Gerusalemme (CD 12, 1). E nel Rotolo del tempio di Qumran non si parla di luoghi di purificazione per vedove entro le mura della città santa (11QTemple 46, 13 – 51, 10).
Ciò significa che gli esseni residenti a Gerusalemme non si sposavano. E che a Gerusalemme risiedesse una comunità di esseni è deducibile da un passo di Giuseppe Flavio, in cui si parla di una “porta degli esseni” nelle mura della città (Guerra Giud. 5, 4, 2), e da un passo del Rotolo della guerra di Qumran, che menziona “l’assemblea di Gerusalemme” (1QM 3, 11); è stato inoltre confermato dalle scoperte archeologiche, che hanno localizzato lungo le mura di Gerusalemme la porta degli esseni, da cui si accede a un quartiere nella parte sud-occidentale della città, nella zona del Monte Sion, identificato come il quartiere esseno, comprendente diverse cisterne e bagni e il luogo dell’ultima cena. Possiamo concludere che l’uomo che portava una brocca d’acqua di cui parlano i Vangeli di Marco e di Luca era un esseno. E tale conclusione è avvalorata da ulteriori considerazioni.
Quando Pietro e Giovanni vengono inviati a Gerusalemme per preparare la Pasqua, Gesù con i suoi discepoli si trovano o a Betania o sul Monte degli Ulivi, cioè a est di Gerusalemme. L’acqua per la festa degli azzimi veniva attinta dalla piscina di Siloam, che si trova nei pressi della porta sud-orientale di Gerusalemme. Da Siloam parte una strada in pendenza, oggi parzialmente visibile nei pressi di S. Pietro in Gallicantu, che porta al quartiere esseno. Si può dunque desumere che Pietro e Giovanni, venendo da est, incontrarono l’esseno con la brocca nei pressi della piscina di Siloam e con lui, attraverso la suddetta strada, andarono al quartiere esseno.
Nei Vangeli di Marco e Luca Gesù, continuando a dare delle indicazioni ai due discepoli, dice che l’uomo con la brocca li avrebbe condotti in una casa, dove dovevano chiedere dov’era la stanza per preparare la Pasqua a un “padrone di casa” (Mc 14, 13; Lc 22, 11). Secondo Giuseppe Flavio, gli esseni designavano in ogni città “una persona che si prende cura degli ospiti” (Guerra Giud. 2, 8, 4).
Da tutto il racconto dell’invio dei discepoli al luogo dell’ultima cena si ha l’impressione che i discepoli non conoscevano questo luogo e chi lo abitava, mentre Gesù li conosceva. Impressione rafforzata da due dati: il primo è che Gesù definisce quel luogo come “una grande stanza al piano superiore, già arredata e pronta” (Mc 14, 15; cfr. Lc 22, 12); il secondo è che chiama questa stanza “la mia stanza” (Mc 14, 14). È dunque ipotizzabile che già da prima dell’inizio della sua vita pubblica egli non solo conosceva questo luogo e chi lo abitava, ma vi aveva soggiornato, o perché ogni anno con Maria e Giuseppe si recava a Gerusalemme per la Pasqua, o tramite i suoi amici esseni della vicina Betania, Simone, Lazzaro, Marta e Maria.
Un’altra conferma del fatto che l’ultima cena fu consumata in una abitazione essena è il fatto che i partecipanti si trovavano in uno stato di purità levitica, perché avevano fatto il bagno. Dice infatti Gesù nel Vangelo di Giovanni riferendosi a Pietro: “Chi ha fatto il bagno.” (Gv 13, 10).
Altro elemento rituale che suggerisce l’ambientazione essena è la benedizione del pane e del vino, che avveniva anche nei pasti degli esseni (1QS 4, 6s; 6, 4-5; 1QSa 2, 11-22).
Ancora un dato che conferma che Gesù si recò nel quartiere esseno per l’ultima cena è una frase di Epifanio: “Per il compimento della Pasqua Gesù salì sul monte [.]. Qui egli mangiò la Pasqua insieme ai suoi discepoli” (Pan. 51, 57).
Questo “monte” è quasi certamente la collina sud-occidentale di Gerusalemme, il Monte Sion, dov’era ubicato il quartiere esseno, anche perché lo stesso Epifanio, in un’altra opera localizza chiaramente “la chiesa superiore degli apostoli” sul Monte Sion (De mensuris et ponderibus 14).
Un ultimo dato a conferma che l’ultima cena avvenne in un’abitazione essenza è il fatto che essa fu celebrata secondo il calendario solare esseno martedì 14 Nisan. Per le argomentazioni che sostengono questa cronologia, che con moltissimi studiosi ritengo ormai acquisita, rimando al mio intervento del 2 dicembre 2001.
Che Gesù fosse legato agli esseni di Gerusalemme si deduce anche da un passo di Eusebio, il quale scrive che sul Monte Sion “il nostro Salvatore e Signore spesso si trattenne ed impartì molti insegnamenti” (Dem. Ev. 1, 4).
In conclusione, possiamo affermare che Gesù conosceva e frequentava esseni a Betania, a Cana e a Gerusalemme. E inoltre, i suoi due primi discepoli, Andrea e Giovanni, erano stati discepoli di Giovanni Battista e dunque vicini all’essenismo. Tutto questo supporta il fatto che Gesù condivideva molte usanze e concezioni degli esseni (importanza della preghiera, preghiera notturna, messa in comune dei beni, concetto di nuova alleanza, credenza nello Spirito Santo, atteggiamento verso i sacrifici cruenti al tempio, critica alla corruzione del culto nel tempio, proibizione ai discepoli dell’uso del denaro, procedura della correzione fraterna, celibato, condanna del divorzio, calendario solare).
A questo punto ci si deve chiedere quali furono i rapporti, dopo la morte e la risurrezione di Gesù, fra la prima comunità cristiana di Gerusalemme e gli esseni. Com’è noto, il capo di questa comunità divenne a un certo punto Giacomo, “il fratello del Signore” (Gal 1, 19). Giacomo risiedeva a Gerusalemme come “vescovo” secondo Eusebio (Hist. Eccl. 2, 23, 1; 4, 5, 3) e secondo Epifanio (Pan. 66, 20). Che fosse il capo di questa comunità cristiana risulta anche dagli Atti degli Apostoli (At 12, 17; 15, 1-29; 21,18-25). Egli frequentava ogni giorno il tempio secondo Egesippo citato da
Eusebio (Hist. Eccl. 2, 23, 6) e secondo uno dei brani più antichi della letteratura pseudoclementina (Rec 1, 27-71).
Lo studioso Robert H. Eisenman ha ipotizzato che Giacomo fosse il Maestro di Giustizia di Qumran. Ma questa ipotesi è insostenibile per almeno cinque motivi:
1 – Nessuno dei documenti in cui si parla del Maestro di Giustizia o che possono essere attribuiti a lui (1QpHab, 4QpPs 37, 1QS, 1QH, 4QMMT, CD) è stato datato al primo secolo d.C. con il metodo del carbonio C 14, né con il metodo paleografico. Nel 1994 l’Università di Tucson in Arizona attraverso il metodo del radiocarbonio ha datato con certezza 1QpHab, insieme ad altri dodici frammenti di Qumran, a prima del 5 a.C.;
2 – Il Maestro di Giustizia è il fondatore, o comunque l’ispiratore, della comunità di Qumran. Secondo il Commento ad Abacuc, egli andò in esilio a Qumran (1QpHab 11, 2-8). Secondo la Regola della comunità, i fondatori di Qumran partirono da Gerusalemme per il deserto (1 QS 8, 1s; 9, 3s). La data dell’insediamento a Qumran varia secondo gli studiosi dal 152 al 100 a.C. Giacomo non può essere colui che guidò nel deserto i futuri qumraniani, perché egli opera nel primo secolo d.C. Né può essere colui che guidò la ricolonizzazione di Qumran. Sappiamo, infatti, che l’insediamento subì una distruzione, secondo alcuni ad opera dei parti nel 40-39 a.C., secondo altri ad opera dell’asmoneo Antigono II nel 40-37 a. C., secondo altri a causa del terremoto del 31 a.C. La ricostruzione e ricolonizzazione di Qumran avvenne secondo alcuni nel 24-23 a.C., secondo altri nel 4-1 a.C., all’inizio del regno di Archelao. In nessun caso colui che guidò questa ricolonizzazione può essere identificato con Giacomo.
3 – I qumraniani non risiedevano a Gerusalemme. Se Giacomo era un qumraniano, sono false le notizie su di lui dei capitoli dodicesimo, quindicesimo e ventunesimo degli Atti degli Apostoli, dei capitoli primo e secondo della Lettera ai Galati, di Egesippo, di Epifanio, di Eusebio, delle Recognitiones pseudoclementine;
4 – I qumraniani non si recavano al tempio a pregare; anzi, criticavano aspramente il culto del tempio (1QS 8, 5-6; 9, 3-6; 4Q159 2, 6-8; CD 4,12-18; Filone Alessandrino, Quod omnis probus liber sit 75) e il sommo sacerdote di Gerusalemme (1QpHab 1, 3; 8, 8-13; 9, 4-5.9; 10, 1; 11, 14; 12, 7-10; CD 6, 15-16.21).
Se Giacomo era un qumraniano, sono false le notizie su di lui di Egesippo, delle Recognitiones pseudoclementine e del capitolo ventunesimo degli Atti degli Apostoli;
5 – I giudeo-cristiani guidati da Giacomo produssero scritti, o comunque tradizioni riprese in alcuni scritti (Lettera di Giacomo, Lettera di Giuda, diversi passi del Vangelo di Matteo, (come Mt 5, 17-19; 6, 1-18; 10, 5-6; 15, 24; 24, 20), Rec 1, 27-71, forse le Odi di Salomone).
A Qumran, oltre che pregare e lavorare, scrivevano. E lo facevano anche nel primo secolo d.C. (il Rotolo di Rame è stato datato alla metà del primo secolo d.C., il secondo esemplare del Rotolo del Tempio, più completo, risale agli inizi del primo secolo d.C., sono state trovate a Qumran iscrizioni su cocci risalenti al primo secolo dopo Cristo). Ma in nessuno dei manoscritti di Qumran si trovano accenni a una Signoria di Gesù, come dovrebbe essere se Giacomo, il capo dei giudeo-cristiani, era un qumraniano.
Ma se l’ipotesi che Giacomo fosse un membro della comunità di Qumran, o addirittura il Maestro di Giustizia, è insostenibile, si può invece sostenere l’ipotesi di rapporti molto stretti fra la comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme guidata da Giacomo e la comunità essena di Gerusalemme.
Vediamo perché.
Una prima immediata obiezione a questa ipotesi potrebbe nascere da un’assimilazione degli esseni di Gerusalemme agli esseni di Qumran, che non frequentavano il tempio. Se neanche gli esseni di Gerusalemme frequentavano il tempio, essi devono nettamente distinguersi dai giudeo-cristiani, perché frequentavano assiduamente il tempio sia Giacomo, come abbiamo visto, sia la prima comunità cristiana di Gerusalemme (At 2, 46; 3, 1.11; 5, 12.21.42).
Ma questa obiezione cade, perché Giuseppe Flavio afferma che alcuni esseni offrivano sacrifici al tempio (Ant. Giud. 18, 19) e che un Giuda l’esseno frequentava il tempio (Ant. Giud. 13, 311-313). Inoltre, che gli esseni di Gerusalemme frequentassero il tempio è suffragato anche dal fatto che dal 24 a.C. circa al 5 a.C. il sommo sacerdote del tempio fu Simone Alessandrino, figlio di Boethos (Giuseppe Flavio, Ant. Giud. 15, 320); e le concezioni dei boetusiani erano vicine a quelle degli esseni, come dimostra il confronto tra Mishnah Nenahot 10, 3 e 4Q513, che rivela somiglianze di calendario tra i due gruppi. Dunque, gli esseni di Gerusalemme frequentavano il tempio. È possibile che vi fossero, riguardo al culto del tempio, così come vi erano riguardo al celibato, esseni con diverse usanze.
L’ipotesi di uno stretto rapporto tra l’essenismo non qumraniano e il giudeo-cristianesimo e che il giudeo-cristianesimo iniziale sia stato fortemente influenzato e segnato dal fatto che molti esseni di Gerusalemme, di Betania e di altre città aderirono alla fede in Gesù risorto è sostenuta da numerosi dati:
1 – Secondo Egeria, le apparizioni di Gesù risorto avvennero sul Monte Sion, cioè nel quartiere esseno (Peregrinatio 39, 5). Probabilmente tra i cinquecento di cui parla Paolo ai quali apparve Gesù risorto (1 Cor 15, 6) vi erano numerosi esseni. Così come tra i molti giudei che credettero dopo aver assistito alla risurrezione di Lazzaro (Gv 11, 45) dovevano esservi numerosi esseni;
2 – Leggiamo negli Atti che a Pentecoste, quando vi fu l’effusione dello Spirito, si trovavano a Gerusalemme giudei pii da ogni nazione (At 2, 5). La festa di Pentecoste, quella di Pasqua e quella delle Capanne o dei Tabernacoli erano le tre feste di peregrinazione, in cui ogni uomo israelita doveva recarsi al tempio di Gerusalemme (Es 23, 14-17; cfr. Dt 16, 11). Se in occasione di quella Pentecoste numerosi giudei erano a Gerusalemme, i giudei esseni erano anch’essi lì, come conferma anche il fatto che Luca parla di “giudei pii” (At 2, 5).
Il termine greco “essaioi” con cui Filone Alessandrino indica gli esseni sembra derivare dall’aramaico “hassaja”, che significa “i pii”.
Secondo gli Atti la discesa dello Spirito Santo durante la Pentecoste avvenne nel luogo dell’ultima cena (At 2, 1). E ciò è confermato da un passo di Cirillo di Gerusalemme, in cui si afferma che essa avvenne “nella chiesa superiore degli apostoli” (Catecheses 16, 4). E allora i “giudei pii” che assistettero alla discesa dello Spirito a Pentecoste,
poiché essa avvenne sul luogo dell’ultima cena, cioè nel quartiere esseno, erano in buona parte esseni. Poiché dopo il discorso di Pietro essi si convertirono (At 2, 41-42), si può dedurre che vi furono un gran numero di esseni convertiti;
3 – Secondo il Libro dei Giubilei, di cui sono stati trovati diversi frammenti a Qumran, la festa di Pentecoste, che cade sempre di domenica, rinnova l’alleanza offerta a Mosè sul Sinai (Giub 1, 1; 6, 10.17-19; 14, 20) ed è la festa dell’offerta delle primizie della terra e dei giuramenti per entrare nell’alleanza (Giub 6, 17-21). Anche la Regola della comunità collega la Pentecoste all’alleanza sinaitica (1QS 1, 16 – 2, 25). E secondo Giuseppe Flavio gli esseni prestavano giuramenti alla comunità (Guerra Giud. 2, 142). È allora possibile che durante la Pentecoste vi fossero a Gerusalemme molti esseni che dovevano giurare o rinnovare il giuramento e che assistettero alla discesa dello Spirito Santo;
4 – Secondo At 6, 7 “un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede”; è probabile che si trattasse anche di sacerdoti del tempio (anche se i sadducei avevano perseguitato Gesù e tra i farisei c’erano pochissimi sacerdoti), ma è verosimile che si trattasse in maggioranza di sacerdoti esseni, perché sono numerosi i passi sia dei manoscritti di Qumran che del Documento di Damasco in cui si afferma che la comunità aveva dei “sacerdoti” (1 QS 1, 18.21; 2, 1.19; 5, 2; 6, 3-5.8.19; 7, 2; 8, 1; 9, 7; 1QM 2, 1; 7, 10; 13, 1-16; 15, 4; 16, 4; CD 3, 21 – 4, 2; 7, 1; 9, 13.15; 13, 2.5-6; 14, 3-6; 16, 14);
5 – Dal racconto di At 10, 1 – 11, 18 (incontro di Pietro con Cornelio, avvenuto prima del 44 d.C.) appare evidente che secondo Pietro non era stata abrogata nessuna parte della legge. Pietro, infatti, durante il suo sogno si sorprende dell’invito a mangiare ogni animale e dice: “Non ho mai mangiato nulla di profano e di impuro” (At 10, 14). Ma è altrettanto evidente nei Vangeli che Gesù non rispettava alla lettera le norme di purità rituale (andava a mensa con pubblicani e peccatori, non si lavava ritualmente le mani prima dei pasti, aveva contatti con lebbrosi, con donne mestruate e con cadaveri) e, come abbiamo visto, il suo invito a pranzare con storpi, zoppi e ciechi (Lc 14, 12-21) sembra una diretta critica agli esseni. Ma allora da chi veniva a Pietro la convinzione che si devono rispettare tutte le norme rituali di purità ? È probabile che venisse da esseni convertiti;
6 – Quando Pietro, dopo l’incontro con Cornelio, salì a Gerusalemme, fu rimproverato dagli apostoli perché era entrato in casa di incirconcisi e aveva mangiato con loro (At 11, 1-3). Questa sembra una reazione tipica di esseni. Giuseppe Flavio afferma infatti che gli esseni devono essere giudei “per nazione” (Guerra Giud. 2, 13.119); dunque non facevano proseliti tra i pagani. Mentre il Vangelo di Matteo sembra indicare che scribi e farisei praticavano un attivo proselitismo tra i pagani (Mt 23, 15)
7 – Nel discorso di Stefano davanti ai membri del sinedrio la legge data a Mosè viene definita “parole viventi” (At 7, 38) e viene criticato il tempio (At 7, 48-50); ciò fa ipotizzare un retroterra esseno, o comunque un’influenza essena, perché gli esseni veneravano Mosè fino al punto che chi
lo bestemmiava era punito con la morte (Giuseppe Flavio, Guerra Giud. 2, 145) e criticavano il culto del tempio. Questa ipotesi sembra trovare conferma nel fatto che Stefano fu seppellito da “uomini pii” (At 8, 2);
8 – Per sostituire Giuda gli apostoli “gettarono le sorti” tra due candidati in presenza di tutta la comunità (At 1, 26). Un analogo procedimento di sorteggio era in vigore a Qumran (1QS 6, 14-22). Inoltre, tale procedura venne eseguita perché uno dei due prendesse “il posto in questo ministero” (At 1, 25). A Qumran poteva avvenire attraverso la sorte proprio la designazione per un particolare ufficio (1QSa 1, 16-20);
9 – Secondo Origene, il centro della comunità primitiva di Gerusalemme era “sul monte visibile del Signore, il Sion” (Contro Celso 5, 33, 28);
10 – Paolo dice che Giacomo, Pietro e Giovanni erano ritenuti “le colonne” della comunità cristiana di Gerusalemme (Gal 2, 9). Nel consiglio della comunità di Qumran vi erano tre sacerdoti (1 QS 8, 1). È probabile che la presenza di tre capi nella prima comunità cristiana rifletta un’influenza essena;
11 – Negli Atti degli Apostoli leggiamo che “tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e le loro sostanze e ne facevano parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2, 44-45; cfr. 4, 32-35). Il parallelo con una delle usanze essene è evidente: secondo Filone Alessandrino, gli esseni “hanno una cassa unica per tutti e le spese sono comuni: in comune sono i vestiti, in comune è preso il vitto, avendo essi adottato l’uso dei pasti in comune” (Quod omnis probus liber sit 86).
Anche secondo Giuseppe Flavio gli esseni mettevano in comune ciò che possedevano (Guerra Giud. 2, 8, 3-4) e ricevevano ciò di cui avevano bisogno (Guerra Giud. 2, 8, 4). E nella Regola della comunità leggiamo che gli adepti, dopo l’iniziazione, devolvevano tutti i loro beni alla comunità (1QS 6, 22);
12 – Negli Atti degli apostoli vi sono tre passi da cui si deduce che nella prima comunità cristiana erano in uso preghiere notturne (At 12, 5-6; 12, 12; 16, 25). E secondo Plinio il Giovane, che scrive nel 112 d.C., i cristiani si incontravano per la preghiera prima dell’aurora. In ambito giudaico la consuetudine della preghiera notturna è presente solo nell’essenismo (1QS 6, 6-8; 10, 9-17; Giuseppe Flavio, Guerra Giud. 2, 8,5);
13 – Epifanio (Pan. 66, 20) ed Eusebio (Hist. Eccl. 2, 23, 1; 4, 5, 3) forniscono un elenco dei “vescovi” giudei di Gerusalemme a partire da Giacomo. La parola greca “episkopoi” significa “ispettori” o “sorveglianti”. La funzione degli “episkopoi” è quella di “pascere la Chiesa di Dio” (At 20, 28), di “avere cura della Chiesa di Dio” (1 Tm 3, 5), di “esortare nella sana dottrina” (Tt 1, 9). Nella Regola della comunità di Qumran si parla di “ispettori” che presiedono il consiglio (1QS 6, 12) e nel Documento di Damasco di “sovrintendenti” che sono paragonati a un “pastore” e che istruiscono i sacerdoti nella legge e la comunità nelle opere di Dio (CD 13, 5-12);
14 – I primi due discepoli di Gesù, Andrea e Giovanni, erano stati inizialmente vicini all’essenismo, perché discepoli di Giovanni Battista, e furono forse i primi esseni convertiti.
Abbiamo visto che, secondo fonti letterarie diverse, il quartiere esseno di Gerusalemme è quello in cui Gesù insegnò (Eusebio), in cui avvenne l’ultima cena (Vangeli, Epifanio), in cui Gesù risorto apparve (Egeria), in cui avvenne la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste (Atti degli Apostoli, Cirillo di Gerusalemme), in cui la comunità primitiva aveva il suo centro (Origene).
Non si può non dedurne che tra gli esseni di Gerusalemme e la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme dovevano essersi instaurati rapporti molto stretti.
E abbiamo anche visto che vi sono numerosi elementi propri dell’essenismo che si ritrovano nel giudeo-cristianesimo iniziale, alcuni dei quali permeano anche il cristianesimo successivo: rispetto delle norme di purità, assenza di proselitismo, critica del tempio, designazione a un ufficio con una procedura di sorteggio, presenza di tre capi riconosciuti, messa in comune dei beni, preghiera notturna, istituzione e funzione degli ispettori o sorveglianti. L’individuazione di questi otto elementi costituisce, a mio avviso, un forte sostegno all’ipotesi che il giudeo-cristianesimo nasce
dall’incontro tra essenismo e fede nel Cristo risorto, cioè dal fatto che, dopo le apparizioni di Gesù risorto e la discesa dello Spirito a Pentecoste molti esseni di Gerusalemme, di Betania e di altre città aderirono alla fede cristiana e ne condizionarono l’orientamento e le concezioni. Questa adesione fu ovviamente facilitata dal loro ricordo che Gesù, durante la sua vita, era stato vicinissimo ad alcuni esseni di Betania, di Cana e di Gerusalemme e aveva condiviso molte usanze essene. Propongo di chiamare sia gli esseni convertiti dall’apparizione di Gesù risorto sia gli esseni convertiti a Pentecoste o dopo “esseno-cristiani”.
A questo punto è naturale chiedersi se anche i membri della comunità di Qumran aderirono al cristianesimo. Ma la risposta per loro, anche se è possibile che qualcuno abbia aderito, non può essere che negativa, per diversi motivi:
1 – L’insediamento di Khirbet Qumran era ancora abitato nel 68 d.C., perché secondo Giuseppe Flavio i romani incendiarono Gerico e Qumran nel 68 d.C. e gli scavi archeologici hanno rinvenuto punte di frecce romane e monete romane che giacevano su uno strato di ceneri scure e di resti di legno bruciato;
2 – Plinio il Vecchio, parlando quasi certamente dell’insediamento essendo di Khirbet Qumran, parla delle usanze degli esseni al presente (Hist. Nat. 5, 15.75), lasciando intendere che l’insediamento di Qumran esiste ancora nel momento in cui scrive, cioè intorno al 70 d.C.;
3 – I qumraniani non risiedevano a Gerusalemme. Se i giudeo-cristiani erano qumraniani, sono false le notizie secondo cui risiedevano a Gerusalemme che si trovano negli Atti degli Apostoli (capitoli dal primo al dodicesimo, quindicesimo e ventunesimo), nei capitoli primo e secondo della Lettera ai Galati, in Epifanio, in Eusebio, nelle Recognitiones pseudoclementine;
4 – I qumraniani non si recavano al tempio a pregare; anzi, come abbiamo visto, criticavano aspramente il culto del tempio e il sommo sacerdote di Gerusalemme. Se i giudeo-cristiani erano qumraniani, sono false le notizie sulla loro frequenza al tempio degli Atti degli Apostoli (At 2, 46; 3, 1.11; 5, 12.21.42; 21, 17-26), di Egesippo, delle Recognitiones pseudoclementine;
5 – I qumraniani seguivano un calendario solare, mentre al tempio si seguiva quello lunare;
6 – Ai giudeo-cristiani, come abbiamo visto, sono riconducibili alcuni scritti, o tradizioni riprese in alcuni scritti. E abbiamo visto anche che a Qumran si continuò a scrivere anche nel primo secolo d.C. In nessuno dei manoscritti di Qumran sono stati trovati accenni a una Signoria di Gesù, o a discepoli di Gesù, come dovrebbe essere se i qumraniani erano diventati giudeo-cristiani;
7 – Si potrebbe ipotizzare che i qumraniani si trasferirono a Gerusalemme perchè credettero che con Gesù era iniziato il periodo escatologico finale descritto nel Rotolo della guerra. Ma in tal caso si dovrebbe trovare nel Rotolo della guerra qualche passo che consenta ai qumraniani di avere contatti, nel periodo escatologico finale a Gerusalemme, con quelli con cui avevano quotidianamente contatti gli apostoli giudeo-cristiani: giudei di diversa origine (At 2, 5), zoppi (At 3, 1-11), malati (At 4, 30; 5, 15-16), indemoniati (At 5, 16), paralitici (At 9, 32-35).
Ebbene, nel Rotolo della guerra vi è un passo che dice esattamente il contrario: “Uno zoppo, un cieco, uno storpio, chiunque ha nel suo corpo un qualche difetto permanente o è colpito da una qualche impurità corporale, nessuno di costoro potrà andare con essi [gli angeli santi] alla guerra” (1QM 7, 4).
I membri della comunità di Qumran, dunque, non aderirono al cristianesimo.
Anche se ciò non esclude qualche adesione di singoli. Ma tale adesione dovette essere minima rispetto a quella degli esseni di Gerusalemme e di Betania. E il fatto che in due testi ritrovati a Qumran (4Q 285 e 4Q541) possano esservi profezie sulla morte del futuro messia applicabili a Gesù non prova che i qumraniani divennero cristiani, così come il fatto che in moltissimi passi dell’Antico Testamento (e in particolare nel Libro di Isaia e nei Salmi) vi siano profezie applicabili a Gesù non prova che i giudei divennero cristiani.
Riguardo agli esseni residenti in città diverse da Gerusalemme, si deve pure ritenere che buona parte sono rimasti esseni (come lo saranno rimasti alcuni di Gerusalemme). E ciò perché Giuseppe Flavio parla di questi esseni al presente, lasciando intendere che essi, con le loro caratteristiche e le loro usanze, esistono ancora nel momento in cui egli scrive la Guerra Giudaica (79-80 d.C.) e le Antichità Giudaiche (93-94 d.C.).
Sembra chiaro, dunque, che continuarono ad esserci esseni che non aderirono al cristianesimo.
Nella comunità di Gerusalemme l’influenza dei cristiani di provenienza essena sugli altri cominciò ad allentarsi dopo la rivelazione a Pietro, il suo incontro con Cornelio e la sua constatazione che lo Spirito era stato dato anche ai pagani. Ma il risultato cui ci ha condotto questo studio è che i primi anni del cristianesimo furono segnati da uno strettissimo legame con l’essenismo, che fu una delle cause principali di quello che oggi chiamiamo giudeo-cristianesimo e lo influenzò in modo determinante. Poiché gli Atti collocano l’incontro di Pietro con Cornelio subito prima dell’arresto di Pietro ad opera di Erode Agrippa I nel 43-44 d.C., poiché il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba inizia non prima del 44 d.C., poiché le prime Lettere di Paolo non sono databili a prima del 50 d.C., poiché né il Vangelo di Matteo, né il Vangelo di Marco, né il Vangelo di Tommaso sono databili a prima del 45 d.C., poiché né l’ebionismo, né il docetismo, né lo gnosticismo sembrano aver avuto inizio prima del 50 d.C., si può concludere, da tutto quanto fin qui esposto, che vi fu un periodo di molti anni, dal 30 al 40-44 d.C., in cui il cristianesimo era il cosiddetto giudeo-cristianesimo (che potrebbe chiamarsi anche esseno-cristianesimo) ed era fortemente influenzato dalla presenza degli esseni convertiti, gli esseno-cristiani, e dal loro incontro con gli altri discepoli di Gesù.
By “Capo Salvatore” s.capo@tin.it – To: il13moapostolo@yahoogroups.com – Sent: Saturday, February 01, 2003
Un po’ piu’ di luce seria sul personaggio Gesu’ il nazareno vedi qui: http://www.donninidavid.it
http://www.donninidavid.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=3 : la citta’ di Nazareth esisteva al tempo di Gesu’ ? NO !
Un’altra versione sulla vita su Gesu’ il rivoluzionario: http://coscienza.tv/?p=28
Gesu’-cristo e’ un mito solare dei cosiddetti “pagani“.
Certo che si, ma non confondiamo gesu’-cristo con Gesu’ il nazareno (questa confusione dei termini, nomi, e’ l’eterno problema di coloro che non vanno in fondo ai problemi !) – vedi: cosa e’, dove e’ e chi e’ il cristo ?
Il gesu’-cristo dei cristiani deriva da un mito solare, insito nelle religioni antiche ed anche in quella dell’Impero Romano di cui l’imperatore era il Pontefice maximum; i religiosi avendo compreso che le varie idee cristiane potevano minare l’Impero, decisero di inserire i loro concetti religiosi in quelli delle sette nascenti dette “cristiane”, cambiando i nomi dei loro “dei” con i nomi allora in voga nelle varie sette cristiane…e cosi nacque gesu-cristo !
Gesu’ il nazareno e’ un soggetto che e’ vissuto in Palestina c.a. 2000 anni fa, era figlio di Erode il grande ed anche un rabbi Esseno e divenuto successivamente uno Zelota, contro i Romani e contro i Farisei e Sadducei (sacerdoti e rabbini di Gerusalemme) che avevano cambiato la legge mosaica ed i profeti, la Torah,….. fin dal tempo di Giosia ed Esdra (600 anni prima dell’era volgare, nella cattivita’ di Babilonia/Assiria), non seguendo la dottrina originale che era basata sull’ IO SONO un Dio e sulla Legge dell’AmOr.