ISLAM – Piccola storia
Dizionario di guerra scritto per la pace – vedi: la Jihad, Islam ed i Cristiani
«Questa non è un’enciclopedia né tanto meno un “libro-verità” sull’Islàm. È soltanto il tentativo di aiutare chi legge il giornale, ascolta la radio, vede la tv e si imbatte in continuazione con parole arabe, con sigle spesso indecifrabili o, peggio, tradotte tanto ambiguamente da confondere le idee.
Aiutare il grande pubblico che consuma informazione a districarsi meglio nel labirinto quotidiano della notizia; aiutarlo a farsi una idea un po’ più precisa, anche se (necessariamente) sommaria, dell’islàm – giustappunto. Un tentativo onesto di mondare, per quanto possibile, dall’equivoco l’informazione quotidiana.»
By Igor Man
Un’idea dell’Islàm
L’islàm è una religione (anche) ascetica ma dura, per uomini abituati al sole.
L’islàm è le mille conseguenze di questo immenso vuoto umano chiamato deserto che un uomo toccato dalla Grazia colma col Verbo.
È una presenza ossessiva e nostalgica, il deserto, poiché la Rivelazione nasce proprio fra le dune ma è la città l’ambiente più consono all’islàm.
La vita del musulmano, infatti, è assolutamente comunitaria e pretende, per tanto, il senso del gruppo (del clan), della comunità e «una seria organizzazione».
Grande Padre, e insieme dolcissima Madre immensa dell’islàm, è Abul Qasim ibn Abdallah el Mohammed, vale a dire Maometto, il Profeta, l’Inviato di Dio.
Maometto nasce alla Mecca verso la fine del VI secolo (presumibilmente nel 570). Nasce e cresce in una società, quella preislamica, agnatica, fondata sui legami maschili del sangue, che praticava l’endogamia così com’ era praticata in tutta l’area mediterranea, nel Vicino e Medio Oriente.
La società dove Maometto impara a fare il cammelliere, e via via il capo carovana, il mercante, è una mistura di fierezza, di culto dell’onore – individuale e della famiglia -, di rispetto della parola data ma al tempo stesso è una società sferruzzata di violenza, intossicata da una sensualità spesso brutale. Era, quello, il «tempo dell’ignoranza», e in quel tempo l’arabo credeva in un Dio supremo, al-Ilâh, e adorava una teoria di divinità assortite, numi tutelari delle varie tribù o dei clan familiari.
A dispetto di codesto culto e anche delle ricorrenti pratiche magiche, l’arabo doveva quotidianamente fare i conti con una natura senza misericordia che rispettava solo i forti: i «padroni del deserto», gli «uomini di spada».
Il giovine Maometto, «padrone del deserto» e «uomo di spada», si vide un giorno affidare dalla ricca vedova Qhadîja la gestione delle sue carovane, dei suoi commerci.
Al ritorno da ogni viaggio, Maometto che ha intanto sposato Qhadîja, si ritirava a meditare e a digiunare («per disintossicar la mente e il corpo travagliati dalla lunga fatica») in una grotta del Monte Hira.
E allo scoccar del tramonto, vale a dire allorché il colore neutro delle dune diventa rame fuso, in quel momento soave che spacca il cuore (dantescamente struggente com’è), il quarantenne Maometto un giorno vide l’arcangelo Gabriele. E questi gli rivelò il suo destino profetico.
Terribilmente turbato, percosso da una vera febbre, Maometto corse dalla cara sposa (alla quale rimase sempre fedele) ed ella lo consolò.
Col capo poggiato sul suo grembo, mentre Qhadîja gli accarezzava la fronte sudata, egli le parlò della Rivelazione e chiese consiglio alla sua compagna.
E il consiglio fu il seguente: «Parlane agli altri (della tribù) quando ti sentirai in pace col tuo cuore, con la mente pulita». Maometto sapeva che sarebbe stato difficile, per gli «altri», credergli e infatti la sua predicazione trovò pochi (e perplessi) seguaci.
Fu così che la piccola comunità che s’era formata intorno a lui emigrò dalla Mecca a Yathib (Medina) compiendo l’Egira (hijrah).
Qui il Profeta fece disporre un muro a secco tutt’in giro a una palma, al fine di separare «da ciò ch’è impuro» la gente venuta ad ascoltarlo e, quindi, a meditare, e infine a pregare. Con lui. In quel recinto che se vogliamo fu la prima moschea dell’islàm, Maometto, poggiato al tronco d’una palma, trasmetteva ai suoi seguaci la parola di Dio dettatagli da Gabriele.
La Parola, ovvero il Corano (in arabo Qur’an: lettura ad alta voce), fu enunciata da Maometto oralmente, in versetti che «avevano il ritmo maestoso e il suono della poesia».
Il Corano è composto di 114 capitoli o Sure. Per i musulmani non va discusso o analizzato come si fa con la Bibbia, con i Vangeli, con la Torà giacché «è opera di Dio».
Dio lo ha infatti dettato a Maometto affinché questi lo diffondesse sulla Terra. È immutabile e riassume tutte le regole della corretta condotta musulmana (persino il galateo). Oggi l’islam è, in termini numerici, la prima religione del pianeta: la praticano infatti un miliardo e 200 milioni di fedeli.
Cinque sono i punti fondamentali dell’islàm, i cosiddetti Cinque Pilastri.
La professione di fede: testimoniare che non vi è altro Dio all’infuori di Allah e che Maometto è il suo inviato.
La preghiera: salat, la preghiera rituale, va recitata cinque volte in un giorno: alba, mezzodì, metà del pomeriggio, tramonto, sera. Si prega con il capo rivolto verso la Mecca, dov’è la Kaaba, il santuario che custodisce la «pietra nera», probabilmente un meteorite. La tradizione vuole che sia stato Abramo a collocarla là e si vuole ancora che in origine la pietra fosse bianca: mutò colore per l’assommarsi dei peccati umani.
L’elemosina, o zakat, una tassa spontanea. Controllata non dal fisco bensì da Dio. Serve per educare l’uomo a esser guidato dalla propria coscienza: è lui stesso che dà l’offerta ai poveri.
Il digiuno: durante il mese di Ramadan (il nono del calendario lunare) è d’obbligo digiunare, e non fare sesso, dall’alba al tramonto.
Il pellegrinaggio, o hajj va eseguito almeno una volta nella vita, beninteso per chi ne abbia la possibilità.
Islàm e cristianesimo affermano entrambi l’unicità di “Dio“. Tema, questo, che in fatto non figura nel Nuovo Testamento, nei Vangeli, (NdR: neppure nell’Antico Testamento) e ciò per una ragione molto semplice: Gesù e i suoi apostoli erano ebrei Nazareni (NdR: non sadducei, ne’ farisei, cioe’ seguaci di Esdra, che manipolo’ l’Antico testamento introducendo il “monoteismo” che prima non esisteva)e rispettavano i dogmi del rito Mosaico, come i samaritani e gli esseni. Al contrario, nel Corano il monoteismo occupa uno spazio ampio assai.
E qui va detto come la parola Salàm, pace, abbia la stessa radice di islàm, che significa donazione e sottomissione totale a Dio.
La parola muslim, da cui musulmano, significa a sua volta «colui che si consegna totalmente a Dio».
Non si può tuttavia, da parte dei musulmani, imporre l’adesione all’islàm.
In analogia a quanto postula il Nuovo Testamento, credere nel Vero Dio è il risultato di una scelta e di una decisione personale, equivalente alla conversione. Nel Corano v’è tolleranza verso le altre religioni. «Non si può pretendere di costringere gli uomini ad essere credenti a loro dispetto» (X,99).
Durante l’Egira, cioè il cammino dalla Mecca alla Medina e viceversa, più volte Maometto dirà agli idolatri: «Venite, discutiamo…»
In tutto il Corano, a leggerlo senza prevenzione, non c’è una parola che consenta la condanna a morte per un «delitto d’opinione» (è il caso di Rushdie, il famoso «caso Rushdie»). Il Corano non c’entra con le regole inquisitorie introdotte nel mondo islamico nel corso dei secoli da questo o quel Califfo.
Allo stesso modo Gesù non è certamente responsabile delle Crociate, dell’Inquisizione. Davanti alla fatwa emessa da Khomeini, assurda, aberrante per ogni spirito libero, volterriano (ma dal suo punto di vista non proprio campata in aria) vorrei dire che l’integralismo religioso nuoce all’islàm quanto l’Inquisizione (che per inciso stabilì il «delitto d’opinione») nuoce al cristianesimo.
Chi ciò lo ha sempre scritto ha avuto, finalmente, la consolazione di vederlo ribadito – a proposito dell’Inquisizione – da Giovanni Paolo II.
E ripartiamo da un punto fermo: islàm e cristianesimo hanno in comune l’affermazione del Dio unico. A “Dio” creatore è affidata la sorte del fedele, la sorte dell’empio. Il dono della Fede è proposto all’intelligenza, al cuore.
La vita morale fa riferimento a “Dio” e il peccato è il rifiuto della Legge divina.
Fin qui i due monoteismi prescrivono atteggiamenti comuni. Ma esistono tuttavia «linee di separazione» tanto decise che sarebbe ingenuo pretendere di trattare islàm e cristianesimo «insieme».
Il cristianesimo è la religione di Dio al tempo stesso trascendente e immanente. Essere sussistente di per sé e «più intimo a noi di noi stessi».
Per il cristiano, Dio si è rivelato prima parlando per mezzo dei Profeti e, allorché il tempo fu compiuto, manifestandosi nella persona di Gesù, Redentore dell’Umanità.
Egli si è rivelato Uno e Trino nei suoi misteri per puro dono sovrannaturale, chiamando gli uomini all’unità del suo amore, fondando la Chiesa che è «prolungamento di Cristo» e da cui proviene ogni Grazia.
Del resto l’invito a una esperienza di unione con “Dio” «in Cristo e per Cristo» è nel Vangelo e in San Paolo. «Sappiamo che quando Egli si sarà manifestato saremo simili a Lui, poiché lo vedremo com’Egli è», così si legge nel Vangelo di Giovanni (3,2).
La fede cristiana è fondata su questa «comunicazione di grazia». Sicché soltanto l’esperienza spirituale può colmare il cristiano «e, al tempo stesso, crocifiggerlo: e questo dal momento che la Croce è la via maestra che conduce alla “Unione d’Amore”».
Per l’islàm “Dio” rivela la sua Parola, non sé stesso. Egli resta mistero inaccessibile. Non esiste iconografia: né di Dio, né di Maometto.
La fede musulmana è testimonianza che viene resa, non è esperienza direttamente vissuta.
A dispetto di infinite affinità, analogie e del comune monoteismo, esiste una «differenza fondamentale» fra islàm e cristianesimo. Eccola nelle parole di Raimondo Lullo, evangelizzatore cristocentrico del XXIII secolo: «I Saracini (cioè i musulmani) credono che il Signore nostro Gesù Cristo è il figlio di Dio ma non credono ch’egli sia Dio»
Insomma, il musulmano deve fare i conti soltanto con il suo Dio che non ha figli generati grazie alla verginità feconda di Maria inondata dallo Spirito Santo. Diversamente da Gesù che è figlio di Dio e “Dio” egli stesso, Maometto è un Profeta. Santo ma solamente uomo.
La storia dei rapporti fra islàm e cristianesimo è una storia di malintesi. Ma come scrive bene Louis Gardet, «noi siamo disinvolti nello scordare i nostri errori passati. I nostri giudizi a priori sull’islàm, le nostre interpretazioni così poco esatte delle credenze, delle attitudini spirituali dei musulmani.
Ma in quale misura abbiamo il diritto di aspettarci il medesimo sereno oblio da parte dei nostri interlocutori? Cerchiamo, piuttosto, di ricordare quanti esseri umani vi sono tuttora nel Medio Oriente, in Asia, in Africa che soffrono per le ferite che la Storia degli ultimi secoli ha inferto alla loro coscienza di credenti, alla loro dignità di popoli». Ma – si obietterà – i musulmani uccidono, massacrano: vedi l’Algeria, vedi lo stesso mite Egitto, vedi la Bosnia, il Kosovo, la Nigeria, l’Afghanistan eccetera.
Nel Corano è scritto che uccidere una persona è come uccidere tutta l’umanità, sicché colpevole dell’attentato, del massacro è chi lo compie – non l’islàm.
Quando a Hebron l’israeliano signor Baruch (benedetto) Goldstein macellò ventinove palestinesi (musulmani) nella moschea, nessuno si è sognato di scrivere che gli ebrei, gli israeliani sono degli assassini.
Nella nostra cara Italia la mafia uccide spesso, ma nessuno si permette di scrivere o dire che gli italiani sono dei mafiosi assassini.
E i cattolici dell’Irlanda ? Tutti terroristi ? No.
Nel 1994 Giovanni Paolo II ha rivolto in Marocco un discorso-appello a una moltitudine di giovani marocchini, tutti, ovviamente, musulmani.
«Un giorno», ha detto il Papa, «nell’Altra Vita, nella vita eterna, scopriremo forse il mistero per cui onoriamo lo stesso Dio praticando strade diverse. Dio si onora onorando l’uomo e dunque Cristiani e Musulmani onoriamoci reciprocamente rispettando noi stessi, e l’Altro. Sempre e comunque nel nome di “Dio”».
Se è vero che gli Anni Novanta vedono la rivincita della Geografia sull’Ideologia, se è vero che il Mediterraneo è lo specchio veritiero del rapporto Nord-Sud, bisognerà fare in modo, con intelligente rapidità, che codesto rapporto venga reinventato.
Affinché l’integralismo islamico venga sconfitto proprio in nome del Corano, affinché l’Europa mediterranea ritrovi l’antica vocazione dello scambio di beni e cultura, superando definitivamente lo «spirito delle crociate», onorando, come dice Wojtyla, lo stesso “Dio” pur praticando strade diverse.
«Da qui all’eternità».
[…] Sappiamo che non sono poche le consonanze fra cristianesimo e islàm. Di più: il Corano esalta la verginità feconda di Maria, la Madonna, riconosce in Issa (Gesù) il santo profeta figlio di “Dio”. Qui giunti cade la prima mannaia. Eccola nelle parole di Raimondo Lullo, evangelizzatore cristocentrico del XIII secolo[…]: «I Saracini credono che il Signore nostro, Gesù Cristo, è figlio di Dio ma non credono ch’egli sia Dio».
Per i «fratelli islamici» l’unica mediazione fra Dio e l’uomo è il Corano, dove in qualsiasi momento l’individuo può accostarsi ad Allah.
Maometto è «solo» un profeta. Santo, ma solamente uomo, ancorché Mohammed «implica la totalità». Non basta: nell’islàm soltanto i puri, gli ortodossi possiedono la verità cioè la fede: el iman e, di conseguenza, la legge: el islàm, la via, letteralmente la virtù.
E qui cade la seconda mannaia: la shari’ah.
[…]Se, infatti, nelle reciproche scritture cristiani e musulmani possono qualche volta trovare un punto di incontro che trasforma il dialogo in una sorta di «consanguineità spirituale», la shari’ah con il suo assolutismo politico blocca ogni (eventuale) sistema di vasi comunicanti. La shari’ah è quell’insieme di regole e disposizioni di legge in forza delle quali i vari califfi venuti dopo Maometto hanno affermato e protetto il proprio potere, anche manipolando il Corano: è il caso dei Talebani. Noi non confonderemo mai la shari’ah con il Corano, con l’islàm che predica tolleranza, condivisione e in primo luogo il rispetto della donna, alla quale Maometto raccomanda soltanto la modestia.
Attribuire al Profeta che venerò e persino parafrasò Gesù, certe leggi, o costumi, crudeli, significherebbe, lo ripetiamo una volta ancora, addossare al Cristo i misfatti dell’Inquisizione – epperò la shari’ah attribuisce all’islàm valore di (unica) verità oggettiva.
Che fare, dunque ? Il dialogo, ancorché a strattoni, prosegue. Certamente la guerra non aiuta chi si adopera, come il Papa, a irrobustirlo.
Laicamente diremo che «in un viale senza uscita, l’unica uscita si trova nel viale stesso».
Tratto dal libro di Igor Man:
L’Islàm dalla A alla Z Dizionario di guerra scritto per la pace, – Garzanti 2001
Traduzione della parola araba Allah, che è legata al nome del “Dio” della religione Islamica, è importante per meglio definire i vari significati di questa parola detta sacra.
Essa è composta da 2 radici: Al + Lah
La prima significa: la potenza del movimento estensivo, cioè andare verso l’elevazione, della forza, della potenza, della distesa…..l’essere agisce senza fine……attraverso la fatica….verso l’Infinità…..- vedi: VuotoQuantoMeccanico
La seconda significa: la linea del movimento prolungata all’Infinito (senza termine di tempo e spazio), ma significa anche la negazione, il nulla, il non essere.
Ecco la spiegazione semantica della parola Allah !
Allah (in arabo: ﷲ, Allāh) è il sostantivo arabo con cui Dio definisce Se stesso nel Corano. Di conseguenza, visto il valore veicolare della lingua araba per la cultura islamica, è questo il nome prevalentemente usato per indicare la divinità Una e Unica nei paesi di lingua araba e in tutto il mondo musulmano.
Derivante linguisticamente dalla radice arabo-semitica ʾ-l-h, che indica la generica “divinità” (arabo “al-ilāh“), il termine Allāh è passato (erroneamente) in Italiano ad indicare il “Dio” Uno e Unico” della religione musulmana (come anche per la Cristianità).
Occorre ricordare che in un passaggio del Corano risulta che questo sia uno dei due nomi con cui la divinità chiama se stesso (l’altro è al-Raḥmān, letteralmente traducibile come “il Misericordioso”). Da ciò la preferenza di alcuni studiosi e di vari musulmani per il mantenimento dell’originale nome arabo.
Già in epoca preislamica (jāhiliyya) il nome Allāh era impiegato per indicare un’importante divinità di un pantheon politeista; nello specifico, i pagani associavano ad Allāh compagne, figli e figlie.
Addirittura dai testi sumeri e babilonesi si evince dalle loro tavolette di argilla quanto segue:
Allah, Allat, Tammuz sono i vari nomi di una stessa divinità (“Dio”)
Allah, che nel Epic è indicato come Ishtar, e che secondo l’archeologia è “la bestia è il simbolo di Ištaran, come spesso viene rappresentato in kudurrus, che è un serpente…..
Promemoria:
Allah non è una parola “inventata” da Maometto e tanto meno una divinità specifica dei musulmani (come molti occidentali sono indotti a pensare). E questo anche se i musulmani di oggi, quando traducono il Corano nelle lingue europee, rifiutino di tradurre la parola “Allah” con “Dio” (o Dieu o God, Goth, Dios, ecc.).
L’uso di mantenere la parola Allah in arabo è diventato quasi un dogma, come se si trattasse del “”Dio” dei musulmani” o comunque di una parola monopolio dell’islam. La cose non stanno proprio così.
lnoltre la radice triletterale della parola Allah (’-l-h) è contenuta in tutti i termini che indicano la divinità nelle lingue semitiche.
La si trova, infatti, anche nell’Antico Testamento della Bibbia, nella forma ebraica “Elohim” (che significa semplicemente Dei – plurale, scesi dal cielo), che generalmente si pensa sia derivata da “eloah”, forma singolare estesa di “El/Il”, gli “Dei” del panteon canaanita = gli Elevati, che infatti conteneva molte divinita’, come quello abramita-mosaico.
I Cananei, il cui nome è connesso col nome urrita della porpora (kinahhu), proprio come il nome dei Fenici è connesso al nome greco della porpora (phôinix), erano organizzati in stati cittadini assai fiorenti sul piano economico e commerciale (esportazione di legname, olio e vino, prodotti artigianali).
Reinserire queste ritraduzioni anche nel testo Coranico, permette di ridefinire e capire molto meglio questi concetti……!!
– vedi Luxenberg + Islam-Cristiani
L’Islam ed i Vaccini:
http://www.vaccinationcouncil.org/2011/01/20/islam-vaccines-and-health-2/
http://www.vaccinationcouncil.org/2011/01/20/islam-vaccines-and-health/
vedi: Islam ed i Cristiani + Liberta’ Religiosa + Inquisizione religiosa + Islam e liberta’ di religione + Guerre Sante + Persecuzioni contro Pagani e Gentili + Chi e’ cosa e’ “dio” ? + Le LOTTE MILLENARIE fra ISLAM, EBRAISMO e CRISTIANITA’ + Luxenberg + Tecnica di Studio + Les Origines du Coran (Francais) + Glossario + Biografia di Maometto + Maometto + Ebraismo e sue origini + Definizione della parola Jihad
Oggi assistiamo alla guerra santa dell’ISIS (dicono di essere musulmani) ed ecco alcuni dei risultati:
http://shoebat.com/2014/12/02/just-came-muslims-conduct-mass-beheading-session-create-huge-puddle-blood/
RICORDIAMOCI che:
Islam moderato ?
Esistono i musulmani moderati, ma NON esiste l’Islam moderato, basta leggere il Corano….il quale e’ pieno di incitazioni ad imporre ai cosiddetti, “miscredenti”, la volontà dell’islam, per conto del loro Allah….(nel corano vi e’ una mancanza assoluta di liberta’ di pensiero, credo e di professione, pratica del proprio credo) e di condanna per i “miscredenti” che fanno professione della loro “fede” o “credo”, e chiedendo ai vinti in guerra, se vogliono abiurare il loro credo ed accettare l’islam….oppure pagare il 10% (il pizzo) all’islam…ma e se non abiurano il loro credo e la pratica di esso, gli debbono tagliare la testa (all’altezza del collo)…anche se non sono religioso, ma filosofo della Vita Eterna e non credo negli “dei” dei religiosi, ma nell’infinita’ dell’AmOr dell’InFinito….il mio collo è a disposizione… !
Ecco ad esempio una interpretazione del Corano da parte di un Iman iraniano: Khomeyn
http://arabpress.eu/la-miseria-sessuale-del-mondo-arabo/72832