MOSE’, le sue “CORNA”.….e le nuove scoperte sull’ultimo Faraone degli Hyksos = Mosé…..ed il dio Ba’ al = Jahve’
Che Mosé sia stato un egiziano, ormai dovrebbe essere accettato senza discussioni nel mondo dell’erudizione scientifica.
Lo stesso nome, Mosé (Moshe = figlio di = fanciullo), ne denuncia l’origine.
Secondo i testi biblici il nome Mosé significherebbe “salvato dalle acque” a ricordo del suo miracoloso ritrovamento nel Nilo e difatti l’ebraico Moshè ha un’assonanza col verbo che significa “trar fuori”, benché tutt’oggi la maggioranza degli studiosi preferisce credere che il nome derivi dalla radice egizia “Moses”, che significa figlio di o generato da, come possiamo ad esempio vedere negli egiziani Thutmosis (figlio = moses di Thot) o Ramses (figlio = moses di Ra). In linea con questa tesi e mancando il nome del padre Mosé significa semplicemente bambino quale vezzeggiativo di figlio.
Mosé era anche un sommo sacerdote egiziano del culto del dio AMEN/AMON, quindi la sua lingua madre era l’egiziano: cosa che non esclude che egli conoscesse anche altre lingue, ma sicuramente NON l’ebraico, il quale derivò dall’aramaico, la lingua franca di quasi tutto il Medio Oriente dei tempi antichi. I dotti israeliani sostengono che la lingua ebraica deriva dall’arabo: questo è vero, tuttavia ciò è avvenuto attraverso l’aramaico.
Gli aramei provenivano dal sud della penisola arabica. La terra compresa tra Medina e La Mecca è chiamata dagli arabi El-Aram, cioè la ‘terra santa’. Ergo, la Palestina, dove anticamente si erano insediati gli aramei, i quali fondarono il regno di Aram, che, inizialmente, comprendeva una buona parte della Palestina nord-orientale, era ‘Terra Santa’ molto prima che arrivassero da occidente i fuoriusciti dall’Egitto (v. Esodo), i quali, successivamente, verranno chiamati anche ‘Eberim/Everim Ha-Nahar’, (o ‘Eb’rim/Ev’rim ha-Nahar), vale a dire ‘quelli di là del fiume’ (ovviamente il Giordano). Non ci vuole molto ad intuire che la parola ebrei deriva proprio da ‘Eb’rim/Ev’rim’.
L’ebraico veniva utilizzato dagli antichi ebrei come lingua ‘sacra’, utilizzata dai sacerdoti e dai funzionari pubblici per redigere i vari documenti: esattamente come accadeva in Egitto con la lingua geroglifica. La lingua di comunicazione tra il popolino ebraico era l’aramaico.
“Una falsificazione storica incredibile durata oltre tremila anni”.
Dopo aver svelato il Nuovo Testamento e la vera storia di Gesù, stiamo svelando l’Antico Testamento, e ciò che sta emergendo è qualcosa di incredibile. Mosé era Horemheb, il generale di Akhenaton che divenne in seguito faraone. Fu lui l’autore dell’espulsione dei giudei, o meglio degli Yahud sacerdoti del culto di Aton che fonderanno infine lo stato di Giuda. I Giudei-Yahud ebbero la meglio sugli Habiru-Ebrei, espulsi ben 200 anni prima da Ahmose, arrivando infine a formare il regno di Israele, e dopo la loro liberazione da Babilonia da parte di Ciro il Grande scrissero l’Antico Testamento invertendo il ruolo a Mosé.
Così il generale faraone Mosé-Horemheb passò per essere il liberatore dei Giudei-Yahud, invece che il responsabile della loro cacciata. Sveleremo il vero tragitto dell’esodo, il monte Sinai e la collocazione del giardino dell’eden. Se tutto questo vi sembra assurdo iniziate a chiedervi come possa essere che il generale Mosé, dopo aver vinto la guerra contro l’Etiopia e aver sposato la figlia del re, fuggì nel deserto invece di tornare nel regno di Kush, dove aveva dalla sua l’esercito etiope e cercare inoltre un’alleanza con i sacerdoti del culto di Amon per spodestare Akhenaton.
Ancora una volta stiamo riscrivendo la storia, ma i mass media del regime danno spazio solamente alle bufale degli alieni della Bibbia per coprire la scottante verità. Chiedete a tutti quelli che hanno o stanno leggendo il libro Cristo il Romano se siamo ricercatori che portano documentazioni storico-archeologiche, oppure se facciamo finta che…, se solo avessero fatto all’estero una sola delle nostre scoperte su Gesù ne avrebbero parlato ovunque. Come mai qui in Italia si da spazio solo alle bufale degli alieni? Chi controlla i mass media ?
Come mai i massoni finti dormienti ci hanno espulso dai loro gruppi per non far leggere le nostre scoperte a chi li segue ? Meditate gente meditate.
http://www.notizienazionali.net/notizie/arte-e-cultura/11394/mose-biblico-era-il-faraone-horemheb
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Come ben sapete, Michelangelo realizzò il suo Mosé “dotandolo” (statua) di un bel paio di corna. Perchè ?..
Nella Bibbia (le versioni che oggi conosciamo) è scritto che Mosé quando discese dal Sinai con le tavole della legge, aveva il volto splendente e due raggi partivano dalla sua fronte. Nella Bibbia consonantica sono riportate le lettere “KRN”. Introducendo le vocali per ottenere la parola “raggi” si ottiene KaRan. Tuttavia, è possibile anche una diversa vocalizzazione, come ad esempio “KeReN” ottenendo la parola “corna”.
Sembra che ancora ai tempi di Michelangelo, una certa parte degli ebrei della diaspora si tramandasse che in origine la parola che appariva nella storia dell’Esodo fosse proprio “Keren” !
Molto probabilmente con la riforma di Giosia-Hilkya la parola divenne “ufficialmente” Karan, cioè raggi, in quanto “keren” aveva un significato che poteva destare la curiosità degli studiosi che si interessavano alla Bibbia.
Sembra che Michelangelo sia venuto in contatto con persone che si tramandavano la tradizione secondo la quale il trigramma KRN significa corna e non raggi !..
Ma perchè vi fu il rifiuto da parte del mondo sacerdotale gerosolimitano ad accettare la parola “keren”, cioè corna ?…E’ semplice: Mosé aveva le “corna” sia quando salì sul Sinai, sia quando ne scese !
Ovviamente si trattava di corna posticce, applicate su un particolare copricapo. Ma perchè Mosé aveva un tale copricapo ?
..perchè egli fu un SACERDOTE del dio egizio AMON-RA od AMEN-RA !
Questo dio, il principale del pantheon egizio, era raffigurato sia in sembianze antromorfe, sia con il corpo da uomo e la testa di ariete. Nella versione antropomorfa egli indossava uno speciale copricapo, lo stesso indossato dai sacerdoti del culto di Amon.
Ai lati della testa, il “Dio” aveva due corna che gli spuntavano da sotto il copricapo.
Queste sono dunque le origini delle “corna” di Mosé: le corna simboliche, montate sul suo copricapo, quale elemento rappresentativo del Dio del suo culto, e cioè il “Dio” Amon/Amen, chiamato anche il “Dio cornuto”.
Ora, se Mosé era un sacerdote del culto di Amon, deve essere individuata la causa che lo spinse, insieme ad altri sacerdoti dello stesso culto (forse i celebri “leviti“) ed un numero imprecisato tra civili e soldati fedeli alla casta sacerdotale “amonita”, a fuggire dall’Egitto e dar vita a quello che gli ebrei chiamano “Esodo”, convinti che si trattò di una fuga di israeliti dall’Egitto.
Per quanto sopra esposto, tutto ciò ci riconduce obbligatoriamente ad un personaggio ben preciso: il faraone Akhenaton (o Ekhenaton).
Questo faraone, infatti, per rientrare in possesso delle sue prerogative di sovrano imperiale, di fatto usurpate dalla potente casta sacerdotale del dio AMON-RA od AMEN-RA, durante il regno del padre, Amenofi III, decise di istituire una forma di monolatria (erroneamente considerata un monoteismo) centrata sul culto di Aton (il disco solare: praticamente una “versione” di Amon-Ra).
La potente casta sacerdotale amonita cadde in disgrazia e venne messa al bando; i templi di Amon vennero chiusi in tutto l’Egitto.
E’ molto probabile che vi possa essere stato un accenno di reazione da parte della casta sacerdotale colpita dalle misure repressive di Akhenaton: cosa questa che rese particolarmente violenta la rappresaglia del faraone.
Questo potrebbe aver giustificato la decisione dei sacerdoti di Amon, con Mosé quale capo carismatico, di fuggire dall’Egitto per scampare alla reazione di Akhenaton.
Una volta fuori dall’Egitto, questo popolo dell’Esodo tentò di insediarsi in vari territori a sud della Cananea, oltre il Giordano.
I Madianiti ed i Moabiti che abitavano quei territori non permisero ai fuggiaschi di insediarsi nei loro territori e così i fuggitivi dell’Esodo furono costretti a vagabondare qua e là, sino a che raggiunsero il territorio che venne successivamente indicato “tribù degli ammoniti” (in ebraico “benei Ammon”, i figli di Ammon: da tenere presente che Ammon è il nome che i greci diedero all’Amon degli egizi, equivalente, come importanza, allo Zeus degli stessi greci).
Il territorio in cui i fuoriusciti dall’Egitto si insediarono era prevalentemente semidesertico, non ambito dagli altri popoli circostanti e così esso divenne luogo di transito dei pastori semitici che si spostavano perennemente nell’area compresa tra il fiume Eufrate e la costa mediterranea, inseguendo i pascoli stagionali per il proprio bestiame.
I Cananei (probabilmente un miscuglio di fenici ed aramei) chiamarono gli ammoniti (i “figli” di Ammon/Amon) “Everim” (eberim): termine da cui, quasi sicuramente, derivò il nome “ebrei“.
La parola “everim” in ebraico aveva il significato di “quelli di là del fiume”, ma anche schiavi, servitori.
Per mistificare tale significato, coloro che manomisero la tradizione-traduzione biblica, per renderla più “duttile” ai loro scopi, si inventarono anche un patriarca: Hever, il capo tribù caldeo alla quale apparteneva lo stesso Abramo.
Come ho già affermato nell’altro post, è molto probabile che gli ammoniti, praticamente filoegiziani, visto il legame di sangue, si siano alleati con il faraone Merenptah durante la campagna palestinese condotta da questo faraone contro i canaaniti e le tribù israelitiche (di origine tutt’ora oscura) stanziate nel nord della Palestina. Non solo gli Ammoniti, ma anche i Moabiti si allearono (o comunque combatterono contro gli israeliti) con gli egiziani.
Quello di Giosuè che traversa il Giordano arrestandone le acque, alla maniera di Mosé, non è altro che un racconto mitico, per celebrare l’invasione degli Ammoniti (o Amoniti, o Aumeniti, da Aw-Man: un altro modo per riferirsi ad Amon) delle terre di Canaan. Con il tempo, questi “figli di Amon” estesero il loro dominio sino all’alta Galilea, dominando completamente sulle aree circostanti il lago di Tiberiade (Mar di Galilea).
Tutto questo giustifica i molti nomi di chiaro stile egiziano dato a quei luoghi, come ad esempio “Naftali”. Non solo, da quanto risulta dall’enciclopedia giudaica, ci sono specchi d’acqua sorgiva nel nord-ovest del lago di Tiberiade associati al nome del fiume Nilo: un’altra conferma che i luoghi, per un tempo imprecisato, vennero occupati da popolazioni di origine egiziana.
Da ricordare che gli Ammoniti venivano chiamati, da parte dei Cananei che si trovano sul lato occidentale del Giordano, anche “everim” (eberim) che, come già detto, significava “quelli di là dal fiume” (questo fatto lascia intuire che la definizione di “ammoniti” fu molto tarda e che al tempo dell’invasione di Canaan gli ammoniti non avevano ancora una definizione specifica e questo perchè il loro insediamento nella zona, attuale Giordania del nord-ovest, fu molto tardo rispetto agli altri popoli delle aree circostanti)
Dunque, per quanto detto, dal tempo dell’invasione ammonita, Canaan venne dominata dagli “everim”, da cui la probabile origine del nome “ebrei”.
Ovviamente, i canaaniti che rimasero nei loro ex territori col tempo si fusero con gli ammoniti per dare origine ad una nuova etnia: quella, appunto, degli “ebrei”, cioè di quelli che vennero di là dal fiume (Giordano). Stessa cosa avvenne per gli appartenenti alle tribù israelitiche dell’alta Galilea che finirono sotto il dominio degli “everim”.
Dal momento che le fortune degli everim furono strettamente legate a quelle degli egiziani i quali, dal canto loro, erano ben contenti che i principali territori della Palestina fossero governati da un popolo a loro affine (quello degli egiziani dell’Esodo), in quanto, al momento opportuno, esso poteva diventare un valido alleato contro gli invasori provenienti da Oriente (Assiri, Babilonesi, Persiani, Ittiti, ecc.)
Quando nei secoli immediatamente successivi la potenza dell’Egitto si ridimensionò (praticamente il fenomeno iniziò già dalla morte di Merenptah), venne meno anche l’impegno egiziano nell’area palestinese e questo determinò il fatale indebolimento degli everim i quali, piano piano, vennero sospinti a sud dalla pressione delle combattive tribù israelitiche del nord.
Il nucleo “storico” degli everim venne ricacciato al di là del Giordano, ma una parte di loro rimase nell’area conosciuta successivamente come “tribù di Beniamino (quasi sicuramente da “benei Amen/Amon). Ciò lo si può dedurre dal fatto che il culto praticato dai beniamiti era praticamente uguale a quello degli ammoniti.
Secondo la Bibbia i beniamiti sacrificavano a Baal, mentre gli ammoniti a Moloch (sicuramente una corruzione di Melek: re, signore, padrone). I moabiti invece sacrificavano a Kemosh. In tutti e tre i casi, non si trattava del nome di divinità, ma solo di un identico attributo: signore, padrone. Il nome della divinità era in realtà Amon (da cui, appunto, Ammoniti: cioè adoratori di Amon).
Con l’invasione della Canaanea da parte degli everim il culto di Amon si estese in tutta l’area palestinese. Quando venne meno la forza degli everim e gli israeliti si sostituirono parzialmente ad essi nell’area centro settentrionale (in Giudea rimasero più forti gli influssi dei Filistei: la stirpe dei “popoli del mare”), il culto di Amon rimase, anche se affiancato ad altri culti.
Tuttavia, per differenziarsi dagli ammoniti, gli israeliti chiamarono il loro “dio” con il celeberrimo tetragramma: YHWH (NdR: che però vuol dire tutt’altro che la parola dio…, vedi la pagina: dio chi è cosa è dove è ?) !
Commento NdR:
(Da notare che tale “tetragramma” altro non è che l’acronimo formato dalle iniziali delle parole ebraiche pre-sinaitiche/fenicio: “Yod He Waw He”, le quali significano: Io sono colui che è…, quindi non rappresentava nessun nome di un personaggio capo di quella popolazione, ma bensi l’IO SONO di tutti gli esseri umani.
Non ci vuole molto a capire che questo tipo di “Dio” era esattamente identico al “Dio Amon” quello degli egizi e degli ammoniti: infatti, anche l’Amon di Mosé, era indicato con un trigramma: NPN, acronimo che sottende le parole egiziane “Nuk Pu Nuk”, che significano: IO SONO CHI SONO !!..)
Ho fatto delle ricerche su queste corna e sono così venuto a sapere della strana storia della parole KaRan e KeReN, ottenute vocalizzando il gruppo consonantico KRN presente nella Bibbia
consonantica. (i Masoreti introdussero le due “a”, fissando quindi il significato in “raggi”).
Seppi così che Michelangelo aveva dato credito alla tradizione “parallela” che riportava per il medesimo gruppo consonantico la parola “keren”, cioè corna. E’ ovvio che a questo punto vi doveva essere una spiegazione ben precisa per tale parola, cioè per tali corna.
Ricordandomi che l’immagine antropomorfa di Amon aveva un particolare copricapo da cui uscivano sul davanti due corna e che tale copricapo era praticamente identico a quello indossato dai suoi sacerdoti, mi è venuto da riflettere molto seriamente su tutta la vicenda. E così ho ricollegato il fatto che nella Bibbia, sebbene si affermi che il “patriarca” degli Ammoniti fosse stato “Benammi”, uno dei figli di Lot, gli stessi ammoniti venivano sempre indicati come “i figli di Ammon” (benei Ammon)..
Perché ?..Tutto ciò non ha senso, dal momento che gli appartenenti a tale “tribù” avrebbero dovuto chiamarsi “i figli di Benammi” (benei Benammi) se Benammi fosse stato davvero il loro patriarca !!
La Bibbia, come pure i Vangeli, venne scritta ad uso e consumo dell’erudizione di allora, laddove il grado di scolarizzazione era estremamente basso, essendo circoscritta ad elite di classe. Dunque,
il popolino mancava assolutamente di capacità critica ed accettava per buono qualunque cosa venisse a lui propinata come “verità” assoluta o addirittura “parola di Dio”!!..
La definizione “figli di Ammon” che appare nella Bibbia, non lascia spazio ad equivoci:
Gli ammoniti dovevano, quantomeno, “discendere” da un patriarca di nome “Ammon”.
Sapendo che i greci (i quali dominarono sulla Palestina per oltre due secoli) chiamavano l’Amon egizio “Ammon” e che il popolo dell’Esodo, prima di diffondersi nella terra di Canaan, si era insediato aldilà del Giordano (cioè nell’attuale Giordania del nord), non mi ci è voluto molto, a questo punto, ad intuire tutta la verità !..
Il fatto stesso che i falsificatori dell’originaria tradizione biblica avessero cercato di obnubilare l’evidenza rappresentata dalla stessa tradizione che voleva gli Ammoniti “figli di Amon”, è indice che dietro tutto ciò c’era una verità che si intendeva mantenere nascosta !
Dunque, gli “ammoniti” altri non furono che i discendenti del popolo dell’Esodo, costituito in origine da elementi esclusivamente egiziani ai quali si unirono, con il tempo, pastori nomadi provenienti dalle aree della Mesopotamia occidentale. Questo giustifica la tradizione abramitica, parallela a quella mosaica ! Al tempo dell’Esodo non v’erano ancora ebrei, ma solo varie etnie semitiche nel variegato mondo della “mezzaluna” fertile !
Un discorso a parte va fatto per gli Israeliti, i quali erano stanziati nel nord della Palestina (Philistina abitata dai filistei). Sicuramente essi si differenziavano dai Canaanei ed a differenza di questi, essi erano assai più bellicosi.
Gli studiosi non sono riusciti ancora a mettersi d’accordo sulla reale origine di questo popolo. Giuseppe Flavio scrive nel suo “Contra Apione”, circa duemila anni fa, che, secondo lui, gli Israeliti discendevano dai celebri Hyksos (i Re pastori) i quali estesero il loro dominio su tutto l’Egitto del centro-nord.
Anche alcuni studiosi moderni riprendono le tesi di Giuseppe Flavio, avanzando l’ipotesi che una volta scacciati dall’Egitto, essi si insediarono stabilmente nel nord della Palestina. Solo che, anche l’origine di questi Hyksos (termine che comunque non si estende a tutto il popolo, ma solo ai suoi re) rimane oscura.
Esiste l’ipotesi secondo la quale essi provenissero dalla Mesopotamia settentrionale e che furono costretti a spostarsi a sud-ovest (Palestina e poi l’Egitto) sotto la spinta dell’invasione ittita, un impero che all’epoca era in piena espansione.
By Elio – Eliofiore_S@libero.it
P.S. – in un post di questo stesso tread, io ho riportato le ipotesi dei due “esodi”, il secondo dei quali potrebbe aver riguardato proprio i seguaci di Aton, fedeli al faraone Akhenaton (o Ekhenaton) i quali furono costretti a fuggire quando il vecchio potere politico-sacerdotale, ante Akhenaton, riprese in mano le redini del governo dell’Egitto.
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Nel deserto israeliano del Neger è stato scoperto l’autentico Monte Sinai di Mose’, è Har Karkom, con il nome del dio lunare degli egizi e delle più antiche popolazioni semite. In questo monte è stato ritrovato un santuario lunario da parte della missione archeologica italiana diretta da Emanuel Anati.
Il paleolinguista Har Karkom, ha spiegato Mailland, ha dimostrato che Har Karkom è una montagna sacra fin dall’età del bronzo antico, e il suo nome attuale ha sostituito nella toponostica israeliana il nome arabo di Gebel Ideid. Ai suoi piedi si trovano le tracce di 250 villaggi in pietra, ma sulla montagna stessa rimangono solo Santuari e iscrizioni sacri: era una montagna tabù, non abitabile, l’80% delle migliaia di iscrizioni rupestri su 1.356 rocce istoriate di Har Karkom rappresentano stambecchi con enorme corna lunate: è una iconografia che richiama quella della divinità lunare del culto mesopotanico del dio Sin, diffuso fin dal IV millennio a.C. dai sumeri o da popoli collegati verso Ovest, e anche in quel territorio. Il nome Sin, sottolinea Mailland, richiama il nome biblico del Monte Sinai, e la tradizione bizantina colloca il Sinai biblico nel Sud della penisola omonima. Inoltre uno delle centinaia di tumuli eretti sulla montagna di Har Karkom conteneva una pietra bianca di mezzo metro, a forma di mezza luna, sepolta sotto uno strato compatto di sassi scuri e posata su una grande pietra nera, interpretata dagli archeologi italiani come l’altare del dio lunare Sin.
Mailland spiega che il libro dell’Esodo racconta che Mose’ fuggì nel deserto e sposò una delle figlie di Ietro, un capo della tribu’ beduina dei Madianiti, il quale gli ordinò di portare le sue pecore “sul Monte di Dio”.
quel monte Dio si manifestò a Mose: era Yah Ve’. Ve’ vuol dire IO SONO; Yah, nella lingua egizia dell’Antico Regno, è la luna. Ed è la stessa parola, che significa “luna” in ebraico.
Mosé nel Targum, ovvero la versione in aramaico della bibbia ebraica, è chiamato Yahudae, gli yahud erano i sacerdoti del culto di Atons e Akhenaton, oltre che a promuovere il culto di Aton a discapito del dio tebano Amon, era anche un sacerdote di questo culto. Mosé era quindi un sacerdote del culto di Amon-Ra (nome egizio del dio amon) > Aton (od ATom), oppure lo stesso Akhenaton, ultimo faraone Hyksos, scacciato dai principi tebani Kamose ed Ahmose.
La nostra risposta agli storici che hanno infangato la verità facendo credere che un popolo che vince la guerra contro il faraone, facendo impantanare i carri in terreni paludosi per poi sconfiggerli militarmente, invece che ritornare da vincitori in Egitto continui a fuggire nel deserto, rimanendoci per 40 anni senza acqua e cibo.
Mosé, alias Osarseph/Akhenaton, tornò ad Heliopolis da vincitore fermandosi prima alla piramide di Giza, ovvero il famigerato monte Sinai, mostrando al popolo le vere tavole della legge, ovvero le confessioni in negativo del libro dei morti dalla cui rimodulazione creeranno i famosi 10 comandamenti.
I protoebrei Hyksos, invasori dell’Egitto, con Mosé/Akhenaton, loro ultimo faraone, saranno sconfitti dopo 13 anni da questa vittoria e scacciati definitivamente.
Tutte le morti legate al faraone Tutankhamon, dopo il ritrovamento della tomba furono causate non da una maledizione, ma dalla scoperta di papiri che contenevano la vera storia di un popolo invasore, che doveva appropriarsi della Palestina a scapito dei suoi abitanti con la scusa che quella era la terra che “Jahvé aveva loro assegnato.
Tutta la storia della nascita di Yahwe dal dio Ba’al/Seth, passando per Osiride ed infine da Serapide importato da Tolomeo I ad Alessandria d’Egitto e tanto altro ancora. Che la verità risorga, dopo Gesù conoscerete chi era Yahwe attraverso la storia e l’archeologia. Il libro uscira’ nel 2016
Tratto da:
https://www.facebook.com/alessandro.deangelis.330/posts/10206520820873393?fref=nf
Stele di Merenptaḥ o Stele di Israele (1’213-1’203 a.C.)
L’unico documento proveniente dall’Egitto che nomina Israele è la Stele di Merenptaḥ, ed è anche la prima testimonianza dell’esistenza di questo popolo. Il popolo d’Israele in questa stele viene descritto come un popolo di nomadi, in quanto sono presenti sul geroglifico due determinativi, un uomo e una donna, tipici dei popoli nomadi.
La presenza di un popolo nomade in Egitto è testimoniata dal rapporto di un funzionario che scrive: «Abbiamo finito per concedere alle tribù Shosu [Beduini] di Edom il permesso di passare oltre la fortezza di Merenptaḥ che è nel Tjeku per recarsi agli stagni di Pi-Tūm di Merenptaḥ che sono nel Tjeku onde mantenerle in vita e mantenere vivo il loro bestiame grazie alla generosità del faraone, lo splendido sole di ogni paese.
Anno 8, terzo giorno epagomeno, anniversario di Seth».
La città di Pi-Tūm può essere identificata con la Pitom nominata in Esodo 1.11:
Esodo – Capitolo 1, 1-14
Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia: Ruben, Simeone, Levi e Giuda, Issacar, Zàbulon e Beniamino, Dan e Nèftali, Gad e Aser. Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava gia in Egitto.
Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno. Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo: “Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese”.
Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses.
Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d’Israele. Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d’Israele trattandoli duramente. Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
Questi passi della Bibbia contrastano con quanto ci racconta il funzionario che parla della generosità del faraone nei confronti di questi nomadi, cui fu consentito di mantenere vivo il loro bestiame.
Tratto dal libro: Exodus Mosé l’ultimo faraone Hyksos
By Alessandro de Angelis –
https://www.facebook.com/alessandro.deangelis.330?fref=nf
RICERCATORI AMERICANI SCOPRONO L’IDENTITÀ DI MOSÉ
Incredibile scoperta di un team di ricercatori americani, che sono riusciti a identificare il Mosé della Bibbia grazie a dimenticati graffiti della montagna sacra Gebel Barkal, che furono pubblicati nel 1920 dall’archeologo Reynes e caduti nel dimenticatoio. In questi graffiti compare la lista dei viceré di Nubia della XVIII dinastia egizia e dei faraoni regnanti. Nella lista compare come viceré di Nubia Thutmose V de iure, sotto il faraone Akhenaton, che Sigmund Freud identificò con il Mosé della Bibbia senza ancora avere supporti archeologici e documentali.
Il lavoro di comparazione tra i reperti archeologici e gli scritti dello storiografo Flavio Giuseppe ha permesso ai ricercatori Andrew mac Leonard e Alexander Algels di confermare le supposizioni di Sigmund Freud, svelando in Thutmose V alias Mosé il fratello del faraone Akhenaton e zio di Tutankhamon, ricordati il primo per il primo tentativo di monoteismo sul dio Aton e il secondo per essere stato l’autore del famoso Esodo biblico, che portò Mosé a essere espulso dall’Egitto.
Questi in sintesi i punti con cui i ricercatori hanno avvallato la loro scoperta:
Flavio Giuseppe, basandosi sullo storiografo egiziano Manetone, scrive che Mosé visse sotto un faraone di nome Amenofi, il greco per Amenhotep. Flavio Giuseppe scrive inoltre che Mosé fu incaricato dal faraone di sedare una rivolta in Nubia. Sotto questo faraone e al tempo di Mosé, sempre secondo Flavio Giuseppe, gli Egizi si scontrarono con gli Asiatici.
Ora, di faraoni di nome Amenhotep in Egitto ve ne furono solo quattro: Amenhotep I, che si scontrò con i Nubiani ma non con gli Asiatici, Amenhotep II, che si scontrò con gli Asiatici ma non con i Nubiani, Amenhotep III, che si scontrò con i Nubiani ma non con gli Asiatici, e infine Amenhotep IV/Akhenaton, che si scontrò sia con i Nubiani che con gli Asiatici. Quindi Mosé deve essere vissuto durante il regno di Akhenaton.
Mosé viene pertanto inviato a capo di un’operazione di polizia in Nubia. Questo fatto storicamente avvenne nel XII anno di regno di Akhenaton e il nome, nelle fonti egizie, dell’uomo che fu inviato a sedare questa sommossa per il faraone è Thutmose, viceré di Nubia per conto dell’Egitto.
Secondo Manetone, riportato da T. Flavio Giuseppe, Mosé era il capo dei sacerdoti di una città ove si praticava culto del Sole, durante un periodo durato 13 anni. Ebbene la cosiddetta eresia di el-Amarna, il culto del dio del Sole Aton ad Akhetaton (l’attuale el-Amarna) durò proprio 13 anni, da IV al XVII anno di regno di Akhenaton, che eclissò il politeismo egizio e il potere della casta sacerdotale tebana di Amon.
C’è da aggiungere che il fratello di Akhenaton era il capo dei sacerdoti egizi, il «sovrintendente dei sacerdoti dell’Alto e del Basso Egitto», esattamente come il Mosé manetoniano, e il suo nome era Thutmose.
Potrebbe pertanto Thutmose, viceré di Nubia, essere Mosé ed essere lo stesso Thutmose, fratello di Akhenaton, creduto generalmente morto, perché scomparso dalle fonti, a meno che non vada identificato con l’omonimo e contemporaneo viceré di Nubia, che, come documentato storicamente, fu inviato da (suo fratello?) Akhenaton in Nubia a capeggiare un’operazione di polizia al fine di sedare una rivolta, esattamente come Mosé.
Tra l’altro Thutmose V de iure, il principe ereditario, sembra essere ancora vivo nella terza decade di regno di suo padre Amenhotep III, ed è attestata (in ritrovamenti nella tomba del vizir Amenhotep-Huy, come riferito nel febbraio 2014 dal Ministero Egiziano delle Antichità) la presenza già otto anni prima della morte di Amenhotep III del suo cartiglio a fianco di quello di Akhenaton, il che ne indica la designazione come successore.
Sembrerebbe pertanto probabile, proprio per questioni cronologiche, che Thutmose V non sia morto, ma suo padre abbia preferito, forse in seguito a qualche fatto specifico (l’omicidio di una guardia da parte di Mosé/Thutmose come nella Esodo?), di preferire come successore il secondogenito Amenhotep IV/Akhenaton al primogenito Thutmose V, che sarebbe rimasto “principe ereditario” (mes/mose) a vita.
Mosé crebbe nella corte faraonica, esattamente come Thutmose, fratello di Akhenaton.
Mosé significa “principe ereditario” e Thutmose viene definito epigraficamente proprio allo stesso modo.
Il culto di Aton di Akhenaton, fratello di Thutmose, come quello di Adonai di Mosé, è enoteistico.
Né Aton né Adonai sono raffigurati zoomorficamente.
Né Aton né Adonai sono raffigurati antromorficamente.
Né Aton né Adonai hanno una famiglia divina.
I membri della famiglia di Mosé e i suoi compagni hanno in molti nomi che non ricordano solo gli ipotetici corrispettivi egizi ma che ricordano, nella radica o nell’etimologia, addirittura nomi legati proprio all’establishment amarniano: come Aminadab (cfr. Amenhotep), Miriam (cfr. Meryamon), Merari (cfr. Meryra), Fineas (cfr. Panehesy), Elisheva – figlia di Aminadab – (“perfetta di dio/Adonai”, cfr. Neferneferuaton – figlia di Amenhotep –, “magnifica/perfetta è la bellezza di Aton”), ecc.
Secondo Flavio Giuseppe, l’Esodo sarebbe avvenuto all’inizio del regno del successore del faraone che inviò Mosé a sedare una rivolta in Nubia. Escludendo il periodo di transizione di Neferneferuaton Merytaton e di Smenkhkara, il vero successore di Akhenaton fu Tutankhamon. La tradizione ebraica riferisce che il faraone dell’Esodo, già incerto sulle gambe e malato, morì, secondo il Talmud, tempo dopo una caduta dal carro a causa delle complicazioni di questa. Gli studi anatomopatologici del prof. Bob Brier sulla mummia di Tutakhamon hanno accertato esattamente la stessa morte. Le analisi della sua mummia hanno inoltre rivelato che il re bambino era malato, e le raffigurazioni lo mostrano camminare con l’ausilio di una gruccia e della moglie Ankhesenamon.
Non vogliamo prendere in giro nessuno. In quanto alla scoperta è stata fatta dai ricercatori italiani Alessandro De Angelis e Andrea Di Lenardo, e non da ricercatori americani, che sarebbero stati immediatamente osannati da tutta la stampa mondiale.
Nonostante la portata di rilevanza internazionale della scoperta, a sei mesi dalla pubblicazione del libro Exodus, che ha trovato l’interesse degli storici, in Italia tale lavoro non ha voce.
By Alessandro de Angelis – Tratto da apocalisselaica.net
– https://www.facebook.com/alessandro.deangelis.330?fref=nf
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I Rabbini riscrivono la Bibbia: Abramo e Mosé forse NON sono esistiti – 03/10/2002
Abramo, il patriarca ebreo, probabilmente non è mai esistito. E neppure Mosé. L’ intera storia dell’ Esodo, come viene raccontata nella Bibbia, quasi sicuramente non avvenne. La stessa cosa vale per il crollo delle mura di Gerico.
Anche Davide, invece di essere l’ impavido re che trasformò Gerusalemme in una potente capitale, è molto più probabile che fosse un capo di provincia, la cui fama fu esagerata molti anni dopo per dare un nucleo di convergenza a una nazione agli albori della sua storia.
Queste sbalorditive affermazioni, risultato di scoperte effettuate dagli archeologi che hanno scavato in Israele e dintorni negli ultimi 25 anni, sono condivise anche dai rabbini non ortodossi. Ma finora non c’ è era stato nessun tentativo di diffondere queste idee o di discuterne con i laici.
Ora invece la “United Synagogue of Conservative Judaism”, che rappresenta un milione e mezzo di ebrei tradizionalisti degli Stati Uniti, ha appena pubblicato una nuova Torah commentata, la prima per i tradizionalisti in oltre 60 anni. Intitolata “Etz Hayim” (“L’ albero della Vita” in ebraico), il libro offre un’ interpretazione dei testi sacri che tiene conto delle più recenti scoperte archeologiche, filologiche, e antropologiche, e degli studi sulle culture antiche.
Nelle intenzioni degli autori che hanno lavorato alla sua compilazione, il libro rappresenta uno dei più considerevoli sforzi mai effettuati per introdurre in ambito religioso il concetto di Bibbia prodotta dell’ uomo invece che documento divino. Accanto al normale testo in ebraico, c’ è in parallelo la traduzione in inglese (a cura dello scrittore Chaim Potok). Inoltre ci sono un’ esegesi pagina per pagina, note esplicative sulle usanze ebraiche e, alla fine, 41 saggi di eminenti rabbini e studiosi su argomenti vari, che vanno dai manoscritti della Torah alle prescrizioni alimentari, dall’ ecologia all’ escatologia.
Questi saggi, letti durante le prediche nelle funzioni del Sabbath, senza alcun dubbio coglieranno di sorpresa molti fedeli.
Per esempio, il saggio sulla “Mitologia nell’ antico Medio Oriente” di Robert Wexler, rettore dell’ University of Judaism di Los Angeles, riporta che sulla base dei moderni studi, sembra improbabile che la storia della Genesi si svolse realmente in Palestina.
Più probabilmente, continua Wexler, ebbe luogo in Mesopotamia, l’influenza della quale è molto evidente nel racconto del Diluvio Universale. Quest’ ultimo probabilmente non fu altro se non un’ eccezionale piena dei periodici allagamenti creati dal Tigri e dall’ Eufrate. E per quanto riguarda Noè, il racconto dovette ispirarsi all’ epica di Gilgamesh in Mesopotamia.
Altrettanto stupefacente sarà per molti leggere il saggio “Archeologia Biblica”, del professor Lee Levine presso la Hebrew University di Gerusalemme. «Nella storia egiziana non esiste riferimento alcuno a un soggiorno del popolo di Israele nel loro paese.
Le scarne testimonianze sono del tutto trascurabili e indirette».
Queste ultime, come per esempio la diffusione di nomi ebraici, «sono lungi dal rappresentare un’ adeguata conferma del racconto biblico». Altrettanto ambigua, scrive Levine, è la testimonianza della conquista e dell’ insediamento di Caana, l’antico nome con il quale si designava l’area comprendente Israele.
Gli scavi archeologici, che hanno provato senza ombra di dubbio che la città di Gerico non era circondata di mura ed era disabitata, «chiaramente sembrano contraddire la violenta e totale conquista raccontata nel Libro di Giosué. Ma quello che più conta è che siamo in assenza di prove archeologiche» che confermino le grandiosi descrizioni bibliche della città di Davide e di Salomone.
Il concetto che il contenuto della Bibbia non sia vero e non vada preso in senso letterale «è più o meno chiaro e condiviso dalla maggior parte dei rabbini tradizionalisti», ha osservato David Wolpe, un rabbino del “Sinai Temple” di Los Angeles e uno dei collaboratori di “Etz Hayim”. «Ma alcuni fedeli potrebbero non voler conoscere la realtà nuda e cruda che ne deriva», ha proseguito. La scorsa Pasqua ebraica, durante una predica agli oltre duemila fedeli riuniti nella sua sinagoga, Wolpe disse molto esplicitamente che «quasi tutti gli archeologi moderni concordano sul fatto che il modo in cui la Bibbia descrive l’Esodo non è il modo in cui si verificò. Se davvero si verificò».
Il rabbino fornì quella che egli definisce «la litania delle disillusioni» sulle discrepanze narrative e cronologiche, le contraddizioni, le improbabilità, e infine sull’ assenza di testimonianze certe. Inoltre, aggiunse che «scavando nella penisola del Sinai gli archeologi non avevano trovato alcuna traccia delle tribù di Israele, nemmeno un coccio di vasellame».
Tra i fedeli la reazione al suo sermone andò dall’ammirazione per il suo coraggio, allo sgomento, alla vera e propria rabbia per la sua spudoratezza. Pubblicato su una rivista ebraica diffusa in tutto il mondo, il suo lungo discorso gli attirò una valanga di lettere che lo accusavano di minare i più fondamentali precetti dell’ebraismo.
Ma ricevette anche molti messaggi a favore. «Un’infinità di rabbini mi ha telefonato, mandato email e mi ha scritto dicendomi:
“Dio ti benedica per aver detto quello che tutti noi crediamo”», ha detto Wolpe. Che attribuisce l’ “esplosione” provocata dal suo sermone alla riluttanza dei rabbini a dire ciò che realmente pensano.
(Copyright New York Timesla Repubblica. Traduzione di Anna Bissanti) – Tratto da: repubblica.it
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La TRADIZIONE GIUDAICO-CRISTIANA sull’AUTORE del PENTATEUCO, (Pagina 6-7)
…i cinque libri del pentateuco non ci dicono nulla sul loro autore. Manca infatti un titolo o una nota che ci informi espressamente che Mosé ne è l’autore. Di Mosé si parla per lo più in terza persona; inoltre gli vengono spesso attribuite soltanto alcune parti storiche e legislative: la condanna dello sterminio di Amalec (Es. 17.24).
Il codice dell’Alleanza, inclusi verosimilmente i dieci comandamenti (Es. 20_24;24,4), una raccolta di parole del Sinai (Es.34,27), l’elenco delle tappe del viaggio nel deserto (Num.33,2) e tutta la legislazione data nelle pianure del Moab (Deut. 31,9.22.24).
Il pentateuco ha molti passi che tradiscono l’origine postmosaica.
La frase di genesi 12.6;13,7 “allora i cananei abitavano il paese” presuppone la conquista, allo stesso modo che la presuppone la designazione del Canaan come “paese degli Ebrei” (Gen.40,15).
La formula che ricorre di frequente “fino ai nostri giorni” (Deut.3,14;34,6) e all’osservazione: “non è più sorto un profeta pari a Mosé” (Deut.34,10) esigono che l’autore sia lontano dall’epoca di Mosé. In molti brani il punto di vista geografico del narratore è quello di uno che si trova già in Palestina e non già quello di Mosé che morì prima di penetrarvi.
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YAHWE, il DIO della BIBBIA degli INVASORI HYKSOS-EBREI
Esodo 32, 1-8:
Il popolo, vedendo che Mosé tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: “Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosé, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”.
Aronne rispose loro: “Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me”.
Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!”.
Aronne fu il primo sacerdote degli ebrei e fratello di Mosé, ben sapeva quindi che il dio Yahwe era un vitello, tanto che ne fece una statua d’oro. Ma perché Mosé lo distrusse? Il motivo risiede nel fatto che il nuovo culto di Yahwe era stato rimodulato dal dio degli Hyksos Ba’al e questo non si doveva sapere, quindi inserirono nei comandamenti il divieto di raffigurarlo.
27 Novembre 1922: Howard Carter, illustre archeologo ed egittologo britannico, rinviene la tomba del faraone Tutankhamon.
Cinque mesi dopo la scoperta della tomba Lord Carnarvon, finanziatore dell’impresa, muore per colpa di una puntura di zanzara su una guancia, seguito subito dopo dal fratellastro Aubrey Herbert, morto inspiegabilmente a seguito di una estrazione dentale.
La stessa sorte toccherà ancora nel 1923 all’archeologo canadese La Fleur, che aiutò Carter nei suoi lavori, morto a causa di una misteriosa malattia; seguito da George Jay Gould, intimo amico del conte di Carnarvon, morto sempre nel 1923 a causa di una strana infiammazione polmonare.
Nel 1924 toccò all’archeologa Evelyn White, anche lei collaboratrice di Carter, trovata impiccata per sospetto suicidio, seguita alcuni mesi dopo da Douglas Archibald Reed che svolse le radiografie alla mummia del faraone; nel 1926 la maledizione colpì Bernand Pyne Grenfell, papirologo consultato da Carnarvon per la traduzione dei testi egizi.
Nel 1929 muore il nobile Richard Bethell, collaboratore di Carter nel lavoro di catalogazione dei tesori di Tutankhamon.
Potremmo continuare con tante altre persone legate alla scoperta dei reperti del faraone che subirono lo stesso destino, come l’egittologo Arthur Cruttenden Mace, Lady Almina, moglie di Lord Carnarvon, il principe egiziano Alì Kemel Fahhmy Bey e suo fratello, entrambi morti assassinati, che si erano posti come potenziali acquirenti dei tesori del faraone; il fratellastro di Lord Carnarvon Mervyn Herbert, l’egittologo Artur Weigallm, anch’egli collaboratore di Carter durante i lavori di scavo e, purtroppo, molti altri ancora.
Tutte queste morti alimentarono la leggenda della “maledizione del faraone Tutankhamon”, avallata e sostenuta dagli organi internazionali d’informazione.
Le cause delle morti delle sovpa citate persone furono strettamente legate a dei documenti scomparsi attestati da una testimonianza di Lee Keedick, che assistette ad una discussione tra Carter e un altro funzionario inglese avvenuta nel 1924 all’ambasciata britannica del Cairo durante la quale il Carter minacciò di rivelare pubblicamente lo scottante contenuto dei documenti trovati nella tomba1. In un dispaccio telegrafico inviato da Arthur Merton il 30 novembre 1922 dove si leggeva: “… una delle scatole trovate nella tomba conteneva dei rotoli papiracei da cui ci si attende di ritrovare una grande mole di informazioni storiche”.
Una scatola di papiri misteriosamente scomparsa:
Howard Carter non smentì mai le dichiarazioni di Lord Carnarvon sulla sua esistenza. Solo dopo la morte di quest’ultimo venne modificata la prima versione dei fatti che portò l’egittologo Alan Gardiner a sostenere di essere molto interessato a quei documenti che avrebbero potuto fare luce sul cambiamento di religione del faraone Akhenaton e che portò lo stesso Carter, durante una discussione, ad ammettere che il segreto nascondeva“la vera storia occultata d’Israele”.
Alfred De Rothschild era padre della moglie del conte Carnarvon, lady Almina, e finanziatore dello squattrinato conte. Ovvio pensare che nel caso gli scottanti papiri della cassa 101 avessero potuto nuocere alla causa sionista.
La nostra storia parte da lontano, nel 1700 a.C., un popolo bellico e guerrafondaio, gli Hyksos, invasero l’Egitto dominandolo per tre secoli. Tra i primi Padri della Chiesa prevalse l’idea che gli Ebrei e gli Hyksos fossero la stessa popolazione, idea già presente, oltre che in Erodoto ed in Giuseppe Flavio, anche nel famoso storico Diodoro Siculo nella sua“Bibliotheca Historica” e nella “Aegyptiaca” dello storico egiziano Manetone, vissuto nel III secolo a.C.
Ed è soprattutto da Manetone che possiamo attingere un maggior numero d’informazioni intorno alla vera storia degli ebrei. Manetone era un alto sacerdote egizio e, in quanto tale, poteva aver accesso ad una vasta gamma d’informazioni e di documenti storici sicuri, come ad esempio gli elenchi e gli archivi dei faraoni.
Questo storico rinnegava la versione biblica dell’esodo ebraico ritenendolo al pari di una favola; sosteneva invece che gli archivi ufficiali dei faraoni, dai quali attingeva le sue notizie, raccontavano che gli ebrei, o Hyksos, furono volutamente espulsi dagli Egizi perché considerati al pari dei “lebbrosi”, oltre che malati, esclusivi, razzisti, xenofobi e “ribelli”.
Insomma tutte caratteristiche che gli Egiziani attribuivano ai conquistatori Hyksos.
In effetti entrambi i popoli, gli Hyksos e gli Ebrei, avevano origini comuni in quanto gli Ebrei provenivano dalla terra di Canaan (Palestina) e gli Hyksos, secondo gli studiosi, dall’area del Vicino Oriente (Canaan, Siria etc.).
Gli Hyksos erano adoratori del dio Ba’al, figlio del toro El e la sua consorte era Aserah, che in Egitto divenne Hathor, la vacca sacra. Dopo lotte intestine tra gli ebrei, adoratori di Ba’al e quelli che volevano sostituirlo con Yahwe, alla fine prevalse quest’ultimo che divenne il dio della Bibbia. La consorte di Ba’al, ovvero Aserah, divenne cosi la paredra di Yahwe. Recentemente è stata rinvenuta una iscrizione paleoebraica dell’ottavo secolo avanti Cristo nei pressi di Kuntillet ‘Ajrud dove si legge:
Ti benedico tramite Yahwe e tramite la sua Ašerah. (Iscrizione paleoebraica)
Dall’unione di Ba’al e della sua Aserah nacque Yahwe, il dio della Bibbia. Oltre all’etimologia, anche la paleografia ci dà nuove conferme a supporto delle nostre tesi. Difatti il dio fenicio Baal lo ritroviamo in un testo proveniente da Ugarit e risalente al quattordicesimo secolo A.C., in Cat 1:19 – 1: 42-43 dove si legge:
Per sette anni possa Ba‘al essere assente, per otto anni il Cavaliere delle Nubi !
CAT [1.19 – I: 42-43]
Come è possibile notare dalle tavolette ugaritiche, Baal è identificato con l’epiteto di “Cavaliere delle nubi”, lo stesso epiteto che, guarda caso, ritroviamo in Salmi 68: 5 attribuito al dio biblico Jahvé:
Šîrû l-ē’lōhîm! Zammərû šəmô! Sōllû lārōkēb bā‘ărābôt! Bəyāh šəmô wə ‘iləzû ləpānâw! |
“Cantate, o dèi! Inneggiate, o suoi cieli ! Spianate la strada al Cavaliere delle Nubi ! In Yahwe gioite ed esultate dinanzi a lui ! |
Salmi [LXVIII: 5]
Il figlio di Baal e della sua moglie-sorellastra si chiamasse Yaw/Yam, nome che presenta una fortissima assonanza con il dio biblico Jahwe, ed anche in questo caso la prova ci viene da un frammento di un vasto poema dedicato al “mito di Baal”, restituitoci dagli scavi archeologici effettuati a partire dal 1929 nella regione di Ugarit, prova che è stata addirittura ammessa da un prete, l’abate e biblista francese Henri Cazelles:
“Se vogliamo trarre una conclusione – sottolinea Giovanni Garbini –dalle testimonianze extrabibliche relative a Jahvè, possiamo affermare che i testi ci mostrano una figura divina venerata nella regione siro-palestinese fin dall’inizio del II millennio a.C., sia da parte di sedentari sia da parte di nomadi; una figura divina connessa in qualche modo con il pantheon locale, ma non preminente; una figura divina, infine, la forma del cui nome presenta una singolare fluttuazione: Yah, Yaw, Yahvé” – Jahvé” (“Storia e Ideologia nell’Israele antico”, Paideia, Brescia, 1986, pag. 87-88).
In questa iscrizione ritrovata a Kuntillet Ajrud si vede chiaramente l’immagine di Jahwe che allatta i suoi vitelli.
Le iscrizioni presentano una mescolanza degli alfabeti fenicio ed ebraico. Molte hanno carattere religioso e sono invocazioni a Jahwe, El e Baal. Due, in particolare, presentano le frasi “Jahwe di Samaria e la sua asherah” e “Jahwe di Teman e la sua asherah. In generale, gli specialisti concordano sul fatto che Jahwe è invocato in quanto dio nazionale di Samaria, capitale del regno di Israele, e di Teman, presso Edom, il che farebbe intendere che Jahwe avesse un tempio a lui dedicato in Samaria e pone la questione di una sua relazione con Kaus, il dio nazionale di Edom.
Con la scoperta di Ugarit la storia di Baal, da cui nacque Jahwe e degli Hyksos-ebrei invasori, iniziò a diffondersi, quindi bisognava prendere provvedimenti per cercare di delegittimare dalle loro azioni belliche gli ebrei guerrafondai che costruirono un dio a loro immagine e somiglianza. Come fare? Semplice sarebbe bastato sostenere che Jahwe e gli elohim della bibbia erano alieni, così le azioni belliche verso altri popoli, di cui narra l’A.T., sarebbero state da imputare ad un inesistente dio. Inoltre anche la chiesa si sarebbe salvata dall’aver indotto i credenti ad adorare un dio bellico e guerrafondaio di cui le persone stavano venendo a conoscenza. Per questo scopo la chiesa doveva aprire all’ipotesi extraterrestre, cosa che è avvenuta, mentre i mass media, controllati dalle potenti logge massoniche infiltrate al vaticano, iniziavano a supportare la favola del dio alieno, nonostante non ci sia un solo passo nell’A.T. che ne parli. Ecco che improvvisamente le nuvole diventano ufo, il ruach il rumore del motore di astronavi, che invece dell’antigravità ora sappiamo usare motori a reazione, ed il gioco è fatto.
Spiacente ma il patto di non belligeranza tra ebrei e vaticano non passa. Abbiamo dimostrato nel libro Cristo il Romano che Gesù morì nel 68 d.C., e visto che Paolo di tarso, colonna del cristianesimo, disse:” Vana sarebbe la nostra fede se Gesù non fosse risorto”, decretiamo la fine del cristianesimo a distanza di 2000 anni. Ormai sono sempre più le persone che stanno leggendo il libro e la verità sta prepotentemente venendo a galla. Spiacente ma il progetto del Nuovo Ordine Mondiale di costruire una nuova religione non passerà, qualsiasi religione è sempre nata per supportare il potere ed è ormai improcrastinabile un cambiamento che ci tolga dalla dittatura dei banchieri sionisti che stanno prendendo il controllo di mezzo pianeta attraverso il controllo della moneta debito.
By Alessando de Angelis
– https://www.facebook.com/alessandro.deangelis.330?fref=nf
Ricercatore di cristianesimo primitivo e di storia delle religioni.
1 La testimonianza è riportata dallo scrittore Thomas Hoving nel suo libro del 1978 “Tutankhamon – The untold story”.
Exodus-Mosé il faraone Horemheb. La storia nascosta dell’esodo e del golpe di stato di Mosé
La nuova scoperta del saggista Alessandro De Angelis, scrittore/ricercatore/ storico delle religioni, ha dell’incredibile! Chi è veramente Mosé.- By Giulio Perrotta
Caro Alessandro De Angelis, anche questa volta le tue scoperte sono tali da far tremare le fondamenta le Cristianesimo.
Assolutamente, usciamo a settembre con il libro sull’Antico Testamento Exodus-Mosé il Faraone Horemheb. Non potevamo esimerci dal farlo visto il proliferare di notizie antistoriche che circolano in questo periodo su Yahwe e tutti i personaggi della Bibbia.
C’è chi ha visto in Mosé il faraone Akhenaton, chi Ramses, successore del generale Horemheb, ma questa è la prima volta in assoluto che sento parlare di Mosé come il faraone Horemheb, come sei giunto a questa scoperta, che se confermata sarebbe scoop autentico ?
Mosé nel Targum, viene definito yahudae, e gli Yahud erano i sacerdoti del culto di Aton, che doveva essere soppiantato dal culto di Amon-Ra il quale rappresentava il passaggio dall’era del toro a quella dell’ariete.
Mosé era egiziano, ed il suo stesso nome ne denuncia l’origine egizia: Moshe = figlio di = fanciullo.
Per la Bibbia Mosé significherebbe ”salvato dalle acque” a ricordo del suo miracoloso ritrovamento nel Nilo e l’ebraico Moshè ha assonanza col verbo “trarre fuori”, ma la radice egizia ”Moses” significa figlio di o generato da, e ne sono esempi Thutmosis o Ramses figlio di Toth e di Ra, anche se nel caso di Mosé manca il padre, che evidentemente andava nascosto per non far capire chi era il personaggio.
Dal racconto dell’infanzia di Mosé, quando fu salvato dalle acque, sappiamo che la principessa figlia del faraone si chiama Termuti, mi sono quindi chiesto: come mai i redattori conoscono il nome della figlia del faraone ma non quello del faraone che non viene nominato ?
Ma se Mosé era chiamato Yahudae (Jahudae), ovvero sacerdote del culto di Aton, allora il faraone non doveva per forza di cose essere Akhenaton ?
Esatto, difatti questo faraone fu colpito dalla damnatio memoriae, ed a farlo fu proprio il suo generale che divenne faraone, il generale Horemheb, che distrusse tutti i templi dedicati ad Aton e le iscrizioni dedicate al faraone Akhenaton. Ci fu una guerra tra Horemhen ed Akhenaton, che fu la famosa guerra tra Mosé ed il faraone senza nome che perse la battaglia.
Mosé fu promosso generale dal faraone dopo che gli etiopi invasero l’Egitto arrivando fino a Menfi ed al Mar Rosso, saccheggiando il paese a causa del tempio di Aton che il faraone mise in Nubia. La Nubia era chiamata Etiopia in quel tempo, era il regno di Kush, lo storiografo G. Flavio descrive come Mosé passò attraverso il deserto, distruggendo gran parte dell’esercito etiope, che si rifugiò a Saba, nell’isola di Meroe.
Una città fortificata da alte mura e circondata dalle acque del Nilo che si divideva in due parti e con forti correnti. Ma la principessa Tharbi chiese a Mosé di sposarlo, lui accettò e si dichiarò padrone di quelle terre che appartenevano al faraone, facendo un golpe nei suoi confronti.
Alessandro, ma il faraone non lo avrebbe ucciso una volta tornato da lui ?
Questa è la domanda che mi sono posto, la politica era uguale ieri come oggi, quindi perché Mosé tornò sapendo che il faraone lo avrebbe ucciso? Certo non lo avrebbe ucciso subito, visto che tornava da eroe nazionale avendo sconfitto gli etiopi, ma sapeva che avrebbero congiurato per ucciderlo, e G. Flavio lo dice nel suo racconto che venne a sapere della congiura del faraone per ucciderlo. Ma Mosé/Horemheb aveva il suo asso nella manica che era rappresentato proprio dalla principessa nubiana Tharbi e sia la regina Nefertiti che la moglie secondaria di Akhenaton, Kiya, erano nubiane e principesse, quindi sorelle di Tharbi.
Mosé pensò che diventando cognato del faraone si sarebbe salvato, invece osò troppo dichiarandosi padrone della terra conquistata, inoltre l’esercito etiope dichiarò guerra al faraone per aver posto il tempio di Aton in Nubia e sia Akhenaton che Nefertiti erano i diretti sacerdoti che si relazionavano con Aton.
Quindi riassumendo, Mosé sappiamo che era sacerdote di Akhenaton essendo Yahudae, inoltre generale e combatte in etiopia e lo stesso valse per Horemheb ?
Si, il fatto che fossero entrambi generali e che entrambi combatterono in Etiopia ci ha dato le prove che erano la stessa persona, prove confermate da tantissimi altri indizi che troverete nel libro. Inoltre siamo riusciti a svelare il monte Sinai, la sua collocazione in Etiopia e il giardino dell’eden di cui parla la Bibbia, sempre in Etiopia. Possiamo riassumere dicendo che ci furono due espulsioni, quella degli Hyksos-Habiru-Ebrei sotto il faraone Ahmose, oltre due secoli prima di questo evento, ed i cui re erano i patriarchi della Bibbia, di cui ci parla lo scrittore esperto di storia del vicino oriente antico Andrea Di Lenardo in questo libro, poi la guerra tra Mosé ed il faraone ed infine l’espulsione degli Yahud-egizi, sacerdoti del culto di Aton, insieme alla parte del popolo che li seguiva.
Gli Yahud, quando furono espulsi nella terra di Canaan fondarono il piccolo stato di Giuda cercando di riproporre il monoteismo su Aton. Nella versione Aramaica dell’Antico Testamento, Dio è chiamato Ay e non Yahwe, e la parola Adonay, usata dagli Ebrei per evitare di dire ad alta voce il nome di Dio, significa “Signore Ay”. Quindi il culto di Aton non fu mai abolito, ma semplicemente trasportato dai sacerdoti di Aton fuori dall’Egitto trasformandolo nel culto di Adon Ay, ovvero Yahwe.
Gli Yahud quando furono scacciati si trovarono a dover combattere le varie tribù degli Habiru ebrei espulsi due secoli prima ed adoratori di altri dei, Ba’al in primis, finché non riuscirono ad avere la meglio imponendo di nuovo il loro dio che diventò lo Yahwe che ora vogliono cercare di trasformare in alieno per nascondere ancora una volta la sconcertante verità storica fatta non di inesistenti dei o alieni, ma di politica e potere.
Tratto da: l’altrapagina.it
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I ricercatori italiani dopo Mosé svelano l’identità di Aronne – 02/11/2016
Dopo l’identità storica di Mosé, un volto è stato dato anche ad Aronne
- Se i tentativi di ricostruzione del contesto storico che potrebbe essere all’origine della narrazione mitica dell’Antico Testamento (A.T.) avanzati, fra gli altri, oltre che da noi anche dall’egittologo britannico Arthur E.P. Weigall , da Sigmund Freud , dall’egittologo prof. Jan Assmann, docente di Egittologia all’Università di Costanza, ecc., sono fondati, il periodo dell’Esodo di Mosé è quello della fine della XVIII dinastia, di Amarna e del culto di Aton di Akhenaton.
2. Aronne è fratello di Mosé . Mosé sarebbe Thutmose V de iure, come abbiamo cercato di dimostrare in Exodus.
Ankhkheperura Smenkhkara Djeser Kheperu, successore di Akhkheperura Neferneferuaton, sembrerebbe di stirpe reale, fratello (per parte di padre) di Thutmose V, in quanto figlio di Amenhotep III e forse di Sitamon (la madre di Thutmose V e di Akhenaton è invece Tiye).
3. Aronne alla corte del faraone (Tutankhamon secondo la nostra ricostruzione ) compie un prodigio riguardante un bastone e dei serpenti . Si fa riferimento a un rituale che comprenderebbe un bastone e un serpente, proprio del faraone.
4. Quindi se Aronne fosse re d’Egitto ciò significherebbe che avrebbe dovuto essere stato faraone prima di Tutankhamon.
I predecessori di Tutankhamon furono, in ordine cronologico: Akhenaton (che morì nel XVII anno di regno e di cui abbiamo la mummia sepolta nella tomba KV55 e quindi non può essere Aronne, che parrebbe ancora vivo sotto Tutankhamon), Neferneferuaton Merytaton (una donna e quindi non identificabile con Aronne) e Smekhkara (l’unico candidato possibile).
5. Smekhkara sposa una figlia (Neferneferuaton Merytaton) di Amenhotep IV/Akhenaton, dalla cui unione nascerebbe Merytaton Tasherit . Aronne sposa una figlia (Elisabetta) di Aminadab (o Amminadab). Aminadab potrebbe essere la forma ebraica dell’egizio Amenhotep .
6. Il nome di Elisabetta (Elishevat, figlia di Aminadab) in ebraico significherebbe “perfezione di Dio/Adon”. Neferneferuaton (figlia di Amenhotep IV) in egizio significa “perfetta (o magnifica) è la bellezza di Aton”.
7. Neferneferuaton Merytaton, moglie di Smenkhkara, sarebbe nota anche come Merytamon o Meryamon.
Dal nome Meryamon sembrerebbe derivare quello ebraico di Maryam o Miriam . Aronne è sempre associato a Miriam, i quali vengono definiti fratello e sorella. L’espressione di “fratelli” era indicativa anche del rapporto fra due sovrani e sia Neferneferuaton Merytaton che Smenkhkara erano sovrani (faraoni).
8. La variante Merytamon di Merytaton potrebbe indicare un tentativo di ritorno al politeismo pre-atoniano e alla supremazia del clero tebano di Amon (così come effettivamente sappiamo accadde per Tutankhaton/Tutankhamon e Ankhesenpaaton/Ankhesenamon). Effettivamente Aronne fece costruire il “vitello d’oro”, in opposizione al culto di Adonai e ai precetti mosaici, che potrebbe rappresentare il dio-toro egizio Api o anche Amon, definito “toro di sua madre” (come più tardi Min) e “oro dell’Enneade”.
La religione ebraica, per come viene descritta dallo storiografo latino Publio Cornelio Tacito, è una contro-religione che è l’esatto contrario di quella tradizionale egizia, e prevederebbe l’uccisione di montoni «a quanto pare per schernire Ammone» (Amon) e il sacrificare per oltraggio i tori, sacri ad Api.
9. Il padre di Amenhotep IV/Akhenaton era Amenhotep III. Il padre di Aminadab, secondo il Vangelo di Luca, era Admin, che potrebbe essere una deformazione di Aminadab (Amenhotep).
10. Amenhotep III era padre di Smekhkara, Thutmose V e Amenhotep IV. Il padre di Mosé e di Aronne viene chiamato Amram, che potrebbe essere una variante di Ram o Aram. Il padre di Aminadab, secondo l’A.T., era Aram (riportato anche come Ram).
11. Nell’A.T. viene nominato un Aminadab appartenente alla dinastia sacerdotale e parente di Mosé, Aronne e Miriam. Amenhotep IV era parente di Thutmose, Smenkhkara e Meryamon.
12. Il nome “Smekhkara” termina con “-ra”, il Sole. La luce del Sole si potrebbe indicare con “ra-on” (cfr. “Har” – “Har-on” –, versione di Horo, dio del Sole oggetto di teocrasia con Ra; cfr. “Aronne”, “Ahàron” in ebraico standard, “Harun” in arabo).
Il nome “Ahàron” in ebraico significherebbe “illuminato” e “brillante”.
13. Nella tomba ad Amarna di Meryra II, sacerdote di Aton e attendente di Nefertiti, moglie di Akhenaton, si trova una rappresentazione di Smenkhkara e Merytaton , assistiti dai raggi del dio Aton.
Merari potrebbe essere la forma ebraica del nome egizio “Meryra”. Aronne era un adoratore del dio Adonai e Merari un nome della sua famiglia, portato, p.e., da suo prozio, di stirpe sacerdotale.
14. Aronne uscì dall’Egitto con Mosé dall’Egitto durante l’Esodo. Né la tomba di Smenkhkara né quella di Thutmose V (né quella di Thutmose, viceré di Nubia, se lo si considera una persona diversa dall’omonimo principe ereditario, a differenza di quanto da noi proposto ) sono mai state trovate, a differenza di quelle degli altri membri della famiglia reale: Tutankhamon, Akhenaton, Kiya, Amenhotep III, Tiye, Yuya (ossia “the Younger Lady”), Tuya, ecc. (secondo la ricostruzione familiare di Zahi Hawass basata sulle analisi del dna delle mummie).
Di queste nuove ipotesi, conseguenti a quelle riportate in Exodus, si tratterà per la prima volta in Aton, il dio egizio della Bibbia di Andrea Di Lenardo, di prossima pubblicazione.
La prossima presentazione di Exodus, insieme a Israeliti e Hyksos, si terrà il giorno domenica 13 novembre 2016, a partire dalle ore 16:00 presso la sede “Taj Gjai” dell’Ateneo Libertario Friulano, che si ringrazia per aver organizzato l’evento, a San Giorgio di Nogaro (Ud), fraz. Galli.
Albero genealogico di Aronne (Smenkhkara)
Thutmose IV Yuya = Tuya
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Sitamon = Amenhotep III [Admin] = Tiye
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| Akhenaton [Aminadab] = Nefertiti Thutmose V [Mosé]
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Smenkhkara [Aronne] = Neferneferuaton Merytaton [Elisabetta / Miriam]
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Merytaton Tasherit Eleazar
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[Discendenti: i sommi sacerdoti di Gerusalemme]
By: Andrea Di Lenardo – andreadilenardo.myblog.it
– andreadilenardo1994@gmail.com
By Alessandro De Angelis – alteraveritas.it – ale_angelson@yahoo.it
Mosé ed Abramo forse non sono esistiti …
I rabbini riscrivono la Bibbia – “Abramo e Mosè forse non esistono” – Arriva un’edizione straordinaria della Torah
Il libro testimonia lo sforzo di introdurre il concetto del testo biblico come prodotto dell’uomo e non come documento divino. – By Michael Massing
Abramo, il patriarca ebreo, probabilmente non è mai esistito. E neppure Mosè.
L’intera storia dell’Esodo, come viene raccontata nella Bibbia, quasi sicuramente non avvenne. La stessa cosa vale per il crollo delle mura di Gerico.
Anche Davide, invece di essere l’impavido re che trasformò Gerusalemme in una potente capitale, è molto più probabile che fosse un capo di provincia, la cui fama fu esagerata molti anni dopo per dare un nucleo di convergenza a una nazione agli albori della sua storia.
Queste sbalorditive affermazioni, risultato di scoperte effettuate dagli archeologi che hanno scavato in Israele e dintorni negli ultimi 25 anni, sono condivise anche dai rabbini non ortodossi. Ma finora non c’è era stato nessun tentativo di diffondere queste idee o di discuterne con i laici. Ora invece la “United Synagogue of Conservative Judaism”, che rappresenta un milione e mezzo di ebrei tradizionalisti degli Stati Uniti ha appena pubblicato una nuova Torah commentata, la prima per i tradizionalisti in oltre 60 anni. Intitolata “Etz Hayìm” (“L’albero della Vita” in ebraico); il libro offre un’interpretazione dei testi sacri che tiene conto delle più recenti scoperte archeologiche, filologiche, e antropologiche, e degli studi sulle culture antiche.
Nelle intenzioni degli autori che hanno lavorato alla sua compilazione, il libro rappresenta uno dei più considerevoli sforzi mai effettuati per introdurre in ambito religioso il concetto di Bibbia prodotta dell’uomo invece che documento divino.
Accanto al normale testo in ebraico, c’è in parallelo la traduzione in inglese (a cura dello scrittore Chaim Potok).
Inoltre ci sono un’esegesi pagina per pagina, note esplicative sulle usanze ebraiche e, alla fine, 41 saggi di eminenti rabbini e studiosi su argomenti vari, che vanno dai manoscritti della Torah alle prescrizioni alimentari, dall’ecologia all’escatologia.
Questi saggi, letti durante le prediche nelle funzioni del Sabbath, senza alcun dubbio coglieranno di sorpresa molti fedeli.
Per esempio, il saggio sulla “Mitologia nell’antico Medio Oriente” di Roben Wexler, rettore dell’University of Judaism di Los Angeles, riporta che sulla base dei moderni studi, sembra improbabile che la storia della Genesi si svolse realmente in Palestina. Più probabilmente, continua Wexler, ebbe luogo in Mesopotamia, l’influenza della quale è molto evidente nel racconto del Diluvio Universale.
Quest’ultimo probabilmente non fu altro se non un’eccezionale piena dei periodici allagamenti creati dal Tigri e dall’Eufrate. E per quanto riguarda Noé, il racconto dovette ispirarsi all’epica di Gilgamesh in Mesopotamia.
Altrettanto stupefacente sarà per molti leggere il saggio “Archeologia Biblica”, del professor Lee Levine presso la Hebrew University di Gerusalemme. «Nella storia egiziana non esiste riferimento alcuno a un soggiorno del popolo di Israele nel loro paese. Le scarne testimonianze sono del tutto trascurabili e indirette».
Queste ultime, come per esempio la diffusione di nomi ebraici, «sono lungi dal rappresentare un’adeguata conferma del racconto biblico».
Altrettanto ambigua, scrive Levine, è la testimonianza della conquista e dell’insediamento di Canan, l’antico nome con il quale si designava l’area comprendente Israele. Gli scavi archeologici, che hanno provato senza ombra di dubbio che la città di Gerico non era circondata di mura ed era disabitata, «chiaramente sembrano contraddire la violenta e totale conquista raccontata nel Libro di Giosué. Ma quello che piu’ conta è che siamo in assenza di prove archeologiche» che confermino le grandiose descrizioni bibliche della citta’ di Davide e di Salomone.
Il concetto che il contenuto della Bibbia non sia vero e non vada preso in senso letterale «è più o meno chiaro e condiviso dalla maggior parte dei rabbini tradizionalisti», ha osservato David Wolpe, un rabbino del “Sinai Temple” di Los Angeles e uno dei collaboratori di “Etz Hayim”. «Ma alcuni fedeli potrebbero non voler conoscere la realtà cruda e nuda che ne deriva», ha proseguito. La scorsa Pasqua ebraica, durante una predica agli oltre duemila fedeli riuniti nella sua sinagoga, Wolpe disse molto esplicitamente che quasi tutti gli archeologi moderni concordano sul fatto che il modo in cui la Bibbia descrive l’Esodo non è il modo in cui si verificò. Se davvero si verificò».
Il rabbino forni quella che egli definisce «la litania delle disillusioni» sulle discrepanze narrative e cronologiche, le contraddizioni, le improbabilltà, e infine sull’assenza di testimonianze certe. Inoltre, aggiunse che «scavando nella penisola del Sinai gli archeologi non avevano alcuna traccia delle tribù di Israele, nemmeno un coccio di vasellame».
Tra i fedeli la reazione al suo sermone andò dall’ammirazione per il suo coraggio, allo sgomento, alla vera e propria rabbia per la sua spudoratezza.
Pubblicato su una rivista ebraica diffusa in tutto il mondo, il suo lungo discorso gli attirò una valanga di lettere che lo accusavano di minare i più fondamentali precetti dell’ebraismo. Ma ricevette anche molti messaggi a favore.
«Un’infinità di rabbini mi ha telefonato, mandato e.mail e mi ha scritto dicendomi: “Dio ti benedica per aver detto quello che tutti noi crediamo”», ha detto Wolpe. Che attribuisce l”‘esplosione” provocata dal suo sermone alla riluttanza dei rabbini a dire ciò che realmente pensano.
Tratto da: La Repubblica domenica 10 marzo 2002
Copyright New York Times – la Repubblica.- Traduzione di Anna Rissanti
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