RITRADUCENDO alcuni NOMI dei Vangeli, si chiariscono molte cose !
https://www.academia.edu/4489606/I_Vangeli_erano_e_sono_racconti_allegorici
Rivisitando i Vangeli – vedi: False Traduzioni
Marco: cap.10
[46]E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. [47]Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. [48]Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. “..il figlio di Timeo, Bartimeo..”
Questo passaggio è EMBLEMATICO circa l’infantile proterva falsaria dei “padri” che ha trasformato modi di dire, espressioni in nomi e viceversa. Qui abbiamo “il figlio di Timeo, Bartimeo,”: va da sè che da come riportato dall’evangelista (il falsario o i falsari di turno) Bartimeo appare inequivocabilmente come un nome. In realà è stata puerilmente fusa l’espressione “bar Timeo” (cioè figlio di Timeo) in modo da ottenere Bartimeo, un nome di persona !!
Nel contesto neotestamentario a volte si è proceduto anche in senso opposto, separando ciò che era un nome o un attributo in modo da avere un’espressione. E’il caso, ad esempio, di “barjona”, riferito a Simon Pietro. Barjona (o bargiona) in aramaico aveva un senso compiuto e significava “partigiano”, “ribelle alla macchia”.
Del resto, dagli stessi vangeli sappiamo che Pietro era uno zelota, appartenente, cioè, al movimento della lotta attiva contro i romani. L’ “evangelista”, invece, nel caso di Pietro, trasformò l’attributo “barjona” in bar Giona, cioè in figlio di Giona !!
Identica cosa per “Bartolomeo” (bar Tolomeo: figlio di Tolomeo, nome di origine greca).
Ancora più eclatante è il caso di “Barabba”. In questo caso si è fusa l’espressione “bar Abba” per ottenere il pseudo-nome Barabba = “Bar Abba” in aramaico significava letteralmente “figlio del padre”; in senso lato però, tale espressione significava “figlio di dio”, in quanto “Abba” (padre) era uno dei tanti sinonimi con il quale gli ebrei si riferivano a dio, dal momento che la Legge proibiva ad essi di nominare la parola “dio” (Jahvé). Dunque, è palese che Barabba in realtà era l’espressione “figlio di del padre, che i cristiani hanno poi trasformato im figlio di dio”.
Gesů, in quanto nazareno, era definito “figlio di Dio”, dal momento che i nazareni appartenevano a quella comunità che era definita da molti secoli “b’nei Amen/Amon/Ammon”, cioè “i figli di Amen/Ammon”, (dio) come riportato anche nella stessa Bibbia.
Dal momento che Amen/Ammon era il loro dio (e praticamente di tutti gli ebrei, visto che si trattava dello stesso Jahvé), l’espressione “b’nei Amen/Ammon” aveva il significato di “figli di dio”.
Gli ebrei del tempo sapevano benissimo che tale espressione usata dai nazareni per definire se stessi, aveva un carattere puramente simbolico e che non voleva assolutamente dire essere “realmente” figli di Dio: perciò tale espressione non appariva loro (agli ebrei del tempo) blasfema.
Un’altra mistificazione (tra le tante) riguarda il termine “canaanites” presente nei vangeli ed unito al nome di un “altro” Simone, tra i 12 apostoli: cioè Simone il canaanites.
L’esegetica catto-confessionale tende a far credere che l’aggettivo “canaanites” voglia significare “abitante di Cana”. Anche in questo caso l’aggettivo canaanites (1) aveva un preciso significato in aramaico e voleva dire “ribelle, combattente partigiano”.
Alla luce di ciò, non ci vuole molto ad intuire che Simone lo Zelota, detto Pietro, Simone il Canaanites e Simone l’Iscariota (fatto passare per padre di Giuda “Iscariota”) sono in realtà la stessa, identica persona, dal momento che “iscariota” deriva da un termine ebraico (eskeriots o ekeriots) che traduceva la parola latina “sicarius” (sicario).
I sicari, così chiamati perché usavano il “sica” (un particolare pugnale usato dai soldati dell’esercito romano), appartenevano all’ala più oltranzista del movimento irredentista degli zeloti.
Note:
(1) Non è peregrina l’ipotesi che tale termine potrebbe avere origini molto antiche, nella storia ebraica e potrebbe essere connesso all’epoca in cui gli “everim” (cioè quelli “di là dal fiume” o “quelli che passarono il fiume”: in pratica gli stessi che successivamente vennero definiti “benei Ammon” o Ammoniti, nome del dio egizio della verità = Amon, (dal quale poi èderivata la parola Amen….) dilagarono nel territorio ad ovest del Giordano: cioè la Canaanea.
La dominazione degli “everim” (eberim[*]: parola da cui, molto probabilmente, derivò il termine “ebrei”) durò per almeno una paio di secoli, caratterizzando profondamente la cultura religiosa di buona parte della Palestina, poi essi vennero rimpiazzati nel dominio dalle tribù israelitiche del nord della Palestina.
Ritornando all’origine del termine “canaanites” è probabile che durante la dominazione degli “everim”, siano rimaste delle sacche irredentiste di canaanei che agivano alla maniera di tutti i guerriglieri partigiani del mondo e di tutte le epoche storiche.
Questi irredentisti canaanei, probabilmente, venivano indicati dai dominatori con il termine reso poi con la parola “canaanites”, il quale aveva per loro un significato spregevole, simile a banditi.
Nota Bene: [*] tenere presente che nei linguaggi semitici la parola “everim” diventa “evrim” o “ivrim” (pronunciata “ebrim”)
By Elio – Eliofiore_S@libero.it
vedi: Vangelo aramaico + Vangeli + Apocrifi + Falsificazioni della Bibbia + Falsificazioni Storiche + Esseni + Esseni 2 + Esseni 3 + Esseni e Vangeli + Gesù il nazareno + Giudeo cristiani + GNOSI fra i primi Cristiani + Origini Cristiane + Cattolicesimo
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Cari amici, l’interessantissimo dibattito tra Sabato e Fabrizio mi ha stimolato una ricerca in cui ho cercato di mettere insieme la questione sinottica e la questione relativa al Vangelo di Tommaso, giungendo a risultati anche sorprendenti sulla Chiesa delle origini.
La questione sinottica nasce dal fatto che i Vangeli di Matteo, Marco e Luca presentano ampie concordanze, numerosi detti e versetti molto simili o identici e numerose narrazioni dello stesso episodio della vita di Gesù, spesso con lo stesso ordine; ma vi sono anche delle discordanze, e inoltre ognuno dei tre Vangeli presenta contenuti propri, non presenti negli altri due. Considerando i versetti comuni, i contenuti dei tre Vangeli sinottici si possono distinguere in 7 gruppi:
1) presenti in Mt, Mc e Lc (330 versetti); 2) presenti in Mt e Mc (178 versetti); 3) presenti in Mt e Lc (230 versetti); 4) presenti in Mc e Lc (100 versetti); 5) presenti solo in Mt (333 versetti); 6) presenti solo in Mc (70 versetti); 7) presenti solo in Lc (491 versetti). Il gruppo 5 si pò indicare come Matteo speciale (Mt S); il gruppo 6 come Marco speciale (Mc S); il gruppo 7 come Luca speciale (Lc S).
La presenza di ben 508 versetti comuni a Matteo e Marco rende improbabile l’uso esclusivo da parte di entrambi solo della tradizione orale, e non si può non ammettere che dev’ essere vera una di queste cinque possibilità: o Matteo ha usato Marco; o Marco ha usato Matteo; o entrambi hanno usato una fonte comune; o Matteo ha usato Marco e una fonte comune; o Marco ha usato Matteo e una fonte comune.
E per la presenza di ben 560 versetti comuni a Matteo e Luca non si può non ammettere che dev’essere vera una di queste cinque possibilità:
1 – o Matteo ha usato Luca;
2 – o Luca ha usato Matteo;
3 – o entrambi hanno usato una fonte comune;
4 – o Matteo ha usato Luca e una fonte comune;
5 – o Luca ha usato Matteo e una fonte comune.
E cosè, per la presenza di ben 430 versetti comuni a Marco e Luca, dev’essere vera una di queste cinque possibilità:
o Marco ha usato Luca; o Luca ha usato Marco; o entrambi hanno usato una fonte comune; o Marco ha usato Luca e una fonte comune; o Luca ha usato Marco e una fonte comune.
Secondo la teoria delle due fonti, avanzata da Weisse e da Wilke nel 1838, le fonti originarie dei sinottici sarebbero Marco e un documento scritto, che però non è stato mai trovato, contenente i contenuti comuni solo a Matteo e Luca, la cosiddetta fonte Q (da Quelle = fonte). Questa fonte non conteneva la narrazione della passione, morte e risurrezione di Gesù.
Sia Matteo che Luca avrebbero usato Marco e la fonte Q.
Ma la teoria delle due fonti non può spiegare né l’origine dei numerosi contenuti di Matteo speciale, né l’origine degli ancora più numerosi contenuti di Luca speciale.
Inoltre, se si ammette che Luca abbia usato sia Marco che Matteo, il che è possibile, cade la necessità di dover ipotizzare l’esistenza di una fonte Q. Anche la presenza dei “doppioni” in Mt e Lc, cioè di pericopi presenti due volte, pur essendo un argomento forte, non è una prova decisiva dell’esistenza della fonte Q, in quanto Luca può aver preso le due pericopi da tre altre possibili fonti (Marco, Matteo e Vangelo di Tommaso) e anche Matteo può aver preso le sue da tre altre possibili fonti (Marco, Matteo ebraico o aramaico e Vangelo di Tommaso).
Ma oltre all’esistenza o meno della fonte Q, vi è un’altra variabile da considerare nella questione sinottica: la priorità o meno di Marco su Matteo.
Se Matteo precede Marco, si deve ipotizzare, come anche la discussione tra Sabato e Fabrizio ha chiarito, una fonte comune cui hanno attinto prima Matteo e poi Marco. E tale fonte potrebbe essere il Matteo ebraico di cui parla per primo Papia, vescovo di Gerapoli intorno al 130, in un passo citato da Eusebio di Cesarea (Hist. Eccl. 3, 39, 16). Successivamente, parlano di questo originario Vangelo di Matteo in ebraico Ireneo, Origene, lo stesso Eusebio e san Girolamo. Il Matteo originario potrebbe essere il cosiddetto Vangelo dei Nazarei, del quale vengono citati passi da Origene, da Eusebio e da san Girolamo.
Oppure, potrebbe essere il cosiddetto Vangelo degli Ebrei, del quale vengono citati passi da Origene, da Clemente Alessandrino e da san Girolamo. Il fatto che non possediamo né il Vangelo dei Nazarei né il Vangelo degli Ebrei non prova che non siano esistiti, se è vero che fino al 1945 non possedevamo nemmeno il Vangelo di Tommaso in copto, che si trovava chiuso in un’anfora e seppellito a Khenoboskion.
Riguardo al luogo di composizione del Vangelo di Marco e al problema se tale Vangelo sia stato ispirato o no da Pietro o da Paolo, vi sono dati interni al testo che tendono a suggerire da un lato che fu scritto a Roma o in un ambiente con presenza romana, dall’altro che esso non fu scritto come apologia di Pietro. I dati che suggeriscono un ambiente romano o con presenza romana sono: 1) vengono introdotte parole latine per spiegare parole greche (Mc 12, 42; 15, 16); 2) c’è un’allusione alla scansione romana delle ore (Mc 13, 35); 3) nel detto sul divorzio si tiene conto non solo della possibilità che l’uomo abbandoni la moglie, la sola prevista nella giudea del tempo (come avviene in Mt 5, 31-32 e 19, 8-9 e in Lc 16, 18), ma anche della possibilità che la donna lasci il marito, il che corrispondeva ai costumi romani (Mc 10, 11-12).
I dati che suggeriscono che Marco non è stato scritto per esaltare la figura di Pietro sono: 1) l’assenza del riferimento a Pietro come fondamento della Chiesa nell’episodio narrato in Mc 8, 27-30, rispetto allo stesso episodio narrato in Mt 16, 13-20; 2) l’assenza del miracolo di Pietro che cammina sulle acque nella narrazione che si trova in Mc 6, 45-51, miracolo che si trova invece nella narrazione di Mt dello stesso episodio (Mt 14, 22-32).
La presenza in Matteo dei “doppioni” potrebbe essere un argomento forte a favore della priorità di Marco su Matteo. Vediamo quattro esempi di “doppioni” in Matteo: 1) Mt 13, 12 = Mt 25, 29 = Mc 4, 25 = Lc 8, 18 = Lc 19, 26; 2) Mt 10, 38 = Mt 16, 24 = Mc 8, 34 = Lc 9, 23 = Lc 14, 27; 3) Mt 5, 32 = Mt 19, 9 = Mc 10, 11 = Lc 16, 18; 4) Mt 10, 22 = Mt 24, 9.13 = Mc 13, 13 = Lc 21, 17.19. Poiché è improbabile che un autore abbia usato due volte lo stesso versetto dalla stessa fonte, e per di più che ciò sia accaduto a due autori per gli stessi versetti, si devono ammettere due fonti usate in momenti diversi. Matteo può aver preso una delle due pericopi dal Matteo ebraico; ma da dove ha preso l’altra, se si ipotizza che non c’erano ancora né Marco né Luca ?
Si puň pensare o alla fonte Q, o al Vangelo di Tommaso.
E dunque, si può ammettere che Matteo preceda Marco, ma solo se si ammette contemporaneamente che prima dei tre Vangeli sinottici che conosciamo vi era, oltre al Matteo ebraico, almeno un’altra fonte scritta (Q o Vangelo di Tommaso) contenente alcuni detti in comune. E in effetti, i detti dei primi due dei quattro doppioni di Matteo citati (“A chi ha sarà dato.” e “Chi non prende la sua croce.”) si trovano nel Vangelo di Tommaso (detto 41 e detto 55). Questo non solo è un elemento a favore della predatazione di Tommaso rispetto ai sinottici, ma può anche dare un sostegno alla predatazione di Matteo rispetto a Marco.
Tuttavia, se si ammette quest’ultima predatazione, il terzo e il quarto doppione citati, i cui detti (“Chi mi rinnegherà davanti agli uomini.” e “Chiunque ripudia la propria moglie.”) non si trovano in Tommaso, possono spiegarsi solo ammettendo o che l’altro scritto originario, oltre al Matteo ebraico, era Q (il che spiegherebbe anche i primi due doppioni), o che vi erano, prima dei sinottici, sia Q che il Vangelo di Tommaso.
Per comprendere tutti i contenuti dei sinottici, chi sostiene l’esistenza della fonte Q e la priorità di Marco su Matteo, deve ipotizzare almeno quattro fonti o tradizioni: Mc, Q, Mt e Lc S. Se non si accetta l’ipotesi della fonte Q, ma solo la priorità di Marco su Matteo, per comprendere tutti i contenuti dei sinottici sarebbero sufficienti tre tradizioni: Mc, Lc S e Mt che non si trova in Mc, comprendente Mt S + Mt-Lc. Se invece si accetta la priorità di Matteo su Marco, anche in tal caso tutti i contenuti dei sinottici si possono spiegare ipotizzando solo tre tradizioni: Mt, Lc S e Mc che non si trova in Mt, comprendente Mc S + Mc-Lc.
Se ora ai sinottici aggiungiamo il Vangelo di Tommaso e cerchiamo di effettuare una lettura di tipo “sinottico”, vediamo che vi sono 19 contenuti comuni a Tommaso e Mt-Mc-Lc, 3 contenuti comuni a Tom e Mt-Mc, 37 contenuti comuni a Tommaso e Mt-Lc, 10 comuni a Tommaso e Mt S, 8 comuni a Tommaso e Lc S; mentre 52 detti del Tommaso in copto non hanno contenuti comuni ai sinottici e li si può indicare come Tommaso speciale (Tom S). Come si vede, più della metà dei 114 detti del Vangelo di Tommaso trovano corrispondenze dirette nei sinottici. (Non mi soffermo in questa sede su un’elencazione dettagliata di tutte queste concordanze, che richiederebbe molto spazio).
Fatta questa operazione e considerando i contenuti di tutti e quattro i testi, tali contenuti si possono ora distinguere in 13 gruppi: 1) Tom-Mt-Mc-Lc; 2) Tom-Mt-Mc; 3) Tom-Mt-Lc; 4) Tom-Mt S; 5) Tom-Lc S; 6) Tom S; 7) Mt-Mc-Lc; 8) Mt-Mc; 9) Mt-Lc; 10) Mc-Lc; 11) Mt S; 12) Mc S; 13) Lc S. Per comprendere tutti i contenuti dei quattro testi, se si accetta l’esistenza della fonte Q e la priorità di Marco su Matteo, occorre ipotizzare almeno cinque tradizioni: Tom, Mc, Q, Mt S e Lc S.
Se non si accetta l’esistenza della fonte Q, sarebbero sufficienti, sempre con la priorità di Marco su Matteo, quattro tradizioni: Tom, Mc, Lc S e Mt che non si trova in Mc, comprendente Mt S e Mt-Lc.
Se invece si accetta la priorità di Matteo su Marco, si possono distinguere i contenuti sempre in 13 gruppi, e le tradizioni soggiacenti per spiegarli tutti possono essere quattro:
Tom, Mt, Lc S e Mc che non si trova in Mt, comprendente Mc S + Mc-Lc.
A questo punto occorre aggiungere, oltre alla variabile relativa alla priorità o meno di Marco su Matteo e a quella relativa all’esistenza o meno della fonte Q, la variabile relativa alla priorità o meno dei sinottici sul Vangelo di Tommaso (ovviamente nella sua originaria versione greca, la cui esistenza è provata dai papiri di Ossirinco 1 e 654, e non nella versione copta, in cui vi sono certamente delle aggiunte). Si ottengono allora queste sei possibilità:
1) Marco precede Matteo, c’è la tradizione Q e i sinottici precedono Tommaso;
2) Marco precede Matteo, c’è la tradizione “Mt che non si trova in Mc” e i sinottici precedono Tommaso;
3) Marco precede Matteo, c’è la tradizione Q e Tommaso precede i sinottici;
4) Marco precede Matteo, c’è la tradizione “Mt che non si trova in Mc” e Tommaso precede i sinottici;
5) Matteo precede Marco, c’è la tradizione Q e i sinottici precedono Tommaso;
6) Matteo precede Marco, c’è la tradizione Q e Tommaso precede i sinottici.
Accettare la prima, o la seconda, o la quinta possibilità conduce a una conseguenza particolare e sorprendente. Se Tommaso segue i sinottici, esso è stato scritto verosimilmente dopo il 70 d.C., più probabilmente dopo l’80. E dunque affermerebbe il primato di Giacomo (vedi il detto 12) quando Giacomo era morto da anni (essendo morto secondo Giuseppe Flavio nel 62), il tempio di Gerusalemme era stato distrutto (70 d.C.) e i giudeo-cristiani erano in esilio.
Si tratterebbe, cioè, di un documento vicinissimo al giudeo-cristianesimo; e, data la presenza in esso di contenuti di tipo gnostico, si dovrebbe allora pensare a rapporti strettissimi, se non di dipendenza, tra protognosticismo e giudeo-cristianesimo.
Tale ipotesi sarebbe corroborata dalla presenza anche in altri documenti, oltre al Vangelo di Tommaso, di elementi sia giudeo-cristiani che gnostici. E in effetti, nel Vangelo degli Ebrei, di cui si è detto prima, vi era un passo, citato da Clemente Alessandrino (Stromata, 5, 14, 96), pressocché identico al detto 2 di Tommaso. E vi era anche un passo, citato da san Girolamo (De Viris illustribus, 2), in cui si afferma che Gesù risorto e apparso ai suoi “prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede a Giacomo il Giusto”, il quale aveva giurato che non avrebbe toccato cibo finché non avesse visto Gesù vivo.
Ma l’ipotesi più probabile è che Tommaso preceda i sinottici, per tre motivi:
1) due doppioni di Matteo e Luca (li abbiamo visti sopra) si trovano nel Vangelo di Tommaso (anche se ciň può spiegarsi ricorrendo alla fonte Q);
2) l’ordine dei detti del Vangelo di Tommaso che corrispondono ai sinottici è completamente diverso dall’ordine in cui tali detti compaiono nei sinottici, tranne in un caso (detti 65 e 66).
Se Tommaso avesse usato i sinottici, ci si aspetterebbe una frequente corrispondenza nell’ordine, come accade per i detti di Matteo e Luca che si possono attribuire a Q;
3) molti detti del Vangelo di Tommaso sono, rispetto ai corrispondenti dei sinottici, più brevi e senza aggiunte o elaborazioni teologiche.
Esempi: la parabola del seminatore in Tom 9 (rispetto a Mt 13, 3-9; 18, 23; Mc 4, 3-20; Lc 8, 5-15); il detto su ciò che contamina l’uomo in Tom 14 (rispetto a Mt 15, 11.15-20; Mc 7, 15-23); la parabola della zizzania in Tom 57 (rispetto a Mt 24, 30.36-43); la parabola dell’uomo ricco in Tom 63 (rispetto a Lc 12, 16-21); il detto sul digiuno e lo sposo in Tom 104 (rispetto a Mt 9, 15; Mc 2, 19-20; Lc 5, 34-35); la parabola della pecorella smarrita in Tom 107 (rispetto a Mt 18, 12-14; Lc 15, 4-7). Come si vede, vi sono esempi di ampliamento ed elaborazioni in tutte le possibili tradizioni che hanno utilizzato Tommaso (Mt, Mc, Q, Mt S, Lc S).
Del resto, vi è una considerazione che rende verosimile l’attribuzione del Vangelo di Tommaso all’apostolo Tommaso, o comunque alla comunità in cui egli ha predicato. Tommaso è stato toccato profondamente dall’esperienza dell’apparizione di Gesù risorto, che lo ha riportato dal dubbio alla fede, ed è stato segnato per sempre dalle parole a lui rivolte da Gesù:
“Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno” (Gv 20, 29). Queste parole lo hanno convinto dell’esistenza dell’invisibile accanto al visibile, della presenza del Regno già dentro di noi, della contrapposizione tra corporale e spirituale, e della necessità della ricerca interiore per trovare lo Spirito e il Regno. E’ questo il nocciolo della gnosi originaria, è questo il senso profondo dei contenuti di tipo gnostico del Vangelo di Tommaso originario, e tale fondamento può benissimo risalire all’apostolo Tommaso.
In base a questi dati e a queste argomentazioni, le possibilità più verosimili tra le sei di cui sopra sono la terza, la quarta e la sesta. Se si accetta la terza (che comprende la priorità di Mc e l’esistenza di Q), si deve ammettere che quattro tradizioni (Mc, Q, Mt S e Lc S), ma in particolare le prime due, hanno attinto in parte da un’altra (Tom). E cosě, se si accetta la quarta (che comprende la priorità di Mc, ma non Q), si deve pure ammettere che tre tradizioni (Mc, Mt che non si trova in Mc, Lc S), ma in particolare le prime due, hanno attinto in parte da un’altra (Tom). E dunque ne viene fuori una Chiesa delle origini in cui non vi era una netta e rigida divisione tra “correnti”. Se si accetta, invece, la sesta possibilità (priorità di Matteo su Marco e priorità di Tommaso su entrambi), viene fuori che una tradizione in particolare (Mt) ha attinto in parte da un’altra (Tom), essendo molto pochi i contenuti comuni a Tommaso e Lc S. Ma viene fuori anche che c’è una tradizione del tutto autonoma, quella che ha prodotto il Mc che non si trova in Mt (Mc S + Mc-Lc). I contenuti di tale tradizione vanno meglio confrontati con i contenuti del paolinismo, o meglio con i contenuti delle lettere certamente autentiche di Paolo. In ogni caso, la sesta possibilità sembra indicare, rispetto alle altre, una maggiore conflittualità, o comunque più distinzioni e divisioni, all’interno del cristianesimo delle origini.
In conclusione, i risultati abbastanza sorprendenti di questa ricerca mi sembrano quattro: 1) se il Vangelo di Matteo precede quello di Marco, si deve ammettere l’esistenza, prima dei sinottici che conosciamo, sia del Matteo ebraico che della fonte Q (ed è probabile l’esistenza prima dei sinottici anche del Vangelo di Tommaso); 2) se il Vangelo di Tommaso è posteriore ai sinottici, si devono ammettere rapporti strettissimi tra il giudeo-cristianesimo e il protognosticismo nella Chiesa delle origini;
3) se Tommaso precede i sinottici e Marco precede Matteo, si deve ammettere che nella Chiesa delle origini non vi erano divisioni nette tra tradizioni o “correnti”; 4) se Tommaso precede i sinottici e Matteo precede Marco, si deve ammettere l’esistenza di una tradizione autonoma marciano-lucana (comprendente i contenuti del Marco speciale e quelli comuni a Marco e Luca), che è distinta da quella propria di Lc speciale (quest’ultima si ritrova peraltro in tutte le ipotesi), che non attinge nulla da quella giudeo-cristiana e da quella protognostica, ed è quindi probabilmente in conflitto con esse.
Quest’ultimo risultato richiede un approfondimento dello studio dei contenuti delle lettere autentiche di Paolo nel loro rapporto da un lato con i contenuti di questa possibile tradizione marciano-lucana, per verificarne la dipendenza o meno, e dall’altro con i contenuti del Vangelo di Tommaso.
By Salvatore Capo
Pluralità di dei nella Ideologia di Mosč (israeliti) = Politeismo – Monoteismo fra i giudei ed i cristiani…pero’….
vedi Nuovo Testamento: Corinti cap.8:5
“E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dei sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dei e molti signori, per noi c’è un solo Dio, il Padre (…)”
Questo è il famoso passo della Lettera di Paolo in cui vero creatore del Cristianesimo (Paolo, ammesso che sia esistito) di fatto rade al suolo il Monoteismo, ammettendo platealmente l’esistenza di una pluralità di Dei.
Bene, andiamo a vedere come la “cosa” (il cristianesimo) traduce = tradisce il passo-versetto:
“Poiché benché ci siano quelli che sono chiamati “dei”, sia in cielo che sulla terra, come ci sono molti “dei” e molti “signori”, effettivamente c’è per noi un solo Dio,* il Padre (…)”
è interessante notare che se si va a leggere la nota (sul + che loro mettono) c’è un riferimento al Salmo 82… altro passo in cui, nell’Antico Testamento, si ammette platealmente la pluralità degli Elohim. – vedi anche: le prime 7 parole della Genesi
La “cosa” è fantastica ! Non solo ammette le cose senza rendersene conto, ma fa addirittura delle note per ribadire ulteriormente le “ammissioni”… sono fantastici !
By Marco Scarponi – https://www.facebook.com/marco.scarponi.90
Mauro Biglino: “La Bibbia non è un libro sacro”
Gesů-cristo è un mito solare dei cosiddetti “pagani”.
Certo che si, ma non confondiamo gesů-cristo con Gesů il nazareno (questa confusione dei termini, nomi, è l’eterno problema di coloro che non vanno in fondo ai problemi !) – vedi: cosa è, dove è e chi è il cristo ?
Il gesu’-cristo dei cristiani deriva da un mito solare, insito nelle religioni antiche ed anche in quella dell’Impero Romano di cui l’imperatore era il Pontefice maximum; i religiosi avendo compreso che le varie idee cristiane potevano minare l’Impero, decisero di inserire i loro concetti religiosi in quelli delle sette nascenti dette “cristiane”, cambiando i nomi dei loro “dei” con i nomi allora in voga nelle varie sette cristiane…e cosi nacque gesu-cristo !
Gesů il nazareno è un individuo che è probabilmente vissuto in Palestina c.a. 2000 anni fa, era un rabbi Esseno e divenuto successivamente uno Zelota, contro i Romani e contro i Farisei e Sadducei (sacerdoti e rabbini di Gerusalemme) che avevano cambiato la legge ed i profeti, la Torah,…..non seguendo la dottrina originale che era basata sull’ IO SONO un Dio e sulla Legge dell’AmOr.
Il GESU’- cristo dei cristiani, è in realtà il simbolo mitologico, della realtà del SOLE
Ecco una premessa importante sul tema riguardante i due (2) Gesù davanti a Pilato:
Ai tempi descritti dai Vangeli, vi erano due Gesù.
Uno era un rivoluzionario zelota, chiamato “messia,” il quale aveva dei “discepoli” armati che lo proteggevano. Questo è colui che fu arrestato nel giardino del “Getsemani” da una legione romana (composta da molti soldati) per cospirazione contro l’Impero Romano, essendo Zelota, detto il Messia liberatore.
L’altro Gesù era chiamato “figlio del Padre” (Bar-Abba in aramaico, la lingua del posto e del tempo), che corrisponde a BarAbba, greco Βαραββᾶς, dall’aramaico “bar abbā,” cioè “figlio del padre” o del maestro.
Davanti a Pilato comparvero quindi entrambi i due Gesù.
Pilato condannò il “messia rivoluzionario” a morte e lo fece crocifiggere, mentre liberò il Gesù noto come “figlio del Padre,” così come si autodefiniva nelle sue prediche in giro per la Galilea e la Palestina e come lo chiamavano i suoi seguaci. Liberò quindi Bar-Abba, il figlio del padre, il quale era amato dal popolo perché aiutava i poveri e i malati, ma era inviso ai sacerdoti di Gerusalemme, poiché aveva molto credito e numerosi seguaci, e ciò infastidiva i farisei ed i sadducei che controllavano l’ideologia giudaica del tempo dal Tempio di Gerusalemme e non volevano perdere il potere che avevano sul popolo.
Su questo fatto nascosto dagli “storici” cristiani, dei due Gesù presenti davanti a Pilato, si creò nelle varie sette cristiane spinte dalla predicazione di Paolo, una unica teoria per utilizzare il fatto della morte, crocifissione e presunta resurrezione, per far credere ai fedeli della setta di Paolo, che la morte di Gesù fosse utilizzata per predicare la salvezza di tutta l’umanità, perché sarebbe morto per “lavare/riscattare” i peccati dell’umanità, teoria totalmente FALSA, in quanto essa deresponsabilizza le azioni non etiche di un soggetto, che secondo quella falsa teoria, destinerebbe la colpa ed il pagamento dei propri errori ad un altro essere, cosa totalmente sbagliata, perché le responsabilità sono solo proprie di colui che commette atti non etici, quindi illogica, per cui FALSA. vedi: Gesù cristo è morto per noi ? NO !