DIAGNOSI di MORTE
(le incongruenze all’interno della LEGGE Italiana) – Scopo dell’accertamento.
Per accertare la morte il medico deve attenersi alle regole tecniche della semeiotica tanatologica e deve tenere presenti le disposizioni di legge in materia di decessi.
Diagnosi di morte a scopi clinici:
Questa diagnosi compete al medico curante quando il decesso della persona assistita è avvenuto nel proprio domicilio o in ospedale per rendere edotti della morte i familiari. Serve inoltre per cessare il trattamento terapeutico ed ogni altra forma di assistenza clinica, per autorizzare il trasporto della salma alle sale mortuarie, per richiedere ed effettuare il riscontro diagnostico, per adottare eventuali provvedimenti igienici in caso di morte da malattia contagiosa. In caso di incidente stradale o altro fatto delittuoso l’accertamento è necessario per decidere se la vittima è solo apparentemente inanimata e deve essere trasportata in ospedale, oppure se già cadavere non può essere rimossa come ogni altro corpo di reato (art. 253 c.p.p.).
Diagnosi di morte ai fini legali: Serve per la denuncia al sindaco delle cause di morte e per la dichiarazione della morte all’ufficiale di stato civile onde registrare il decesso ed autorizzare la sepoltura della salma. La dichiarazione della morte legale comporta tutte le conseguenze giuridiche che derivano dall’estinzione della persona fisica: successioni, trapasso di proprietà, modifica dello stato civile del coniuge, reversibilità o rendite ad aventi diritto ecc.
Diagnosi di morte a scopo di trapianti: La legge sui trapianti detta le norme legali per l’accertamento della morte cardiaca o cerebrale, effettuato da collegi medici appositi, allo scopo di prelevare in tempo utile le parti da trapiantare.
Metodi di accertamento. Deve essere verificata la cessazione irreversibile delle funzioni vitali.
a) Nei casi comuni, in assenza di urgenza è sufficiente l’osservazione diretta dei fenomeni cadaverici, ricordando che i segni abiotici immediati sono equivocabili, mentre hanno valore di certezza quelli consecutivi e trasformativi (putrefazione).
Il regolamento di polizia mortuaria prevede un’attesa di 15 ore dalla morte prima di rilevare le manifestazioni dell’avvenuto decesso.
b) Per necessità di una diagnosi precoce di morte, senza attendere la comparsa dei fenomeni cadaverici più significativi si deve ricorrere all’elettrocardiografia ed all’elettroencefalografia. Ciò si verifica non solo per i trapianti terapeutici, ma anche quando occorra effettuare autopsie, seppellimenti o cremazioni prima che sia trascorso il periodo legale di osservazione delle salme.
Morte cardiaca: L’esame clinico diretto fa rilevare il silenzio ascoltatorio dei toni cardiaci, l’assenza dei polsi arteriosi, l’impossibilità di misurare la pressione arteriosa, l’immobilità dell’ombra cardiaca alla scopia.
L’elettrocardiogramma rappresenta un ausilio strumentale estremamente affidabile per la diagnosi di morte in fase precoce. Il tracciato deve persistere isoelettrico per almeno 20 m’ e mantenersi tale anche dopo stimolazione meccanica o farmacologica del cuore. L’arresto cardiaco per tale durata garantisce la morte del tessuto nervoso per anossia protratta. Il metodo elettrocardiografico è sufficiente per la diagnosi precoce nei casi ordinari della pratica clinica, non è invece sufficiente da solo per procedere a scopo di trapianto.
Altre prove empiriche (arteriotomia della radiale, infissione di ago nel cuore, iniezione venosa di fluorescina o altre sostanze radio-opache, legatura della radice di un arto, instillazione di sostanze irritanti nel sacco congiuntivale, pizzicotto, ecc.) sono state abbandonate.
Arresto della respirazione: Si rileva l’immobilità del torace, il silenzio ascoltatorio e l’immobilità del diaframma alla radioscopia.
Morte cerebrale: La morte cerebrale rappresenta l’arresto totale e definitivo dell’attività cerebrale con sopravvivenza delle funzioni vegetative condizionata dalle manovre di rianimazione. La morte cerebrale è determinata da una necrosi massiva dell’encefalo da lesioni primitive (traumi cranio-cerebrali, emorragie e tumori cerebrali). Alla morte del tessuto nervoso, compresi i centri bulbari, conseguono l’arresto delle funzioni cerebrali, la cessazione della respirazione spontanea ed il silenzio assoluto dell’attività elettrica cerebrale, solo l’attività cardiaca si mantiene spontaneamente.
Questa condizione di morte “dissociata”, è resa possibile solo dalle tecniche rianimatorie, che consentono a soggetti in pieno coma dépassé di esplicare a tempo indefinito le proprie funzioni vegetative, mantenendo il colorito, il polso, la temperatura corporea, il metabolismo, la digestione e la diuresi normali.
La morte cerebrale può essere diagnosticata solo in conformità con i criteri fissati dalla legge sui trapianti, la quale prevede le regole tecniche di accertamento e le condizioni che consentono di porne la diagnosi; le regole tecniche sono:
a) stato di coma profondo accompagnato da atonia muscolare; areflessia tendinea dei muscoli scheletrici innervati dai nervi cranici, indifferenza dei riflessi plantari, midriasi paralitica con assenza del riflesso corneale e del riflesso pupillare alla luce;
b) assenza di respirazione spontanea dopo sospensione, per 2 m’, di quella artificiale;
c) assenza di attività elettrica cerebrale spontanea e provocata (dolore, luce lampeggiante, rumore e sostanze convulsivanti).
Le condizioni che garantiscono la realtà della morte cerebrale ed escludono i temporanei arresti dell’attività encefalo-elettrica sono le seguenti:
1) carattere primitivo della lesione cerebrale, con esclusione dei casi di lesione cerebrale secondaria nei quali il legislatore ha ritenuto più difficile il controllo della irreversibilità del danno nervoso (coma da barbiturici, da CO ecc.);
2) coesistenza dei segni clinici ed elettrici;
3) persistenza ininterrotta di tali segni per un periodo di almeno 12 ore, durante il quale i segni neurologici e il silenzio respiratorio vanno controllati e rilevati ad intervalli di tempo non superiori a 1 ora, mentre l’EEG va praticato per periodi di mezz’ora ogni 4 ore;
4) assenza di effetti dovuti a somministrazione di farmaci depressivi del SNC e di ipotermia indotta artificialmente (temperatura corporea non inferiore a 35 gradi), pressione arteriosa non inferiore a 100 mm/Hg.
Però si da il caso che la cosiddetta “morte cerebrale” NON esista !
LA MORTE CELEBRALE NON ESISTE: IL BUSINESS DEI TRAPIANTI DI ORGANI DEI DONATORI
La morte celebrale è stata inventata per mettere fine ad una vita umana senza avere ripercussioni.
Nessun medico controlla più le onde celebrali, non è più necessario da protocollo.
Questa pratica avvia un macabro business di traffico di organi.
Ogni persona che aderisce alla donazione di organi è in pericolo. Sì, perché come ci spiega questo dottore, chiunque abbia accettato di donare i propri organi, non verrà salvato, non faranno di tutto per tenerti in vita, perché da questi organi l’ospedale trae un profitto enorme.
Una persona magari non riesce a muoversi e ad aprire gli occhi, e magari riesce a percepire ogni cosa, anche il dolore. A queste persone gli viene asportato l’organo mentre sono ancora in vita.
Esistono moltissimi casi in cui i parenti non hanno accettato la diagnosi di morte celebrale e hanno preteso le cure per i propri cari e dopo solo poche settimane queste persone si sono svegliate e hanno avuto una lunga vita.
Vedi il video di questo medico tanatologo:
https://t.me/c/1129972785/228074
Incombenze in caso di morte: Constatazione della morte: Rappresenta la diagnosi clinica di morte effettuata dal medico curante mediante i comuni mezzi semeiologici di cessazione delle funzioni vitali e comporta la compilazione della scheda ISTAT per la denuncia dell’epoca e delle cause di morte al sindaco ed all’ufficiale di stato civile.
Accertamento necroscopico: Dopo almeno 15 ore ed entro 30 ore dal decesso un medico necroscopo, nominato dalla USL competente, o il direttore sanitario o suo delegato negli ospedali, verifica la comparsa dei fenomeni cadaverici consecutivi per la conferma della diagnosi di morte.
Nei casi di decessi a domicilio, senza assistenza medica, deve inoltre compilare la scheda ISTAT per la denuncia della presunta causa di morte.
I medici necroscopi dipendono per tale attività dal coordinatore sanitario dell’USL ed a lui riferiscono sull’epletamento del servizio anche in relazione all’art. 365 del c.p. (referto). Sarà il coordinatore sanitario a curare il tempestivo inoltro del referto ed a disporre il riscontro diagnostico quando sussiste il dubbio sulle cause di morte.
Il riscontro può essere richiesto anche dai direttori ospedalieri, dai primari e dai medici curanti.
Osservazione dei cadaveri: Allo scopo di evitare il pericolo di una sepoltura di soggetti in stato di morte apparente, è prescritto un periodo di osservazione del cadavere di almeno 24 ore dal decesso, salvo la presenza di segni assolutamente sicuri della morte (decapitazione o maciullamento del cadavere) o accertamento della morte anche mediante la registrazione elettrocardiografica per non meno di 20 m’. Durante il periodo d’osservazione è vietata la chiusura della bara, l’autopsia, i trattamenti conservativi, la congelazione in cella frigorifera, l’inumazione, la tumulazione e la cremazione. In caso di morte improvvisa l’osservazione deve essere protratta fino a 48 ore.
Depositi di osservazione: Di regola è il luogo dove è avvenuto il decesso, l’abitazione privata o l’ospedale. Devono invece essere custodite presso gli obitori le salme di persone morte in abitazioni inadatte, morte nella pubblica via o in luogo pubblico o di persone ignote, che devono essere esposte al pubblico per il riconoscimento.
Sepoltura e trattamenti conservativi: Nessun cadavere può essere sepolto senza l’autorizzazione dell’ufficiale di stato civile che la concede se sono trascorse 24 ore dal decesso.
Per la sepoltura dei nati morti si osservano le stesse disposizioni. La sepoltura dei prodotti abortivi e dei feti prematuri morti dopo la nascita è autorizzata dall’ufficiale sanitario dopo che i parenti hanno presentato domanda di seppellimento, accompagnata da un certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto.
Nel caso di morte violenta o sospetta tale, la sepoltura è sospesa fino all’espletamento delle indagini dell’autorità giudiziaria, la quale rilascia il nulla osta al seppellimento.
Obblighi d’informativa: Alla morte di una persona va presentata la dichiarazione di morte all’ufficiale di stato civile e va inoltrata la denuncia delle cause di morte al sindaco.
Di ogni caso di morte da fatto delittuoso o sospetto tale deve darsi avviso immediato all’autorità giudiziaria mediante il referto o il rapporto. Tale obbligo riguarda il medico curante, i sanitari ospedalieri, il medico necroscopo, i medici degli obitori e quelli delle sale anatomiche degli ospedali o degli istituti universitari.
Certificati in tema di tanatologia e di polizia mortuaria:
1) certificato di accertamento della morte fatto dal medico necroscopo;
2) certificato medico per la sepoltura dei prodotti abortivi e dei feti prematuri;
3) certificato dell’ufficiale sanitario per l’estradizione delle salme all’estero;
4) certificati medici per l’imbalsamazione e la cremazione delle salme;
5) certificato dell’avvenuto trattamento conservativo;
6) comunicazione al sindaco dei risultati dei riscontri diagnostici o delle autopsie per l’eventuale rettifica della scheda di morte.
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Qui sotto due video, tratti da servizi apparsi sulla rete televisiva statunitense NBC sulla storia di Zack Dunlap dichiarato morto dai medici dell’ospedale.
Questi video costituiscono la prova schiacciante che il ragazzo è stato dichiarato morto dai medici dell’ospedale i quali “affermano assolutamente che tutti i test che avevano fatto mostravano chiaramente che lui era morto”.
I medici quindi non si trincerano dietro l’errore umano, ma dichiarano che secondo i criteri da loro adottati per dichiarare ormai morta una persona in coma quel ragazzo era ormai spacciato e quindi i suoi organi potevano essere espiantati e trapiantati.
Il fatto che Zack si sia invece risvegliato dal coma (per sua stragrande fortuna aveva due cugini che lavoravano in quell’ospedale, e che cercavano in lui segni di vita per dargli una speranza, anziché segni di morte per estrarne gli organi) e abbia piano piano recuperato la capacità di muoversi, di parlare, di coordinare i movimenti muscolari (come si può verificare dalla visione del secondo video in cui il giovane viene intervistato), è la prova evidente che quei criteri che vanno sotto il nome di “morte cerebrale” non hanno validità scientifica alcuna.
Essi infatti sono stati falsificati da questa evidentissima prova del loro fallimento, così come è accaduto con Martin Banach e coi tanti “morti cerebrali” rianimati da due valenti medici giapponesi.
Altro che miracolo !
Dal coma, e perfino dalla cosiddetta “morte cerebrale” si può tornare in vita, specie se assistiti con cure amorevoli volte a salvare la persona (invece che praticando test rischiosi volti a cercarne i segni della morte, come il test dell’apnea).
La famiglia ha combattuto col proprio dolore ed ha acconsentito a donare i suoi organi. Ma poi si è scoperto che la storia di Zack Dunlap non era finita. Mentre l’elicottero con l’equipe per il prelievo degli organi stava atterrando i parenti di Zack erano appena arrivati per salutarlo, c’era anche la sua adorata nonna…….
video:
http://www.mediafire.com/download.php?5xz2socaszayv1p
http://www.mediafire.com/download.php?1z733fzyj6sy8f8
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Cari Amici, e Soci della Lega Antipredazione,
Come già precedentemente segnalato, la neuroscienziata italiana operante in Francia, a Lione, è riuscita servendosi di elettrostimolazioni applicate al nervo vago per un intero mese, a far recuperare la coscienza ad un paziente in stato vegetativo giudicato “irreversibile” da ben 15 anni: un risultato strabiliante.
Quello che stupisce è che questa notizia rivoluzionaria, rimbalzata sulla stampa nazionale, sia rapidamente scomparsa inghiottita nel torrentizio fluire della cronaca.
Lo stesso è successo nel 1998 con la terapia della “ipotermia cerebrale controllata” che in Giappone è utilizzata per salvare da traumi cranici ed ischemie cerebrali. Tacciono per non smentire convinzioni a-scientifiche e leggi autoritarie che impongono l’utilitaristica “morte cerebrale” per espianti-trapianti.
Il prof. Roberto Fantini, autore dell’articolo sottostante, nonché nostro socio, ha esplicitato una limpida critica alla scienza e alla religione, dando forma ad obiezioni che assillano molti laici e cattolici.
http://www.flipnews.org/component/k2/questione-trapianti-di-organi-un-ragionato-invito-a-scienza-e-religione-ad-abbracciare-un-filosofico-sapere-di-non-sapere.html
By Lega antipredazione
La RAGAZZA DICHIARATA “MORTA CEREBRALE” nel 2013 “VIVE” – 07/11/17 – Comunicato n. 14
Torna alla ribalta il caso di Jahi McMath sottoposto a processo per verificare se ora è in vita
Jahi Mc Math aveva 13 anni quando fu trasferita dalla California, dove volevano distaccare la ventilazione, al New Jersey dove è possibile rifiutare la “morte cerebrale” e dove nel 2014 l’avvocato chiese che venisse dichiarata “viva”.
Jahi si trova in coma per l’esito negativo di un intervento chirurgico per curare l’apnea notturna. Il direttore della Fondazione Internazionale per la Ricerca sul Cervello ha riferito che i ricercatori hanno rilevato attività elettrica nell’encefalo eseguendo una risonanza magnetica e che su richiesta Jahi muove il piede e la mano.
Il caso è stato sottoposto a processo con giuria per verificare se la ragazza sia da considerarsi in vita.
Agli inizi del 2017 il personale medico imputato nella causa per negligenza medica nei confronti di Jahi McMath ha presentato una mozione per respingere il reclamo della ragazza. Gli imputati sostenevano che la McMath non avrebbe potuto impugnare la causa per danni personali perché era stata dichiarata morta nel Dicembre 2013.
Nel settembre 2017 la “Alameda County Superior Court” ha respinto tali mozioni. Nella sua deliberazione, il Giudice Stephen Pulido ha scritto che benché la dichiarazione di “morte cerebrale” sia stata emessa nel 2013 nel rispetto delle norme mediche, rimane la questione se l’attuale condizione della ragazza soddisfi la definizione legale di “morte cerebrale” secondo l’Atto di Definizione Uniforme di Morte (Uniform Determination of Death Act).
In conclusione, se la ragazza non è cerebralmente morta, è quindi, per definizione, viva. Fondamentale la testimonianza del Dottor Alan Shewmon (professore emerito di pediatria e neurologia presso l’Università di Los Angeles, UCLA University of California) che ha indotto il giudice ad emettere la sua sentenza.
Il giudice ha ampiamente citato il Dottor Alan Shewmon, il quale ha concluso dichiarando in tribunale che Jahi non rispetta, al presente, i criteri di “morte cerebrale”, dopo aver riesaminato 49 video in cui la ragazza era in grado di muovere determinate dita o altre estremità del corpo su specifica richiesta, e riesaminato un imaging a risonanza magnetica (MRI).
Il professor Shewmon ha scritto che Jahi “è una giovane donna vivente, con severa disabilità, alla quale non sono, al presente, applicabili né le linee guida diagnostiche regolamentari di morte cerebrale né la definizione legale di morte applicabile in California.”
Un processo che in Italia non sarebbe possibile, poiché in Italia la “morte cerebrale” è dichiarata d’autorità sulla base di protocolli di Stato variabili su decreto del Ministro della Sanità.
Perfino le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento di fine vita), attualmente in discussione al Senato, non contemplano il diritto di opposizione alla dichiarazione di “morte cerebrale” a cuore battente.
https://bioethics.georgetown.edu/2017/09/jahi-mcmath-case-now-headed-to-a-jury-trial-on-whether-she-is-now-alive/
Nel ns sito: Comunicato del 23/10/2014, “Una ragazza dichiarata morta cerebrale – tuttora viva”.
Consiglio Direttivo – Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi ne la Morte a Cuore Battente