STATI di preMORTE, NDE – 3
Francia. Dichiarato morto, anziano torna alla vita all’obitorio dopo 24 ore. Ora dovrà dimostrare di essere vivo…..e così ve ne sono molti altri nel mondo !
Mente e Cervello
Articolo comparso sulla rivista medica Rianimazione, Febbraio, 2001
La ricerca scientifica sul corpo umano sarà in grado di fare più luce sulle esperienze di pre-morte, NDE (dall’inglese Near Death Experiences).
– Dott. Sam Parnia, Ricercatore Associato, Università di Southampton.
Durante gli arresti cardiaci l’attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata.
Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili.
I medici che hanno trovato la prima prova scientifica a sostegno del possibile proseguimento dell’esistenza dopo questa vita hanno costituito una fondazione di beneficenza per approfondire lo studio sulla mente umana in prossimità della morte.
I ricercatori dell’Università di Southampton hanno appena pubblicato un articolo scientifico in cui vengono esposti i dettagli relativi ai loro studi sulle esperienze di pre-morte, studi che sembrerebbero supporre che la coscienza e la mente possano continuare ad esistere dopo che il cervello ha cessato di funzionare e il corpo è dichiarato clinicamente morto.
Il gruppo di ricerca ha trascorso un hanno studiando i casi di persone rianimate in seguito ad un arresto cardiaco nel General Hospital di Southampton. I pazienti oggetto dello studio erano stati tutti dichiarati, per periodi di tempo differenti, clinicamente morti in quanto privi di polso, con assenza di respirazione e pupille fisse e dilatate.
Indipendenti studi riguardanti l’encefalogramma hanno confermato che l’attività elettrica del cervello, e quindi il suo funzionamento, cessano in quel momento. Ciò nonostante, sette dei 63 pazienti di Southampton sopravvissuti all’arresto cardiaco (pari all’11%) ricordano emozioni e visioni avvenute durante il periodo di incoscienza.
Il Dott. Sam Parnia, co-autore dello studio, è uno dei quattro amministratori della Horizon Research Foundation. Egli afferma “Lo scopo della fondazione è duplice. In primo luogo, ci rivolgiamo sia alle figure professionali, sia a coloro che hanno indagato o cercheranno di approfondire le proprie ricerche, in modo da offrire una fonte divulgativa sulle esperienze e sulle questioni aperte concernenti la fine della vita.
Pubblicheremo un pacchetto informativo e per un abbonamento di dieci sterline i sottoscrittori saranno tenuti aggiornati sugli ultimi sviluppi attraverso newsletter periodiche e attraverso il nostro sito web.
Organizzeremo inoltre seminari e conferenze per informare gli interessati. Ogni sterlina guadagnata sarà utilizzata per svolgere ulteriori ricerche scientifiche sulla mente umana al termine della vita.”
Nello studio condotto a Southampton i 63 sopravvissuti ad attacchi cardiaci sono stati intervistati entro una settimana dall’infarto; è stato chiesto loro se ricordassero qualcosa del periodo in cui non erano stati coscienti.
Sette dei sopravvissuti hanno riportato qualche esperienza di pre-morte e quattro pazienti (il 6%) hanno superato i rigidi criteri di Greyson generalmente usati per diagnosticare le esperienze di pre-morte
Essi ricordano esperienze di pace e di gioia, una sensazione di tempo accelerato, sensi intensificati, perdita di consapevolezza del proprio corpo, la visione di una luce bianca, l’ingresso in un altro mondo, l’incontro con un essere mistico o con parenti defunti, e la sensazione di giungere in un punto di non ritorno.
Questo fa sorgere la domanda su come questi pensieri lucidi possano accadere quando il cervello è clinicamente morto. Il Dott. Parnia, ricercatore associato della clinica universitaria e ufficiale civile, afferma:
“Il punto principale delle esperienze di pre-morte risiede nella comprensione della relazione esistente tra cervello e mente; questo è rimasto un punto aperto nel dibattito contemporaneo che avviene in ambito filosofico, psicologico e neuroscientifico.
A livello scientifico si conosce molto poco dell’esperienza soggettiva della morte, della natura della mente umana e del suo risultato durante la morte clinica. Questo campo sta assumendo notevole importanza nella medicina.
Ciò che abbiamo trovato ha la necessità di essere investigato in uno studio più ampio. Ma qualora i risultati venissero replicati ciò comporterebbe il fatto che la mente può continuare ad esistere dopo la morte del corpo, o in una vita futura.”
Casi di esperienze pre-morte sono stati trovati in molte culture diverse e in diversi periodi storici; è stimato che circa il sei percento delle persone che hanno sofferto di un arresto cardiaco hanno provato tali esperienze.
Attualmente esistono tre spiegazioni per questi casi. La prima è fisiologica; le allucinazioni che il paziente sperimenta sarebbero causate da una alterato stato chimico del cervello dovuto a trattamenti farmacologici, a carenza di ossigeno o cambiamenti dei livello di anidride carbonica.
Nello studio condotto a Southampton nessuno dei quattro pazienti con esperienze di pre-morte ha subito una bassa ossigenazione o è stato sottoposto a combinazioni farmacologiche inusuali durante la propria rianimazione.
Una seconda spiegazione sostiene che le esperienze fuori dal corpo (N.d.T. OOBE out of body experience), esperienze vivide di tunnel, di luci o di parenti defunti sarebbero costruite dalla mente per facilitare il processo della morte.”
Il Dott. Parnia, aggiunge: “Le caratteristiche delle esperienze pre-morte di questo studio non sono assimilabili a confuse allucinazioni, in quanto sono altamente strutturate, con un impianto narrativo, facilmente ricordate e chiare.”
La terza possibile spiegazione è metafisica, le esperienze di pre-morte vengono viste come indice della continuazione della vita dopo la morte. Tutti e quattro i pazienti oggetto dello studio svolto a Southampton si sono dichiarati cristiani sebbene nessuno si è definito come praticante – uno ha detto di essere pagano – e nessuno ha visto figure di tipo religioso durante le proprie esperienze di pre-morte.
Il Dott. Parnia, ha aggiunto: “Durante gli arresti cardiaci l’attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili.”
Note per i redattori:
La Horizon Research Foundation può essere contattata telefonicamente allo 0870 3333722 o via casella postale 888, Southampton General Hospital, Tremona Road, Southampton SO16 6YD.
Sito web della fondazione: http://www.horizon-research.co.uk
Lo studio svolto a Southampton è pubblicato nel numero di Febbraio 2001 della rivista medica “Rianimazione” (N.d.T. “Resuscitation”).
Per ulteriori informazioni:
Dott Sam Parnia, Senior Research Fellow, University of Southampton – Email parnis@soton.ac.uk
Kim d’Arcy, External Relations, University of Southampton – Email: kimda@soton.ac.uk
Relazioni pubbliche:
University of Southampton, Highfield, Southampton SO17 1BJ – Email: external@soton.ac.uk
Tratto da: http://www.buddhism.it/teaching/science/death.htm
Un uomo racconta la sua esperienza nell’aldilà dopo essere stato tecnicamente morto per circa un ora – 25/02/2014
Questa è l’incredibile storia di un uomo americano ritornato in vita dopo essere tecnicamente morto per quasi un ora. Quando ormai i medici avevano interrotto ogni tentativo per rianimarlo, l’uomo ha scioccato tutti ritornando in vita. Ma ciò che più sconcerta è il racconto di ciò che ha visto dall’altra parte.
Brian Miller, 41 anni, è un camionista dell’Ohio. Mentre era intento ad aprire un contenitore, si è reso conto che c’era qualcosa che non andava. L’uomo ha immediatamente chiamato la polizia. “Sono un autista di camion e penso che sto avendo un attacco di cuore”, ha detto all’operatore. Miller è stato prelevato da un ambulanza e subito ricoverato in un ospedale locale dove i medici sono riusciti ad arginare l’attacco cardiaco.
Ma dopo aver ripreso conoscenza e sentire alleviare il dolore, l’uomo ha sviluppato una fibrillazione ventricolare, una aritmia cardiaca rapidissima, caotica che provoca contrazioni non coordinate del muscolo cardiaco dei ventricoli nel cuore. Il risultato è che la gittata cardiaca cessa completamente. La fibrillazione ventricolare è uno dei quattro tipi di arresto cardiaco.
“Non c’era battito cardiaco, non c’era pressione sanguigna e non c’era polso”, racconta l’infermiera Emily Bishop a fox8.com.
I medici hanno cercato di rianimarlo, tentando per quattro volte di riportarlo in vita, ma Miller sembrava ormai senza speranza.
E’ a partire da questo momento che Miller ha raccontato di essere scivolato via in un mondo celeste. “L’unica cosa che mi ricordo è che ho cominciato a vedere la luce e a camminare verso di essa”, racconta Brian.
Si è ritrovato a percorrere un sentiero fiorito con una luce bianca all’orizzonte. Miller racconta che ad un tratto ha incontrato la sua matrigna, morta da poco tempo. “Era la cosa più bella che avessi mai visto e sembrava così felice”, racconta. “Mi ha preso il braccio e mi ha detto: «Non è ancora il tuo momento, tu non devi essere qui. Devi tornare indietro, ci sono cose che ancora devi fare»”.
Dopo 45 minuti, il cuore di Miller è tornato a battere dal nulla, ha detto la Bishop. “Il suo cervello è rimasto senza ossigeno per 45 minuti e il fatto che lui possa parlare, camminare e ridere è veramente incredibile”.
“Sono contento di essere tornato tra i vivi”, ha detto Miller. “Ora sono sicuro che la vita continua dopo la morte e la gente deve sapere e credere in essa, alla grande!”.
Come riporta messagetoeagle.com, quello vissuto da Miller è un fenomeno noto ai ricercatori che studiano le esperienze di premorte (NDE). Nella maggior parte dei casi, coloro che sperimentano le NDE cambiano per sempre, sviluppando una concezione più spirituale della vita e molto più serena. I soggetti non temono più la morte, spiegando che l’esperienza è diventata la pietra angolare della loro vita.
Qualche tempo fa, un’esperienza di premorte è stata in grado anche di convincere un neurochirurgo scettico. E’ il caso del dottor Eben Alexander, uno scienziato agnostico che dopo l’esperienza è diventato un convinto sostenitore della vita spirituale.
Leggi l’articolo di Alexander
Nel 2008, il dottor Alexander è scivolato in coma per sette giorni. Quello che visse in quei gironi ha cambiato per sempre la sua concezione dell’esistenza. “Come neurochirurgo, non credevo nel fenomeno delle esperienze di pre-morte. Sono cresciuto in una cultura scientifica, essendo figlio di un neurochirurgo”, spiega Alexander.
“Non sono la prima persona ad aver scoperto che la coscienza umana esiste al di là del corpo. Brevi, meravigliosi scorci di questa realtà sono antichi come la storia umana. Ma per quanto ne so, nessuno prima di me ha viaggiato in questa dimensione con la corteccia completamente spenta e con il corpo sotto osservazione medica minuto per minuto e per sette giorni di seguito”.
Pur essendo in come, il dottor Alexander racconta di aver visto il paradiso, dove dice di aver incontrato una bellissima donna dagli occhi azzurri in un luogo fatto di nuvole e di esseri scintillanti. “Mi ci sono voluti mesi per venire a patti con quello che mi è successo”.
“So bene quanto sia straordinario e quanto suoni francamente incredibile. Se ai vecchi tempi qualcuno, anche un medico, mi avesse raccontato una storia del genere, sarei stato certo che era sotto l’incantesimo di una qualche delusione. Ma tutto questo era successo a me ed era reale, e forse più reale di ogni evento della mia vita. Quello che mi è successo esige una spiegazione”, conclude Alexander.
Tratto da: ilnavigatorecurioso.it
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Il neurologo: “La morte non è così male” – 30/06/2014
Steven Laureys, dell’Università di Liegi, ha studiato una serie di esperienze di “pre-morte”, evidenziando similitudini e punti in comune
Cosa succede dopo la morte ? Esiste davvero qualcosa dopo la fine dell’esistenza fisica ?
Una domanda esistenziale, sulla quale si sono sempre confrontate religioni e filosofie, ma che sempre di più, negli ultimi tempi, sembra interessare la scienza, intenzionata a spiegare anche quel momento tanto temuto eppure inevitabile, per ciascuno di noi.
Il punto di partenza, ancora una volta, sono le cosiddette Near Death Experiences- le esperienze di premorte- sperimentate da una piccola, ma significativa percentuale di pazienti ricoverati nei reparti di rianimazione, spesso dopo un arresto cardiaco.
I racconti dei redivivi sono molto simili: hanno provato la sensazione di uscire dal corpo- che a volte hanno osservato dall’alto mentre i medici tentavano il primo soccorso; si sono sentiti trascinati in un tunnel di luce; hanno ripercorso in pochi istanti i momenti salienti della loro vita; si sono ritrovati in un luogo idilliaco insieme ai loro cari già defunti. Insomma, un’esperienza, dal punto di vista emotivo, molto complessa.
Tornare dai confini della morte, dopo essere rimasti privi di battito e di coscienza, e dimostrare l’esistenza ultraterrena dell’anima, non accade però solo ai giorni nostri. Già il filosofo greco Platone, nella sua opera La Repubblica, lo aveva rappresentato attraverso il mito di Er. Il soldato dato per morto e risuscitato mentre già era sulla pira funebre pronta ad ardere era infatti stato testimone dell’ Aldilà e lo aveva potuto raccontare. Una fantasia o una realtà?
La prima descrizione medica moderna di un evento del genere risale invece al XVIII secolo. Philippe Charlier, ricercatore dell’Università di Versailles a Montigny-le-Bretonneux, ha spiegato in un articolo pubblicato dalla rivista Resuscitation (Rianimazione) come si sia imbattuto in un caso di NDE tramandato da un testo medico, Anecdotes de mèdecine, scritto nel 1762.
In quel libro, l’autore Pierre-Jean du Monchaux, un medico militare francese, riferisce la vicenda di un paziente affetto da una forte febbre sottoposto a vari salassi e colpito da una sincope. L’uomo rimase privo di sensi a lungo, ma quando si riprese confessò di aver visto “una luce così bianca ed assoluta, da pensare di essere nel Regno dei Beati”. Disse al dottore che ricordava una sensazione positiva; aggiunse persino di non aver mai vissuto nella sua intera vita un momento più bello.
Grande benessere, profonda pace: sarebbe proprio questa la caratteristica che si ripete più frequentemente durante una NDE.
È la conclusione alla quale è arrivata l’ equipe guidata dal neuro scienziato Steven Laureys, dell’Università di Liegi. Esaminando un campione significativo, i ricercatori hanno scoperto che- indipendentemente da quanto doloroso possa essere stato il trauma subìto- chi sperimenta quell’esperienza straordinaria dice di non aver provato alcuna sofferenza. Anzi, quasi tutti coloro che sono ritornati miracolosamente alla vita affermano di essersi trovati in uno stato di perfetta serenità
Come scrive il sito New Scientist, il medico, a capo del Coma Science Group dell’ospedale universitario, ha iniziato a studiare le esperienze di pre-morte sulla base dei tanti racconti riportati dai suoi pazienti. “Ho cominciato ad ascoltare queste storie incredibili durante i miei consulti”- dice il professore. ”Sapendo quanto sia anormale l’attività cerebrale durante un arresto cardiaco o un incidente, era impressionante quanto questi ricordi fossero ricchi. Era molto intrigante.”
Naturalmente, il dottor Laureys conosceva la teoria maggiormente condivisa dalla comunità scientifica, ovvero che quelle immagini sono sarebbero altro che allucinazioni, create da un cervello in anossia (ovvero, senza ossigeno) oppure da un danno nell’area che controlla le emozioni. “Allora ci si aspetterebbe di vedere delle differenze, tra le NDE conseguenza di annegamenti e quelle invece prodotte da altri trauma”, sostiene il neuro scienziato.
Con i suoi collaboratori, ha confrontato 190 casi documentati di esperienza di pre-morte avvenute in seguito ad arresto cardiaco, affogamento, ferite alla testa e così via. Usando un’analisi statistica e un metodo di misura noto come la Scala Greyson per assegnare un numero ed un’intensità differente alle diverse tipologie di NDE, il team ha confermato che i racconti hanno numerose similitudini in comune.
La più diffusa, per l’appunto, è la sensazione di grande serenità. In secondo luogo, la sensazione di trovarsi al fuori del proprio corpo fisico. Molti, poi, hanno sentito un cambiamento nel modo in cui percepivano lo scorrere del tempo. Solo un gruppo ristretto ha affermato di aver avuto un flash back della propria vita o una visione di avvenimenti futuri. Infine, pochissimi hanno riportato sensazioni negative. “Ne risulta che sperimentare la morte non è poi così male”, ha detto Laureys.
Dalle ricerche dell’equipe belga, è emerso anche che i ricordi legati alla NDE sono straordinariamente vividi. Per chi li ha provati sembrano molto più concreti non solo di qualsiasi sogno, ma persino di qualsiasi reale esperienza di vita, inclusi matrimoni e battesimi- due momenti che rimangono ben impressi. Dopo aver compiuto questo viaggio di andata e ritorno, inoltre, i soggetti rianimati o risvegliati dal coma non manifestano più alcuna paura della morte.
Ora l’equipe dell’Università di Liegi intende approfondire lo studio, cercando un metodo di misura obiettivo per tali esperienze mediante una scansione completa del cervello dei pazienti che riferiscono di aver appena avuto una NDE in seguito ad un infarto.
I ricercatori andranno alla ricerca delle più piccole tracce o cicatrici che potranno riflettere i postumi dell’evento.
Il neurologo belga è conscio di quanto sia complesso indagare su fenomeni tanto soggettivi, ma intende affrontare la materia con mente aperta.“Dobbiamo accettare che ci sono tante realtà che noi non capiamo, ma è importante applicare il miglior metodo scientifico a nostra disposizione. È il primo passo per comprendere qualcosa di davvero interessante e che potrebbe alla fine fornirci una maggiore conoscenza di quello che è la coscienza.” O se preferite, della nostra anima.
By Sabrina Pieragostini – Tratto da: panorama.it
Commento:
Nonostante tutti i tentativi che negli ultimi decenni si sono succeduti e che vorrebbero eliminare la realtà di una dimensione diversa, ma esistente, alla morte del corpo terrestre, oggi, anche alla luce della ricerca neuroscientifica, il concetto di Spirito od anima, riemerge quale struttura antropologica irriducibile, necessaria per dar ragione di numerosi fenomeni umani che non avrebbero un senso all’interno del solo mondo della ricerca empirica.
Parlare di “Spirito od anima” nel XXI secolo, significa allargare l’orizzonte e cercare di integrare le evidenze empiriche che le neuroscienze (e le altre scienze empiriche) ci forniscono all’interno di una cornice più ampia che renda ragione della causa proporzionata alle dimensioni peculiari dell’umano.
Studi sulle NDE sono stati pubblicati su riviste di anestesiologia e rianimazione (come Resuscitation) o su riviste di psicologia. Per la prima volta una ricerca su questo fenomeno è pubblicata da Lancet (2001; 358: 2039).
Lo studio è stato effettuato da Pin Van Lommel e suoi collaboratori, i cardiologi dell’ospedale di Arnhem in Olanda.
Gli autori hanno organizzato lo studio incuriositi dal fatto che nella letteratura specifica i fenomeni NDE sono molto simili a prescindere dalla provenienza geografica e dalle credenze religiose dei soggetti coinvolti.
Lo studio olandese è però il primo studio prospettico (e non retrospettivo) sull’argomento.
Tutti i pazienti che venivano rianimati dopo arresto cardiaco venivano intervistati per sapere se avevano avuto una NDE. In totale sono stati arruolati 344 pazienti.
Solo 62 pazienti (il 18 per cento) ha avuto una NDE, 41 hanno avuto una “core” experience cioè una esperienza di intensità particolarmente forte. Tutti erano stati trattati allo stesso modo.
All’interno dei pazienti che hanno avuto una NDE sono stati descritti alcuni elementi tipici della NDE:
Consapevolezza di essere morti: nel 50 per cento dei casi di NDE
Emozioni positive (no paura della morte): 56%
Out-of-body experience (OBE): 24%
Sensazioni di muoversi all’interno di un tunnel: 31%
Luce intensa ma non dolorosa: 23%
Osservazione di colori: 23%
Osservazione di un paesaggio celestiale: 29%
Incontro con persone decedute: 32%
Rivisitazione di tutta la vita: 13%
Presenza di un limite da oltrepassare: 8%
Gli elementi delle NDE corrispondono con quelli descritti in letteratura.
Gli autori fanno notare che siccome le NDE si verificano solo in una minoranza di casi non è probabile che siano la conseguenza di uno stato di ipossia cerebrale, una delle più comuni spiegazioni del fenomeno. Non è nemmeno probabile che si tratti di un effetto dei farmaci utilizzati per la rianimazione perché a tutti i pazienti è stata data la stessa terapia.
Alcuni elementi delle NDE (OBE, visione di luci, ricordo di episodi della vita) si riscontrano in alcuni tipi di fenomeni neurofisiologici: stimolazione del lobo temporale durante neurochirurgia, ipossia cerebrale dovuta a forti accelerazioni (addestramento di piloti d’aereo), iperventilazione da manovra di Valsalva, uso di sostanze allucinogene (LSD, psilocarpina, mescalina).
Ma, dice Van Lommel, con le NDE siamo di fronte a una fenomenologia differente: gli episodi della vita non si presentano slegati tra di loro ma appaiono come una “panoramica” di tutta la vita.
Inoltre, negli altri fenomeni neurofisiologici non viene percepito quel senso di felicità e di assenza di paura della morte.
L’Ipotesi della trascendenza
Van Lommel avanza un’ipotesi, detta appunto della “trascendenza”. La NDE potrebbe essere un particolare stato di coscienza nel corso del quale il senso di identità, la cognizione e l’emotività funzionano indipendentemente dal corpo. Sono per così dire staccate dal corpo e disposte su un piano trascendente. Sarebbe inoltre in funzione una forma di percezione extra-sensoriale. Quest’ultimo fenomeno, da verificare con ulteriori studi, è particolarmente significativo nei casi di OBE. In letteratura esiste un’aneddotica di pazienti ciechi, che dopo rianimazione, hanno descritto le caratteristiche della sala in cui si trovavano quando non erano coscienti.
Van Lommel riporta il caso di un uomo che ha descritto una OBE, dichiarando di aver visto dall’esterno un infermiere togliergli la dentiera (era incosciente quando è accaduto) e di essersi impegnato per far sapere ai medici che non era ancora morto (i medici all’inizio erano pessimisti e discutevano sulla scelta di continuare la rianimazione).
L’autore scrive: «Come può essere sperimentata una chiara coscienza extra-corporea quando abbiamo le prove elettroencefalografiche che il cervello non sta funzionando ?»
Van Lommel conclude dicendo che le ricerche in quest’ambito devono concentrarsi sugli elementi verificabili delle NDE, come le OBE.
La critica dell’editorialista
L’editoriale di accompagnamento è firmato da Cristopher French, della Anomalistic Psychology Research unit dell’università di Londra. French prende in esame la tesi di fondo di Van Lommel, secondo la quale i risultati dell’indagine richiedono una profonda revisione di alcuni assunti relativi ai rapporti tra coscienza e funzione cerebrale. In particolare, Van Lommel non si spiega come un soggetto possa percepire alcune cose mentre il suo Eeg è piatto. French fa però notare che esiste una spiegazione alternativa: non si può escludere che quelle esperienze di NDE siano dei falsi ricordi. Dopo la rianimazione il cervello è tornato a lavorare e ha costruito un passato prossimo che in realtà non è mai esistito. Il cervello cerca di coprire le lacune (“fill the gap”) dovute a un periodo di inattività corticale. Anche le OBE potrebbero essere una costruzione a posteriori del cervello.
Come proseguiranno le ricerche
French ritiene la ricerca di Val Lommel particolarmente importante anche se sostiene che è ancora presto per poter sostenere l’ipotesi della “trascendenza”. Concorda con Van Lommel che bisogna concentrarsi sulla raccolta di informazioni verificabili e in particolare sulle OBE. Poco prima dell’indagine degli olandesi è stata pubblicato uno studio analogo firmato da Parnia e Fenwick su Resuscitation. I risultati sono sovrapponibili; in più, Parnia e Fenwick hanno introdotto un nuovo metodo. Mentre il paziente è incosciente e l’Eeg è piatto tirano fuori un oggetto che in sala di rianimazione non dovrebbe esserci (per esempio un pallone di calcio).
Se il paziente sopravvive gli chiedono che cosa ha visto. Questa sarebbe una prova che la OBE è un’esperienza reale, che avviene mentre il cervello del paziente non è in funzione: l’ipotesi della trascendenza potrebbe trarne grande giovamento.
Sfortunatamente, Parnia e Fenwick hanno eseguito l’operazione solo su quattro pazienti e nessuno dei quattro ha riferito una OBE.
Tutti, anche French, concordano sul fatto che i prossimi esperimenti devono essere di questo tipo.
Testimonianza di una persona che ha provato il ricordo delle esperienze passate nell’attimo di un pericolo mortale:
“Ho letto e ho visto che si cita anche il “life review”, ossia il fatto di rivedere in pochi istanti tutta la propria vita. Devo dire di aver provato personalmente questa esperienza in una situazione di estremo pericolo durante un incidente stradale, e si tratta effettivamente di una sensazione stranissima. Non sono un medico quindi non saprei dire quali cause biochimiche inneschino questo effetto, pero’ il risultato e’ quello di riuscire a pensare a una velocita’ straordinariamente alta. Da quando ho avuto quell’esperienza ho capito realmente cosa si intende quando si dice che usiamo solo una piccola percentuale delle nostre capacita’ mentali. In un decimo di secondo, forse anche meno, sono riuscito a pensare a talmente tante cose, esperienze passate, persone, ricordi, sensazioni, preoccupazioni e propositi per il futuro, considerazioni sulla situazione presente, rimpianti, speranze, il tutto con una dovizia di particolari incredibile, che tuttora, ad anni di distanza, rimango allibito, soprattutto nel constatare che impiego non meno di venti minuti a ripercorrere l’intero insieme di tutti quei pensieri fatti in un istante. Se qualcuno conosce meccanismi biochimici alla base di questo effetto si faccia avanti, mi interesserebbe molto conoscerli”.
By Karamel
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NDE – Nuovo studio rivela cosa accade durante le esperienze ‘pre-morte’ – By Angelo Petrone -15 Settembre 2023
Le esperienze di pre-morte (NDE) non sono allucinazioni, afferma lo studio.
“Un tunnel con in fondo una luce bianca. Cori ‘angelici’ e visione dei parenti deceduti. Tutta la tua vita che scorre davanti ai tuoi occhi” . Sappiamo tutti cosa intendiamo quando parliamo di qualcuno che ha una ” esperienza di pre-morte “.
Gli autori affermano che i loro risultati offrono ulteriori prove a sostegno della teoria secondo cui le persone possono vivere in modo vivido i propri ricordi durante la transizione verso la morte.
Un team internazionale di ricercatori ha scoperto che alcuni pazienti in fin di vita e sottoposti a rianimazione cardiopolmonare, hanno ripercorso, durante il processo, dei ricordi vividi della loro vita. A raccontarlo è un recente studio pubblicato sulla rivista Resuscitation, https://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572(23)00216-2/fulltext diretto della Grossman School of Medicine della New York University. Per gli autori della ricerca, il risultato dello studio offre un’ulteriore prova a sostegno della teoria secondo la quale le persone possono rivivere in maniera ”vivida” i propri ricordi durante la transizione verso il decesso, anche un’ora dopo che il battito cardiaco si è fermato. Per effettuare lo studio sono stati intervistati pazienti rianimati che avevano subito un arresto cardiaco. Meno del 10% dei 567 pazienti studiati ha recuperato le capacità cognitive, tanto da essere dimesso e solo 28 sono stati in grado di completare le interviste. 4 persone su 10 hanno espresso un certo grado di coscienza durante la rianimazione cardiopolmonare. È stato, inoltre, riscontrato che in quasi il 40% di questi pazienti l’attività cerebrale è tornata alla normalità anche un’ora dopo che il cuore aveva smesso di battere. Nei dati forniti dall’elettroencefalogramma (EEG) che registra l’attività cerebrale, sono stati osservati picchi nelle onde cerebrali, associati a funzioni mentali superiori, come comunicare o concentrarsi profondamente, il che indica che in quella fase si potrebbero evocare ricordi.
Sam Parnia, autore principale dello studio, spiega che “l’esperienza ricordata della morte è reale“, come dimostrato dai marcatori cerebrali mostrati dall’EEG. Durante le interviste, volte a determinare il grado di coscienza e i vissuti cognitivi dei pazienti durante il processo di rianimazione, i ricercatori hanno scoperto che esistevano diverse categorie narrative ricorrenti: la percezione della separazione dal corpo e il riconoscimento di essere morti, la valutazione delle proprie azioni, la percezione di dirigersi verso un luogo o di ritornare a “casa”. Gli autori della ricerca pensano che questi processi cerebrali nelle persone morenti siano dovuti al fatto che, prima di morire, tutti i sistemi inibitori vengono eliminati, così il cervello può dare accesso a “nuove dimensioni della realtà“, come i ricordi lucidi immagazzinati nel corso della vita. Queste nuove dimensioni, secondo lo studio, includono esperienze nella coscienza profonda delle persone; per esempio, i ricordi, i pensieri, le intenzioni e le azioni viste verso gli altri “da una prospettiva morale ed etica“. “Questo è il primo studio su larga scala a dimostrare che questi ricordi e i cambiamenti nelle onde cerebrali possono essere segni di elementi universali e condivisi di esperienze di pre-morte“, afferma Parnia. I ricercatori affermano, inoltre, che questa scoperta potrebbe guidare la progettazione di nuove forme di rianimazione e prevenzione delle lesioni cerebrali, oltre ad avere implicazioni per i trapianti, sollevando interrogativi riguardo ai tempi appropriati per effettuare la donazione di organi.
Gli scienziati hanno pubblicato negli Annals of the New York Academy of Sciences , un documento che è la prima dichiarazione in assoluto sottoposta a revisione paritaria sullo studio scientifico della morte ed è progettato per “fornire approfondimenti su potenziali meccanismi, implicazioni etiche e considerazioni metodologiche per un’indagine sistematica ” e “identificare questioni e controversie” nell’area di ricerca…” Per molto tempo, la mancanza di respiro e il polso sono stati considerati segni distintivi della morte, fino a quando i metodi di rianimazione non sono migliorati. Oggi, le vittime di annegamento o che soffrono di ipotermia estrema, mancanza di ossigeno e mancanza di polso e respiro possono essere, con un pò di fortuna, rianimate dai medici. “Anche non avere un cuore non è la morte se sei sul tavolo del chirurgo dei trapianti”, ha sottolineato. Sandberg non è stato coinvolto nello studio, ma va al nocciolo della questione: la medicina moderna ha cambiato radicalmente il modo in cui pensiamo alla morte. “L’arresto cardiaco non è un attacco di cuore“, ha spiegato Sam Parnia, direttore di Critical Care and Resuscitation Research presso la NYU Grossman School of Medicine e autore principale del nuovo articolo . “[Invece, esso] rappresenta lo stadio finale di una malattia o di un evento che causa la morte di una persona”, ha continuato. “L’avvento della rianimazione cardiopolmonare (RCP) ci ha mostrato che la morte non è uno stato assoluto, piuttosto è un processo che potrebbe potenzialmente essere invertito in alcune persone anche dopo che è iniziato”. Infatti, sottolineano i ricercatori, le prove suggeriscono che né i processi fisiologici né quelli cognitivi terminano al “punto di morte” – e mentre gli studi scientifici non sono stati finora in grado di dimostrare la realtà delle esperienze di pre-morte, non possono nemmeno confutarle. Ciò che è degno di nota è che queste esperienze – di cui ce ne sono centinaia di milioni registrate da culture di tutto il mondo – seguono costantemente gli stessi temi e archi narrativi. In generale, l’ esperienza media di pre-morte comporta innanzitutto il sentirsi separati dal proprio corpo e avere un elevato senso di coscienza e riconoscimento della morte; poi, un senso di viaggio verso una destinazione seguito da un’analisi significativa e propositiva delle tue azioni, intenzioni e pensieri verso gli altri nel corso della tua vita; quindi, ti sentirai come se fossi in un posto che sembra “casa”, prima di tornare finalmente al mondo reale.
Sebbene possa sembrare piuttosto psichedelico, sappiamo anche che le esperienze di pre-morte non hanno molto in comune con allucinazioni, illusioni o esperienze indotte da droghe psichedeliche, sebbene spesso si traducano nello stesso tipo di trasformazione psicologica positiva a lungo termine che recenti studi hanno associato all’uso di sostanze come la psilocibina . “Ciò che ha permesso lo studio scientifico della morte è che le cellule cerebrali non vengono danneggiate in modo irreversibile entro pochi minuti dalla privazione dell’ossigeno quando il cuore si ferma”, ha spiegato Parnia. “Invece, ‘muoiono’ nel corso delle ore. Ciò consente agli scienziati di studiare oggettivamente gli eventi fisiologici e mentali che si verificano in relazione alla morte. La scienza moderna ci ha già fornito un’idea di alcune di queste esperienze: gli studi elettroencefalografici hanno mostrato , ad esempio, l’emergere di attività gamma e picchi elettrici in relazione alla morte, un fenomeno solitamente associato a una maggiore consapevolezza. Potrebbe essere responsabile degli “stati di coscienza elevati e del riconoscimento della morte” provati da coloro che si avvicinano alla fine? Con la ricerca futura, sperano Parnia e i suoi colleghi, un giorno potremmo sapere con certezza la risposta. “Pochi studi hanno esplorato cosa succede quando moriamo in modo oggettivo e scientifico”, ha detto Parnia. “[Il nostro documento] offre [s] intuizioni intriganti su come esiste la coscienza negli esseri umani e può aprire la strada a ulteriori ricerche.”
Esperienze di PreMorte (NDE) raccontate da coloro che le hanno vissute: NDE_Esperienze_e_Commenti da leggere con riflessione ed attenzione