Atlantide un mistero ?
ATLANTIDE (Scoperta una città di 200.000 anni fa)
Scoperto un continente preistorico sotto l’Oceano Indiano. Ritrovata la mitica Kumari Kandam Atlantide è probabilmente il “mistero” che più ha stimolato la fantasia di appassionati, scrittori e ricercatori.
Tutto parte da un brano del filosofo Platone tratto dai “Dialoghi” Timeo e Crizia, scritti nel IV secolo a.C., che cosi’ recita: “Al di là di quello stretto di mare chiamato le colonne d’Ercole, si trovava allora un’isola più grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole, e da queste isole alla terraferma di fronte (…). In quell’isola chiamata Atlantide v’ era un regno che dominava non solo tutta l’isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle colonne d’Ercole; includendo la Libia, l’Egitto e altre regioni dell’Europa fino alla Tirrenia” –
Il brano viene riferito da Crizia, parente di Platone e si riferisce ad un episodio avvenuto nel 590 a.C. durante la visita del legislatore Solone a Sais, capitale amministrativa dell’Egitto. Il tentativo di Solone di impressionare i sacerdoti di Iside con le antiche tradizioni greche fallisce in quanto gli Egizi erano a conoscenza di un popolo vissuto molto tempo prima , sul quale possedevano molta documentazione scritta e la cui civiltà era stata distrutta 9000 anni addietro da un cataclisma. Viene fatta anche un’ampia descrizione del territorio sul quale questo popolo, gli Atlantidei, viveva, e cioé un’isola grande più o meno 540×360 Km, circondata su tre lati da montagne e aperta a sud sul mare. Al centro dell’isola si trova una pianura con una montagna nel mezzo. Inoltre la pianura è irrigata artificialmente ed è quindi molto fertile.
Atlantide, la capitale, sorge nel meridione ed è circondata da mura che hanno una circonferenza di 71 Km c.a., seguite da altre cerchia di acqua e terra a difendere la città vera e propria che aveva un diametro di 5 Km circa. Il clima è temperato, in quanto tra gli animali presenti vi erano gli elefanti.
Questa affascinante teoria, formulata inizialmente da un egittologo indipendente di nome René Schwaller de Lubicz, ha preso piede negli ultimi anni grazie agli studi condotti da John Anthony West. Egli sostiene che la Sfinge, le piramidi di Giza ed altri templi egizi siano stati costruiti intorno al 10500 a.C. da una civiltà molto avanzata.
Secondo West il corpo della Sfinge, chiaramente più eroso del resto, fu eroso dall’acqua.
Tratto da: http://www.misteri.us/Cheope.htm
Città sotto il mare, nel mar dei Caraibi – vedi: http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=68d410b1750f7947
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Nel mar dei Caraibi a 650 m. di profondità fra la penisola cubana di Guanahacabiles e lo stato messicano dello Yucatàn e parzialmente ricoperta alla sabbia del fondo marino, è’ stata scoperta una città sommersa di 7 Km.
quadrati. Questa città urbanisticamente ordinata, è costruita con blocchi di pietra squadrata ed alcuni di essi recano delle tracce di scritte arcaiche che potrebbero rivelarsi la scrittura di quel tempo in quella zona. La scoperta è frutto degli studi e delle ricerche dell’equipe canadese-cubana, guidata dall’ing. Russo Paulina Zelinsky con l’aiuto della nave oceanografica “Ulisse” dell’accademia delle scienze di Cuba che ha utilizzato apparecchiature scientifiche d’avanguardia e di un robot sottomarino in grado di scendere sul fondale e di inviare immagini molto nitide.
Già nel1996 nella penisola cubana erano state rinvenute costruzioni con struttura architettonica simile a queste ultime e datate dagli esperti come costruzioni di circa 6.000 anni fa; già quel ritrovamento aveva posto dei veri problemi agli studiosi perché confermava l’esistenza di una civiltà antica molto progredita e precedente alla nostra.
Platone nel suoi “Dialoghi” descrive molto bene questa antica civiltà Atlantidea e la localizzava nell’oceano Atlantico oltre le colonne di Ercole (l’ingresso del mar mediterraneo, fra la Spagna ed il Marocco; essa, ci riferisce Platone, era grande come un continente, come l’Africa settentrionale e l’Asia minore messe insieme.
Atlantide ricca, potente e molto più progredita della ns. civiltà, aveva sottomesso molti popoli della terra e fu distrutta in un giorno ed una notte per un cataclisma che la trascinò in fondo agli abissi marini.
Si pensa ormai che questo secondo ritrovamento (ve ne saranno altri ancora più eclatanti) sia la conferma inconfutabile che questa civiltà è veramente esistita, alla faccia degli “scienziati” scettici che hanno da sempre deriso il racconto di Platone.. che parla anche che “Atlantide possedeva dei marchingegni volanti che salivano verticalmente al cielo senza fare rumore.. con i quali essi si spostavano ove desideravano”……
che siano gli UFO (dischi volanti ?)…
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Una metropoli di 200.000 anni fa
I manufatto (ruderi) sono sempre stati lì. Qualcuno li aveva già notati prima, ma nessuno riusciva a ricordare chi li avesse fatti – o perché ?
Fino a poco tempo fa, nessuno sapeva nemmeno quanti fossero. Ora sono dappertutto, a migliaia, anzi no, centinaia di migliaia !
E la storia che raccontano è la storia più importante dell’umanità. Ma c’è chi potrebbe non essere pronto ad ascoltare.
Qualcosa di straordinario è stato scoperto in una zona del Sud Africa, circa 280 km verso l’interno, ad ovest del porto di Maputo (la capitale del Mozambico). Sono i resti d’una grande metropoli che misurava, secondo stime prudenti, circa 5000 km quadrati. Faceva parte di una comunità ancora più ampia, di circa 35.000 chilometri quadrati, che sembra essere stata costruita – siete pronti? – dal 160000 al 200000 a.C. – C’è di mezzo anche Nibiru.
Tratto da: http://www.express-news.it/?p=26242
http://us.cnn.com/video/?/video/international/2009/10/14/wus.mirador.bk.a.cnn
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L’Alfabeto di Atlantide – Una strana statuetta. un’incisione indecifrabile. un esploratore scomparso: gli ingredienti di una vicenda che sembra un romanzo.
Una storia veramente affascinante, che mette in relazione il mitico Eldorado, a lungo cercato nell’America del Sud dai conquistatori spagnoli, con il continente perduto di Atlantide e con il Diluvio Universale, sembra essere racchiusa in una misteriosa statuina nera scomparsa nel 1925, insieme al suo possessore. Questa è la cronaca degli avvenimenti.
L’esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, dopo aver fatto viaggi di esplorazione per incarico della Società Geografica Britannica nell’Amazzonia (tra il 1913 e il 1914 e tra il 1919 e il 1921), nel 1925 si recò nel Mato Grosso, alla ricerca delle rovine di una misteriosa città che riteneva risalisse ad un’epoca più antica di quella egizia. Da allora non si ebbero più notizie sicure di lui e di quanti lo accompagnavano, nonostante le molte spedizioni organizzate per ricercarlo.
Aveva con sé una statuetta di basalto nero che gli era stata regalata dall’amico Sir Henry Rider Haggard (l’autore del celeberrimo romanzo Le miniere di re Salomone), che a sua volta l’aveva trovata accanto al cadavere di un archeologo.
Egli era convinto che la statuetta fosse la copia di una grande statua d’oro, rappresentante “L’uomo d’oro” e che provenisse da quel centro misterioso che andava cercando e che chiamava con la lettera zeta (Zed). Quel piccolo oggetto nero raffigurava un gran sacerdote che teneva davanti a sé, sostenendola con le mani, una placca su cui erano incisi 22 caratteri misteriosi.
Il sacerdote appariva entro uno sfondo a blocchi quadrangolari, arrotondato nella parte superiore. La figura sembrava non appartenere ad un’epoca precisa, come se fosse fuori dal tempo, tuttavia ricordava quella di un faraone egizio entro un sarcofago.
A Londra l’oggetto era stato portato al British Museum per farlo esaminare, ma gli studiosi del museo non erano stati in grado di svelare il suo mistero. Deluso dagli scienziati, Fawcett ebbe l’idea di portarlo dal sensitivo più noto di Londra. La statuina emanava un flusso d’energia, tanto che il sensitivo quando la prese tra le mani impallidì e quasi svenne.
Quindi diede il suo responso. Disse che riusciva a vedere “un gran continente dalla forma irregolare che si estende dalla costa settentrionale dell’Africa fino all’America meridionale”. Vedeva pure “un gran sacerdote che prende la statuina e la passa a un uomo raccomandandogli di conservarla e di consegnarla nel tempo stabilito alla persona designata, che a sua volta dovrà passarla ad altri, finché non giunga a colui che reincamerà la persona effigiata, e allora molte cose dimenticate si faranno chiare”.
Parlò di violente eruzioni e di un immane diluvio, una lotta tra le acque superiori e quelle inferiori. Di un patto che era stato infranto.
Di una grande imbarcazione che fuggiva sull’Oceano, trascinata da un drago nero. Quindi parlò di un’immagine luminosa, anzi dorata, quella dell’uomo d’oro. Poi disse lentamente: “Questa è l’immagine dell’El Dorado e questi segni sono le dita con cui l’Artefice Sommo ha plasmato l’Universo”. Proseguì parlando di un regno perduto e disse che era necessario ritrovarne l’entrata che era sorvegliata da scorpioni. Disse anche che l’umanità stava avviandosi verso un baratro profondo e per salvarla bisognava far presto a svelare il segreto della statua.
La dottrina segreta
Molti anni dopo la scomparsa di Fawcett, il nipote Timothy Paterson proseguì la ricerca iniziata dal prozio. Anch’egli era un appassionato di archeologia e al tempo stesso esoterista. Conosceva la Tradizione Sapienziale o Dottrina Segreta, un insegnamento spirituale che risale, come si suol dire, alla notte dei tempi.
La Dottrina, rimasta intatta in Oriente, è suddivisa in tre fasi destinate a precedere l’Era Nuova (nota col termine New Age), ossia il passaggio dall’Era dei Pesci a quella dell’Acquario. La prima fase, quella preparatoria, sarebbe stata trasmessa dal maestro tibetano Djwhal Khul tra il 1875 e il 1890 a Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice della Società Teosofica. La seconda, quella intermedia, sarebbe stata dettata tra il 1919 e il 1949 ad Alice A. Bailey. La terza ed ultima, quella rivelatrice, sarebbe emersa via etere dopo il 1975. In questa dottrina si parla anche di una Gerarchia Occulta, e una delle sue sedi più antiche sarebbe il tempio di Ibez situato nel centro dell’America del Sud. Gli adepti dei Misteri di Ibez avrebbero deciso di ritirarsi sottoterra prima dell’inabissamento dell’Atlantide.
Proprio questo luogo segreto divenne l’oggetto delle ricerche di Paterson, sulle orme di Fawcett. Nel 1978, quando si recò per la prima volta nelle foreste brasiliane del Mato Grosso, si rese conto che ancora il nome dello zio era pronunciato con venerazione dagli indios. Lì incontrò il “Grande Vecchio”, un ultra-novantenne che conosceva tutti i segreti della foresta. Questi gli parlò di KuruPuri, il terribile spirito della morte, chiamato anche il “Drago Nero”, che sarebbe vissuto nel tempio di quel luogo misterioso, chiuso da un muro di rocce basaltiche, che Fawcett chiamava Zed, ma che il vecchio chiamava Ma-Noa. Da lì proveniva la statuetta di El Dorado, che Sir Henry Rider aveva trovato accanto al cadavere dell’archeologo Marple White, l’unico che fosse riuscito a superare il muro di basalto. Secondo il Grande Vecchio quella parete avrebbe nascosto gli avanzi di un mondo scomparso, perché contro di essa si sarebbe arrestata la furia di un antico vastissimo cataclisma, forse un diluvio. Terminò dicendo che lì avvenne il “grande sbarco”.
La città sotterranea
Paterson, dopo due viaggi nel Mato Grosso, si era convinto che lo zio avesse trovato il misterioso tempio di lbez, nella città sotterranea di Zed, e che per entrarci avesse dovuto smaterializzarsi, come dire “uscire dal corpo” (cosa forse possibile per un esoterista evoluto). Ma la statuina di El Dorado rimaneva per lui ancora un mistero. Finché un giorno a Firenze non incontrò Mario Pincherle, autore di numerosi libri di archeologia. In Egitto, nella grande piramide di Cheope, Pincherle aveva scoperto un monumento di origine atlantidea, lo Zed, o torre di Osiride. Secondo lui la civiltà atlantidea aveva raggiunto le regioni attualmente più selvagge e sconosciute del mondo, le foreste del Brasile. In una conferenza, cui assistette Paterson, parlò del grande dono che gli atlantidei fecero all’umanità e cioè l’alfabeto dei ventidue segni sacri antidiluviani, da cui sarebbero poi derivati l’alfabeto ebraico e il fenicio. Paterson gli mostrò il diario dello zio con il disegno della statuina dell’El Dorado e Pincherle si mise a studiare i segni.
Si rese conto che il primo dei caratteri era chiaramente vicino all’ebraico aleph (alfa per i greci, “a” per noi) e gli altri corrispondevano a beth (beta, “b”), ghimel (gamma, “g”), daleth (delta, “d”) e così via. La lettera daleth (che in ebraico sembra una squadra) era un perfetto triangolo equilatero, proprio come sarà poi nell’alfabeto greco. Si convinse che si trattava proprio del misterioso linguaggio antidiluviano.
Non poté fare a meno di chiedersi: “Chi è questo El Dorado che mi ha regalato il vero alfabeto ?”
L’occhio gli cadde allora sul cartiglio posto sui piedi della statua. Lesse questi otto segni: “UT NAISFM”. Come non pensare, data la somiglianza, al nome babilonese UT NAPHISTIM, che nelle antiche scritture cuneiformi indica il patriarca Noè ?
Il mistero della statuina era finalmente svelato ed anche il nome della località Ma Noa, che secondo il Grande Vecchio era il luogo del “grande sbarco” dopo il Diluvio Universale, assumeva ora il giusto significato di “Porto di Noè”.
Fig: Le ventidue lettere dell’alfabeto di Atlantide ridisegnate e fotografate da Fewcett dalla statuina.
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Scoperto un continente preistorico sotto l’Oceano Indiano. Ritrovata la mitica Kumari Kandam ? – 10 Aprile 2013
Ancora una volta la leggenda si trasforma in realtà. Il numero appena uscito di Nature Geoscience, (2013 del 24 febbraio 2013) riporta la sensazionale notizia per cui studi recenti hanno confermato l’esistenza di un antico continente, oggi sommerso, nell’Oceano Indiano ovvero tra India, Sri Lanka e le Mauritius.
Il dato interessante riguarda non solo la scoperta scientifica in quanto tale ma il fatto che la stessa avvalora e conferma le più antiche tradizioni del subcontinente indiano che parlano di una terra sommersa durante il Pralaya, il diluvio indiano, e chiamata Kumari Kandam!Gli studiosi autori della ricerca pubblicata su NATURE hanno infatti scoperto come sotto queste acque sia esistito milioni di anni fa un “paradiso naturale” ribattezzato Maurità.
La sua formazione risale a un periodo compreso tra 61 e 83 milioni di anni fa quando cioè il Madagascar si staccò dall’India. Dopo una lunga ‘esistenzà questo continente perduto venne sommerso da enormi quantità di lava e dai flutti lasciando solo alcune tracce della sua esistenza oggi identificabili nelle isole Mauritius e in Reunion.
Gli stessi studiosi che hanno compiuto la scoperta hanno dichiarato pubblicamente come oggi sia incontrovertibile l’evidenza che i nostri oceani nascondano ancora frammenti di terre perdute e, aggiungiamo noi, questo può permettere di avvalorare le antiche leggende presenti in tutto il globo che parlano di continenti scomparsi e di antichissime civiltà.
La figura rappresenta il posizionamento, su di un mappamondo, di quell’antico continente sommerso
Questa mappa mostra lo spessore della crosta attorno alle isole Mauritius e all’isola di Reunion
CREDIT: Torsvik, et al./Nature GeoScience
Lo studio è stato condotto dall’Università di Oslo e la scoperta è avvenuta quasi casualmente durante le analisi della spiaggia di sabbia dll’isola capitale delle Mauritius in cui sono stati ritrovati frammenti di zirconi di antichissima formazione, databili tra 660 milioni e 2 miliardi di anni fa. Il resto della sabbia dell’isola è invece di formazione più recente, risalente a circa 9 milioni di anni fa.
Durante queste prime analisi i geologi hanno ipotizzato che anche le Seychelles potrebbero essere, come Mauritia, un ulteriore frammento continentale di questo continente sprofondato.
Ritornardo al mito di Kumari Kandam, la tradizione Tamil vuole che questa terra perduta fosse delimitata a Nord dal fiume Pahruli e a Sud dal Kumari, ed in essa sorgessero 49 Paesi (detti Nadu). La distanza trai due corsi d’acqua sarebbe stata di 700 katham che, secondo una riconversione moderna, corrisponderebbero approssimativamente a 770 km. Kumari Kandam era dunque un piccolo continente, così come l’articolo di NATURE ha definito la massa di terra recentemente scoperta sul fondale dell’Oceano Indiano.
Il mito di Kumari viene codificato in epoca medievale ma la sua esistenza si perde nella notte dei tempi. Ripreso dalla letteratura Tamil, sud dell’India, la tradizione parla dell’era delle Tre Sangam, letteralmente assemblee o accademie, (come riportato nel testo Iraiynar Kalviyalurai, attribuito a Nakkirar e datato del X° sec. d.C.).
La Mudal Sangam, o Prima Assemblea, fu composta di 4449 poeti e avrebbe avuto sede a Thenmadurai, dove sopravvisse per 4.440 anni, fino a quando la stessa città venne sommersa dalle acque e la sua capitale venne spostata a Kapatapuram, dove venne fondata l’Idai Sangam, o Seconda Assemblea.
Questa seconda Sangam operò per 3.700 anni, e con un numero uguale di poeti, fino a quando uno straordinario diluvio distrusse la capitale, che venne quindi spostata a Madurai, dove venne edificata la terza ed ultima accademia denominata Kadai Sangam.
Per 1.850 anni 449 poeti studiarono le arti e le scienze fino a quando un terzo e ultimo diluvio non distrusse anche questa assemblea.
Nel computo totale, queste scuole operarono per un periodo di 9.990 anni, in un arco temporale che deve essere collocato prima di Cristo. Curiosamente la concomitanza dei tre diluvi descritti, della distruzione delle Sangam e l’epoca stessa in cui sono collocate sembrano direzionarsi verso un solo punto, il disgelo dopo l’ultima Era Glaciale e le conseguenti catastrofi climatiche.
Proprio nelle date indicate dalle tradizioni indiane avvennero tre grandi distruzioni di massa originatesi proprio dal disgelo post glaciale, un evento che non fu unico e compatto ma che si protrasse per diverse migliaia di anni con svariate inondazioni e innalzamento dei mari.
Come è possile però conciliare questi periodi “recenti” con le date fornite dallo studio pubblicato su NATURE? Ci sono notevoli margini di differenza ovviamente ma consideriamo il tempo in cui questo continente può essere rimasto fuori dai flutti del mare e rapportiamolo al tempo necessario ad una civiltà per svilupparsi.
L’inabissamento non fu repentino ma, come è osservabile nel grafico animato riportato qua sotto, avvenne in un periodo di svariate migliaia di anni un tempo necessario per permettere alla stessa civiltà di spostarsi, colonizzare nuove terre e impiantare le proprie tradizioni. Così come è stato descritto nella “leggenda” delle tre Sangam.Pensiamo poi come le stesse isole Mauritius possiedano strutture piramidali, denominate Hawitta, talmente antiche da non poter essere datate ad un’epoca precisa, o anche alle città sommerse trovate a Dwarka, nel golfo di Cambay, a Mahabalipuram, Goa, Poompuhar, etc.
Si tratta di realtà archeologiche che non sono certamente antiche milioni di anni ma che, come minimo, possono essere ricondotte a 10.000 anni fa.Gli uomini e le idee non muoiono se la loro forza si origina da un ideale puro e incontaminato. Forse l’eco di un’antica patria perduta rimase nelle leggende e nei miti di popoli che migrarono per sopravvivere e che lentamente si spostarono da un’isola perduta nell’Oceano Indiano verso le coste dell’India.
È interessante citare lo studio condotto da R. Mathivanan, editore in Capo del Tamil Etymological Dictionary Project per il Governo del Tamilnadu, che nel 1991 e a seguito di uno studio sugli antichi testi indiani e le tradizioni di queste terre fornì una cronologia approssimativa del suo popolo :
- 200, 000 to 50, 000 a.C. : prime tracce di vita umana intelligente nel Tamil Nadu
- 200, 000 to 100, 000 a.C. : inizio del linguaggio Tamil
50, 000 a.C. : civiltà di Kumari Kandam
20, 000 a.C. : un possibile contatto con la cultura dell’Isola di Pasqua ultima sopravvissuta di un’avanzata civiltà
16, 000 a.C. : sprofondamento di un continente denominato Lemuria
6087 a.C. : seconda Sangam creata dalla dinastia Pandya
3031 a.C. : secondo le leggende Tamil un principe della dinastia Chera durante alcune esplorazioni marittime approda nelle Isole Salomone (Oceano Pacifico) dove trova la canna da zucchero selvatica e ne avvierà la coltivazione nel Tamilnadu.
1780 a.C. : epoca della Terza Sangam stabilita dalla dinastia Pandya
7° secolo a.C. : Tolkappiyam, la prima grammatica Tamil nota
Si tratta ovviamente di datazioni che, per l’archeologia ufficiale, risultano impossibili e assolutamente frutto della fantasia di questi popoli. Come si possono giustificare però tutte le scoperte, come quella appena pubblicata da NATURE, che sembrano avvalorare almeno una parte di queste tradizioni ?
È verosimile che la mitizzazione di eventi reali ne abbia alterato alcuni contenuti trasformandoli e amplificandoli, ma le scoperte degli ultimi dieci anni (India, Indonesia, Bangladesh, etc.) stanno avvalorando sempre più la possibilità dell’esistenza di un’antichissima civiltà estintasi a seguito di eventi cataclismatici.
Si potrà forse obiettare che il mito in oggetto sembra ripercorrere tempi ben più recenti ma in qualsiasi modo si voglia interpretare la questione, l’esistenza di un antichissimo continente oggi sommerso dai flutti dell’Oceano indiano è stata confermata dalla scienza. Si potrà obiettare sulle date o sui nomi ma un nuovo tassello sull’esistenza di Kumari Kandam è stato portato all’attenzione del mondo e indagini serie e rigorose attendono solo di essere portate avanti.
Fonti utilizzate – Lost Land and the Myth of Kumari Kandam, S.C. JAYAKARAN; TamilNet;Tamil Sangams; Kumari Kandam
By Enrico Baccarini – Tratto da: antikitera.net