Le API creano prodotti per la salute umana ed animale: il Miele ed altri nobili prodotti
Le API boicottano i campi coltivati con OGM e MUOIONO con i pesticidi
Monsanto e le api robot per inseminare i loro campi….
Moria di Api con i prodotti della Monsanto
http://www.lifeme.it/2016/04/formiche-geneticamente-modificate-api-robot-Monsanto.html?m=1Le meraviglie delle Api
vedi: API, Cellulari ed ELETTROSMOG + La piaga dei Coleotteri + Monsanto e danni dei suoi prodotti
Il miele è un alimento che le api producono partendo dal nettare delle piante da fiori (le “angiosperme”) o dalla linfa degli alberi che alcuni afidi – trattenendo l’azoto ed espellendo il liquido in eccesso molto zuccherino – trasformano in melata.
Le api raccolgono la melata, elaborandola con sostanze proprie e deponendola nei favi sotto forma di miele.
La produzione di questa dolcissima sostanza comincia già durante il volo di ritorno all’alveare nel gozzo dell’operaia, ove l’invertasi, un enzima avente la capacità di scindere il saccarosio in glucosio e fruttosio, si aggiunge al nettare.
All’interno degli alveari il miele viene disidratato per evaporazione dell’acqua e, quando è maturo, esso è immagazzinato in altre cellette, che una volta piene, vengono sigillate (o, come si suol dire, opercolate). Frequenti sono gli scambi fra le api che consentono durante la maturazione un arricchimento di enzimi derivati da secrezioni ghiandolari.
Il cibo degli Dei
L’uso del miele (dall’antico Ittita melit) affonda le sue radici nei tempi più remoti: i reperti delle prime arnie risalgono a ben 6.000 anni a.C. e per millenni il miele è stato l’unico alimento zuccherino concentrato disponibile per l’uomo.
Intorno al 4.000 a.C., nell’antico Egitto gli apicoltori si spostavano lungo il Nilo seguendo con le proprie arnie la fioritura delle piante. Nelle tombe egizie sono stati rinvenuti vasetti ermeticamente chiusi, colmi di miele perfettamente conservato, con cui la medicina dell’epoca curava disturbi digestivi ed inoltre creava unguenti per curare piaghe e ferite.
Dei popoli mesopotamici, i Sumeri se ne servivano in cosmetica per creare creme con argilla, acqua e olio di cedro, mentre i Babilonesi lo usavano in cucina impastandolo con farina, sesamo, datteri preparando gustose quanto energetiche focaccine, basilari nella loro alimentazione.
Quanto l’apicoltura fosse importante nell’economia agricola di questo popolo è attestato dagli articoli presenti nel Codice di Hammurabi (1728 – 1686 a.C.) con i quali si tutelavano gli apicoltori dal furto di miele dalle arnie.
Nella medicina ayurvedica già tremila anni fa erano indicati i vari tipi di miele e i loro usi curativi (purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, stomachico e cicatrizzante), oltre alla Pappa Reale, il propoli ed i favi, polline.
Presso i Greci era considerato “il cibo degli Dei” e dunque rivestiva grande importanza nelle offerte votive. Omero descrive la raccolta del miele selvatico. Pitagora lo raccomanda come alimento per una lunga vita.
Né minore importanza ebbe il miele preso i Romani che ne facevano largo uso per produrre idromele, birra e per preparare salse agrodolci. Inoltre, i Romani già ne conoscevano le qualità di conservante alimentare e lo importavano massivamente da Cipro, da Creta, dalla Spagna e da Malta (l’antica Meilat, la terra del miele). Anche Virgilio ne attesta l’indiscutibile importanza nel IV libro delle Georgiche, erigendo un monumento di poesia alla coltura delle api.
Valori nutritivi
I componenti principali del miele sono l’acqua, zuccheri come il fruttosio (C6H12O6), il glucosio (C6H12O6), maltosio, proteine, sali minerali, sostanze come acidi organici, pigmenti come il carotene, la clorofilla e i derivati dalla stessa, aromi dei fiori come esteri, aldeidi, alcool, tannino, enzimi come invertasi e diastasi, fosfati e vitamine. Il polline può essere presente solo come componente accidentale.
Il miele, di per sé facilmente assimilabile, è caratterizzato da elevato valore nutritivo a doppia azione. Il glucosio infatti, entrando direttamente in circolo, permette di disporre di energia di utilizzo immediato; il fruttosio, metabolizzato a livello epatico, è smaltito più lentamente costituendo una ricca riserva energetica con un apporto diluito nel tempo: per essere utilizzato si trasforma infatti prima in glucosio e quindi in glicogeno, il carburante dei nostri muscoli: cento grammi di miele forniscono ben 320 calorie. Altrettanto elevato è il potere dolcificante, più alto di quello del saccarosio, con un piccolo risparmio calorico a livello dietetico.
Si tenga ben presente tuttavia che esso non è un alimento completo per carenza di vitamine e di protidi.
Gli zuccheri sono presenti in quantità variabili, dal 70% circa nei mieli di melata, per avvicinarsi quasi al 100% in qualche miele di nettare. Quasi sempre il fruttosio è lo zucchero presente in quantità più notevole. Dal rapporto fra glucosio e fruttosio, cioè dalla composizione nonché dalla temperatura, massima intorno ai 14°, dipende il processo di cristallizzazione: più alto è il contenuto di glucosio più essa sarà rapida; le basse temperature la inibiscono. Il miele è infatti una soluzione sovrassatura e quindi il tempo di cristallizzazione varia in ragione inversamente proporzionale alla concentrazione degli zuccheri: sono necessarie poche settimane o avviene nei favi dell’alveare per il miele di colza, di tarassaco e di edera, molto ricchi di glucosio, occorre anche più di un anno per il miele di acacia, di melata, di castagno, ricchi di fruttosio. I trattamenti termici utilizzati dall’uomo per mantenere il miele allo stato liquido lo privano di molti principi nutritivi; è quindi preferibile l’utilizzo di miele cristallino o cremoso al di fuori del periodo di produzione.
Oggi come ieri l’uso del miele è particolarmente indicato nella dieta dell’infanzia poiché favorisce la mineralizzazione delle ossa, è utile ai costipati, combatte le fermentazioni, è ricostituente ed antianemico, attenua le irritazioni della gola, favorisce la cicatrizzazione delle ferite.
vedi anche : TIPI di MIELE
Meno api, meno cibo (RaiNews)
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Meno-api-meno-cibo-1d5e4e70-0a68-4158-86a8-b44ccadd0470.html
Api allevate in bottiglie di plastica sono più sane, visionate il video: https://vm.tiktok.com/ZGe1wHx6w/
I pesticidi che uccidono le api sono un rischio per i bambini (Wired)
http://www.wired.it/lifestyle/food/2013/12/18/pesticidi-che-uccidono-le-api-sono-un-rischio-per-bambini/
Sos api: Ue conferma stop pesticidi-killer (Ansa)
http://ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/istituzioni/2013/08/27/Sos-api-Bruxelles-conferma-stop-pesticidi-killer_9205997.html
Scomparsa delle api. Bayer e Syngenta fanno causa all’Ue che ha limitato l’uso di tre insetticidi (Ultimora Notizie)
http://ambiente.ultimoranotizie.it/scomparsa-delle-api-bayer-e-syngenta-fanno-causa-allue-che-ha-limitato-luso-di-tre-insetticidi/
La Bayer indagata per gli insetticidi che fanno strage di api (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2011/07/25/cronaca/la-bayer-indagata-per-gli-insetticidiche-fanno-strage-di-api-tUnwe6fIypVRdppLHrUJYN/pagina.html
Strage di api, mandorle alle stelle. Le cause: stress e pesticidi (Repubblica)
http://www.repubblica.it/economia/2013/11/05/news/strage_di_api_in_california_vola_il_prezzo_delle_mandorle-70259855/
La Monsanto e le sue Api-ROBOT:
http://www.dionidream.com/api-robotizzate-usate-per-impollinare-le-coltivazioni-di-monsanto/
Vittoria: In Messico un Giudice ha sentenziato contro Monsanto a favore delle api …19/08/2014
Ha onorato le lamentele di un piccolo gruppo di apicoltori, nello stato dello Yucatán, che si lamentavano che la prevista messa a dimora da parte di Monsanto di migliaia di ettari a soia GM, fatte per resistere al suo micidiale prodotto chimico “Roundup” sarebbe stata la definitiva azione per demolire la loro industria del miele decimando le api –
Un giudice federale in Messico ha tolto il permesso di impianto a Monsanto .
Monsanto ha provato che Clarence Thomas che ha lavorato per la Monsanto sul circuito US00, e’ in un evidente conflitto di interessi.
Anche se Monsanto sicuramente fara’ appello alla sentenza, sarà almeno in stallo la stagione di crescita, per dare le apicoltori tempo per raccogliere ulteriore sostegno per la loro causa.
Un distretto ha invalidato un permesso rilasciato a Monsanto dal Ministero dell’ Agricoltura del Messico, SAGARPA, e dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente, Semarnat, già nel giugno 2012, che aveva permesso la semina commerciale di soia Roundup-ready.
Se il permesso fosse stato onorato, Monsanto avrebbe potuto piantare i semi in sette stati, che coprono più di 253.000 ettari di terreno. (Ciò equivale a quasi un milione di acri.)
I Contadini maya, apicoltori e gruppi di attivisti come Greenpeace, e la Commissione nazionale messicana per la conoscenza e l’uso della Biodiversità, la Commissione Nazionale di Aree Naturali Protette, e l’Istituto Nazionale di Ecologia hanno protestato contro questa azione.
Il giudice era apparentemente convinto che i dati scientifici che mostrano un legame tra Roundup, gli OGM, e l’abbattimento della produzione di miele è molto reale.
La penisola dello Yucatan produce una vastità quantità e varietà di miele, e infatti è il terzo più grande esportatore di miele al mondo. L’area comprende Campeche, Quintana Roo, Yucatán e gli stati.
Più di 25.000 famiglie costruiscono la loro sussistenza sulla produzione di miele. Quasi tutto il miele che viene prodotto, viene esportato verso l’UE e ammonta a più di $ 54 milioni annui, nel denaro messicano.
Il giudice ha stabilito che la produzione di miele e la soia OGM non potevano coesistere.
Oltre ai rischi per la salute conosciuti ed esposti da colture OGM e quella dei diserbanti utilizzati per farle crescere, c’è anche il danno ambientale alle colonie del suolo, l’acqua, e di api che stanno diminuendo rapidamente. Ci sono anche i cambiamenti a lungo termine per gli ecosistemi dove si coltivano OGM.
Dal momento che una decisione storica nel 2011 dalla Corte di giustizia europea ha vietato le importazioni di colture geneticamente modificate, OGM, il miele probabilmente non sarà accettato – simile a come i ceppi OGM di mais di Syngenta attuale è di rifiutare da parte della Cina quando esportato dagli Stati Uniti La sentenza ha stabilito che il miele derivato da una coltura GM sarebbe non sarebbe stato approvato per il consumo umano.
Questo segue uno studio inaugurale condotto in Campeche, dove sono stati piantati circa 10.000 ettari di soia GM dopo il permesso della Monsanto che è stato approvato nel 2012 GM il loro polline è stato trovato in alcuni campioni di miele destinati al mercato europeo.
Dal momento che le api impollinano vaste estensioni di terreni e potrebbero contaminare altre colture, oltre alle colture OGM coltivate, le Piantagioni di soia OGM di hanno anche molta più probabilità in modo esponenziale di causare danni.
La sentenza contro la Monsanto è stata elogiata dal quotidiano nazionale ben rispettato La Jornada, che ha accusato il governo messicano di ignorare le preoccupazioni diffuse dagli OGM, costringendo gli apicoltori a combattere in tribunale con le potenti multinazionali che hanno tasche profonde per fare battaglie legali per poter continuare a lungo le cause.
Argomento centrale per la sentenza, è stata la Costituzione messicana, in particolare l’obbligo del governo di consultare pienamente le comunità indigene prima di prendere qualsiasi decisione importante su ciò che accade alla loro terra e il cibo.
Peccato che i nostri governi (US) hanno a lungo trascurato i desideri del popolo in materia di colture OGM negli Stati Uniti
By Christina Sarich/Natural Society
Fonte: http://yournewswire.com/victory-mexico-judge-votes-against-monsanto-in-favor-of-bees/#sthash.HgksFHvM.dpuf
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Le Api boicottano le piante OGM
Se lo saranno detto con le sequenze di simboli nascosti nelle danze a mezz’aria ?
Oppure con le emanazioni dei recettori odorosi, che – rivelano studiosi americani come James Nieh – sono state elaborate con milioni di anni di sforzi e oggi ricordano in tutto e per tutto i codici cifrati degli agenti
segreti ?
Di certo l’evoluzione non le aveva preparate all’imprevisto fabbricato dai loro partner da almeno 8 mila anni, gli esseri umani: le api si stanno scambiando informazioni via via più preoccupate e da un po’ di tempo si consigliano reciprocamente di stare alla larga dai campi geneticamente modificati che ricoprono superfici in rapida espansione, dalle praterie della “corn belt” statunitense alle pampas argentine, fino alle pianure infinite di India, Cina e Australia.
Gli studiosi se ne sono accorti quando hanno deciso di osservare che cosa succede attorno a una pianta che non esiste in natura, ma è una fortunata manipolazione che genera fiumi di dollari.
vedi:
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=38&ID_articolo=25&ID_sezione=243&sezione=News
In un’altro studio al contrario si è dimostrato che è POSSIBILE che polline Transgenico (OGM) sia prelevato dalle api le quali potrebbero impollinare le piante selvatiche o di coltivazione NON OGM distanti anche chilometri.
Lo afferma una ricerca pubblicata su Pnas, condotta dal Centro Internazionale di fisiologia ed ecologia degli Insetti di nairobi, assieme all’Istituto francese di ricerca per lo sviluppo. lo studio è stato realizzato in vista della pianificata introduzione di fagiolini OGM, resistenti agli insetti, in zone dell’Africa dov’è diffusa la varietà selvatica.
I ricercatori hanno seguito gli spostamenti dell’Xylocopa flavorufa, una specie di grossa ape di colore nero-violaceo con il radiotracking, tecnica impiegata per la prima volta sugli insetti impollinatori. Grazie alla precisa mappatura dei voli, i ricercatori hanno scoperto che l’insetto visita fiori di piante sia coltivate che spontanee in un raggio di 6 Km dall’alveare. Ciò significa che il polline transgenico, a bordo delle api, viaggerebbe su lunghe distanze, vanificando i tentativi di isolare le colture OGM !
Giorgio Celli: “La natura si ribella alle follie della scienza”
Professor Giorgio Celli, sembra che la natura cominci a ribellarsi agli OGM.
E’ così ?
“Il fenomeno segnalato in Canada è ancora tutto da approfondire, ma sono molto preoccupato: sono sempre stato contro gli OGM e credo siano solo un danno alla natura. La strategia con cui si ottengono organismi con caratteristiche che prima non possedevano dovrebbe essere messa sotto stretto controllo. Abbiamo sequenziato il Dna dell’uomo e dell’ape, ma non abbiamo capito le interazioni tra i nucleotidi. Non sappiamo ancora come interagiscono. Al momento, se inseriamo un pezzo di Dna tra due vegetali o animali, i risultati sono imprevedibili”.
Api e OGM
Della moria di api che sta investendo gli USA, la Germania e il Brasile non si parla più molto, come se l’emergenza fosse rientrata, anche se non è affatto così.
Anche in Italia, di recente, si è osservato uno strano comportamento di api e vespe, che sono state viste nel milanese muoversi in grossi sciami come “impazziti”.
Sulle possibili cause del CCD (Colony Collapse Disorder), che ha fatto sparire fino al 90% delle api operaie sulla costa ovest degli Stati Uniti, ci sono varie teorie: c’è chi da la colpa alle emissioni dovute ai ripetitori per telefonia mobile, chi ad alcuni pesticidi che si sarebbero rivelati particolarmente pericolosi per le api, chi agli OGM.
E’ anche quest’ultima possibilità è stata presa recentemente in seria considerazione, fatto che finora si era dato meno credito che ad altri fattori, non capendo quale relazione potesse esserci tra una simile scomparsa di massa e l’impollinazione da piante geneticamente modificate.
vedi: http://isoladeilotofagi.wordpress.com/2007/05/04/api-e-ogm/ + OGM dott. Nacci
In un anno in Italia il numero delle api si è dimezzato ! E se sono giusti i dati, che parlano di un apporto economico delle attività delle api di circa 1.600 milioni di Euro all’anno (pari a 1.240 Euro per alveare), non c’è da stare allegri.
Milione più, milione meno, in Italia ci sono 50 miliardi di api in oltre 1 milione di alveari; la produzione è stata attorno alle 10.000 tonnellate grazie al lavoro di 7.500 apicoltori professionisti e molti hobbisti. Come ci allerta la Coldiretti, a rischio sono diverse varietà di frutta e verdura e perfino la carne.
In Europa si valuta una perdita tra il 30 ed il 50%, mentre negli Stati Uniti si arriva fino ad un 60-70%.
Questo disastro è stato definito Ccd (Colony collapse disorder) e viene attribuito in varia misura all’inquinamento da fitofarmaci, a infezioni e della varroa fino agli effetti elettromagnetici ed alle variazioni di clima. Il che significa che non sappiamo come intervenire !
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Api a rischio: polline contaminato
Un rapporto di Greenpeace appena pubblicato denuncia la presenza, in Europa, di un’ampia varietà di pesticidi nel polline di cui si nutrono le api: una possibile minaccia per la loro (e la nostra) sopravvivenza.
La misteriosa sindrome che da anni colpisce gli alveari di tutto il mondo, causando la morte di milioni di api, potrebbe avere tra le sue cause l’eccessivo uso di pesticidi: è la conclusione di un rapporto di Greenpeace che rileva i dati sulle concentrazioni di sostanze dannose presenti nel polline.
Il declino delle api non è preoccupante solo per la specie in sé, ma anche per la sicurezza alimentare dell’uomo. Con il loro servizio di impollinazione, infatti, questi insetti contribuiscono alla riproduzione dei tre quarti delle colture destinate all’alimentazione umana.
Basato sul lavoro di un gruppo di ricerca della University of Exeter, in Inghilterra, il documento di Greenpeace appena pubblicato raccoglie dati sulle concentrazioni di pesticidi rilevate nel polline proveniente da dodici paesi europei, tra cui l’Italia. Il polline esaminato è stato in parte prelevato all’ingresso degli alveari dalle api bottinatrici (Apis mellifera), in parte dal cosiddetto “pane d’api”, il polline stoccato nei favi. Le analisi hanno evidenziato la presenza di numerosi tipi di pesticidi in entrambi i casi.
Cocktail velenosi
La ricerca ha considerato 25 campioni di pane d’api immagazzinato durante l’inverno in sette paesi europei e 107 campioni di polline prelevati in dodici paesi tra il 2012 e il 2013. Dalle analisi è emersa la presenza di 17 pesticidi (9 insetticidi/acaricidi e 8 fungicidi) nei primi e di 53 pesticidi (22 insetticidi/acaricidi, 29 fungicidi e due erbicidi) nei secondi. Su 25 campioni di pane d’api, 17 contenevano almeno un pesticida, mentre su 107 campioni di polline, erano 72 a contenerne almeno uno. In un solo campione raccolto in Italia, inoltre, sono stati trovati residui di ben 17 pesticidi (3 insetticidi/acaricidi e 14 fungicidi); un dato preoccupante se si considera che, secondo diversi studi, l’azione tossica di alcuni pesticidi può venire amplificata quando si combinano con altri.
“La salute delle api è una questione delicata”, spiega Francesco Nazzi del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Udine. “Ci sono diversi fattori di stress che possono agire sinergicamente a danno di questi insetti, che rendono il sistema fragile: pesticidi, agenti patogeni come virus, malattie funginee, batteri, parassiti. Alcuni sono indipendenti dalla nostra volontà, ma su altri – in particolare i pesticidi – possiamo agire”, continua lo studioso.
“La frammentazione degli habitat, la diffusione delle monocolture e, in generale, la trasformazione del paesaggio agrario, invece, costituiscono un pericolo soprattutto per i pronobi selvatici, parenti delle api, anch’essi importanti per l’impollinazione e ancor meno tutelati”.
Api (e legislazioni) confuse
In base agli attuali dati scientifici, sarebbero almeno sette (imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin, fipronil, clorpirifos, cipermetrina e deltametrina) gli insetticidi utilizzati nelle comuni pratiche agricole il cui uso dovrebbe essere limitato per salvaguardare api e altri impollinatori selvatici.
Queste sostanze chimiche, diffuse in Europa, possono essere nocive per la salute delle api anche in dosi molto basse. Possono per esempio comprometterne la capacità di apprendimento (la memoria olfattiva, essenziale nel comportamento delle api) e la capacità di raccolta del polline (api che non sanno più tornare alle arnie e non riescono a spostarsi in modo efficiente), e possono causare lo sviluppo di disfunzioni, anche in larve e regine.
I rischi legati ad alcuni di questi pesticidi – i tre neonicotinoidi, in particolare – sono stati confermati dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e il loro uso nell’Unione Europea è soggetto a restrizioni.
“Per esempio non si possono usare i tre neonicotinoidi per conciare le sementi, però è consentito usarli sulle colture in post-fioritura”, spiega Nazzi.
“Di fatto, come emerge anche dal rapporto di Greenpeace, l’ambiente è seriamente contaminato e queste sostanze raggiungono l’alveare”.
Apicoltori eroici
Il collasso delle colonie di api è stato di recente certificato da uno studio della Commissione Europea chiamato Epilobee, che ha monitorato 32.000 colonie d’api in 17 paesi europei tra il 2012 e il 2013.
Sebbene, in base ai dati di Epilobee, l’Italia sia uno dei paesi meno a rischio insieme a Grecia e Spagna, anche qui sono state osservate morie anomale di api e spopolamenti di alveari, in particolare in corrispondenza di coltivazioni intensive soggette a trattamenti con pesticidi (per esempio mais, vite, melo).
“In Italia la mortalità media delle colonie di api, in base agli ultimi dati della rete internazionale di ricercatori COLOSS (Prevention of honey bee COlony LOSSes), è del 20-25 per cento annuo”, dice Francesco Nazzi, che poi precisa “Questo non vuol dire che ogni anno c’è il 25 per cento in meno di api: anche se d’inverno muoiono, poi gli alveari vengono ricostituiti dagli apicoltori, per cui il patrimonio rimane costante. Tuttavia, questo è possibile soltanto grazie a un lavoro enorme per compensare le perdite, che ha scoraggiato i piccoli apicoltori”.
“C’è anche da dire”, continua il ricercatore, “che la richiesta di cibo, e quindi di impollinazione, è in crescita: riuscire a mantenere stabili le popolazioni di api non è ancora abbastanza”.
Ricerche scientifiche e politica
Nell’ambito della terza edizione della settimana europea delle api e dell’impollinazione svoltasi presso il Parlamento Europeo a Bruxelles, l’EFSA ha lanciato un appello per un maggiore coordinamento della ricerca scientifica, che produca dati su cui basare interventi politici a favore di questi insetti.
Secondo Nazzi “In Europa c’è una grande tradizione di ricerca sulle api, e l’Unione Europea sta finanziando progetti in questo ambito. Tuttavia sono ricerche costose. In Italia, per esempio, del progetto ‘Apenet: monitoraggio e ricerca in apicoltura, avviato nel 2009 e coordinato dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra), oggi è rimasto solo l’aspetto del monitoraggio, mentre si è rinunciato all’individuazione delle cause e dei rimedi”.
C’è chi, sulla base di un recente studio pubblicato su Plos One da un gruppo dell’Università di Pisa, invita a piantare vedovine maggiori (Cephalaria transsylvanica), piante che fioriscono in autunno, quando polline e nettare scarseggiano, per dare ristoro alle api. Greenpeace invita a firmare una petizione per vietare l’uso di pesticidi dannosi per api e altri impollinatori e per adottare piani di monitoraggio delle colonie e promuovere modalità agricole più sostenibili.
Il caso Kenya
Una conferma indiretta dei risultati dello studio viene da un’altra ricerca pubblicata su Plos One. Elliud Muli, esperto di apicoltura dell’International Center for Insect Physiology and Ecology (ICIPE), assieme a un gruppo di ricercatori della Penn State University ha monitorato le popolazioni di api del Kenya: pur soggette agli stessi parassiti e alle stesse malattie che stanno sterminando le api “occidentali”, quelle africane non mostrano segni di declino. I ricercatori ipotizzano che questa straordinaria resistenza possa essere dovuta sia a motivi genetici sia alle diverse pratiche in uso in Africa orientale, dove l’apicoltura “industriale” praticamente non esiste e l’uso di pesticidi è molto limitato.
By Valentina Tudisca
Fonte: http://www.nationalgeographic.it/ambiente/2014/04/21/news/api_a_rischio_polline_contaminato-2107565/
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PESTE delle API – Dove comincia l’infezione
I ricercatori tedeschi hanno compreso uno dei processi iniziali dell’attacco: i batteri colonizzano l’intestino delle larve e si nutrono del cibo ingerito dall’insetto
Un gruppo di scienziati tedeschi ha scoperto un nuovo meccanismo di diffusione dell’infezione della più fatale delle malattie delle api, la peste americana (Abf, American foulbrood).
L’Abf è l’unica malattia infettiva che può uccidere intere colonie di api: ogni anno questa terribile infezione è la causa di ingenti perdite economiche tra gli allevatori di api di tutto il mondo e l’unica misura di controllo è distruggere l’alveare infetto.
In un contributo pubblicato su Enviromental Microbiology, Elke Genersch dell’Institute for Bee Research (Berlino, Germania) e colleghi spiegano di aver scoperto come l’Abf si diffonde.
Il batterio Panebacillus larvae, responsabile della malattia, colonizza l’intestino delle larve di ape, moltiplicandosi all’interno e sopravvivendo grazie al cibo ingerito dagli insetti. Quando non arriva più il nutrimento, i batteri invadono gli organi vitali delle larve, uccidendole.
Questa scoperta rappresenta una svolta radicale nel campo delle patologie delle api. Prima, infatti, si riteneva che la sede di proliferazione dei batteri fossero gli organi vitali della larva e non che la moltiplicazione dei batteri avvenisse all’interno dell’apparato digerente.
“Adesso che abbiamo scoperto come si diffonde la malattia, possiamo cominciare a cercare il modo di impedire la propagazione dell’infezione”, sostiene il Professor Genersch. La comprensione delle interazioni degli agenti patogeni è infatti alla base dello sviluppo di effettive misure di cura e controllo delle malattie. (e.r.)
Tratto da: galileonet.it
Commento NdR: Con tutti i fitofarmaci che vengono immessi sulle piante nei campi agricoli trattati con la chimica, questi sono i risultati, il loro sistema immunitario non è più in grado di resistere ai batteri che tentano di colonizzarle, così come avviene nei bambini vaccinati che sono anch’essi immunodepressi !
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Allarme per le api: insetticidi sotto accusa
Nel nostro Paese la moria è spaventosa. Le api si sono ridotte del 40-50%. E a rischio c’è anche l’alimentazione che dipende, per oltre un terzo, da coltivazioni impollinate proprio di questi insetti
Povere api: è in atto una vera mattanza
E’ un allarme mondiale, ma non risparmia l’Italia. Anzi, la Lombardia è una delle regioni, con il Piemonte, più colpite: a fare paura è la moria delle api, dimezzate del 40-50 per cento. Muoiono come mosche anche se la realtà suona come una battuta.
Ma perché questi preziosi insetti sono falcidiati ? Sotto accusa sono alcuni potenti insetticidi, responsabili della moria.
A rischio c’è anche l’alimentazione che dipende, per oltre un terzo, da coltivazioni impollinate proprio di questi insetti. “Se le api dovessero davvero estinguersi l’umanità rischierebbe una carestia a livello mondiale”, sottolinea, senza mezzi termini, l’etologo Giorgio Celli, docente all’Istituto di Entomologia all’Università di Bologna.
I danni, comunque, si contano già. L’Unione degli apicoltori italiani (Unaapi) stima una perdita economica per la mancata impollinazione di 250 milioni di euro.
Tratto da: laprovinciadivarese.it
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Moria delle api: uno studio svela le cause, ma di mezzo c’è la Bayer – 20 ottobre 2010
Negli ultimi giorni i media hanno passato la notizia che il grande mistero relativo alla moria di milioni di api, che dalla metà degli anni ’80 si abbatte sugli alveari del mondo occidentale, è stato risolto. Ma la cosa non ci convince, soprattutto quando dietro lo studio in questione si nasconde uno dei più grandi colossi farmaceutici. E infatti, vi sveliamo il retroscena.
Negli ultimi giorni i media hanno passato la notizia che il grande mistero relativo alla moria di milioni di api, che dalla metà degli anni ’80 si abbatte sugli alveari del mondo occidentale, è stato risolto. Ma la cosa non ci convince, soprattutto quando dietro lo studio in questione si nasconde uno dei più grandi colossi farmaceutici. E infatti, vi sveliamo il retroscena.
Il CCD (Colony Collapse Disorder) è un fenomeno che riguarda la sparizione di massa di intere colonie di api, che a quanto pare abbandonano l’alveare senza lasciare traccia.
L’alveare non viene ri-colonizzato da altre api, ma lasciato inutilizzato come fosse contagioso. Il termine CCD è stato coniato nel 2006 negli Stati Uniti, che per primi hanno assistito alle morie, ma già intorno agli anni ’90 tutta l’Europa si era trovata a fronteggiare lo stesso problema.
La supposta novità degli ultimi giorni è che un team di entomologi guidati dal dottor Jerry Bromenshenk, della Bee Alert Technology (Università del Montana), e di scienziati militari dell’Army’s Edgewood Chemical Biological Center, avrebbero identificato nell’azione sinergica di un virus (il cui vettore sarebbe l’acaro Varroa sp) e di un fungo (Nosema sp) la vera causa del problema. I dettagli si leggono nello studio Iridovirus and Microsporidian Linked to Honey Bee Colony Decline, pubblicato sulla prestigiosa rivista on line PloS One. Il fungo potrebbe provenire dal Sud-Est asiatico, a seguito di immissioni di colonie di api non controllate.
Molti mezzi di informazione affermano che questa scoperta rappresenta un passo importante verso la soluzione di una così grave situazione, eppure qualcosa non ci convince.
Circa due anni fa, in un articolo pubblicato su Terranauta.it abbiamo analizzato la questione della CCD. Già allora si riteneva che sia l’acaro Varroa che le infestazioni fungine fossero le cause ultime del problema. Sebbene non si pensasse ad un’azione combinata dei due fattori, comunque si sapeva che un’alimentazione sbagliata delle api (anche con piante OGM), arnie sovrasfruttate e soprattutto gli antiparassitari poco controllati, provocassero squilibri all’apparato immunitario ed intestinale delle api, rendendole più soggette ad infestazioni di virus e funghi.
Allora perché tutto questo clamore ? Perché molti giornali titolano con frasi che sembrano risolutive, imputando tutta la colpa non tanto ai prodotti usati per ‘pompare’ le api, quanto agli agenti patogeni che arrivano di conseguenza? Un retroscena, in realtà, esiste.
I pesticidi della Bayer sono stati accusati di aver provocato il disorientamento di milioni di api.
Il dottor Bromenshenk ha ricevuto una cospicua borsa di studio per effettuare questa ricerca dalla Bayer Crop Science.
Proprio lui che fino al 2003 aveva lottato contro la ditta farmaceutica.
I pesticidi della Bayer sono stati accusati di aver provocato il disorientamento di milioni di api a causa dei neonicotinoidi di cui sono composte, delle neurotossine che attaccano il sistema nervoso degli insetti.
La Bayer ha sempre smentito, ma i danni economici che ha subito in seguito alla denuncia sono stati enormi. La Francia ad esempio già nel 1999 aveva bandito i suoi pesticidi, seguita solo negli ultimi anni da Germania, Slovenia e Italia, e questo febbraio da alcuni degli Stati Uniti.
A giugno Greenpeace ha pubblicato un resoconto che additava i pesticidi Bayer come i più pericolosi per l’uomo e l’ambiente (nel resoconto figurano anche compagnie come Monsanto, Syngenta e BASF, ma la Bayer detiene la maggior fetta di mercato). Quindi, quale migliore soluzione per frenare questa ondata di dissensi che non sponsorizzare uno studio che sottolinei l’azione dannosa di virus e funghi più che quella dei pesticidi ?
Pur essendo l’acaro Varroa e il fungo Nosema le cause ultime della moria delle api, resta sempre vero che il loro sistema immunitario è stato compromesso dalle cause prime, ovvero pesticidi e sovrasfruttamento delle arnie.
Proprio Bromenshenk aveva ammesso due anni fa sul Conde Nast Portfolio magazine che i pesticidi erano una delle cause scatenanti il problema. Tra l’altro, i guadagni derivanti da questo studio non avvantaggeranno solo la Bayer.
In un comunicato della Bee Alert Technology si legge che il sistema di rilevamento virus IVDS utilizzato per identificare i due agenti patogeni potrà essere utilizzato gratuitamente dagli apicoltori, ma a breve diventerà uno strumento obbligatorio per arginare l’epidemia, ed il suo utilizzo sarà a pagamento.
Quindi al di là della prova di un legame fra funghi, acari e moria, questo studio appare solo come un tentativo di sviare l’attenzione del grande pubblico. Si potrebbe anche riflettere sul particolare interesse dell’esercito nei confronti degli studi entomologici.
L’EW (Enthomological Warfare, Guerra Entomologica) non è mai stata ufficialmente ammessa, ma ci sono sospetti che diversi paesi ne abbiano fatto uso.
Fonte: ilcambiamento.it – By Rachele Malavasi
Vedi questa inchiesta sulle API e come vengono ammalate con i prodotti chimici:
https://www.pollinis.org/enquete/le-scopaff-contre-les-abeilles-histoire-dun-scandale-environnemental-europeen/des-neonicotinoides-aux-tests-abeilles/?utm_source=brevo&utm_campaign=1807%2024MTD%20-%20Enqute%20sur%20les%20manuvres%20secrtes%20des%20lobbys%20contre%20les%20abeilles%20%20non%20donateurs&utm_medium=email