QUALE è la Legge italiana che PERMETTE di FILMARE gli AGENTI in azione, per GARANTIRE la PROPRIA SICUREZZA ?
In questo periodo di limitazione delle libertà personali per motivi di ordine sanitario, è tornata alla ribalta l’annosa questione della liceità della pubblicizzazione dell’operato delle forze dell’ordine tramite video, foto e audio, spesso montati ad arte con scopi ben precisi e spesso mancanti di parti fondamentali per la comprensione dell’accaduto.
Viene quindi lecito porsi questo interrogativo: “è legittimo filmare le forze dell’ordine mentre operano ?”
Cominciamo dicendo che non ci sono leggi che proibiscano di fotografare e filmare gli agenti delle forze dell’ordine.
Gli agenti si possono fotografare e filmare mentre sono in servizio, mentre sono impegnati in operazioni, mentre presidiano manifestazioni pubbliche: insomma, generalmente quando stanno esercitando le loro funzioni.
Le uniche eccezioni, aveva specificato il Garante della Privacy nella nota del 2011, sono i singoli casi in cui l’autorità pubblica abbia posto espliciti divieti, quale potrebbe essere un’attività soggetta a segreto istruttorio.
Tuttavia, se è vero che non esistono disposizioni normative che vietino esplicitamente di fotografare o riprendere le forze dell’ordine, è pur vero che, anche per questi ultimi, valgono le normali leggi sulla privacy che impediscono di diffondere immagini di altre persone senza il loro consenso, a meno che la diffusione non rientri nel diritto di cronaca (e questo dipende dalle immagini, non dal fatto che l’autore sia un giornalista o un semplice cittadino).
È evidente che a decidere se la foto o il filmato violi la privacy degli agenti di polizia, oppure se rientri nel diritto di cronaca, non sono gli agenti di polizia stessi e neppure il cittadino che li riprende.
Qui si apre un discorso piuttosto complesso, perché scattare una foto o girare un video è diverso da diffondere quei materiali.
Registrazione: abbiamo già detto che non esistono leggi che proibiscano in modo generalizzato di fotografare, filmare o registrare l’audio di appartenenti alle Forze dell’Ordine durante lo svolgimento delle proprie funzioni
Diffusione: Una volta che la registrazione è stata fatta va affrontata la fase, eventuale, della diffusione. La comunicazione individuale, la pubblicazione anche online o la messa a disposizione in qualsiasi modo di un filmato a un terzo, comprese la pubblica autorità o le forze dell’ordine, sono un processo indipendente, che richiede una giustificazione separata da parte del titolare del trattamento dei dati, in mancanza del quale si incorre nella violazione della privacy.
Tale violazione andrebbe esclusa se la diffusione operasse come esercizio di un diritto di cronaca.
In questo secondo caso è opportuno evidenziare come l’eventuale utilizzo delle registrazioni effettuate dovrà essere vagliato successivamente da un giudice, e quindi NON dal soggetto che esegue la ripresa.
Nel caso di pubblicazione NON avente come unica finalità la divulgazione di informazioni, opinioni o idee, il giudice dovrà valutare la sussistenza di eventuali violazioni quali ad esempio quelle di cui all’Art.167 “trattamento illecito di dati” del codice della privacy (D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) o altri sia di ordine penale che civile.
Se la finalità è invece comunque ritenuta “unicamente giornalistica” dovrà comunque essere valutato, sempre dal giudice, se sono stati rispettati i criteri di essenzialità, interesse pubblico e veridicità dell’informazione.
In sintesi ed in buona sostanza, non vi sono norme di ordine pubblico che vietino di fare filmati e fotografie alla polizia o alle altre autorità, ma esistono solo le normali regole del codice della privacy, valevoli anche per tutti gli altri privati cittadini.
Il Garante sottolinea, infine, che le persone riprese che ritengono lesi i propri diritti possono sempre far ricorso agli ordinari rimedi previsti dall’ordinamento in sede civile e penale.
By: Filmare le forze dell’ordine: è reato? – Avvocato Di Carlo
In Italia, non esiste una legge specifica che si riferisca esclusivamente al diritto di filmare le forze dell’ordine per garantire la propria sicurezza. Tuttavia, la Costituzione italiana e altre normative giuridiche offrono una cornice entro cui questo tipo di comportamento è generalmente consentito, purché vengano rispettati determinati limiti.
Ecco i principali punti di riferimento legale:
- Articolo 21 della Costituzione italiana:
- Garantisce la libertà di manifestazione del pensiero, il che comprende la libertà di informazione e di espressione. Questo può essere interpretato come il diritto di documentare situazioni di pubblico interesse, come l’interazione con le forze dell’ordine, soprattutto se si tratta di garantire la propria sicurezza o denunciare eventuali abusi.
- Normativa sulla privacy (GDPR e Codice della Privacy):
- Se si filma in pubblico, in un contesto in cui non si viola la privacy delle persone (ad esempio filmando forze dell’ordine mentre svolgono un’azione pubblica), non si infrangono le normative sulla privacy.
- Tuttavia, la diffusione delle immagini, soprattutto online, richiede attenzione per evitare di violare la privacy personale degli agenti ripresi, a meno che non ci sia un interesse pubblico predominante.
- Cassazione:
- La giurisprudenza italiana ha più volte stabilito che è lecito filmare le forze dell’ordine in azione purché il comportamento sia non intrusivo e non ostacoli il loro lavoro. Non ci sono divieti specifici per la registrazione, specialmente se lo scopo è di tutelare la propria sicurezza.
- È importante sottolineare che non è permesso ostacolare o interrompere il lavoro delle forze dell’ordine durante l’operazione.
- Uso delle immagini:
- Anche se filmare le forze dell’ordine è generalmente consentito, l’utilizzo delle registrazioni (come la pubblicazione sui social media) potrebbe richiedere attenzione. Gli agenti, come individui, hanno diritti alla protezione dei propri dati personali, ma questo può essere limitato se l’azione documentata è di interesse pubblico.
Quindi, puoi filmare le forze dell’ordine per garantire la tua sicurezza, ma devi farlo in modo responsabile, senza interferire con le loro operazioni e con attenzione alla successiva diffusione dei filmati per evitare di violare le leggi sulla privacy.
Ciò significa che le immagini e i filmati rientrano nella definizione di dato personale, in quanto atti ad individuare ed identificare una persona e, pertanto, sia l’acquisizione che la diffusione delle predette informazioni costituiscono un trattamento di dati, cui applicare la disciplina relativa, che oggi è costituita dal Reg. U.E. 2016/679 (anche conosciuto con l’acronimo di GDPR), dal cosiddetto Codice della privacy (D. Lgs. 196/2003, come modificato dal D. Lgs. 101/2018) e dal D. Lgs. 51/2018, di attuazione della Dir. U.E. 2016/680 .
Secondo una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. IV, 24 gennaio 2012, n. 10697) tutto quello che l’occhio umano può vedere, può anche essere fotografato e ripreso. Il motivo di tale assunto è intuibile: in un’area pubblica, dove quello che si fa e si mostra è sotto gli occhi di tutti, non avrebbe senso impedire a qualcuno la ripresa di immagini e suoni che tutti possono vedere ed udire (dove sarebbe la violazione della privacy, in tale circostanza?) e non sarebbe neanche materialmente possibile farlo, peraltro, dal momento che ognuno è sotto lo sguardo di decine di persone in ogni minuto della sua giornata ed in ogni metro di spostamento, per cui non avrebbe neanche la possibilità di accorgersi di chi lo stia, eventualmente, riprendendo in video o foto.
Questo, per quanto riguarda le riprese fatte in spazi pubblici ed aperti al pubblico.
Ma che dire, relativamente alle riprese all’interno di un Comando di Polizia o di una caserma, durante lo svolgimento di un’attività istituzionale?
Sul divieto di diffusione, nulla quaestio. Se vige tale proibizione per audio ed immagini acquisiti in luoghi pubblici, a fortiori la regola vale per quanto ripreso in luoghi privati o istituzionali.
Ma è possibile scattare foto o registrare audio e video dentro gli uffici di una sede di Polizia ?
La fattispecie ha, negli scorsi anni, interessato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: nella causa C-345/17 l’Avvocato Generale della CGUE ha tratto alcune conclusioni in riferimento al rinvio pregiudiziale (1) che la Suprema Corte della Lettonia aveva demandato alla Corte dell’U.E., per ottenere l’interpretazione della Dir. 95/46 CE, al fine di decidere di una controversia relativa ad un cittadino lettone.